","Il lavoro secondo Matteo","post",1421782613,[53,54,55,56,57,58,59],"http://radioblackout.org/tag/articolo-18/","http://radioblackout.org/tag/cintratto-a-tutele-crscenti/","http://radioblackout.org/tag/ichino/","http://radioblackout.org/tag/jopb-act/","http://radioblackout.org/tag/licenziamenti/","http://radioblackout.org/tag/matteo-renzi/","http://radioblackout.org/tag/precarieta/",[21,27,15,17,25,23,19],{"post_content":62,"tags":68},{"matched_tokens":63,"snippet":66,"value":67},[64,65],"a","tutele","riforma renziana è il \"contratto \u003Cmark>a\u003C/mark> \u003Cmark>tutele\u003C/mark> crescenti\", lo strumento che secondo","Matteo Renzi lo cita continuamente come «riforma già fatta». Ma il Job act è tutt’altro che in vigore. E non lo sarà ancora per mesi.\r\nMilioni di persone vivono nel limbo mentre continuano le meline parlamentari. Come e quando verranno ridotti i 46 tipi di contratti precari? Renzi non ha mai dato una risposta chiara.\r\n\r\nIn compenso le parti che colpiscono più duramente libertà e reddito dei lavoratori sono già pienamente operative. Non per sbaglio gli imprenditori non hanno più parole per lodare il primo ministro.\r\n\r\nIl Manifesto di ieri ha utilizzato come guida il mentore della riforma, il giuslavorista Pietro Ichino, che non senza ragione si è attribuito il merito sia nell'ideazione sia nella stesura dei primi due decreti legislativi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Cosimo, sindacalista di base ed attento analista delle dinamiche sociali.\r\n\r\nAscolta la diretta con Cosimo:\r\n\r\ncosimo\r\n\r\nIl cuore della riforma renziana è il \"contratto \u003Cmark>a\u003C/mark> \u003Cmark>tutele\u003C/mark> crescenti\", lo strumento che secondo Renzi doveva «superare l’apartheid nel mondo del lavoro tra garantiti e giovani precari». Nei fatti il solco tra lavoratori giovani e lavoratori più anziani non fa che allargarsi. I neo assunti non hanno diritto all'articolo 18 e sono quindi più esposti al ricatto padronale ulteriormente togliendo l’articolo 18 solo per i neo assunti.\r\n\r\nLa conseguenza di questa scelta è sin troppo prevedibile: qualsiasi impresa sarà tentata di cambiare contratto ai propri dipendenti, applicando quello \u003Cmark>a\u003C/mark> \u003Cmark>tutele\u003C/mark> crescenti — che sostituisce il contratto \u003Cmark>a\u003C/mark> tempo indeterminato — potendoli dunque licenziare quando più aggrada.\r\n\r\nLa dimostrazione viene proprio da Federmeccanica: giusto venerdì il suo presidente — il moderato Fabio Storchi — ha proposto di «eliminare il doppio regime tra i nuovi e i vecchi assunti» chiedendo «coerenza perché tutti questi provvedimenti siano estesi \u003Cmark>a\u003C/mark> tutta la platea degli occupati». In una parola: libertà di licenziamento. Cosa che subiranno già tutti i lavoratori degli appalti: la prima volta che passeranno di “padrone” perderanno per sempre l’articolo 18.\r\n\r\nLo stesso Ichino sostiene che in caso di licenziamento «il costo per l’impresa sarà la metà o poco più» di quello previsto con due mesi di indennità l’anno: questo perché ogni lavoratore licenziato «opterà per la conciliazione standard, pari \u003Cmark>a\u003C/mark> una mensilità per anno di servizio, con un massimo di 18» in quanto «l’esito del giudizio» \u003Cmark>a\u003C/mark> cui si dovrà sottoporre per ottenere l’indennizzo «non è scontato» e perché in caso di conciliazione il governo ha previsto che questa sia «esente da imposizione fiscale». Un ennesimo favore alle imprese.