","Trieste. Prove tecniche di devastazione","post",1643736481,[51,52,53,54,55,56],"http://radioblackout.org/tag/cattinara/","http://radioblackout.org/tag/devastazione-ambientale/","http://radioblackout.org/tag/ospedale-pediatrico-burlo-garofalo/","http://radioblackout.org/tag/ovovia/","http://radioblackout.org/tag/traforo-ferroviario-carso/","http://radioblackout.org/tag/trieste/",[19,21,25,15,23,17],{"post_content":59,"tags":64},{"matched_tokens":60,"snippet":62,"value":63},[61],"Cattinara","il disboscamento della pineta di \u003Cmark>Cattinara\u003C/mark> per far posto al nuovo","Il Carso è un ambiente prezioso e fragile. Da anni si susseguono tentativi di imporre opere dal forte impatto in quest’area, sempre battute dalla lotta popolare.\r\nOggi nuove minacce si profilano all’orizzonte. Rete Ferroviaria Italiana intende realizzare un traforo di venti chilometri. Una follia per la delicata composizione idrogeologica del Carso, un unicum da preservare e non da devastare con progetti utili solo a gruppi di interesse, economici e politici, per i quali cementificare è sinonimo di profitto. Se la galleria fosse realizzata chi viaggia “guadagnerebbe” dieci minuti, mentre le perdite per l’ambiente sarebbero incalcolabili.\r\nA Trieste stanno mettendo in cantiere altri due progetti inutili e distruttivi. Il primo è un’ovovia, che costerà 45 milioni di euro presi dal PNRR, per un’infrastruttura che non farà altro che deturpare il paesaggio del litorale carsico, senza risolvere nulla in termini di viabilità. Una giostra per turisti su una parte franosa dove in tanta parte dell’anno batte un vento fortissimo, che ne impedirebbe l’utilizzo.\r\nDulcis in fundo il disboscamento della pineta di \u003Cmark>Cattinara\u003C/mark> per far posto al nuovo ospedale pediatrico Burlo Garofalo, una decisione insensata e che nulla porterà in termini di benefici alla popolazione. Invece di ristrutturare ed ampliare l’ospedale esistente, che si trova in centro, si punta ad un’opera utile solo a rimpinguare le casse della lobby del cemento e del tondino.\r\nContro questi progetti si stanno muovendo i primi passi di un’opposizione territoriale di ampio respiro, che, come in passato, riesca a bloccare queste opere inutili e devastanti.\r\nCe ne ha parlato Raffaele, un compagno attivo nelle lotte\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/2022-02-01-raf-carso.mp3\"][/audio]",[65,68,70,72,74,76],{"matched_tokens":66,"snippet":67},[19],"\u003Cmark>cattinara\u003C/mark>",{"matched_tokens":69,"snippet":21},[],{"matched_tokens":71,"snippet":25},[],{"matched_tokens":73,"snippet":15},[],{"matched_tokens":75,"snippet":23},[],{"matched_tokens":77,"snippet":17},[],[79,84],{"field":26,"indices":80,"matched_tokens":81,"snippets":83},[37],[82],[19],[67],{"field":85,"matched_tokens":86,"snippet":62,"value":63},"post_content",[61],578730123365712000,{"best_field_score":89,"best_field_weight":90,"fields_matched":91,"num_tokens_dropped":37,"score":92,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":37},"1108091339008",13,2,"578730123365711978",6646,{"collection_name":48,"first_q":19,"per_page":29,"q":19},{"facet_counts":96,"found":91,"hits":115,"out_of":175,"page":14,"request_params":176,"search_cutoff":27,"search_time_ms":177},[97,101],{"counts":98,"field_name":99,"sampled":27,"stats":100},[],"podcastfilter",{"total_values":37},{"counts":102,"field_name":26,"sampled":27,"stats":113},[103,105,107,109,111],{"count":14,"highlighted":104,"value":104},"convegno",{"count":14,"highlighted":106,"value":106},"resistenza",{"count":14,"highlighted":108,"value":108},"antifascismo",{"count":14,"highlighted":110,"value":110},"reggio emilia",{"count":14,"highlighted":112,"value":112},"arditi del