","Dai codici a barre al QR-code","post",1639162014,[57,58,59],"http://radioblackout.org/tag/green-pass/","http://radioblackout.org/tag/qr-code/","http://radioblackout.org/tag/sorveglianza/",[20,12,61],"sorveglianza",{"post_content":63},{"matched_tokens":64,"snippet":67,"value":68},[65,66],"non","la","un modello di t-shirt, ma \u003Cmark>non\u003C/mark> \u003Cmark>la\u003C/mark> sua unicità (questa particolare t-shirt,","Da dove vengono i QR-code, simboli misteriosi che nessuno di noi potrebbe decifrare senza l'ausilio di un lettore e che sono diventati segno della nostra modernità commerciale e connessa?\r\n\r\nIn questo podcast a più voci, \u003Cmark>la\u003C/mark> traduzione dal francese dell'articolo \"Du code-barres au QR-code\", che ripercorre \u003Cmark>la\u003C/mark> storia del codice a barre e del QR-code, piccole invenzioni ampiamente utilizzate che identificano merci e persone. Prima di essere uno strumento di verifica del green pass, i QR-code si situano nella lunga storia dell'industrializzazione, dei flussi commerciali globalizzati e soprattutto del loro controllo, che a sua volta risponde ai mutamenti del capitalismo nel suo insieme.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/qrcodedef.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito \u003Cmark>la\u003C/mark> traduzione del testo\r\n\r\nIl QR-Code è diventato uno dei simboli del mondo smart. Dal lasciapassare sanitario ai cartelloni pubblicitari, passando per i menù dei ristoranti e i cartelli espositivi, \u003Cmark>la\u003C/mark> stessa banalità del suo utilizzo riflette l'influenza esercitata dalle tecnologie digitali. Un quadrato di superfici nere su sfondo bianco, incorniciato da tre quadrati neri, il “codice di risposta rapida” [QR] differisce dal codice a barre per le sue due dimensioni ed è più simile al microchip RFID per i pagamenti contactless. \u003Cmark>La\u003C/mark> sua storia, che questo testo si propone di ripercorrere, è inseparabile da quella del codice a barre. Fa parte della grande storia delle relazioni tra informatica e industria, che determina il ruolo crescente dell'identificazione informatica nella circolazione delle merci e delle persone. Fabbriche, logistica e banche dati sono i protagonisti della prodigiosa espansione dell'IT dall'inizio degli anni '70 agli anni '80 fino ad oggi.\r\n\r\n \r\n\r\n \t L'INVENZIONE E L'ESTENSIONE DEL CODICE A BARRE.\r\n\r\n \r\n\r\n\"Vuole dire che c'era una volta un mondo senza codici a barre? \"\r\n\r\n \r\n\r\nNella loro storia dell'informatica \"ubiqua\", Geneviève Bell e Paul Dourish parlano di \"domani di ieri\" per definire il modo in cui l'attenzione alle promesse magniloquenti delle tecnologie future tenda a mascherare l’influenza di quelle che sono già esistenti. Certo, il QR-Code è più prosaico dei sogni di un mondo interattivo promesso da Mark Weiser, o del metaverso annunciato da Mark Zuckerberg. Tuttavia, è proprio l'apparente semplicità di questa tecnologia e il fatto che sia a portata di mano che le consente di \"mimetizzarsi con lo sfondo a una velocità sorprendente\". In un certo senso, un codice a barre o un QR-code funzionano come un'infrastruttura: qualcosa di impercettibile nella maggior parte dei casi, da cui dipendiamo senza pensarci e che ci autorizza a fare qualcosa, determinando \u003Cmark>la\u003C/mark> forma delle azioni e usi che rende possibile. Se nulla sembra più banale del codice a barre che compare su quasi tutti i beni del mondo, l'introduzione di questa rappresentazione di un dato numerico o alfanumerico, sotto forma di un'alternanza di barre e spazi il cui spessore è variabile è stata determinante nell'accelerare l'informatizzazione.\r\n\r\n \r\n\r\nPrima dei codici a barre, \u003Cmark>non\u003C/mark> esistevano sistemi per acquisire automaticamente le informazioni sui prodotti venduti. I cassieri inserivano manualmente il prezzo di ogni prodotto venduto su registratori di cassa meccanici, prezzo che dovevano conoscere a memoria o etichettare manualmente. A loro volta, i gestori dei negozi dovevano valutare e monitorare costantemente \u003Cmark>la\u003C/mark> fornitura degli scaffali senza dati accessibili prodotto per prodotto. Nel 1952, due ingegneri, Bernard Silver e Norman Joseph Woodland (già assistente nell'ambito del progetto Manhattan che sviluppò \u003Cmark>la\u003C/mark> bomba atomica), si ispirarono al codice Morse per risolvere questo problema: punti e barre che si susseguono per trasmettere un informazione. Hanno così inventato il codice a barre, ovvero un codice in grado di fungere da mediazione tra \u003Cmark>la\u003C/mark> materialità di un oggetto e \u003Cmark>la\u003C/mark> sua identità virtuale collocata in un database digitale. Esso crea un collegamento tra il digitale e il fisico, tra l'informatica e \u003Cmark>la\u003C/mark> circolazione delle merci.\r\n\r\n \r\n\r\nAll'epoca, tuttavia, il loro codice richiedeva una lampada a incandescenza da 500 watt per essere decifrato. Essa riscaldava molto intensamente, a volte bruciava \u003Cmark>la\u003C/mark> carta come \u003Cmark>la\u003C/mark> pupilla umana, ben lontana dalle tecnologie intelligenti. \u003Cmark>La\u003C/mark> decodificazione richiedeva anche un notevole equipaggiamento materiale di computazione esteso, che era impossibile distribuire in modo massiccio ed economico. \u003Cmark>La\u003C/mark> loro invenzione rimase quindi inizialmente senza sbocco, ma depositarono il brevetto subito acquistato dalla Radio Corporation of America (RCA). Proprio come un'auto \u003Cmark>non\u003C/mark> va da nessuna parte senza l'infrastruttura stradale di accompagnamento, un oggetto tecnico esiste solo con il proprio ambiente associato, che lo condiziona e che esso condiziona a sua volta. \r\n\r\nCi vorranno altri vent'anni e nuove innovazioni perché il codice a barre diventi effettivo.\r\n\r\n \r\n\r\nNel maggio del 1960, Theodore Maiman inventa il laser, acronimo di \"amplificazione della luce mediante emissione stimolata della radiazione\", che consente un'emissione luminosa coerente e direzionale. Questa luce rossa, che conosciamo dai lettori, si associa rapidamente ai codici a barre. Nel decennio successivo, \u003Cmark>la\u003C/mark> RCA porta avanti \u003Cmark>la\u003C/mark> ricerca per automatizzare e velocizzare le casse nei negozi di alimentari. Allo stesso tempo, altri laboratori effettuano ricerche simili per monitorare \u003Cmark>la\u003C/mark> circolazione dei treni merci. A Cincinnati, il 3 luglio 1972, cioè vent'anni dopo l'invenzione di Woodland and Silver, in un Kroger Kenwood Plaza viene testato per 18 mesi un codice a barre circolare: l'esperimento mira a confrontare il volume delle vendite con altri negozi dello stesso marchio. Mentre i risultati sono convincenti in termini di risparmio di tempo, \u003Cmark>la\u003C/mark> materialità del codice pone notevoli problemi: il cerchio scelto è grande, si stampa con difficoltà, l'inchiostro scorre e rende illeggibile il codice a barre. Georges Laurer, ingegnere in IBM, trova \u003Cmark>la\u003C/mark> soluzione adottando una forma rettangolare, leggibile anche da laser scanner. Il primo test di questo nuovo codice a barre ha luogo a Troy, Ohio, il 26 giugno 1974, ed ha riguardato una scatola di gomme da masticare. Tutti questi test beneficiano di un'altra invenzione decisiva, all’epoca in piena espansione: i circuiti stampati, fondamento di tutti i microcomputer. Questi circuiti permettono di immaginare di implementare sistemi informatici in tutti i punti vendita. È stato comunque necessario contare su milioni di dollari di investimenti in apparecchiature di lettura e in un centro di elaborazione dei dati raccolti.\r\n\r\n \r\n\r\nGli industriali temono quindi fortemente una situazione in cui ogni negozio scelga il proprio modello di codice. Organizzeranno quindi immediatamente \u003Cmark>la\u003C/mark> costituzione di un modello unico e \u003Cmark>la\u003C/mark> sua imposizione dalla fabbrica per rimborsare i loro investimenti mantenendo il controllo sul formato dei codici. Georges Laurer imporrà a questo scopo lo standard Universal Product Code (UPC) prima di aggiornarlo a un codice a barre EAN, due standard internazionali ancora oggi in vigore e ampiamente utilizzati. Tra il 1972 e \u003Cmark>la\u003C/mark> fine degli anni '80 sono stati imposti codici a barre standardizzati su tutte le merci del mondo. Questa è una delle caratteristiche essenziali del successo delle tecnologie informatiche: \u003Cmark>la\u003C/mark> loro standardizzazione che ne struttura le possibilità di aggregazione e di utilizzo. \u003Cmark>La\u003C/mark> formalizzazione e l'unicità del codice a barre ne hanno permesso \u003Cmark>la\u003C/mark> generalizzazione, così come il protocollo TCP/IP governa oggi Internet.