","Le ragazze della Jakala non mollano","post",1616510741,[49,50,51,52,53],"http://radioblackout.org/tag/appalti-e-subappalti/","http://radioblackout.org/tag/cooperativa-helios/","http://radioblackout.org/tag/cooperativa-santa-maria/","http://radioblackout.org/tag/jakala/","http://radioblackout.org/tag/lotta-delle-lavoratrici/",[19,17,23,15,21],{"post_content":56,"tags":63},{"matched_tokens":57,"snippet":61,"value":62},[58,59,60],"cooperativa","Santa","Maria","confezionamento in subappalto per un'altra \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark>, la \u003Cmark>Santa\u003C/mark> \u003Cmark>Maria\u003C/mark>, che, a sua volta, lavora","Aggiornamento al 23 marzo\r\n\r\n\r\nProsegue la lotta delle lavoratrici della \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> Helios, che lavora nei magazzini Jakala di Nichelino, con sui ha un contratto in subappalto.\r\nMartedì scorso c’è stato un folto presidio di fronte alla sede della \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> Helios in piazza Derna 227. Una delegazione di lavoratrici e sindacalisti è stata ricevuta dai rappresentanti di Helios, che hanno rifiutato ogni confronto ed hanno annunciato l’invio di contestazioni alle lavoratrici lasciate a casa senza stipendio o emarginate per le loro lotte. Le lettere sono arrivate pochi giorni dopo. Nel frattempo Jakala ha fissato un incontro con le lavoratrici di Helios per la prossima settimana. Le lavoratrici sono decise a non mollare.\r\nLa vicenda Jakala è peraltro emblematica della condizione lavorativa di settori sempre più ampi di lavoratori e lavoratrici, costretti alla precarietà, all’assenza di tutele e garanzie, a salari da fame, in un sistema di appalti e subappalti, che di fatto sono la forma del caporalato del terzo millennio.\r\nCe ne ha parlato Stefano Capello della Flaica Cub\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/2021-03-23-jakala-capello.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nLa coop Helios è un'azienda che lavora nel campo del confezionamento in subappalto per un'altra \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark>, la \u003Cmark>Santa\u003C/mark> \u003Cmark>Maria\u003C/mark>, che, a sua volta, lavora per Jakala, un marchio importante in questo paese con un fatturato di 135 milioni di euro.\r\nLa Jakala ha dei capannoni a Nichelino dove lavorano le dipendenti della Helios e della \u003Cmark>Santa\u003C/mark> \u003Cmark>Maria\u003C/mark>. Le lavoratrici confezionano merci che vengono poi spedite in tutta Italia.\r\nIl clima nell’azienda è pesantissimo: le addette al confezionamento sono inquadrate al livello più basso del CCNL Multiservizi, uno tra i peggiori dei molti contratti presenti in Italia. Le lavoratrici vengono pagate a giornata e quando vengono sospese non ricevono alcuna retribuzione. Essere sospese non è molto difficile, basta una parola di troppo, una richiesta, una lamentela. Cosi è successo ad una lavoratrice che prima è stata sospesa senza stipendio, poi trasferita a 35 chilometri di distanza per dovendosi occupare da sola del figlio di 6 anni. La stessa sorte poteva toccare ad un’altra lavoratrice che per paura di ripercussioni non ha denunciato un infortunio dovuto al sollevamento di carichi pesanti. Ora ha un’ernia fuori posto e l’ansia di dover rientrare a lavorare.\r\nAll’inizio di marzo le lavoratrici hanno manifestato per rivendicare condizioni di lavoro dignitose e salari accettabili: la FLAICA CUB Torino ha avviato una vertenza legale: “Non abbiamo nessuna intenzione di lasciare sole queste lavoratrici sottoposte al ricatto di dover scegliere tra la propria vita e il lavoro”.