","JIN JIYAN AZADI - Donna Vita Libertà","post",1653610655,[65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/bussoleno/","http://radioblackout.org/tag/critical-wine/","http://radioblackout.org/tag/donne-curde/","http://radioblackout.org/tag/kurdistan/",[70,71,72,30],"bussoleno","critical wine","donne curde",{"post_content":74,"tags":79},{"matched_tokens":75,"snippet":77,"value":78},[76],"donne","e le voci dirette di \u003Cmark>donne\u003C/mark> che hanno preso parte al","In queste settimane verrà presentato in Val Susa il libro recentemente edito da Tamu: Jin Jiyan Azadi. È un testo densissimo che parla della storia, della filosofia e dell'esperienza di lotta del Movimento di liberazione del Kurdistan, attraverso la rielaborazione scientifica e le voci dirette di \u003Cmark>donne\u003C/mark> che hanno preso parte al processo rivoluzionario.\r\n\r\nDalla radio ne abbiamo parlato con una delle traduttrici qui: https://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-26-04-2022/.\r\n\r\nQui:\r\n\r\n[audio m4a=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/jin-jian-vero.m4a\"][/audio]\r\n\r\nabbiamo invece parlato con due compagne che organizzano gli incontri, attraverso una collaborazione tra Rete Jin e il Comitato italiano di Jineoloji, del significato di ambientarli in Val Susa e del pericolo in cui oggi si trova il Confederalismo Democratico.\r\n\r\nDomenica 29 aprile, alle 11:30, nel corso della Critical Wine a Bussoleno, sarà presente Heval Delal, una delle autrici del libro.\r\n\r\nInoltre:\r\n\r\n\"Rete Jin sta raccogliendo le firme per la campagna internazionale JUSTICE FOR KURDS\r\n“Giustizia per i kurdi”; durante le iniziative citate potrete trovare i moduli, per chi vuole sottoscrivere, contenenti l'APPELLO URGENTE PER LA CANCELLAZIONE DEL PKK DALL’ELENCO DELLE ORGANIZZAZIONI TERRORISTE DELL’UE\".\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n ",[80,82,84,88],{"matched_tokens":81,"snippet":70},[],{"matched_tokens":83,"snippet":71},[],{"matched_tokens":85,"snippet":87},[76,86],"curde","\u003Cmark>donne\u003C/mark> \u003Cmark>curde\u003C/mark>",{"matched_tokens":89,"snippet":30},[],[91,96],{"field":39,"indices":92,"matched_tokens":93,"snippets":95},[32],[94],[76,86],[87],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":77,"value":78},"post_content",[76],1157451471441625000,{"best_field_score":101,"best_field_weight":43,"fields_matched":32,"num_tokens_dropped":51,"score":102,"tokens_matched":32,"typo_prefix_score":51},"2211897868544","1157451471441625194",{"document":104,"highlight":120,"highlights":128,"text_match":134,"text_match_info":135},{"cat_link":105,"category":106,"comment_count":51,"id":107,"is_sticky":51,"permalink":108,"post_author":54,"post_content":109,"post_date":110,"post_excerpt":57,"post_id":107,"post_modified":111,"post_thumbnail":112,"post_thumbnail_html":113,"post_title":114,"post_type":62,"sort_by_date":115,"tag_links":116,"tags":119},[48],[50],"12322","http://radioblackout.org/2013/01/luci-e-ombre-allindomani-dellomicidio-di-3-militanti-curde-a-parigi/","Tre donne curde sono state uccise nei locali dell’Istituto Curdo di Parigi. Facevano parte del PKK (Partito dei lavoratori curdi). Secondo quanto riferiscono fonti curde, le tre donne uccise sono: Sakine Cansiz, cofondatrice del PKK, Fidan Dogan, rappresentante del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK), con base a Bruxelles, e Leyla Soylemez, giovane attivista. L’omicidio delle tre donne arriva in un momento quanto mai delicato, con lo Stato turco che ha intrapreso una trattativa con Abdullah Ocalan, capo politico riconosciuto dei/le kurdi/e e fondatore del Pkk. 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Nello stabilimento di Caselle Torinese hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i cacciabombardieri made in Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della statunitense Loockeed Martin, sono costruite ed assemblati dall’Alenia.\r\n\r\nBanchetti informativi, assemblea e teatro di strada hanno aperto la giornata di lotta.\r\nInterventi di esponenti del Movimento No F35, dei No Border, dei No Basi in Sardegna, dell’assemblea antimilitarista di Torino e di antimilitaristi alessandrini si sono succeduti durante l’assemblea. \r\nCentrale, per tutti, l’azione diretta contro le fabbriche d’armi, basi, poligoni di tiro, frontiere, nella consapevolezza che le basi di guerra sono a due passi dalle nostre case, che mettersi in mezzo è possibile. \r\nOpporsi alle guerre senza opporsi al militarismo, è mera testimonianza, mero esercizio retorico. Gli Stati avocano a se il monopolio della violenza legittima, della facoltà di esercitarla contro ogni forma di insorgenza sociale o di concorrenza nel controllo di territori e risorse. Le guerre “giuste”, le guerre “umanitarie” fatte di bombe, torture, stupri e campi di concentramento si fondano sulla convinzione diffusa della legittimità delle frontiere, degli Stati. \r\nNegare a fatti ed a parole ogni legittimità agli Stati, agli eserciti, alle frontiere è necessario per inceppare le guerre, per mandare in soffitta la logica militarista.