","Turchia. Dal Bakur al Rojava","post",1458665793,[64,65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/autonomia/","http://radioblackout.org/tag/bakur/","http://radioblackout.org/tag/newrozu/","http://radioblackout.org/tag/rojava/",[69,18,70,22],"autonomia","newrozù",{"post_content":72,"post_title":77,"tags":80},{"matched_tokens":73,"snippet":75,"value":76},[74],"Bakur","il punto sulla situazione in \u003Cmark>Bakur\u003C/mark> e in Rojava, dovo la","Il Newroz, festa di libertà per i kurdi, che ricordano in questo primo giorno di primavera la ribellione contro l'oppressione assira, la liberazione dal tiranno Dehak, ucciso dal fabbro Kawa, è stato vietato dal governo turco. Nonostante i divieti, le repressione, le piazze blindate i lacrimogeni e gli idranti, in tutte le zone di lingua kurda il Newroz è stato festeggiato.\r\nE' stata per noi l'occasione di fare il punto sulla situazione in \u003Cmark>Bakur\u003C/mark> e in Rojava, dovo la proclamazione di autonomia all'interno di una Siria federale, dei tre cantoni del Rojava.\r\nLa reazione di Erdogan è stata immediata: le frontiere già sigillate da mesi per le persone, sono state chiuse del tutto anche per gli scambi commerciali.\r\nIeri lo stesso Erdogan ha attaccato l'Unione Europea, per aver rifiutato di creare una zona cuscinetto per i profughi nel nord della Siria, dando così il via libera all'invasione turca del Kurdistan siriano.\r\nLa Russia, nonostante l'alleanza sul campo, è nettamente schierata con il governo Assad, gli Stati Uniti, che pure rifiutano di considerare terroriste le milizie curde in Siria, non hanno dato alcun riconoscimento ai cantoni del Rojava.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Ferat.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-03-22-ferat-rojava",{"matched_tokens":78,"snippet":79,"value":79},[74],"Turchia. 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Pochi giorni fa Mehmet Tunç, co- presidente dell’ Assemblea popolare di Cizre, ha parlato a una stazione televisiva dal seminterrato di un edificio a Cizre, dove molte persone ferite erano state intrappolate: “La situazione non è come come viene descritta nei media. C’è un massacro a Cizre, siamo di fronte ad un genocidio. Tutte le case sono state bombardate, i serbatoi vengono distrutti. Le armi utilizzate contro i nemici sono utilizzate contro il proprio popolo da parte del governo dell’AKP e dello Stato turco. C’è una tragedia in atto a Cizre. Da 60 giorni ormai la gente è senza pane e acqua. Solo 10 mila personesono rimaste su una popolazione di 120. Lo Stato ha spostato con la forza la gente, politiche simili sono state realizzate nel 1990. 4.000 villaggi sono stati rasi al suolo e le persone sono state spostate a Cizre. I villaggi sono stati evacuati per annientare il PKK. Ora stanno evacuando le città per annientare il PKK\", così diceva Tunç, ora è tra le decine di morti non contabilizzabili, perché ambulanze e soccorsi vengono tenuti distanti e solo oggi sono stati trasportat negli obitorii i resti di alcune dele vittimie del genocidio compiuto dalle truppe di Erdogan, perché per restare impuniti e non lascaire prove dell'uso di armi chimiche, cremano i corpi dei morti (a volte bruciano anche i vivi) .\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo sentito Mrtina del Coordinamento Toscano per il Kurdistan e della rete Kurdistan per avere un quadro più chiaro di quello che sta avvenendo in Bakur: un'analisi precisa che inchioda alle sue responsabilità non solo lo stato turco, ma anche la Comunità europea, sorda agli appelli, muta nel denunciare e cieca riguardo all'efferatezza dei crimini del prezioso alleato Erdogan.\r\n\r\nAl termine dell'audio allegato Martina ci ha elencato la serie di appuntamenti organizzati per mobilitare quante più persone sensibili alla questione kurda possibile in questo momento di massacro indiscriminato di civili.