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Altri quattro compagni erano stati arrestati e condotti in carcere. Due di loro nel frattempo erano stati trasferiti ai domiciliari. Nel mirino della magistratura la partecipazione ad un picchetto anti-sfratto dello scorso 2 maggio in via Baltea.\r\n\r\nI compagni e le compagne, che sono accusat* di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale, hanno deciso di violare le misure imposte dal tribunale di Torino, rimarcando la propria decisione con un corteo che si è svolto lo scorso venerdì. Questa mattina alle 6 all'Asilo la polizia è intervenuta in forze bloccando le strade e buttando giù le porte. Alcuni occupanti sono saliti sul tetto e ci sono rimasti sino alla conclusione dell'operazione repressiva. Sei compagni sono stati condotti in questura. Due di loro sono stati portati ai domiciliari mentre gli altri quattro sono attualmente in carcere. A firmare il provvedimento è stato il PM Andrea Padalino e la GIP Loretta Bianco, entrambi già protagonisti di numerose operazioni repressive contro gli anarchici.\r\n\r\nGiovedì 15 dicembre alle 9,30 al tribunale di Torino è stata fissata l'udienza del riesame per tutti e 13 i compagni. L'udienza sarà a porte chiuse. Di fronte al tribunale è stato indetto un presidio di solidarietà.\r\n\r\nAbbiamo effettuato un collegamento a caldo con Carla, compagna dell'Asilo Occupato.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-12-13-carla-arrestisfrattiasilo\r\n\r\nSuccessivamente abbiamo ascoltato la voce di Francesca di Macerie, appena trasferita ai domiciliari.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-12-13-francesca-arrestisfrattiasilo",{"matched_tokens":81,"snippet":82,"value":82},[21],"Torino. 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Sono stati distribuiti cinque obblighi di firma, un arresto domiciliare e due arresti effettivi (Donato e Stefano si trovano attualmente al carcere Le Vallette). Stefano ci ritorna per la seconda volta in due mesi, perché era già stato arrestato per il picchetto in via Baltea.\r\nLe accuse di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, violenza privata e lesioni, si riferiscono alla lotta contro uno sfratto dello scorso 14 ottobre. Said, Kadija e i loro tre figli avevano vissuto per diversi anni al numero 51 di corso Regina Margherita, finché Said ha perso il lavoro e non è più riuscito a pagare l'affitto. Il loro appartamento è del celebre palazzinaro Giorgio Molino, il \"ras delle soffitte\", proprietario di più di 1850 appartamenti nel capoluogo piemontese, di 200 ettari di terreno agricolo, palazzi, negozi e perfino di una caserma. In quella giornata d'autunno un presidio permanente di solidali si oppose all'attuazione del procedimento coatto. Il blocco impedì ai furgoni e agli operai di Molino di portare via il mobilio della famiglia sfrattata e li riportò in casa. Le forze dell’ordine caricarono pesantemente per liberare l’entrata dell’alloggio. Ne seguirono scontri, con di barricate di cassonetti rovesciati e fronteggiamenti, per impedire l’avanzata della celere. Nei giorni successivi ci fu una protesta al consiglio comunale per tentare un'improbabile mediazione con la giunta pentastellata, che anche in questa occasione ha dimostrato nella pratica la continuità con la giunta PD, il proprio vero volto, dove una maschera gioviale cela meschinità e una profonda sete di potere, che si sazia nella guerra ai poveri, nella sofferenza degli sfruttati.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dana\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017-01-03-dana-lottacontrosfratti","3 Gennaio 2017","2017-01-09 11:31:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/sfratto4-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/sfratto4-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/sfratto4-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/sfratto4-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/sfratto4-1024x683.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torino. 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Tutto si collega: il palazzo di giustizia, il carcere, lo Iaad, la Holden, la Giunta in continuità, il SanPaolo (col suo grattacielo) e i proprietari di case (suoi clienti).\r\n\r\nDomenica alle 16 ci sarà un saluto ai 4 ingabbiati per un picchetto antisfratto minimizzato persino dall'ufficiale giudiziario e finito in burla per l'occupazione dell'alloggio da parte dell'avvocato che rappresentava il 2 maggio la proprietà sfrattante: un esempio di come possa capitare solo a un anarchico (anzi a quattro) e forse solo a Torino di finire in galera per la pronuncia della violentissima frase: «Questo è un abuso» (e l'oltraggio – ma forse sarebbe sufficiente anche una multa per passaggio con il semaforo rosso – vale come recidiva).\r\n\r\nVenerdì mattina ne abbiamo parlato con Gabrio, uno dei nove compagni con il divieto di dimora, di queste e altre problematiche collegate alla nuova ondata di restrizioni inventate di sana pianta da Andrea Padalino con la succube Loretta Bianco, gip incredibilmente sempre assegnata come complice alla coppia di pm con l'elmetto. 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Soprattutto in vista del terzo martedì del mese (domani 22 gennaio) quando nuovamente sono previste numerosissime resistenze in tutta la città, in particolare in Barriera di Milano e San Paolo.\r\n\r\nFabio ci racconta com'è andata la giornata di sabato e in particolare ci spiega la composizione dei partecipanti. Stay tuned su radio Blackout dalle primissime ore del mattino di domani per seguire e partecipare a una nuova giornata di lotta e resistenza.\r\n\r\n \r\n\r\nsfratti 22 e corteo 19","21 Gennaio 2013","2013-01-24 21:44:40","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/01/basta-sfratti-torino-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"275\" height=\"183\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/01/basta-sfratti-torino.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Corteo Basta Sfratti per le vie di Barriera di Milano",1358775128,[],[],{"post_content":303,"post_title":307},{"matched_tokens":304,"snippet":305,"value":306},[21],"che è possibile opporsi agli \u003Cmark>sfratti\u003C/mark> e bloccarne l'esecuzione con picchetti","Sabato a Torino un animato corteo si è mosso per le vie di Barriera di Milano e Porta Palazzo per dire ancora una volta che è possibile opporsi agli \u003Cmark>sfratti\u003C/mark> e bloccarne l'esecuzione con picchetti e resistenze. 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Stay tuned su radio Blackout dalle primissime ore del mattino di domani per seguire e partecipare a una nuova giornata di lotta e resistenza.