popolo",{"total_values":114},5,[116,145],{"document":117,"highlight":131,"highlights":137,"text_match":140,"text_match_info":141},{"comment_count":37,"id":118,"is_sticky":37,"permalink":119,"podcastfilter":120,"post_author":121,"post_content":122,"post_date":123,"post_excerpt":43,"post_id":118,"post_modified":124,"post_thumbnail":125,"post_title":126,"post_type":127,"sort_by_date":128,"tag_links":129,"tags":130},"11142","http://radioblackout.org/podcast/new-weird-australia-outsiders-agli-antipodi/",[],"outsidermusic","L'Australia sembra fatta apposta per i freaks, una specie di america in miniatura con una pericolosa commistione tra carcasse di auto, esotismo canguresco, tribalismo e surf. Da Canberra a Sidney fino agli outbacks più pericolosi e infestati da grossi alligatori, vostro inviato Outsider cercherà di stanare in qualche settimana le oscure scene. Agili come canguri le musiche oscillano, scorrono e corrono, si mescolano e si nascondono tra glowness al neon e rituali aborigeni...\r\n\r\nLe radici di questo suono affondano nel Nuovo Galles del Sud da dove provengono i NECKS, seminale trio specializzato in improvisazioni circolari su temi sospesi tra minimalismo e percussività atmosferica. Chris Abrahams al piano e Hammond Tony Buck alla batteria e chitarra elettrica e Lloyd Swanton al basso e contrbbasso. Se non li avete mai ascoltati, fatevi trascinare via.\r\nDall'altra parte del continente Campbell Kneale, in arte Birchville Cat Motel, alchimista del suono drone tra inferno e paradiso.\r\nIn mezzo a questi spasmi gli ampi spazi, le luci delle città scintillanti e una sensibilità particolare per le musiche per la mente.\r\nAllora vi propongo una playlist piena di marciume, glowness cantinara e se volete new age barbona, increspature elettroniche, aboriginal wave e, naturalmente gli assolazzi, a richiamare i grandi spazie e i grossi sballi.\r\nBlank Realm - Full Moon Door\r\nInfinite Decimals - 000801066\r\nNo Zu - Acropolis from the new age\r\nPeon - Distension\r\nPollen Trio - Paleburstth\r\nRed Plum Snow - I would Die for you\r\nSecret Birds - Black TeeYouth\r\nForenzics - Dub scab from build ruins\r\nDocument Swell - Rainforestation\r\n\r\nOcchio alla New Weird Australia.\r\nStay Blackout!","15 Novembre 2012","2018-10-17 22:11:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/11/aborigeno1-200x110.jpg","New Weird Australia, outsiders agli antipodi","podcast",1352991132,[],[],{"post_content":132},{"matched_tokens":133,"snippet":135,"value":136},[134],"cantinara","playlist piena di marciume, glowness \u003Cmark>cantinara\u003C/mark> e se volete new age","L'Australia sembra fatta apposta per i freaks, una specie di america in miniatura con una pericolosa commistione tra carcasse di auto, esotismo canguresco, tribalismo e surf. 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[…] Sarebbe occorsa, come scrisse Malatesta da vecchio insurrezionalista, una «resistenza energica, metodica, organizzata contro la violenza avversaria». […] Invece, di fronte a tale inedita sistematica aggressione prevalse una sorta di fuga dalla realtà: «erano tutti d’accordo – secondo le parole di Emilio Lussu - nel valutare la violenza fascista come antistorica: non bisognava dunque contrapporre ad essa un’altra violenza antistorica, ma attendere il crearsi dell’ambiente favorevole ad una violenza storica».