","Libia. Nuova minaccia salafita","post",1540306529,[57,58,59,60,61,62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/al-saidi/","http://radioblackout.org/tag/al-sarraj/","http://radioblackout.org/tag/ambasciata/","http://radioblackout.org/tag/cirenaica/","http://radioblackout.org/tag/conferenza-di-palermo/","http://radioblackout.org/tag/haftar/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/perrone/","http://radioblackout.org/tag/tripolitania/",[21,25,27,23,31,17,15,19,29],{"post_content":68,"tags":74},{"matched_tokens":69,"snippet":72,"value":73},[70,71],"al","Saidi","Oggi è a Roma Ali \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>Saidi\u003C/mark>, deputato del Parlamento libico con","La conferenza del 12 e 13 novembre promossa a Palermo dal governo italiano ha un percorso sempre più in salita. Forte è il rischio di defezioni importanti come quella di Haftar, il signore della Cirenaica appoggiato dalla Francia, che ambisce a prendere il controllo anche della Tripolitania, dove il governo \u003Cmark>Al\u003C/mark> Sarraj, appoggiato dall'Italia, è sempre più debole, ostaggio delle milizie.\r\nOggi è a Roma Ali \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>Saidi\u003C/mark>, deputato del Parlamento libico con sede a Tobruk, membro della commissione Interni assai vicino a Khalifa Haftar. \u003Cmark>Al\u003C/mark> \u003Cmark>Saidi\u003C/mark>, è nella capitale come inviato del presidente del Parlamento.\r\n\r\nLa partecipazione di Haftar è sempre meno probabile, mentre è pressoché certo che non ci sarà il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh. \u003Cmark>Al\u003C/mark> \u003Cmark>Saidi\u003C/mark> qualche giorno fa aveva detto che «Questa conferenza non farà altro che acuire la crisi libica perché ci sono paesi come l’Italia che fanno di tutto per proseguirla».\r\n\r\nLa posizione dell'Italia si è molto indebolita con il nuovo governo. Il ministro dell'Interno Salvini non gode delle robuste maniglie di cui godeva Minniti, che, come viceministro aveva avuto per anni la delega ai servizi segreti, che sono i reali gestori degli accordi in un paese governato da logiche tribali e controllato da potenti milizie.\r\nAll'ambasciata italiana a Tripoli manca da mesi l'ambasciatore Perrone, esibitosi in diretta TV in dichiarazioni che hanno dimostrato la sua conoscenza dell'arabo ma anche una scarsa accortezza diplomatica. Perrone aveva dichiarato che i libici non erano maturi per elezioni a dicembre. Le proteste di piazza e e bandiere tricolori bruciate avevano indotto il governo a richiamarlo.\r\n\r\nParlando \u003Cmark>al\u003C/mark> sito web «\u003Cmark>al\u003C/mark> Wasat», \u003Cmark>Al\u003C/mark> \u003Cmark>Saidi\u003C/mark>, deputato eletto nel distretto di Wadi \u003Cmark>al\u003C/mark> Shati, regione storica meridionale del Fezzan, ha chiesto che venga riaperto il consolato d’Italia a Bengasi e che venga attuato il progetto per realizzare l’arteria stradale ovest-est tra Ras Jedir, valico \u003Cmark>al\u003C/mark> confine con la Tunisia, e Musaid, vicino \u003Cmark>al\u003C/mark> confine con l’Egitto. In particolare è il primo lotto dell’arteria su cui si punta, quello dal confine egiziano a Bengasi, grazie a cui migliorerebbe il flusso delle merci ma anche la sicurezza in Cirenaica. Una commessa da un miliardo di dollari in cui sono coinvolte alcune aziende italiane come Salini Impregilo.\r\n\r\nQuestione di affari, ma anche di politica, vista la presenza di milizie salafite nella zona, peraltro alleate con il \"laico\" Haftar.\r\n\r\nAltre milizie salafite sono tra quelle che controllano Tripoli e sono attive anche a Misurata.\r\nIl gioco delle alleanze potrebbe favorirne l'ascesa. Dopo l'Isis la partita con i salafiti sarebbe quindi tutt'altro che chiusa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesca Mannocchi, giornalista free lance, più volte inviata in Libia, autrice di articoli e corrispondenze per l'Espresso, la7, \u003Cmark>al\u003C/mark> Jazeera.