\r\n\r\n \r\n\r\n\u003Cmark>sfratti\u003C/mark> 22 e corteo 19",{"matched_tokens":308,"snippet":311,"value":311},[309,310],"Basta","Sfratti","Corteo \u003Cmark>Basta\u003C/mark> \u003Cmark>Sfratti\u003C/mark> per le vie di Barriera di Milano",[313,315],{"field":107,"matched_tokens":314,"snippet":311,"value":311},[309,310],{"field":110,"matched_tokens":316,"snippet":305,"value":306},[21],1157451471441100800,{"best_field_score":319,"best_field_weight":320,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":49,"score":321,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":49},"2211897868288",15,"1157451471441100922",{"document":323,"highlight":338,"highlights":351,"text_match":317,"text_match_info":361},{"cat_link":324,"category":325,"comment_count":49,"id":326,"is_sticky":49,"permalink":327,"post_author":52,"post_content":328,"post_date":329,"post_excerpt":55,"post_id":326,"post_modified":330,"post_thumbnail":331,"post_thumbnail_html":332,"post_title":333,"post_type":60,"sort_by_date":334,"tag_links":335,"tags":337},[46],[48],"10417","http://radioblackout.org/2012/10/resistenza-agli-sfratti-tra-cortei-picchetti-e-intimidazioni-poliziesche/","Nel pomeriggio di sabato 13 ottobre, un corteo di un centinaio abbondante tra sfrattati e solidali ha attraversato le strade nella Barriera di Milano a Torino. Fermandosi nei punti più significativi della giornata di resistenza del 18 settembre, i manifestanti hanno scandito slogan come “Basta sfratti” e “La casa si prende, l’affitto non si paga\". Martedì 16 ottobre è di nuovo ora di fare i conti con una nuova scadenza fissata dagli ufficiali giudiziari. La Polizia questa volta gioca d'anticipo, e si presenta a casa di alcuni sfrattandi (ripetutamente ed anche in ore serali), cercando di fiaccare la loro volontà di resistere allo sfratto con la minaccia di revoca del permesso di soggiorno ed altre intimidazioni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato questa mattina con Francesco, dell'assemblea contro gli sfratti di Barriera di Milano e Porta Palazzo.\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/10/No-sfratti.mp3\"] Scarica l'audio della diretta","15 Ottobre 2012","2025-09-24 22:01:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/10/Sfratti-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"258\" height=\"195\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/10/Sfratti.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Resistenza agli sfratti, tra cortei, picchetti e intimidazioni poliziesche",1350324009,[336],"http://radioblackout.org/tag/sfratti-picchetti-porta-palazzo/",[36],{"post_content":339,"post_title":344,"tags":347},{"matched_tokens":340,"snippet":342,"value":343},[309,341],"sfratti”","manifestanti hanno scandito slogan come “\u003Cmark>Basta\u003C/mark> \u003Cmark>sfratti”\u003C/mark> e “La casa si prende,","Nel pomeriggio di sabato 13 ottobre, un corteo di un centinaio abbondante tra sfrattati e solidali ha attraversato le strade nella Barriera di Milano a Torino. 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Privatizzazioni, bandi a ribasso, tagli, danneggiano beneficiare, riducono la qualità del lavoro, generano malessere e povertà. Tuteliamo le persone Tuteliamo il lavoro di cura. Nel 2023 verrà rinnovato il CCNL delle cooperative sociali: basta contrattazioni a ribasso, non sulla nostra pelle. \"\r\nCon Leo abbiamo fatto anche un bilancio politico/sindacale della Rete del Lavoro Sociale alla luce del confronto con i sindacati e delle numerose assemblee ed iniziative promosse.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/F_m_30_05_Leonardo-rete-lavoro-sociale-su-prossime-iniziative.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo argomento che abbiamo trattato in questa puntata è stato quello dello sciopero generale lanciato dal sindacato USB, per farlo ci siamo avvalsi del collegamento telefonico con Lorenzo Montanari di USB Piemonte che ci ha raccontato come è andata la giornata di mobilitazione nazionale qui a Torino ed ha rilanciato i prossimi appuntamenti. Di seguito il comunicato di convocazione allo sciopero:\r\n\r\n\"In un Paese che conta già oltre 3 milioni di lavoratori e lavoratrici poveri e 2 milioni di disoccupati, l’aumento generalizzato dei prezzi ha ridotto del 12% il potere d’acquisto, peggiorando drasticamente le condizioni di vita delle classi popolari e facendo precipitare migliaia di famiglie in condizioni di povertà.\r\n\r\nDi fronte a costi della vita insostenibili ai più, a partire da affitti, mutui, bollette e beni di prima necessità servono investimenti per aumentare i salari, tutelare i redditi e ampliare il welfare anziché ridurlo.\r\n\r\nLa cancellazione del reddito di cittadinanza, le briciole erogate per gli aumenti delle pensioni minime, l’estensione dei contratti a termine e dei voucher, l’eliminazione dei fondi al sostegno alla locazione a fronte di migliaia di sfratti ogni anno e dell’assenza di un piano di rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, sono ulteriori tasselli che confermano la scelta anche di questo governo, come di quelli che si sono alternati negli ultimi trent’anni, di schierarsi a tutela degli interessi di profitto di padroni e palazzinari, aumentando la massa di popolazione sottopagabile, tagliando sul costo del lavoro e distruggendo quel poco che rimane di welfare e diritti.\r\n\r\nDalla finanziaria al decreto Lavoro, passando per la cancellazione della protezione speciale per i migranti, è chiara la volontà del governo Meloni di continuare ad inasprire la guerra ai poveri, ai precari e disoccupati, e al contempo, di alimentare le politiche guerrafondaie dell’Unione Europea e della Nato, tagliando la spesa pubblica per investire in armamenti.\r\n\r\nMentre i fondi del PNRR vengono dirottati per la produzione di munizioni e per finanziare grandi opere inutili e dannose come il Tav in Val Susa, il ponte sullo stretto o continuare la cementificazione in Emilia Romagna con il Passante, la crisi ambientale prodotta da questo modello di sviluppo continua ad abbattersi sui nostri territori, aggravando la crisi sociale.\r\n\r\nSono migliaia le famiglie in Emilia Romagna che si ritrovano senza casa a causa dell'insufficienza di investimenti ed assunzioni per la prevenzione e tutela dei territori. Sono migliaia i lavoratori e lavoratrici, anche precari, che in questa situazione emergenziale non hanno alcuna copertura salariale per le giornate di inattività o che non sanno se e quando inizieranno a lavorare come gli stagionali del turismo: a questi lavoratori è necessario allora garantire subito un reddito di emergenza.\r\n\r\nAnche per questo, contro un governo che odia le classi popolari, contro l'ipotesi sindacale collaborazionista di Cgil Cisl Uil, il 26 maggio invitiamo inquilini, pensionati, lavoratori e lavoratrici precari, atipici, sottopagati a partecipare allo sciopero generale di USB, per rimettere al centro casa, salario e diritti:\r\n\r\n \t300 euro netti subito in busta paga\r\n \tStipendi legati all'inflazione reale\r\n \tSalario minimo 10 € l'ora\r\n \tPrezzi, affitti e tariffe calmierate\r\n \tUn milione di case popolari riutilizzando lo sfitto\r\n \tRilancio del sistema pensionistico e previdenziale\r\n\r\nFederazione del Sociale USB\"\r\n\r\n ","8 Giugno 2023","2023-06-08 18:44:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/csm_sciogen_4b29860cc7-200x110.jpeg","frittura mista|radio fabbrica 30/05/2023","podcast",1686249822,[],[],{"post_content":421},{"matched_tokens":422,"snippet":423,"value":424},[90],"il CCNL delle cooperative sociali: \u003Cmark>basta\u003C/mark> contrattazioni a ribasso, non sulla"," \r\n\r\nIl primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Leo, della rete del Lavoro Sociale, sul presidio che si terrà il 9/6/2023 dalle 12 alle 18 in corso Francia 16 a Torino davanti alla sede di confcooperative:\r\n\"tutt* possiamo essere la persona in stato di fragilità che riceve assistenza sociale. