","Monsanto/Bayer. Veleni e buoni profitti","post",1512493501,[60,61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/agricoltura/","http://radioblackout.org/tag/agro-business/","http://radioblackout.org/tag/bayer/","http://radioblackout.org/tag/glifosato/","http://radioblackout.org/tag/glyfosate/","http://radioblackout.org/tag/monsanto/","http://radioblackout.org/tag/roundup/",[68,69,70,71,72,73,74],"agricoltura","agro business","bayer","glifosato","glyfosate","monsanto","roundup",{"post_content":76,"tags":81},{"matched_tokens":77,"snippet":79,"value":80},[78],"Bayer","dal momento che la tedesca \u003Cmark>Bayer\u003C/mark> sta completando l’acquisizione della Monsanto,","Monsanto si è assicurata il mercato europeo per il glyfosate, un erbicida, che in molti paesi europei vorrebbero mettere al bando. La scorsa settimana – anche grazie all’appoggio della Germania – l’UE ha votato a favore della vendita del glyfosate per altri cinque anni.\r\nIl ministro dell’agricoltura Christian Schmidt, della bavarese CSU, tradendo l’indicazione del governo Merkel, e anche della maggioranza dell’opinione pubblica, ha votato a favore di questo diserbante accusato, non a torto, di misfatti. Il suo nome commerciale è Roundup, la sua reputazione pessima.\r\n\r\n \r\n\r\nPiù del vincolo di mandato e di coscienza per il bavarese Schmidt ha contato il vincolo di lobby, dal momento che la tedesca \u003Cmark>Bayer\u003C/mark> sta completando l’acquisizione della Monsanto, si parla di gennaio 2018, con tutto l’immenso arsenale di diserbanti e OGM che hanno sino ad oggi accompagnato la cattiva fama del colosso americano.\r\n\r\n \r\n\r\nUn accordo da 66 miliardi di dollari farà della \u003Cmark>Bayer\u003C/mark> il principale produttore di chimica dell’agricoltura mondiale.\r\n\r\n \r\n\r\nL’agrochimica è un tassello fondamentale dell’economia: e le drammatiche ricadute dell’uso di diserbanti sospettati di apparentamenti con la diossina sono note da anni.\r\n\r\n \r\n\r\nIl Glifosato, e il principio attivo denominato TCDD, era già presente nella guerra del Vietnam della tragica vicenda “Agent Orange” - il diserbante della Monsanto che causa ancora oggi malformazioni e mutazioni genetiche - ed è noto in gran parte dell’America Latina col nome di “agritoxico”, dove è il principale indiziato di tumori, malattie genetiche e leucemie spesso mortali.\r\n\r\n \r\n\r\nOggi, nel mondo, il 94% delle coltivazioni di soia e il 92% di quelle del mais sono varianti di sementi OGM create dai laboratori della Monsanto. Di naturale non c’è più nulla.\r\n\r\n \r\n\r\nNe parliamo con Marco Tafel, un compagno che da anni è impegnato sul terreno dell’agricoltura dal basso, autogestita, biologica.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 11 30 glifosato tafel",[82,84,86,89,91,93,95],{"matched_tokens":83,"snippet":68},[],{"matched_tokens":85,"snippet":69},[],{"matched_tokens":87,"snippet":88},[70],"\u003Cmark>bayer\u003C/mark>",{"matched_tokens":90,"snippet":71},[],{"matched_tokens":92,"snippet":72},[],{"matched_tokens":94,"snippet":73},[],{"matched_tokens":96,"snippet":74},[],[98,104],{"field":34,"indices":99,"matched_tokens":101,"snippets":103},[100],2,[102],[70],[88],{"field":105,"matched_tokens":106,"snippet":79,"value":80},"post_content",[78],578730123365712000,{"best_field_score":109,"best_field_weight":110,"fields_matched":100,"num_tokens_dropped":46,"score":111,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":113,"highlight":132,"highlights":137,"text_match":140,"text_match_info":141},{"cat_link":114,"category":115,"comment_count":46,"id":116,"is_sticky":46,"permalink":117,"post_author":49,"post_content":118,"post_date":119,"post_excerpt":52,"post_id":116,"post_modified":120,"post_thumbnail":121,"post_thumbnail_html":122,"post_title":123,"post_type":57,"sort_by_date":124,"tag_links":125,"tags":131},[43],[45],"34090","http://radioblackout.org/2016/02/settimana-di-agitazione-contro-lo-strapotere-delle-tecnoscienze/","Dagli incontri solidali in vista del processo a Silvia Billy e Costa è stata forte la volontà di continuare un percorso di critica radicale e lotta alle tecnoscienze. Dal 22 al 28 febbraio è stata indetta una settimana di agitazione in tutta Italia contro le tecnoscienze e il mondo che le produce. Momento culminante sarà il 26 Febbraio quando un un presidio contro l'Efsa (Ente europeo di sicurezza alimentare ) animerà la protesta per il controllo totale sugli esseri viventi in mano alla tecnologia davanti alla sede dell’Efsa a Parma. Ci troviamo spossessati del minmo potere che possiamo avere sulle nostre esistenze...