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 10 23 libia mannocchi",[75,79,83,85,87,89,91,93,95],{"matched_tokens":76,"snippet":78},[70,77],"saidi","\u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>saidi\u003C/mark>",{"matched_tokens":80,"snippet":82},[81],"Al","\u003Cmark>Al\u003C/mark> Sarraj",{"matched_tokens":84,"snippet":27},[],{"matched_tokens":86,"snippet":23},[],{"matched_tokens":88,"snippet":31},[],{"matched_tokens":90,"snippet":17},[],{"matched_tokens":92,"snippet":15},[],{"matched_tokens":94,"snippet":19},[],{"matched_tokens":96,"snippet":29},[],[98,104],{"field":32,"indices":99,"matched_tokens":100,"snippets":103},[43,14],[101,102],[70,77],[81],[78,82],{"field":105,"matched_tokens":106,"snippet":72,"value":73},"post_content",[70,71],1157451471441625000,{"best_field_score":109,"best_field_weight":110,"fields_matched":111,"num_tokens_dropped":43,"score":112,"tokens_matched":111,"typo_prefix_score":43},"2211897868544",13,2,"1157451471441625194",6646,{"collection_name":54,"first_q":21,"per_page":115,"q":21},6,{"facet_counts":117,"found":171,"hits":172,"out_of":377,"page":14,"request_params":378,"search_cutoff":33,"search_time_ms":110},[118,146],{"counts":119,"field_name":143,"sampled":33,"stats":144},[120,123,126,129,131,133,135,137,139,141],{"count":121,"highlighted":122,"value":122},12,"I Bastioni di Orione",{"count":124,"highlighted":125,"value":125},10,"anarres",{"count":127,"highlighted":128,"value":128},4,"La fine della Fine della storia",{"count":111,"highlighted":130,"value":130},"Harraga",{"count":111,"highlighted":132,"value":132},"frittura mista",{"count":111,"highlighted":134,"value":134},"cattivi pensieri",{"count":14,"highlighted":136,"value":136},"19e59",{"count":14,"highlighted":138,"value":138},"defendkurdistan",{"count":14,"highlighted":140,"value":140},"liberation front",{"count":14,"highlighted":142,"value":142},"il colpo del strega","podcastfilter",{"total_values":145},15,{"counts":147,"field_name":32,"sampled":33,"stats":169},[148,150,152,155,157,159,161,163,165,167],{"count":121,"highlighted":149,"value":149},"Bastioni di Orione",{"count":127,"highlighted":151,"value":151},"Siria",{"count":153,"highlighted":154,"value":154},3,"Stati Uniti",{"count":111,"highlighted":156,"value":156},"iraq",{"count":111,"highlighted":158,"value":158},"Iran",{"count":111,"highlighted":160,"value":160},"libano",{"count":111,"highlighted":162,"value":162},"guerra",{"count":111,"highlighted":164,"value":164},"Israele",{"count":111,"highlighted":166,"value":166},"grande gioco",{"count":111,"highlighted":168,"value":168},"arabia saudita",{"total_values":170},65,42,[173,205,228,262,290,319],{"document":174,"highlight":191,"highlights":197,"text_match":200,"text_match_info":201},{"comment_count":43,"id":175,"is_sticky":43,"permalink":176,"podcastfilter":177,"post_author":178,"post_content":179,"post_date":180,"post_excerpt":49,"post_id":175,"post_modified":181,"post_thumbnail":182,"post_title":183,"post_type":184,"sort_by_date":185,"tag_links":186,"tags":189},"99949","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-18-09-2025-la-svolta-dellattacco-sionista-a-doha-rivolte-e-intrighi-nella-contorta-estate-in-sudest-asiatico-il-gerd-etiope-alleanze-in-corno-dafrica-e-lassedio-medievale/",[122],"info2","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; 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La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; 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sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio \u003Cmark>al\u003C/mark> nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> si sono rivolti \u003Cmark>al\u003C/mark> Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. 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Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco \u003Cmark>al\u003C/mark> mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad \u003Cmark>Al\u003C/mark> Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo \u003Cmark>al\u003C/mark> Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie \u003Cmark>al\u003C/mark> potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[198],{"field":105,"matched_tokens":199,"snippet":195,"value":196},[194,70],1157451367959232500,{"best_field_score":202,"best_field_weight":203,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":43,"score":204,"tokens_matched":111,"typo_prefix_score":153},"2211847340032",14,"1157451367959232625",{"document":206,"highlight":218,"highlights":224,"text_match":200,"text_match_info":227},{"comment_count":43,"id":207,"is_sticky":43,"permalink":208,"podcastfilter":209,"post_author":178,"post_content":210,"post_date":211,"post_excerpt":49,"post_id":207,"post_modified":212,"post_thumbnail":213,"post_title":214,"post_type":184,"sort_by_date":215,"tag_links":216,"tags":217},"54212","http://radioblackout.org/podcast/genova-sul-blocco-dei-portuali-alla-nave-bahri-yanbu-una-corrispondenza-con-un-lavoratore/",[134],"Con un lavoratore del porto di Genova ricostruiamo la mobilitazione vincente che ha portato ieri al blocco del carico di materiale bellico sulla nave saudita Bahri Yanbu, già al centro delle proteste negli scali portuali di Le Havre e Santander.\r\n\r\nLa lotta, partita dalla base dei lavoratori, ha inceppato efficacemente per una volta un ingranaggio chiave della macchina bellica e messo bene in luce il funzionamento delle catene globali della guerra, in cui l'industria italiana degli armamenti riveste un ruolo di primo piano.\r\n\r\nLe mobilitazioni a Genova continuano durante la settimana con uno sciopero dei portuali indetto per questo giovedì 23 maggio e con una concomitante mobilitazione antifascista in risposta all'annunciato comizio di Casapound in città.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la corrispondenza:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/Genova.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","21 Maggio 2019","2019-05-21 16:16:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/genova-200x110.jpg","Genova: sul blocco dei portuali alla nave Bahri Yanbu - 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Ci facciamo aiutare da Laura Silvia Battaglia, giornalista e documentarista esperta della penisola araba che ha seguito a lungo anche le vicende yemenite.\r\n\r\nL'Arabia Saudita di Bin Salman si presenta forte della potenza finanziaria del suo fondo sovrano e della società che gestisce le ricchezze petrolifere del paese Aramco,che ormai estende i suoi interessi anche verso l'Asia meridionale .Il faraonico progetto della Vision 2030 che ha come obiettivo anche quello di diversificare le fonti dell'economia saudita e di modernizzare il paese ,per quanto ridimensionato, costituisce il volano con il quale Bin Salman vuole proiettare un' immagine diversa del paese come elemento di stabilità che tenga insieme gli USA ,Russia e Cina dialogando al contempo con lo storico rivale persiano. L'Arabia Saudita guarda anche con interesse al Libano dopo l'elezione di Aoun come presidente e l'indebolimento di Hezbollah e alla Siria mirando a diventare un nodo decisionale che non si puo' ignorare . Forte dei rapporti che lo legano a Trump Bin Salman sta giocando una partita globale, non a caso gli incontri tra le delegazioni russe e americane si sono tenuti a Riyad ,ma non solo sul piano diplomatico anche su quello economico come dimostra la quasi adesione ai BRICS, l'emissioni di obbligazioni in euro per sostenere il progetto \"Vision 2030\" , il mancato rinnovo dell'accordo relativo al pagamento del petrolio in dollari Usa, promosso cinquanta anni fa tra gli Stati Uniti d’America e l’Arabia Saudita . Il principe trova l'opposizione delle correnti conservatrici legate ai valori tradizionale ma è sostenuto dalla maggioranza della popolazione giovane che aspira ad uno stile di vita in linea con le modernizazioni promesse da Bin Salman.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI27022025-BATTAGLIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMatteo Palamidesse ,giornalista di Focus on Africa ,ci racconta della situazione che ha trovato in Tigray devastato dall guerra civile . Nella regione manca il carburante ,le file ai distributori sono infinite e il prezzo della benzina è arrivato al cambio attuale a quasi 2 euro al litro ,con conseguenze devastanti per il trasporto pubblico che è praticamente fermo. Al di fuori delle città si vedono le conseguenze delle devastazioni provocate dalla guerra ,impianti produttivi danneggiati e chiusi ,con migliaia di persone che hanno perso il lavoro ,molti vagano traumatizzati dalle violenze del conflitto per le strade ,i giovani tentano di andarsene verso la penisola arabica o verso l'Europa intraprendendo viaggi pericolsi che spesso si concludono tragicamente. Si prova a riaprire le scuole ma la gestione dei giovani alunni traumatizzati perchè orfani o perchè ex combattenti è estremamente complessa mentre emergono i dati raccapriccianti delle vittime degli stupri ,usati dalle milizie combattenti come arma contro la popolazione civile .Nonostante questo quadro drammatico la popolazione cerca di ricostruire senza aspettare aiuti che tardano ad arrivare , si ricostituisce un tessuto di solidarietà e sostegno reciproco per sanare le ferite della guerra .