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/09/2022-09-23-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nDisertiamo le urne!\r\nCambiano i governi, restano sfruttamento, oppressione, carovita, sfratti, guerra.\r\nLe elezioni sono una delega in bianco a gente che ha il solo scopo di restare al potere, appoggiando gli interessi dei ricchi e dei potenti che li sostengono.\r\nQuesta volta c’è il rischio che trovino ascolto gli appelli al “voto utile” in una risibile crociata antifascista di fronte alla vittoria che i sondaggi attribuiscono a Fratelli d’Italia. Come se i fascisti non avessero mai governato nel nostro paese, come se le politiche securitarie con le quali chiedono consenso non fossero state attuate con altrettanta solerzia dal centrosinistra, come se i pentastellati e le varie formazioni della diaspora comunista non avessero votato per grandi opere, centri di detenzione per migranti, militari per le strade e guerra. La Lega, formazione populista di estrema destra, è il partito che ha governato di più negli ultimi 28 anni. I fascisti di Fratelli d’Italia sono stati parte integrante di tutti i governi di centrodestra.\r\nVa da se che la mera astensione dal voto non basta. Occorre dare concretezza alla prospettiva di autogoverno dal basso attraverso assemblee territoriali e percorsi di autogestione conflittuale con l’esistente che creino le condizioni per cacciare padroni e governanti!\r\nNe abbiamo discusso con Francesco Fricche\r\n\r\nVerso la Free(k) Pride\r\nFrocie, mostrә, devianti! La freek attraverserà le strade di Torino anche quest'a(n)no nella sua versione autunnale, e anche quest'anno attraverseremo le strade con i nostri corpi e le nostre menti eccedenti, non conformi alla norma. Una norma ciseteropatriarcale, repressiva, capitalista, colonialista in cui non ci riconosciamo.\r\nPERCHÉ L'8 OTTOBRE?\r\nDal 6 al 9 ottobre si terrà a Torino il meeting annuale della European Pride Organizers Association (associazione che riunisce i comitati organizzatori dei pride europei filo-istituzionali). Il modello verso il quale si muovono queste organizzazioni è un modello di fare pride istituzionalizzato, ripulito, sponsorizzato, recintato. Non vogliamo perdere - anche noi - questa occasione: l'occasione di presentare un modo di fare pride alternativo a questo modello, un pride critico, senza sponsor, senza sfilate delle forze dell'ordine, un pride anticapitalista e dissidente.\r\n\r\nViviamo in una città dove la repressione di chi lotta fuori e contro la gabbia istituzionale è da tempo la norma. Una città dove magistratura e polizia utilizzano un codice penale costruito come arma di guerra ai poveri e alle soggettività politiche e sociali dissidenti per mettere a tacere ogni forma di contestazione reale. La violenza istituzionale la ritroviamo alle frontiere, nei CPR, nelle strade di una città dove i poliziotti ricattano le libere donne migranti chiedendo favori sessuali in cambio del permesso di soggiorno. È la violenza misogina e cattofascista che ha reso sempre più difficile accedere ad un aborto libero e sicuro. È la transfobia di stato, la violenza dell'attesa, la burocrazia infinita portata avanti da giudici, medici, psicologi cis che uccide le persone trans, è la violenza del capitalismo che produce morte e devastazione ambientale e, non ultimo, un cambiamento climatico le cui conseguenze abbiamo toccato con mano in Piemonte, una regione che si traveste di “verde” ma che ha visto quest'estate una siccità senza precedenti. È la violenza delle riqualificazioni escludenti che stanno investendo i quartieri popolari, la violenza degli sfratti di chi non cè ce la fa più ad arrivare a fine mese, perchè intere generazioni di giovani precariu e vecch* pover* non riescono a pagare affitti e bollette. È la violenza del capitalismo arcobaleno \"senza fronzoli\" che va a braccetto con l'oppressione eteronormativa, con una normalità che nega le nostre identità erranti, libere e mostruose.\r\nNon vogliamo assimilarci, diventare frocie pulite, rifiutiamo ogni dimensione gerarchica. La strada delle frocie borghesi e per bene non è la nostra. Non ci adatteremo mai al sistema dominante, figlio di un modello cis etero e monogamo di famiglia tradizionale.\r\nVogliamo una città più frocia, più transfemminista, antirazzista, antispecista, antifascista e anticapitalista, rifiutiamo ogni ingerenza sui nostri corpi, ogni logica binaria e ogni tentativo di dipingerci sempre e solo come vittime.\r\nVogliamo che la paura cambi di campo. Vogliamo liberarci dei preti di ogni religione, dei tutori dell'ordine patriarcale, dei politici che ci vorrebbero soggetti deboli da tutelare.\r\nLe strade libere le fanno le soggettività libere e mostruose che le attraversano.\r\n\r\nFrocification! ✨?✨\r\n\r\nScuola. Preti e militari hanno sempre più spazio nelle scuole italiane. E, quel che è peggio, ciò avviene senza che l’opposizione alla clericalizzazione e militarizzazione delle vite di bambin* e ragazz* abbia reale visibilità.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nPutin e Biden verso la guerra nucleare\r\nI fatti sono noti. Il governo russo ha detto a chiare lettere che, quando i territori ucraini occupati saranno annessi alla Russia con i referendum annunciati a breve, ogni attacco a queste aree sarà considerato atto di guerra e, quindi, passibile di risposta nucleare.\r\nMeno noto è il fatto che una della basi di questa guerra nucleare si trova in Sicilia, nella base di Sigonella. Nei giorni scorsi il Dipartimento dell’Aeronautica militare USA ha firmato un contratto del valore di 177 milioni di dollari circa con la società Collins Aerospace, controllata dal colosso militare industriale Raytheon Technologies, per migliorare l’efficienza e garantire la manutenzione del sistema di comunicazione strategico ad alta frequenza. In altri termini verranno potenziate le antenne e le apparecchiature che assicurano al Pentagono la trasmissione degli ordini di guerra nucleare.\r\nLa possibilità di un’escalation bellica devastante è sempre più forte. Sempre più urgente è rinforzare l’opposizione alla guerra e al militarismo. Partendo da casa nostra. A Torino, in piazza Graf, c’è uno stabilimento della Collins Aerospace.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 24 settembre\r\nore 17\r\npunto info sulle missioni militari all’estero in via Po 16 \r\n\r\nLunedì 26 settembre\r\nore 10,30\r\npunto info sulle missioni militari all’estero al Campus, lungo Dora Siena 100 A\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\n40 anni di anarchia\r\nore 20,30\r\nCena vegan per i primi 40 anni dello spazio anarchico di corso Palermo 46 \r\nBenefit lotte sociali ed antimilitariste\r\nper prenotazioni:\r\nantimilitarista.to@gmail.com\r\n\r\nSabato 8 ottobre\r\nFree(k) Pride! Frocification\r\nappuntamento alle 15 in piazza Carlo Felice\r\n\r\nVenerdì 14 ottobre ore 21\r\nRossobruni\r\nLa storia e il pensiero politico del nazionalbolscevismo dalla prima democrazia tedesca (la Repubblica di Weimar) ai nazimaoisti degli anni Sessanta/ Settanta, dall’ecologismo razzista degli anni Ottanta al nazionalcomunismo teorizzato nel decennio successivo come alternativa al cosiddetto “villaggio globale”.