\r\nOpporre la guerra al terrorismo serve a costruire l’immagine del nemico, a legittimare attacchi indiscriminati contro intere popolazioni. Non c’è differenza tra guerra e terrorismo, sono due nomi per pratiche identiche, il resto è solo propaganda. \r\n\r\nDall’assemblea è emerso un quadro di lotte diffuse sul territorio, che mirano ad inceppare la macchina militare. Nell’ultimo anno in Sardegna sono state interrotte in più occasioni le esercitazioni militari, a Caselle è stato bloccato l’accesso all’Alenia, i No Border in ogni dove lottano contro il blocco delle frontiere e per la libera circolazione, a Niscemi sono state sabotate le antenne assassine, a Novara continua la lotta contro gli F35. \r\n\r\nLa “prima” di “Gira la ruota gira”, piece teatrale di Gianni Milano, ha tenuto incollata una piazza dove, oltre agli antimilitaristi, c’erano numerosi casellesi, che hanno assistito e plaudito i sette antimilitaristi, che hanno dato vita ad una performance di grande impatto emotivo e politico. \r\nInteramente autogestita la “messa in scena”, con costumi autoprodotti ed elaborazione collettiva dei testi. \r\n\r\nPoi un corteo che ha attraversato il centro di Caselle per raggiungere piazza Ceccotti, dove c’è una rotonda con una freccia tricolore. \r\nIl corteo era aperto dallo striscione “spezziamo le ali al militarismo”. 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Le guerre sono combattute con armi costruite a due passi dalle nostre case. \r\nI bambini morti sulle spiagge, le famiglie di profughi che premono alle frontiere chiuse dell’Europa, ci riguardano direttamente, perché spetta a noi chiuderle e trasformarle in luoghi che servano alla vita e non alla morte. \r\nPer fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.\r\n\r\nDopo il corteo un folto gruppo di manifestanti ha fatto una visita a sorpresa all’aeroporto di Caselle, affollato di turisti. Uno striscione con la scritta “Erdogan terrorista”è stato aperto davanti all’ufficio delle Turkish Airlines. Tanti gli slogan e gli interventi in appoggio alle popolazioni del Bakur e del Rojava che hanno dato vita ad esperienze di autogoverno e autonomia che il governo turco cerca di stroncare nel sangue. Tra chi ascoltava gli interventi, anche in inglese, qualcuno ha dato segno di solidarietà. \r\nI tre agenti della polizia presenti, presi completamente alla sprovvista, non hanno potuto far altro che assistere alla protesta durata una mezz’ora, finché i manifestanti, gridando “Erdogan terrorista”, si sono allontanati in corteo. \r\nIn serata la polizia ha diffuso una velina, prontamente ripresa da Repubblica, su un respingimento in forze da parte degli uomini in divisa. \r\nIn nottata, davanti alla sede di Repubblica in via Viotti, è comparsa una scritta “Carlotta Rocci bugiarda”. Rocci è l'autrice della breve sull'azione alla Turkish Airlines. 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Tra l'autunno del 2014 e l'inverno del 2015 la lunga e vittoriosa resistenza dei miliziani e delle miliziane del Rojava contro lo Stato Islamico ha forato il muro che avvolge i media main stream.\r\n\r\nLe milizie del Rojava controllano buona parte del confine tra la Siria e la Turchia, chiudendo di fatto il passaggio alle truppe dell'Isis, appoggiate per anni dal governo turco, che aveva garantito loro il passaggio di armi, volontari e approvvigionamenti.\r\n\r\nIl Rojava, esperienza anomala nello scontro di potenza, che ha trasformato la Siria in un cumulo di macerie, si trova in posizione nevralgica, nello scontro durissimo tra le aree di influenza shiite e quelle sunnite, tra Russia e Stati Uniti, tra il califfo di Raqqa e quello di Ankara, in un'area nevralgica per la produzione petrolifera e per la definizione del prezzo dell'oro nero.\r\n\r\nDa luglio il governo turco ha rotto gli indugi proclamando il coprifuoco in numerose città a quartieri del Bakur, la regione a sud-est della Turchia, abitata in prevalenza da popolazioni di lingua curda.\r\n\r\nDa dicembre l'esercito turco attacca con artiglieria pesante e cannoni le città del Bakur, dove, in risposta alla repressione e agli arresti di massa, è stato proclamata l'autonomia.\r\n\r\nLa gente resiste agli attacchi, nonostante l'enorme divario di forze. 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Un affronto che nessun governo, nessuno Stato può tollerare.\r\n\r\nCerta sinistra avvezza a considerare il nazionalismo uno strumento di emancipazione, fa fatica a comprendere l'importanza dell'esperienza del Rojava, dove i curdi, pur in maggioranza, lavorano fianco a fianco con i turcomanni, gli assiri, gli armeni, e le minoranze religiose cristiana e yezida.\r\n\r\nI vari cantoni del Rojava difendono la propria autonomia ma non possono fare a meno di stringere alleanze con chi nell'area ha lo stesso nemico. 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Ankara giustifica queste azioni sostenendo che i gruppi che operano nella regione, in particolare le Unità di difesa popolare curde (YPG), che guidano le Forze democratiche siriane (SDF) a predominanza curda, sono collegate al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), che la Turchia considera un'organizzazione terroristica e una minaccia esistenziale alla sicurezza. La recente escalation di attacchi non sorprende, poiché Ankara probabilmente stava aspettando un'opportunità strategica.