\r\n\r\nJakala che ha risposto con una nota: “In merito a quanto verificatosi davanti al capannone di Jakala SpA a Nichelino, riteniamo doverose alcune precisazioni. Ci preme anzitutto esprimere rammarico per l’accaduto ed evidenziare che Jakala SpA non era in alcun modo a conoscenza di quanto dichiarato durante la protesta ed è del tutto estranea ai rapporti lavorativi che fanno capo alla \u003Cmark>Cooperativa\u003C/mark> Helios, verso la quale è stato rivolto lo sciopero. Tale \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> opera nel magazzino a Nichelino in qualità di sub – fornitore di un’altra \u003Cmark>Cooperativa\u003C/mark> , con la quale la nostra società intrattiene un rapporto contrattuale diretto. In qualità di committente, Jakala SpA non può interferire nei rapporti di lavoro tra fornitori/sub – fornitori ed i dipendenti di questi, se non nei limiti disposti dalla legge e dagli accordi contrattuali . Come ogni altro fornitore con il qual e Jakala SpA ha rapporti, la \u003Cmark>Cooperativa\u003C/mark> Helios è tenuta ad uniformarsi ai principi etici da noi applicati e rispetto ai quali pretendiamo totale aderenza. Ci impegniamo pertanto ad approfondire quanto accaduto, in un’ottica di vicinanza e collaborazione con tutte le persone che a vario titolo collaborano con la nostra realtà”.\r\nL’ipocrisia di chi lascia il lavoro sporco alle cooperative/ombra che si occupano di reclutare manodopera flessibile e ricattabile ed a gestire gli eventuali conflitti.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Martina, lavoratrice della \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> Helios, lasciata a casa senza stipendio da dicembre\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/2021-03-16-martina-diiakala.mp3\"][/audio]",[64,66,69,74,76],{"matched_tokens":65,"snippet":19},[],{"matched_tokens":67,"snippet":68},[58],"\u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> helios",{"matched_tokens":70,"snippet":73},[58,71,72],"santa","maria","\u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> \u003Cmark>santa\u003C/mark> \u003Cmark>maria\u003C/mark>",{"matched_tokens":75,"snippet":15},[],{"matched_tokens":77,"snippet":21},[],[79,86],{"field":24,"indices":80,"matched_tokens":82,"snippets":85},[81,14],2,[83,84],[58,71,72],[58],[73,68],{"field":87,"matched_tokens":88,"snippet":61,"value":62},"post_content",[58,59,60],1736172819517538300,{"best_field_score":91,"best_field_weight":92,"fields_matched":81,"num_tokens_dropped":35,"score":93,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":35},"3315704398080",13,"1736172819517538410",3,6646,{"collection_name":46,"first_q":23,"per_page":97,"q":23},6,{"facet_counts":99,"found":81,"hits":120,"out_of":175,"page":14,"request_params":176,"search_cutoff":25,"search_time_ms":119},[100,108],{"counts":101,"field_name":106,"sampled":25,"stats":107},[102,104],{"count":14,"highlighted":103,"value":103},"anarres",{"count":14,"highlighted":105,"value":105},"frittura mista","podcastfilter",{"total_values":81},{"counts":109,"field_name":24,"sampled":25,"stats":118},[110,112,114,116],{"count":14,"highlighted":111,"value":111},"cie",{"count":14,"highlighted":113,"value":113},"Lampedusa",{"count":14,"highlighted":115,"value":115},"Ponte Galeria",{"count":14,"highlighted":117,"value":117},"frittura mista radio fabbrica",{"total_values":119},4,[121,150],{"document":122,"highlight":137,"highlights":142,"text_match":145,"text_match_info":146},{"comment_count":35,"id":123,"is_sticky":35,"permalink":124,"podcastfilter":125,"post_author":126,"post_content":127,"post_date":128,"post_excerpt":41,"post_id":123,"post_modified":129,"post_thumbnail":130,"post_title":131,"post_type":132,"sort_by_date":133,"tag_links":134,"tags":136},"94717","http://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-14-01-2024/",[105],"fritturamista","Il primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di un'attivista di \"Mi Riconosci?\" (realtà nata nel 2015 con l'intento di organizzare ed informare professioniste/i del settore cultura o aspiranti tali) per commentare assieme la notizia sull'inchiesta partita dalla procura di Milano sulle cooperative che forniscono personale in contesti come musei, teatri, fiere per lo più in Lombardia. La nostra intervistata ci ha dapprima presentato più nello specifico l'associazione \"Mi Riconosci?