","Haftar, il leone del deserto per conto di chi?",1554500092,[116,117,63,118,119,120],"http://radioblackout.org/tag/gharian/","http://radioblackout.org/tag/haftar/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/","http://radioblackout.org/tag/serraj/","http://radioblackout.org/tag/tripoli/",[122,18,15,123,124,125],"Gharian","petrolio","Serraj","Tripoli",{"post_content":127},{"matched_tokens":128,"snippet":129,"value":130},[71],"bene negli ultimi tempi nel \u003Cmark>Fezzan\u003C/mark> per aggregare attorno a sé","Era prevedibile, forse solo la diplomazia italiana si è fatta sorprendere dall'avanzata su Tripoli delle truppe cirenaiche, che si sono prese Gharian, la porta per conquistare il potere tripolino. Il vecchio generale di Gheddafi, poi prezzolato dagli americani e ora sponsorizzato da Russia, Egitto, Francia nel gioco di alleanze variabili che caratterizzano l'attuale assetto geopolitico, forse non sta solo rinfozando la sua posizione in vista di un meeting che difficilmente si potrà ancora tenere sotto l'egida dell'Onu con l'azzoppato Fayez al-Serraj, il \"sindaco di Tripoli\" sostenuto da Turchia e Qatar.\r\n\r\nHaftar si presenta come il campione dell'antijihadismo e ha operato bene negli ultimi tempi nel \u003Cmark>Fezzan\u003C/mark> per aggregare attorno a sé le volubili tribù, che appoggiano e sostengono in base all'interesse del momento; alcuni ritengono che stia in qualche modo controllando molti pozzi, ancora sfruttati dall'ente nazionale ma sotto lo sguardo attento delle sue milizie.\r\n\r\nForse siamo giunti al punto ricercato da Sarkozy con l'attacco del 2011 che rovesciò il regime creando quasi un decennio di caos e scorrerie: abbiamo prima ricercato nell'articolo di Alberto Negri pubblicato oggi su \"il manifesto\" per poi affidarci all'analisi di Nancy Porsia:\r\n\r\nStrategie e interessi geopolitici tra i miraggi libici",[132],{"field":95,"matched_tokens":133,"snippet":129,"value":130},[71],578730123365187700,{"best_field_score":136,"best_field_weight":137,"fields_matched":29,"num_tokens_dropped":48,"score":138,"tokens_matched":29,"typo_prefix_score":48},"1108091338752",14,"578730123365187697",{"document":140,"highlight":163,"highlights":168,"text_match":134,"text_match_info":171},{"cat_link":141,"category":142,"comment_count":48,"id":143,"is_sticky":48,"permalink":144,"post_author":51,"post_content":145,"post_date":146,"post_excerpt":54,"post_id":143,"post_modified":147,"post_thumbnail":148,"post_thumbnail_html":149,"post_title":150,"post_type":57,"sort_by_date":151,"tag_links":152,"tags":158},[45],[47],"50145","http://radioblackout.org/2018/10/libia-nuova-minaccia-salafita/","La conferenza del 12 e 13 novembre promossa a Palermo dal governo italiano ha un percorso sempre più in salita. Forte è il rischio di defezioni importanti come quella di Haftar, il signore della Cirenaica appoggiato dalla Francia, che ambisce a prendere il controllo anche della Tripolitania, dove il governo Al Sarraj, appoggiato dall'Italia, è sempre più debole, ostaggio delle milizie.\r\nOggi è a Roma Ali al Saidi, deputato del Parlamento libico con sede a Tobruk, membro della commissione Interni assai vicino a Khalifa Haftar. Al Saidi, è nella capitale come inviato del presidente del Parlamento.\r\n\r\nLa partecipazione di Haftar è sempre meno probabile, mentre è pressoché certo che non ci sarà il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh. Al Saidi qualche giorno fa aveva detto che «Questa conferenza non farà altro che acuire la crisi libica perché ci sono paesi come l’Italia che fanno di tutto per proseguirla».\r\n\r\nLa posizione dell'Italia si è molto indebolita con il nuovo governo. Il ministro dell'Interno Salvini non gode delle robuste maniglie di cui godeva Minniti, che, come viceministro aveva avuto per anni la delega ai servizi segreti, che sono i reali gestori degli accordi in un paese governato da logiche tribali e controllato da potenti milizie.\r\nAll'ambasciata italiana a Tripoli manca da mesi l'ambasciatore Perrone, esibitosi in diretta TV in dichiarazioni che hanno dimostrato la sua conoscenza dell'arabo ma anche una scarsa accortezza diplomatica. Perrone aveva dichiarato che i libici non erano maturi per elezioni a dicembre. Le proteste di piazza e e bandiere tricolori bruciate avevano indotto il governo a richiamarlo.