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/bastioni-27022025-palamidesse.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Vita Lo Russo attivista e giornalista che vive a Berlino , parliamo delle elezioni tedesche in particolare dell'influenza sull'esito del voto delle mobilitazioni di massa contro AFD ,la composizione del voto per la Linke che inaspettatamente ha raddoppiato i consensi ,l'ambiguità di fondo delle posizioni di certa sinistra tedesca rispetto alla condanna dei crimini sionisti a Gaza e nei territori occupati. A 36 anni dalla caduta del muro l'esito di queste elezioni con il successo della destra di AFD nei laender orientali ,rimanda al fallimento sostanziale del processo di unificazione vissuto ad est come un' annessione forzata a suon di trasferimento di risorse economiche ed umane che però non hanno contribuito alla crescita delle regioni orientali. Con Vita parliamo anche dell'impatto della riunificazione sulla vita delle persone che vivevano nella DDR.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONE-27022025-GERMANIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Laura Schrader ,giornalista e studiosa della questione kurda ,parliamo degli Yazidi in occasione di una mostra che si terrà da sabato 1 marzo al polo del '900 sulla comunità yezidae lo spazio sacro. Il popolo degli yazidi è stato vittima di varie persecuzioni a causa della sua religione eterodossa e l'ultimo tentativo di genocidio è stato perpretato dall'Isis nell'agosto del 2014 nella regione irachena nord occidentale di Sinjar, nel giro di poche settimane più di 5000 persone furono uccise mentre donne e bambini furono ridotti in schiavitù. Un decennio dopo il massacro risultano ancora disperse 2600 persone e molte fosse comuni non sono ancora stae scavate , il massacro ha provocato circa 350000 profughi costretti a fuggire. Con Laura parliamo anche della situazione nel Rojava e dell'attacco delle milizie filo turche contro la diga di Tishrin difesa dalla popolazione del luogo e dai combattenti curdi. Il nuovo governo siriano ,nonostante il maquillage democratico ,è espressione degli integralisti islamici e controllato dalla Turchia che ha come obiettivo quello di cancellare la presenza curda nel nord est e cancellare l'esperienza dell'Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale che vuole costruire una Siria laica e multietnica.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/Bastioni-27022025-schrader.mp3\"][/audio]","1 Marzo 2025","2025-03-01 12:14:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 27/02/2025- ARABIA SAUDITA: MBS E LE ASPIRAZIONI DI POTENZA GLOBALE -TIGRAY: LE FERITE DELLA GUERRA - GERMANIA DOPO LE ELEZIONI -YAZIDI UN POPOLO PERSEGUITATO.",1740831265,[187],[149],{"post_content":243,"post_title":248},{"matched_tokens":244,"snippet":246,"value":247},[245,70],"Saudita","lo storico rivale persiano. 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A 36 anni dalla caduta del muro l'esito di queste elezioni con il successo della destra di AFD nei laender orientali ,rimanda \u003Cmark>al\u003C/mark> fallimento sostanziale del processo di unificazione vissuto ad est come un' annessione forzata a suon di trasferimento di risorse economiche ed umane che però non hanno contribuito alla crescita delle regioni orientali. Con Vita parliamo anche dell'impatto della riunificazione sulla vita delle persone che vivevano nella DDR.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONE-27022025-GERMANIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Laura Schrader ,giornalista e studiosa della questione kurda ,parliamo degli Yazidi in occasione di una mostra che si terrà da sabato 1 marzo \u003Cmark>al\u003C/mark> polo del '900 sulla comunità yezidae lo spazio sacro. 