","A Ferrara, da tutta Italia, contro l'impunità garantita delle divise.","post",1392652248,[61,62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/federico-aldrovandi/","http://radioblackout.org/tag/ferrara/","http://radioblackout.org/tag/impunita/","http://radioblackout.org/tag/via-la-divisa/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-stato/",[15,18,22,24,32],{"post_content":68,"tags":74},{"matched_tokens":69,"snippet":72,"value":73},[70,71],"Federico","Aldrovandi","nel 2005 uccisero di botte \u003Cmark>Federico\u003C/mark> \u003Cmark>Aldrovandi\u003C/mark>. Nelle settimane scorse si era","Sabato 15 febbraio, a Ferrara, sono scese in piazza cinquemila persone in occasione del corteo #ViaLaDivisa convocato per chiedere l'immediata espulsione dalle forze dell'ordine degli agenti che nel 2005 uccisero di botte \u003Cmark>Federico\u003C/mark> \u003Cmark>Aldrovandi\u003C/mark>. Nelle settimane scorse si era infatti diffusa la notizia che i quattro assassini - dopo essere stati condannati per l'omicidio e aver scontato pene irrisorie ridotte da tutte le attenuanti possibili - sarebbero rientrati in servizio come se nulla fosse.\r\n\r\nL’associazione di famigliari, amici e compagni di \u003Cmark>Federico\u003C/mark> \u003Cmark>Aldrovandi\u003C/mark> ha convocato il corteo di sabato proprio per chiedere che gli assassini del ragazzo vengano privati per sempre della possibilità di lavorare all'interno delle forze dell'ordine, una richiesta tanto basilare quanto fondamentale, un gesto di rispetto verso la morte di \u003Cmark>Federico\u003C/mark> dopo anni di umiliazioni, inchieste insabbiate e insulti che la sua famiglia ha dovuto subire.\r\n\r\nAbbiamo parlato questa mattina con Patrizia Moretti, la mamma di \u003Cmark>Federico\u003C/mark>, che sabato a Ferrara ha camminato insieme a Paolo Scaroni, Lucia Uva, Ilaria Cucchi e tante altre persone. Parenti, amici, compagni, coinvolti in casi terribili quanto esemplari in cui lo Stato assolve sempre se stesso, protegge carnefici e torturatori e garantisce l'impunità a chi porta una divisa e abusa del proprio potere nelle strade, nei commissariati, nelle prigioni, nei CIE.\r\n\r\nPatrizia Moretti pretende che dopo le tante parole di politici e funzionari che ha dovuto ascoltare nel corso di questi lunghi 9 anni di processi e moltissime iniziative per non essere invisibili, seguano i fatti. Insieme ad altri parenti di vittime della violenza di Stato chiede con forza che venga istituito il numero identificativo sulle divise e che anche in Italia si arrivi a legiferare in materia di tortura. Ma una domanda si impone di fronte a questo ultimo capitolo vergognoso, con il reintegro degli agenti che hanno ucciso \u003Cmark>Federico\u003C/mark>: di fronte alla brutalità e auto-assoluzione dell'apparato repressivo che rappresentano un problema sistemico, il numero identificativo non rischia di essere un rimedio aggirabile in un contesto di connivenza tra tutti i gradi istituzionali?\r\n\r\nAscolta l'intervista con Patrizia Moretti\r\npatrizia moretti\r\n ",[75,80,82,84,86],{"matched_tokens":76,"snippet":79},[77,78],"federico","aldrovandi","\u003Cmark>federico\u003C/mark> \u003Cmark>aldrovandi\u003C/mark>",{"matched_tokens":81,"snippet":18},[],{"matched_tokens":83,"snippet":22},[],{"matched_tokens":85,"snippet":24},[],{"matched_tokens":87,"snippet":32},[],[89,94],{"field":35,"indices":90,"matched_tokens":91,"snippets":93},[47],[92],[77,78],[79],{"field":95,"matched_tokens":96,"snippet":72,"value":73},"post_content",[70,71],1157451471441625000,{"best_field_score":99,"best_field_weight":100,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":101,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":103,"highlight":126,"highlights":142,"text_match":97,"text_match_info":149},{"cat_link":104,"category":105,"comment_count":47,"id":106,"is_sticky":47,"permalink":107,"post_author":50,"post_content":108,"post_date":109,"post_excerpt":53,"post_id":106,"post_modified":110,"post_thumbnail":111,"post_thumbnail_html":112,"post_title":113,"post_type":58,"sort_by_date":114,"tag_links":115,"tags":122},[44],[46],"33522","http://radioblackout.org/2016/01/acad-unassociazione-per-le-vittime-degli-acab/","800 58 86 05 è il numero verde di www.acaditalia.it: attivo 24 ore su 24, basta avere pazienza e qualcuno della catena risponde alla chiamata, che è meglio se avviene in tempi ristretti in modo da spazzare da subito le narrazioni tossiche che accompagnano sempre le malefatte degli uomini in divisa. Rimangono impuniti per l'apparato di insabbiamento e promozione che subito si attiva, per i costi che si dovrebbero affrontare da soli e famiglie coraggiose come quella di Stefano Cucchi non sono tante. Ma l'Associazione contro gli abusi in divisa fornisce supporto legale e indicazioni per cercare di ottenere giustizia.