\r\n\r\nLe tematiche passano attraverso la tecnologia come sistema che compenetra l'esistenza di tutti controllando ogni aspetto della vita, ormai senza che ci si accorga della sua presenza, per arrivare alle conseguenze date da nocività legate a Green economy oppure ogm, progresso scientifico o manipolazioni genetiche e pesticidi che finiscono con il rappresentare un più sofisticato e impalpabile sistema di sfruttamento, che opera consensualmente agli apparati repressivi tradizionali, che sono alla base di sofisticazioni e catastrofi come quella della Xylella degli ulivi pugliesi. Nestlé, Monsanto, Bayer sono tutti giganti dell'agribusiness che aprono alle nocività tipicamente rappresentate dagli ogm.\r\n\r\nSulla falsa riga dell’FDA americana l’Europa si è dotata di un’organo chiamato a garantire la sicurezza di ogni nocività. Ad essere tutelato, oltre gli interessi delle multinazionali biotech-chimico-farmaceutiche, è un sistema economico, politico e sociale che si aggrappa alla nuova rivoluzione bionanotecnologica producendo sempre più disastri ambientali e sociali che stanno alla base dello sviluppo tecno-industriale, di cui le manipolazioni del vivente sono l’apice mortifero.\r\n\r\nCosta ci ha illustrato la settimana di agitazione nei suoi ampi campi di intervento, che coinvolge il mondo macchina, compresa l'automazoine, accenando alle tematiche che verranno dibattute in questa settimana nei tanti appuntamenti sparsi lungo il territorio nazionale.\r\n\r\nnanobiotecnologie\r\n\r\nUn ulteriore appuntamento sarà il 2 marzo al tribunale di Torino, per la ripresa del processo a Costa, Billy e Silvia, accusati del tentato sabotaggio con esplosivi a firma Earth Liberation Front a un centro di ricerche internazionale sulle nanotecnologie in Svizzera della multinazionale Ibm, dibattimento che fa seguito alla condanna già scontata in Svizzera per lo stesso episodio e che la procura torinese nella sua proverbiale opera persecutoria ha voluto trascinare in giudizio nuovamente.","19 Febbraio 2016","2016-02-23 13:53:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/nanotecnologie-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"224\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/nanotecnologie-224x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/nanotecnologie-224x300.jpg 224w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/nanotecnologie-768x1030.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/nanotecnologie-764x1024.jpg 764w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/nanotecnologie.jpg 850w\" sizes=\"auto, (max-width: 224px) 100vw, 224px\" />","Settimana di agitazione contro lo strapotere delle tecnoscienze",1455889051,[126,127,128,129,130],"http://radioblackout.org/tag/efsa/","http://radioblackout.org/tag/nanotecnologie/","http://radioblackout.org/tag/settimana-di-agitazione/","http://radioblackout.org/tag/silvia-billy-costa/","http://radioblackout.org/tag/tecnoscienze/",[15,25,33,29,23],{"post_content":133},{"matched_tokens":134,"snippet":135,"value":136},[78],"degli ulivi pugliesi. 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Basta la memoria degli orrori a impedirne la ripetizione?\r\nDifficile da credere di fronte alla lunga teoria di massacri del secolo breve. Massacri etnici, politici, sociali. Massacri programmati e realizzati con metodo e macellerie brutali ma senza un luogo, uno spazio.\r\nI lager nazisti stupiscono per la loro fisicità. I muri, le baracche, i trasporti, i mucchi di denti, capelli, scarpe, abiti, le divise di stracci. Umano, sin troppo umano, il sistematico ridurre a cosa uomini, donne, bambini.\r\nLa giornata della memoria, che cristallizza in un momento la storia dei lager nazisti, è davvero un viatico per il ricordo o è già, essa stessa, tradimento?