\r\n\r\nMentre tutti gli occhi erano puntati sulle forze guidate da HTS che spazzavano la Siria con Assad in rovina, l'Esercito nazionale siriano (SNA) sostenuto dalla Turchia ha lanciato un attacco alla Siria settentrionale e orientale (NES), sequestrando Shehba e Manbij alle Forze democratiche siriane (SDF). Ora, la Turchia minaccia un'invasione nella città curda di Kobane. 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Mentre a questo link la lettera che Kader Ortakaya aveva scritto alla famiglia mentre partiva per Kobane e che abbiamo letto in trasmissione.\r\nSempre trattando di Kurdistan, qualche settimana fa a Roma, alla Casa internazionale delle donne è stato organizzato un convegno dal titolo \"Praticare la libertà contro la guerra senza fine del sistema patriarcale: donne curde in Irak, Siria, Europa\". L'incontro ha dato voce alle donne protagoniste della rivoluzione femminile curde, alle testimoni delle violenze, alle donne che dall'estero contribuiscono a informare e denunciare le violazioni dei diritti umani che si stanno consumando in danno delle minoranze nelle zone di conflitto. 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La compagna ha reagito denunciando pubblicamente quanto le era successo e le compagne di Bologna la stanno sostenendo con l'organizzazione di un'iniziativa informativa e di lotta che si terrà sabato 15 novembre in Piazza San Francesco. Qui il comunicato. 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E lo sguardo pruriginoso dei media occidentali sulle guerrigliere curde.\r\n“Donne vendute al bazar per cinque dollari. Esposte come buoi, con il cartellino del prezzo al collo, condannate a essere oggetto sessuali per i militari dell’Isis: schiave del Califfato”. È la denuncia di Nursel Kilic, rappresentante internazionale del Movimento delle donne Curde. “Secondo le stime ufficiali le donne rapite e vendute nei bazar sono 3,000, in realtà sono molte di più. 1200 poi giacciono nelle prigioni nella zona di Mosul e lì vengono violentate, torturate, subiscono ogni genere di violenza.”\r\n\"Il genocidio in atto colpisce in maniera particolare il diritto alla vita e la libertà delle donne. Come è già avvenuto in altri recenti conflitti, dal Kosovo al Rwanda, le pratiche di genocidio includono atti sempre più visibili ed estesi di violenza nei confronti delle donne come gruppo. 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Barbara Spinelli\r\nUno straordinario esperimento di comunità altra che da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – sta portando avanti, liberando il proprio territorio e sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l'uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell'ambiente.\r\nLa carta del Rojava è un testo che parla di libertà, giustizia, dignità e democrazia; di uguaglianza e di «ricerca di un equilibrio ecologico». Nel Rojava il femminismo è incarnato non soltanto nei corpi delle guerrigliere in armi, ma anche nel principio della partecipazione paritaria a ogni istituto di autogoverno, che quotidianamente mette in discussione il patriarcato. E l’autogoverno, pur tra mille contraddizioni e in condizioni durissime, esprime davvero un principio comune di cooperazione, tra liberi e uguali. E ancora: coerentemente con la svolta anti-nazionalista del Pkk di Öcalan, a cui le Ypg/Ypj sono collegate, netto è il rifiuto non solo di ogni assolutismo etnico e di ogni fondamentalismo religioso, ma della stessa declinazione nazionalistica della lotta del popolo kurdo. Basta ascoltare le parole dei guerriglieri e delle guerrigliere dell’Ypg/Ypj, per capire che questi ragazzi e queste ragazze hanno preso le armi per difendere la loro terra, ma soprattutto per affermare e difendere questo modo di vivere e di cooperare.\r\nLotta contro il patriarcato e contro il capitalismo/fascismo finalmente insieme. Lotta di genere e lotta di classe che camminano insieme, simultaneamente. Non dopo, non poi, ma qui e ora, si sperimenta una comunità altra, nuova, rivoluzionaria, nel farsi e nel darsi della lotta quotidiana. Questo ci pare essere l'elemento di assoluta rilevanza di questa resistenza, che vede le donne curde in prima linea a combattere, a difendere la propria terra e il proprio popolo, ma soprattutto ad affermare un principio di autodeterminazione personale e politica in totale conflitto con l'esistente.\r\nE sulle guerrigliere si posa lo sguardo dei media occidentali, pronti a spingere un trend che fa innalzare le vendite delle tutine mimetiche messe prontamente in commercio dalla multinazionale H&M e a trasformare il protagonismo delle donne in gossip da cartoline patinate. La storia è lunga a questo proposito e la conosciamo bene. Dalle partigiane della guerra al nazifascismo, passando per le donne che parteciparono alla lotta armata, fino alle compagne NoTav della Valsusa. L'attenzione dei media si concentra troppo spesso e non a caso sull'estetica, su fatti privati e sulla narrazione da rotocalco, mistificando e togliendo senso e sostanza al protagonismo e alla capacità di autodeterminazione di queste donne.