\r\nL'associazione nasce dopo l'omicidio di Michele Ferrulli, perpetrato con una tecnica che persino la polizia americana giudica esiziale e che è stata fatale anche per Andrea Soldi ultimamente, coinvolgendo l'ambito del Tso, che fa parte anche della copertura assicurata dall'Associazione, ma l'idea cominciò a farsi strada nell'indignazione degli spiriti più sensibili di alcuni compagni all'indomani dei fatti di Genova 2001.\r\nCi siamo rivolti a Luca in seguito all'assassinio di Ciro Lo Muscio, eseguito da due pirati della strada in divisa su un'auto civetta che a folle velocità lo ha travolto in corso Grossetto a Torino, di notte, mentre rincasava sobrio discendendo dal bus della linea 2; l'assenza di lampeggianti e sirene ha fatto pensare a criminali e quindi le persone del quartiere circondarono l'auto anonima per impedire la fuga, poi operata con l'intervento di altri uomini in divisa che li hanno prelevati... ora sembra che si riesca a fare luce sull'“increscioso incidente” e comunque la famiglia non ha intenzione di farsi intimidire: è annunciata una fiaccolata in corso Grosseto allo scadere di un mese dall'omicidio, avvenuto il 29 dicembre.\r\nAcad può aiutare quando c'è questa volontà di giustizia e forse – nonostante i tantissimi casi di assoluta impunità delle “mele marce” – ogni tanto ha dato prova di ottenere qualche risultato. E forse anche questo può fungere da deterrente rispetto all'atteggiamento sprezzante e spregiudicato di chiunque indossi una divisa che, soprattutto in un paese dove non esiste il reato di tortura e gli operatori non sono identificabili, si sente intoccabile e giudice di qualsiasi suddito che si trova di fronte.\r\nUnknown","16 Gennaio 2016","2016-01-20 15:11:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/01/2016_01_15-acad-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"284\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/01/2016_01_15-acad-284x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/01/2016_01_15-acad-284x300.jpg 284w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/01/2016_01_15-acad-768x810.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/01/2016_01_15-acad.jpg 910w\" sizes=\"auto, (max-width: 284px) 100vw, 284px\" />","Acad: un’associazione per le vittime degli... 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Solo raramente i crimini dei servitori dello Stato affiorano dal silenzio e dall'omertà che li coprono per divenire casi noti e discussi. Ancor più raramente gli atti più feroci tra i pochissimi che divengono di pubblico dominio, finiscono con un'inchiesta, un processo, una condanna.\r\nIl caso di Federico Aldrovandi, un ragazzo di 18 pestato a morte mentre tornava a casa dopo una serata con gli amici, è uno di questi.\r\nSolo la disperata tenacia della sua mamma ha consentito che le menzogne della polizia venissero smentite. La condanna - sia pure lieve - dei quattro poliziotti assassini costituisce un precedente che la polizia non può tollerare, perché mette in discussione l'impunità di cui godono da sempre uomini e donne in divisa.\r\nHanno reagito secondo il loro stile dopo la conferma della condanna dei colleghi per l'assassinio di Federico Aldrovandi.\r\nUn gruppo del sindacato Coisp ha fatto un presidio di fronte al comune, dove lavora Patrizia Moretti, la mamma del ragazzo ucciso.\r\nUn vergognoso tentativo di intimidazione verso una donna che ha affrontato un calvario durato otto anni. 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Nelle ultime settimane, complice la presentazione di un progetto di legge su una modestissima legalizzazione dell'uso della cannabis, il dibattito si è riaperto.