\r\nA lungo patrimonio pressoché esclusivo di un pulviscolo ideologico a destra del fascismo, il rossobrunismo è ora uno dei tanti filoni che nutrono quel fenomeno nazionalpopulista che sta trasformando la vita di tutti noi.\r\nIntroduce l’incontro David Bernardini, autore di “Nazionalbolscevismo. Piccola storia del rossobrunismo in Europa”\r\nIn corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","23 Settembre 2022","2022-09-23 15:49:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/09/atomichesporche-200x110.png","Anarres del 23 settembre. Astensionismo e conflitto. Militari e preti a scuola. Verso il Free(k) Pride. Le seduzioni nucleari di Putin e Biden…",1663948159,[],[],{"post_content":446},{"matched_tokens":447,"snippet":448,"value":449},[21],"governi, restano sfruttamento, oppressione, carovita, \u003Cmark>sfratti\u003C/mark>, guerra.\r\nLe elezioni sono una","Il nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/09/2022-09-23-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nDisertiamo le urne!\r\nCambiano i governi, restano sfruttamento, oppressione, carovita, \u003Cmark>sfratti\u003C/mark>, guerra.\r\nLe elezioni sono una delega in bianco a gente che ha il solo scopo di restare al potere, appoggiando gli interessi dei ricchi e dei potenti che li sostengono.\r\nQuesta volta c’è il rischio che trovino ascolto gli appelli al “voto utile” in una risibile crociata antifascista di fronte alla vittoria che i sondaggi attribuiscono a Fratelli d’Italia. Come se i fascisti non avessero mai governato nel nostro paese, come se le politiche securitarie con le quali chiedono consenso non fossero state attuate con altrettanta solerzia dal centrosinistra, come se i pentastellati e le varie formazioni della diaspora comunista non avessero votato per grandi opere, centri di detenzione per migranti, militari per le strade e guerra. La Lega, formazione populista di estrema destra, è il partito che ha governato di più negli ultimi 28 anni. I fascisti di Fratelli d’Italia sono stati parte integrante di tutti i governi di centrodestra.\r\nVa da se che la mera astensione dal voto non \u003Cmark>basta\u003C/mark>. Occorre dare concretezza alla prospettiva di autogoverno dal basso attraverso assemblee territoriali e percorsi di autogestione conflittuale con l’esistente che creino le condizioni per cacciare padroni e governanti!\r\nNe abbiamo discusso con Francesco Fricche\r\n\r\nVerso la Free(k) Pride\r\nFrocie, mostrә, devianti! La freek attraverserà le strade di Torino anche quest'a(n)no nella sua versione autunnale, e anche quest'anno attraverseremo le strade con i nostri corpi e le nostre menti eccedenti, non conformi alla norma. Una norma ciseteropatriarcale, repressiva, capitalista, colonialista in cui non ci riconosciamo.\r\nPERCHÉ L'8 OTTOBRE?\r\nDal 6 al 9 ottobre si terrà a Torino il meeting annuale della European Pride Organizers Association (associazione che riunisce i comitati organizzatori dei pride europei filo-istituzionali). Il modello verso il quale si muovono queste organizzazioni è un modello di fare pride istituzionalizzato, ripulito, sponsorizzato, recintato. Non vogliamo perdere - anche noi - questa occasione: l'occasione di presentare un modo di fare pride alternativo a questo modello, un pride critico, senza sponsor, senza sfilate delle forze dell'ordine, un pride anticapitalista e dissidente.\r\n\r\nViviamo in una città dove la repressione di chi lotta fuori e contro la gabbia istituzionale è da tempo la norma. Una città dove magistratura e polizia utilizzano un codice penale costruito come arma di guerra ai poveri e alle soggettività politiche e sociali dissidenti per mettere a tacere ogni forma di contestazione reale. La violenza istituzionale la ritroviamo alle frontiere, nei CPR, nelle strade di una città dove i poliziotti ricattano le libere donne migranti chiedendo favori sessuali in cambio del permesso di soggiorno. È la violenza misogina e cattofascista che ha reso sempre più difficile accedere ad un aborto libero e sicuro. È la transfobia di stato, la violenza dell'attesa, la burocrazia infinita portata avanti da giudici, medici, psicologi cis che uccide le persone trans, è la violenza del capitalismo che produce morte e devastazione ambientale e, non ultimo, un cambiamento climatico le cui conseguenze abbiamo toccato con mano in Piemonte, una regione che si traveste di “verde” ma che ha visto quest'estate una siccità senza precedenti. È la violenza delle riqualificazioni escludenti che stanno investendo i quartieri popolari, la violenza degli \u003Cmark>sfratti\u003C/mark> di chi non cè ce la fa più ad arrivare a fine mese, perchè intere generazioni di giovani precariu e vecch* pover* non riescono a pagare affitti e bollette. È la violenza del capitalismo arcobaleno \"senza fronzoli\" che va a braccetto con l'oppressione eteronormativa, con una normalità che nega le nostre identità erranti, libere e mostruose.\r\nNon vogliamo assimilarci, diventare frocie pulite, rifiutiamo ogni dimensione gerarchica. La strada delle frocie borghesi e per bene non è la nostra. Non ci adatteremo mai al sistema dominante, figlio di un modello cis etero e monogamo di famiglia tradizionale.\r\nVogliamo una città più frocia, più transfemminista, antirazzista, antispecista, antifascista e anticapitalista, rifiutiamo ogni ingerenza sui nostri corpi, ogni logica binaria e ogni tentativo di dipingerci sempre e solo come vittime.\r\nVogliamo che la paura cambi di campo. Vogliamo liberarci dei preti di ogni religione, dei tutori dell'ordine patriarcale, dei politici che ci vorrebbero soggetti deboli da tutelare.\r\nLe strade libere le fanno le soggettività libere e mostruose che le attraversano.\r\n\r\nFrocification! ✨?✨\r\n\r\nScuola. Preti e militari hanno sempre più spazio nelle scuole italiane. E, quel che è peggio, ciò avviene senza che l’opposizione alla clericalizzazione e militarizzazione delle vite di bambin* e ragazz* abbia reale visibilità.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nPutin e Biden verso la guerra nucleare\r\nI fatti sono noti. Il governo russo ha detto a chiare lettere che, quando i territori ucraini occupati saranno annessi alla Russia con i referendum annunciati a breve, ogni attacco a queste aree sarà considerato atto di guerra e, quindi, passibile di risposta nucleare.\r\nMeno noto è il fatto che una della basi di questa guerra nucleare si trova in Sicilia, nella base di Sigonella. Nei giorni scorsi il Dipartimento dell’Aeronautica militare USA ha firmato un contratto del valore di 177 milioni di dollari circa con la società Collins Aerospace, controllata dal colosso militare industriale Raytheon Technologies, per migliorare l’efficienza e garantire la manutenzione del sistema di comunicazione strategico ad alta frequenza. In altri termini verranno potenziate le antenne e le apparecchiature che assicurano al Pentagono la trasmissione degli ordini di guerra nucleare.