\r\nAl fianco delle donne del Rojava.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\nil colpo della strega_13ottobre2014_primaparte\r\nil colpo della strega_13ottobre2014_secondaparte","13 Ottobre 2014","2018-10-24 17:35:27","I podcast de Il colpo della strega: 13ottobre2014",1413238724,[518,519,220,520,521,522,68,523,524,525,458,459,526,190,527,528,398,400],"http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/colonialismo/","http://radioblackout.org/tag/fascismo/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/islam/","http://radioblackout.org/tag/lotta-delle-donne/","http://radioblackout.org/tag/mgf/","http://radioblackout.org/tag/mutilazioni-genitali-femminili/","http://radioblackout.org/tag/resistenza/","http://radioblackout.org/tag/storie-di-donne/","http://radioblackout.org/tag/stupri/",[530,531,76,532,21,533,30,534,535,536,464,329,537,15,538,539,405,407],"autodeterminazione","colonialismo","fascismo","islam","lotta delle donne","mgf","mutilazioni genitali femminili","resistenza","storie di donne","stupri",{"post_content":541,"tags":546},{"matched_tokens":542,"snippet":544,"value":545},[86,543],"Donne","dei media occidentali sulle guerrigliere \u003Cmark>curde\u003C/mark>.\r\n“\u003Cmark>Donne\u003C/mark> vendute al bazar per cinque","La carta del Rojava come primo bersaglio delle milizie dell'Isis. E lo sguardo pruriginoso dei media occidentali sulle guerrigliere \u003Cmark>curde\u003C/mark>.\r\n“\u003Cmark>Donne\u003C/mark> vendute al bazar per cinque dollari. Esposte come buoi, con il cartellino del prezzo al collo, condannate a essere oggetto sessuali per i militari dell’Isis: schiave del Califfato”. È la denuncia di Nursel Kilic, rappresentante internazionale del Movimento delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> \u003Cmark>Curde\u003C/mark>. “Secondo le stime ufficiali le \u003Cmark>donne\u003C/mark> rapite e vendute nei bazar sono 3,000, in realtà sono molte di più. 1200 poi giacciono nelle prigioni nella zona di Mosul e lì vengono violentate, torturate, subiscono ogni genere di violenza.”\r\n\"Il genocidio in atto colpisce in maniera particolare il diritto alla vita e la libertà delle donne. Come è già avvenuto in altri recenti conflitti, dal Kosovo al Rwanda, le pratiche di genocidio includono atti sempre più visibili ed estesi di violenza nei confronti delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> come gruppo. I femminicidi di massa perpetrati da ISIS possono essere considerati crimini di guerra e contro l'umanità, non solo perché costituiscono una strategia politica dello “Stato islamico”, ma anche perché sono rivolti a colpire in maniera specifica e sistematica \u003Cmark>donne\u003C/mark> e bambini. Gli atti di femminicidio sono utilizzati dalle milizie dell'ISIS come strumento di dominio patriarcale e come arma di guerra, funzionale allo sterminio delle minoranze etniche e religiose e per la distruzione del modello del Rojava\". Barbara Spinelli\r\nUno straordinario esperimento di comunità altra che da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – sta portando avanti, liberando il proprio territorio e sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l'uguaglianza tra uomini e \u003Cmark>donne\u003C/mark> e il rispetto dell'ambiente.\r\nLa carta del Rojava è un testo che parla di libertà, giustizia, dignità e democrazia; di uguaglianza e di «ricerca di un equilibrio ecologico». Nel Rojava il femminismo è incarnato non soltanto nei corpi delle guerrigliere in armi, ma anche nel principio della partecipazione paritaria a ogni istituto di autogoverno, che quotidianamente mette in discussione il patriarcato. E l’autogoverno, pur tra mille contraddizioni e in condizioni durissime, esprime davvero un principio comune di cooperazione, tra liberi e uguali. E ancora: coerentemente con la svolta anti-nazionalista del Pkk di Öcalan, a cui le Ypg/Ypj sono collegate, netto è il rifiuto non solo di ogni assolutismo etnico e di ogni fondamentalismo religioso, ma della stessa declinazione nazionalistica della lotta del popolo kurdo. Basta ascoltare le parole dei guerriglieri e delle guerrigliere dell’Ypg/Ypj, per capire che questi ragazzi e queste ragazze hanno preso le armi per difendere la loro terra, ma soprattutto per affermare e difendere questo modo di vivere e di cooperare.\r\nLotta contro il patriarcato e contro il capitalismo/fascismo finalmente insieme. Lotta di genere e lotta di classe che camminano insieme, simultaneamente. Non dopo, non poi, ma qui e ora, si sperimenta una comunità altra, nuova, rivoluzionaria, nel farsi e nel darsi della lotta quotidiana. 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Oltre alla documentazione delle mattanze di civili, sono arrivate notizie anche di una imponente carovana composta da membri del Fronte al-Nusra, di al-Qaeda, dell'ISIS e dell'SNA dirette nelle aree dove sono maggiormente concentrare le comunità di fede nusayri-alawita.