\r\n\r\nIl contratto \u003Cmark>a\u003C/mark> \u003Cmark>tutele\u003C/mark> crescenti è solo il primo dei decreti previsti. Il 24 dicembre il governo lo ha approvato insieme al secondo sugli ammortizzatori, uscito da palazzo Chigi con la dizione «salvo intese». In questo però — \u003Cmark>a\u003C/mark> parte le coperture per la sciarada di nuovi ammortizzatori \u003Cmark>a\u003C/mark> partire dal Naspi e al netto della balla sui 24 mesi di copertura: partirà da maggio, sarà di due anni solo se un precario ha lavorato consecutivamente negli ultimi quattro anni e dal 2017 il massimo di copertura calerà \u003Cmark>a\u003C/mark> 18 mesi — manca tutta la parte sulla riforma delle varie forme di cassa integrazione, che necessiteranno di un nuovo decreto, e che comunque ridurranno ulteriormente — la cig in deroga è già stata dimezzata, i contratti di solidarietà non sono stati rifinanziati e l’indennità è stata ridotta del 10 per cento — la durata degli ammortizzatori sociali per i milioni che il lavoro lo hanno già perso.\r\n\r\nMancano dunque la maggior parte dei decreti — tre o quattro almeno — come da delega: riforma dei servizi per il lavoro con la creazione dell’«Agenzia nazionale per l’occupazione», «disposizioni di semplificazioni e razionalizzazioni delle procedure \u003Cmark>a\u003C/mark> carico di cittadini e imprese», «un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro», «sostegno alla maternità e paternità». Per tutti questi decreti i tempi previsti sono di mesi — il ministro Poletti parla di quattro — mentre il limite della delega è di «sei». 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Ci raccontano le favole e pretendono che ci crediamo. Intanto piovono pietre. \r\nNelle nostre periferie tanti non ce la fanno a pagare il fitto e il mutuo e finiscono in strada. A Torino si moltiplicano gli sfratti, mentre ci sono migliaia di appartamenti vuoti.\r\n\r\nIl governo dice che non ci sono soldi. Mente. \r\nI soldi per le guerre, per le armi, per le grandi opere inutili li trovano sempre. Da anni aumenta la spesa bellica e si moltiplicano i tagli per ospedali, trasporti locali, scuole. \r\nNon vogliono spendere per migliorare le nostre vite, perché preferiscono investire in telecamere e polizia. 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Nel nostro paese i senza reddito, senza accesso alle cure, spesso anche senza casa sono ormai quattro milioni.\r\n\r\nCi vogliono divisi per poterci meglio comandare e sfruttare.\r\nSoffiano sul fuoco della guerra tra poveri, per mettere i lavoratori italiani contro quelli immigrati, più disponibili ad accettare salari e ritmi e condizioni di lavoro peggiori, perché rischiano di perdere, con il lavoro, anche il permesso di soggiorno.\r\nLa solidarietà di classe tra stranieri e italiani, la lotta comune contro le leggi razziste che trasformano in schiavi gli immigrati, mette in difficoltà i padroni. 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Con l’azione diretta, costruendo spazi politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione, costruendo reti sociali che sappiano inceppare la macchina e rendano efficaci gli scioperi.\r\nIl 18 marzo i sindacati che non hanno firmato l’accordo sulla rappresentanza hanno indetto sciopero generale. Purtroppo sappiamo bene che si tratta di uno sciopero di minoranza. In questi anni i sindacati di base non hanno saputo spezzare il consenso intorno alla narrazione dei governi e dei padroni.\r\n\r\nLa lotta di classe che oggi i padroni e il governo ci fanno merita risposte forti, scioperi capaci di bloccare tutto, di durare nel tempo, di fermare la macchina della produzione, della distribuzione, la circolazione delle merci e delle persone.\r\nFacciamola finita con la schiavitù salariata!\r\nUn mondo senza sfruttati né sfruttatori, senza servi né padroni, un mondo di liberi ed eguali è possibile. \r\nTocca a noi costruirlo. \r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\nCorso Palermo 46 – riunioni – aperte agli interessati - ogni giovedì alle 21","5 Aprile 2016","2018-10-17 22:59:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/sciopero-200x110.jpg","18 marzo. 