\r\n\r\nUnknown","12 Febbraio 2016","2016-02-16 16:31:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/2016-02-12_cizri-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"193\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/2016-02-12_cizri-300x193.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/2016-02-12_cizri-300x193.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/2016-02-12_cizri.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Cantine tombali in Bakur: un massacro invisibile",1455277494,[65,122,123,124,125,126],"http://radioblackout.org/tag/cantine/","http://radioblackout.org/tag/cizre/","http://radioblackout.org/tag/coprifuoco/","http://radioblackout.org/tag/erdogan/","http://radioblackout.org/tag/kurdi/",[18,128,129,130,25,31],"cantine","cizre","coprifuoco",{"post_content":132,"post_title":136,"tags":139},{"matched_tokens":133,"snippet":134,"value":135},[74],"di morte sui civili del \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, il Sudest della Turchia, abitato dai","Non c’è stata alcuna notizia per i molti giorni in cui lo stillicidio dei carri armati che cingono d'assedio i quartieri di Cizre hanno tenuto intrappolati in cantina decine di kurdi, durante le operazioni militari autorizzate da Erdogan il giorno dopo le elezioni, che danno mandato di vita e di morte sui civili del \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, il Sudest della Turchia, abitato dai Kurdi che vi hanno dato luogo a comunità solidali, come nel vicino Rojava.\r\n\r\nLe persone di Cizre hanno trasformato i loro corpi in scudi contro i carri armati, i mortai, lanciafiamme, e lanciarazzi. 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Erdogan ha deciso di sferrare un attacco alla popolazione del Bakur, la parte meridionale del paese, quella abitata da persone di lingua curda.\r\nIn questi mesi l'imposizione continua del coprifuoco, gli arresti di massa degli attivisti più noti, l'occupazione militare delle zone che, dopo i primi attacchi armati, hanno proclamato l'autonomia, centinaia sono i morti, i feriti, migliaia i prigionieri politici.\r\nLe immagini delle case crivellate di colpi, dei corpi degli uccisi, dei guerriglieri torturati e umiliati sono affidate ai social media. La narrazione degli eventi passa attraverso quanto filtra dai curdi della diaspora, dalle reti solidali, mentre l'informazione main stream, specie in Italia, ha scelto un silenzio fragoroso, indecente.\r\nA pochi giorni dalla giornata della memoria una riflessione si impone. Il silenzio sul Bakur, non ricorda sin troppo bene quello sui lager nazisti, la cui “verità” emerse solo a guerra finita?\r\nIn Bakur si sta sperimentando una forma di autogoverno territoriale, che punta sul rifiuto dello Stato nazione, delle frontiere, delle divisioni tra i popoli.\r\n\r\nIl nazionalismo curdo, che per decenni è stato al centro delle rivendicazioni del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, formazione marxista leninista classica, è ormai tramontato, il PKK ha subito una profonda mutazione culturale, che per certi aspetti richiama l'esperienza delle comunità chiapaneche insorte nel 1994.\r\nIn un patchwork in cui di Marx resta ben poco, mentre si affacciano nella borsa degli attrezzi Bakunin e, soprattutto, il teorico dell'ecologia sociale statunitense Murray Bookchin, in Bakur, come sulle montagne dell'Iraq e in Rojava si costruisce una società ecologica, che mira all'eguaglianza e propone una modello di mediazione del conflitto antiautoritario, basato su forme di autogoverno territoriale, in cui centrale è il superamento dell'oppressione femminile.\r\n\r\nUn esperienza concreta intollerabile per il Califfato di Raqqa come per progetto di egemonia in chiave neo-ottomana di Recep Erdogan.\r\nLa resistenza vittoriosa contro le truppe dell'ISIS a Kobane, il crescere della solidarietà internazionale, il rinforzarsi della lotta in Turchia, la stessa affermazione elettorale dell'HDP, hanno messo fine alla tregua che durava da decenni, scatenando tutta la potenza di uno degli eserciti più forti della NATO contro la popolazione civile curda.