\r\nLa possibilità di un’escalation bellica devastante è sempre più forte. Sempre più urgente è rinforzare l’opposizione alla guerra e al militarismo. Partendo da casa nostra. A Torino, in piazza Graf, c’è uno stabilimento della Collins Aerospace.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 24 settembre\r\nore 17\r\npunto info sulle missioni militari all’estero in via Po 16 \r\n\r\nLunedì 26 settembre\r\nore 10,30\r\npunto info sulle missioni militari all’estero al Campus, lungo Dora Siena 100 A\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\n40 anni di anarchia\r\nore 20,30\r\nCena vegan per i primi 40 anni dello spazio anarchico di corso Palermo 46 \r\nBenefit lotte sociali ed antimilitariste\r\nper prenotazioni:\r\nantimilitarista.to@gmail.com\r\n\r\nSabato 8 ottobre\r\nFree(k) Pride! 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Una sequenza di incidenti non casuali, dovuti alla mancanza di sicurezza dettata dalla ricerca del profitto che non risparmia nessuno, nemmeno uno studente che in quel momento dovrebbe stare da tutt'altra parte, non certo a lavorare gratis in situazione di estremo\r\nsfruttamento e di pericolo.\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nLa frontiera uccide\r\nIl 2 gennaio il corpo di Fathallah Belafhail è stato trovato nei pressi della diga del Freney. Aveva provato ad attraversare la frontiera alla fine dell’anno. Non ce l’ha fatta. Il suo nome è l’ottavo di una lista di persone uccise dalle frontiere chiuse negli ultimi tre anni al Monginevro.\r\nLa scorsa domenica una carovana di auto ha percorso la valle di Susa sino alla frontiera in solidarietà ad Emilio Scalzo, rinchiuso in carcere preventivo con l’accusa di essersi difeso da un poliziotto che lo stava attaccando con un manganello.\r\nIn realtà colpevole, come tanti altri, di non aver chiuso gli occhi di fronte alle migliaia di persone che, tra mille difficoltà, hanno provato a bucare il confine italo francese.\r\nLa carovana, partita dal presidio No Tav di San Didero, dopo numerose tappe per informare, appendere striscioni, è arrivata a Claviere. L’ingresso del paese era chiuso dalle camionette di polizia e carabinieri. Imboccato il tunnel dopo pochi metri, in territorio francese, era schierata la gendarmerie. La frontiera è rimesta chiusa per un paio d’ore. Due giorni dopo è arrivata la notizia che anche l’ultima richiesta di domiciliari era stata respinta dal giudice francese.\r\nLa lotta continua\r\n\r\nLa memoria tradita\r\nRicordare è un modo per non tradire un passato che non vorremmo che torni? Basta la memoria degli orrori a impedirne la ripetizione?\r\nDifficile da credere di fronte alla lunga teoria di massacri del secolo breve. Massacri etnici, politici, sociali. Massacri programmati e realizzati con metodo e macellerie brutali ma senza un luogo, uno spazio.\r\n\r\nLo sterminio delle donne non conformi\r\nNel lager di Ravensbruck, ottanta chilometri oltre Berlino, sono state rinchiuse 132.000 donne: novantaduemila non hanno mai fatto ritorno.\r\nErano donne con disabilità fisiche e mentali, oppositrici politiche, omosessuali, mendicanti, Rom, testimoni di Geova, prostitute, solo il 10% di origine ebraica.\r\nTutte loro quando sono tornate alle loro case hanno subito l’onta della negazione, del silenzio, del mancato riconoscimento della loro identità.\r\nIl loro essere donne le inseriva, automaticamente, nella categoria delle prostitute, che avevano collaborato con i nemici. \r\nLa loro memoria è stata a lungo sepolta. Solo dopo la fine della guerra fredda si è cominciato a parlarne. 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A distanza di oltre cinque anni e dopo un numero infinito di analisi, indagini, pedinamenti, intercettazioni, perizie ecc. che hanno portato a nulla, la procura di Brescia non molla e decide di spendere ancora energie alla ricerca di un capro espiatorio. Davanti a tale zelo, che ormai è semplicemente accanimento, viene da sorridere con tanta tristezza e rabbia: per qualsiasi persona dotata di un briciolo buon senso questo sperperare risorse ingenti a fronte della crisi economica, dell’epidemia globale, fra nuove e vecchie povertà e miserie generalizzate, è un evidente oltraggio, verso la popolazione bresciana e non solo. È infatti assurdo, per chiunque sia minimamente onesto, che tali cose vengano reputate più importanti da parte della “giustizia” rispetto all’inquinamento delle acque, alle morti negli ospedali e nelle rsa, alla distruzione della medicina di base, ai posti di lavoro persi, agli sfratti e alle persone senza casa che aumentano, ai mancati investimenti alle scuole del territorio, alle casse integrazioni e ai fantomatici bonus che non arrivano.\r\nSta peggiorando il tenore di vita. Nell’ultimo anno, cinque milioni di persone nel “bel paese” hanno avuto difficoltà a mettere in tavola un pasto decente, e il 60% teme di poter perdere il lavoro o il reddito nel prossimo periodo. I poveri diventano sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi. Per garantire i profitti di pochi, anzi pochissimi, sulle spalle della miseria dei tanti, lo Stato deve usare sempre di più il bastone. Il nemico siamo noi! Avere a che fare con sanzioni, denunce, processi, ovvero con il braccio armato dello Stato e dei ricchi, è purtroppo sempre più la normalità. Faccio alcuni esempi: dal 2017, per chi ha la sventura di non avere quel poco di garanzie che rimangono con un contratto di lavoro e deve campare accettando lavoretti in nero (chi non si è mai trovato in questa situazione?!), a rischiare non è il padrone, che è passibile di multa (per chi ha un’azienda la cosa è gestibile, non certo un dramma) è soprattutto la lavoratrice o il lavoratore poiché “accetta” di lavorare a tali condizioni – come se avesse una scelta! Al di là delle multe è anche prevista la reclusione fino a due anni, e ad essere titolari di una misera indennità di disoccupazione, la reclusione rischia di aumentare fino a tre anni. La pandemia è stata un apripista per ulteriori giri di vite, con misure la cui unica utilità è addestrare il singolo all’obbedienza, non certo a proteggersi dal contagio di un virus – basti pensare al coprifuoco, vera e propria misura di guerra. Inoltre, a lottare per migliorare le proprie condizioni lavorative, o perché la gente non muoia più nel tentativo di attraversare una frontiera, addirittura a ribadire verità tragicamente reali come il fatto che in carcere si muore o che chi vende le armi alimenta la guerra, si rischia sempre più spesso di essere accusati di associazione a delinquere, favoreggiamento, istigazione, diffamazione… basti nominare l’azione repressiva contro i portuali di Genova per via delle loro lotte antimilitariste, ma non è purtroppo l’unica. D’altra parte, giusto per fare un esempio, se sei il proprietario della Caffaro o dell’Ilva ed hai ammazzato persone avvelenando le città per i tuoi profitti, non rischi nemmeno lontanamente di farti 12 anni di galera. Ma nemmeno un giorno. La tortura del carcere non si augura a nessuno ma è comunque singolare fare questa “constatazione”.