\r\n\r\nI massacri continuano anche ora mentre stiamo registrando, nella sera del nove marzo, e l'Osservatorio Siriano per i diritti umani conta ormai centinaia di civili alawiti uccisi nella regione costiera dalle cosìddette forze di sicurezza e dai gruppi alleati tramite esecuzioni seguite da saccheggi e distruzione delle proprietà. L'accusa che pare muovere queste operazioni è quella di presunta fedeltà al regime caduto di Assad, le cui tecniche di guerra vengono ora replicate dalle milizie di HTS che lanciano indiscriminatamente esplosivi dagli elicotteri, come le forze di Bashar Assad facevano a inizio della guerra.\r\n\r\nGià dalla prima mattina si sono tenute proteste di parte della popolazione delle principali aree costiere, in particolare in prossimità delle basi russe ancora presenti sul territorio, per chiedere l'intervento dell'esercito contro le bande assassine di al Jolani e dello stato fascista turco che hanno ripreso questi massacri. non si tratta tuttavia di una risposta limitata alla situazione di queste notti, perchè già nei giorni precedenti in diverse aree della Siria si erano formate proteste simili contro il governo di transizione e l'attuale processo costituente.\r\n\r\nE' inoltre delle ultime ore di questa giornata la notizia che le forze fedeli all'amministrazione di Damasco hanno attaccato il checkpoint nel quartiere Shex Meqsoud di Aleppo, che è fin ora autoamministrato e protetto dalle forza di difesa democratiche, le SDF. L'azione ha lasciato feriti diversi membri dell'ordine pubblico e alcuni cittadini, senza tuttavia avere altre conseguenze.\r\n\r\nAnche nella regione di Zap, nel Basur, il Kurdistan iracheno, i bombardamenti sulle montagne della guerrilla che riportavamo la scorsa settimana ancora continuano ed è importante sottolineare come questo accada anche nonostante la dichiarazione di cessate il fuoco del PKK, che chiaramente deve mantenere la possibilità di autodifesa in caso di attacchi.\r\n\r\n“Salutiamo tutte le donne che hanno resistito a ogni tipo di molestia, tortura e violenza fin dall'inizio della storia, che con la loro resistenza si sono guadagnate un posto nella memoria sociale e che sono motivo di orgoglio.\" - Inizia così il messaggio del Comando Generale delle YPJ per la Giornata Internazionale della donna lavoratrice. \" \r\n\r\nSi ricordano le martiri cadute resistendo, si riportano vivi i nomi delle antenate che con le loro vite hanno contribuito a tessere la storia della libertà, con un discorso che ancora una volta tiene insieme il presente di guerra, la tensione al futuro libero e il passato come elemento che, come cosa viva, può infondere la propria linfa nutriente alle donne che lottano in questi nostri giorni. \r\n\r\nSi legge: \"La cultura della resistenza dell'8 marzo continua ancora oggi nella Siria settentrionale e orientale sotto la guida delle YPJ. Le donne difendono se stesse e le loro società con sacrificio, eroismo e resilienza senza precedenti in tutti gli ambiti della vita. Migliaia di belle anime combatterono eroicamente in queste terre e furono martirizzate nella lotta per la libertà. Donne provenienti da tutto il mondo e dal Kurdistan si sono riversate nella rivoluzione e hanno scritto poemi epici con il loro coraggio. (...) Ancora una volta, persone di tutte le fedi, gruppi etnici e colori si abbracciarono e furono testimoni di questa lotta storica. Questa lotta sarà coronata dalla vittoria con la fede, la conoscenza, la volontà e il potere delle donne.\"\r\n\r\n Riguardo all'appello del leader Apo di cui abbiamo parlato la scorsa settimana le compagne riportano il grande entusiasmo che ha suscitato nel popolo e in particolare nelle donne, che ne hanno tratto forza rinnovata anche per affrontare un otto marzo di celebrazioni e lotta. \"Riteniamo - scrivono - che la chiamata di Leader APO sia significativa e preziosa. Seguiamo da vicino le discussioni odierne sulla soluzione del problema curdo. Oggi lo Stato turco mostra il suo atteggiamento nei confronti del processo con i suoi intensi attacchi alla diga di Tishrin e al ponte Qereqozax. \r\n\r\nLa Siria ha vissuto grandi dolori e sofferenze negli ultimi 14 anni. Questi dolori sociali non possono essere risolti da HTS e dal suo leader al Jolani. Il governo stabilito a Damasco non può risolvere i problemi con la mentalità jihadista e salafita, Non può eliminare 14 anni di distruzione e dolore. Gli oppositori di questa amministrazione sono oggi sottoposti ad attacchi sistematici, violenze e genocidi in tutta la Siria. I drusi sono soggetti a oppressione e attacchi, gli aleviti sono soggetti a genocidio, il popolo curdo viene negato. Anche il popolo arabo rimane senza volontà e opzioni. Una mentalità che costringa tutti a tacere e a sottomettersi all'oppressione non può risolvere i problemi o salvarsi dalla sorte toccata al regime di Baath. Pertanto, coloro che adottano lo stesso percorso e metodo, finiranno come la fine del regime di Baath.