\r\nLa posta in gioco è chiara: il disciplinamento violento di un'area, che stava, nei fatti realizzando una sottrazione progressiva dal controllo dello Stato turco.\r\n\r\nNel silenzio sulla strage in Bakur sono partiti i negoziati di Ginevra 3 sulla Siria, cui i rappresentanti del Rojava, inizialmente invitati, sono stati tenuti fuori, per la ferma opposizione della Turchia.\r\n\r\nE' di questi giorni la notizia che una delegazione di statunitensi, britannici e francesi si è recata a Kobane per concordare la strategia di lotta all'ISIS.\r\nGli Stati Uniti, finanziatori dell'ISIS in chiave anti Assad, oggi siedono ad un tavolo con la Turchia a Ginevra e inviano emissari in Rojava.\r\nNel grande gioco mediorientale, l'amministrazione statunitense, prova a giocare una doppia partita sul filo del rasoio. Da un lato il mantenimento dell'alleanza strategica con la Turchia, dall'altro il ridimensionamento del ruolo della Russia, che dopo l'intervento diretto in Siria, per la prima volta da decenni si riaffaccia sul Mediterraneo.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Ferat, un sostenitore del confederalismo democratico, che da qualche anno vive nel nostro paese.\r\nFerat ha anche fatto il resoconto della giornata di informazione e lotta di sabato 30 gennaio a Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-02-02-bakur-ferat","2 Febbraio 2016","2016-02-04 12:56:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/bakur-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"199\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/bakur-300x199.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/bakur-300x199.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/bakur.jpeg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Bakur. 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Tra l'autunno del 2014 e l'inverno del 2015 la lunga e vittoriosa resistenza dei miliziani e delle miliziane del Rojava contro lo Stato Islamico ha forato il muro che avvolge i media main stream.\r\n\r\nLe milizie del Rojava controllano buona parte del confine tra la Siria e la Turchia, chiudendo di fatto il passaggio alle truppe dell'Isis, appoggiate per anni dal governo turco, che aveva garantito loro il passaggio di armi, volontari e approvvigionamenti.\r\n\r\nIl Rojava, esperienza anomala nello scontro di potenza, che ha trasformato la Siria in un cumulo di macerie, si trova in posizione nevralgica, nello scontro durissimo tra le aree di influenza shiite e quelle sunnite, tra Russia e Stati Uniti, tra il califfo di Raqqa e quello di Ankara, in un'area nevralgica per la produzione petrolifera e per la definizione del prezzo dell'oro nero.\r\n\r\nDa luglio il governo turco ha rotto gli indugi proclamando il coprifuoco in numerose città a quartieri del Bakur, la regione a sud-est della Turchia, abitata in prevalenza da popolazioni di lingua curda.\r\n\r\nDa dicembre l'esercito turco attacca con artiglieria pesante e cannoni le città del Bakur, dove, in risposta alla repressione e agli arresti di massa, è stato proclamata l'autonomia.\r\n\r\nLa gente resiste agli attacchi, nonostante l'enorme divario di forze. In questi giorni nel fragoroso silenzio dei media italiani, il governo turco sta massacrando la popolazione di Cezir e Sur, da 70 giorni sotto assedio. Hanno abbattuto le case con l’artiglieria e bruciato gli abitanti, hanno lasciato morire dissanguati i feriti, impedendo alle ambulanze di avvicinarsi. Hanno ammazzato centinaia di persone che si erano rifugiate nelle cantine.\r\nSui social media hanno pubblicato le foto di donne curde denudate, torturate orrendamente e infine uccise.\r\nLe città e i paesi del Bakur sotto attacco rappresentano un’esperienza di autogoverno che non vuole farsi Stato, perché aspira ad un mondo senza frontiere.\r\nUn affronto che Erdogan non può tollerare. Un affronto che nessun governo, nessuno Stato può tollerare.