\r\n\r\n \r\n\r\nIl codice a barre è un doppio jackpot economico \u003Cmark>non\u003C/mark> appena tutte le condizioni sono soddisfatte. Accelera fino ad oggi tutti i passaggi di cassa e l'inventario delle scaffalature, aumentando \u003Cmark>la\u003C/mark> produttività del lavoro. Soprattutto, permette di estrarre automaticamente le informazioni sui beni venduti o meno. I dati raccolti stimoleranno e confluiranno poi in indagini di mercato, gusti e preferenze dei consumatori. Queste indagini serviranno poi a guidare, in cambio, le decisioni a livello di produzione industriale. Inizialmente, i codici a barre hanno solo accelerato il passaggio in cassa, poiché pochi prodotti arrivavano già etichettati. \u003Cmark>Non\u003C/mark> appena questo è stato sistemato in anticipo, i dati estratti dalla lettura del codice a barre inaugureranno \u003Cmark>la\u003C/mark> gestione dell'inventario su larga scala. L'analisi \u003Cmark>non\u003C/mark> viene più effettuata in ogni punto vendita dai gestori locali, \u003Cmark>la\u003C/mark> “mano visibile” dell'economia, ma viene ricollocata in banche dati di proprietà del management. Esse sono staccate dalla loro posizione geografica per essere elaborate e analizzate confrontando i risultati di più negozi, per ora, giorno, posizione, ecc., proprio come i volumi di big data odierni. I gestori dei punti vendita diventano semplici esecutori, invitati a convertirsi in entusiastici team building dei dipendenti o a rafforzare \u003Cmark>la\u003C/mark> “esperienza del cliente\". Questo processo richiederà diversi anni e dipenderà in particolare da quando i codici a barre verranno stampati sui prodotti già dalla loro fabbricazione in fabbrica. \u003Cmark>Non\u003C/mark> appena questa soglia viene raggiunta, i codici a barre diventano onnipresenti.\r\n\r\n \r\n\r\nL'esempio del codice a barre mostra come l'informatica coinvolga grandi numeri (\u003Cmark>la\u003C/mark> popolazione) e calcoli statistici su larga scala per stabilire confronti, ricorrenze e modelli. Anche l’”intelligenza\" delle circolazioni - l'equilibrio tra \u003Cmark>la\u003C/mark> distribuzione delle apparecchiature materiali e \u003Cmark>la\u003C/mark> centralizzazione dell'elaborazione virtuale dei dati - è fin dall'inizio monopolizzata dal management, così come oggi alcuni colossi di Internet concentrano \u003Cmark>la\u003C/mark> maggiorparte del traffico dati. L'introduzione del codice a barre consentirà, ad esempio, di modificare automaticamente i prezzi o di aumentare i “saldi\" su larga scala e indipendentemente dalle decisioni locali. Il codice a barre è inoltre accompagnato dallo scontrino, che indica il nome dei prodotti e il prezzo pagato per ciascuna merce, aprendo \u003Cmark>la\u003C/mark> possibilità di confronti da parte dei clienti, anticipati e tenuti in considerazione dalle imprese. Inizialmente, e a differenza del QR-code, i dati registrati dal codice a barre \u003Cmark>non\u003C/mark> sono individualizzati. Ciò avverrà progressivamente, in particolare attraverso lo sviluppo di carte fedeltà che consentiranno di affinare le analisi con dati collegabili a singoli clienti. Fedeltà, profili e tracciabilità appartengono alla stessa logica. Schematicamente, possiamo dire che nell'era analogica e le sue casse meccaniche, i dipendenti dovevano personalizzare il servizio per soddisfare ogni individuo. Con il digitale e le sue casse automatiche, \u003Cmark>la\u003C/mark> personalizzazione alimenta da subito \u003Cmark>la\u003C/mark> soddisfazione delle masse, seguendo \u003Cmark>la\u003C/mark> stessa logica degli algoritmi di Facebook oggi.\r\n\r\n \r\n\r\nIl codice a barre ha quindi avuto un ruolo determinante nella costruzione dell'unità di un processo, dalla produzione alla circolazione fino alla vendita delle merci. Se tale unità esisteva prima, è l'informatizzazione che ne ha garantito \u003Cmark>la\u003C/mark> leggibilità e ne ha fatto una fonte di profitto, costruendo una capacità di adattamento e modifica senza precedenti. Una breve deviazione attraverso l'industria automobilistica da Ford a Toyota illumina un altro passo in questo processo. Fu nel 1994, in una filiale della Toyota, che venne inventato il QR-Code per scopi logistici.\r\n\r\n \r\n\r\n \t DAL FORDISMO ALLA RIVOLUZIONE LOGISTICA.\r\n\r\n \r\n\r\n\"Tutti si sforzano di rimuovere \u003Cmark>la\u003C/mark> necessità di abilità in tutti i lavori della forza lavoro\" (Henry Ford, \u003Cmark>la\u003C/mark> mia vita, il mio lavoro)\r\n\r\n \r\n\r\nPochi industriali hanno avuto tanto impatto contro il movimento operaio quanto Henry Ford e le sue fabbriche di automobili. Henry Ford (1863-1947) fu il primo ad applicare su larga scala i principi di \"organizzazione scientifica del lavoro\" definiti dall'ingegnere Frederick W. Taylor (1856-1915). Quest'ultimo dedicò tutta \u003Cmark>la\u003C/mark> sua vita a ridefinire l'organizzazione del lavoro al fine di annientare l'\"indugio\" operaio e neutralizzare il relativo controllo che l'operaio professionista aveva ancora sul suo lavoro. L'organizzazione scientifica del lavoro è \u003Cmark>la\u003C/mark> controinsurrezione in \u003Cmark>marcia\u003C/mark> contro tutto il potere operaio. Frederick W. Taylor, che parlerà direttamente con Henry Ford, è l'artigiano del lavoro in catena di montaggio come modo di frammentare e despecializzare i compiti, di cronometrare ogni azione e quindi di imporre un ritmo debitamente pianificato dai quadri ingegneri. Il \"mestiere\" \u003Cmark>non\u003C/mark> solo viene aggirato dalla macchina, ma viene esso stesso distrutto come tale dall'organizzazione della fabbrica. Henry Ford applicando questi principi inaugura \u003Cmark>la\u003C/mark> produzione e il consumo di massa.\r\n\r\n \r\n\r\nL'alleanza tra \u003Cmark>la\u003C/mark> frammentazione del lavoro in catena di montaggio e \u003Cmark>la\u003C/mark> concentrazione nelle grandi fabbriche favorisce le economie di scala che consentono di produrre automobili in quantità massicce a prezzi bassi. Vengono prodotti pochi modelli all'anno, contraddistinti da alcuni dettagli in base alla categoria sociale destinataria. Quando lasciano le fabbriche, le auto vengono inviate ai concessionari che sono poi responsabili della vendita dei prodotti, anche se ciò significa conservarli in attesa che le vendite diminuiscano. In questo sistema fordista i prodotti sono pressoché identici e progettati secondo le principali macrocategorie statistiche (uomo, donna, famiglia dirigenti, ecc.). \u003Cmark>La\u003C/mark> loro distribuzione è accompagnata da logiche di pianificazione economica su larga scala.\r\n\r\n \r\n\r\n“Vale \u003Cmark>la\u003C/mark> pena ripeterlo, \u003Cmark>la\u003C/mark> domanda è: cosa fare per aumentare \u003Cmark>la\u003C/mark> produttività quando le quantità \u003Cmark>non\u003C/mark> aumentano? (Taiichi Ohno, Il sistema Toyota, p.27.)\r\n\r\n \r\n\r\nLe crisi petrolifere e il calo della crescita minano il compromesso fordista. Politicamente, il lungo maggio che si insinua negli stabilimenti Fiat in Italia e in molti stabilimenti nel mondo, tra cui Ford a Detroit, minaccia il predominio del lavoro in catena di montaggio. I capitalisti e gli industriali attuano una vasta controinsurrezione, in parte inventata in Giappone nell'organizzazione industriale delle fabbriche Toyota dall'ingegnere Taiichi Ohno, un altro grande maestro dell'organizzazione scientifica del lavoro. A differenza del modello fordista, \u003Cmark>la\u003C/mark> catena di montaggio si trasforma in unità di piccole squadre con compiti distinti ma flessibili. Il \"toyotismo\" cercherà di produrre in serie limitata prodotti differenziati e vari. L'approccio avviato da Ohno si basa su una specializzazione flessibile (cioè adattabile e modificabile) piuttosto che su grandi economie di scala. Inoltre, il controllo qualità viene effettuato su ogni parte della macchina e continuamente da un capo all'altro della catena. I suoi attori devono essere integrati nel processo, dovendo convalidare ogni passaggio mentre sono costantemente monitorati, in modo che qualsiasi errore sia localizzato, identificato e sanzionato.