\r\n[…] La direzione del Partito socialista aveva preso presto le distanze dagli Arditi del popolo, malgrado le sincere simpatie manifestate dalla base, quali risultavano dalle pagine dell’«Avanti!»; ma tale decisione politica si rivelò ancora più grave con l’accettazione del cosiddetto Patto di pacificazione che il 2 agosto, nello studio romano del presidente della Camera De Nicola, venne unitamente sottoscritto dal Partito socialista, dalla Confederazione generale del lavoro e dai Fasci, e condiviso dall’Associazione nazionale combattenti, dal Partito popolare e dalla direzione di quello repubblicano. Il cosiddetto patto di Roma, infatti, all’art. 5 recitava: «Il PSI dichiara di essere estraneo all’organizzazione e all’opera degli Arditi del popolo, come del resto risulta già dallo stesso convegno di questi che si proclamano al di fuori di tutti i partiti». A distanza di pochi anni, Nenni molto lucidamente definì il Trattato «un grave errore di valutazione» persino «grottesco se si pensa che il Partito nello stesso momento, rifiutava qualsiasi intesa coi gruppi antifascisti».\r\nAl contrario, l’organo dei Fasci poteva esprimere la propria soddisfazione: «gli arditi del popolo, i quali ormai sconfessati da repubblicani, da comunisti e dai socialisti, dovranno rapidamente concludere la loro breve ed ingloriosa carriera».\r\nQuattro giorni dopo la firma del Patto di pacificazione pure il Partito comunista, attraverso un comunicato dell’Esecutivo datato 7 agosto, si “chiamava fuori” minacciando i «più severi provvedimenti» per i militanti comunisti che avessero fatto parte degli Arditi del popolo, lasciando questi ultimi in un sempre più pesante isolamento, specie dopo la dissociazione del Partito repubblicano avvenuta alla fine di luglio.\r\n\r\nIl discorso è diverso per il movimento anarchico che, invece, respinse decisamente ogni ipotesi di pacificazione, continuando a sostenere gli Arditi del popolo. Sino ad allora, a differenza degli altri raggruppamenti politici, gli anarchici non avevano sentito l’esigenza di dare vita a proprie strutture di difesa, in quanto la loro prassi era già improntata ad una lunga consuetudine di azione diretta e organizzazione semi-legale; ma la comparsa dell’arditismo popolare rappresentava per loro un’occasione per dare impulso all’iniziativa rivoluzionaria.\r\n[…] Pur risultando l’unica realtà del movimento di classe ad appoggiare sino all’ultimo gli Arditi del popolo - come attestato dai comunicati dell’Associazione regolarmente ospitati sia su «Umanità Nova» che sulla stampa libertaria in genere - anche in seno all’anarchismo vi fu un dibattito in merito, a causa soprattutto della struttura militarista (disinvoltamente accettata da molti anarchici di tendenza individualista e antiorganizzatrice), ma anche per la sua composizione non esclusivamente proletaria (vista invece con diffidenza dai comunisti anarchici). L’esistenza di alcune divergenze teoriche si può intuire da un articolo pubblicato, in data 20 luglio 1921, su «Il Seme», settimanale livornese dell’Uniona anarchica italiana, di cui si riporta uno stralcio: «Chi sono cotesti Arditi del popolo? Sento già questa domanda affiorare alle labbra di qualcuno di quei compagni ingenui o forse troppo puritani, che vedono dappertutto l’incoerenza che nuoce ai principi della incorruttibile Anarchia nostra [...] La rivoluzione non si affretta leggendo filosofia o scrivendo articoli di giornale, ma scendendo sul terreno dell’azione. Ed era l’ora. Anche l’anarchismo divenuto troppo giornalaio minacciava di irretirsi di rinunce, e troppo lasciava correre imponendosi un pericoloso isolamento [...] Possiamo adunque pensare che gli Arditi del popolo, sorti dalla fraterna riconciliazione dei rivoluzionari romani, sono sangue del nostro sangue e carne della nostra carne. Dobbiamo aiutarli, incoraggiarli, imitarli». In un altro articolo, seppure favorevole agli AdP, pubblicato su «Il Libertario» del 21 luglio, veniva premesso che «Noi, lo si sa, non abbiamo troppe simpatie per l’apparato militaresco e per la sottomissione e disciplina che consegue all’organizzazione di questi eserciti proletari».