\r\n\r\nCerta sinistra avvezza a considerare il nazionalismo uno strumento di emancipazione, fa fatica a comprendere l'importanza dell'esperienza del Rojava, dove i curdi, pur in maggioranza, lavorano fianco a fianco con i turcomanni, gli assiri, gli armeni, e le minoranze religiose cristiana e yezida.\r\n\r\nI vari cantoni del Rojava difendono la propria autonomia ma non possono fare a meno di stringere alleanze con chi nell'area ha lo stesso nemico. E' una questione di sopravvivenza che spesso alle nostre latitudini è mal compresa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Daniele, buon conoscitore delle esperienze di autogoverno in Rojava e in Bakur, autore, negli anni di opuscoli di approfondimento.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-02-16-daniele-autogoverno","16 Febbraio 2016","2016-02-18 11:54:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/cizir-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/cizir-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/cizir-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/cizir.jpg 669w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Rojava tra guerra e rivoluzione",1455637812,[240,65,125,241,67,242,182,243],"http://radioblackout.org/tag/autogoverno/","http://radioblackout.org/tag/guerra-globale/","http://radioblackout.org/tag/siria/","http://radioblackout.org/tag/ypg/",[35,18,25,245,22,20,15,246],"guerra globale","YPG",{"post_content":248,"tags":252},{"matched_tokens":249,"snippet":250,"value":251},[74],"numerose città a quartieri del \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, la regione a sud-est della","In Siria si sta combattendo una guerra di proporzioni globali, dove le alleanze e le narrazioni degli eventi sono a declinazione variabile.\r\nAll'interno di questo scacchiere ci sono i cantoni del Rojava, dove nel 2012, profittando della vacanza dei poteri centrali, è stato proclamato l'autogoverno. Tra l'autunno del 2014 e l'inverno del 2015 la lunga e vittoriosa resistenza dei miliziani e delle miliziane del Rojava contro lo Stato Islamico ha forato il muro che avvolge i media main stream.\r\n\r\nLe milizie del Rojava controllano buona parte del confine tra la Siria e la Turchia, chiudendo di fatto il passaggio alle truppe dell'Isis, appoggiate per anni dal governo turco, che aveva garantito loro il passaggio di armi, volontari e approvvigionamenti.\r\n\r\nIl Rojava, esperienza anomala nello scontro di potenza, che ha trasformato la Siria in un cumulo di macerie, si trova in posizione nevralgica, nello scontro durissimo tra le aree di influenza shiite e quelle sunnite, tra Russia e Stati Uniti, tra il califfo di Raqqa e quello di Ankara, in un'area nevralgica per la produzione petrolifera e per la definizione del prezzo dell'oro nero.\r\n\r\nDa luglio il governo turco ha rotto gli indugi proclamando il coprifuoco in numerose città a quartieri del \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, la regione a sud-est della Turchia, abitata in prevalenza da popolazioni di lingua curda.\r\n\r\nDa dicembre l'esercito turco attacca con artiglieria pesante e cannoni le città del \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, dove, in risposta alla repressione e agli arresti di massa, è stato proclamata l'autonomia.\r\n\r\nLa gente resiste agli attacchi, nonostante l'enorme divario di forze. In questi giorni nel fragoroso silenzio dei media italiani, il governo turco sta massacrando la popolazione di Cezir e Sur, da 70 giorni sotto assedio. Hanno abbattuto le case con l’artiglieria e bruciato gli abitanti, hanno lasciato morire dissanguati i feriti, impedendo alle ambulanze di avvicinarsi. Hanno ammazzato centinaia di persone che si erano rifugiate nelle cantine.\r\nSui social media hanno pubblicato le foto di donne curde denudate, torturate orrendamente e infine uccise.\r\nLe città e i paesi del \u003Cmark>Bakur\u003C/mark> sotto attacco rappresentano un’esperienza di autogoverno che non vuole farsi Stato, perché aspira ad un mondo senza frontiere.