\r\n\r\n \r\n\r\nIl cuore di questo metodo, il suo principio fondamentale, è secondo Ohno \"produrre proprio ciò che è necessario e farlo appena in tempo\". Il metodo Toyota è \u003Cmark>la\u003C/mark> produzione a stock zero: l'invenzione della produzione just-in-time. Tuttavia, zero stock è solo un risultato del metodo senza essere il suo obiettivo in sé. Un eccesso di prodotti o di invenduti è per Ohno solo l'indice di un problema, un errore da correggere a fronte del quale va rivista tutta \u003Cmark>la\u003C/mark> filiera, anche se significa cambiare \u003Cmark>la\u003C/mark> merce prodotta a fine linea secondo \u003Cmark>la\u003C/mark> domanda. In questo sistema, orientato al \"just in time\", \u003Cmark>la\u003C/mark> produzione industriale e \u003Cmark>la\u003C/mark> sua distribuzione presuppongono un coordinamento costante dal capo delle imprese a tutti i subappaltatori, dai fornitori a monte della catena ai rivenditori dall'altra parte. \u003Cmark>La\u003C/mark> divisione in piccole squadre della catena di montaggio si tradurrà all'esterno della fabbrica nel ricorso a subappaltatori, soggetti come gli operai Toyota alla stessa pressione di qualità e rapidità di risposta agli ordini. L'organizzazione del lavoro si dà delle capacità di adattamento alle fluttuazioni dei mercati economici e alle loro incertezze. \u003Cmark>La\u003C/mark> pressione al lavoro, come evidenziato ad esempio dal libro di Kamata Satoshi \"Toyota, \u003Cmark>la\u003C/mark> fabbrica della disperazione\", è ancora grande, ma questi principi fondamentali di funzionamento sono cambiati.\r\n\r\n \r\n\r\nL'inversione all'interno degli stabilimenti Toyota testimonia un cambiamento che straripa dalle pareti della fabbrica, proprio come l'IT straripa dai computer e dai loro schermi. Il cambiamento è anche un esempio dell'applicazione delle logiche di feedback cibernetico. Quando \u003Cmark>la\u003C/mark> vendita di un prodotto sullo scaffale di un negozio di alimentari ne determina a sua volta \u003Cmark>la\u003C/mark> produzione in fabbrica, l'informazione che esce dal processo viene reintrodotta all’inizio per seguire \u003Cmark>la\u003C/mark> stessa traiettoria al contempo modificandola. \u003Cmark>La\u003C/mark> capacità di adattamento permanente dell'intero processo funziona su questa base. Alla Toyota e altrove, l'intero commercio capitalista si dota così di nuovi metodi che dipendono dalle possibilità del calcolo informatico. Lo storico James Beniger in \"The Control Revolution\" mostra che \u003Cmark>la\u003C/mark> maggior parte delle principali tecnologie inventate nel diciannovesimo secolo (il telefono, \u003Cmark>la\u003C/mark> ferrovia, \u003Cmark>la\u003C/mark> radio, \u003Cmark>la\u003C/mark> pubblicità, ecc.) cercano di rispondere a una crisi di controllo sul flusso di informazioni . Nella stessa prospettiva, l'informatica riguarda tutte le attività che trasportano o supportano le informazioni. Colonizza progressivamente \"tutti i macro-sistemi tecnici, basati sulla rete e sulla logistica (controllo delle flotte aeree, terrestri, marittime e dei flussi\". Così facendo, l'informatizzazione assume una certa forma e trasforma l'organizzazione che \u003Cmark>la\u003C/mark> sostiene, \u003Cmark>la\u003C/mark> logica tecnica e quella sociale si intrecciano.\r\n\r\n \r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> rivoluzione logistica o \"\u003Cmark>la\u003C/mark> guerra continuata con altri mezzi, con i mezzi del commercio\".\r\n\r\n \r\n\r\nCome il codice a barre inventato nel 1952, il sistema Toyota impiegherà quasi 20 anni per essere applicato in Giappone di fronte alla resistenza dei lavoratori e al tempo necessario per estendere le risorse informatiche per \u003Cmark>la\u003C/mark> sua attuazione. Si inserisce in una svolta in cui \u003Cmark>la\u003C/mark> logistica occupa un ruolo centrale che occuperà per tutti gli anni 1980-1990. Jasper Bernes del collettivo End Notes definisce \u003Cmark>la\u003C/mark> logistica come un progetto di \"mappatura cognitiva\" del capitale, un mezzo per rendere tangibili le catene di approvvigionamento transnazionali sempre più complesse e astratte. Parallelamente alla contemporanea finanziarizzazione degli utili, delle nuove modalità di modellazione dei dati, di visualizzazione dei circuiti distributivi, rendono percepibili e quindi modificabili le circolazioni, sempre più numerose e difficili da seguire. Inizialmente semplice mezzo, \u003Cmark>la\u003C/mark> logistica è poi diventata una scienza a sé stante.\r\n\r\n \r\n\r\nLe attuali catene di approvigionamento capitalistiche \u003Cmark>non\u003C/mark> si caratterizzano solo per \u003Cmark>la\u003C/mark> loro estensione globale e l'incredibile velocità di circolazione delle merci, ma anche per l'integrazione diretta che realizzano di spazi di lavorazione e luoghi di vendita, per \u003Cmark>la\u003C/mark> loro armonizzazione dei ritmi di produzione e consumo in un unico processo. \u003Cmark>La\u003C/mark> centralità e \u003Cmark>la\u003C/mark> velocità della logistica rendono indistinguibile \u003Cmark>la\u003C/mark> distinzione tra produzione e distribuzione, tra \u003Cmark>la\u003C/mark> fabbricazione delle merci e il loro rilascio. Dagli anni '80, i manager ed esperti del business globale hanno decantato i vantaggi della flessibilità e della gestione \"snella\" delle fabbriche. Attraverso un coordinamento sempre più fine, le aziende possono invertire il rapporto acquirente/venditore in cui le merci vengono prima prodotte e poi vendute da un intermediario a un consumatore. Consegnando le merci nel momento esatto della loro vendita, senza perdere tempo di stoccaggio, \u003Cmark>la\u003C/mark> logica del just-in-time cerca di produrre questo effetto per cui i prodotti vengono prodotti solo quando sono già venduti. Per esempio, \u003Cmark>la\u003C/mark> chiave del successo dei giganti della vendita al dettaglio come Wal-Mart, è in gran parte \u003Cmark>la\u003C/mark> loro capacità di stimare e calcolare quando determinati prodotti devono essere sullo scaffale per essere venduti.\r\n\r\n \r\n\r\nQueste informazioni consentono a Wal-Mart di limitare \u003Cmark>la\u003C/mark> sovrapproduzione come i movimenti \u003Cmark>non\u003C/mark> necessari delle scorte, di interrompere i rapporti con tali e tali subappaltatori \u003Cmark>non\u003C/mark> appena necessario o di contrattare costantemente con il miglior offerente. Come sottolinea Jasper Bernes (di cui qui riprendiamo in larga parte l’analisi): “mentre all'inizio degli anni '80 alcuni enfatizzavano \u003Cmark>la\u003C/mark> flessibilità e il dinamismo, sperando di cambiare gli equilibri di potere contro le grandi e inflessibili multinazionali in favore di aziende di piccola taglia, “aziende agili”, \u003Cmark>la\u003C/mark> gestione snella si è rivelata un cambiamento di fase piuttosto che un indebolimento delle grandi multinazionali. Questo nuovo assetto somiglia a quella che Bennett Harrison chiama “una concentrazione senza centralizzazione” del potere delle corporazioni economiche”. \u003Cmark>La\u003C/mark> logistica designa quindi questo potere attivo e mobilitabile per coordinare e coreografare il flusso delle merci, per mantenerle o tagliarle, accellerarle o rallentarle, potendo al contempo cambiare l'origine e \u003Cmark>la\u003C/mark> destinazione delle merci più o meno immediatamente (\u003Cmark>la\u003C/mark> crisi COVID all'inizio del 2020 mostrato che questo potrebbe necessitare di alcuni mesi di adeguamento). \u003Cmark>La\u003C/mark> circolazione \u003Cmark>non\u003C/mark> sostituisce \u003Cmark>la\u003C/mark> produzione, ma l'integrazione dei calcoli logistici da un'estremità all’altra della catena fino al consumatore costruisce \u003Cmark>la\u003C/mark> loro fusione. \u003Cmark>La\u003C/mark> gestione e il controllo dei flussi diventa una fonte centrale di potere e controllo.\r\n\r\n \r\n\r\n \t QR-CODE, RFID, IDENTIFICAZIONE MOBILE E INFRASTRUTTURE DI TRAFFICO.\r\n\r\n \r\n\r\nCome si collega questa storia al QR-code? Molto semplicemente, tutta questa svolta logistica si basa sull'estensione e sulla dispersione del calcolo informatico, che permette di seguire in tempo reale l'ubicazione della merce, i tempi di consegna, l'insieme dei flussi, ovvero un insieme di operazioni impossibili da realizzare e centralizzare senza \u003Cmark>la\u003C/mark> potenza dei computer. In linea con \u003Cmark>la\u003C/mark> produzione fordista, il codice a barre identifica il modello degli oggetti (un modello di t-shirt, ma \u003Cmark>non\u003C/mark> \u003Cmark>la\u003C/mark> sua unicità (questa particolare t-shirt, questo specifico esemplare)). \u003Cmark>La\u003C/mark> tracciabilità sempre più ravvicinata delle merci richiede più informazioni di quante il codice a barre possa contenere. È in questa prospettiva che una filiale di Toyota, Denso Wave, si dedica a questo problema e nel 1994 inventa il QR-Code per seguire il percorso dei pezzi di ricambio all'interno delle fabbriche. A differenza del classico codice a barre, questo codice bidimensionale può essere letto velocemente e da qualsiasi angolazione di lettura. I tre o quattro quadrati neri negli angoli servono per ricostruire l'angolo di lettura e le informazioni da estrarre dal codice. L'informazione viene parzialmente ripetuta lì in modo che a volte fino al 15% o addirittura al 30% del codice possa essere danneggiato senza impedire \u003Cmark>la\u003C/mark> lettura.