\r\n\r\nNel 1922, a Roma, probabilmente per rafforzare la difesa delle proprie sedi e manifestazioni, i preesistenti Nuclei libertari «Arditi Anarchici» costituirono il 1° battaglione «Arditi Anarchici» e fu avviata la formazione del 2° e del 3°, come si apprende dagli articoli pubblicati nella cronaca romana di «Umanità Nova» del 21 e 28 ottobre. Da un fonogramma della questura di Roma al Ministero dell’Interno, in data 14 novembre, si apprende della perquisizione e dell’arresto di Raffaele De Angelis, ritenuto uno dei principali organizzatori dei «Nuclei giovanili arditi anarchici».\r\n[…] Numerosi furono i militanti anarchici, sia di tendenza individualista che comunista, promotori dell’organizzazione ardito-popolare e con responsabilità di comando in essa, ad iniziare dalla sezione romana con A. Paolinelli, A. Eluisi, V. Santarelli, R. Gentilezza, C. Mannarelli, G. Gallinella, A. Di Giacomo, N. Rita, A. Mastrosanti, U. Piermattei, S. Stagnetti, G. Luzzi e, in provincia, Del Prete a Genzano e V. De Fazi a Civitavecchia. Altri anarchici con ruoli dirigenti furono A. Del Sole a Orte (Vt); P. Ranieri a Tavernelle (Pu); A. Cieri a Parma; G. Tenaglia, P. Tripol, A. Poggiani e M. Camin a Trento; I. Margherita a Torino; M. Corona a Vercelli; N. Prina a Gattinara (Vc); E. Lelli a Bologna; E. Canzi a Piacenza; P. Binazzi a La Spezia; U. Marzocchi a La Spezia e a Savona; G. Del Freo e G. Raffaelli a Montignoso (Ms); R. Sarti e A. Raspini a Firenze; V. Mazzoni, O. Buoncristiani, R. Corucci e A. Fontana a Pisa; A. Consani, V. Recchi e L. Filippi a Livorno; T. Eschini a Pistoia; G. Lessi a Piombino (Li). Molti anche gli anarchici che, militando negli AdP, rimasero uccisi, tra i quali: A. Baldasseroni, F. Nardi e F. Filippetti a Livorno; S. Rossi a Castagneto Carducci (Li); L. Landi, A. Lucarelli, G. Morelli a Piombino (Li); C. Fava e A. Puzzarini a Parma; Nello Rossi a Rimini, F. Raffaelli a Terni (Pg); R. Semenzato a Dolo (Ve); G. Bonci a Spello (Pg); C. Comaschi a Cascina (Pi).\r\n[…] L’intransigenza dell’Unione sindacale italiana era nota allo stesso Mussolini che, nel 1920, commentando un progetto insurrezionale “dannunziano”, ebbe ad osservare: «Bisogna dunque fare il possibile perché la fulminea marcia su Roma non sia complicata da uno sciopero generale […] Ora, per evitare lo sciopero generale o analoghi movimenti di masse e per non essere costretti a reprimerli, occorre, se non convincere i capi, dividerli: il che disorienterà le masse stesse.\r\nNon si può contare sulla Unione sindacale italiana, ma si può contare, sino un certo punto, sulla Confederazione Generale del Lavoro».\r\nPer la sua attività l’USI subì innumerevoli distruzioni e l’uccisione di numerosi militanti: tra le Camere del lavoro e le sezioni dell’organizzazione “anarco-sindacalista” devastate od occupate dagli squadristi, in camicia nera o in uniforme, vi furono quelle di Milano, Varese, Suzzara, Monastero, Brescia, Crema, Mantova, Piacenza, Rovereto, Vicenza, Bologna, Ferrara, Imola, Parma, Modena, Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente, Savona, La Spezia, Firenze, Arezzo, Pisa, Carrara, Lucca, Viareggio, Livorno, Pistoia, Piombino, San Giovanni Valdarno, Castelnuovo dei Sabbioni, Terni, Fano, Roma, Andria, Taranto, Cerignola, Minervino Murge, Iglesias, nonché quelle di Bari e Verona, da poco fuoriuscite dall’Unione.\r\nIl prefetto di Genova, legittimando l’invasione fascista della Camera del lavoro di Sestri Ponente, difesa anche dagli Arditi del popolo, sottolineò che questa «non è socialista ufficiale, ma sindacalista anarchica comunista ed ha sempre dato motivo a pericolo di disordini per suo carattere violento e rivoluzionario».