\r\nUn affronto che Erdogan non può tollerare. Un affronto che nessun governo, nessuno Stato può tollerare.\r\n\r\nCerta sinistra avvezza a considerare il nazionalismo uno strumento di emancipazione, fa fatica a comprendere l'importanza dell'esperienza del Rojava, dove i curdi, pur in maggioranza, lavorano fianco a fianco con i turcomanni, gli assiri, gli armeni, e le minoranze religiose cristiana e yezida.\r\n\r\nI vari cantoni del Rojava difendono la propria autonomia ma non possono fare a meno di stringere alleanze con chi nell'area ha lo stesso nemico. 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In poco più di due mesi sono oltre 100 i civili (uomini, donne, anziani e bambini) uccisi dalle forze speciali turche, numerose città sono state sottoposte al coprifuoco, polizia e militari assediano, torturano e massacrano la in un crescendo di orrori.\r\nLe barbarie contro i civili vanno avanti anche oggi in un silenzio assordante.\r\nInoltre quasi 3000 persone sono state arrestate con l'accusa di essere militanti o simpatizzanti del PKK. Nel mirino c’è il partito dei popoli democratici (HDP), che alle elezioni di primavera è riuscito a superare lo sbarramento elettorale del 10%. Molti sindaci sono stati sollevati dal loro incarico e incarcerati per “appartenenza ad un organizzazione terroristica”.\r\nNel mirino c’è comunque un’esperienza di autogoverno locale, che dal Rojava al Bakur dimostra nei fatti che lo Stato e i confini, possono essere superati da una pratica che ne fa a meno, liberandosi delle logiche nazionaliste ed escludenti, come dalla pretesa di sottomettere la società ai dicktat religiosi.\r\n\r\nIl vero terrorista è Erdogan. In questi mesi sono state ampiamente dimostrare le collusioni di settori dei servizi segreti e dell'esercito turco con miliziani dell'ISIS, ampiamente sostenuta dalla Turchia con il passaggio di armi e rifornimenti.\r\nIl 31 ottobre e il 1° novembre sono state lanciate due giornata di mobilitazione a livello internazionale per sostenere la resistenza kurda\r\n\r\nAnche Torino il 31 ottobre ci sarà una manifestazione. Dalle 10 presidio - Ore 14:30 corteo -\r\nAppuntamento all’ex Stazione Ceres - Corso Giulio Cesare ang. via Andreis - Porta Palazzo\r\n\r\nAbbiamo parlato della situazione nell’area con Daniele e con Giulio.\r\n\r\nAscolta la diretta con Daniele:\r\n\r\n2010-10-27-daniele-kurdistan\r\n\r\nAscolta la diretta con Giulio:\r\n\r\n2010-10-27-giulio-kurdistan","28 Ottobre 2015","2015-10-30 11:47:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/kurdistan-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"240\" height=\"159\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/kurdistan.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Torino. 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La cancellazione del patrimonio culturale kurdo è vista come il completamento dell'esproprio del territorio: un raffinamento dell'ossessione turca, avversa alla lingua e cultura kurda da sempre negata per sopraffare l'etnia diversa.\r\n\r\nI metodi usati sono riconducibili a quelli adottati dagli israeliani nei confronti dei palestinesi, in particolare nei territori occupati e a Gerusalemme Est e permettono di assimilare anche le resistenze dei due popoli, inquadrando all'interno del contesto resistenziale il simbolismo della carcerazione priva di contatti con l'esterno di Ocalan, reso totalmente fantasma nel momento in cui il processo di pacificazione è stato interrotto.\r\n\r\nPerciò abbiamo sentito Carmine Malinconico, ora appartenente al pool degli avvocati di Ocalan (e a suo tempo di Mandela), membro della rete italiana per il Kurdistan\r\n\r\n \r\n\r\nUnknown","22 Aprile 2016","2016-04-26 19:08:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/2016-04-22_postcard-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/2016-04-22_postcard-300x200.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/2016-04-22_postcard-300x200.