\r\nL’epidemia di covid ha reso palese un progetto che mira a privarci di tutto ciò che ci rende umani, è la costruzione della società dell’isolamento. Mentre Stato e imprenditori impongono la necessità di produrre (noi) per farli guadagnare a rischio della (nostra) vita, il cosiddetto distanziamento sociale differenzia i rapporti familiari da quelli “evitabili”. Viene definito e decretato cosa loro intendano per vita: produrre e consumare, mentre le cose veramente importanti e belle come la libertà, l’imprevisto e la socialità vengono gettate nella clandestinità e bollate come malsane, sospettose, patogene.\r\nIl distanziamento sociale non viene pensato come temporaneo, ma viene dato per inevitabile un mondo di persone isolate, collegate fra loro unicamente dall’informatica. Quanto sarà malata una vita così? Alla base di questo futuro prossimo c’è l’inquinamento elettromagnetico, la distruzione degli habitat micro-biologici del pianeta (con la probabilità di future epidemie), lo sfruttamento aberrante del lavoro e la guerra fra stati per la spartizione del mondo così da accaparrarsi quei metalli rari necessari alle nuove tecnologie smart e green. Così vanno le cose in questo mondo. La farsa del recovery fund ne è un tragico esempio: una pioggia di investimenti su quei processi e opere (digitalizzazione, grandi infrastrutture) che rafforzano le condizioni di vita malsane che hanno aperto la strada all’epidemia globale e all’impossibilità di affrontarla. Sono queste le cose necessarie per chi ci governa.\r\nVedo anche che le procure non proseguono mai nelle inchieste per i fondi illeciti ai partiti, per i morti ammazzati in mare, per le tangenti o il genocidio di una generazione anziana a causa della malasanità. Chissà perché, mi domando. Va bene, è indubbio che per la “giustizia” prendersela seriamente con politici e potenti non è cosa facile, c’è rischio di stipendio e carriera a pestare i piedi ai propri capi. Meglio prendersela con i poveracci, è più sicuro! Ma c’è dell’altro. Forse lo Stato quello che una persona come me può ritenere giusto non lo capisce, come può non capire di cos’hanno bisogno gli sfruttati per vivere bene. O forse, banalmente, non gli interessa. “A pensare male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”, diceva Andreotti. Insomma, se non sono stupidi, significa che stanno prendendoci per il naso.\r\nE allora, cari signori, potete obbligarci a fare una vita difficile e pesante perché voi possiate arricchirvi sulle nostre spalle, godendovi il privilegio di poter fare ogni schifezza, ogni capriccio che vi passi per la testa. Potete prenderci in giro, lasciarci senza casa, senza un soldo, senza medico, potete accusare chi prova a ribellarsi, potete trovare o inventare “prove” per distruggere la vita di qualcuno e delle sue persone care. Potete, con accuse infamanti quali quella di terrorismo, vendicarvi come e quando volete, potete lasciare milioni di persone nella povertà, nella guerra, nell’ignoranza, raccontando bugie sempre più assurde e stravaganti. Come i re di un tempo, pensate che nessuno vi dirà mai nulla e che “il popolo è bue”, e così ci trattate. E agli sfruttati, immiseriti, spaventati e schiacciati, state cercando ancora una volta di far credere che i malvagi non sono i tiranni, gli affamatori e gli sgherri in divisa che li proteggono, ma le persone che vogliono rivoltarsi dinanzi a questo schifo. E che i nemici della povera gente siamo noi anarchici. Il problema reale per voi sono le idee e le azioni generose e risolute di persone che vogliono vivere libere e che vogliono farla finita con questo mondo di terrore e povertà, prima che per tutte le classi sociali non abbienti ci sia solo la galera.\r\nIo sono anche un anarchico, e sono orgoglioso di esserlo, ma sono soprattutto uno sfruttato nato in un ceto basso e figlio di operai, e sono stufo di essere preso in giro e di dover far finta di credere a tutte le vostre menzogne, tra l’altro raccontate molto male. E poi andiamo, non c’entro nulla, ma proprio nulla con voi. Non ho una carriera da costruire sulle spalle della povera gente, non ho una villa da comprare facendo il burocrate, tradimenti da attuare per far carriera, persone da incarcerare, piedi da calpestare, magagne da nascondere, balle da raccontare… insomma non ho, non ho mai avuto né vorrei avere una vita “avventurosa” come la vostra. E per fortuna, penso, guardando a cosa avviene nel mondo o nella nostra piccola città, che dite di essere il bene. Non oso nemmeno immaginare cosa accadrebbe se vi diceste malvagi ed egoisti!\r\nAnche io non sono un santo è vero, e a mio modo risulto ridicolo agli occhi delle persone – niente di grave. Insomma, se faccio qualcosa di male è un male relativo, cioè… non uccido persone per i miei tornaconti personali o per il mio portafogli, non inquino i fiumi e l’acqua corrente nei paesi, non chiudo ambulatori medici e non mi arricchisco sulle spalle degli altri. Né tanto meno butto fuori la gente da casa, non licenzio nessuno né prometto a famiglie intere che avranno dei bonus o la cassa integrazione per poi lasciarli senza nulla, non strangolo la gente con le tasse per fare la guerra, le indagini fuffa, ecc. Insomma, non ho il vostro generoso “altruismo”, chissà come fate a vivere senza rimorsi o sensi di colpa. Mah. Per quel che mi riguarda non parteciperò al vostro teatrino mediatico e tanto meno potrò mai ammettere che siete il bene, o che va tutto bene. Sarebbe come ammettere davanti all’inquisizione che la terra è piatta, o come affermare che Luigi XVI fosse bello, bravo e buono. Davanti ai poveri come me gli unici argomenti che avete sono la forza e la paura. E per questo motivo vi sentite insicuri nelle nefandezze e nei loschi affari, soprattutto in un periodo storico come questo in cui accade che le persone si sveglino e siano stufe di tirare la cinghia, di avere paura, di essere prese in giro. Insomma, rivoltarsi e dire basta contro questo mondo di tenebre è semplicemente giusto, per chi ha un cuore ogni atto di rivolta è giusto, davanti al male che perseguite.\r\nUn mondo nuovo è necessario. Un’azione può essere condivisibile o meno da parte della povera gente, ma è sempre etica di fronte alle ingiustizie, per chi ha un cuore che batte per un’umanità ed un mondo migliore. Con la speranza che la rivoluzione, come sempre e in ogni epoca, sia contagiosa. Dite che gli anarchici sono un pericolo: non penso proprio. Forse ci imprigionate e perseguitate perché temete che persone come noi possano essere di esempio per gli sfruttati, non comprendendo che da sempre è quando i poveri dicono basta e si ribellano che sono un esempio per noi, e che noi siamo da sempre parte e figli loro.\r\nHo quasi finito, volevo dire queste parole. Non sono capace di cose più profonde, né voglio dire altro: per chi come me, non ha soldi per domestici, vacanze ai tropici, sogni di carriere e stipendi elevati, la vita ruota attorno al lavoro, a tirare a fine giornata e ai propri cari. La vita, insomma, è dura e non ho il “buon tempo” come voi di costruire castelli in aria e far terrore alla povera gente. Fra le svariate imputazioni a mio carico manca naturalmente quella relativa all’unico crimine di cui come accusato mi sono effettivamente macchiato e di cui continuerò a macchiarmi, e che rivendico con orgoglio: quello di considerare la dignità un sentimento che non accetta intimidazioni di stampo mafioso. Un crimine semplice che non mi stancherò mai di commettere.