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Il nuovo governo siriano ,nonostante il maquillage democratico ,è espressione degli integralisti islamici e controllato dalla Turchia che ha come obiettivo quello di cancellare la presenza curda nel nord est e cancellare l'esperienza dell'Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale che vuole costruire una Siria laica e multietnica.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/Bastioni-27022025-schrader.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":249,"snippet":251,"value":251},[250],"SAUDITA","BASTIONI DI ORIONE 27/02/2025- ARABIA \u003Cmark>SAUDITA\u003C/mark>: MBS E LE ASPIRAZIONI DI POTENZA GLOBALE -TIGRAY: LE FERITE DELLA GUERRA - GERMANIA DOPO LE ELEZIONI -YAZIDI UN POPOLO PERSEGUITATO.",[253,255],{"field":105,"matched_tokens":254,"snippet":246,"value":247},[245,70],{"field":256,"matched_tokens":257,"snippet":251,"value":251},"post_title",[250],1157451367825014800,{"best_field_score":260,"best_field_weight":203,"fields_matched":111,"num_tokens_dropped":43,"score":261,"tokens_matched":111,"typo_prefix_score":153},"2211847274496","1157451367825014898",{"document":263,"highlight":280,"highlights":285,"text_match":258,"text_match_info":288},{"comment_count":43,"id":264,"is_sticky":43,"permalink":265,"podcastfilter":266,"post_author":125,"post_content":267,"post_date":268,"post_excerpt":269,"post_id":264,"post_modified":270,"post_thumbnail":271,"post_title":272,"post_type":184,"sort_by_date":273,"tag_links":274,"tags":278},"10050","http://radioblackout.org/podcast/gli-stati-uniti-e-la-seduzione-salafita/",[125],"L’attacco al consolato statunitense a Bengasi e l’uccisione dell’ambasciatore Chris Stevens, uno degli uomini che più si era speso nell’appoggio alla rivolta della Cirenaica contro il governo di Muammar Gheddafi, è l’emblema delle crescenti difficoltà di Washington a gestire le relazioni con alleati, che non esitano a mordere la mano che li ha sospinti al potere.\r\nDalla relazione ambigua e pericolosa con il Pakistan all’appoggio ai volontari della jhad al seguito del carismatico milionario saudita Osama bin Laden, sino al pantano afgano, dove gli USA non controllano a pieno neppure il proprio uomo di paglia, l’azzimato e sfuggente Hamid Karzai, la scelta di appoggiare formazioni islamiche, sia moderate che integraliste, si è rivelata un vero boomerang per l’amministrazione oggi guidata da Barack Obama.\r\nIl Grande Gioco del dopo muro di estendere la propria influenza nelle aree controllate dall’impero sovietico e, quindi, di contrastare regimi autoritari ma laici, non è stato giocato nel migliore dei modi dagli Stati Uniti. D’altro canto la crescente influenza cinese in Africa e in Oriente non lascia troppo spazio di manovra all’Impero americano. Un chiaro segno di decadenza.\r\n\r\nNe abbiamo discusso con Stefano Capello.\r\n\r\nAscolta l’intervista: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/09/2012-09-14-capello-USA-salafiti.mp3|titles=2012 09 14 capello USA salafiti]\r\n\r\nScarica il file\r\n\r\nD’altro canto il gelido inverno che sta avvolgendo come un sudario le primavere arabe ci interroga sull’urgenza di dare linfa ad un internazionalismo degli oppressi e degli sfruttati, che sappia mettere i bastoni tra le ruote agli integralisti. Una scommessa non facile. Ne parleremo nella puntata di anarres di venerdì 21 settembre.","15 Settembre 2012","L’attacco al consolato statunitense a Bengasi e l’uccisione dell’ambasciatore Chris Stevens, uno degli uomini che più si era speso nell’appoggio alla rivolta della Cirenaica contro il governo di Muammar Gheddafi, è l’emblema delle crescenti difficoltà di Washington a gestire le relazioni con alleati, che non esitano a mordere la mano che li ha sospinti al potere.\r\nDalla relazione ambigua e pericolosa con il Pakistan all’appoggio ai volontari della jhad al seguito del carismatico milionario saudita Osama bin Laden, sino al pantano afgano, dove gli USA non controllano a pieno neppure il proprio uomo di paglia, l’azzimato e sfuggente Hamid Karzai, la scelta di appoggiare formazioni islamiche, sia moderate che integraliste, si è rivelata un vero boomerang per l’amministrazione oggi guidata da Barack Obama.