\r\nIl 27 gennaio è il giorno in cui l’armata rossa entrò ad Auschwitz e mostrò al mondo l’orrore dei campi? Fu davvero una “scoperta”? Oggi sappiamo che tanti sapevano ma non dissero né fecero nulla.\r\nA Churchill venne chiesto di bombardare Auschwitz ma non lo fece.\r\nTante testimonianze dai campi prima di quel 27 gennaio restarono inascoltate. Il 27 gennaio non segna l’inizio della memoria ma il primo giorno del suo tradimento. Le immagini di Auschwitz diventano la prova vivente della cattiveria del “nemico”. Il nazista cristallizzato da tanta filmografia dei vincitori, che quasi subito lo distinguono dal popolo tedesco, che non sapeva, dagli alleati che non potevano immaginare quanto feroce, disumano fosse il mostro che combattevano.\r\nUn mondo dipinto in bianco e nero diventa il fondale perfetto per il quadro del male assoluto, il male che come un cancro si annida in un corpo sano, che lo amputa e se ne libera per sempre.\r\nOttima propaganda, pessimo esercizio di memoria.\r\nNon per caso restano sullo sfondo le vicende dei tantissimi che non passarono subito per il camino, quelli che vennero sterminati con il lavoro forzato in fabbriche i cui nomi conosciamo bene: Siemens, Krupp, Bayer. Il sogno capitalista del lavoro che non costa nulla, nemmeno il mantenimento dello schiavo, usato sino alla distruzione, poi gettato via e sostituito con uno nuovo.\r\nI sette operai che a Torino sono bruciati vivi alla Thyssenkrupp, l’acciaieria destinata a chiudere senza sicurezza, perché la vita di sette lavoratori vale meno di un estintore, ci racconta come la memoria di Auschwitz, Dachau, Ravensbruck sia stata tradita sin dal primo giorno, sin da quel 27 gennaio del 1944.\r\nI campi rom che bruciano nelle periferie del nostro paese ci narrano di una memoria che non c’è. Ci raccontano della lunga notte di oblio che ha avvolto il porrajmos, lo sterminio di 500.000 rom e sinti europei. Ci raccontano una banalità.\r\nLa memoria viva, la memoria che fa argine all’orrore, è quella di chi si batte per estirpare le radici del razzismo, della discriminazione, del fascismo, della logica feroce del profitto.\r\nNella consapevolezza che quello che è successo torna e torna ancora in altre forme e altre latitudini.\r\nOccorre vedere il nostro presente per non tradire la memoria del passato.\r\nNe abbiamo parlato con Paolo Finzi, che da anni si occupa del Porrajmos, lo sterminio “dimenticato di rom e sinti:\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nfinzi_memoria","28 Gennaio 2015","2015-01-29 12:31:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/auschwitz_0-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"210\" height=\"280\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/auschwitz_0.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","La memoria tradita",1422470369,[159,160,161,162,163,164,165],"http://radioblackout.org/tag/27-gennaio/","http://radioblackout.org/tag/auschwitz/","http://radioblackout.org/tag/dachau/","http://radioblackout.org/tag/giornata-della-memoria/","http://radioblackout.org/tag/memoria-tradita/","http://radioblackout.org/tag/ravensbruck/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[167,19,17,31,27,21,168],"27 gennaio","torino",{"post_content":170},{"matched_tokens":171,"snippet":172,"value":173},[78],"nomi conosciamo bene: Siemens, Krupp, \u003Cmark>Bayer\u003C/mark>. 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Ce ne ha parlato Alessio Lega, un compagno e un musicista, le cui canzoni, oggi, raccontano tanto del tempo che viviamo.\r\n\r\nMemoria rebelde. Il 24 dicembre, a 91 anni è scomparso, Osvaldo \u003Cmark>Bayer\u003C/mark>, anarchico, giornalista e storico argentino, le cui opere ci hanno restituito la memoria sepolta delle lotte dei lavoratori della Patagonia degli anni Venti e della feroce e sanguinosa repressione che ne seguì. Proprio in questi giorni cade il centesimo anniversario della “Settimana tragica”, quando oltre 1500 lavoratori vennero fucilati per ordine del governo democratico guidato da Yrigoyen.\r\nApprofondimento con Massimo Varengo dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nIl seme dell’odio. L’inganno del Leviatano, la scommessa dell’anarchia. Francesco Codello, autore de “La condizione umana nel pensiero libertario”, che sarà con noi il 18 gennaio, ci ha offerto un assaggio della serata.