\r\nIl 7 gennaio 1925 il prefetto di Milano decretò lo scioglimento definitivo dell’USI su tutto il territorio nazionale in quanto «organizzazione sovvertitrice e antinazionale», anche se poi questa avrebbe continuato a operare in clandestinità e all’estero.","23 Aprile 2012","Il prossimo 28 aprile si svolgerà a Reggio Emilia un convegno sugli Arditi del popolo.\r\n\r\nIl convegno si svolgerà in via Dom Minzoni dalle 15.\r\nInterverranno Luigi Balsamini, Antonio Zambonelli e Marco Rossi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Marco Rossi, autore di “Arditi non gendarmi!”\r\n\r\nAscolta l’approfondimento: \r\n\r\nDi seguito l’estratto di un articolo di Marco comparso su Arivista:\r\n\r\nLe battute d’arresto e i rovesci che i fascisti subirono avvennero quasi sempre in contesti urbani (Roma, Bari, Parma...) dove la moderna classe operaia, reduce dall’esperienza dell’occupazione delle fabbriche, e il combattentismo rivoluzionario poterono opporre “guerra alla guerra” trasformando le strade e i quartieri in campi trincerati, difesi da solidali moltitudini popolari, tanto che si dovette ricorrere alle artiglierie, alle autoblindo e persino agli aerei.\r\nPer questi motivi, l’isolamento e il controllo politico imposto agli Arditi del popolo dai partiti socialista, repubblicano e comunista, costituì oggettivamente un grave fattore di indebolimento dell’antifascismo, in quanto l’arditismo popolare era in grado di contrastare con efficacia - ossia in termini militari e di massa - «la più atroce e difficile guerriglia che classe operaia abbia mai dovuto combattere» (come ebbe a definirla Gramsci). 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Da un fonogramma della questura di Roma al Ministero dell’Interno, in data 14 novembre, si apprende della perquisizione e dell’arresto di Raffaele De Angelis, ritenuto uno dei principali organizzatori dei «Nuclei giovanili arditi anarchici».\r\n[…] Numerosi furono i militanti anarchici, sia di tendenza individualista che comunista, promotori dell’organizzazione ardito-popolare e con responsabilità di comando in essa, ad iniziare dalla sezione romana con A. Paolinelli, A. Eluisi, V. Santarelli, R. Gentilezza, C. Mannarelli, G. Gallinella, A. Di Giacomo, N. Rita, A. Mastrosanti, U. Piermattei, S. Stagnetti, G. Luzzi e, in provincia, Del Prete a Genzano e V. De Fazi a Civitavecchia. Altri anarchici con ruoli dirigenti furono A. Del Sole a Orte (Vt); P. Ranieri a Tavernelle (Pu); A. Cieri a Parma; G. Tenaglia, P. Tripol, A. Poggiani e M. Camin a Trento; I. Margherita a Torino; M. Corona a Vercelli; N. Prina a Gattinara (Vc); E. Lelli a Bologna; E. Canzi a Piacenza; P. Binazzi a La Spezia; U. Marzocchi a La Spezia e a Savona; G. Del Freo e G. Raffaelli a Montignoso (Ms); R. Sarti e A. Raspini a Firenze; V. Mazzoni, O. Buoncristiani, R. Corucci e A. Fontana a Pisa; A. Consani, V. Recchi e L. Filippi a Livorno; T. Eschini a Pistoia; G. Lessi a Piombino (Li). Molti anche gli anarchici che, militando negli AdP, rimasero uccisi, tra i quali: A. Baldasseroni, F. Nardi e F. Filippetti a Livorno; S. Rossi a Castagneto Carducci (Li); L. Landi, A. Lucarelli, G. Morelli a Piombino (Li); C. Fava e A. Puzzarini a Parma; Nello Rossi a Rimini, F. Raffaelli a Terni (Pg); R. Semenzato a Dolo (Ve); G. Bonci a Spello (Pg); C. Comaschi a Cascina (Pi).\r\n[…] L’intransigenza dell’Unione sindacale italiana era nota allo stesso Mussolini che, nel 1920, commentando un progetto insurrezionale “dannunziano”, ebbe ad osservare: «Bisogna dunque fare il possibile perché la fulminea marcia su Roma non sia complicata da uno sciopero generale […] Ora, per evitare lo sciopero generale o analoghi movimenti di masse e per non essere costretti a reprimerli, occorre, se non convincere i capi, dividerli: il che disorienterà le masse stesse.