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino del collettivo antioproibizionista di Pisa, tra i promotori della street parade \"Canapisa\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ncannabis robertino\r\n\r\nLeggi l'articolo di Robertino uscito sull'ultimo numero di Umanità Nova:\r\n\"Sin dal loro apparire, tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’30 del secolo del secolo scorso, le leggi antidroga hanno suscitato critiche sia per la loro evidente irrazionalità che per la pretesa di imporre un codice di comportamento in una delle sfere più intime delle persone, cioè cosa mettere e non mettere dentro il proprio corpo. Queste critiche per un lungo periodo sono rimaste confinate nell’ambito ristretto delle riviste accademiche di diritto e di medicina o tra le pagine della stampa libertaria (il nostro Umanità Nova già nel 1921 pubblicava un durissimo articolo di Errico Malatesta contro la messa fuorilegge della cocaina in Francia), ma sono diventate sempre più diffuse a partire dagli anni ‘50 con la diffusione della cannabis tra i giovani europei e nordamericani da una parte e con la conseguente repressione poliziesca dall’altra. Molti fanno risalire la data di nascita “ufficiale” delle mobilitazioni antiproibizioniste al 25 luglio 1967 quando il Times di Londra ospitò in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato dal filosofo Alaistair McIntyre, dallo psichiatra Ronald Laing, dal sociologo Tariq Ali, da tutti e quattro i membri dei Beatles (secondo alcuni sarebbero stati proprio i componenti della boy band più famosa di tutti i tempi a pagare il costoso annuncio), dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale e culturale britannica. Il giorno dopo anche Bertrand Russell esprimeva la propria adesione all’appello. L’evento che aveva scatenato la mobilitazione era stata, solo poche settimane prima, l’incarcerazione di Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, in prigione dal 29 giugno per detenzione e uso di marijuana. La notizia aveva fatto rapidamente il giro di Londra e il clamore suscitato dalla carcerazione dei due artisti diventò l’occasione per attaccare il sistema giudiziario britannico e le leggi proibizioniste in particolare. La mobilitazione per i due Stones raggiunse il culmine il 31 luglio all’udienza conclusiva dell’appello, a cui partecipano centinaia di persone che invadono l’aula, i corridoi e il cortile del tribunale che accolsero con un tripudio generale la lettura della sentenza con cui il giudice revocava la condanna al carcere e ordinava l’immediata liberazione dei due musicisti. Pochi giorno dopo il quotidiano The Guardian dichiarava “già morta” la convenzione internazionale contro “la droga” entrata in vigore sotto l’egida dell’Onu e grazie alle pressioni del governo USA solo pochi anni prima.\r\nQuasi mezzo secolo dopo, la War On Drugs infuria più che mai e si fa sempre più feroce, tanto che, come ha denunciato da tempo Amnesty International, non fa che allungarsi la lista dei Paesi che applicano la pena di morte per traffico di droga e ogni anno centinaia di persone vengono giustiziate in Cina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran etc per quello che i giuristi definiscono “un reato senza vittime”, nel senso che chi assume sostanze illecite ne ricava un danno, ma lo fa comunque in genere volontariamente e senza essere costretto (esattamente come nessuno viene a costretto a rovinarsi il fegato mangiando 5 hamburger di fila o a farsi venire il diabete con una dieta zuccheri e junk food). Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene di disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie di referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni di carcere per la coltivazione di cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno di legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi di cannabis e la coltivazione di sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni di distanza dalla grande manifestazione nazionale organizzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato di Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta di legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di cannabis problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di Federico Aldrovandi e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). E, tanto per rimanere nel mondo della realtà, solo poche settimane fa’ l’Associazione Antigone e la Società della Ragione hanno denunciato che in carcere ci sono ancora migliaia di detenuti per la legge Fini-Giovanardi dichiarata poi incostituzionale.