\"\r\n\r\n \r\n\r\n La rivoluzione del Rojava è prima di tutto la rivoluzione delle donne, una rivoluzione della società. L'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna è una data che per sua stessa storia è una data socialista: nel 1917, l'8 marzo apriva le porte alla rivoluzione russa, con le donne scese in strada per protestare per le istanze più semplici eppure più radicali: il pane e la pace. Anche a Torino nell'agosto del 1917 saranno le donne a scendere in piazza per prime contro la guerra e non è un caso che siano proprio le donne a sentire con più forza l'urgenza del momento, in quanto storicamente incarnano il lavoro riproduttivo e sono coloro che permettono a tutta la vita della società di scorrere e di intrecciarsi. Questo anche la rivoluzione del Rojava lo sa ed è infatti in occasione delle celebrazioni dell'otto marzo del 1998 che il leader Ocalan ha invitato le compagne a teorizzare e rendere strategia rivoluzionaria l'ideologia di liberazione della donna. Dove tutti i socialismi precedenti hanno fallito, lì le donne del Rojava hanno posto le basi profonde per una vita libera in primis dal patriarcato, unendo alla lotta di classe quella di genere. \r\n\r\nL'auto-organizzazione delle donne era iniziata nella guerriglia nel 1993, ma è dal congresso del 1995 che anche per il PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, il cui presidente è tutt'ora Abdullah Ocalan, diventa una necessità ineludibile dell'organizzazione rivoluzionaria. Successivamente, il primo Congresso di liberazione delle donne curde, avvenuto qualche mese dopo, e spesso definito come la “prima conferenza nazionale delle donne”, ha permesso alle donne di diverse aree di discutere i loro problemi, di criticare e autocriticarsi, di definire principi, stili organizzativi e meccanismi decisionali, creando anche la prima organizzazione femminile autonoma e separata. \r\n\r\nAnche per quanto riguarda l'esercito di difesa delle donne si sono fatte profonde analisi, decretando che dovesse essere qualcosa di radicalmente nuovo, di qualitativamente diverso dagli eserciti militaristi e colonialisti, così le donne guerrigliere hanno prodotto profonde ricerche sulla partecipazione femminile alle lotte socialiste e di liberazione nazionale in America Centrale e Latina, in Cina, in Vietnam, Algeria, Palestina, Germania, Irlanda e Paesi Baschi. Constatata, anche nelle più rosse lotte di liberazione nazionale, la mancanza di profonde analisi delle dinamiche del patriarcato e delle sue intersezioni - diremmo oggi - con le altre forme di oppressione, hanno compreso che per abolire sistemi di oppressione così complessi da ingabbiare tutte le sfere della vita, bisognava partire dalla forma più antica di violenza: il patriarcato.\r\n\r\n \r\n\r\nUccidere e trasformare la mascolinità dominante è il principio primario del socialismo nella prospettiva di Abdullah Ocalan e del movimento per la libertà, per cui conoscere le radici storiche che hanno reso la donna la prima colonia è essenziale per comprendere la radicalità del lavoro, anche in forma di autocritica, che è necessario fare per la rivoluzione. ed è anche di questo infatti che parla il messaggio arrivato questo sabato dal carcere di Imrali, un messaggio di speranza e di affetto rivolto alle compagne e alle donne in lotta firmato da Abdullah Ocalan.\r\n\r\nRipercorrendo la storia del patriarcato fino alle sue radici più lontane, risalenti a circa 5000 anni fa, Ocalan mette in luce in particolare da un lato il suo carattere sistemico, dall'altro il fatto che si tratti di una mentalità cresciuta insieme alla mentalità delle religioni monoteiste e alle prime forme di città-stato. Per opporsi a ciò, è dunque fondamentale che le donne abbiano consapevolezza d'essere il soggetto sociale che più ha possibilità di far vivere una vera e propria cultura della libertà e che il resto della società, e in particolare gli uomini socialisti, si questionino in maniera radicale su se e come sono in grado di rapportarsi democraticamente con le donne. Scrive infatti: \"Il socialismo può essere raggiunto solo attraverso la libertà delle donne. Senza la libertà delle donne non si può essere socialisti. Il socialismo non si può realizzare. Senza democrazia, non ci può essere socialismo. La mia prima prova di socialismo si è resa evidente nel modo in cui parlavo alle donne. Una persona che non sa come parlare a una donna non può essere un socialista. Per un uomo, diventare socialista dipende dal modo in cui si relaziona con le donne.\"\r\n\r\nOcalan continua \"La rinascita che avverrà è molto importante. Le donne non devono essere considerate solo biologicamente, ma anche socialmente, culturalmente e storicamente. Come dice Simone De Beauvoir, non si nasce donna, si diventa donna.\"\r\n\r\n e conclude con \"Il problema delle donne è ancora più profondo del problema curdo. Il problema delle donne è ancora più centrale del problema curdo. Abbiamo ottenuto solo piccoli miglioramenti in questo senso. La cultura della guerra e del conflitto è diretta principalmente contro le donne. La distruzione di questa cultura è la forza trainante della nostra lotta.\r\nLo spirito di questo periodo è la politica democratica e il linguaggio è quello della pace. L'Appello per la pace e la società democratica è allo stesso tempo un Rinascimento per le donne. Saluto le donne che credono nella vita comune e ascoltano il mio appello con l'amore di Mem e Zîn e Dervish Evde, e festeggio l'8 marzo, Giornata internazionale delle donne lavoratrici.