\r\n\r\n \r\n\r\nI principali vantaggi del QR-code rispetto al codice a barre sono \u003Cmark>la\u003C/mark> quantità di informazioni che può contenere e \u003Cmark>la\u003C/mark> sua capacità di identificare in modo univoco ogni prodotto. Nella fabbrica automobilistica, ciò consente di tracciare accuratamente le parti in arrivo e di controllarne \u003Cmark>la\u003C/mark> qualità all'arrivo o durante tutto il processo in caso di danni o sabotaggi. Oltre a Toyota, negli anni '90, \u003Cmark>la\u003C/mark> crisi sanitaria della mucca pazza ha portato a importanti riorganizzazioni dell'industria alimentare. Di fronte alle minacce della carne contaminata ed alle istanze degli enti regolatori internazionali che hanno richiesto una maggiore tracciabilità di ogni pezzo di vacca messo in vendita, il codice QR si è affermato come uno strumento essenziale per identificare e memorizzare \u003Cmark>la\u003C/mark> traiettoria di ogni particolare merce. Codici a barre e QR-Code sono due tecnologie mobili, due mediazioni verso l'identità virtuale di un oggetto archiviato in un database. A rigor di termini, il QR-Code da solo \u003Cmark>non\u003C/mark> contiene nulla senza un lettore esterno (con una propria fonte di alimentazione) e un accesso connesso al database corrispondente. Ad esempio, un pass sanitario europeo \u003Cmark>non\u003C/mark> sarà necessariamente valido in Inghilterra o in Canada, se \u003Cmark>non\u003C/mark> fa riferimento al database corrispondente. E di conseguenza, se \u003Cmark>non\u003C/mark> fa riferimento a una foto di una persona, l'identità di chi lo porta può variare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl QR-Code mostra che oggi le tecnologie di comunicazione mobile operano sulla base di tecnologie di identificazione. Per le merci, il QR-code viene utilizzato per identificarle in un dato momento per poi rendere possibili determinati movimenti e determinate azioni. I chip RFID (Radio Frequency Identification) sono per molti versi simili ai codici QR, tranne per il fatto che questi chip \u003Cmark>non\u003C/mark> utilizzano lettori, ma onde radio. Ciò consente di leggere il contenuto di più chip contemporaneamente, come nell'involucro di una cassa automatica Decathlon o sulla scala di un container portuale (\u003Cmark>la\u003C/mark> rete 5G in via di implementazione dovrà estendere questo tipo di possibilità). Nel 2017 erano in circolazione circa 8,7 miliardi di chip RFID. Se le app per smartphone raggiungono milioni di utenti, gli utilizzi dei chip RFID ne hanno raggiunti decine di miliardi (dal trasporto alla misurazione del livello di etanolo negli alimenti). Questi chip sono in particolare largamente utilizzati su ogni bancale di merce per identificarne il contenuto durante il trasporto, a volte con più chip sugli oggetti stessi. Trasformano i processi fisici di viaggio in traiettorie che possono essere messe in dati (come i viaggi del titolare di un tessera della metropolitana), rendendo difficile separare il reale dal virtuale. Come i codici QR, i chip RFID (tranne alcuni modelli usati di rado) \u003Cmark>non\u003C/mark> hanno fonti di energia interne, ma si basano su altri dispositivi per essere letti. Oggi \u003Cmark>la\u003C/mark> loro produzione \u003Cmark>non\u003C/mark> costa quasi nulla e partecipano a questo \"inconscio tecnologico\" che costruisce il nostro mondo. I codici QR e i chip RFID sono elementi centrali dell'Internet delle Cose o dell'informatica ubiquitaria sin d’ora. Queste tecnologie \u003Cmark>non\u003C/mark> comunicano direttamente con Internet, ma attraverso l'ambiente costruito intorno a loro, che è a sua volta costruito per farle funzionare. I flussi logistici sono ora l'area principale per l'implementazione di queste tecnologie. \u003Cmark>La\u003C/mark> storia della loro implementazione mostra che \u003Cmark>la\u003C/mark> circolazione e \u003Cmark>la\u003C/mark> \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark>, attraverso i dati, di questi flussi di movimento è altrettanto importante. Generalmente, il gigante della logistica globale di oggi, Amazon, è allo stesso tempo attraverso \u003Cmark>la\u003C/mark> sua struttura AWS un fornitore di servizi IT, tramite il cloud, che sarebbe a priori \u003Cmark>la\u003C/mark> sua principale fonte di profitto. Amazon, per stabilire l'egemonia che conosciamo, è dunque l'infrastruttura delle circolazioni e dei servizi di elaborazione dei dati che queste circolazioni producono.\r\n\r\n \r\n\r\nSe è possibile deviare i QR-code o generarli autonomamente per altri scopi, questa capacità di per sé conta poco rispetto alla logica del trattamento dei dati e al suo modo di identificare per autorizzare, in determinate forme , \u003Cmark>la\u003C/mark> circolazione degli uomini come delle cose. \u003Cmark>La\u003C/mark> storia qui abbozzata testimonia \u003Cmark>la\u003C/mark> parte industriale che circonda ogni innovazione informatica. Ad esempio, una promessa ricorrente del mondo intelligente prevede frigoriferi connessi, in grado di avvisare i proprietari della fine delle bottiglie di coca cola o addirittura di consigliarli immediatamente. Questa promessa \u003Cmark>non\u003C/mark> è che un espediente divertente fino a quando i chip RFID \u003Cmark>non\u003C/mark> vengono installati, in fabbrica, su ogni lattina, e vengono stabiliti dei sistemi interoperabili di database (fatturati al cliente) dal frigorifero agli addetti alle consegne.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[70],{"field":71,"matched_tokens":72,"snippet":67,"value":68},"post_content",[65,66],2310390568233992000,{"best_field_score":75,"best_field_weight":34,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":76,"tokens_matched":77,"typo_prefix_score":43},"2220487802880","2310390568233992305",4,{"document":79,"highlight":107,"highlights":112,"text_match":115,"text_match_info":116},{"cat_link":80,"category":82,"comment_count":43,"id":84,"is_sticky":43,"permalink":85,"post_author":86,"post_content":87,"post_date":88,"post_excerpt":49,"post_id":84,"post_modified":89,"post_thumbnail":90,"post_thumbnail_html":91,"post_title":92,"post_type":54,"sort_by_date":93,"tag_links":94,"tags":104},[81],"http://radioblackout.org/category/informazione/",[83],"L'informazione di Blackout","85763","http://radioblackout.org/2023/12/piazza-fontana-il-tramonto-dellillusione-democratica/","info","Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, uccidendo 16 persone.\r\nLa polizia puntò subito gli anarchici, che vennero rastrellati e portati in questura. Uno di loro, Giuseppe Pinelli, non ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché non venne modificata la legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che la eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, non ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Uno di loro, Giuseppe Pinelli, \u003Cmark>non\u003C/mark> ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché \u003Cmark>non\u003C/mark> venne modificata \u003Cmark>la\u003C/mark> legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che \u003Cmark>la\u003C/mark> eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, \u003Cmark>non\u003C/mark> ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare \u003Cmark>la\u003C/mark> repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso \u003Cmark>la\u003C/mark> montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta \u003Cmark>la\u003C/mark> diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“\u003Cmark>Non\u003C/mark> si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se \u003Cmark>non\u003C/mark> si analizza il contesto. Al di \u003Cmark>là\u003C/mark> delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con \u003Cmark>la\u003C/mark> conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che \u003Cmark>la\u003C/mark> gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e \u003Cmark>non\u003C/mark> soggetto della propria storia, alimentando \u003Cmark>la\u003C/mark> contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale \u003Cmark>la\u003C/mark> generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo \u003Cmark>la\u003C/mark> guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava \u003Cmark>la\u003C/mark> vita e i movimenti di una generazione affamata di \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark>. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per \u003Cmark>la\u003C/mark> metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava \u003Cmark>la\u003C/mark> donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo \u003Cmark>non\u003C/mark> si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi \u003Cmark>non\u003C/mark> si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA \u003Cmark>la\u003C/mark> dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda \u003Cmark>la\u003C/mark> Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina \u003Cmark>la\u003C/mark> “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: \u003Cmark>la\u003C/mark> burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come \u003Cmark>la\u003C/mark> Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse \u003Cmark>la\u003C/mark> filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, \u003Cmark>la\u003C/mark> repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che \u003Cmark>non\u003C/mark> vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere \u003Cmark>la\u003C/mark> dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 \u003Cmark>non\u003C/mark> hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con \u003Cmark>la\u003C/mark> resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre \u003Cmark>la\u003C/mark> polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, \u003Cmark>la\u003C/mark> famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per \u003Cmark>non\u003C/mark> parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere \u003Cmark>la\u003C/mark> massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord \u003Cmark>la\u003C/mark> politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo \u003Cmark>la\u003C/mark> popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane \u003Cmark>la\u003C/mark> logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione \u003Cmark>la\u003C/mark> conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato \u003Cmark>la\u003C/mark> trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi \u003Cmark>la\u003C/mark> cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo \u003Cmark>la\u003C/mark> discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E \u003Cmark>la\u003C/mark> lotta \u003Cmark>non\u003C/mark> si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto \u003Cmark>la\u003C/mark> gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, \u003Cmark>la\u003C/mark> libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è \u003Cmark>la\u003C/mark> sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte \u003Cmark>non\u003C/mark> si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie \u003Cmark>la\u003C/mark> strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma \u003Cmark>non\u003C/mark> basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta \u003Cmark>la\u003C/mark> ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma \u003Cmark>non\u003C/mark> mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e \u003Cmark>la\u003C/mark> continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. \u003Cmark>Non\u003C/mark> riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti \u003Cmark>la\u003C/mark> da \u003Cmark>la\u003C/mark> morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, \u003Cmark>la\u003C/mark> polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso \u003Cmark>la\u003C/mark> Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui \u003Cmark>marcia\u003C/mark>piedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni \u003Cmark>non\u003C/mark> si sa ancora se, a provocarne \u003Cmark>la\u003C/mark> morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu \u003Cmark>la\u003C/mark> rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. \u003Cmark>La\u003C/mark> rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne \u003Cmark>la\u003C/mark> repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. \u003Cmark>La\u003C/mark> lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano \u003Cmark>la\u003C/mark> risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. \u003Cmark>Non\u003C/mark> ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare \u003Cmark>la\u003C/mark> libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma \u003Cmark>non\u003C/mark> sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che \u003Cmark>non\u003C/mark> esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Questa è la storia di un palazzo interamente abitato che viene venduto ad un nuovo proprietario che lo vuole vuoto per investire, riqualificare, riammodernare. E così gli abitanti vengono messi a conoscenza che i loro contratti di locazione non verranno rinnovati e che, volenti o nolenti, dovranno sloggiare tutti. I contratti scadranno in modo scaglionato a partire da settembre ma intanto il nuovo proprietario, Denegri, non proprio uno a caso bensì uno degli uomini più ricchi di Torino, vorrebbe portarsi avanti. Già in questi giorni avrebbero dovuto montare i ponteggi intorno al palazzo togliendo l'unico punto di luce a molte famiglie, ma gli abitanti hanno deciso di reagire e giovedì mattina insieme a qualche solidale hanno fatto un picchetto davanti al portone che ha fatto desistere i pochi operai mandati dalla ditta appaltata per i lavori. E venerdì mattina ancora hanno atteso insieme sul marciapiede senza che però si facesse vedere nessuno.\r\n\r\nAbbiamo contattato Amid per farci raccontare cosa sta accadendo al civico 12 di piazza della Repubblica\r\n\r\nAscolta la diretta\r\n\r\nAmin","21 Aprile 2018","2018-05-04 13:04:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/img-20180420-wa0001-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/img-20180420-wa0001-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/img-20180420-wa0001-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/img-20180420-wa0001-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/img-20180420-wa0001-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/img-20180420-wa0001.jpg 1600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Al civico 12 di Piazza della Repubblica",1524352322,[133,134],"http://radioblackout.org/tag/porta-palazzo/","http://radioblackout.org/tag/riqualificazione/",[24,136],"riqualificazione",{"post_content":138},{"matched_tokens":139,"snippet":141,"value":142},[140,65],"conoscenza","gli abitanti vengono messi a \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark> che i loro contratti di locazione \u003Cmark>non\u003C/mark> verranno rinnovati e che, volenti","Una storia da manuale quella che vorrebbe compiersi nel cuore di Porta Pila, un grosso progetto di investimenti che interessano alcuni stabili che danno sulla piazza e l'organizzazione del più grosso mercato cittadino.\r\n\r\nGrossi investimenti che prevedono grossi cambiamenti che sempre passano sulla testa delle persone stravolgendo le già faticose vite. 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E venerdì mattina ancora hanno atteso insieme sul \u003Cmark>marcia\u003C/mark>piede senza che però si facesse vedere nessuno.\r\n\r\nAbbiamo contattato Amid per farci raccontare cosa sta accadendo al civico 12 di piazza della Repubblica\r\n\r\nAscolta \u003Cmark>la\u003C/mark> diretta\r\n\r\nAmin",[144],{"field":71,"matched_tokens":145,"snippet":141,"value":142},[140,65],2310390533068947500,{"best_field_score":148,"best_field_weight":34,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":149,"tokens_matched":77,"typo_prefix_score":11},"2220470632448","2310390533068947569",6677,{"collection_name":54,"first_q":152,"per_page":153,"q":152},"La conoscenza non marcia",6,13,{"facet_counts":156,"found":165,"hits":189,"out_of":325,"page":11,"request_params":326,"search_cutoff":32,"search_time_ms":327},[157,166],{"counts":158,"field_name":163,"sampled":32,"stats":164},[159,161],{"count":11,"highlighted":160,"value":160},"anarres",{"count":11,"highlighted":162,"value":162},"frittura mista","podcastfilter",{"total_values":165},2,{"counts":167,"field_name":31,"sampled":32,"stats":187},[168,170,172,174,176,178,180,182,184,185],{"count":11,"highlighted":169,"value":169},"Roma",{"count":11,"highlighted":171,"value":171},"no tav",{"count":11,"highlighted":173,"value":173},"genocidio",{"count":11,"highlighted":175,"value":175},"10 maggio",{"count":11,"highlighted":177,"value":177},"ricerca bellica",{"count":11,"highlighted":179,"value":179},"mondo accademico",{"count":11,"highlighted":181,"value":181},"industria bellica",{"count":11,"highlighted":183,"value":183},"assemblea nazionale",{"count":11,"highlighted":152,"value":152},{"count":11,"highlighted":186,"value":186},"movimenti contro la guerra",{"total_values":188},18,[190,289],{"document":191,"highlight":225,"highlights":270,"text_match":285,"text_match_info":286},{"comment_count":43,"id":192,"is_sticky":43,"permalink":193,"podcastfilter":194,"post_author":195,"post_content":196,"post_date":197,"post_excerpt":49,"post_id":192,"post_modified":198,"post_thumbnail":199,"post_title":200,"post_type":201,"sort_by_date":202,"tag_links":203,"tags":218},"101230","https://radioblackout.org/podcast/assemblea-nazionale-la-conoscenza-non-marcia-del-13-09-2025-roma/",[162],"fritturamista","LA CONOSCENZA NON MARCIA\n\n\n\nPer difendere Università e Scuole dal processodi militarizzazione e dalla complicità col genocidio del popolopalestinese. Fuori la guerra dall'istruzione e dalla ricerca!