","La Georgia fra proteste e repressione","post",1715888453,[65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/balcaniecaucaso/","http://radioblackout.org/tag/georgia/","http://radioblackout.org/tag/mosca/",[69,70,71],"#balcaniecaucaso","#georgia","Mosca",{"post_content":73,"tags":78},{"matched_tokens":74,"snippet":76,"value":77},[75],"Mosca. ","ed è molto vicino a \u003Cmark>Mosca. \u003C/mark> La legge può rappresentare uno","Da ormai più di un mese i georgiani sono in mobilitazione giorno e notte per protestare contro la legge sugli agenti stranieri. Questa legge stabilisce che le organizzazioni (d'informazione o ONG) che ricevono fondi dall'estero subiscano un inasprimento dei controlli e un aumento delle multe nei loro confronti. Questo governo ha sposato le linee ultraconservatrici che persegue anche la Russia attualmente, basti notare che porta avanti parallelamente una legge contro la propaganda omosessuale, ed è profondamente legato agli interessi privati del fondatore del partito, un oligarca che da solo possiede il 30% del pil del paese ed è molto vicino a \u003Cmark>Mosca. \u003C/mark> La legge può rappresentare uno stop effettivo di avvicinamento all'Europa e si possono ora aprire diversi scenari: da una parte c'è lo scenario ucraino (la Georgia già nel 2008 si è trovata in guerra per il fatto di essere filo-occidentale), l'altro scenario è quello della Bielorussia, con una repressione violentissima del dissenso popolare e un assoluto assoggettamento alle volontà di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>. La tensione intorno alla Georgia sta crescendo perché l'esclusione della Russia come fonte di energia spinge a cercare altre risorse e il Caucaso, in particolare l'Azerbaijan, rappresenta un'alternativa.\r\n\r\n \r\n\r\nNe parliamo con Marilisa Lorusso, corrispondente dell'Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa su radio Blackout:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/georgia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[79,81,83],{"matched_tokens":80,"snippet":69},[],{"matched_tokens":82,"snippet":70},[],{"matched_tokens":84,"snippet":85},[71],"\u003Cmark>Mosca\u003C/mark>",[87,93],{"field":39,"indices":88,"matched_tokens":90,"snippets":92},[89],2,[91],[71],[85],{"field":94,"matched_tokens":95,"snippet":76,"value":77},"post_content",[75],578730123365712000,{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":89,"num_tokens_dropped":51,"score":100,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":51},"1108091339008",13,"578730123365711978",1,{"document":103,"highlight":131,"highlights":155,"text_match":96,"text_match_info":163},{"cat_link":104,"category":105,"comment_count":51,"id":106,"is_sticky":51,"permalink":107,"post_author":54,"post_content":108,"post_date":109,"post_excerpt":57,"post_id":106,"post_modified":110,"post_thumbnail":111,"post_thumbnail_html":112,"post_title":113,"post_type":62,"sort_by_date":114,"tag_links":115,"tags":124},[48],[50],"88243","http://radioblackout.org/2024/03/la-russia-lisis-e-lo-scacchiere-della-jihad-internazionale/","La Russia, l’Isis e lo scacchiere della Jihad internazionale\r\nLa Russia è da tempo nel mirino dell’Isis e il gravissimo attentato di Mosca ne è la conferma. L’Isis, nonostante la sconfitta del Califfato nato tra Siria e Iraq, continua ad essere forte nel Caucaso, nel cosiddetto Khorasan e in Africa. La Russia ha avuto un ruolo importante nella sconfitta del Califfato garantendo il proprio costante appoggio al partito nazionalsocialista al governo in Siria, il Baas di Bashar al Hassad.\r\nLe rivendicazioni dell’attentato sia per le indicazioni fornite, sia per i canali i comunicazioni utilizzati rendono del tutto credibile la rivendicazione dell’Isis. Non abbiamo tuttavia elementi che rendano credibile che si tratti dell’Isis-K ossia l’Isis Khorasan e non di altro nucleo della galassia dello Stato Islamico. In ogni caso\r\nPutin, sia per sminuire le scacco subito dalla propria intelligence, sia per buttare altra benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, indica il governo di Kiev come possibile complice.\r\nResta il fatto che l’ISIS continua a puntare sulla Jihad per il califfato globale contro infedeli e traditori.\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Giuliano Battiston che da anni si occupa di ISIS. Vi copiamo sotto anche il testo dell’articolo uscito domenica sul Manifesto.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-26-battiston-isis.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl sanguinoso attentato terroristico è un colpo clamoroso per lo Stato islamico, ma non è così inaspettato. Chi si sorprende che l’obiettivo sia la Russia ha perso di vista da tempo non solo la propaganda dello Stato islamico \"centrale\" e delle sue branche regionali, ma anche le loro attività militari, e deve aver dimenticato un pezzo importante di storia recente.\r\n\r\nSTORIA RECENTE, propaganda e attività militari - così certificano tutti gli studiosi che hanno continuato a occuparsene, anche dopo la caduta del \"Califfato\" edificato in Siria e Iraq e la fisiologica disattenzione dei media - ci dicono che la Russia è un nemico centrale, prioritario. La Russia infedele, ortodossa, la Russia di Putin e delle sue sanguinose guerre in Cecenia, della repressione degli islamisti in Daghestan, in Inguscezia, dentro e fuori i confini della Federazione, la Russia alleata del siriano Bashar al-Assad e che bombarda le roccaforti jihadiste in Siria, o che, più di recente, contribuisce alla campagna contro lo Stato islamico in Mali e Burkina Faso: la Russia come minaccia all’Islam.\r\nPutin, i cui apparati di sicurezza hanno fatto flop, prova ad approfittarne, omettendo di menzionare lo Stato islamico e provando ad attribuire responsabilità agli ucraini. Ma è un inganno.\r\nSi dovrebbe guardare altrove. Alla branca locale dello Stato islamico, la «provincia del Caucaso», o più probabilmente alla «provincia del Khorasan».\r\n\r\nIL NOME RIMANDA, come in molta pubblicistica jihadista, ai gloriosi tempi andati, al Khorasan storico, un’ampia area che copriva gli attuali Iran, Afghanistan e parte dell’Asia centrale. Formata da militanti perlopiù pachistani ma anche centroasiatici e arabi nell’area di confine tra Afghanistan e Pakistan tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, la «provincia del Khorasan» ha subito la repressione contestuale del governo afghano, degli americani che lo sostenevano e dei Talebani, quando questi ultimi facevano ancora la guerra alla Repubblica collassata nel 2021 e avevano capito che quei jihadisti erano una minaccia al loro monopolio. Ma anche un’opportunità di avvicinamento ai nemici americani.\r\nNon è un caso che la caduta della principale roccaforte dello Stato islamico in Afghanistan, la valle di Mamand, nel distretto di Achin, nella provincia orientale di Nangarhar, lì dove l’allora presidente Usa Donald Trump il 13 aprile 2017 aveva fatto sganciare la più potente bomba non nucleare mai usata in combattimento (11 tonnellate su un complesso di tunnel e cave usati dal Khorasan), sia avvenuta nel no- vembre 2019. Tre mesi prima che Washington e i Talebani firmassero nella capitale del Qatar l’accordo di Doha, viatico per il loro ritorno al potere.\r\n\r\nCOSTRETTO AD ABBANDONARE il territorio che deteneva nell’est e nel nord del Paese, spiega tra gli altri Antonio Giustozzi, autore di un libro troppo poco conosciuto, Il laboratorio senza fine. Il ruolo dell’Afghanistan tra passato e futuro (Mondadori Strade blu), il Khorasan ha fatto poi ricorso a una campagna di guerriglia urbana e ad attacchi terroristici per dimostrare l’incapacità dei Talebani di garantire la sicurezza ed erodere la loro legittimità.\r\nDiminuiti nel 2023, gli attentati sono ripresi nel 2024. Pochi giorni fa lo Stato islamico ha rivendicato un attentato a Kandahar, capitale simbolica dell’Emirato dei Talebani. I quali si sono affrettati a condannare la strage di Mosca. Ma potrebbero subire dei contraccolpi, se le indagini condurranno a verificare la responsabilità della provincia del Khorasan.\r\n\r\nMOSCA, COME TUTTE LE CAPITALI regionali, garantisce la propria sponda diplomatica all’Emirato, ancora senza riconoscimento ufficiale, a una condizione: che i Talebani facciano da cintura di sicurezza contro la minaccia dello Stato islamico nella regione. L’Emirato afghano rivendica le azioni di «repressione chirurgica» che hanno portato alla distruzione delle cellule dello Stato islamico nelle principali città afghane, ma a Mosca potrebbe non bastare.\r\nNella leadership talebana, inoltre, c’è chi non gradisce il sostegno della Russia, per le stesse ragioni per cui i jihadisti dalla vocazione globale la ritengono un obiettivo legittimo e prioritario. 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Allora la prima domanda che ci è venuta alle labbra è cosa ha visto aggirarsi per le città e la seconda riguarda invece le periferie, la provincia; questa è forse la nota che può suonare il de profundis al sistema putiniano, perché Pietroburgo e Mosca è nell’ordine delle cose che non si facciano pregare a manifestare (soprattutto giovani che sono cresciuti putiniani, perché non hanno conosciuto altro, ma anche infra35enni) e a reagire alle cariche e mirando a liberare i detenuti; il sistema viene messo in discussione alle sue basi ed è ancora più colossale nel momento in cui a farlo è una società allenata a sostenere e rispettare le istituzioni – un retaggio sovietico introiettato da tutti; persino in un periodo di pandemia non avversata minimamente in questa fase dalle strutture statali… e tutto è aperto, con un numero di morti da triplicare rispetto ai 70.000 ammessi. Ma stavolta sono le piazze di Vladivostok, delle campagne: la grande novità non sono le città liberal, ma le decine di città siberiane e del Nord della Russia con motivazioni che vanno al di là della corruzione. Si tratta di 20 milioni di persone che vivono con 300 euro e sono incazzati neri… Navalny è solo il detonatore di una bomba nucleare: infatti è da sempre che in Russia c’è il mito del leader (da Ivan il Terribile ejzensteiniano a Vladimir l’Avvelenatore)\r\n\r\n \r\n\"I disperati del Putin declinante\".\r\n ","5 Febbraio 2021","2021-02-05 00:55:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"Ecco cosa ha visto Yurii\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-01-31_Mosca-libertà-per-putin-fuori-da-uffici_Elena-Rustinova-2048x1366.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il capolinea di Putin può essere solo la Siberia",1612486437,[67,178,179,180,181],"http://radioblackout.org/tag/navalny/","http://radioblackout.org/tag/pietroburgo/","http://radioblackout.org/tag/putin/","http://radioblackout.org/tag/siberia/",[71,183,184,18,185],"Navalny","Pietroburgo","Siberia",{"post_content":187,"tags":191},{"matched_tokens":188,"snippet":189,"value":190},[71],"sistema putiniano, perché Pietroburgo e \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> è nell’ordine delle cose che","Yurii Colombo è un reporter che alle manifestazioni di questo russo gennaio esasperato era presente mentre gli “omon” giravano ad asciugarsi la gente, che una volta presa rischiava il posto di lavoro, metteva in gioco l’esistenza… e questo significa che non pensano di avere più nulla da perdere a scendere in piazza a prendersi le manganellate a -35°Celsius. 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Con la ricomparsa del movimento russo a partire dagli anni '80 e la ricostituzione del gruppo locale di Mosca nel 2003, la Croce Nera Anarchica ha avuto una crescente importanza nel supporto delle lotte antiautoritarie in Russia. Appena prima e a seguito dello scoppio del conflitto Russo-Ucraino, le attività del gruppo si sono dedicate principalmente al supporto di chi ha manifestato il dissenso contro il conflitto e subito la conseguente repressione statale: arresti a pioggia, multe e incarcerazioni sono state e sono tutt'ora un grosso ostacolo per l'espressione di una posizione antimperialista e antimilitarista all'interno del paese.\r\n\r\nUn podcast che cerca di inquadrare in particolare come si è composto il movimento in Russia attorno all'inizio del conflitto, qual è stato il ruolo immediato della Croce Nera Anarchica quali sono state e quali sono tutt'ora le modalità di espressione del dissenso e quali gli strumenti repressivi utilizzati dal governo. In seguito, esploriamo meglio il fenomeno e lo strumento della diserzione: quanto è diffuso e quanto è praticabile, a fronte dei cambiamenti a livello legislativo che lo stato russo ha imposto. Infine, la repressione interna: quante persone sono al momento state colpite e con che modalità, come agisce la Croce Nera Anarchica per sostenerle e cosa si può fare in chiave di lotta internazionalista.\r\n\r\nQui di seguito, l'intervista ai nostri microfoni!\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/abc_moscow.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nAlcuni link per approfondire, seguire le lotte e le attività di solidarietà anticarceraria della Croce Nera Anarchica di Mosca, e di altri movimenti antiautoritari contro la guerra.