\" per poi scendere nel dettaglio della vicenda giudiziaria. Infatti la cooperativa Fema, come altre operanti nel settore, viene accusata di caporalato, con dipendenti che arrivano a percepire paghe tra i 4 e i 5 euro l'ora, oltre a subire discriminazioni da quella di genere a quella razziale. Ci siamo fatti raccontare da chi opera in questo settore, quali sono le condizioni generali e se si discostano o meno da quelle del caso preso in considerazione, oltre a capire a che livello è la rabbia e la voglia di reagire per cambiare le cose, che hanno queste lavoratrici e lavoratori. Vi segnaliamo siti e profili social [1] [2] [3] di Mi Riconosci? in caso tra chi ci ascolta ci fosse qualcuno nell'ambito che avesse bisogno di informazioni o per segnalare le proprie condizioni lavorative\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/F_m_14_01_Attivista-di-Mi-Riconosci-su-inchiesta-caporalato-settore-cultura-lombardo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di un capotreno dell’Assemblea Nazionale PdM/PdB (personale di macchina/personale di bordo.\r\n\r\n “Siamo il gruppo auto-organizzato di Macchinisti e Capitreno delle FSI che rivendica un giusto rinnovo del CCNL”) sull'ottavo sciopero nazionale che si terrà del 25/26 gennaio 2025 di 24H e sull'iniziativa \"Tutti al turno\" -> No straordinario - NO cambi turno - No intervalli lavorativi.\r\nI/le lavorator* autorganizzati continuano a lottare nella direzione giusta proponendo a rialzo un periodo di lotta di un mese che culmina con lo sciopero nazionale. Non avendo avuto interlocuzione dignitosa con la controparte sui temi portati e discussi in assemblea ed avendo una larga platea che contribuisce a rendere efficace lo sciopero e/o l'iniziativa di lotta continuano a confrontarsi sul CCNL attraverso una tavola rotonda permanete. Tutto in un link è lo spazio di formazione e confronto sul lavoro fatto e fattibile: \"abbiamo creato un unico hub digitale per raccogliere e rendere facilmente accessibili tutti i contenuti utili alla vertenza in atto dedicati al PdM/PdB\"\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/F_m_14_01_Capotreno-dellassemblea-PDB-PDM-su-prossime-iniziative-settore-ferroviario.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl terzo argomento della puntata è stato quello del tragico decesso sul lavoro di Patrizio Spasiano di 19 anni, proveniente dal quartiere Secondigliano di Napoli. Per commentare questa notizia, abbiamo intervistato Gianmaria del CSA Spartaco Santa Maria Capua Vetere, attivo in Aversa con la Palestina, realtà che vivono ed operano in quei territori dove si è consumato questo ennesimo omicidio di classe.\r\n\r\nPatrizio essendo un tirocinante dell cooperativa Cofrin, impegnato in lavori di manutenzione di un serbatoio, non doveva neanche essere occupato in un cantiere, oltre al fatto che l'azienda nella quale è morto, aveva appena perso un'altro lavoratore il 31 dicembre 2024 schiacciato da un muletto: Pompeo Mezzacapo, 39 anni di Capodrise. Già solo questo dà uno spaccato significativo sul mondo del lavoro italiano e campano nello specifico, oltre a questo il nostro ospite ci descrive anche tutta la sequela di disagi a cui è sottoposta quotidianamente la gente dei territori della \"terra dei fuochi\", a sopravvivere di compromessi tra occupazione e salute, di trasporti e servizi sanitari disatrati, dei quali costi devono farsi carico sempre gli stati più fragili della popolazione. Il nostro intervistato conclude ampliando lo sguardo alla situazione generale, all'economia di guerra che ci attanaglia e alla conseguente stretta repressiva interna, collegando le mobilitazioni e le vertenze attive nei luoghi di lavoro nel napoletano al momento, con l'opposizione locale al ddl 1660, bramato ogni giorno di più dal governo Meloni, per tappare con uno stato di polizia, l'inevitabile dissenso di un paese disastrato come il nostro.