\r\nIl Grande Gioco del dopo muro di estendere la propria influenza nelle aree controllate dall’impero sovietico e, quindi, di contrastare regimi autoritari ma laici, non è stato giocato nel migliore dei modi dagli Stati Uniti. 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L’attacco, già dato per certo giovedì scorso, potrebbe avvenire tra poche ore o essere ancora rimandato.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Stefano, un compagno che segue con attenzione le questioni geopolitiche.\r\nAscolta il suo intervento:\r\n2013 08 30 stefano siria\r\n\r\nL’unico dato certo è la difficoltà dell’amministrazione statunitense a mettere insieme una coalizione che lo appoggi nella scelta di bombardare. Solo la Francia di Hollande pare entusiasta della prospettiva di partecipare all’ennesima avventura bellica. Nemmeno gli scarsi risultati dell’attacco alla Libia hanno convinto i francesi che l’epoca della grandeur coloniale è definitivamente tramontata per loro. L’ambizione a (ri)mettere mano sugli antichi domini in medio oriente è forte al punto che Hollande ha dichiarato che l’attacco potrebbe avvenire persino prima del pronunciamento del parlamento subalpino.\r\nSi è invece sfilata la Gran Bretagna dopo la bocciatura in parlamento. Evidentemente le relazioni con la Russia, madrina del regime di Assad, devono aver avuto il loro peso nell’allargare la distanza tra le due sponde dell’Atlantico.\r\nL’Italia, nonostante il ministro Bonino sia tradizionalmente sbilanciata verso gli Stati Uniti, mantiene un profilo bassissimo, reclamando un improbabile quadro di legalità nel quale inserire la missione come precondizione persino per la concessione delle basi. Ovviamente, vista la presenza di importanti basi militari statunitensi e Nato nel nostro paese, quella di Bonino è una foglia di fico, che tuttavia segnala una scarsa propensione ad un impegno diretto contro la Siria. È bene ricordare che militari italiani sono schierati con la forza di “pace” in Libano: un eventuale coinvolgimento in Siria del governo italiano difficilmente resterebbe senza risposta da parte degli hezbollah shiti libanesi, che in Siria combattono a fianco degli alauiti di Basher Assad. Gli hezbollah hanno stretti rapporti con l’Iran, paese con il quale l’Italia ha intensi scambi commerciali.\r\nÈ significativo che, diversamente dalla copertura unanime alla fandonia sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, la grande stampa italiana non si sia sbilanciata nell’accreditare la strage al gas nervino a Damasco.\r\nLeggete per esempio l’articolo di Francesca Borri su La Stampa – peraltro molto interessante sia per la cronaca che per l’analisi. Oppure quello di Giuseppe Ferrari – molto esplicito nel supporre una montatura – sul Corriere della Sera.\r\nUna guerra per la Siria non sarebbe certo un buon affare per gli interessi dell’Italia. Ben diversa era la situazione in Libia, dove gli attacchi francesi, inglesi e statunitensi rischiavano di compromettere seriamente gli interessi dell’ENI nel paese, nonché di far saltare i preziosi accordi di outsourcing della gestione dei flussi migratori. Una esternalizzazione preziosa perché affidata ad un regime che non doveva piegarsi ai fastidiosi limiti imposti dalla formale adesione ad accordi sui diritti umani o di asilo. L’intervento contro l’amico Gheddafi ha consentito all’Italia di mantenere le proficue relazioni commerciali con il paese.\r\n\r\nL’altro importante attore in campo, la Turchia, ha invece un grosso interesse ad una vittoria dell’esercito libero sostenuta da Ankara, che nella prospettiva neo ottomana di Erdogan, si candida da tempo a potenza regionale in campo sunnita. Se a questo si aggiunge che nelle regioni curde del nord est siriano si è rafforzata la fazione vicina al PKK, che di fatto lavorano per un’autonomia territoriale dei villaggi, proteggendoli dagli attacchi dei due contendenti in campo, l’interesse turco alla guerra è molto chiaro.