\r\nNon si può contare sulla Unione sindacale italiana, ma si può contare, sino un certo punto, sulla Confederazione Generale del Lavoro».\r\nPer la sua attività l’USI subì innumerevoli distruzioni e l’uccisione di numerosi militanti: tra le Camere del lavoro e le sezioni dell’organizzazione “anarco-sindacalista” devastate od occupate dagli squadristi, in camicia nera o in uniforme, vi furono quelle di Milano, Varese, Suzzara, Monastero, Brescia, Crema, Mantova, Piacenza, Rovereto, Vicenza, Bologna, Ferrara, Imola, Parma, Modena, Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente, Savona, La Spezia, Firenze, Arezzo, Pisa, Carrara, Lucca, Viareggio, Livorno, Pistoia, Piombino, San Giovanni Valdarno, Castelnuovo dei Sabbioni, Terni, Fano, Roma, Andria, Taranto, Cerignola, Minervino Murge, Iglesias, nonché quelle di Bari e Verona, da poco fuoriuscite dall’Unione.\r\nIl prefetto di Genova, legittimando l’invasione fascista della Camera del lavoro di Sestri Ponente, difesa anche dagli Arditi del popolo, sottolineò che questa «non è socialista ufficiale, ma sindacalista anarchica comunista ed ha sempre dato motivo a pericolo di disordini per suo carattere violento e rivoluzionario».\r\nIl 7 gennaio 1925 il prefetto di Milano decretò lo scioglimento definitivo dell’USI su tutto il territorio nazionale in quanto «organizzazione sovvertitrice e antinazionale», anche se poi questa avrebbe continuato a operare in clandestinità e all’estero.\r\n","2018-10-17 22:11:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/arditi_28_04_2012-200x110.jpg","Siam del popolo gli arditi",1335177189,[159,160,161,162,163],"http://radioblackout.org/tag/antifascismo/","http://radioblackout.org/tag/arditi-del-popolo/","http://radioblackout.org/tag/convegno/","http://radioblackout.org/tag/reggio-emilia/","http://radioblackout.org/tag/resistenza/",[108,112,104,110,106],{"post_content":166},{"matched_tokens":167,"snippet":169,"value":170},[168],"Gattinara","a Vercelli; N. 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[…] Sarebbe occorsa, come scrisse Malatesta da vecchio insurrezionalista, una «resistenza energica, metodica, organizzata contro la violenza avversaria». […] Invece, di fronte a tale inedita sistematica aggressione prevalse una sorta di fuga dalla realtà: «erano tutti d’accordo – secondo le parole di Emilio Lussu - nel valutare la violenza fascista come antistorica: non bisognava dunque contrapporre ad essa un’altra violenza antistorica, ma attendere il crearsi dell’ambiente favorevole ad una violenza storica».\r\n[…] La direzione del Partito socialista aveva preso presto le distanze dagli Arditi del popolo, malgrado le sincere simpatie manifestate dalla base, quali risultavano dalle pagine dell’«Avanti!»; ma tale decisione politica si rivelò ancora più grave con l’accettazione del cosiddetto Patto di pacificazione che il 2 agosto, nello studio romano del presidente della Camera De Nicola, venne unitamente sottoscritto dal Partito socialista, dalla Confederazione generale del lavoro e dai Fasci, e condiviso dall’Associazione nazionale combattenti, dal Partito popolare e dalla direzione di quello repubblicano. Il cosiddetto patto di Roma, infatti, all’art. 5 recitava: «Il PSI dichiara di essere estraneo all’organizzazione e all’opera degli Arditi del popolo, come del resto risulta già dallo stesso convegno di questi che si proclamano al di fuori di tutti i partiti». A distanza di pochi anni, Nenni molto lucidamente definì il Trattato «un grave errore di valutazione» persino «grottesco se si pensa che il Partito nello stesso momento, rifiutava qualsiasi intesa coi gruppi antifascisti».