\r\n\r\nhttps://www.facebook.com/abcmoscow/\r\n\r\nhttps://libcom.org/tags/abc-moscow\r\n\r\nhttps://wiki.avtonom.org/en/index.php/Anarchist_Black_Cross_Moscow","14 Luglio 2023","2023-07-14 15:40:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/russia_template-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"158\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/russia_template-300x158.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/russia_template-300x158.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/russia_template-1024x538.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/russia_template-768x403.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/russia_template.jpg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il fronte interno russo, dialogo con la Croce Nera Anarchica di Mosca",1689349217,[227,228,122],"http://radioblackout.org/tag/croce-nera-anarchica-mosca/","http://radioblackout.org/tag/diserzione/",[230,231,15],"croce nera anarchica mosca","diserzione",{"post_content":233,"post_title":237,"tags":240},{"matched_tokens":234,"snippet":235,"value":236},[71],"della Croce Nera Anarchica di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> che ci ha fatto visita","Radio Blackout propone un'aggiornamento sulla situazione interna in Russia, con un focus sul dissenso rispetto alla guerra portato da tutte quelle voci antiautoritarie e antifasciste (ma non solo) che il governo Putin ha deciso di reprimere e cancellare prontamente. \r\nLo facciamo grazie alla disponibilità di una compagna della Croce Nera Anarchica di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> che ci ha fatto visita negli studios di RBO.\r\n\r\nLa Croce Nera Anarchica, è un'organizzazione internazionale decentralizzata composta da vari gruppi territoriali che si occupano di supportare le lotte anarchiche e antiautoritarie contro la repressione statale e carceraria. Con la ricomparsa del movimento russo a partire dagli anni '80 e la ricostituzione del gruppo locale di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> nel 2003, la Croce Nera Anarchica ha avuto una crescente importanza nel supporto delle lotte antiautoritarie in Russia. Appena prima e a seguito dello scoppio del conflitto Russo-Ucraino, le attività del gruppo si sono dedicate principalmente al supporto di chi ha manifestato il dissenso contro il conflitto e subito la conseguente repressione statale: arresti a pioggia, multe e incarcerazioni sono state e sono tutt'ora un grosso ostacolo per l'espressione di una posizione antimperialista e antimilitarista all'interno del paese.\r\n\r\nUn podcast che cerca di inquadrare in particolare come si è composto il movimento in Russia attorno all'inizio del conflitto, qual è stato il ruolo immediato della Croce Nera Anarchica quali sono state e quali sono tutt'ora le modalità di espressione del dissenso e quali gli strumenti repressivi utilizzati dal governo. 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Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, John Kirby, ha accusato la Russia e il suo alleato siriano di intensificare gli attacchi sulle zone civili, dichiarando che Mosca non è riuscita a rispettare i propri impegni nel campo umanitario ed è stata \"incapace\" di fermare i bombardamenti del regime siriano. Intanto, in quella che viene chiamata \"guerra per procura\" da alcune fonti giornalistiche, inizia il botta e risposta tra Russia e Usa: \"Washington non ha rispettato gli accordi sulla Siria e ora sta cercando di scaricare la colpa su qualcun altro.\" E' la prima reazione di Mosca, attraverso la portavoce del ministero degli Esteri. Secondo fonti americane la Russia avrebbe dispiegato un avanzato dispositivo antimissile in Siria per la prima volta. Non si ha conferma sullo scopo di questa mossa, ma secondo le fonti tale sistema militare sarebbe potenzialmente in grado di contrastare qualsiasi attacco missilistico americano.\r\nUn aggiornamento con Davide, un compagno che da alcuni mesi si trova in Rojava:\r\nsiria_usavsrussia","5 Ottobre 2016","2016-10-07 12:21:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/10/310x0_1475562497653.rainews_20161004082534253-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"206\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/10/310x0_1475562497653.rainews_20161004082534253-300x206.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/10/310x0_1475562497653.rainews_20161004082534253-300x206.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/10/310x0_1475562497653.rainews_20161004082534253.jpg 310w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Siria, Washington sospende negoziati con Mosca. 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Ma se c’è una cosa da imparare dalla storia è che le aspirazioni giovanili e le manifestazioni non finiscono quando le forze di sicurezza sparano proiettili veri. Fermentano, la rabbia infuria e sale finché raggiunge il punto di ebollizione... e ora è esplosa a Sulaymaniyah\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nSiamo poi andati in India: tra proteste dei contadini per l’ambigua e iniqua riforma di Modi che rimuove i mediatori e mette i contadini nelle mani delle multinazionali delle distribuzioni; mentre il mediatore in franchising di Apple non paga i dipendenti a nemmeno un anno dall’operazione trumpiana di spostamento degli stabilimenti dalla Cina a Narsapura (Bangalore)... le risposte sono state centinaia di milioni di addetti ai campi in piazza e i lavoratori della concessionaria Apple che distruggono come moderni luddisti le strutture dell’azienda. Gran parte della forza lavoro (2.000 dipendenti) si è scagliata contro le linee di produzione, attaccando edifici, veicoli e uffici di dirigenti. Alle origini delle violenze, promesse di remunerazione non mantenute: Wistron, il prestanome di Apple, non ha rispettato specifici impegni. Un laureato in ingegneria neoassunto avrebbe dovuto guadagnare Rs 21.000 al mese, ma il suo stipendio è stato ridotto a Rs 12.000 negli ultimi mesi (134 euro contro i € 235 promessi). I non laureati in ingegneria devono accontentarsi di 8.000 rupie (89 euro).\r\n\r\nCi siamo occupati di India anche per le elezioni nel contrastato territorio del Jammu-Kashmir con le prime elezioni dopo le riforme antifederaliste di Modi che ha imposto il punto di vista hindu ai musulmani della regione, consultazione vinta dall’opposizione, che si è subito vista incarcerata non appena uscita vincitrice dalle urne...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_India.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nMa con un ardito aggancio tra continenti siamo passati dallo sfruttamento delle maestranze di Bangalore a quello delle miniere di coltan-tantalite del Congo, attraverso la commodity dell’acqua come bene rifugio, simile all’oro... e proprio questo metallo prezioso (insieme ai diamanti – ricordate Bokassa!? – e soprattutto all’uranio, fondamentale per le centrali nucleari francesi) ci ha portati alla tensione del Centrafrica a ridosso delle elezioni – in corso mentre trasmettevamo – e del tentativo di occupare Bangui da parte dei ribelli e la reazione delle truppe lealiste alleate di Mosca, perché la Russia ha trovato un facile grimaldello per penetrare il territorio centrafricano dopo i molti errori dei francesi. E un brivido ci percorre solo a pensare al ruolo che possono aver interpretato quelli della Wagner.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_centrafrica.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL’epilogo per ora è stata la distruzione il 29 dicembre del 14% delle urne non scrutinate dopo il voto da parte dei ribelli al potere di Touadera nell’Ovest del paese.\r\n\r\n\r\n\r\nIl pezzo forte di questo episodio di “Bastioni di Orione#3” era rappresentato dall’intervista schietta e fresca che un reporter in Uganda per seguire le elezioni (e che preferisce restare anonimo) ha realizzato con un sanguigno sostenitore di Bobi Wine e in questa traspare tutta la rabbia e la determinazione del ghetto di Kampala, dei lavoratori emigrati dei grandi laghi, delle maestranze impegnate nelle infrastrutture finanziate dai cinesi (di cui però Alex, il nostro testimone, non ha contezza)... le rimostranze sui bisogni misconosciuti da Museveni, il padre-padrone degli ultimi 30 anni dell’Uganda, che il 14 gennaio 2021 rischia di perdere il potere sotto la spinta alla ribellione nelle urne di un Movimento popolare che riempie le piazze e si scontra con la polizia. Gli arresti si susseguono, come la censura...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_Uganda.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta è un tentativo di riassunto degli argomenti della intervista ad Alex Kamukama, che trovate integrale in fondo in inglese, tratta dallo Spreaker di OGzero.org.\r\n\r\nPossibile alleanza tra opposizioni anti-Museveni tra Besigyee Bobi Wine?\r\n\r\nCi sono state un paio di riunioni, si dovrebbe organizzare un’opposizione multipartitica per avere più peso contro Museveni, e nonostante gli interessi siano diversi l’obiettivo è rimuovere la dittatura.\r\n\r\nBesigye visto come oppositore a lungo. Ci sono state speculazioni all’inizio dell’anno che ci fossero legami tra Besigye e BW; un paio di incontri per vedere se potevano essere alleati. Museveni ha accumulato molte risorse e potere, ci sono state molte modifiche democratiche. BW ha costruito un movimento popolare per il cambiamento e rimuovere la dittatura\r\n\r\nPossibilità di farcela di BW?\r\n\r\nSì, c’è. Ci sono molte sfide di fronte a lui\r\n\r\nCi sono stati arresti ancora prima della campagna elettorale vera e propria, ma può farcela perché mobilita le folle. Ha dato un’unità di visione a chi aveva molti diversi problemi. La sua è prospettiva unica: parla di questione sociale, di violenza contro gli antagonisti del regime, di repressione durante le manifestazioni e tutto attraverso la musica, quindi la gente lo ama, lo ascolta. I giovani del ghetto si appassionano alla vita sociale. La mescolanza di questo crea il potere e lo renderebbe vincitore. Il punto forte è la costruzione del personaggio che passa attraverso la “transitional life” di uno che inizia dal basso e diventa una persona ammirata e ascoltata. Si crea l’identificazione nel pubblico. Se non ci sono brogli può vincere.\r\n\r\nDifferenze tra Besigye e BW\r\n\r\nBesigye era il medico personale di Museveni, attingono alla stessa tipologia di elettorato, fa parte della gente comune; era nella struttura, BW esce dalle lotte per sopravvivere, ha creato la propria immagine su quello: è il presidente del ghetto. C’è un gap tra chi studia e ce la fa a uscire dal ghetto e l’uomo comune. BW è una superstar, si è creato il suo seguito, ha costruito la sua immagine. BW visualizza i sogni della gente, il network costituito da chi lo segue e lo ascolta è coordinato, è il mondo dell’intrattenimento, le folle sono coordinate.\r\n\r\nInterferenze cinesi?\r\n\r\nNon so, no ne conosco. Ma siamo in un mondo globalizzato e quindi qualsiasi reazione UK Usa, cinese, fa da supporto magari alla cosiddetta rivoluzione. Ma non so, non direi che c’è un rapporto diretto di influenza, è un intervento esterno dovuto alla globalizzazione, non un’interferenza.\r\n\r\nLa causa di un tale consenso?\r\n\r\nBW parla di molti aspetti che riguardano la quotidianità di cui si sente il bisogno: l’acqua (è carissima: c’è un sacco di acqua in Uganda, perché dovrebbe essere così cara?), l’energia elettrica (le bollette sono carissime, si vende energia idroelettrica all’estero e non c’è per l’uganda, o costa carissima), le strade sono in costruzione, sono impossibili, se piove sono un disastro; la vita negli slums, le infrastrutture che mancano, i diritti umani di base violati, la fame, la sanità, il cibo (in tempo di Covid per esempio se il governo non sostiene in questo caso, lo ha promesso in tv quando la gente non poteva andare a lavorare per il virus, quando lo fa allora?). Il governo non risponde di tutto ciò. La gente non viene consultata, non c’è partecipazione, e bisogna stare zitti con la fame e le malattie? Vogliamo partecipazione. La gente va nelle strade e fa la rivoluzione se non c’è possibilità di partecipazione. Perché non dovremmo...? la gente vuole fatti, che vengano prese delle soluzioni. Innanzitutto quindi il governo va accantonato e poi abbiamo bisogno di partecipazione: cosa possiamo fare, in che modo possiamo contribuire per uscirne insieme, dobbiamo essere tutti alleati, solidali.\r\n\r\nMigrazione\r\n\r\nL’Uganda ha una tradizione forte di migrazione, è costruita su questa: ci sono molti rifugiati qui, i coloni hanno costruito la nazione e l’Uganda li accoglie, da Etiopia, Sudan, Burundi, Ruanda… sono benvenuti. È ospitale, dà della terra ai rifugiati, costruisce ospedali e scuole per loro, quindi con progetti a lungo termine, non sono qui di passaggio. Poi c’è anche migrazione interna, dalle campagne alla città, in cerca di lavoro, in particolare Kampala attrae e viene congestionata; dove poi c’è sovraffollamento, aumenta anche il crimine (perché il lavoro non si trova). Gli oppositori e i dissidenti migrano invece, o sono in esilio, per esempio gli omosessuali, non c’è tolleranza per lgbtq.\r\n\r\nSei sempre stato qui o hai viaggiato?