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/F_m_14_01_Gianmaria-CSA-Spartaco-su-decesso-Patrizio-Spasiano-e-situazione-territorio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","15 Gennaio 2025","2025-02-04 22:50:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/471445733_918916983761441_8313292250710076313_n-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 14/01/2025","podcast",1736904732,[135],"http://radioblackout.org/tag/frittura-mista-radio-fabbrica/",[117],{"post_content":138},{"matched_tokens":139,"snippet":140,"value":141},[59,60],"intervistato Gianmaria del CSA Spartaco \u003Cmark>Santa\u003C/mark> \u003Cmark>Maria\u003C/mark> Capua Vetere, attivo in Aversa","Il primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di un'attivista di \"Mi Riconosci?\" (realtà nata nel 2015 con l'intento di organizzare ed informare professioniste/i del settore cultura o aspiranti tali) per commentare assieme la notizia sull'inchiesta partita dalla procura di Milano sulle cooperative che forniscono personale in contesti come musei, teatri, fiere per lo più in Lombardia. 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Un deputato del PD, Khalid Chaouki, dopo una visita al Centro di prima accoglienza di Lampedusa, ha deciso di non andarsene, facendosi rinchiudere con i profughi dimenticati lì da mesi. Tra loro i superstiti del naufragio del 2 ottobre, che suscitò commozione ed indignazione anche istituzionale, ma, al di là della pubblica esibizione di cordoglio, delle promesse di superamento della Bossi-Fini, nulla è cambiato. Chaouki ha dichiarato che non se ne sarebbe andato finché i reclusi non fossero stati trasferiti in un CARA.\r\n\r\n21 dicembre. Quattro immigrati si sono cuciti le bocche per protestare contro il prolungarsi della detenzione nel CIE di Ponte Galeria a Roma. Immediatamente il quotidiano \"La Stampa\" ha pubblicato la notizia con il massimo del rilievo e il titolo \"protesta choc\". Chi segue da anni le lotte degli immigrati nei CIE della penisola non può che constatare amaramente che si tratta di uno \"choc\" a scoppio ritardato, uno \"choc\" mediatico, studiato a tavolino per aprire la strada a qualche provvedimento sui CIE. Sono anni che gli immigrati si cuciono la bocca per protesta, sono anni che dai CIE filtrano le immagini che riprendono le bocche serrate da fili robusti, ferite dall'ago, simbolo di una resistenza che cerca di spezzare il silenzio. Inutilmente. A Torino nel lontano 2009 alcuni compagni fecero iniziative perché si parlasse di quelle bocche cucite, di quelle bocche serrate perché anche le urla si schiantano sul muro dell'indifferenza. I media parlarono del dito e nascosero la luna.\r\n\r\nOggi tutto sembra cambiato.\r\nL’atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina si sta modificando. Sospettiamo tuttavia che probabilmente tutto debba cambiare, perché tutto resti come prima.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Federico, un compagno impegnato da anni nella lotta contro i CIE.\r\nAscolta la chiacchierata:\r\n\r\n2013 12 20 denitto cie\r\n\r\nProviamo insieme a fare il punto.\r\nLe galere per immigrati senza carte nell'ultimo anno si sono dimezzate. Ne rimangono aperte solo sei (Torino, Milano, Roma, Trapani Milo, Pian Del Lago, Bari), le altre sono state, una dopo l'altra, bruciate e fatte a pezzi dei reclusi. Il governo ha dovuto chiudere i CIE di Gradisca, Trapani Vulpitta, Bologna, Modena, Crotone. Ufficialmente sono tutti in attesa di ristrutturazione, ma non c'é nessuna notizia certa su una possibile riapertura.\r\nTutti i CIE ancora aperti sono stati a loro volta gravemente danneggiati dalle continue rivolte, la conclusione è una sola: la macchina delle espulsioni è ormai al collasso.\r\nIn base ai dati, ormai calcolati per difetto, dello stesso Viminale, degli oltre 1800 posti dei CIE ne sarebbero ancora agibili meno della metà ed effettivamente riempiti nemmeno un terzo.\r\nIl governo tace, gli specialisti della guerra contro i poveri sono alle prese con la rovina dei loro leader, i poliziotti premono perché non ne vogliono più sapere di fare i secondini nei CIE, dove si rischia di incappare nella rabbia di chi si vede sfilare la vita giorno dopo giorno. Il CIE è un limbo, che precede la deportazione, una sala d'aspetto con sbarre e filo spinato in attesa di un treno che nessuno vuole prendere. \r\n\r\nSi dice che a gennaio possa riaprire il Centro di Bologna e successivamente la struttura modenese ma ancora non si sa chi verrà chiamato a gestirli dopo il disastro della cooperativa Oasi, che si era aggiudicata l'affare vincendo la gara d'appalto con un ribasso enorme rispetto alla precedente gestione della Misericordia di Giovanardi.