\r\nAl contrario, l’organo dei Fasci poteva esprimere la propria soddisfazione: «gli arditi del popolo, i quali ormai sconfessati da repubblicani, da comunisti e dai socialisti, dovranno rapidamente concludere la loro breve ed ingloriosa carriera».\r\nQuattro giorni dopo la firma del Patto di pacificazione pure il Partito comunista, attraverso un comunicato dell’Esecutivo datato 7 agosto, si “chiamava fuori” minacciando i «più severi provvedimenti» per i militanti comunisti che avessero fatto parte degli Arditi del popolo, lasciando questi ultimi in un sempre più pesante isolamento, specie dopo la dissociazione del Partito repubblicano avvenuta alla fine di luglio.\r\n\r\nIl discorso è diverso per il movimento anarchico che, invece, respinse decisamente ogni ipotesi di pacificazione, continuando a sostenere gli Arditi del popolo. Sino ad allora, a differenza degli altri raggruppamenti politici, gli anarchici non avevano sentito l’esigenza di dare vita a proprie strutture di difesa, in quanto la loro prassi era già improntata ad una lunga consuetudine di azione diretta e organizzazione semi-legale; ma la comparsa dell’arditismo popolare rappresentava per loro un’occasione per dare impulso all’iniziativa rivoluzionaria.\r\n[…] Pur risultando l’unica realtà del movimento di classe ad appoggiare sino all’ultimo gli Arditi del popolo - come attestato dai comunicati dell’Associazione regolarmente ospitati sia su «Umanità Nova» che sulla stampa libertaria in genere - anche in seno all’anarchismo vi fu un dibattito in merito, a causa soprattutto della struttura militarista (disinvoltamente accettata da molti anarchici di tendenza individualista e antiorganizzatrice), ma anche per la sua composizione non esclusivamente proletaria (vista invece con diffidenza dai comunisti anarchici). L’esistenza di alcune divergenze teoriche si può intuire da un articolo pubblicato, in data 20 luglio 1921, su «Il Seme», settimanale livornese dell’Uniona anarchica italiana, di cui si riporta uno stralcio: «Chi sono cotesti Arditi del popolo? Sento già questa domanda affiorare alle labbra di qualcuno di quei compagni ingenui o forse troppo puritani, che vedono dappertutto l’incoerenza che nuoce ai principi della incorruttibile Anarchia nostra [...] La rivoluzione non si affretta leggendo filosofia o scrivendo articoli di giornale, ma scendendo sul terreno dell’azione. Ed era l’ora. Anche l’anarchismo divenuto troppo giornalaio minacciava di irretirsi di rinunce, e troppo lasciava correre imponendosi un pericoloso isolamento [...] Possiamo adunque pensare che gli Arditi del popolo, sorti dalla fraterna riconciliazione dei rivoluzionari romani, sono sangue del nostro sangue e carne della nostra carne. Dobbiamo aiutarli, incoraggiarli, imitarli». In un altro articolo, seppure favorevole agli AdP, pubblicato su «Il Libertario» del 21 luglio, veniva premesso che «Noi, lo si sa, non abbiamo troppe simpatie per l’apparato militaresco e per la sottomissione e disciplina che consegue all’organizzazione di questi eserciti proletari».\r\n\r\nNel 1922, a Roma, probabilmente per rafforzare la difesa delle proprie sedi e manifestazioni, i preesistenti Nuclei libertari «Arditi Anarchici» costituirono il 1° battaglione «Arditi Anarchici» e fu avviata la formazione del 2° e del 3°, come si apprende dagli articoli pubblicati nella cronaca romana di «Umanità Nova» del 21 e 28 ottobre. Da un fonogramma della questura di Roma al Ministero dell’Interno, in data 14 novembre, si apprende della perquisizione e dell’arresto di Raffaele De Angelis, ritenuto uno dei principali organizzatori dei «Nuclei giovanili arditi anarchici».