\r\n\r\nHo viaggiato molto, 25 distretti, facendo lavori da tecnico delle comunicazioni, ma ora vivo qui a Kampala. È dura trovare lavoro, bisogna studiare, ti dicono che così trovi un buon lavoro, ma poi anche se studi non trovi. Bisogna essere raccomandati e basta, c’è uno scherzo diffuso che sintetizza tutto: non conta come conosci ma chi conosci…. dentro un’azienda o un ufficio.\r\n\r\nInternet?\r\n\r\nPatetico! Va male, c’è una tassa sul web, è cara. Per BW – considerato un eroe in rete – questo è un argomento clou perché l’informazione whatsapp, i social, sono importanti, un mucchio di informazioni vengono attinte dalla gente su internet e il parlamento si mette di traverso, ma il parlamento ha varato quella legge [della tassa su web?] e BW si è opposto…\r\n\r\nChe musica e che radio ascolti?\r\n\r\nRaggae, un po’ di rock, afropop, ascolto Galaxy FM, è nelle vicinanze e propone e promuove talenti locali, e dialoga col pubblico su questioni sociali, promuove cultura. Anche Radio Airplay, per la musica, perché trasmette la musica che suono io senza chiedermi soldi, dà opportunità di promuoversi\r\n\r\nRepressione contro BW?\r\n\r\nSì, è triste… stava parlando e diceva cose vere e sono intervenuti brutalmente durante le manifestazioni e anche quando stava semplicemente parlando durante i comizi. Non era né buono, né cattivo quello che diceva, semplicemente la verità. E la verità è verità, c’è poco da fare: la verità va detta. Ci dovrebbe essere la libertà di parola ma in realtà non c’è: i media hanno censurato, ma in un modo o nell’altro la verità viene sempre fuori. C’è molta violenza fisica, è il risultato di un regime che non vuole che esca la verità: è umano reagire quando la violenza della repressione colpisce la gente, è naturale che se sei sotto il fuoco, reagisci finché non si arriva a trovare una soluzione. Il silenzio mette al sicuro dalla repressione.\r\n\r\nAltre forme di resistenza?\r\n\r\nSì, ci sono molte forme di potere: quello fisico… il potere invisibile della cultura, il People Power Movement ha dipinto chiaramente la situazione reale: quello per cui abbiamo combattuto, la libertà d’espressione, le eguali opportunità, la giustizia sociale; la corruzione, la distribuzione iniqua delle ricchezze, la mancanza di lavoro, cerca soluzioni. Non si può essere arrabbiati per una settimana o per un mese, avere un lavoro per un anno; ci va una soluzione, e il governo non sembra avere alcuna soluzione. Per esempio è stato lanciato l’EMIOGA Program per il lavoro, non ha funzionato perché non c’è stata consultazione con il popolo prima di lanciarlo. Non c’è stata discussione, la gente avrebbe avuto la soluzione ma non li hanno ascoltati. Forse altri al Governo ci ascolterebbero, chi negli ultimi 10 anni ci ha aperto le porte, trovato il cibo che manca. Fabbricare un ponte con la gente. Il Movimento fa questo, prende il potere per muoversi, sollevarsi, una libertà non perché vuoi combattere il governo, ma per liberare se stessi dalla vita che si vive… questo potere viene dal cuore, perché si relazione con il popolo. Si lancia in un momento animato di retorica, anche ispirata e un po’ vacua\r\n\r\nReazione alla violenza\r\n\r\nI casi sono due: o mi proteggo e basta o cerco di parlare e ridurre la rabbia di quelli che reprimono. Posso parlare, creare una relazione. Innanzitutto bisogna parlare. In quanto appartenenti alla stessa nazione, è responsabilità di ogni ugandese di farsi carico di ciò che capita nella tua nazione: se sei patriota devi seguire tutto ciò che capita in Uganda, questo il motivo per cui la gente prende parola. La gente violenta è stata resa violenta dal potere. Se c’è benessere non si passa alla violenza, bisogna comunicare con i parenti, i genitori, le mogli di questi che usano la violenza, far capire che la violenza è un circolo vizioso. Bisogna scrivere sì ma non solo al governo, anche alla gente. Bisogna anche calmare la rabbia della gente. Sono un membro dell’opposizione e penso che chi viene dopo non deve parlare di potere ma di cose che si devono fare… E quindi serve un leader che sia raggiungibile, che ascolti la gente, che renda possibile la partecipazione: interessante per lui è come da un leader si crea una leadership.\r\n\r\nPrendere questa risoluzione: il governo deve cambiare, oppure noi lo cambieremo. People power, our power\r\n\r\nAscolta \"Kampala visualizza i suoi sogni\" su Spreaker.\r\n\r\n ","30 Dicembre 2020","2021-01-12 23:06:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Tishrin-revolution-200x110.png","I Bastioni di Kampala#03: Iraq e India diversamente in lotta; Bangui e Mosca; e soprattutto l'Uganda",1609288986,[422,423,424,425,426,427],"http://radioblackout.org/tag/bobi-wine/","http://radioblackout.org/tag/centrafrica/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/museveni/","http://radioblackout.org/tag/uganda/",[429,430,431,432,433,434],"Bobi Wine","Centrafrica","india","iraq","Museveni","uganda",{"post_content":436,"post_title":440},{"matched_tokens":437,"snippet":438,"value":439},[71],"delle truppe lealiste alleate di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>, perché la Russia ha trovato","«L’anno scorso migliaia di iracheni scesero in strada per protestare contro la corruzione delle istituzioni. Le proteste erano guidate soprattutto dai giovani, una generazione cresciuta con TikTok e PUBG e altri social media che intendeva ricordare ai partiti politici al potere e ai loro leader che il potere era nelle loro mani, non nella fortezza costituita dalla Green Zone. Le rivendicazioni riguardavano disoccupazione, incompetenza del governo, mancanza di servizi, corruzione endemica, la presenza di milizie e la diffusione crescente della povertà nel paese». Così scrive Kamal Chomani, giornalista nato nel Kurdistan iracheno.\r\nIn Occidente non se li è cagati nessuno, sono morti in 700, la rivolta si è estesa e non li hanno fermati nemmeno con i lanciafiamme.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Bastioni-in-Iraq.mp3\"][/audio]\r\nParecchi fattori hanno contribuito all’esaurimento delle manifestazioni: innanzitutto il ruolo del governo e della milizia armata nell’azione brutale di repressione dei manifestanti, dove si stima che 700 siano stati uccisi, 15.000 feritie a centinaia si contano le persone arrestate, rapite o costrette a far perdere le proprie tracce; alcuni protagonisti del Movimento hanno trovato rifugio nel Kurdistan iracheno. A ciò si è aggiunto il fatto che Muqtada al-Sadr ha ritirato il suo appoggio alle proteste una volta raggiunto il suo obiettivo di costringere il governo alle dimissioni, e conseguito da parte dei manifestanti il risultato: lo scioglimento del governo. Ma se c’è una cosa da imparare dalla storia è che le aspirazioni giovanili e le manifestazioni non finiscono quando le forze di sicurezza sparano proiettili veri. Fermentano, la rabbia infuria e sale finché raggiunge il punto di ebollizione... e ora è esplosa a Sulaymaniyah\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nSiamo poi andati in India: tra proteste dei contadini per l’ambigua e iniqua riforma di Modi che rimuove i mediatori e mette i contadini nelle mani delle multinazionali delle distribuzioni; mentre il mediatore in franchising di Apple non paga i dipendenti a nemmeno un anno dall’operazione trumpiana di spostamento degli stabilimenti dalla Cina a Narsapura (Bangalore)... le risposte sono state centinaia di milioni di addetti ai campi in piazza e i lavoratori della concessionaria Apple che distruggono come moderni luddisti le strutture dell’azienda. Gran parte della forza lavoro (2.000 dipendenti) si è scagliata contro le linee di produzione, attaccando edifici, veicoli e uffici di dirigenti. Alle origini delle violenze, promesse di remunerazione non mantenute: Wistron, il prestanome di Apple, non ha rispettato specifici impegni. Un laureato in ingegneria neoassunto avrebbe dovuto guadagnare Rs 21.000 al mese, ma il suo stipendio è stato ridotto a Rs 12.000 negli ultimi mesi (134 euro contro i € 235 promessi). I non laureati in ingegneria devono accontentarsi di 8.000 rupie (89 euro).\r\n\r\nCi siamo occupati di India anche per le elezioni nel contrastato territorio del Jammu-Kashmir con le prime elezioni dopo le riforme antifederaliste di Modi che ha imposto il punto di vista hindu ai musulmani della regione, consultazione vinta dall’opposizione, che si è subito vista incarcerata non appena uscita vincitrice dalle urne...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_India.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nMa con un ardito aggancio tra continenti siamo passati dallo sfruttamento delle maestranze di Bangalore a quello delle miniere di coltan-tantalite del Congo, attraverso la commodity dell’acqua come bene rifugio, simile all’oro... e proprio questo metallo prezioso (insieme ai diamanti – ricordate Bokassa!? – e soprattutto all’uranio, fondamentale per le centrali nucleari francesi) ci ha portati alla tensione del Centrafrica a ridosso delle elezioni – in corso mentre trasmettevamo – e del tentativo di occupare Bangui da parte dei ribelli e la reazione delle truppe lealiste alleate di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>, perché la Russia ha trovato un facile grimaldello per penetrare il territorio centrafricano dopo i molti errori dei francesi. E un brivido ci percorre solo a pensare al ruolo che possono aver interpretato quelli della Wagner.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_centrafrica.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL’epilogo per ora è stata la distruzione il 29 dicembre del 14% delle urne non scrutinate dopo il voto da parte dei ribelli al potere di Touadera nell’Ovest del paese.\r\n\r\n\r\n\r\nIl pezzo forte di questo episodio di “Bastioni di Orione#3” era rappresentato dall’intervista schietta e fresca che un reporter in Uganda per seguire le elezioni (e che preferisce restare anonimo) ha realizzato con un sanguigno sostenitore di Bobi Wine e in questa traspare tutta la rabbia e la determinazione del ghetto di Kampala, dei lavoratori emigrati dei grandi laghi, delle maestranze impegnate nelle infrastrutture finanziate dai cinesi (di cui però Alex, il nostro testimone, non ha contezza)... le rimostranze sui bisogni misconosciuti da Museveni, il padre-padrone degli ultimi 30 anni dell’Uganda, che il 14 gennaio 2021 rischia di perdere il potere sotto la spinta alla ribellione nelle urne di un Movimento popolare che riempie le piazze e si scontra con la polizia. Gli arresti si susseguono, come la censura...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_Uganda.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta è un tentativo di riassunto degli argomenti della intervista ad Alex Kamukama, che trovate integrale in fondo in inglese, tratta dallo Spreaker di OGzero.org.\r\n\r\nPossibile alleanza tra opposizioni anti-Museveni tra Besigyee Bobi Wine?\r\n\r\nCi sono state un paio di riunioni, si dovrebbe organizzare un’opposizione multipartitica per avere più peso contro Museveni, e nonostante gli interessi siano diversi l’obiettivo è rimuovere la dittatura.\r\n\r\nBesigye visto come oppositore a lungo. Ci sono state speculazioni all’inizio dell’anno che ci fossero legami tra Besigye e BW; un paio di incontri per vedere se potevano essere alleati. Museveni ha accumulato molte risorse e potere, ci sono state molte modifiche democratiche. BW ha costruito un movimento popolare per il cambiamento e rimuovere la dittatura\r\n\r\nPossibilità di farcela di BW?\r\n\r\nSì, c’è. Ci sono molte sfide di fronte a lui\r\n\r\nCi sono stati arresti ancora prima della campagna elettorale vera e propria, ma può farcela perché mobilita le folle. Ha dato un’unità di visione a chi aveva molti diversi problemi. La sua è prospettiva unica: parla di questione sociale, di violenza contro gli antagonisti del regime, di repressione durante le manifestazioni e tutto attraverso la musica, quindi la gente lo ama, lo ascolta. I giovani del ghetto si appassionano alla vita sociale. La mescolanza di questo crea il potere e lo renderebbe vincitore. Il punto forte è la costruzione del personaggio che passa attraverso la “transitional life” di uno che inizia dal basso e diventa una persona ammirata e ascoltata. Si crea l’identificazione nel pubblico. Se non ci sono brogli può vincere.\r\n\r\nDifferenze tra Besigye e BW\r\n\r\nBesigye era il medico personale di Museveni, attingono alla stessa tipologia di elettorato, fa parte della gente comune; era nella struttura, BW esce dalle lotte per sopravvivere, ha creato la propria immagine su quello: è il presidente del ghetto. C’è un gap tra chi studia e ce la fa a uscire dal ghetto e l’uomo comune. BW è una superstar, si è creato il suo seguito, ha costruito la sua immagine. BW visualizza i sogni della gente, il network costituito da chi lo segue e lo ascolta è coordinato, è il mondo dell’intrattenimento, le folle sono coordinate.\r\n\r\nInterferenze cinesi?\r\n\r\nNon so, no ne conosco. Ma siamo in un mondo globalizzato e quindi qualsiasi reazione UK Usa, cinese, fa da supporto magari alla cosiddetta rivoluzione. Ma non so, non direi che c’è un rapporto diretto di influenza, è un intervento esterno dovuto alla globalizzazione, non un’interferenza.\r\n\r\nLa causa di un tale consenso?