\r\n\r\nSorveglianza speciale e divieto di dimora a chi ha combattuto l’Isis? Questo l’ultimo coniglio uscito dal cappello della Procura Torinese.\r\nCinque attivisti torinesi rischiano di essere sottoposti ad una severa limitazione dalla propria libertà perché “socialmente pericolosi”. Testimoni diretti da un territorio dove, dal 19 luglio 2012, si sperimentano relazioni politiche e sociali più eque, libere, femministe ed ecologiste.\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 18 gennaio\r\nIl seme dell'odio\r\nL'inganno del Leviatano, la scommessa dell'anarchia\r\nIncontro con Francesco Codello, autore de “La condizione umana nel pensiero libertario”\r\nalla Federazione Anarchica\r\nore 21 - corso Palermo 46\r\nLa cultura occidentale ha sempre utilizzato la presunta malvagità naturale degli esseri umani per giustificare la necessità del dominio e della repressione. Oggi più che mai, forse in maniera ancor più palese e brutale, la cultura politica delle nuove élite emergenti in tutto il mondo, la usa come leva potente per diffondere odio, xenofobia, paura e razzismo...\r\nNella crisi economica e sociale, prodotta dal liberismo sfrenato, il seme dell'odio si diffonde tra le classi più minacciate, dove la logica del nemico interno trova interlocutori spaventati e disperati.\r\nQuanto accade oggi ha radici culturali che affondano nella visione del mondo che si è imposta in occidente e di lì si è ormai diffusa in tutto il globo.\r\n\r\nSabato 19 gennaio\r\nore 14\r\npiazza Carlo Felice\r\nSaremo al corteo cittadino contro la sorveglianza speciale per 5 volontari torinesi in Siria e in difesa della rivoluzione in Rojava.\r\n\r\nSabato 19 gennaio\r\npunto info antimilitarista\r\nore 21 piazza Santa Giulia\r\n\r\nVenerdì 1 febbraio\r\nTaser, galera e pistoleros\r\nDispositivi securitari e leggi di guerra\r\nIncontro con Robertino Barbieri di Psychoattiva\r\nore 21 alla Fat, in corso Palermo 46\r\n\r\nVenerdì 8 febbraio\r\nVivere senza padroni\r\nNegli ultimi decenni lo sguardo ambientalista è divenuto uno cardini più robusti su cui si articola una critica radicale al capitalismo, la cui natura distruttiva porta alla catastrofe.\r\nStato e capitale, ciascuno nel proprio ambito, mirano al controllo globale, pervasivo, totalizzante delle nostre vite, messe al lavoro anche nel tempo dell'ozio e della libertà dalla schiavitù salariata.\r\nSottrarsi è possibile. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[262],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[212],{"post_content":265,"post_title":269},{"matched_tokens":266,"snippet":267,"value":268},[78],"Pound non sbarca in Barriera, \u003Cmark>Bayer\u003C/mark> assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, \u003Cmark>Bayer\u003C/mark> assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\n\u003Cmark>Bayer\u003C/mark> compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. 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la Fondazione Med-Or, presieduta da un uomo dell’intelligence come Marco Minniti, è uno strumento tramite cui tessere la rete internazionale dell’industria bellica e sorvegliante italiana in Medio Oriente e nel continente africano, a cavallo tra un Ministero degli Esteri Parallelo e un’agenzia di consulting privata.\r\n\r\nNe parliamo con Riccardo Coluccini:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BCUPCB_med-or_riccardo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n/ / Se la vostra università sta collaborando con Leonardo o con Med-Or fatecelo sapere scrivendo a redazione@radioblackout.org o contattando Riccardo via info@irpi.eu\r\n\r\n \r\n\r\nNORMAZIONE (E NORMALIZZAZIONE) DEI KILLER ROBOTS\r\n\r\nNel disinteresse dei media mainstream, l’1 novembre 2023 si è tenuta un’importante votazione alle Nazione Unite riguardante la regolamentazione dei sistemi d’arma autonomi.\r\n\r\nPer la prima volta, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede l’applicazione del diritto internazionale ai sistemi d’arma autonomi letali, senza vietarne in alcun modo lo sviluppo e l’utilizzo sul campo.