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Un edificio pazzo che doveva essere una sinagoga ma divenne un fiasco vuoto. Solo da ven’anni l’hanno riempito con il museo del cinema, la vecchia macchina delle illusioni. I turisti fanno la fila e la Torino targata PD ci racconta la favola di una città che sopravvive al dopo Fiat.\r\n\r\nI torinesi invece han fatto la coda per visitare il grattacielo di Intesa- SanPaolo del senatore dem e archistar genovese Renzo Piano. Una scheggia di ghiaccio tra il tribunale e il palazzo dell’ex Provincia, il simbolo del legame tra l’amministrazione comunale e regionale e la Banca. Il comune concesse il terreno per un pugno di soldi, la Banca coprì il buco nelle casse del comune, Chiamparino venne rieletto sindaco, poi si parcheggiò nella poltrona di presidente della Compagnia di SanPaolo per approdare a quella di governatore regionale. Torino non venne travolta dalle inchieste che hanno segnato la gestione di Expo a Milano dopo il passaggio di consegne dal centro destra agli arancioni di Pisapia. Ma, nonostante tutto, la città non è del tutto pacificata.\r\nIn questo maggio il centro è sottosequestro per la Sindone, i commercianti non fanno affari e si lamentano., il sindaco post comunista replica che non si vive di solo pane e per il Primo Maggio vola a Milano per i manicaretti all’inaugurazione dell’Expo, grande abbuffata collettiva per palazzinari e coop rosse. Il grande baraccone mai-finito che già crolla a pezzi è il simbolo di una classe politica che non riesce ad ancorarsi neppure nell’oggi più effimero.\r\nAnche il governatore Chiamparino si è lasciato alle spalle le rovine della Torino olimpica per un lungo weekend di vacanze.\r\nI maligni sospettano che nessuno dei due avesse voglia della consueta bordata di fischi della piazza del Primo Maggio torinese.\r\nQuest’anno il PD aveva chiesto ai sindacati di proteggerlo, ma Cgil, Cisl e Uil non ne hanno voluto sapere. E’ finita con i picchiatori prezzolati dell’Hydra in pettorina PD schierati in piazza e la polizia che ha diviso in due il corteo per tenere lontani i contestatori.\r\nIl solco tra la piazza istituzionale e quella delle lotte sociali è sempre più profondo.\r\nLo spezzone rosso e nero ha attraversato il centro cittadino aperto dallo striscione “né Stati né padroni. Azione diretta”.\r\nNei vari interventi dal camion c’è il senso di una giornata di sciopero, lontana dalla retorica della “festa”, che sindacati e sinistra istituzionale vorrebbero imporre, sradicando dall’immaginario il retaggio di lotta che accompagna questa giornata sin dal 1886.\r\nDal volantino distribuito in piazza: “Ci raccontano che viviamo nel migliore dei mondi possibili, che liberismo e democrazia garantiscono pace, libertà, benessere. Ci raccontano le favole e pretendono che ci crediamo. Intanto piovono pietre. (…)\r\nLe leggi condannano gli anziani ad una vecchiaia senza dignità, i giovani alla precarietà a vita. Con il contratto a tutele crescenti i nuovi assunti avranno contratti a tempo indeterminato. Una bella favola. I padroni per tre anni non pagano contributi e possono licenziarti a piacere. Se il licenziamento è illegittimo ti danno due soldi e via. La precarietà cambia solo nome e diventa normale per tutti. (…)\r\nA Milano l'Expo mette in scena l’Italia ai tempi di Renzi, tra cantieri miliardari e morti di lavoro, agro business e green economy, lavoro gratuito e servitù volontaria, sfratti e polizia, gentrification e colate di cemento.\r\nUn mostro che affama il pianeta, lo desertifica, lo trasforma in una discarica.\r\nIl suo modello è Eataly, il supermercato MangiaItalia, dove precarietà e sfruttamento sono la regola.\r\nChi si fa ricco con il lavoro altrui non guarda in faccia nessuno. Chi governa racconta la favola che sfruttati e sfruttatori stanno sulla stessa barca e elargisce continui regali ai padroni.