\"\r\n\r\nLa nostra vendetta sarà la rivoluzione delle donne - è uno degli slogan che da questa rivoluzione ci giungono come invito e che sabato spiccava su alcuni cartelli anche nelle nostre piazze.\r\n\r\n \r\n\r\nQui la canzone utilizzata nel podcast!","11 Marzo 2025","2025-03-11 14:25:38","Otto marzo: giornata internazionale della donna lavoratrice. Aggiornamento dalla campagna Defend Rojava",1741703010,[],[],{"post_content":612},{"matched_tokens":613,"snippet":614,"value":615},[76,86],"primo Congresso di liberazione delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> \u003Cmark>curde\u003C/mark>, avvenuto qualche mese dopo, e","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/podcast-dr-9-.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[Dawnload]\r\n\r\n È della notte tra il 6 e il 7 marzo la notizia del trasferimento di un imponente convoglio di mezzi militari turchi che dalla Turchia sono arrivati a Idlib, poi Manbij e infine verso Tishrin, dove sulla diga è ancora attiva la resistenza popolare, anche se i bombardamenti non cessano.\r\n\r\nSono state ore di pesanti massacri lungo le coste siriane ad opera di HTS i cui miliziani non mancano di documentare con foto e video l'uso di patch dell'ISIS sulle divise, intanto che operano violenza con la partecipazione di bande fondamentaliste di gruppi diversi. 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L'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna è una data che per sua stessa storia è una data socialista: nel 1917, l'8 marzo apriva le porte alla rivoluzione russa, con le \u003Cmark>donne\u003C/mark> scese in strada per protestare per le istanze più semplici eppure più radicali: il pane e la pace. Anche a Torino nell'agosto del 1917 saranno le \u003Cmark>donne\u003C/mark> a scendere in piazza per prime contro la guerra e non è un caso che siano proprio le \u003Cmark>donne\u003C/mark> a sentire con più forza l'urgenza del momento, in quanto storicamente incarnano il lavoro riproduttivo e sono coloro che permettono a tutta la vita della società di scorrere e di intrecciarsi. Questo anche la rivoluzione del Rojava lo sa ed è infatti in occasione delle celebrazioni dell'otto marzo del 1998 che il leader Ocalan ha invitato le compagne a teorizzare e rendere strategia rivoluzionaria l'ideologia di liberazione della donna. Dove tutti i socialismi precedenti hanno fallito, lì le \u003Cmark>donne\u003C/mark> del Rojava hanno posto le basi profonde per una vita libera in primis dal patriarcato, unendo alla lotta di classe quella di genere. \r\n\r\nL'auto-organizzazione delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> era iniziata nella guerriglia nel 1993, ma è dal congresso del 1995 che anche per il PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, il cui presidente è tutt'ora Abdullah Ocalan, diventa una necessità ineludibile dell'organizzazione rivoluzionaria. Successivamente, il primo Congresso di liberazione delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> \u003Cmark>curde\u003C/mark>, avvenuto qualche mese dopo, e spesso definito come la “prima conferenza nazionale delle \u003Cmark>donne”\u003C/mark>, ha permesso alle \u003Cmark>donne\u003C/mark> di diverse aree di discutere i loro problemi, di criticare e autocriticarsi, di definire principi, stili organizzativi e meccanismi decisionali, creando anche la prima organizzazione femminile autonoma e separata. \r\n\r\nAnche per quanto riguarda l'esercito di difesa delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> si sono fatte profonde analisi, decretando che dovesse essere qualcosa di radicalmente nuovo, di qualitativamente diverso dagli eserciti militaristi e colonialisti, così le \u003Cmark>donne\u003C/mark> guerrigliere hanno prodotto profonde ricerche sulla partecipazione femminile alle lotte socialiste e di liberazione nazionale in America Centrale e Latina, in Cina, in Vietnam, Algeria, Palestina, Germania, Irlanda e Paesi Baschi. Constatata, anche nelle più rosse lotte di liberazione nazionale, la mancanza di profonde analisi delle dinamiche del patriarcato e delle sue intersezioni - diremmo oggi - con le altre forme di oppressione, hanno compreso che per abolire sistemi di oppressione così complessi da ingabbiare tutte le sfere della vita, bisognava partire dalla forma più antica di violenza: il patriarcato.\r\n\r\n \r\n\r\nUccidere e trasformare la mascolinità dominante è il principio primario del socialismo nella prospettiva di Abdullah Ocalan e del movimento per la libertà, per cui conoscere le radici storiche che hanno reso la donna la prima colonia è essenziale per comprendere la radicalità del lavoro, anche in forma di autocritica, che è necessario fare per la rivoluzione. ed è anche di questo infatti che parla il messaggio arrivato questo sabato dal carcere di Imrali, un messaggio di speranza e di affetto rivolto alle compagne e alle \u003Cmark>donne\u003C/mark> in lotta firmato da Abdullah Ocalan.