\r\n\r\nBW parla di molti aspetti che riguardano la quotidianità di cui si sente il bisogno: l’acqua (è carissima: c’è un sacco di acqua in Uganda, perché dovrebbe essere così cara?), l’energia elettrica (le bollette sono carissime, si vende energia idroelettrica all’estero e non c’è per l’uganda, o costa carissima), le strade sono in costruzione, sono impossibili, se piove sono un disastro; la vita negli slums, le infrastrutture che mancano, i diritti umani di base violati, la fame, la sanità, il cibo (in tempo di Covid per esempio se il governo non sostiene in questo caso, lo ha promesso in tv quando la gente non poteva andare a lavorare per il virus, quando lo fa allora?). Il governo non risponde di tutto ciò. La gente non viene consultata, non c’è partecipazione, e bisogna stare zitti con la fame e le malattie? Vogliamo partecipazione. La gente va nelle strade e fa la rivoluzione se non c’è possibilità di partecipazione. Perché non dovremmo...? la gente vuole fatti, che vengano prese delle soluzioni. Innanzitutto quindi il governo va accantonato e poi abbiamo bisogno di partecipazione: cosa possiamo fare, in che modo possiamo contribuire per uscirne insieme, dobbiamo essere tutti alleati, solidali.\r\n\r\nMigrazione\r\n\r\nL’Uganda ha una tradizione forte di migrazione, è costruita su questa: ci sono molti rifugiati qui, i coloni hanno costruito la nazione e l’Uganda li accoglie, da Etiopia, Sudan, Burundi, Ruanda… sono benvenuti. È ospitale, dà della terra ai rifugiati, costruisce ospedali e scuole per loro, quindi con progetti a lungo termine, non sono qui di passaggio. Poi c’è anche migrazione interna, dalle campagne alla città, in cerca di lavoro, in particolare Kampala attrae e viene congestionata; dove poi c’è sovraffollamento, aumenta anche il crimine (perché il lavoro non si trova). Gli oppositori e i dissidenti migrano invece, o sono in esilio, per esempio gli omosessuali, non c’è tolleranza per lgbtq.\r\n\r\nSei sempre stato qui o hai viaggiato?\r\n\r\nHo viaggiato molto, 25 distretti, facendo lavori da tecnico delle comunicazioni, ma ora vivo qui a Kampala. È dura trovare lavoro, bisogna studiare, ti dicono che così trovi un buon lavoro, ma poi anche se studi non trovi. Bisogna essere raccomandati e basta, c’è uno scherzo diffuso che sintetizza tutto: non conta come conosci ma chi conosci…. dentro un’azienda o un ufficio.\r\n\r\nInternet?\r\n\r\nPatetico! Va male, c’è una tassa sul web, è cara. Per BW – considerato un eroe in rete – questo è un argomento clou perché l’informazione whatsapp, i social, sono importanti, un mucchio di informazioni vengono attinte dalla gente su internet e il parlamento si mette di traverso, ma il parlamento ha varato quella legge [della tassa su web?] e BW si è opposto…\r\n\r\nChe musica e che radio ascolti?\r\n\r\nRaggae, un po’ di rock, afropop, ascolto Galaxy FM, è nelle vicinanze e propone e promuove talenti locali, e dialoga col pubblico su questioni sociali, promuove cultura. Anche Radio Airplay, per la musica, perché trasmette la musica che suono io senza chiedermi soldi, dà opportunità di promuoversi\r\n\r\nRepressione contro BW?\r\n\r\nSì, è triste… stava parlando e diceva cose vere e sono intervenuti brutalmente durante le manifestazioni e anche quando stava semplicemente parlando durante i comizi. Non era né buono, né cattivo quello che diceva, semplicemente la verità. E la verità è verità, c’è poco da fare: la verità va detta. Ci dovrebbe essere la libertà di parola ma in realtà non c’è: i media hanno censurato, ma in un modo o nell’altro la verità viene sempre fuori. C’è molta violenza fisica, è il risultato di un regime che non vuole che esca la verità: è umano reagire quando la violenza della repressione colpisce la gente, è naturale che se sei sotto il fuoco, reagisci finché non si arriva a trovare una soluzione. Il silenzio mette al sicuro dalla repressione.\r\n\r\nAltre forme di resistenza?\r\n\r\nSì, ci sono molte forme di potere: quello fisico… il potere invisibile della cultura, il People Power Movement ha dipinto chiaramente la situazione reale: quello per cui abbiamo combattuto, la libertà d’espressione, le eguali opportunità, la giustizia sociale; la corruzione, la distribuzione iniqua delle ricchezze, la mancanza di lavoro, cerca soluzioni. Non si può essere arrabbiati per una settimana o per un mese, avere un lavoro per un anno; ci va una soluzione, e il governo non sembra avere alcuna soluzione. Per esempio è stato lanciato l’EMIOGA Program per il lavoro, non ha funzionato perché non c’è stata consultazione con il popolo prima di lanciarlo. Non c’è stata discussione, la gente avrebbe avuto la soluzione ma non li hanno ascoltati. Forse altri al Governo ci ascolterebbero, chi negli ultimi 10 anni ci ha aperto le porte, trovato il cibo che manca. Fabbricare un ponte con la gente. Il Movimento fa questo, prende il potere per muoversi, sollevarsi, una libertà non perché vuoi combattere il governo, ma per liberare se stessi dalla vita che si vive… questo potere viene dal cuore, perché si relazione con il popolo. Si lancia in un momento animato di retorica, anche ispirata e un po’ vacua\r\n\r\nReazione alla violenza\r\n\r\nI casi sono due: o mi proteggo e basta o cerco di parlare e ridurre la rabbia di quelli che reprimono. Posso parlare, creare una relazione. Innanzitutto bisogna parlare. In quanto appartenenti alla stessa nazione, è responsabilità di ogni ugandese di farsi carico di ciò che capita nella tua nazione: se sei patriota devi seguire tutto ciò che capita in Uganda, questo il motivo per cui la gente prende parola. La gente violenta è stata resa violenta dal potere. Se c’è benessere non si passa alla violenza, bisogna comunicare con i parenti, i genitori, le mogli di questi che usano la violenza, far capire che la violenza è un circolo vizioso. Bisogna scrivere sì ma non solo al governo, anche alla gente. Bisogna anche calmare la rabbia della gente. Sono un membro dell’opposizione e penso che chi viene dopo non deve parlare di potere ma di cose che si devono fare… E quindi serve un leader che sia raggiungibile, che ascolti la gente, che renda possibile la partecipazione: interessante per lui è come da un leader si crea una leadership.\r\n\r\nPrendere questa risoluzione: il governo deve cambiare, oppure noi lo cambieremo. People power, our power\r\n\r\nAscolta \"Kampala visualizza i suoi sogni\" su Spreaker.\r\n\r\n ",{"matched_tokens":441,"snippet":442,"value":442},[71],"I Bastioni di Kampala#03: Iraq e India diversamente in lotta; Bangui e \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>; e soprattutto l'Uganda",[444,446],{"field":251,"matched_tokens":445,"snippet":442,"value":442},[71],{"field":94,"matched_tokens":447,"snippet":438,"value":439},[71],{"best_field_score":262,"best_field_weight":263,"fields_matched":89,"num_tokens_dropped":51,"score":300,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":51},{"document":450,"highlight":501,"highlights":506,"text_match":260,"text_match_info":509},{"comment_count":51,"id":451,"is_sticky":51,"permalink":452,"podcastfilter":453,"post_author":454,"post_content":455,"post_date":456,"post_excerpt":457,"post_id":451,"post_modified":458,"post_thumbnail":459,"post_title":460,"post_type":389,"sort_by_date":461,"tag_links":462,"tags":483},"100654","https://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-25-09-2025-ecuador-in-piazza-contro-noboa-e-il-trumpismo-in-salsa-latina-sudovest-asiatico-in-subbuglio-ripercussioni-delle-guerre-sioniste-cina-dopo-shangai-cooperatio/",[333],"info2","Abbiamo sentito Eduardo Meneses, dopo i primi giorni di paro nacional in Ecuador che ci ha indicato priorità, lotte, situazioni diverse nel paese in lotta contro le ricette neoliberiste di Daniel Noboa e prima che gli scontri producessero i primi morti; il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma allo stesso modo a Quito gli studenti si sono mobilitati, come gli autotrasportatori per la sospensione dell’articolo 126: cioè la cancellazione del sussidio sul diesel in vigore da decenni, ma sotto le ceneri ribolliva il fuoco della ribellione… Ci siamo poi mossi verso il Sudovest asiatico, rimescolato dall’aggressione sionista intenta a sfruttare l’occasione di creare Eretz Israel, ridimensionando con la forza impunita le potenze regionali; ma Erdoğan pare sia apprezzato e investito da Trump come Vicerè del Middle East. Di questa situazione ingarbugliata abbiamo parlato prima con Antonella De Biasi a partire dalla condizione del popolo curdo e armeno; e successivamente ci è sembrato utile approfondire con Murat Cinar la situazione interna, di crisi economica e repressione di ogni opposizione, e il peso della strategia geopolitica di Ankara. Da ultimo uno sguardo alla Cina con Sabrina Moles dopo l’evento estivo dello Sco e la successiva esibizione muscolare a Pechino, ma anche il multilateralismo teorizzato da Xi e le dichiarazioni ambientaliste contrapposte a quelle del rivale americano nella stessa sede newyorkese del Palazzo di Vetro. \n\n\n\nNecropolitica e narcostato ecuadoriano\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/ecuador-en-paro-contra-noboa-y-fmi--67915787\n\n\n\n\nAbbiamo parlato della situazione in Ecuador con Eduardo Meneses ricercatore politico, attivista, reporter alternativo .\n\n\n\nNegli ultimi giorni l’Ecuador è scosso da un’ondata di proteste esplose dopo la decisione del presidente Daniel Noboa di abolire il sussidio sul diesel, in vigore dal 1974. La misura, che ha fatto impennare il prezzo del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone, ha innescato il conflitto sociale con manifestazioni che attraversano il Paese, dalle grandi città alle province rurali. Contadini, trasportatori, pescatori, studenti e comunità indigene denunciano un provvedimento che incide pesantemente sul costo della vita e lo considerano l’ennesima espressione di un modello neoliberista responsabile di profonde disuguaglianze. A guidare la risposta è la CONAIE, la storica Confederazione delle Nazionalità Indigene, che ha proclamato uno sciopero nazionale a oltranza.Il tema dei sussidi per il diesel è una problema storico ogni volta che si è tentato di cancellare i sussidi sul diesel c’è stata una risposta popolare .Non è una protesta isolata ma storica ci sono state proteste popolari ne 2019 e nel 2022 ,l’economia del paese è dollarizzata e non sostenibile ,al governo è costato trovare le risorse per pagare gli stipendi pubblici ,per questo sta ricorrendo al FMI che impone tagli ai sussidi e allo stato sociale. 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Ma attualmente al-Jolani – come si faceva chiamare il tagliagole ora chiamato al-Shara, quando Antonella nel 2022 ne aveva tracciato la figura nel suo libro Astana e i 7 mari – è il padrone di quella che era buona parte della nazione governata fino a un anno fa dalla famiglia Assad, e probabilmente in questi giorni la volubilità di Trump sembra attribuire a Erdoğan il protettorato su una Siria governata da una sua creatura, in virtù delle promesse di stabilità profuse dal presidente turco, un’investitura conferita nonostante le milizie di modello ottomano: predoni che imperversano lungo le coste del Mediterraneo orientale. \n\n\n\nSpaesamento e impotenza armena: revisionismo entitàPoi si è affrontata la diversa strategia dei curdi siriani rispetto all’apertura di Ocalan, che ha invitato il Pkk a deporre le armi, come altra situazione è ancora quella dei curdi iraniani. Ma la problematicità insita nell’egemonia turca su quell’area travolge anche e maggiormente la comunità armena alla mercé dei fratelli azeri dei turchi; e furono le prime vittime di un genocidio del Secolo breve. Ora gli armeni hanno ancor meno alleati e sostenitori del solito, visto che il gas di Baku fa gola a tutti; e gli viene sottratta pezzo per pezzo identità, terra, riferimenti culturali. Oltre alla diaspora. La speranza di accoglienza europea è a metà con l’alleanza con i russi, disattesa da Putin, ma ancora valida. E Pashinyan non ha alcuna idea o autorevolezza per rappresentare gli armeni. \n\n\n\nRelazioni tra Israele e TurchiaUn’ipotesi di Al-Jazeera vede la Turchia nel mirino israeliano per assicurare l’impunità di Netanyahu che si fonda sul costante stato di guerra, ma anche perché è l’ultima potenza regionale non ancora ridimensionata dall’aggressività sionista. Peraltro la rivalità risale a decenni fa e in questo periodo di Global Sudum Flottilla si ricorda la Mavi Marmara assaltata dai pirati del Mossad uccidendo 10 persone a bordo, mentre cercava di forzare il blocco navale di Gaza. Fino a che punto può essere credibile una guerra scatenata da Israele contro la Turchia? Secondo Antonella De Biasi è difficile che possa avvenire, non solo perché Erdoğan è più abile di Netanyahu (al rientro da Tianjin ha chiesto a Trump gli F-35, dimenticando i sistemi antiaerei comprati da Mosca), ma perché gli affari anche di ordigni militari non si sono mai interrotti, inoltre a livello regionale l’alleanza con Al-Thani dovrebbe mettere al riparo la Turchia da attacchi sconsiderati e senza pretesti validi… certo, con il terrore di Netanyahu non si può mai sapere. \n\n\n\nCosa rimane del sistema di Astana?Facile interpretare la presenza a Tianjin dei leader che erano soliti incontrarsi sotto l’ombrello di Astana come confluenza di interessi, meno semplice capire fino a che punto ciascuno di loro e gli altri protagonisti del Shangai cooperation organization siano posizionati in più o meno consolidate alleanze. Sentiamo Antonella De Biasi e sugli stessi argomenti poi anche Murat Cinar in questo spreaker che abbiamo registrato subito dopo aver sentito Antonella: Trump incontra Erdoğan.