\r\nA Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e Palazzo San Gervasio (Potenza) potrebbero sorgere due nuovi CIE, dopo l'avventura presto finita dell'emergenza Nordafrica.\r\nIl governo ha stanziato 13 milioni di euro ma non si sa se i lavori abbiano preso l'avvio e che punto siano.\r\n\r\nNumerosi segnali indicano che la ricetta individuata dal governo potrebbe essere decisamente più complessa del \"semplice\" riattamento dei CIE distrutti e dell'eventuale apertura di nuove strutture.\r\n\r\nLa decisione di spedire gli immigrati reclusi nelle patrie galere a scontare gli ultimi due anni nei paesi d'origine assunta con il decreto svuotacarceri prenderebbe due piccioni con la solita fava. Alleggerire il sovraffollamento carcerario e, nel contempo, evitare il trasferimento nei CIE e la trafila del riconoscimento espulsione dell'immigrato. Difficile dire se funzionerà, perché molto dipende dalla disponibilità dei paesi di emigrazione ad accettare questo pacco/dono dall'Italia.\r\n\r\nA fine novembre il governo Letta ha stipulato un nuovo accordo con la Libia per il controllo congiunto delle frontiere: droni italiani nel sud della Libia, militari libici e bordo delle unità della marina militare impegnate nell’operazione Mare Nostrum.\r\n\r\nAl ministero stanno studiando la possibilità di introdurre dei secondini privati per le funzioni di sorveglianza a diretto contatto con i reclusi.\r\nQualche solerte e sinistro esperto del business dell’umanitario, come il consorzio Connecting People, propone di trasformare i CIE in campi di lavoro.\r\n\r\nIl quadro che ne emerge ci pare chiaro. 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Un deputato del PD, Khalid Chaouki, dopo una visita al Centro di prima accoglienza di Lampedusa, ha deciso di non andarsene, facendosi rinchiudere con i profughi dimenticati lì da mesi. Tra loro i superstiti del naufragio del 2 ottobre, che suscitò commozione ed indignazione anche istituzionale, ma, al di là della pubblica esibizione di cordoglio, delle promesse di superamento della Bossi-Fini, nulla è cambiato. Chaouki ha dichiarato che non se ne sarebbe andato finché i reclusi non fossero stati trasferiti in un CARA.\r\n\r\n21 dicembre. Quattro immigrati si sono cuciti le bocche per protestare contro il prolungarsi della detenzione nel CIE di Ponte Galeria a Roma. Immediatamente il quotidiano \"La Stampa\" ha pubblicato la notizia con il massimo del rilievo e il titolo \"protesta choc\". Chi segue da anni le lotte degli immigrati nei CIE della penisola non può che constatare amaramente che si tratta di uno \"choc\" a scoppio ritardato, uno \"choc\" mediatico, studiato a tavolino per aprire la strada a qualche provvedimento sui CIE. Sono anni che gli immigrati si cuciono la bocca per protesta, sono anni che dai CIE filtrano le immagini che riprendono le bocche serrate da fili robusti, ferite dall'ago, simbolo di una resistenza che cerca di spezzare il silenzio. Inutilmente. A Torino nel lontano 2009 alcuni compagni fecero iniziative perché si parlasse di quelle bocche cucite, di quelle bocche serrate perché anche le urla si schiantano sul muro dell'indifferenza. I media parlarono del dito e nascosero la luna.\r\n\r\nOggi tutto sembra cambiato.\r\nL’atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina si sta modificando. Sospettiamo tuttavia che probabilmente tutto debba cambiare, perché tutto resti come prima.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Federico, un compagno impegnato da anni nella lotta contro i CIE.\r\nAscolta la chiacchierata:\r\n\r\n2013 12 20 denitto cie\r\n\r\nProviamo insieme a fare il punto.