\r\n\r\nParlando al sito web «al Wasat», Al Saidi, deputato eletto nel distretto di Wadi al Shati, regione storica meridionale del Fezzan, ha chiesto che venga riaperto il consolato d’Italia a Bengasi e che venga attuato il progetto per realizzare l’arteria stradale ovest-est tra Ras Jedir, valico al confine con la Tunisia, e Musaid, vicino al confine con l’Egitto. In particolare è il primo lotto dell’arteria su cui si punta, quello dal confine egiziano a Bengasi, grazie a cui migliorerebbe il flusso delle merci ma anche la sicurezza in Cirenaica. Una commessa da un miliardo di dollari in cui sono coinvolte alcune aziende italiane come Salini Impregilo.\r\n\r\nQuestione di affari, ma anche di politica, vista la presenza di milizie salafite nella zona, peraltro alleate con il \"laico\" Haftar.\r\n\r\nAltre milizie salafite sono tra quelle che controllano Tripoli e sono attive anche a Misurata.\r\nIl gioco delle alleanze potrebbe favorirne l'ascesa. Dopo l'Isis la partita con i salafiti sarebbe quindi tutt'altro che chiusa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesca Mannocchi, giornalista free lance, più volte inviata in Libia, autrice di articoli e corrispondenze per l'Espresso, la7, al Jazeera.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 10 23 libia mannocchi","23 Ottobre 2018","2018-10-26 13:32:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-1024x683.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libia. 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La mattina del 15 marzo il centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (IMRCC) è stato avvertito della presenza di alcuni gommoni in difficoltà a una settantina di chilometri dalla costa libica. La Open Arms è arrivata sul posto e ha cominciato le operazioni di soccorso.\r\nPiù tardi è arrivato un pattugliatore libico che si è interposto tra la Open Arms e le scialuppe che avevano raccolto i naufraghi. Un braccio di ferro durato due ore. Molti migranti, spaventati dalla prospettiva di essere riportati nelle galere libiche, si sono gettati in mare. Ma i volontari non hanno mollato.\r\nUna donna e un neonato in gravi condizioni di salute sono stati sbarcati a Malta.\r\nLe successive 24 ore sono state terribili: il mare era sempre più grosso ma l’Italia non ha concesso l’approdo in porto finché non si sono mossi il governo spagnolo e la sindaca di Barcellona, Ada Colau.\r\n\r\nI libici sostengono di avere una propria zona di Serch and Rescue: in realtà non è vero. Falsa anche la notizia che l’indagine sia scattata, perché Proactiva Open Arms non avrebbe rispettato il protocollo di intesa, imposto la scorsa estate dal ministro Minniti alle ONG, che operano nel Mediterraneo. Il protocollo non è una legge ma un semplice accordo, la cui inosservanza non comporta sanzioni penali o amministrative.\r\nIl PM, che ha incriminato i responsabili della ONG e messo sotto sequestro la nave, è Zuccaro, già noto alle cronache perché, oltre un anno fa, aveva parlato di taxi del mare, annunciando un’inchiesta della magistratura finita in nulla, come quella contro la Iuventa.\r\nOra ci riprova. In mare resta solo la Aquarius.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesca Mannocchi, giornalista free lance, collaboratrice di varie testate tra cui l’Espresso la 7.\r\nFrancesca è appena tornata dalla Libia, un paese dove fare informazione sta diventando sempre più complicato, perché i giornalisti sono accompagnati ovunque da esponenti dei servizi informativi libici. Ne consegue che è molto difficile raccogliere testimonianze che non siano condizionate dalla presenza del poliziotto. Forti pressioni sono fatte anche sui traduttori, che accompagnano i giornalisti.\r\nNonostante la censura il malcontento nel paese è sempre più forte. Da qualche tempo prendono la via del mare anche i libici, che, prima e dopo il 2011, non emigravano. Dopo sette anni di guerra civile, un’economia distrutta, servizi e sanità allo stremo, anche i cittadini di un paese poco popolato e ricco si mettono in viaggio verso l’Europa.\r\nLa politica italiana verso la Libia pare priva di qualsiasi base materiale. I “sindaci amici” del Fezzan raccontati da Minniti, non esistono o sono privi di potere. Il paese è diviso e spezzato tra aree sotto il controllo di milizie spesso salafite. Persino il “laico” Haftar, amico dell’Egitto di Al Sisi e degli Stati Uniti, è stato costretto a stringere accordi con i ribelli islamisti della Cirenaica.