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/2016-04-22_postcard-768x512.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/2016-04-22_postcard-1024x682.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/2016-04-22_postcard.jpeg 1100w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Espropri, demolizioni, ghetti: pulizia culturale turca",1461326660,[65,341,342,126,343],"http://radioblackout.org/tag/diyarbakir/","http://radioblackout.org/tag/espropri/","http://radioblackout.org/tag/pulizia-culturale/",[18,345,346,31,347],"diyarbakir","espropri","pulizia culturale",{"tags":349},[350,352,354,356,358],{"matched_tokens":351,"snippet":85},[18],{"matched_tokens":353,"snippet":345},[],{"matched_tokens":355,"snippet":346},[],{"matched_tokens":357,"snippet":31},[],{"matched_tokens":359,"snippet":347},[],[361],{"field":38,"indices":362,"matched_tokens":363,"snippets":365},[50],[364],[18],[85],{"best_field_score":105,"best_field_weight":106,"fields_matched":93,"num_tokens_dropped":50,"score":367,"tokens_matched":93,"typo_prefix_score":50},"578730123365711977",6646,{"collection_name":61,"first_q":18,"per_page":17,"q":18},8,{"facet_counts":372,"found":30,"hits":394,"out_of":450,"page":93,"request_params":451,"search_cutoff":39,"search_time_ms":17},[373,381],{"counts":374,"field_name":379,"sampled":39,"stats":380},[375,377],{"count":93,"highlighted":376,"value":376},"anarres",{"count":93,"highlighted":378,"value":378},"frittura mista","podcastfilter",{"total_values":30},{"counts":382,"field_name":38,"sampled":39,"stats":393},[383,385,387,389,391],{"count":93,"highlighted":384,"value":384},"senzaconfine",{"count":93,"highlighted":386,"value":386},"dino frisullo",{"count":93,"highlighted":388,"value":388},"macerie-su-macerie",{"count":93,"highlighted":390,"value":390},"presentazione libro",{"count":93,"highlighted":392,"value":392},"in cammino con gli ultimi",{"total_values":24},[395,427],{"document":396,"highlight":414,"highlights":419,"text_match":422,"text_match_info":423},{"comment_count":50,"id":397,"is_sticky":50,"permalink":398,"podcastfilter":399,"post_author":400,"post_content":401,"post_date":402,"post_excerpt":56,"post_id":397,"post_modified":403,"post_thumbnail":404,"post_title":405,"post_type":406,"sort_by_date":407,"tag_links":408,"tags":413},"85620","http://radioblackout.org/podcast/presentazione-del-libro-su-dino-frisullo/",[378],"fritturamista"," \r\n\r\nDurante questa puntata speciale presentiamo il libro:\r\n\r\n\"In cammino con gli ultimi. 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Dalle prime esperienze politiche e di militanza baresi fino al medio oriente passando per la dirigenza di Avanguardia Operaia e poi Democrazia Proletaria o nell'impegno nelle lotte ambientaliste, antimilitariste e sindacali. Sempre attento alle vicende internazionali, dalla Palestina al Kurdistan e a quelle delle persone migranti. Nel libro è possibile riannodare i fili che portano all'origine dei movimenti antirazzisti in Italia, che Frisullo con altri pionieri ha contribuito a mettere in moto. Poi c'è il coordinamento antirazzista nazionale, l'opposizione senza compromessi ai centri di detenzione amministrativa per migranti. Frisullo vede nei nuovi arrivati dei compagni di lotta e intuisce che l'antirazzismo non può essere per i migranti, ma solo con loro.\r\n\r\nLa sua caparbietà inflessibile e irritante non concede sconti a nessuno e permette di cambiare il pragmatismo necessario alla pratica dell’obiettivo con la capacità di restare sempre e comunque dalla parte giusta della storia. Senza doppi fini o interessi personali. Ed è la lezione forse più grande che Frisullo lascia in eredità: a chi ci \r\n\r\nha fatto un pezzo di strada insieme, a chi lo ha conosciuto solo indirettamente e anche a chi, grazie a questo libro, potrà incontrarlo per la prima volta.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Speciale-presentazione-del-libro-In-cammino-con-gli-ultimi.