\r\n[…] Numerosi furono i militanti anarchici, sia di tendenza individualista che comunista, promotori dell’organizzazione ardito-popolare e con responsabilità di comando in essa, ad iniziare dalla sezione romana con A. Paolinelli, A. Eluisi, V. Santarelli, R. Gentilezza, C. Mannarelli, G. Gallinella, A. Di Giacomo, N. Rita, A. Mastrosanti, U. Piermattei, S. Stagnetti, G. Luzzi e, in provincia, Del Prete a Genzano e V. De Fazi a Civitavecchia. Altri anarchici con ruoli dirigenti furono A. Del Sole a Orte (Vt); P. Ranieri a Tavernelle (Pu); A. Cieri a Parma; G. Tenaglia, P. Tripol, A. Poggiani e M. Camin a Trento; I. Margherita a Torino; M. Corona a Vercelli; N. Prina a \u003Cmark>Gattinara\u003C/mark> (Vc); E. Lelli a Bologna; E. Canzi a Piacenza; P. Binazzi a La Spezia; U. Marzocchi a La Spezia e a Savona; G. Del Freo e G. Raffaelli a Montignoso (Ms); R. Sarti e A. Raspini a Firenze; V. Mazzoni, O. Buoncristiani, R. Corucci e A. Fontana a Pisa; A. Consani, V. Recchi e L. Filippi a Livorno; T. Eschini a Pistoia; G. Lessi a Piombino (Li). Molti anche gli anarchici che, militando negli AdP, rimasero uccisi, tra i quali: A. Baldasseroni, F. Nardi e F. Filippetti a Livorno; S. Rossi a Castagneto Carducci (Li); L. Landi, A. Lucarelli, G. Morelli a Piombino (Li); C. Fava e A. Puzzarini a Parma; Nello Rossi a Rimini, F. Raffaelli a Terni (Pg); R. Semenzato a Dolo (Ve); G. Bonci a Spello (Pg); C. Comaschi a Cascina (Pi).\r\n[…] L’intransigenza dell’Unione sindacale italiana era nota allo stesso Mussolini che, nel 1920, commentando un progetto insurrezionale “dannunziano”, ebbe ad osservare: «Bisogna dunque fare il possibile perché la fulminea marcia su Roma non sia complicata da uno sciopero generale […] Ora, per evitare lo sciopero generale o analoghi movimenti di masse e per non essere costretti a reprimerli, occorre, se non convincere i capi, dividerli: il che disorienterà le masse stesse.\r\nNon si può contare sulla Unione sindacale italiana, ma si può contare, sino un certo punto, sulla Confederazione Generale del Lavoro».\r\nPer la sua attività l’USI subì innumerevoli distruzioni e l’uccisione di numerosi militanti: tra le Camere del lavoro e le sezioni dell’organizzazione “anarco-sindacalista” devastate od occupate dagli squadristi, in camicia nera o in uniforme, vi furono quelle di Milano, Varese, Suzzara, Monastero, Brescia, Crema, Mantova, Piacenza, Rovereto, Vicenza, Bologna, Ferrara, Imola, Parma, Modena, Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente, Savona, La Spezia, Firenze, Arezzo, Pisa, Carrara, Lucca, Viareggio, Livorno, Pistoia, Piombino, San Giovanni Valdarno, Castelnuovo dei Sabbioni, Terni, Fano, Roma, Andria, Taranto, Cerignola, Minervino Murge, Iglesias, nonché quelle di Bari e Verona, da poco fuoriuscite dall’Unione.\r\nIl prefetto di Genova, legittimando l’invasione fascista della Camera del lavoro di Sestri Ponente, difesa anche dagli Arditi del popolo, sottolineò che questa «non è socialista ufficiale, ma sindacalista anarchica comunista ed ha sempre dato motivo a pericolo di disordini per suo carattere violento e rivoluzionario».\r\nIl 7 gennaio 1925 il prefetto di Milano decretò lo scioglimento definitivo dell’USI su tutto il territorio nazionale in quanto «organizzazione sovvertitrice e antinazionale», anche se poi questa avrebbe continuato a operare in clandestinità e all’estero.",[172],{"field":85,"matched_tokens":173,"snippet":169,"value":170},[168],{"best_field_score":142,"best_field_weight":143,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":37,"score":144,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":91},6637,{"collection_name":127,"first_q":19,"per_page":29,"q":19},4,["Reactive",179],{},["Set"],["ShallowReactive",182],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f14FKj2Z80vS-qgf0-glgWU5rOFxN4TDhSm5zqg2CV2o":-1},true,"/search?query=cattinara"]