\"","31 Luglio 2015","2018-10-17 22:09:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/cannabis-200x110.jpg","Cannabis legale? 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Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene di disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie di referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni di carcere per la coltivazione di cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno di legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi di cannabis e la coltivazione di sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni di distanza dalla grande manifestazione nazionale organizzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato di Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta di legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di cannabis problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di \u003Cmark>Federico\u003C/mark> \u003Cmark>Aldrovandi\u003C/mark> e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). 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Qui si celebrarono i grandi processi alla mafia e alla lotta armata. E' rimasta chiusa per lunghi anni, finché non è stata riaperta per i No Tav. Qui va avanti a tappe forzate il processo ai resistenti della Maddalena nei giorni dello sgombero della libera Repubblica e del primo assedio alla zona occupata.\r\nGiovedì 22 maggio è stata il teatro perfetto per la prima udienza ai quattro attivisti No Tav accusati di aver compiuto un sabotaggio al cantiere di Chiomonte il 14 maggio dello scorso anno. In quell'occasione venne danneggiato un compressore, presto riparato e rivenduto. Questo danneggiamento per la Procura di Torino vale un'imputazione di attentato con finalità di terrorismo. Un'imputazione che ha sottratto alle loro vite, ai loro affetti, alle lotte Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, rinchiusi da oltre cinque mesi in regime di alta sorveglianza.\r\nSolo da una settimana erano state cancellate alcune misure particolarmente afflittive nei loro confronti, come il divieto di incontro tra loro, e il blocco delle visite per tutti tranne i familiari più stretti.\r\nEntro il 15 giugno verranno rese note le motivazioni della sentenza della Cassazione, che ha annullato quella del Riesame che aveva confermato l'impianto accusatorio della Procura di Torino.\r\nUna prima crepa nel teorema della premiata coppia Padalino/Rinaudo, che potrebbe, ma il condizionale resta d'obbligo, portare ad un alleggerimento della pressione disciplinare sui quattro No Tav.\r\nNell'udienza del 22 maggio in corte d'assise il giudice ha concesso che i prigionieri fossero messi insieme nella stessa gabbia, in una zona più vicina ai loro avvocati. 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Per mesi i media, echeggiando le carte della Procura, avevano annunciato centinaia di costituzioni. La Commissione Europea, i ministeri, gli operai del cantiere, i poliziotti di guardia non si presentano. Alla fine restano solo il governo, LTF, general contractor per la Torino Lyon, e il sindacato di polizia SAP, quello degli applausi agli assassini di Federico Aldrovandi.\r\nGli avvocati della difesa hanno presentato numerose questioni di carattere procedurale, compresa l'eccezione di costituzionalità dell'articolo 270 sexies, da cui la Procura di Torino desume la definizione di terrorismo.\r\nE' stata anche avanzata la richiesta di trasferimento a Torino dei quattro compagni.\r\nIl tribunale si è riservato di rispondere. 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Lo scorso anno si mosse Giovanardi in persona per cercare di impedire la manifestazione che porta in piazza chi si batte contro le politiche proibizioniste, che in questi anni hanno riempito le carceri del nostro paese di persone imputate di un classico reato senza vittime, un reato inventato per disciplinare, secondo un modello di consuma, produci e muori.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino, uno degli organizzatori di Canapisa, che quest'anno si concluderà davanti al carcere.