\n\n\n\n\n\n\n\nL’Internazionale nera passa anche da Ankara\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-incontra-erdogan-lui-ha-bisogno-di-cose-io-di-altre-ci-mettiamo-d-accordo--67923007\n\n\n\n\nPiù la situazione risulta nebulosa, intricata e sul bordo del precipizio bellico e maggiore è il potere in mano a Erdoğan\n\n\n\nLo scollamento giovanile (da Gezi Park), la censura (Murat Cinar ci ha proposto l’ultima in ordine di tempo delle proibizioni musicali in Turchia), l’asservimento e la concentrazione dei poteri (gli interventi della magistratura a ingabbiare l’opposizione con pretesti), le centrali mediatiche ridotte a megafono del potere… tutti aspetti che caratterizzano il ventennio del Sultano al potere, ma se si guarda bene all’involuzione del paesaggio globale, si nota che la cancellazione dello Stato di diritto non è una prerogativa turca, ma riduce Ankara a una delle tappe dell’Internazionale nera che parte da Washington, passa per Roma, Tel Aviv, Budapest…L’economia in crisi, tranne la produzione bellica in mano alla famiglia che per il resto saccheggia la finanza statale da 20 anni a questa parte e ora la condiscendenza alle richieste di Trump dissangueranno ulteriormente il bilancio, già falcidiato dal 90% di inflazione, con svalutazione della Lira dal 2008 in poi e con una disoccupazione altissima. Ma anche a livello internazionale la diplomazia turca è agevolata dalla sua collocazione ambigua, dai suoi affari agevolati dagli errori europei, dal suo mantenersi all’interno della Nato ma sempre partecipe di ogni centro di potere: uditore della centralità multilaterale di Tianjin con il Sud del mondo e contemporaneamente presente alla riunione con paesi arabi sul piano di pace per Gaza alla corte di Trump, che vede in Erdoğan un potenziale risolutore a cui delegare la questione ucraina, perché «unico leader apprezzato da Zelensky e da Putin»; mentre il fantasma degli Accordi di Astana potrebbe sembrare confluire nello Sco, dove c’erano tutt’e tre i protagonisti, in realtà Murat ritiene chiuso il percorso degli Astana Files, perché la Turchia non fa effettivamente parte di Shangai Files. 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Ma questo non significa che la repubblica turca sia contraria a Tel Aviv: infatti Murat ci spiega come ci siano manifestazioni propal che vengono pesantemente caricate dalla polizia indette da forze conservatrici della destra islamista, perché gli interessi dell’industria bellica sono tutti a favore di Israele e gli affari vedono la famiglia del presidente tra i beneficiari degli scambi e dell’uso di armi a Gaza; anche il Chp organizza proteste","29 Settembre 2025","Abbiamo sentito Eduardo Meneses, dopo i primi giorni di paro nacional in Ecuador che ci ha indicato priorità, lotte, situazioni diverse nel paese in lotta contro le ricette neoliberiste di Daniel Noboa e prima che gli scontri producessero i primi morti; il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma […]","2025-09-29 14:27:35","https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 25/09/2025 – ECUADOR IN PIAZZA CONTRO NOBOA E IL TRUMPISMO IN SALSA LATINA; SUDOVEST ASIATICO IN SUBBUGLIO, RIPERCUSSIONI DELLE GUERRE SIONISTE; CINA DOPO SHANGAI COOPERATION ORGANIZATION E XI ALL’ONU CON LA CASACCA AMBIENTALISTA",1759108934,[463,464,465,466,467,468,469,470,471,472,473,474,475,476,477,478,479,480,481,482],"https://radioblackout.org/tag/armenia/","https://radioblackout.org/tag/azerbaijan/","https://radioblackout.org/tag/chp/","https://radioblackout.org/tag/conaie/","https://radioblackout.org/tag/cuenca/","https://radioblackout.org/tag/curdi/","https://radioblackout.org/tag/erdogan/","https://radioblackout.org/tag/israele/","https://radioblackout.org/tag/nato/","https://radioblackout.org/tag/netanyahu/","https://radioblackout.org/tag/noboa/","https://radioblackout.org/tag/ocalan/","https://radioblackout.org/tag/pkk/","https://radioblackout.org/tag/proteste/","https://radioblackout.org/tag/qatar/","https://radioblackout.org/tag/quito/","https://radioblackout.org/tag/sco/","https://radioblackout.org/tag/siria/","https://radioblackout.org/tag/trump/","https://radioblackout.org/tag/turchia/",[484,485,486,487,488,489,490,491,492,493,494,495,496,497,498,499,500,21,26,31],"armenia","azerbaijan","chp","Conaie","cuenca","curdi","Erdogan","Israele","nato","netanyahu","noboa","Ocalan","pkk","proteste","qatar","quito","Sco",{"post_content":502},{"matched_tokens":503,"snippet":504,"value":505},[71],"i sistemi antiaerei comprati da \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>), ma perché gli affari anche","Abbiamo sentito Eduardo Meneses, dopo i primi giorni di paro nacional in Ecuador che ci ha indicato priorità, lotte, situazioni diverse nel paese in lotta contro le ricette neoliberiste di Daniel Noboa e prima che gli scontri producessero i primi morti; il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma allo stesso modo a Quito gli studenti si sono mobilitati, come gli autotrasportatori per la sospensione dell’articolo 126: cioè la cancellazione del sussidio sul diesel in vigore da decenni, ma sotto le ceneri ribolliva il fuoco della ribellione… Ci siamo poi mossi verso il Sudovest asiatico, rimescolato dall’aggressione sionista intenta a sfruttare l’occasione di creare Eretz Israel, ridimensionando con la forza impunita le potenze regionali; ma Erdoğan pare sia apprezzato e investito da Trump come Vicerè del Middle East. 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Civili imprigionati, basi militari trasformate in prigioni per detenzioni arbitrarie. L'inchiesta è stata pubblicata da organi francofoni e questo dimostra il nervo scoperto per la grandeur dell'Esagono dopo la sua estromissione dal territorio e dallo sfruttamento delle sue risorse, ma anche la volontà di sottolineare come siano pretestuose le allusioni alla complicità francese con i gruppi armati cosiddetti jihadisti. Il problema è molto più complesso e affonda conflitti in rivalità secolari tra ceppi e gruppi economici. Divisioni che permangono in tutt'e tre i paesi di cui ci siamo occupati, aggiungendo anche l'immobilismo del nuovo Senegal del Pastef a dispetto delle grandi aspettative. L'intera regione è alle prese con una riunificazione post-postcoloniale raffazzonata, un contrasto allo jihadismo che maschera intromissioni e regolamenti di conti; svolte autoritarie delle giunte militar-nazionaliste, mordacchia all'informazione anche interna... ma con grandi differenze tra le manifestazioni e gli intenti dei personaggi protagonisti.\r\n\r\n\r\n\r\nAlessio Iocchi si è prestato per questa lunga chiacchierata per andare a scovare quali temi stiano realmente alla base dei rivolgimenti geostrategici nel Sahel e in particolare nei tre neoalleati che ultimamente hanno visto nascere regimi simili di matrice militare. E nemmeno quella sorta di unione in realtà si è verificata, sicuramente né economicamente, né nelle infrastrutture si è assistito a una forma di unificazione.\r\nSankarismo da operetta a Ouaga, e contrasto a stragi jihadiste con sfondo etnico contro i nomadi peul e tuareg; autoritarsismo tradizionale a Niamey, dove il contrasto alle milizie è gestito ambiguamente con russi e italiani soffiando sul fuoco del razzismo verso migranti e lavoratori cinesi, senza recidere del tutto i legami con il vecchio colonialismo europeo; partiti al bando e media imbavagliati a Bamako, dove i paramilitari russi torturano i civili nella lotta al terrorismo di marca ucraina (secondo la giunta).\r\n\r\nTraoré, buffo vestito da militare al Cremlino, dopo l’attentato vive in una bolla di propaganda distaccato dalla realtà, che è fatta di soldatini e cadetti inviati a farsi ammazzare con scarse munizioni dai gruppi terroristici del deserto e compratori di oro sotto varie bandiere di racket, che trasferiscono il raccolto nel paradiso fiscale di Dubai (la vera capitale del Sahel): le miniere più o meno legali monopolizzano l’attenzione sulla zona e la manipolazione dei vari regimi, compreso quello ciadiano, gestito dall’esercito in combutta con i Janjaweed (il che getta un ponte sul vero conflitto sanguinoso del pianeta che si sta combattendo in Sudan, sempre con i soldi del Golfo e gli interessi di Mosca).\r\nIl caso del Niger di Tchiani è forse il più complicato dei tre stati che hanno dato luogo alla rivolta dei quadri militari contro l’ingerenza francese, che stanno da due anni tenendo in ostaggio un presidente eletto: a Niamey si direbbe che ci siano fazioni contrapposte che mirano a eliminare presenze straniere contrapposte a quelle che le singole fazioni prediligono a livello di intelligence, ma in particolare il nucleo golpista si è liberato dei generali tuareg e arabi del Nord, istituendo il più classico governo militare nazionalista ispirato a Kountché e Tandja (presidenti fino al 2010); questo non significa dividere in razze guerriere e razze commercianti, che sono categorie coloniali e neocoloniali. Poi ci sono i molteplici affari, che vanno dal petrolio e uranio al comparto migranti con fulcro ad Agadez, allo sfruttamento in miniera, oltre alla manipolazione dei gruppi terroristici, sia in senso attivo che passivo. Una colossale confusione, volutamente rinfocolata. Forse per nascondere il nulla che viene fatto, persino nel Senegal che doveva fare le vere riforme di Sonko, che non sta facendo; nemmeno nella diplomazia tra Cedeao e Aes.\r\nL’Africom si sta concentrando altrove e viene ridotta anche e soprattutto operativamente: il controllo si affievolisce e nel Nord del Niger in particolare aumenta il controllo di gruppi di predoni, reti di bande che si sostituiscono nello stesso tipo di pratiche ai gruppi “terroristici” degli altri paesi. Comunque sempre tutto riconducibile alle consuete prassi tradizionali, come se le forme di controllo del territorio risorgessero dalle proprie ceneri, come fenici del Sahel.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/priorita-intensita-traguardi-diversi-nei-paesi-della-russiafrique-con-capitale-dubai--66583778\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/06/OneSudaneseAlwaysInSahelBusiness.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGli altri podcast di argomento africano si trovano qui\r\n\r\n ","18 Giugno 2025","2025-06-18 17:00:39","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 12/06/2025 - LA PIEGA ETEROGENEAMENTE AUTORITARIA DEL BLOCCO AES NEL SAHEL TRA RUSSIAFRIQUE E PROFITTO A DUBAI",1750266039,[392],[358],{"post_content":526},{"matched_tokens":527,"snippet":528,"value":529},[71],"Golfo e gli interessi di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>).\r\nIl caso del Niger di","In un momento di distrazione generale da quanto avviene nel Sahel ci siamo tornati con Alessio Iocchi, docente ed esperto Ispi per la regione, nel momento in cui un’inchiesta internazionale svela torture e detenzioni da parte di Africa Korps (l'erede della Wagner) in Mali. Civili imprigionati, basi militari trasformate in prigioni per detenzioni arbitrarie. L'inchiesta è stata pubblicata da organi francofoni e questo dimostra il nervo scoperto per la grandeur dell'Esagono dopo la sua estromissione dal territorio e dallo sfruttamento delle sue risorse, ma anche la volontà di sottolineare come siano pretestuose le allusioni alla complicità francese con i gruppi armati cosiddetti jihadisti. Il problema è molto più complesso e affonda conflitti in rivalità secolari tra ceppi e gruppi economici. Divisioni che permangono in tutt'e tre i paesi di cui ci siamo occupati, aggiungendo anche l'immobilismo del nuovo Senegal del Pastef a dispetto delle grandi aspettative. L'intera regione è alle prese con una riunificazione post-postcoloniale raffazzonata, un contrasto allo jihadismo che maschera intromissioni e regolamenti di conti; svolte autoritarie delle giunte militar-nazionaliste, mordacchia all'informazione anche interna... ma con grandi differenze tra le manifestazioni e gli intenti dei personaggi protagonisti.\r\n\r\n\r\n\r\nAlessio Iocchi si è prestato per questa lunga chiacchierata per andare a scovare quali temi stiano realmente alla base dei rivolgimenti geostrategici nel Sahel e in particolare nei tre neoalleati che ultimamente hanno visto nascere regimi simili di matrice militare. E nemmeno quella sorta di unione in realtà si è verificata, sicuramente né economicamente, né nelle infrastrutture si è assistito a una forma di unificazione.\r\nSankarismo da operetta a Ouaga, e contrasto a stragi jihadiste con sfondo etnico contro i nomadi peul e tuareg; autoritarsismo tradizionale a Niamey, dove il contrasto alle milizie è gestito ambiguamente con russi e italiani soffiando sul fuoco del razzismo verso migranti e lavoratori cinesi, senza recidere del tutto i legami con il vecchio colonialismo europeo; partiti al bando e media imbavagliati a Bamako, dove i paramilitari russi torturano i civili nella lotta al terrorismo di marca ucraina (secondo la giunta).