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nLink di approfondimento:\r\n\r\n \r\n\r\n Descrizione del libro e acquisto online:\r\n\r\nhttps://www.redstarpress.it/prodotto/in-cammino-con-gli-ultimi/\r\n\r\n \r\n\r\nPresentazione del libro il 20 giugno 2023 alla Protomoteca del Campidoglio a Roma:\r\n\r\nhttps://www.radioradicale.it/scheda/700548/presentazione-del-libro-in-cammino-con-gli-ultimi-dino-frisullo-storia-di-un-militante\r\n\r\n \r\n\r\nIl Sito sul 20° anniversario di Dino:\r\nDino Frisullo, 2003-2023 (vent'anni dopo...)\r\n\r\nhttp://www.mesopotamia-ita.com/Dino_Frisullo_2003_2023/index.htm\r\n\r\n \r\n\r\nTutto su Dino:\r\n\r\nhttp://www.mesopotamia-ita.com/Dino_2003/index.html\r\n\r\n \r\n\r\nDocumentario \"Il corpo di Dino\":\r\n\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=6JRH277YGF8\r\n\r\n \r\n\r\nIntervista a Dino Frisullo Migrazioni e Permanenze Roma dicembre 2002:\r\n\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=B9qsRAQg7Mo\r\n\r\n \r\n\r\nAssociazione Senzaconfine:\r\n\r\nhttps://associazionesenzaconfine.wordpress.com/\r\nPagina su Dino dell’Associazione Senzaconfine:\r\nhttps://associazionesenzaconfine.wordpress.com/dino-frisullo-2/\r\n\r\n \r\n\r\nPS: il libro lo trovate nelle distro di movimento tra cui quella di Radio Blackout in via Cecchi 21/A, Torino.","6 Dicembre 2023","2023-12-06 18:24:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/dino-200x110.jpg","PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU DINO FRISULLO","podcast",1701886521,[409,410,411,412],"http://radioblackout.org/tag/dino-frisullo/","http://radioblackout.org/tag/in-cammino-con-gli-ultimi/","http://radioblackout.org/tag/presentazione-libro/","http://radioblackout.org/tag/senzaconfine/",[386,392,390,384],{"post_content":415},{"matched_tokens":416,"snippet":417,"value":418},[74],"dello stato turco contro il \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, il Kurdistan in Turchia, devastato"," \r\n\r\nDurante questa puntata speciale presentiamo il libro:\r\n\r\n\"In cammino con gli ultimi. 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Edizioni Red Star Press, 2023 - 358 pagine)\r\n\r\nCon in studio:\r\n\r\nAlessia Montuori (dell'associazione Senzaconfine) e Aldo Canestrari.\r\n\r\nCon in diretta telefonica:\r\n\r\nAshraf Haj Yahya (della comunità Palestinese che ha conosciuto Dino) e Yilmaz Orkan dell'associazione Uiki (della comunità Curda che ha conosciuto Dino).\r\n\r\nCurato e condotto da:\r\n\r\n\r\nLo staff della trasmissione Frittura Mista alias Radio Fabbrica\r\n\r\n \r\n\r\nDino ha dato un nome alle cose.\r\nE da quei nomi ha fatto partire esperienze che sono sopravvissute alla sua vita diventando dei riferimenti delle lotte di migranti e richiedenti asilo in Italia.\r\n\r\nHa dato un nome al piazzale dove si trova a Roma il Centro Ararat (centro nazionale di tutto l'attivismo del popolo Curdo): Largo Frisullo.\r\n\r\nHa dato un nome alle barche dei migranti \"Frisonullo\": gli stessi migranti Curdi negli anni novanta scrivevano il suo nome con la vernice sulle barche... alle denunce che il treno per la pace «Musa Anter» nel 1997 portava agli occhi del mondo: gli abusi dello stato turco contro il \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, il Kurdistan in Turchia, devastato da una campagna militare che ha raso al suolo interi villaggi... al Newroz di Diyarbakir represso nel sangue... tutto pagato da Dino a caro prezzo con la detenzione per quaranta giorni in Turchia.\r\n\r\n \r\n\r\nI fili della sua vita li tesse l'associazione Senzaconfine in questo libro a 20 anni dalla morte, il 5 giugno 2003 a Perugia.