\r\n\r\nRipercorrendo la storia del patriarcato fino alle sue radici più lontane, risalenti a circa 5000 anni fa, Ocalan mette in luce in particolare da un lato il suo carattere sistemico, dall'altro il fatto che si tratti di una mentalità cresciuta insieme alla mentalità delle religioni monoteiste e alle prime forme di città-stato. Per opporsi a ciò, è dunque fondamentale che le \u003Cmark>donne\u003C/mark> abbiano consapevolezza d'essere il soggetto sociale che più ha possibilità di far vivere una vera e propria cultura della libertà e che il resto della società, e in particolare gli uomini socialisti, si questionino in maniera radicale su se e come sono in grado di rapportarsi democraticamente con le \u003Cmark>donne\u003C/mark>. Scrive infatti: \"Il socialismo può essere raggiunto solo attraverso la libertà delle \u003Cmark>donne\u003C/mark>. Senza la libertà delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> non si può essere socialisti. Il socialismo non si può realizzare. Senza democrazia, non ci può essere socialismo. La mia prima prova di socialismo si è resa evidente nel modo in cui parlavo alle \u003Cmark>donne\u003C/mark>. Una persona che non sa come parlare a una donna non può essere un socialista. Per un uomo, diventare socialista dipende dal modo in cui si relaziona con le \u003Cmark>donne\u003C/mark>.\"\r\n\r\nOcalan continua \"La rinascita che avverrà è molto importante. Le \u003Cmark>donne\u003C/mark> non devono essere considerate solo biologicamente, ma anche socialmente, culturalmente e storicamente. Come dice Simone De Beauvoir, non si nasce donna, si diventa donna.\"\r\n\r\n e conclude con \"Il problema delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> è ancora più profondo del problema curdo. Il problema delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> è ancora più centrale del problema curdo. Abbiamo ottenuto solo piccoli miglioramenti in questo senso. La cultura della guerra e del conflitto è diretta principalmente contro le \u003Cmark>donne\u003C/mark>. La distruzione di questa cultura è la forza trainante della nostra lotta.\r\nLo spirito di questo periodo è la politica democratica e il linguaggio è quello della pace. L'Appello per la pace e la società democratica è allo stesso tempo un Rinascimento per le \u003Cmark>donne\u003C/mark>. Saluto le \u003Cmark>donne\u003C/mark> che credono nella vita comune e ascoltano il mio appello con l'amore di Mem e Zîn e Dervish Evde, e festeggio l'8 marzo, Giornata internazionale delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> lavoratrici.\"\r\n\r\nLa nostra vendetta sarà la rivoluzione delle \u003Cmark>donne\u003C/mark> - è uno degli slogan che da questa rivoluzione ci giungono come invito e che sabato spiccava su alcuni cartelli anche nelle nostre piazze.\r\n\r\n \r\n\r\nQui la canzone utilizzata nel podcast!",[617],{"field":97,"matched_tokens":618,"snippet":614,"value":615},[76,86],{"best_field_score":136,"best_field_weight":137,"fields_matched":37,"num_tokens_dropped":51,"score":171,"tokens_matched":32,"typo_prefix_score":51},{"document":621,"highlight":641,"highlights":646,"text_match":134,"text_match_info":649},{"comment_count":51,"id":622,"is_sticky":51,"permalink":623,"podcastfilter":624,"post_author":626,"post_content":627,"post_date":628,"post_excerpt":57,"post_id":622,"post_modified":629,"post_thumbnail":630,"post_title":631,"post_type":343,"sort_by_date":632,"tag_links":633,"tags":637},"38079","http://radioblackout.org/podcast/la-perla-di-labuan-12-ottobre-2016-avesta-e-le-altre/",[625],"la perla di labuan","eraunanotte..."," \r\n\r\nAVESTA E LE ALTRE\r\n\r\n\"La guerriera dagli occhi verdi\" di Marco Rovelli racconta la vera\r\nstoria di Avesta che a 22 anni divenne una guerrigliera, e di tante\r\ndonne curde che impugnando il fucile hanno cambiato la loro vita.\r\n\r\nUnknown\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","29 Ottobre 2016","2018-10-24 18:48:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/10/Perla-di-Labuan-200x110.jpg","La Perla di Labuan- 12 ottobre 2016-AVESTA E LE ALTRE",1477744311,[634,635,636,68,459,117],"http://radioblackout.org/tag/addestrarmento/","http://radioblackout.org/tag/autoeducazione/","http://radioblackout.org/tag/daesh/",[638,639,640,30,329,26],"addestrarmento","autoeducazione.","Daesh",{"post_content":642},{"matched_tokens":643,"snippet":644,"value":645},[76,86],"una guerrigliera, e di tante\r\n\u003Cmark>donne\u003C/mark> \u003Cmark>curde\u003C/mark> che impugnando il fucile hanno"," \r\n\r\nAVESTA E LE ALTRE\r\n\r\n\"La guerriera dagli occhi verdi\" di Marco Rovelli racconta la vera\r\nstoria di Avesta che a 22 anni divenne una guerrigliera, e di tante\r\n\u003Cmark>donne\u003C/mark> \u003Cmark>curde\u003C/mark> che impugnando il fucile hanno cambiato la loro vita.\r\n\r\nUnknown\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[647],{"field":97,"matched_tokens":648,"snippet":644,"value":645},[76,86],{"best_field_score":136,"best_field_weight":137,"fields_matched":37,"num_tokens_dropped":51,"score":171,"tokens_matched":32,"typo_prefix_score":51},6637,{"collection_name":343,"first_q":72,"per_page":14,"q":72},["Reactive",653],{},["Set"],["ShallowReactive",656],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f44UKl6na1A-gaa-Wf0MS8wGs2G8UZIfCHIvRHwuOOik":-1},true,"/search?query=donne+curde"]