\r\n\r\nAl netto delle divisioni - con USA, UK e Ucraina a favore; Russia e India contrarie; Israele, Turchia e Cina astenute – quello che emerge da questo passaggio è l’ennesima tappa nella normalizzazione dei programmi che tutte le principali industrie del settore bellico stanno portando avanti… come dimostrano le risorse che gli Stati Uniti (voto a favore) stanno immettendo nel programma Replicator:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BCUPCB_ONU-killer-robots_1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nELON MUSK E IL NEOFEUDALESIMO\r\n\r\nDopo avere analizzato il potere politico di Leonardo, cerchiamo di osservare quello del conglomerato tecnologico che ruota attorno a Elon Musk e nello specifico i suoi programmi militari.\r\n\r\nAWS, Meta, Google, ma anche Bayer o Pfitzer… le grandi multinazionali tecnologiche hanno assunto la funzione di “vettori trasformativi totali”: partendo dal ruolo che stanno incarnando le tecnologie satellitari di Elon Musk, apriamo una piccola parentesi sul primato cognitivo e infrastrutturale di questi gruppi nel governo della “cosa pubblica”:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BCUPCB_starshield-nrx.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nSOLIDARIETA’ CON ZARDINS MAGNETICS:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BCUPCB_zardins.mp3\"][/audio]","21 Novembre 2023","2023-11-21 18:48:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/bcupcb_minnyti-200x110.png","LEONARDO, MED-OR, ONU E KILLER ROBOTS",1700592510,[291,292,293,294,295,296,297,298,299],"http://radioblackout.org/tag/droni/","http://radioblackout.org/tag/elon-musk/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/intelligenza-artificiale/","http://radioblackout.org/tag/killer-robots/","http://radioblackout.org/tag/leonardo/","http://radioblackout.org/tag/med-or/","http://radioblackout.org/tag/minniti/","http://radioblackout.org/tag/solidarieta/",[196,206,200,214,210,204,198,202,208],{"post_content":302},{"matched_tokens":303,"snippet":304,"value":305},[78],"AWS, Meta, Google, ma anche \u003Cmark>Bayer\u003C/mark> o Pfitzer… le grandi multinazionali","Estratti da Bello Come Una Prigione Che Brucia > > > novembre 2023\r\n\r\n \r\n\r\nIL DRONE CONTEST DI LEONARDO\r\n\r\nDa alcuni anni, a Torino si consuma il Drone Contest di Leonardo: un’occasione per la principale industria bellico-sorvegliante italiana di consolidare la propria simbiosi con l’apparato accademico nazionale (e progressivamente internazionale).\r\n\r\nAl di là della dimensione politica, questo evento rappresenta un contesto di selezione e incubazione di tecnologie funzionali allo sviluppo di sistemi d’arma autonomi da applicare negli scenari di guerra o alle frontiere:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BCUPCB_drone-contest23.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nFONDAZIONE MED-OR\r\n\r\nInsieme a Eni, Leonardo è parte integrante della politica estera italiana; 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In conclusione, un rimando alla data de #LottoMarzo e le valutazioni riguardo l'esordio delle Girlz!\r\nTrasmissione a cura della rete Torino Sport Pop (Nativi San Salvario - Dynamo Dora Rugby - Asd Aurora Vanchiglia - Paco Rigore - AntifaBoxe)\r\n\r\nBuon Ascolto!\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Spot-sesta-puntata.mp3\"][/audio]","6 Marzo 2020","2020-03-21 21:56:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/sportpop1-200x110.jpeg","Spot! - Sesta Puntata (04/03)",1583508118,[],[],{"post_content":324},{"matched_tokens":325,"snippet":326,"value":327},[78],"nella città di Torino!\r\nDa \u003Cmark>Bayer\u003C/mark>n Monaco - Hoffenheim al caos calendario","Podcast della sesta puntata di Spot! la nuova trasmissione dedicata allo sport popolare nella città di Torino!\r\nDa \u003Cmark>Bayer\u003C/mark>n Monaco - Hoffenheim al caos calendario #SerieA, dall'uccisione di Ugo Russo a Napoli letta dal punto di vista di una squadra popolare come lo Spartak San Gennaro al brutto episodio che ha visto suo malgrado protagonista la Survivor Squadra che milita in Uisp Torino con il furto delle loro maglie da gioco. 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