\r\nI padroni si sentono forti e sono passati all’incasso.\r\nRenzi vuole la fine delle lotta di classe, la resa senza condizioni dei lavoratori. (…)\r\nC’è chi non ci sta, chi si ribella ad un destino già scritto, chi vuole riprendersi il futuro. (…)\r\nCambiare la rotta è possibile. Con l’azione diretta, costruendo spazi politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione, costruendo reti sociali che sappiano inceppare la macchina e rendano efficaci gli scioperi.\r\nUn mondo senza sfruttati né sfruttatori, senza servi né padroni, un mondo di liberi ed eguali è possibile. (…) Tocca a noi costruirlo”.\r\nLo spezzone anarchico si conclude in piazza San Carlo con un ultimo intervento.\r\nPoi via di corsa verso Milano per il corteo No Expo. La giornata sarà ancora lunga.\r\n\r\nAscolta la cronaca di Anarres:\r\n\r\n2015_05_08_primo_maggio_torino","8 Maggio 2015","2018-10-17 22:59:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/2015-torino-primo-maggio-10-200x110.jpg","Torino. 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I turisti fanno la fila e la Torino targata PD ci racconta la favola di una città che sopravvive al dopo Fiat.\r\n\r\nI torinesi invece han fatto la coda per visitare il grattacielo di Intesa- SanPaolo del senatore dem e archistar genovese Renzo Piano. Una scheggia di ghiaccio tra il tribunale e il palazzo dell’ex Provincia, il simbolo del legame tra l’amministrazione comunale e regionale e la Banca. Il comune concesse il terreno per un pugno di soldi, la Banca coprì il buco nelle casse del comune, Chiamparino venne rieletto sindaco, poi si parcheggiò nella poltrona di presidente della Compagnia di SanPaolo per approdare \u003Cmark>a\u003C/mark> quella di governatore regionale. Torino non venne travolta dalle inchieste che hanno segnato la gestione di Expo \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano dopo il passaggio di consegne dal centro destra agli arancioni di Pisapia. Ma, nonostante tutto, la città non è del tutto pacificata.\r\nIn questo maggio il centro è sottosequestro per la Sindone, i commercianti non fanno affari e si lamentano., il sindaco post comunista replica che non si vive di solo pane e per il Primo Maggio vola \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano per i manicaretti all’inaugurazione dell’Expo, grande abbuffata collettiva per palazzinari e coop rosse. Il grande baraccone mai-finito che già crolla \u003Cmark>a\u003C/mark> pezzi è il simbolo di una classe politica che non riesce ad ancorarsi neppure nell’oggi più effimero.\r\nAnche il governatore Chiamparino si è lasciato alle spalle le rovine della Torino olimpica per un lungo weekend di vacanze.\r\nI maligni sospettano che nessuno dei due avesse voglia della consueta bordata di fischi della piazza del Primo Maggio torinese.\r\nQuest’anno il PD aveva chiesto ai sindacati di proteggerlo, ma Cgil, Cisl e Uil non ne hanno voluto sapere. E’ finita con i picchiatori prezzolati dell’Hydra in pettorina PD schierati in piazza e la polizia che ha diviso in due il corteo per tenere lontani i contestatori.\r\nIl solco tra la piazza istituzionale e quella delle lotte sociali è sempre più profondo.\r\nLo spezzone rosso e nero ha attraversato il centro cittadino aperto dallo striscione “né Stati né padroni. Azione diretta”.\r\nNei vari interventi dal camion c’è il senso di una giornata di sciopero, lontana dalla retorica della “festa”, che sindacati e sinistra istituzionale vorrebbero imporre, sradicando dall’immaginario il retaggio di lotta che accompagna questa giornata sin dal 1886.\r\nDal volantino distribuito in piazza: “Ci raccontano che viviamo nel migliore dei mondi possibili, che liberismo e democrazia garantiscono pace, libertà, benessere. Ci raccontano le favole e pretendono che ci crediamo. Intanto piovono pietre. 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