\r\nLa missione libica di Minniti, se mai partirà, sarà irta di ostacoli.\r\nIntanto la gente in viaggio continuerà a morire nel mare o nel deserto.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 20 mannocchi open arms","20 Marzo 2018","2018-03-21 14:22:39","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/pro-activa-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/pro-activa-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/pro-activa-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/pro-activa-768x513.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/pro-activa-1024x684.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Open Arms. 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Nel bel mezzo di una crisi sempre più cruda i pozzi petroliferi continuano a pompare petrolio. Il cuore di questo business è il Fezzan controllato dalle milizie islamiste vicine ai Fratelli Musulmani, con le quali il governo italiano intrattiene buoni rapporti.\r\nIl governo italiano, dopo un'apparente accelerazione verso la guerra, sta frenando.\r\nIl cambiamento di rotta di Renzi e Gentiloni è avvenuto dopo l'entrata in campo dell'Egitto, che è intervenuto con bombardamenti e, da ieri, anche con truppe di terra in Libia. Con il pretesto di una rappresaglia per il massacro di 21 operai egiziani copti, uccisi dalle milizie affiliate al califfato, Al Sisi mette piede in Libia e non disdegna di agire anche contro le milizie di Misurata. Il presidente Hollande, ricalcando le orme del suo predecessore Sarkosy, ha immediatamente appoggiato l'iniziativa dell'Egitto.\r\nA questo punto Renzi, già pronto a sbarcare in Libia, ha cominciato a frenare. Questa mattina il ministro della difesa Gentiloni ha dichiarato in modo esplicito che la strada da percorrere è quella negoziale.\r\nNessun intervento di terra, semmai un'azione dall'aria a supporto di una coalizione libica anti Isis.\r\nPiù facile a dirsi che a farsi, in uno scenario dominato da logiche claniche, dove il gioco delle alleanze si fa su più tavoli, dove gli interessi dei vari attori in gioco spesso collidono.\r\nAbbiamo provato a dipanare il groviglio parlandone con Stefano Capello.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015_02_18_capello_libia","18 Febbraio 2015","2015-02-25 16:02:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"185\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-300x185.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-300x185.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-768x475.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La guerra per la Libia",1424288334,[254,255,256,63,257],"http://radioblackout.org/tag/egitto/","http://radioblackout.org/tag/guerra-per-la-libia/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/renzi/",[259,260,261,15,262],"Egitto","guerra per la libia","isis","renzi",{"post_content":264},{"matched_tokens":265,"snippet":266,"value":267},[71],"di questo business è il \u003Cmark>Fezzan\u003C/mark> controllato dalle milizie islamiste vicine","Gli interessi italiani in Libia sono enormi: il gas e il petrolio, sì, ma anche le commesse per le nostre imprese e gli investimenti nel nostro sistema economico che la Libia assicurava fino a ieri.\r\nNonostante l'evacuazione dell'ambasciata e dei cittadini italiani in Libia strombazzata a gran voce dai media, quando le milizie con il marchio Isis hanno preso Sirte, nei fatti l'ENI e i suoi dipendenti sono rimasti in Libia. 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Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. 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Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. Il grande gioco tra sangue e petrolio","podcast",1407441307,[309,310,63,118,311],"http://radioblackout.org/tag/al-quaeda/","http://radioblackout.org/tag/italia/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[290,287,15,123,292],{"post_content":314},{"matched_tokens":315,"snippet":316,"value":317},[71],"storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e \u003Cmark>Fezzan\u003C/mark> sono divenute esplosive. 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