\r\n\r\nTraoré, buffo vestito da militare al Cremlino, dopo l’attentato vive in una bolla di propaganda distaccato dalla realtà, che è fatta di soldatini e cadetti inviati a farsi ammazzare con scarse munizioni dai gruppi terroristici del deserto e compratori di oro sotto varie bandiere di racket, che trasferiscono il raccolto nel paradiso fiscale di Dubai (la vera capitale del Sahel): le miniere più o meno legali monopolizzano l’attenzione sulla zona e la manipolazione dei vari regimi, compreso quello ciadiano, gestito dall’esercito in combutta con i Janjaweed (il che getta un ponte sul vero conflitto sanguinoso del pianeta che si sta combattendo in Sudan, sempre con i soldi del Golfo e gli interessi di \u003Cmark>Mosca\u003C/mark>).\r\nIl caso del Niger di Tchiani è forse il più complicato dei tre stati che hanno dato luogo alla rivolta dei quadri militari contro l’ingerenza francese, che stanno da due anni tenendo in ostaggio un presidente eletto: a Niamey si direbbe che ci siano fazioni contrapposte che mirano a eliminare presenze straniere contrapposte a quelle che le singole fazioni prediligono a livello di intelligence, ma in particolare il nucleo golpista si è liberato dei generali tuareg e arabi del Nord, istituendo il più classico governo militare nazionalista ispirato a Kountché e Tandja (presidenti fino al 2010); questo non significa dividere in razze guerriere e razze commercianti, che sono categorie coloniali e neocoloniali. Poi ci sono i molteplici affari, che vanno dal petrolio e uranio al comparto migranti con fulcro ad Agadez, allo sfruttamento in miniera, oltre alla manipolazione dei gruppi terroristici, sia in senso attivo che passivo. Una colossale confusione, volutamente rinfocolata. Forse per nascondere il nulla che viene fatto, persino nel Senegal che doveva fare le vere riforme di Sonko, che non sta facendo; nemmeno nella diplomazia tra Cedeao e Aes.\r\nL’Africom si sta concentrando altrove e viene ridotta anche e soprattutto operativamente: il controllo si affievolisce e nel Nord del Niger in particolare aumenta il controllo di gruppi di predoni, reti di bande che si sostituiscono nello stesso tipo di pratiche ai gruppi “terroristici” degli altri paesi. 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Si comincia con las empanadas servite da Darín a Milei su un piatto d'argento ci vengono descritte direttamente da Buenos Aires dove si trova Alfredo Somoza, che ne trae un quadro socio-economico della trasformazione argentina in corso; gli abbiamo chiesto anche un punto di vista più ravvicinato sulle elezioni venezuelane e sulle presenze paramilitari nel Mexico in cui i collaboratori della sindaca del DF vengono assassinati.\r\nUn’altra regione di tensioni lontane dai riflettori distratti del circo mediatico è la Serbia attraversata da uno schietto movimento nato nelle università, dove i ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro di risveglio anche della società civile, mobilitata contro il sistema di potere di Vučić... ma la marcia verso l’UE per ottenere appoggio è sfumata di fronte al disinteresse interessato dei palazzi europei e all'interno si avanza il rischio di infiltrazioni naziste in stile Maidan: finora la vigilanza ha mantenuto il movimento sui binari di rifiuto di ogni egemonia. Speriamo duri, abbiamo espresso questo augurio con Tatjana Djordjević.\r\nSuccoso il finale di puntata con un intervento particolarmente illuminante di Andrea Fumagalli, che ha descritto con acume lo schema strategico di Trump; una trama che sulla carta potrebbe funzionare, se tutti i tasselli della scommessa economica attivata per salvare l’egemonia dell'imperialismo americano che sta frantumandosi sui due debiti.\r\n\r\n\r\n\r\nA partire da un dibattito tutto tipicamente argentino sul costo delle empanadas all’epoca dell’anarcocapitalismo Alfredo Somoza ci dà una descrizione della situazione socio-economica dell’Argentina di Milei direttamente da una Buenos Aires sgravata dal mercato nero della divisa americana dalla svalutazione del dollaro, che come potere d’acquisto ha dato respiro ai salari, che nella stretta connessione con gli Usa ne traggono vantaggio. Il carovita comunque esiste, nonostante la distrazione delle empanadas che fa gioco alla potenza di fuoco dei social a favore di Milei, dimostrata dall’influenza che ha avuto sulle elezioni l’uso smodato della AI, appalesando la difficoltà a comprendere il singolo video, il singolo messaggio se siano reali o costruiti… news o fake.\r\nLa scorciatoia del riflesso pavolviano delle destre che individuano il contrasto al fenomeno migratorio come soluzione per le crisi economiche è difficilmente applicabile in un paese fatto di migranti, figli di flussi secolari di immigrati, prima da Oltreoceano e ora dai paesi limitrofi, genti soprattutto alla ricerca di sanità assicurata, ius soli e istruzione gratuita. Oltre alla situazione politica all’interno dei paesi di provenienza (ora la maggioranza dei recenti arrivi proviene dal Venezuela). Su questo si innesta l’ideologia della remigracion che degenera nel razzismo dei rimpatri mai successi nella accogliente terra argentina, ma Milei doveva mostrare al suo elettorato che prendeva di petto il problema.\r\nE infatti il presidente si è rafforzato ed è riuscito a prosciugare il bacino elettorale dei conservatori classici, o meglio il lavoro politico di sua sorella Carina, sottosegretaria alla presidenza, ha sortito il suo effetto. Anche grazie al sospiro di sollievo di una nazione in cui il tasso di inflazione è passato dal 240 al 24% annuo; pagato dalle pensioni e dal welfare azzerato. Un’inflazione che colpisce soprattutto l’economia del peso e non quella dei ricchi che vivono in un’economia di dollari e non si è intervenuti sul «gigantesco problema di infrastrutture vecchie e l’efficienza della scuola pubblica» su cui questo governo populista non ha alcun piano, pensando che combattendo la corruzione si risolverà tutto per magia.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/0Onoxm8U2Uk23lPipo0YSn?si=LrcipfzKQZ6BIX3H1nS3tQ\r\n\r\nL‘opposizione si è intestata la vittoria perché ufficialmente il 43% dei venezuelani è andato al voto (secondo Machado solo il 14), ma Maduro è comunque uscito rafforzato – come Milei – dal voto amministrativo, che ha compreso pure il distretto della Guyana Essequiba, un territorio contestato per un effetto di eredità coloniale, una regione ricca di materie prime e di petrolio, una disputa che Alfredo Somoza assimila a quello su Las Malvinas al tempo di Videla, perché nessuno in Sudamerica riconosce che si possano mettere in dubbio confini e non comunque in questo modo. Paradossale è il racconto che ci viene fatto sulla Guinea Equatoriale – il paese africano sotto un regime quarantennale – che era parte del Vicereame di cui Buenos Aires a cui un arcipelago si appella per affrancarsi dalla Guinea equatoriale. Una situazione surreale come quella di Essequiba. Per bilanciare la stigmatizzazione del nostro interlocutore, segnaliamo anche il racconto all’opposto di Geraldina Colotti che su “Pagine Esteri” racconta da un punto di vista opposto sia le pretese di Caracas sul nuovo stato, sia il voto del 25 maggio: https://pagineesteri.it/2025/05/29/america-latina/maduro-trionfa-nelle-elezioni-del-25-maggio-la-destra-ha-vinto-lastensione/\r\nAlfredo considera questa tornata elettorale il secondo tempo delle elezioni che avrebbero confermato Maduro presidente, ma di cui nessuno ha ancora potuto vedere i verbali; il 25 maggio non c’erano osservatori e le operazioni di voto sono ormai un risibile teatrino. Ma il vero dramma è la emigrazione massiva: un esodo che fino a poco tempo fa era attribuibile alla opposizione retriva e pasticciona, ora – con l’involuzione del chavismo – le colpe sono di tutta la classe politica.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/2MaoXE6e6viGZfj77OwEr6?si=_xuznyf4RuKOWQeL7G7ZhQ\r\n\r\nAnche in Mexico sono stati il 14 per cento gli elettori che per la prima volta al mondo sono stati chiamati a eleggere i magistrati che dovranno gestire il potere giudiziario, ma di questo non abbiamo parlato con Alfredo Somoza, piuttosto si è discusso dei due collaboratori della sindaca del DF uccisi dalla necropolitica e dei paramilitari, diffusi sul territorio, ma in particolare in Chiapas.\r\nL’omicidio di Ximena Guzmán e José Muñoz è un attacco diretto al partito della presidenta Claudia Scheinbaum e della sindaca, non rivendicato dai Narcos. Peraltro ulteriore mistero nasce dal fatto che il DF non è un territorio conteso come potrebbe essere Oaxaca o Sinaloa, eppure i killer hanno dimostrato una professionalità assimilabile ai cartelli… o ai paramilitari al servizio dei possidenti del Sud: sul Chiapas si concentra un’assenza di controllo sia dal punto di vista della migrazione, sia del fentanil, sia dei paramilitari assoldati dai terratenientes. A trent’anni dalla comparsa dell’Ezln.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/6VfLix6SWeTRYG2XRVYNBU?si=t1M9cQf3SyOLIlq1E83APw\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/DaBuenosAires.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast latinoamericani precedenti pigia qui.\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nContinuano le manifestazioni in Serbia, anzi sono state esportate in “Europa” con biciclettate di centinaia di chilometri e presidi, senza ottenere l’attenzione dovuta, perché le relazioni comunitarie con Vučić nascondono interessi tali da impedire qualsiasi timida protesta verso la democratura nazionalista di Belgrado. E mentre Vučić intrattiene rapporti con gli europei, non disdegna alleanze con Putin – recente è il viaggio a Mosca e la posizione sulla guerra in Ucraina del leader populista gli permette di barcamenarsi – e con Xi; ma il movimento nato dalle università non demorde.\r\nPerò rischia infiltrazioni: infatti se da un lato continua a mantenere la sua distanza da chiunque cerchi di egemonizzare e a fare blocchi e scendere in piazza, dall’altro si comincia a vociferare di presenze anche di destra quando all’inizio l’influenza era progressista e antinazionalista, che potrebbero preparare uno scenario assimilabile alla nefasta Maidan di Kyiv. Perciò abbiamo interpellato Tatjana Djordjević per comprendere quali sviluppi possiamo attenderci da questa ribellione dal basso che ha intercettato mugugni e indignazioni della società civile, dandogli voce: sono andati a stanare il malcontento nella Serbia profonda, isolata, hanno attraversato a piedi il paese per incontrare la mentalità dei paesi. La richiesta sostanzialmente è un cambio di regime, ma cominciano a essere stremati dopo mesi di blocco delle attività universitarie.\r\nPurtroppo i nazionalismi sono persino più rafforzati dopo la Guerra nei Balcani, e la Storia si ripete..\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/a-che-punto-e-la-notte-in-serbia--66372615\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/QuantaStradaHanFattaSerbi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi ai nazionalismi esteuropei qui potete trovare i conflitti che attraversano anche i balcani\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nCaos e instabilità portano scompiglio, ma sembrano funzionali a uno schema preciso dell’amministrazione trumpiana che sulla carta va producendo una trama che potrebbe funzionare, nonostante lo scetticismo derisorio e le reazioni dei mercati, rivoluzionando il sistema economico-finanziario globale, ribaltando la tensione verso la globalizzazione su cui le strategie americane avevano puntato dagli ani Novanta per mantenere l’egemonia economica e tecnologica.\r\nAndrea Fumagalli segue questo schema, ricostruendolo ai nostri microfoni l’ideologia libertarian dell’anarcocapitalismo mescolata alla clava dello statalismo daziario. Ci sono resistenze da parte di apparati (come lo stop della Corte che ha tentato di invalidare l’operazione sui dazi del Liberation day) e istituzioni che tentano di impedire lo sviluppo del velleitario piano trumpiano, che è sicuramente temerario e la scommessa è sul filo del rasoio: potrebbe finire come quello di Zsa-Zsa Korda nell’ultimo film di Wes Anderson, ma per ora mantiene le sue ipotesi di avere i mezzi per ribaltare attraverso il protezionismo la tendenza al declino dell’imperialismo americano.\r\nNegli ultimi anni tutto era regolato dal Washington Consensus e gli apparati che gestivano fino alla crisi del 2008, poi l’ordine mondiale è venuto meno, inceppando il meccanismo della globalizzazione, lasciando sviluppare altri imperialismi; Trump è il frutto di questa perdita di egemonia ed è reazione alla rete intessuta da Pechino. Su tutto questo si innesca il problema dei due elementi di debito americano (interno ed esterno) che rischiano di far implodere tutto il sistema americano: solo se il dollaro rimane valuta appetibile gli Usa possono evitare il tracollo.\r\nDi qui il tentativo di ridurre il debito estero attraverso i dazi che fanno pagare il debito al resto del mondo con quei tassi (importando però inflazione e stagflazione che riducono il potere d’acquisto, con effetto recessivo interno), ma anche eliminando fortemente la tassazione interna sui ricchi, incrementando le tasse dei poveri con l’eliminazione dei crediti di imposta.