\n\n\n\nNegli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio processo dimilitarizzazione dei luoghi del sapere, sia sul fronte dell'istruzione sia nella ricerca. Scuole e Università sono state sottoposte ad una crescente invasione da parte della filiera militare industriale e del suo dispiegamento ideologico, che agisce per promuovere la “cultura della difesa” normalizzando la presenza della guerra nella società soprattutto verso i più giovani, e/o in vista del reclutamento degli stessi, oltre che per subordinare formazione e ricerca agli interessi delle imprese. Di recente, il documento per l’attuazione di REARM EUROPE individua nell’istruzione scolastica e universitaria un settore strategico per il processo di militarizzazione, già in atto da qualche anno ad opera delleistituzioni governative e militari del nostro Paese, ma anche diorganizzazioni internazionali come la NATO e delle grandi multinazionali dell'industria bellica, come ad esempio Leonardo SpA, che entra nel mondo dell'istruzione anche attraverso le sue fondazioni: in particolare la Fondazione Med-Or, la quale annovera nel suo Comitato Scientifico non solo docenti universitari, ma anche Rettori di alcuni Atenei statali (erano 13 e ad oggi ne risultano 9).\n\n\n\nLe modalità con cui questo processo si dispiega in Italia riporta almodello di militarizzazione della società israeliana, dove sin dai primi gradi dell'istruzione, i bambini vengono immersi nella retorica e nella propaganda militarista e dove la militarizzazione è presente in tutti i gangli della società. È per tale motivo che si può parlare di “israelizzazione” della società anche nel nostro Paese: un processo di occupazione e colonizzazione cognitiva, ma anche fisica, dei luoghi e degli spazi del sapere, dell'istruzione e della ricerca. Le Scuole, le Università, la Ricerca Pubblica e la nostra società sono, analogamente alla Palestina, territori da colonizzare, occupare, depredare e trasformare pergli interessi particolari di chi sta promuovendo il processo dimilitarizzazione (Governo, lobby delle armi, NATO e filiera bellica).\n\n\n\nTale processo, che nella fase attuale sta coinvolgendo anche il resto della società, è appunto iniziato nelle Scuole e nelle Università ed è per questa ragione che partiamo proprio dall'istruzione per portare avanti un percorso teso a denunciare lo stato delle cose e a liberare la formazione e la ricerca dalle logiche belliciste, ribadendo la nostra volontà di non contribuire alla militarizzazione, non essere complici del genocidio inatto e respingere il modello militarizzato della società israeliana. Per questa ragione la campagna “LA CONOSCENZA NON MARCIA” si propone di intervenire direttamente nel rapporto strutturale che lega il progetto sionista, la militarizzazione della società e l’istruzione pubblica. Il definanziamento dell’Università italiana, connesso alla ripetuta introduzione di nuove forme contrattuali di precariato della ricerca e della docenza, spinge a rendere prassi normale il reperimento di risorse presso agenzie private e pubbliche che hanno come proprio core businessl'intelligence e l’industria bellica. Fra le industrie belliche che hanno stretto collaborazioni con Università italiane ci sono anche grandi aziende israeliane come Elbit Systems o IAI – Israeli Aerospace Industries, ma anche l'Istituto di tecnologia Technion o l'Ariel University, che intervengono in vario modo anche nell'apartheid e nello scenario coloniale dei territori palestinesi: alcune università israeliane sono complici dirette nella costruzione di infrastrutture e nella colonizzazioneisraeliana del territorio palestinese, ma anche nella creazione di un’ ideologia pervasiva e razzista. Vista l'impossibilità ad individuare le collaborazioni con potenziale dual use, cioé con utilizzo militare oltre a quello civile, il principio di cautela suggerirebbe di evitare di stringere accordi e collaborare in progetti con le stesse, anche solo per una questione di opportunità. Infatti, il genocidio in atto potrebbe averericadute in termini di responsabilità anche per quelle Università che, tramite rapporti di collaborazione, potrebbero risultare complici di Israele nei gravissimi e ripetuti crimini di guerra che continuano ad essere perpetrati e per le sistematiche violazioni del diritto internazionale. Un esempio è quello della partnership con Leonardo, che fornisce molte tecnologie ed armi ad Israele. Negli ultimi anni è diventata sempre più evidente ed invasiva la presenza delle forze dell'ordine, delle forze armate e dell’industria militare nei luoghi della formazione: dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, fino agli Istituti Tecnici Superiori. Non solo nelle aule scolastiche, ma addiritturacon visite in caserma, partecipazione a manifestazioni militari e stage in aziende della filiera bellica.\n\n\n\nInfine, occorre considerare la NATO, per il suo ruolo nei principaliscenari bellici e dietro le politiche di riarmo. La NATO, oltre che coniniziative svolte in collaborazione con le scuole, è attiva soprattutto negli Atenei: ad esempio all'Università di Bologna col NATO Model Event oppure in circa 14 Atenei con l'esercitazione “Mare Aperto” tramite la Marina Militare italiana o ancora con il NATO SPS Programme.Al fine della smilitarizzazione dell’istruzione e della separazione netta tra spazio scolastico/universitario e ambito militare, la campagna “LA CONOSCENZA NON MARCIA” CHIEDE MISURE NORMATIVE PER NON CONSENTIRE LESEGUENTI INZIATIVE nel sistema dell'istruzione scolastica ed accademica:sviluppare progetti di didattica, ricerca e Terza missione incollaborazione con industrie della filiera bellica, con istituzioni,incluse le università, di Paesi che attuano sistematicamente politiche e pratiche genocidarie, di oppressione coloniale, di segregazione e pulizia etnica, come Israele, e con organizzazioni internazionali (ad es. la NATO), che intervengono direttamente ad alimentare gli scenari di guerra in corso e le politiche di riarmo; partecipare, da parte dei singoli docenti, a organizzazioni che abbiano finalità di tipo militare o che siano legate all’industria bellica (ad es. Med-Or); ricevere finanziamenti, stringerepartnership con aziende della filiera bellica e con realtà produttive che collaborano con governi che non rispettano il diritto internazionale (crimini di guerra, occupazione militare illegale, discriminazione razziale e persecuzioni); sviluppare corsi, master, scuole di specializzazione, eventi e iniziative didattiche e di orientamento nelle università e nelle scuole di ogni ordine e grado in collaborazione con le forze armate e con le forze dell'ordine, le quali devono restare fuori dal sistema educativo.Abbiamo deciso di non marciare per le loro guerre. Abbiamo deciso di difendere i luoghi della conoscenza da quelle ingerenze governative e dagli interessi dell'industria bellica e delle istituzioni sioniste che corrompono e deteriorano il sapere. Lottiamo per garantire un'istruzione ed una ricerca sane, forti e indipendenti per demilitarizzare e decolonizzare la cultura, anche in una prospettiva internazionale.\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nPRIMA PARTE\n\n\n\n\n\n\n\n0:0 - 09:31 Antropolog@ per la Palestina\n\n\n\n09:34 - 13:28 Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università\n\n\n\n13:33 - 19:10 Organizzazione La conoscenza non marcia\n\n\n\n19:25 - 24:35 Accademie Palestinesi\n\n\n\n26:16 - 32:22 BDS Italia\n\n\n\n32:45 - 38:00 USB Università\n\n\n\n38:14 - 42:58 Comitato promotore ingegneria\n\n\n\n43:26 - 48:22 Docenti per Gaza\n\n\n\n48:55 - 54:53 Studenti palestinesi\n\n\n\n55:17 - 1:01:35 Antonio Mazzeo\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nSECONDA PARTE:\n\n\n\n\n\n\n\n0:0 - 05:06 Rete Antisionista e anticolonialista\n\n\n\n05:17 - 09:12 CALP\n\n\n\n09:51 - 13:19 SSB – Sindacato Sociale di Base\n\n\n\n13:50 - 18:28 USB Scuola\n\n\n\n19:10 - 24:40 Handala Ali – Napoli\n\n\n\n24:50 - 34:54 COBAS Scuola\n\n\n\n35:19 - 41:12 Comitato di solidarietà con la Palestina in III\n\n\n\n41:27 - 44:56 Coordinamento per il boicottaggio di Israele – Pisa\n\n\n\n45:14 - 51:49 Osservatorio contro la repressione\n\n\n\n51:56 - 56:18 Rete dei comunisti\n\n\n\n56:39 - 1:01:31 CUB SUR\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nTERZA PARTE:\n\n\n\n\n\n\n\n0:0 - 05:00 Sanitari per Gaza/ Cittadine libere per la Palestina\n\n\n\n05:19 - 11:02 Movimento per il diritto all’abitare, Roma\n\n\n\n11:29 - 16:22 