\r\n\r\nAscolta il suo intervento: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/05/2012-05-29-robertino-canapisa.mp3|titles=2012 05 29 robertino canapisa]\r\n\r\nscarica l'audio\r\n\r\nDi seguito alcuni stralci dall'appello per la manifestazione\r\nE’ dal 2001 che l’Osservatorio Antiproibizionista porta avanti un lavoro di ricerca, divulgazione e diffusione di pratiche di riduzione del danno, finalizzate allo sviluppo di una cultura consapevole e critica nell’affrontare la realtà del consumo di sostanze proibite e la repressione attuata dalle politiche ultra proibizioniste “made in Italy” in materia.\r\nLo scenario che abbiamo di fronte, dopo cinquanta anni di proibizionismo planetario, è quello di un campo minato dove non ci si può muovere per paura di fare la mossa sbagliata e vedersi rovinare la vita solo perché si è scelto di consumare sostanze proibite.\r\nMentre da una parte c’è un consumo diffuso in tutta la società, molte volte non problematico, dall’altra viviamo circondati da controlli di polizia pronti a stravolgere la vita dei malcapitati, anche ad uccidere come nei casi di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino e di molti altri.\r\nIl proibizionismo con il suo espandersi ha prodotto una sorta di apartheid, che in Italia si concretizza, anche a causa degli sbandierati allarmi securitari, nell’incarcerazione e nella persecuzione di massa messa in campo nell’applicazione della Legge Fini-Giovanardi.\r\nInoltre si continua a parlare di togliere le patenti a tutti i consumatori, di togliere i bambini alle madri e di licenziare coloro che usano sostanze proibite, insomma di togliere tutti i più elementari diritti a coloro che abitualmente sono chiamati “drogati”, quando le politiche sociali in Italia praticamente non esistono più, mentre aumentano le strutture e i sistemi per contenere le persone.\r\nNon è con la repressione, con le carceri, con le cliniche, con la forza che si affronta un fenomeno di tale entità e portata storica. Fino ad ora questa strada ha portato solo disastri. Mentre la gente continua a morire nelle carceri, all’esterno il consumismo di sostanze legali ed illegali si sta diffondendo a dismisura e tutto ciò avviene in una ignoranza spaventosa dovuta ad anni di proibizionismo, che con il suo porre muri di gomma, ostacoli e paure si pone a perfetto emblema di una società totalitaria avanzata: libertà per chi ha molto denaro e prigione per chi non detiene abbastanza ricchezze. Società imperialista in cui gli affari vengono prima di tutto e dove farmaci e droghe, come due facce della stessa medaglia, non a caso rappresentano i mercati più fiorenti al mondo. Per questo, come era immaginabile prevedere, a Vienna 2012 (Conferenza Mondiale sulle Droghe) la tanto attesa fine del mondo proibizionista purtroppo non è ancora arrivata, nonostante nel corso dell’ultimo anno, a livello internazionale, diversi sono stati i tentativi anche istituzionali di dichiarare fallite le politiche proibizioniste! (...)\r\nCanapisa può essere interpretata come il tentativo locale di resistere ad un mondo sempre più claustrofobico e senza vie d’uscita.\r\nNel dar vita alla dodicesima edizione di Canapisa i propositi dei promotori sono quelli di riconnettere e socializzare esperienze, saperi, ricchezze materiali ed immaginarie e rivendicare dignità e rispetto per tutte e per tutti.\r\nSi denuncia quindi con forza il lascito concesso dallo Stato alle organizzazioni mafiose nella gestione del mercato nero delle droghe e gli enormi profitti esentasse di queste ultime. Il risultato è di fatto la persecuzione di migliaia di consumatrici e consumatori, repressione di forme di socializzazione e diffusione di una falsa informazione sulle sostanze legali e illegali in un contesto di totale assenza di strategie concrete di riduzione del danno.\r\nE’ importante lottare contro la formazione di pregiudizi culturali e istituzionali, che giustificano terapie forzate, negando la libertà individuale di scegliere o rifiutare determinate cure. Sostenere Canapisa è scegliere la logica del bene comune piuttosto che quella della persecuzione di massa di individui colpiti soltanto per il loro stile di vita. Viene naturale, è una questione di logica.\r\n\r\nManifestazione antiproibizionista Canapisa\r\nSabato 26 maggio 2012\r\nore 17 piazza San Antonio – Pisa\r\n\r\nOsservatorio Antiproibizionista\r\nCanapisa Crew","22 Maggio 2012","Il prossimo 26 maggio si terrà a Pisa l'annuale street parade antiproibizionista. 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