\r\nManu","24 Giugno 2021","2021-06-24 11:53:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/moon-200x110.jpg","A.C.A.B. - Riflessioni con Manu sull’imperitura indagine sull’azione contro la scuola di polizia del 2015",1624535614,[488,489,490,491],"http://radioblackout.org/tag/a-c-a-b/","http://radioblackout.org/tag/dna/","http://radioblackout.org/tag/juan/","http://radioblackout.org/tag/manu/",[393,385,389,387],{"post_content":494},{"matched_tokens":495,"snippet":496,"value":497},[21],"posti di lavoro persi, agli \u003Cmark>sfratti\u003C/mark> e alle persone senza casa","In collegamento telefonico, Manu ci aggiorna rispetto al lento procedere delle indagini della procura di Brescia sull’azione contro la scuola di polizia del 2015, il cui ultimo atto è la richiesta di un ulteriore prelievo di DNA per lui e per Juan.\r\n\r\nEntriamo nei particolari di questa vicenda, per molti versi emblematica e perfettamente inserita nella cornice repressiva degli ultimi anni: dal susseguirsi di incidenti probatori sempre più tecnologici e costosi all'accanimento della Procura e i suoi giochi sporchi, dalla \"colpa d'autore\" al ruolo del Dipartimento Antimafia, dal 2015 trasformato in Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/manu.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nDi seguito, un suo scritto (https://ilrovescio.info/2021/05/15/va-mia-be-nigot-non-va-bene-nulla/):\r\nVa mia be nigot\r\n(Non va bene nulla)\r\nRiflessioni sull’imperitura indagine della procura di Brescia sull’azione contro la scuola di polizia del 2015, cui ultimo atto è la richiesta di un ulteriore prelievo di DNA per me e per Juan\r\nCi risiamo. A distanza di oltre cinque anni e dopo un numero infinito di analisi, indagini, pedinamenti, intercettazioni, perizie ecc. che hanno portato a nulla, la procura di Brescia non molla e decide di spendere ancora energie alla ricerca di un capro espiatorio. Davanti a tale zelo, che ormai è semplicemente accanimento, viene da sorridere con tanta tristezza e rabbia: per qualsiasi persona dotata di un briciolo buon senso questo sperperare risorse ingenti a fronte della crisi economica, dell’epidemia globale, fra nuove e vecchie povertà e miserie generalizzate, è un evidente oltraggio, verso la popolazione bresciana e non solo. È infatti assurdo, per chiunque sia minimamente onesto, che tali cose vengano reputate più importanti da parte della “giustizia” rispetto all’inquinamento delle acque, alle morti negli ospedali e nelle rsa, alla distruzione della medicina di base, ai posti di lavoro persi, agli \u003Cmark>sfratti\u003C/mark> e alle persone senza casa che aumentano, ai mancati investimenti alle scuole del territorio, alle casse integrazioni e ai fantomatici bonus che non arrivano.\r\nSta peggiorando il tenore di vita. Nell’ultimo anno, cinque milioni di persone nel “bel paese” hanno avuto difficoltà a mettere in tavola un pasto decente, e il 60% teme di poter perdere il lavoro o il reddito nel prossimo periodo. I poveri diventano sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi. Per garantire i profitti di pochi, anzi pochissimi, sulle spalle della miseria dei tanti, lo Stato deve usare sempre di più il bastone. Il nemico siamo noi! Avere a che fare con sanzioni, denunce, processi, ovvero con il braccio armato dello Stato e dei ricchi, è purtroppo sempre più la normalità. Faccio alcuni esempi: dal 2017, per chi ha la sventura di non avere quel poco di garanzie che rimangono con un contratto di lavoro e deve campare accettando lavoretti in nero (chi non si è mai trovato in questa situazione?!), a rischiare non è il padrone, che è passibile di multa (per chi ha un’azienda la cosa è gestibile, non certo un dramma) è soprattutto la lavoratrice o il lavoratore poiché “accetta” di lavorare a tali condizioni – come se avesse una scelta! Al di là delle multe è anche prevista la reclusione fino a due anni, e ad essere titolari di una misera indennità di disoccupazione, la reclusione rischia di aumentare fino a tre anni. La pandemia è stata un apripista per ulteriori giri di vite, con misure la cui unica utilità è addestrare il singolo all’obbedienza, non certo a proteggersi dal contagio di un virus – basti pensare al coprifuoco, vera e propria misura di guerra. Inoltre, a lottare per migliorare le proprie condizioni lavorative, o perché la gente non muoia più nel tentativo di attraversare una frontiera, addirittura a ribadire verità tragicamente reali come il fatto che in carcere si muore o che chi vende le armi alimenta la guerra, si rischia sempre più spesso di essere accusati di associazione a delinquere, favoreggiamento, istigazione, diffamazione… basti nominare l’azione repressiva contro i portuali di Genova per via delle loro lotte antimilitariste, ma non è purtroppo l’unica. D’altra parte, giusto per fare un esempio, se sei il proprietario della Caffaro o dell’Ilva ed hai ammazzato persone avvelenando le città per i tuoi profitti, non rischi nemmeno lontanamente di farti 12 anni di galera. Ma nemmeno un giorno. La tortura del carcere non si augura a nessuno ma è comunque singolare fare questa “constatazione”.\r\nL’epidemia di covid ha reso palese un progetto che mira a privarci di tutto ciò che ci rende umani, è la costruzione della società dell’isolamento. Mentre Stato e imprenditori impongono la necessità di produrre (noi) per farli guadagnare a rischio della (nostra) vita, il cosiddetto distanziamento sociale differenzia i rapporti familiari da quelli “evitabili”. Viene definito e decretato cosa loro intendano per vita: produrre e consumare, mentre le cose veramente importanti e belle come la libertà, l’imprevisto e la socialità vengono gettate nella clandestinità e bollate come malsane, sospettose, patogene.\r\nIl distanziamento sociale non viene pensato come temporaneo, ma viene dato per inevitabile un mondo di persone isolate, collegate fra loro unicamente dall’informatica. Quanto sarà malata una vita così? Alla base di questo futuro prossimo c’è l’inquinamento elettromagnetico, la distruzione degli habitat micro-biologici del pianeta (con la probabilità di future epidemie), lo sfruttamento aberrante del lavoro e la guerra fra stati per la spartizione del mondo così da accaparrarsi quei metalli rari necessari alle nuove tecnologie smart e green. Così vanno le cose in questo mondo. La farsa del recovery fund ne è un tragico esempio: una pioggia di investimenti su quei processi e opere (digitalizzazione, grandi infrastrutture) che rafforzano le condizioni di vita malsane che hanno aperto la strada all’epidemia globale e all’impossibilità di affrontarla. Sono queste le cose necessarie per chi ci governa.\r\nVedo anche che le procure non proseguono mai nelle inchieste per i fondi illeciti ai partiti, per i morti ammazzati in mare, per le tangenti o il genocidio di una generazione anziana a causa della malasanità. Chissà perché, mi domando. Va bene, è indubbio che per la “giustizia” prendersela seriamente con politici e potenti non è cosa facile, c’è rischio di stipendio e carriera a pestare i piedi ai propri capi. Meglio prendersela con i poveracci, è più sicuro! Ma c’è dell’altro. Forse lo Stato quello che una persona come me può ritenere giusto non lo capisce, come può non capire di cos’hanno bisogno gli sfruttati per vivere bene. O forse, banalmente, non gli interessa. “A pensare male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”, diceva Andreotti. Insomma, se non sono stupidi, significa che stanno prendendoci per il naso.