\r\nLa logica commerciale è fatta di accordi personali che stravolgono ulteriormente il quadro e possono comportare una vera Rivoluzione del sistema economico-finanziario come lo conosciamo.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/the-trumpian-scheme--66348340\r\n\r\nSi possono ascoltare i podcast relativi alla rivoluzione anarcocapitalista trumpiana qui\r\n\r\n ","3 Giugno 2025","2025-06-08 08:54:32","BASTIONI DI ORIONE 29/05/2025 - GLI ANARCOCAPITALISTI MANGIANO EMPANADAS; NOVI SAD PEDALA A STRASBURGO, MA L’UE ERA FUORI; TRUMPONOMICS VALE UN TACO?",1748911188,[392],[358],{"post_content":547},{"matched_tokens":548,"snippet":549,"value":550},[71],"recente è il viaggio a \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> e la posizione sulla guerra","L’ultima settimana di maggio vede ai Bastioni di Orione un concentrato di gusti latinos. Si comincia con las empanadas servite da Darín a Milei su un piatto d'argento ci vengono descritte direttamente da Buenos Aires dove si trova Alfredo Somoza, che ne trae un quadro socio-economico della trasformazione argentina in corso; gli abbiamo chiesto anche un punto di vista più ravvicinato sulle elezioni venezuelane e sulle presenze paramilitari nel Mexico in cui i collaboratori della sindaca del DF vengono assassinati.\r\nUn’altra regione di tensioni lontane dai riflettori distratti del circo mediatico è la Serbia attraversata da uno schietto movimento nato nelle università, dove i ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro di risveglio anche della società civile, mobilitata contro il sistema di potere di Vučić... ma la marcia verso l’UE per ottenere appoggio è sfumata di fronte al disinteresse interessato dei palazzi europei e all'interno si avanza il rischio di infiltrazioni naziste in stile Maidan: finora la vigilanza ha mantenuto il movimento sui binari di rifiuto di ogni egemonia. Speriamo duri, abbiamo espresso questo augurio con Tatjana Djordjević.\r\nSuccoso il finale di puntata con un intervento particolarmente illuminante di Andrea Fumagalli, che ha descritto con acume lo schema strategico di Trump; una trama che sulla carta potrebbe funzionare, se tutti i tasselli della scommessa economica attivata per salvare l’egemonia dell'imperialismo americano che sta frantumandosi sui due debiti.\r\n\r\n\r\n\r\nA partire da un dibattito tutto tipicamente argentino sul costo delle empanadas all’epoca dell’anarcocapitalismo Alfredo Somoza ci dà una descrizione della situazione socio-economica dell’Argentina di Milei direttamente da una Buenos Aires sgravata dal mercato nero della divisa americana dalla svalutazione del dollaro, che come potere d’acquisto ha dato respiro ai salari, che nella stretta connessione con gli Usa ne traggono vantaggio. Il carovita comunque esiste, nonostante la distrazione delle empanadas che fa gioco alla potenza di fuoco dei social a favore di Milei, dimostrata dall’influenza che ha avuto sulle elezioni l’uso smodato della AI, appalesando la difficoltà a comprendere il singolo video, il singolo messaggio se siano reali o costruiti… news o fake.\r\nLa scorciatoia del riflesso pavolviano delle destre che individuano il contrasto al fenomeno migratorio come soluzione per le crisi economiche è difficilmente applicabile in un paese fatto di migranti, figli di flussi secolari di immigrati, prima da Oltreoceano e ora dai paesi limitrofi, genti soprattutto alla ricerca di sanità assicurata, ius soli e istruzione gratuita. Oltre alla situazione politica all’interno dei paesi di provenienza (ora la maggioranza dei recenti arrivi proviene dal Venezuela). Su questo si innesta l’ideologia della remigracion che degenera nel razzismo dei rimpatri mai successi nella accogliente terra argentina, ma Milei doveva mostrare al suo elettorato che prendeva di petto il problema.\r\nE infatti il presidente si è rafforzato ed è riuscito a prosciugare il bacino elettorale dei conservatori classici, o meglio il lavoro politico di sua sorella Carina, sottosegretaria alla presidenza, ha sortito il suo effetto. Anche grazie al sospiro di sollievo di una nazione in cui il tasso di inflazione è passato dal 240 al 24% annuo; pagato dalle pensioni e dal welfare azzerato. Un’inflazione che colpisce soprattutto l’economia del peso e non quella dei ricchi che vivono in un’economia di dollari e non si è intervenuti sul «gigantesco problema di infrastrutture vecchie e l’efficienza della scuola pubblica» su cui questo governo populista non ha alcun piano, pensando che combattendo la corruzione si risolverà tutto per magia.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/0Onoxm8U2Uk23lPipo0YSn?si=LrcipfzKQZ6BIX3H1nS3tQ\r\n\r\nL‘opposizione si è intestata la vittoria perché ufficialmente il 43% dei venezuelani è andato al voto (secondo Machado solo il 14), ma Maduro è comunque uscito rafforzato – come Milei – dal voto amministrativo, che ha compreso pure il distretto della Guyana Essequiba, un territorio contestato per un effetto di eredità coloniale, una regione ricca di materie prime e di petrolio, una disputa che Alfredo Somoza assimila a quello su Las Malvinas al tempo di Videla, perché nessuno in Sudamerica riconosce che si possano mettere in dubbio confini e non comunque in questo modo. Paradossale è il racconto che ci viene fatto sulla Guinea Equatoriale – il paese africano sotto un regime quarantennale – che era parte del Vicereame di cui Buenos Aires a cui un arcipelago si appella per affrancarsi dalla Guinea equatoriale. Una situazione surreale come quella di Essequiba. Per bilanciare la stigmatizzazione del nostro interlocutore, segnaliamo anche il racconto all’opposto di Geraldina Colotti che su “Pagine Esteri” racconta da un punto di vista opposto sia le pretese di Caracas sul nuovo stato, sia il voto del 25 maggio: https://pagineesteri.it/2025/05/29/america-latina/maduro-trionfa-nelle-elezioni-del-25-maggio-la-destra-ha-vinto-lastensione/\r\nAlfredo considera questa tornata elettorale il secondo tempo delle elezioni che avrebbero confermato Maduro presidente, ma di cui nessuno ha ancora potuto vedere i verbali; il 25 maggio non c’erano osservatori e le operazioni di voto sono ormai un risibile teatrino. 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Peraltro ulteriore mistero nasce dal fatto che il DF non è un territorio conteso come potrebbe essere Oaxaca o Sinaloa, eppure i killer hanno dimostrato una professionalità assimilabile ai cartelli… o ai paramilitari al servizio dei possidenti del Sud: sul Chiapas si concentra un’assenza di controllo sia dal punto di vista della migrazione, sia del fentanil, sia dei paramilitari assoldati dai terratenientes. 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E mentre Vučić intrattiene rapporti con gli europei, non disdegna alleanze con Putin – recente è il viaggio a \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> e la posizione sulla guerra in Ucraina del leader populista gli permette di barcamenarsi – e con Xi; ma il movimento nato dalle università non demorde.\r\nPerò rischia infiltrazioni: infatti se da un lato continua a mantenere la sua distanza da chiunque cerchi di egemonizzare e a fare blocchi e scendere in piazza, dall’altro si comincia a vociferare di presenze anche di destra quando all’inizio l’influenza era progressista e antinazionalista, che potrebbero preparare uno scenario assimilabile alla nefasta Maidan di Kyiv. Perciò abbiamo interpellato Tatjana Djordjević per comprendere quali sviluppi possiamo attenderci da questa ribellione dal basso che ha intercettato mugugni e indignazioni della società civile, dandogli voce: sono andati a stanare il malcontento nella Serbia profonda, isolata, hanno attraversato a piedi il paese per incontrare la mentalità dei paesi. La richiesta sostanzialmente è un cambio di regime, ma cominciano a essere stremati dopo mesi di blocco delle attività universitarie.\r\nPurtroppo i nazionalismi sono persino più rafforzati dopo la Guerra nei Balcani, e la Storia si ripete..\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/a-che-punto-e-la-notte-in-serbia--66372615\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/QuantaStradaHanFattaSerbi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi ai nazionalismi esteuropei qui potete trovare i conflitti che attraversano anche i balcani\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nCaos e instabilità portano scompiglio, ma sembrano funzionali a uno schema preciso dell’amministrazione trumpiana che sulla carta va producendo una trama che potrebbe funzionare, nonostante lo scetticismo derisorio e le reazioni dei mercati, rivoluzionando il sistema economico-finanziario globale, ribaltando la tensione verso la globalizzazione su cui le strategie americane avevano puntato dagli ani Novanta per mantenere l’egemonia economica e tecnologica.\r\nAndrea Fumagalli segue questo schema, ricostruendolo ai nostri microfoni l’ideologia libertarian dell’anarcocapitalismo mescolata alla clava dello statalismo daziario. Ci sono resistenze da parte di apparati (come lo stop della Corte che ha tentato di invalidare l’operazione sui dazi del Liberation day) e istituzioni che tentano di impedire lo sviluppo del velleitario piano trumpiano, che è sicuramente temerario e la scommessa è sul filo del rasoio: potrebbe finire come quello di Zsa-Zsa Korda nell’ultimo film di Wes Anderson, ma per ora mantiene le sue ipotesi di avere i mezzi per ribaltare attraverso il protezionismo la tendenza al declino dell’imperialismo americano.\r\nNegli ultimi anni tutto era regolato dal Washington Consensus e gli apparati che gestivano fino alla crisi del 2008, poi l’ordine mondiale è venuto meno, inceppando il meccanismo della globalizzazione, lasciando sviluppare altri imperialismi; Trump è il frutto di questa perdita di egemonia ed è reazione alla rete intessuta da Pechino. Su tutto questo si innesca il problema dei due elementi di debito americano (interno ed esterno) che rischiano di far implodere tutto il sistema americano: solo se il dollaro rimane valuta appetibile gli Usa possono evitare il tracollo.\r\nDi qui il tentativo di ridurre il debito estero attraverso i dazi che fanno pagare il debito al resto del mondo con quei tassi (importando però inflazione e stagflazione che riducono il potere d’acquisto, con effetto recessivo interno), ma anche eliminando fortemente la tassazione interna sui ricchi, incrementando le tasse dei poveri con l’eliminazione dei crediti di imposta.\r\nLa logica commerciale è fatta di accordi personali che stravolgono ulteriormente il quadro e possono comportare una vera Rivoluzione del sistema economico-finanziario come lo conosciamo.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/the-trumpian-scheme--66348340\r\n\r\nSi possono ascoltare i podcast relativi alla rivoluzione anarcocapitalista trumpiana qui\r\n\r\n ",[552],{"field":94,"matched_tokens":553,"snippet":549,"value":550},[71],{"best_field_score":262,"best_field_weight":510,"fields_matched":101,"num_tokens_dropped":51,"score":511,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":51},{"document":556,"highlight":568,"highlights":573,"text_match":260,"text_match_info":576},{"comment_count":51,"id":557,"is_sticky":51,"permalink":558,"podcastfilter":559,"post_author":54,"post_content":560,"post_date":561,"post_excerpt":57,"post_id":557,"post_modified":562,"post_thumbnail":563,"post_title":564,"post_type":389,"sort_by_date":565,"tag_links":566,"tags":567},"97709","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-08-05-2025-il-nuovo-asse-militare-parigi-berlino-varsavia-a-difesa-dagli-usa-di-trump-mentre-esplode-la-regione-indo-pakistana/",[333],"In questa puntata \"Bastioni di Orione\" torna a toccare vari punti dell'orbe terraqueo che sono in qualche modo collegati tra loro. Accendere un riflettore sui prepotenti primi cento giorni del mandato trumpiano alla Casa Bianca con uno storico come Gian Giacomo Migone significa anche comprendere quali strategie di contenimento del declino americano può permettersi l'amministrazione americana, scoperchiando l'evidenza della dissoluzione del ruolo di gendarme pure nell'ultimo focolaio di tensione che sfrutta il momento di vacanza imperiale per sondare quali sviluppi potrebbe avere lo scontro indo-pakistano sul contenzioso relativo al Kashmir (diviso nelle sue tre componenti etno-religiose) incancrenito nel postcolonialismo del subcontinente indiano. Ne abbiamo parlato con Matteo Miavaldi, con il quale avevamo preconizzato la potenziale esplosione innescata con l'attentato di Pahalgam. Ma anche il dinamismo polacco in materia militare e il conseguente avvicinamento delle due caserme Nato nell'Europa centrorientale: Germania e Polonia sono rivali per il primato militare in Europa e si alleano all'unica potenza nucleare del continente, sfruttando le paure scatenate da una Russia apparentemente aggressiva, anche se non avrebbe interesse a invadere Alessandro Ajres allude a una \"libido\" putiniana in un delirio di espansione imperiale, la paura del quale forse la società polacca ha introiettato in questi anni di destra estrema, alternati a centrodestra, che hanno sviluppato lo sviluppo economico per foraggiare l'industria bellica.