\r\n\r\nLeggendo il libro si nota che in ognuno dei passaggi compiuti da Dino, in tutte le terre attraversate e le battaglie ideate/condivise emerge l'impellenza di un approccio superiore al piano nazionale: LA BATTAGLIA è DI TUTTI O NON LO è. Dalle prime esperienze politiche e di militanza baresi fino al medio oriente passando per la dirigenza di Avanguardia Operaia e poi Democrazia Proletaria o nell'impegno nelle lotte ambientaliste, antimilitariste e sindacali. Sempre attento alle vicende internazionali, dalla Palestina al Kurdistan e a quelle delle persone migranti. Nel libro è possibile riannodare i fili che portano all'origine dei movimenti antirazzisti in Italia, che Frisullo con altri pionieri ha contribuito a mettere in moto. Poi c'è il coordinamento antirazzista nazionale, l'opposizione senza compromessi ai centri di detenzione amministrativa per migranti. Frisullo vede nei nuovi arrivati dei compagni di lotta e intuisce che l'antirazzismo non può essere per i migranti, ma solo con loro.\r\n\r\nLa sua caparbietà inflessibile e irritante non concede sconti a nessuno e permette di cambiare il pragmatismo necessario alla pratica dell’obiettivo con la capacità di restare sempre e comunque dalla parte giusta della storia. Senza doppi fini o interessi personali. Ed è la lezione forse più grande che Frisullo lascia in eredità: a chi ci \r\n\r\nha fatto un pezzo di strada insieme, a chi lo ha conosciuto solo indirettamente e anche a chi, grazie a questo libro, potrà incontrarlo per la prima volta.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Speciale-presentazione-del-libro-In-cammino-con-gli-ultimi.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nLink di approfondimento:\r\n\r\n \r\n\r\n Descrizione del libro e acquisto online:\r\n\r\nhttps://www.redstarpress.it/prodotto/in-cammino-con-gli-ultimi/\r\n\r\n \r\n\r\nPresentazione del libro il 20 giugno 2023 alla Protomoteca del Campidoglio a Roma:\r\n\r\nhttps://www.radioradicale.it/scheda/700548/presentazione-del-libro-in-cammino-con-gli-ultimi-dino-frisullo-storia-di-un-militante\r\n\r\n \r\n\r\nIl Sito sul 20° anniversario di Dino:\r\nDino Frisullo, 2003-2023 (vent'anni dopo...)\r\n\r\nhttp://www.mesopotamia-ita.com/Dino_Frisullo_2003_2023/index.htm\r\n\r\n \r\n\r\nTutto su Dino:\r\n\r\nhttp://www.mesopotamia-ita.com/Dino_2003/index.html\r\n\r\n \r\n\r\nDocumentario \"Il corpo di Dino\":\r\n\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=6JRH277YGF8\r\n\r\n \r\n\r\nIntervista a Dino Frisullo Migrazioni e Permanenze Roma dicembre 2002:\r\n\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=B9qsRAQg7Mo\r\n\r\n \r\n\r\nAssociazione Senzaconfine:\r\n\r\nhttps://associazionesenzaconfine.wordpress.com/\r\nPagina su Dino dell’Associazione Senzaconfine:\r\nhttps://associazionesenzaconfine.wordpress.com/dino-frisullo-2/\r\n\r\n \r\n\r\nPS: il libro lo trovate nelle distro di movimento tra cui quella di Radio Blackout in via Cecchi 21/A, Torino.",[420],{"field":101,"matched_tokens":421,"snippet":417,"value":418},[74],578730123365187700,{"best_field_score":424,"best_field_weight":425,"fields_matched":93,"num_tokens_dropped":50,"score":426,"tokens_matched":93,"typo_prefix_score":50},"1108091338752",14,"578730123365187697",{"document":428,"highlight":441,"highlights":446,"text_match":422,"text_match_info":449},{"comment_count":50,"id":429,"is_sticky":50,"permalink":430,"podcastfilter":431,"post_author":376,"post_content":432,"post_date":433,"post_excerpt":56,"post_id":429,"post_modified":434,"post_thumbnail":435,"post_title":436,"post_type":406,"sort_by_date":437,"tag_links":438,"tags":440},"37456","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-23-settembre-megalopoli-gentrification-resistenza-popolare-e-architettura-rojava-retate-al-campo-rom-casa-pound-non-sbarca-in-barriera-bayer-assorbe-monsanto/",[376],"Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[439],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[388],{"post_content":442},{"matched_tokens":443,"snippet":444,"value":445},[74],"alla Turchia per bombardare il \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, l'Italia è inoltre il maggior","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il \u003Cmark>Bakur\u003C/mark>, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. 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