Alessandro Ferretti\n\n\n\n16:55 - 22:12 Cuir Palermo\n\n\n\n22:40 - 27:47 Collettivo studentesco Corto Circuito- Rieti\n\n\n\n27:55 - 32:15 Coordinamento Palestina Rieti e provincia\n\n\n\n32:19 - 40:08 GKN\n\n\n\n41:50 - 47:03 Potere al popolo\n\n\n\n47:25 - 50:45 UDAP\n\n\n\n51:00 - 57:18 Ass. Geografi\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nQUARTA PARTE: \n\n\n\n\n\n\n\n0:22 - 07:27 OSA\n\n\n\n07:54 - 11:42 Comitato Siena per la Palestina\n\n\n\n11:58 - 16:04 Sociologia di Posizione – Emancipatory\n\n\n\n16:52 - 18:44 Cambiare rotta\n\n\n\n19:02 - 24:41 Coordinamento No NATO\n\n\n\n24:45 - 32:20 Dialogo con l'assemblea Guerra alla guerra\n\n\n\n32:48 - 37:15 La voce delle lotte\n\n\n\n37:23 - 41:41 Docente universitario Firenze\n\n\n\n41:50 - 45:40 Ricercatrice universitaria \n\n\n\n45:57 - 57:28 Interventi organizzatori dell'iniziativa","15 Settembre 2025","2025-10-12 22:37:39","https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/10/la-conoscenza-non-marcia.jpg","Assemblea nazionale \"La conoscenza non marcia\" del 13/09/2025 Roma","podcast",1757975682,[204,205,206,207,208,209,210,211,212,213,214,215,216,217],"https://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","https://radioblackout.org/tag/assemblea-nazionale/","https://radioblackout.org/tag/genocidio/","https://radioblackout.org/tag/guerra/","https://radioblackout.org/tag/industria-bellica/","https://radioblackout.org/tag/israele/","https://radioblackout.org/tag/istruzione/","https://radioblackout.org/tag/italia/","https://radioblackout.org/tag/la-conoscenza-non-marcia/","https://radioblackout.org/tag/mondo-accademico/","https://radioblackout.org/tag/movimenti-contro-la-guerra/","https://radioblackout.org/tag/palestina/","https://radioblackout.org/tag/ricerca-bellica/","https://radioblackout.org/tag/roma/",[219,183,173,220,181,221,222,223,152,179,186,224,177,169],"antimilitarismo","guerra","Israele","istruzione","italia","palestina",{"post_content":226,"post_title":234,"tags":239},{"matched_tokens":227,"snippet":232,"value":233},[228,229,230,231],"LA","CONOSCENZA","NON","MARCIA","\u003Cmark>LA\u003C/mark> \u003Cmark>CONOSCENZA\u003C/mark> \u003Cmark>NON\u003C/mark> \u003Cmark>MARCIA\u003C/mark>\n\n\n\nPer difendere Università e Scuole","\u003Cmark>LA\u003C/mark> \u003Cmark>CONOSCENZA\u003C/mark> \u003Cmark>NON\u003C/mark> \u003Cmark>MARCIA\u003C/mark>\n\n\n\nPer difendere Università e Scuole dal processodi militarizzazione e dalla complicità col genocidio del popolopalestinese. 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Negli ultimi anni è diventata sempre più evidente ed invasiva \u003Cmark>la\u003C/mark> presenza delle forze dell'ordine, delle forze armate e dell’industria militare nei luoghi della formazione: dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, fino agli Istituti Tecnici Superiori. \u003Cmark>Non\u003C/mark> solo nelle aule scolastiche, ma addiritturacon visite in caserma, partecipazione a manifestazioni militari e stage in aziende della filiera bellica.\n\n\n\nInfine, occorre considerare \u003Cmark>la\u003C/mark> NATO, per il suo ruolo nei principaliscenari bellici e dietro le politiche di riarmo. \u003Cmark>La\u003C/mark> NATO, oltre che coniniziative svolte in collaborazione con le scuole, è attiva soprattutto negli Atenei: ad esempio all'Università di Bologna col NATO Model Event oppure in circa 14 Atenei con l'esercitazione “Mare Aperto” tramite \u003Cmark>la\u003C/mark> Marina Militare italiana o ancora con il NATO SPS Programme.Al fine della smilitarizzazione dell’istruzione e della separazione netta tra spazio scolastico/universitario e ambito militare, \u003Cmark>la\u003C/mark> campagna “\u003Cmark>LA\u003C/mark> \u003Cmark>CONOSCENZA\u003C/mark> \u003Cmark>NON\u003C/mark> \u003Cmark>MARCIA”\u003C/mark> CHIEDE MISURE NORMATIVE PER \u003Cmark>NON\u003C/mark> CONSENTIRE LESEGUENTI INZIATIVE nel sistema dell'istruzione scolastica ed accademica:sviluppare progetti di didattica, ricerca e Terza missione incollaborazione con industrie della filiera bellica, con istituzioni,incluse le università, di Paesi che attuano sistematicamente politiche e pratiche genocidarie, di oppressione coloniale, di segregazione e pulizia etnica, come Israele, e con organizzazioni internazionali (ad es. \u003Cmark>la\u003C/mark> NATO), che intervengono direttamente ad alimentare gli scenari di guerra in corso e le politiche di riarmo; partecipare, da parte dei singoli docenti, a organizzazioni che abbiano finalità di tipo militare o che siano legate all’industria bellica (ad es. Med-Or); ricevere finanziamenti, stringerepartnership con aziende della filiera bellica e con realtà produttive che collaborano con governi che \u003Cmark>non\u003C/mark> rispettano il diritto internazionale (crimini di guerra, occupazione militare illegale, discriminazione razziale e persecuzioni); sviluppare corsi, master, scuole di specializzazione, eventi e iniziative didattiche e di orientamento nelle università e nelle scuole di ogni ordine e grado in collaborazione con le forze armate e con le forze dell'ordine, le quali devono restare fuori dal sistema educativo.Abbiamo deciso di \u003Cmark>non\u003C/mark> \u003Cmark>marcia\u003C/mark>re per le loro guerre. Abbiamo deciso di difendere i luoghi della \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark> da quelle ingerenze governative e dagli interessi dell'industria bellica e delle istituzioni sioniste che corrompono e deteriorano il sapere. Lottiamo per garantire un'istruzione ed una ricerca sane, forti e indipendenti per demilitarizzare e decolonizzare \u003Cmark>la\u003C/mark> cultura, anche in una prospettiva internazionale.\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nPRIMA PARTE\n\n\n\n\n\n\n\n0:0 - 09:31 Antropolog@ per \u003Cmark>la\u003C/mark> Palestina\n\n\n\n09:34 - 13:28 Osservatorio contro \u003Cmark>la\u003C/mark> militarizzazione delle scuole e delle università\n\n\n\n13:33 - 19:10 Organizzazione \u003Cmark>La\u003C/mark> \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark> \u003Cmark>non\u003C/mark> \u003Cmark>marcia\u003C/mark>\n\n\n\n19:25 - 24:35 Accademie Palestinesi\n\n\n\n26:16 - 32:22 BDS Italia\n\n\n\n32:45 - 38:00 USB Università\n\n\n\n38:14 - 42:58 Comitato promotore ingegneria\n\n\n\n43:26 - 48:22 Docenti per Gaza\n\n\n\n48:55 - 54:53 Studenti palestinesi\n\n\n\n55:17 - 1:01:35 Antonio Mazzeo\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nSECONDA PARTE:\n\n\n\n\n\n\n\n0:0 - 05:06 Rete Antisionista e anticolonialista\n\n\n\n05:17 - 09:12 CALP\n\n\n\n09:51 - 13:19 SSB – Sindacato Sociale di Base\n\n\n\n13:50 - 18:28 USB Scuola\n\n\n\n19:10 - 24:40 Handala Ali – Napoli\n\n\n\n24:50 - 34:54 COBAS Scuola\n\n\n\n35:19 - 41:12 Comitato di solidarietà con \u003Cmark>la\u003C/mark> Palestina in III\n\n\n\n41:27 - 44:56 Coordinamento per il boicottaggio di Israele – Pisa\n\n\n\n45:14 - 51:49 Osservatorio contro \u003Cmark>la\u003C/mark> repressione\n\n\n\n51:56 - 56:18 Rete dei comunisti\n\n\n\n56:39 - 1:01:31 CUB SUR\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nTERZA PARTE:\n\n\n\n\n\n\n\n0:0 - 05:00 Sanitari per Gaza/ Cittadine libere per \u003Cmark>la\u003C/mark> Palestina\n\n\n\n05:19 - 11:02 Movimento per il diritto all’abitare, Roma\n\n\n\n11:29 - 16:22 Alessandro Ferretti\n\n\n\n16:55 - 22:12 Cuir Palermo\n\n\n\n22:40 - 27:47 Collettivo studentesco Corto Circuito- Rieti\n\n\n\n27:55 - 32:15 Coordinamento Palestina Rieti e provincia\n\n\n\n32:19 - 40:08 GKN\n\n\n\n41:50 - 47:03 Potere al popolo\n\n\n\n47:25 - 50:45 UDAP\n\n\n\n51:00 - 57:18 Ass. Geografi\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\n\nQUARTA PARTE: \n\n\n\n\n\n\n\n0:22 - 07:27 OSA\n\n\n\n07:54 - 11:42 Comitato Siena per \u003Cmark>la\u003C/mark> Palestina\n\n\n\n11:58 - 16:04 Sociologia di Posizione – Emancipatory\n\n\n\n16:52 - 18:44 Cambiare rotta\n\n\n\n19:02 - 24:41 Coordinamento No NATO\n\n\n\n24:45 - 32:20 Dialogo con l'assemblea Guerra alla guerra\n\n\n\n32:48 - 37:15 \u003Cmark>La\u003C/mark> voce delle lotte\n\n\n\n37:23 - 41:41 Docente universitario Firenze\n\n\n\n41:50 - 45:40 Ricercatrice universitaria \n\n\n\n45:57 - 57:28 Interventi organizzatori dell'iniziativa",{"matched_tokens":235,"snippet":238,"value":238},[236,140,65,237],"La","marcia","Assemblea nazionale \"\u003Cmark>La\u003C/mark> \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark> \u003Cmark>non\u003C/mark> \u003Cmark>marcia\u003C/mark>\" del 13/09/2025 