\r\n\r\n\r\n\r\nNé India, né Pakistan trovano convenienza in uno scontro frontale ora sulla ottantennale \"questione del Kashmir\", eppure sta avvenendo ed è… esplosiva, nel senso che entrambe sono dotate di armamenti nucleari. L’India ha una preponderanza in ogni arma, ma quando si parla di nucleare e di dispute religioso-nazionaliste tra stati retti da fanatici difficilmente ne esce un vincitore vivo.\r\nCon Matteo Miavaldi percorriamo la china che ha portato a questa situazione pericolosa che ha già prodotto decine di morti dalla strage di Pahalgham del 22 aprile, quando un commando jihadista ha ucciso 26 indiani in Kashmir, evidenziando l’impreparazione dell’intelligence di Dehli e scatenando la reazione unitaria della nazione indiana che due settimane dopo ha prodotto una quarantina di morti con il bombardamento dell’Operazione Sindoor contro il Pakistan, i cui vertici negano ogni responsabilità nell’innesco della spirale. L’escalation muscolare è pari a quella propagandistica, tanto che è difficile accettare e prendere per buone quasi tutte le ricostruzioni che provengono da ciascuno dei contendenti.\r\nLa storia del Jammu-Kashmir è travagliata dal dopoguerra: in comune con le vicende israelo-palestinesi non c’è solo il 1947 come data del vulnus, ma anche lo sfruttamento di ogni periodo in cui la diplomazia internazionale va in panne, permettendo all’apparato militare di risolvere con i suoi metodi le dispute; e forse si può individuare nel 2019 con la revoca dello stato semiautonomo della regione indiana una svolta a cui non si possono ricondurre questi risultati ma fu un avvio di un processo che ne ha consentito il deflagrare del problema in questi termini, perché ha prodotto un cambio nella composizione delle credenze e nella maggiore presenza culturale hindu tra la popolazione delle regioni di confine. Le conseguenze non possono che essere le risposte reciproche più violente dalla creazione del Bangla Desh dal Pakistan Orientale.\r\nE a fronte di un evento di portata così storica le reazioni internazionali o i tentativi di interposizione per arrivare a una pacificazione dell’area sono risibili da parte di tutte le potenze globali, peraltro difficilmente potrebbero venire accettate dai rispettivi nazionalismi dei contendenti. La Cina si è offerte come mediatrice, appalesando un interesse precipuo alla composizione del conflitto, benché sia chiaro che l’interesse di Pechino è il mantenimento del territorio pakistano, storico alleato e indispensabile corridoio per la Belt Road Initiative; facendo da contrappeso all’immediato sostegno di Israele alla rappresaglia indiana, tanto assimilabile alla reazione assassina dell’entità sionista a Gaza.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/7IBzky3YF9FknUxHEN6yWV?si=bHv964OURDqoJY5k3qRDSA\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Innesco-e-propaganda-in-Kashmir_Miavaldi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast sull'Estremo oriente si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nTusk partecipa ai summit sul destino della guerra con Merz e Macron, a dimostrazione della sua potenza militare che sfida la preminenza europea dei due partner, esaltando il nazionalismo di matrice romantica mai realmente venuto meno al paese, che negli ultimi 2/3 decenni ha raddoppiato il pil e livellato i tassi di povertà delle componenti sociali. Sottoposto questo paesaggio ad Alessandro Ajres, ci ha fatto notare come questo sia potuto accadere in seguito all’alternanza al potere dei rappresentanti della sacca rurale retriva e conservatrice che vota l'estrema destra del PiS e di quelli del centro destra liberal-conservatore che trova i propri consensi nelle metropoli e nei bacini minerari e navali. La matrice militare e reazionaria – sempre meno sfumata in entrambi i campi dalla forza della chiesa cattolica, che ha disperso la potenza data dal fanatismo dei tempi wojtyliani – si fonda su una produzione industriale a basso costo, e l’importanza della posizione geografica, che la pone tra quegli stati europei a ridosso del confine con i territori controllati da Mosca che cavalcano le paure dell’orso russo e le fomentano per spostare capitali statali verso il settore bellico (che drena il 5 per cento del pil ormai da anni).\r\nQuesta situazione pone la Polonia nella condizione di incalzare la potenza militare tedesca e la sua preminenza nel mettere a disposizione territorio e basi missilistiche al sistema di guerra occidentale; e questa spirale le consente inoltre di essere il faro della fazione degli impauriti baltici, inserendosi nella tradizione deel destre nazionaliste dell'Esteuropa. Ed è in questo contesto che diventa interessante vedere come anziché scontrarsi sembra che Polonia e Germania uniscano le loro forze per sostenere una politica europea a loro immagine.\r\nLa Polonia e i suoi fratelli comprende sia le repubbliche baltiche, sia gli altri stati ex sovietici, in cui la recrudescenza antirussa ha prodotto frange sempre più ampie di nostalgie fasciste che impastano un po' tutta la regione di nazionalismi fanatici, più che romantici.\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/gli-assi-di-potere-europei-inglobano-la-polonia--66032024\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/La-Polonia-e-i-suoi-fratelli_Ajres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti relativi alla regione pannonica, balcanica e caucasica si trovano qui\r\n\r\nCon Giangiacomo Migone che fra le altre cose ha insegnato storia dell'America del nord all'università di Torino ,parliamo delle fratture all'interno della società americana e della crisi di egemonia di cui l'elezione di Trump è la conseguenza. Trump si è rivolto ad un altro elettorato ,la parte dei bianchi americani impoveriti dalla globalizzazione che ha mangiato i posti di lavoro che sono stati delocalizzati altrove .Trump prende atto che gli USA nonostante la potenza militare non sono più l'egemone e la sua visione incarna la nostalgia della grandezza americana che vorrebbe far rivivere nonostante la concorrenza della Cina che ha invece una percezione multipolare del mondo.\r\nNonostante la torsione autoritaria che è incarnata dalla politica trumpiana ci sono delle resistenze all'interno del tessuto sociale americano che si manifestano nelle università ,nell'opposizione dei tribunali ai decreti del presidente che non considera i contrappesi istituzionali e si concretizzano anche nelle affollate piazze che stanno seguendo il tour contro l'oligarchia del senatore Sanders e di Alexandra Ocasio Cortez. La politica di Trump è al servizio dell'1% più ricco e alimenta la guerra fra poveri delle classi medie impoverite bianche contro gli immigrati .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-specchio-della-crisi-di-egemonia-degli-usa--66055851\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BASTIONI-DI-ORIONE-08052025-MIGONE.mp3\"][/audio]\r\n\r\nSi è affrontata il sovranismo imperante dall'avvento del Trump Revenge qui\r\n\r\n ","11 Maggio 2025","2025-05-14 00:54:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 08/05/2025 - IL NUOVO ASSE MILITARE PARIGI BERLINO VARSAVIA A DIFESA DAGLI USA DI TRUMP MENTRE ESPLODE LA REGIONE INDO-PAKISTANA.",1746964824,[392],[358],{"post_content":569},{"matched_tokens":570,"snippet":571,"value":572},[71],"con i territori controllati da \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> che cavalcano le paure dell’orso","In questa puntata \"Bastioni di Orione\" torna a toccare vari punti dell'orbe terraqueo che sono in qualche modo collegati tra loro. 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Ma anche il dinamismo polacco in materia militare e il conseguente avvicinamento delle due caserme Nato nell'Europa centrorientale: Germania e Polonia sono rivali per il primato militare in Europa e si alleano all'unica potenza nucleare del continente, sfruttando le paure scatenate da una Russia apparentemente aggressiva, anche se non avrebbe interesse a invadere Alessandro Ajres allude a una \"libido\" putiniana in un delirio di espansione imperiale, la paura del quale forse la società polacca ha introiettato in questi anni di destra estrema, alternati a centrodestra, che hanno sviluppato lo sviluppo economico per foraggiare l'industria bellica.\r\n\r\n\r\n\r\nNé India, né Pakistan trovano convenienza in uno scontro frontale ora sulla ottantennale \"questione del Kashmir\", eppure sta avvenendo ed è… esplosiva, nel senso che entrambe sono dotate di armamenti nucleari. 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Le conseguenze non possono che essere le risposte reciproche più violente dalla creazione del Bangla Desh dal Pakistan Orientale.\r\nE a fronte di un evento di portata così storica le reazioni internazionali o i tentativi di interposizione per arrivare a una pacificazione dell’area sono risibili da parte di tutte le potenze globali, peraltro difficilmente potrebbero venire accettate dai rispettivi nazionalismi dei contendenti. La Cina si è offerte come mediatrice, appalesando un interesse precipuo alla composizione del conflitto, benché sia chiaro che l’interesse di Pechino è il mantenimento del territorio pakistano, storico alleato e indispensabile corridoio per la Belt Road Initiative; facendo da contrappeso all’immediato sostegno di Israele alla rappresaglia indiana, tanto assimilabile alla reazione assassina dell’entità sionista a Gaza.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/7IBzky3YF9FknUxHEN6yWV?si=bHv964OURDqoJY5k3qRDSA\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Innesco-e-propaganda-in-Kashmir_Miavaldi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast sull'Estremo oriente si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nTusk partecipa ai summit sul destino della guerra con Merz e Macron, a dimostrazione della sua potenza militare che sfida la preminenza europea dei due partner, esaltando il nazionalismo di matrice romantica mai realmente venuto meno al paese, che negli ultimi 2/3 decenni ha raddoppiato il pil e livellato i tassi di povertà delle componenti sociali. Sottoposto questo paesaggio ad Alessandro Ajres, ci ha fatto notare come questo sia potuto accadere in seguito all’alternanza al potere dei rappresentanti della sacca rurale retriva e conservatrice che vota l'estrema destra del PiS e di quelli del centro destra liberal-conservatore che trova i propri consensi nelle metropoli e nei bacini minerari e navali. La matrice militare e reazionaria – sempre meno sfumata in entrambi i campi dalla forza della chiesa cattolica, che ha disperso la potenza data dal fanatismo dei tempi wojtyliani – si fonda su una produzione industriale a basso costo, e l’importanza della posizione geografica, che la pone tra quegli stati europei a ridosso del confine con i territori controllati da \u003Cmark>Mosca\u003C/mark> che cavalcano le paure dell’orso russo e le fomentano per spostare capitali statali verso il settore bellico (che drena il 5 per cento del pil ormai da anni).\r\nQuesta situazione pone la Polonia nella condizione di incalzare la potenza militare tedesca e la sua preminenza nel mettere a disposizione territorio e basi missilistiche al sistema di guerra occidentale; e questa spirale le consente inoltre di essere il faro della fazione degli impauriti baltici, inserendosi nella tradizione deel destre nazionaliste dell'Esteuropa. Ed è in questo contesto che diventa interessante vedere come anziché scontrarsi sembra che Polonia e Germania uniscano le loro forze per sostenere una politica europea a loro immagine.\r\nLa Polonia e i suoi fratelli comprende sia le repubbliche baltiche, sia gli altri stati ex sovietici, in cui la recrudescenza antirussa ha prodotto frange sempre più ampie di nostalgie fasciste che impastano un po' tutta la regione di nazionalismi fanatici, più che romantici.\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/gli-assi-di-potere-europei-inglobano-la-polonia--66032024\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/La-Polonia-e-i-suoi-fratelli_Ajres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti relativi alla regione pannonica, balcanica e caucasica si trovano qui\r\n\r\nCon Giangiacomo Migone che fra le altre cose ha insegnato storia dell'America del nord all'università di Torino ,parliamo delle fratture all'interno della società americana e della crisi di egemonia di cui l'elezione di Trump è la conseguenza. Trump si è rivolto ad un altro elettorato ,la parte dei bianchi americani impoveriti dalla globalizzazione che ha mangiato i posti di lavoro che sono stati delocalizzati altrove .Trump prende atto che gli USA nonostante la potenza militare non sono più l'egemone e la sua visione incarna la nostalgia della grandezza americana che vorrebbe far rivivere nonostante la concorrenza della Cina che ha invece una percezione multipolare del mondo.\r\nNonostante la torsione autoritaria che è incarnata dalla politica trumpiana ci sono delle resistenze all'interno del tessuto sociale americano che si manifestano nelle università ,nell'opposizione dei tribunali ai decreti del presidente che non considera i contrappesi istituzionali e si concretizzano anche nelle affollate piazze che stanno seguendo il tour contro l'oligarchia del senatore Sanders e di Alexandra Ocasio Cortez. 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