\r\nLe galere per immigrati senza carte nell'ultimo anno si sono dimezzate. Ne rimangono aperte solo sei (Torino, Milano, Roma, Trapani Milo, Pian Del Lago, Bari), le altre sono state, una dopo l'altra, bruciate e fatte a pezzi dei reclusi. Il governo ha dovuto chiudere i CIE di Gradisca, Trapani Vulpitta, Bologna, Modena, Crotone. Ufficialmente sono tutti in attesa di ristrutturazione, ma non c'é nessuna notizia certa su una possibile riapertura.\r\nTutti i CIE ancora aperti sono stati a loro volta gravemente danneggiati dalle continue rivolte, la conclusione è una sola: la macchina delle espulsioni è ormai al collasso.\r\nIn base ai dati, ormai calcolati per difetto, dello stesso Viminale, degli oltre 1800 posti dei CIE ne sarebbero ancora agibili meno della metà ed effettivamente riempiti nemmeno un terzo.\r\nIl governo tace, gli specialisti della guerra contro i poveri sono alle prese con la rovina dei loro leader, i poliziotti premono perché non ne vogliono più sapere di fare i secondini nei CIE, dove si rischia di incappare nella rabbia di chi si vede sfilare la vita giorno dopo giorno. Il CIE è un limbo, che precede la deportazione, una sala d'aspetto con sbarre e filo spinato in attesa di un treno che nessuno vuole prendere. \r\n\r\nSi dice che a gennaio possa riaprire il Centro di Bologna e successivamente la struttura modenese ma ancora non si sa chi verrà chiamato a gestirli dopo il disastro della \u003Cmark>cooperativa\u003C/mark> Oasi, che si era aggiudicata l'affare vincendo la gara d'appalto con un ribasso enorme rispetto alla precedente gestione della Misericordia di Giovanardi.\r\nA \u003Cmark>Santa\u003C/mark> \u003Cmark>Maria\u003C/mark> Capua Vetere (Caserta) e Palazzo San Gervasio (Potenza) potrebbero sorgere due nuovi CIE, dopo l'avventura presto finita dell'emergenza Nordafrica.\r\nIl governo ha stanziato 13 milioni di euro ma non si sa se i lavori abbiano preso l'avvio e che punto siano.\r\n\r\nNumerosi segnali indicano che la ricetta individuata dal governo potrebbe essere decisamente più complessa del \"semplice\" riattamento dei CIE distrutti e dell'eventuale apertura di nuove strutture.\r\n\r\nLa decisione di spedire gli immigrati reclusi nelle patrie galere a scontare gli ultimi due anni nei paesi d'origine assunta con il decreto svuotacarceri prenderebbe due piccioni con la solita fava. Alleggerire il sovraffollamento carcerario e, nel contempo, evitare il trasferimento nei CIE e la trafila del riconoscimento espulsione dell'immigrato. Difficile dire se funzionerà, perché molto dipende dalla disponibilità dei paesi di emigrazione ad accettare questo pacco/dono dall'Italia.\r\n\r\nA fine novembre il governo Letta ha stipulato un nuovo accordo con la Libia per il controllo congiunto delle frontiere: droni italiani nel sud della Libia, militari libici e bordo delle unità della marina militare impegnate nell’operazione Mare Nostrum.\r\n\r\nAl ministero stanno studiando la possibilità di introdurre dei secondini privati per le funzioni di sorveglianza a diretto contatto con i reclusi.\r\nQualche solerte e sinistro esperto del business dell’umanitario, come il consorzio Connecting People, propone di trasformare i CIE in campi di lavoro.\r\n\r\nIl quadro che ne emerge ci pare chiaro. Outsourcing della repressione alla frontiera sud, riduzione degli internati con il trasferimento anticipato dei carcerati nei paesi d’origine, accoglimento delle proteste dei poliziotti, in parte esonerati dal compito di secondini, probabilmente una maggiore attenzione alle prescrizioni della direttiva rimpatri. Un pizzico di umanità in più (se trovano i soldi.)\r\n\r\nUna polpetta avvelenata con una spolverata di zucchero.",[172],{"field":87,"matched_tokens":173,"snippet":169,"value":170},[59,60],{"best_field_score":147,"best_field_weight":148,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":35,"score":149,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":35},6637,{"collection_name":132,"first_q":23,"per_page":97,"q":23},["Reactive",178],{},["Set"],["ShallowReactive",181],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fi0rzYK8XCn7TOuVz6RIX2QI86o5YF8eDOtj-UPoXZQA":-1},true,"/search?query=cooperativa+santa+maria"]