Roma",[240,242,244,246,248,250,252,254,256,259,261,264,266,268],{"matched_tokens":241,"snippet":219,"value":219},[],{"matched_tokens":243,"snippet":183,"value":183},[],{"matched_tokens":245,"snippet":173,"value":173},[],{"matched_tokens":247,"snippet":220,"value":220},[],{"matched_tokens":249,"snippet":181,"value":181},[],{"matched_tokens":251,"snippet":221,"value":221},[],{"matched_tokens":253,"snippet":222,"value":222},[],{"matched_tokens":255,"snippet":223,"value":223},[],{"matched_tokens":257,"snippet":258,"value":258},[236,140,65,237],"\u003Cmark>La\u003C/mark> \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark> \u003Cmark>non\u003C/mark> \u003Cmark>marcia\u003C/mark>",{"matched_tokens":260,"snippet":179,"value":179},[],{"matched_tokens":262,"snippet":263,"value":263},[66],"movimenti contro \u003Cmark>la\u003C/mark> guerra",{"matched_tokens":265,"snippet":224,"value":224},[],{"matched_tokens":267,"snippet":177,"value":177},[],{"matched_tokens":269,"snippet":169,"value":169},[],[271,273,282],{"field":71,"matched_tokens":272,"snippet":232,"value":233},[228,229,230,231],{"field":31,"indices":274,"matched_tokens":277,"snippets":280,"values":281},[275,276],8,10,[278,279],[236,140,65,237],[66],[258,263],[258,263],{"field":283,"matched_tokens":284,"snippet":238,"value":238},"post_title",[236,140,65,237],2314894167593451500,{"best_field_score":287,"best_field_weight":154,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":43,"score":288,"tokens_matched":77,"typo_prefix_score":43},"4419510927616","2314894167593451627",{"document":290,"highlight":308,"highlights":316,"text_match":321,"text_match_info":322},{"comment_count":43,"id":291,"is_sticky":43,"permalink":292,"podcastfilter":293,"post_author":160,"post_content":294,"post_date":295,"post_excerpt":49,"post_id":291,"post_modified":296,"post_thumbnail":297,"post_title":298,"post_type":201,"sort_by_date":299,"tag_links":300,"tags":305},"22990","http://radioblackout.org/podcast/10-maggio-no-tav-le-ragioni-della-liberta-contro-la-ragion-di-stato/",[160],"Negli ultimi due giorni la canea mediatica si è scatenata contro la manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani e meno giovani, bambini, disabili. Tutti e tutte No Tav, tutti e tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà e giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav è testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato e metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni e i territori. Questo patto non è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che Rinaudo cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi non è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. Deve chiudere la partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. La guerra interna non è la mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, la guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica la legge marziale, la legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo non c'è solo un treno, non più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo la nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato non ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. Lo Stato sa tuttavia che intorno ai pochi che sabotano c'é un'intera valle.\r\nMaria Matteo","9 Maggio 2014","2018-10-17 22:59:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/05/torino-10-maggiocorteo-200x110.jpg","10 maggio No Tav. Le ragioni della libertà contro la ragion di Stato",1399657322,[301,302,303,304],"http://radioblackout.org/tag/10-maggio/","http://radioblackout.org/tag/corteo/","http://radioblackout.org/tag/no-tav-2/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[175,306,171,307],"corteo","torino",{"post_content":309,"post_title":313},{"matched_tokens":310,"snippet":311,"value":312},[236,65,66],"è totale. \u003Cmark>La\u003C/mark> guerra interna \u003Cmark>non\u003C/mark> è \u003Cmark>la\u003C/mark> mera prosecuzione della politica con","Negli ultimi due giorni \u003Cmark>la\u003C/mark> canea mediatica si è scatenata contro \u003Cmark>la\u003C/mark> manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. 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Questo patto \u003Cmark>non\u003C/mark> è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, \u003Cmark>la\u003C/mark> diseguaglianza, lo sfruttamento, \u003Cmark>la\u003C/mark> competizione più feroce.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, \u003Cmark>la\u003C/mark> democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con \u003Cmark>la\u003C/mark> leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che \u003Cmark>non\u003C/mark> si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche \u003Cmark>la\u003C/mark> delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo \u003Cmark>non\u003C/mark> è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico \u003Cmark>non\u003C/mark> riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa \u003Cmark>la\u003C/mark> magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure \u003Cmark>la\u003C/mark> necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\n\u003Cmark>Non\u003C/mark> si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi \u003Cmark>non\u003C/mark> si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato \u003Cmark>la\u003C/mark> carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui \u003Cmark>non\u003C/mark> hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante \u003Cmark>la\u003C/mark> caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale \u003Cmark>la\u003C/mark> pena ripercorrere \u003Cmark>la\u003C/mark> genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che \u003Cmark>la\u003C/mark> mera professione di opinioni negative sugli accordi per \u003Cmark>la\u003C/mark> realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta \u003Cmark>non\u003C/mark> violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante \u003Cmark>non\u003C/mark> sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, \u003Cmark>la\u003C/mark> Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte \u003Cmark>non\u003C/mark> condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è \u003Cmark>la\u003C/mark> ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, \u003Cmark>non\u003C/mark> diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\n\u003Cmark>Non\u003C/mark> serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono \u003Cmark>la\u003C/mark> premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi \u003Cmark>la\u003C/mark> tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per \u003Cmark>la\u003C/mark> compra vendita degli arbitri, dimostrano che Rinaudo cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che \u003Cmark>la\u003C/mark> vittoria dei No Tav, \u003Cmark>la\u003C/mark> cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, \u003Cmark>la\u003C/mark> rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera \u003Cmark>non\u003C/mark> si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM \u003Cmark>la\u003C/mark> risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero \u003Cmark>la\u003C/mark> loro tesi.\r\nIn altre parole \u003Cmark>la\u003C/mark> ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi \u003Cmark>non\u003C/mark> è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica \u003Cmark>non\u003C/mark> violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera \u003Cmark>non\u003C/mark> condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, \u003Cmark>conoscenza\u003C/mark> capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera \u003Cmark>non\u003C/mark> hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere \u003Cmark>la\u003C/mark> partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. \u003Cmark>La\u003C/mark> narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\n\u003Cmark>Non\u003C/mark> potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che \u003Cmark>non\u003C/mark> c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato \u003Cmark>non\u003C/mark> basta vincere. Deve chiudere \u003Cmark>la\u003C/mark> partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. \u003Cmark>La\u003C/mark> guerra interna \u003Cmark>non\u003C/mark> è \u003Cmark>la\u003C/mark> mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, \u003Cmark>la\u003C/mark> guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica \u003Cmark>la\u003C/mark> legge marziale, \u003Cmark>la\u003C/mark> legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo \u003Cmark>non\u003C/mark> c'è solo un treno, \u003Cmark>non\u003C/mark> più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo \u003Cmark>la\u003C/mark> nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato \u003Cmark>non\u003C/mark> ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. Lo Stato sa tuttavia che intorno ai pochi che sabotano c'é un'intera valle.\r\nMaria Matteo",{"matched_tokens":314,"snippet":315,"value":315},[66],"10 maggio No Tav. 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