\r\n\r\nIn quanto all’intervento statunitense è probabile che manterrà le caratteristiche indicate da Obama, di azione punitiva di breve durata. Sebbene per gli interessi statunitensi la caduta di un alleato forte della Russia e dell’Iran sarebbe del tutto auspicabile, l’affermarsi di una coalizione eterogenea dominata da Al Quaeda e dalle forze salafite appoggiate dall’Arabia Saudita e dai Fratelli Musulmani sostenuti da Qatar e Turchia, non è certo una prospettiva che favorirebbe gli interessi degli Stati Uniti e di Israele, pur sempre un importante alleato nell’area.\r\nL’analisi del politologo statunitense Edward Luttwak ci pare la più credibile. Luttwak, in un articolo uscito il 24 agosto sul New York Times, sostiene che la prospettiva migliore per gli Stati Uniti sia il prolungarsi di una guerra che riduca in macerie la Siria, indebolendo enormemente Assad, senza tuttavia abbatterne il regime. Luttwak suggerisce quindi ad Obama di non intervenire.\r\nInteressante in merito anche l’editoriale odierno di Panebianco sul Corriere.\r\nD’altra parte, proprio nella prospettiva indicata da Luttwak, se gli Stati Uniti non intervengono Assad potrebbe riprendere il controllo del paese: alcuni bombardamenti mirati potrebbero indebolirlo, garantendo il prolungarsi della guerra. E dei morti. Bruciati dalle bombe all’uranio impoverito di cui sono dotate le portaerei statunitensi, sparati dai fucili dell’esercito libero o da quelli di Assad. Gasati o smembrati dalle bombe. Che differenza fa?","31 Agosto 2013","2018-10-17 23:05:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/08/Siria-guerra-200x110.jpg","Siria. 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Una esternalizzazione preziosa perché affidata ad un regime che non doveva piegarsi ai fastidiosi limiti imposti dalla formale adesione ad accordi sui diritti umani o di asilo. L’intervento contro l’amico Gheddafi ha consentito all’Italia di mantenere le proficue relazioni commerciali con il paese.\r\n\r\nL’altro importante attore in campo, la Turchia, ha invece un grosso interesse ad una vittoria dell’esercito libero sostenuta da Ankara, che nella prospettiva neo ottomana di Erdogan, si candida da tempo a potenza regionale in campo sunnita. Se a questo si aggiunge che nelle regioni curde del nord est siriano si è rafforzata la fazione vicina \u003Cmark>al\u003C/mark> PKK, che di fatto lavorano per un’autonomia territoriale dei villaggi, proteggendoli dagli attacchi dei due contendenti in campo, l’interesse turco alla guerra è molto chiaro.\r\n\r\nIn quanto all’intervento statunitense è probabile che manterrà le caratteristiche indicate da Obama, di azione punitiva di breve durata. 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Luttwak suggerisce quindi ad Obama di non intervenire.\r\nInteressante in merito anche l’editoriale odierno di Panebianco sul Corriere.\r\nD’altra parte, proprio nella prospettiva indicata da Luttwak, se gli Stati Uniti non intervengono Assad potrebbe riprendere il controllo del paese: alcuni bombardamenti mirati potrebbero indebolirlo, garantendo il prolungarsi della guerra. E dei morti. Bruciati dalle bombe all’uranio impoverito di cui sono dotate le portaerei statunitensi, sparati dai fucili dell’esercito libero o da quelli di Assad. Gasati o smembrati dalle bombe. 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Il segno del bisogno di dare giustificazione ad un possibile intervento armato da parte dei soliti gendarmi mondiali autonominati.\r\n\r\nLa partita che vede al centro la Siria ha come protagonisti i sauditi e, non ultimi, i francesi. Sull'altro fronte troviamo la Russia di Putin, poco disponibile a cedere il proprio avamposto nel mediterraneo, come dimostra la recente notizia dell'arrivo di nuove navi da guerra nella base russa di Tartus in Siria.\r\nPiù prudente l'atteggiamento di Israele, per il quale la Siria della famiglia Assad, alauiti del laico partito Baas, la versione siriana dell'iracheno Baath, è stata per lunghi anni un buon \"nemico\". Sebbene il conflitto per le alture del Golan e per il controllo delle risorse idriche non sia sia mai chiuso dalla guerra dei sei giorni, tuttavia la Siria non ha mai spinto troppo per rompere la tregua degli ultimi 40 anni.\r\nLa crisi siriana trascina inevitabilmente con se anche il Libano, paese nel quale la Siria ha esercitato una fortissima pressione.