\r\nE allora, cari signori, potete obbligarci a fare una vita difficile e pesante perché voi possiate arricchirvi sulle nostre spalle, godendovi il privilegio di poter fare ogni schifezza, ogni capriccio che vi passi per la testa. Potete prenderci in giro, lasciarci senza casa, senza un soldo, senza medico, potete accusare chi prova a ribellarsi, potete trovare o inventare “prove” per distruggere la vita di qualcuno e delle sue persone care. Potete, con accuse infamanti quali quella di terrorismo, vendicarvi come e quando volete, potete lasciare milioni di persone nella povertà, nella guerra, nell’ignoranza, raccontando bugie sempre più assurde e stravaganti. Come i re di un tempo, pensate che nessuno vi dirà mai nulla e che “il popolo è bue”, e così ci trattate. E agli sfruttati, immiseriti, spaventati e schiacciati, state cercando ancora una volta di far credere che i malvagi non sono i tiranni, gli affamatori e gli sgherri in divisa che li proteggono, ma le persone che vogliono rivoltarsi dinanzi a questo schifo. E che i nemici della povera gente siamo noi anarchici. Il problema reale per voi sono le idee e le azioni generose e risolute di persone che vogliono vivere libere e che vogliono farla finita con questo mondo di terrore e povertà, prima che per tutte le classi sociali non abbienti ci sia solo la galera.\r\nIo sono anche un anarchico, e sono orgoglioso di esserlo, ma sono soprattutto uno sfruttato nato in un ceto basso e figlio di operai, e sono stufo di essere preso in giro e di dover far finta di credere a tutte le vostre menzogne, tra l’altro raccontate molto male. E poi andiamo, non c’entro nulla, ma proprio nulla con voi. Non ho una carriera da costruire sulle spalle della povera gente, non ho una villa da comprare facendo il burocrate, tradimenti da attuare per far carriera, persone da incarcerare, piedi da calpestare, magagne da nascondere, balle da raccontare… insomma non ho, non ho mai avuto né vorrei avere una vita “avventurosa” come la vostra. E per fortuna, penso, guardando a cosa avviene nel mondo o nella nostra piccola città, che dite di essere il bene. Non oso nemmeno immaginare cosa accadrebbe se vi diceste malvagi ed egoisti!\r\nAnche io non sono un santo è vero, e a mio modo risulto ridicolo agli occhi delle persone – niente di grave. Insomma, se faccio qualcosa di male è un male relativo, cioè… non uccido persone per i miei tornaconti personali o per il mio portafogli, non inquino i fiumi e l’acqua corrente nei paesi, non chiudo ambulatori medici e non mi arricchisco sulle spalle degli altri. Né tanto meno butto fuori la gente da casa, non licenzio nessuno né prometto a famiglie intere che avranno dei bonus o la cassa integrazione per poi lasciarli senza nulla, non strangolo la gente con le tasse per fare la guerra, le indagini fuffa, ecc. Insomma, non ho il vostro generoso “altruismo”, chissà come fate a vivere senza rimorsi o sensi di colpa. Mah. Per quel che mi riguarda non parteciperò al vostro teatrino mediatico e tanto meno potrò mai ammettere che siete il bene, o che va tutto bene. Sarebbe come ammettere davanti all’inquisizione che la terra è piatta, o come affermare che Luigi XVI fosse bello, bravo e buono. Davanti ai poveri come me gli unici argomenti che avete sono la forza e la paura. E per questo motivo vi sentite insicuri nelle nefandezze e nei loschi affari, soprattutto in un periodo storico come questo in cui accade che le persone si sveglino e siano stufe di tirare la cinghia, di avere paura, di essere prese in giro. Insomma, rivoltarsi e dire \u003Cmark>basta\u003C/mark> contro questo mondo di tenebre è semplicemente giusto, per chi ha un cuore ogni atto di rivolta è giusto, davanti al male che perseguite.\r\nUn mondo nuovo è necessario. Un’azione può essere condivisibile o meno da parte della povera gente, ma è sempre etica di fronte alle ingiustizie, per chi ha un cuore che batte per un’umanità ed un mondo migliore. Con la speranza che la rivoluzione, come sempre e in ogni epoca, sia contagiosa. Dite che gli anarchici sono un pericolo: non penso proprio. Forse ci imprigionate e perseguitate perché temete che persone come noi possano essere di esempio per gli sfruttati, non comprendendo che da sempre è quando i poveri dicono \u003Cmark>basta\u003C/mark> e si ribellano che sono un esempio per noi, e che noi siamo da sempre parte e figli loro.\r\nHo quasi finito, volevo dire queste parole. Non sono capace di cose più profonde, né voglio dire altro: per chi come me, non ha soldi per domestici, vacanze ai tropici, sogni di carriere e stipendi elevati, la vita ruota attorno al lavoro, a tirare a fine giornata e ai propri cari. La vita, insomma, è dura e non ho il “buon tempo” come voi di costruire castelli in aria e far terrore alla povera gente. Fra le svariate imputazioni a mio carico manca naturalmente quella relativa all’unico crimine di cui come accusato mi sono effettivamente macchiato e di cui continuerò a macchiarmi, e che rivendico con orgoglio: quello di considerare la dignità un sentimento che non accetta intimidazioni di stampo mafioso. 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L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ","21 Marzo 2015","2018-10-17 22:59:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/cle1-200x110.jpg","Convegno sui Rom senza i Rom: antirazzisti/e rovinano la vetrina della Città di Torino",1426934211,[514,515,516,517,518,519],"http://radioblackout.org/tag/corte-europea-diritti-umani/","http://radioblackout.org/tag/elide-tisi/","http://radioblackout.org/tag/lungo-stura-lazio/","http://radioblackout.org/tag/retata/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo/",[401,395,399,391,383,397],{"post_content":522},{"matched_tokens":523,"snippet":524,"value":525},[21],"periferie vengono portate avanti tramite \u003Cmark>sfratti\u003C/mark>, sgomberi, retate e speculazioni che","Il 19 marzo è stata una gran brutta giornata per gli apprendisti stregoni del Comune di Torino.\r\nEra tutto perfetto. L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite \u003Cmark>sfratti\u003C/mark>, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli \u003Cmark>sfratti\u003C/mark>. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\n\u003Cmark>Basta\u003C/mark> sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\n\u003Cmark>Basta\u003C/mark> sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ",[527],{"field":110,"matched_tokens":528,"snippet":524,"value":525},[21],{"best_field_score":430,"best_field_weight":362,"fields_matched":27,"num_tokens_dropped":49,"score":431,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":49},6636,{"collection_name":416,"first_q":15,"per_page":366,"q":15},12,["Reactive",534],{},["Set"],["ShallowReactive",537],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fvGTelAmYlphOhyAWmv-riIJ-ZQKrAPvzviQTaBvO0Rw":-1},true,"/search?query=basta+sfratti"]