\r\n\r\nSulle prospettive di un intervento armato in Siria abbiamo discusso con Stefano Capello, autore, tra gli altri, de \"Oltre il giardino\".\r\n\r\nAscolta l'intervento di Stefano: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/06/2012-06-09-stefano-capello-siria.mp3|titles=2012 06 09 stefano capello siria]\r\n\r\nscarica l'audio","20 Giugno 2012","La guerra civile in Siria, che pure costa la vita a migliaia di persone, ha anche un risvolto mediatico, che conferma l'importanza dell'informazione nella determinazione o fin'anche nella costruzione a tavolino di narrazioni utili ai propri fini politici.\r\nCome non ricordare i cadaveri dei torturati della polizia segreta del dittatore Nicolae Ceausescu esibiti a prova della ferocia del regime e della legittimità della rivolta popolare.\r\nCeausescu era indubbiamente un macellaio, la cui fama in repressione e orrori non era certo usurpata, tuttavia resta il fatto che l'ansia mediatica di \"mostrare\" la fisicità dell'orrore finì con il mettere in scena i cadaveri prelevati da un ospedale dopo l'autopsia.\r\nNel caso della crisi siriana non vi sono dubbi sul rango di macellaio di Assad, nondimeno le notizie diffuse su alcuni massacri paiono del tutto improbabili. Il segno del bisogno di dare giustificazione ad un possibile intervento armato da parte dei soliti gendarmi mondiali autonominati.\r\n\r\nLa partita che vede al centro la Siria ha come protagonisti i sauditi e, non ultimi, i francesi. Sull'altro fronte troviamo la Russia di Putin, poco disponibile a cedere il proprio avamposto nel mediterraneo, come dimostra la recente notizia dell'arrivo di nuove navi da guerra nella base russa di Tartus in Siria.\r\nPiù prudente l'atteggiamento di Israele, per il quale la Siria della famiglia Assad, alauiti del laico partito Baas, la versione siriana dell'iracheno Baath, è stata per lunghi anni un buon \"nemico\". Sebbene il conflitto per le alture del Golan e per il controllo delle risorse idriche non sia sia mai chiuso dalla guerra dei sei giorni, tuttavia la Siria non ha mai spinto troppo per rompere la tregua degli ultimi 40 anni. \r\nLa crisi siriana trascina inevitabilmente con se anche il Libano, paese nel quale la Siria ha esercitato una fortissima pressione.\r\n\r\nSulle prospettive di un intervento armato in Siria abbiamo discusso con Stefano Capello, autore, tra gli altri, de \"Oltre il giardino\".","2018-10-17 22:11:12","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/06/dopo-la-libia-tocca-alla-siria--200x110.jpg","La battaglia dell’informazione e la crisi siriana",1340155905,[332,333,334,335,336,337,304,338],"http://radioblackout.org/tag/arabia-saudita/","http://radioblackout.org/tag/francia/","http://radioblackout.org/tag/guerra-dellinformazione/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/libano/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/usa/",[168,340,341,164,160,342,151,343],"francia","guerra dell'informazione","russia","USA",{"post_content":345,"tags":349},{"matched_tokens":346,"snippet":347,"value":348},[70,194],"autonominati.\r\n\r\nLa partita che vede \u003Cmark>al\u003C/mark> centro la Siria ha come protagonisti i \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e, non ultimi, i francesi.","La guerra civile in Siria, che pure costa la vita a migliaia di persone, ha anche un risvolto mediatico, che conferma l'importanza dell'informazione nella determinazione o fin'anche nella costruzione a tavolino di narrazioni utili ai propri fini politici.\r\nCome non ricordare i cadaveri dei torturati della polizia segreta del dittatore Nicolae Ceausescu esibiti a prova della ferocia del regime e della legittimità della rivolta popolare.\r\nCeausescu era indubbiamente un macellaio, la cui fama in repressione e orrori non era certo usurpata, tuttavia resta il fatto che l'ansia mediatica di \"mostrare\" la fisicità dell'orrore finì con il mettere in scena i cadaveri prelevati da un ospedale dopo l'autopsia.\r\nNel caso della crisi siriana non vi sono dubbi sul rango di macellaio di Assad, nondimeno le notizie diffuse su alcuni massacri paiono del tutto improbabili. 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