","Lui? Lei? Arcobaleno? Dal Pride istituzionale al Free(K) Pride, Frocial Mass","post",1592917457,[55,56,57],"http://radioblackout.org/tag/freek-pride/","http://radioblackout.org/tag/genesi/","http://radioblackout.org/tag/pride-istituzionale/",[20,12,28],{"post_content":60},{"matched_tokens":61,"snippet":63,"value":64},[62],"stretti","delle panchine – arcobaleno ci stanno \u003Cmark>stretti\u003C/mark>\" (per dirla con l* amic*","Quest’anno il Pride istituzionale, sponsorizzato da banche, discoteche e comune di Torino si è svolto on line.\r\n\r\nLe panchine e gli alberi “lei” “lui” inaugurati nel giorno del Pride Virtuale sono stati risignificati dagli attivisti dell’assemblea queer ah squeerto.\r\n\r\nDi seguito il comunicato che rivendica l’azione:\r\n\r\n“Sabato 20 giugno, nella giornata del \"primo Pride online\", il Coordinamento Torino Pride ha inaugurato un'opera chiamata Genesi composta da una panchina arcobaleno in mezzo a due alberi, uno con sfumature di rosa con la scritta LEI e l'altro con sfumature di azzurro con la scritta LUI [foto nei commenti]. È chiaro che la fantasiosa spiegazione dell'opera nel testo dell'evento non basta a convincerci, ci sembra evidente che l'opera sia stata progettata con approssimazione e risulti assurda e offensiva a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le tematiche LGBT+. Se già \"i sei colori delle bandiere – e delle panchine – arcobaleno ci stanno \u003Cmark>stretti\u003C/mark>\" (per dirla con l* amic* di Marciona), gli alberi erano semplicemente inaccettabili. Noi contro la violenza del binarismo ci lottiamo tutti i giorni e non abbiamo alcuna intenzione di lasciare che un'opera a tema LGBT riproduca quella violenza. Ci rivendichiamo la rabbia contro le gabbie del genere, l'istituzionalizzazione delle lotte e le rappresentazioni pacificate. Il pride è rivolta.”\r\n\r\nDa qualche anno gruppi transfemministi queer e solidali frocizzano le strade delle nostre città, riportando il pride su un piano critico di lotta all'esistente, e in particolare ai sistemi di potere e alle loro gerarchie: il patriarcato, l'etero-cis-sessualità obbligatoria, il capitalismo, il (neo)colonialismo, il fascismo, il machismo, l'abilismo, lo specismo, l'ageismo, la sessuofobia, la religione e molti altri.\r\nAnche quest’anno ci sarà il Free(K) Pride, Frocial Mass! In bici, pattini, ma anche a piedi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Sbrock di ah… squeer-to\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/2020-06-23-sbrock-pride.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il testo di lancio del Free(k) Pride Frocial Mass:\r\n\r\n“Da qualche anno gruppi transfemministi queer e solidali frocizzano le strade delle nostre città, riportando il pride su un piano critico di lotta all'esistente, e in particolare ai sistemi di potere e alle loro gerarchie: il patriarcato, l'etero-cis-sessualità obbligatoria, il capitalismo, il (neo)colonialismo, il fascismo, il machismo, l'abilismo, lo specismo, l'ageismo, la sessuofobia, la religione e molti altri.\r\n\r\nIn questo tristo 2020 i corpi non conformi, e in particolare i corpi trans, non eterosessuali, disabili, vecchi, tutti i corpi non (ri)produttivi, sono stati dimenticati, sanzionati e confinati tra le mura domestiche di quella microsocietà, la famiglia, che spesso per le persone lgbt+ e per le donne diventa violento luogo di reclusione.\r\n\r\nMolt* altr* un tetto proprio non l'avevano: anche durante l'isolamento a Torino, una delle capitali degli sfratti, non sono rimasti che i pericoli della strada e dei dormitori, diventati focolai come le RSA, diventati gabbie come i CPR, dove alle violenze inflitte ax prigionierx si è aggiunta quella del sovraffollamento durante la pandemia.\r\n\r\nAnche i corpi in carcere sono stati piegati con la violenza durante le rivolte che hanno attraversato le prigioni italiane. I corpi dex lavoratorx \"essenziali\" sono stati esposti al contagio per far funzionare la macchina del profitto. La produzione bellica non si è mai fermata, lx facchinx dell'e-commerce hanno fatto gli straordinari.\r\n\r\nNel mondo in cui siamo forzati a vivere ci sono persone che non valgono, sacrificabili, sostituibili, intercambiabili. La gestione della pandemia lo ha reso crudamente evidente.\r\n\r\nIl coordinamento Torino Pride, l'associazione di secondo livello che a Torino raggruppa tutte le associazioni lgbt+ mainstream, comprese le lobby liberal espressione dei partiti di maggioranza, e polis aperta, un'associazione di sbirri \u003Cmark>gay\u003C/mark>, ha deciso quest'anno di celebrare, nel cosiddetto pride month, il \"primo pride online della storia\".\r\n\r\nIl Torino Pride non ci mancherà. Non ci mancherà la kermesse da centomila persone che tinge di rosa l'immagine dello stato e della sindaca, che lava di rosa le coscienze di omo-lesbo-bi-trans-fobici più o meno latenti pronti a farsi scattare foto coi loro brand arcobaleno e l'hashtag #loveislove.\r\n\r\nNoi vogliamo #moltodipiùcheglihashtag. Vogliamo rioccupare le strade con i nostri corpi. Rifiutiamo – ancora una volta – la logica del produci-consuma-crepa che in questo post-lockdown si è fatta ancora più evidente. Questa logica che ci vorrebbe docili (ri)produttor* e consumator* che rinunciano al conflitto per il \"bene comune\". Se scegliamo di prenderci cura l'un* dell'altr* lo facciamo perché crediamo nella cooperazione e nella tutela solidale e volontaria, non perché uno stato paternalista ce lo ordina.\r\n\r\nNoi translellefrocie e complici non rinunceremo a riprenderci le strade, e vi rifacciamo il Free(K) Pride, quest'anno una Frocial Mass!\r\n\r\nCi pigliamo tutto!\r\nBici, cicli, tricicli, sedie a rotelle, pattini, trabiccoli, carretti, trampoli o semplicemente i vostri deliziosi piedini per frocizzare l'esistente, nel rispetto e nella tutela dell'altr*, usando mezzi non amotore per riaffermarne l'importanza, ingombrandoci di travestimenti per tutelarci con la distanza fisica ma non sociale, per farla anticapitalista, antiautoritaria. Libera.\r\n\r\nQueste le linee guida che abbiamo pensato insieme per scendere in piazza con un occhio di riguardo per le vulnerabilità di tutt*:\r\n\r\n* indossiamo mascherine e maschere, attivando la nostra creatività frocia e antispecista;\r\n* scegliamo un mezzo su ruote (bici, pattini, sedie a rotelle, carretti, ecc.) oppure veniamo a piedi addobbandoci o travestendoci in modo da evitare l'eccessiva prossimità fisica (qualche suggerimento: scatole e cartoni, gonne ottocentesche, ali);\r\n* manteniamo il corteo il più lento possibile perché l'andatura sia adatta a tutt*.\r\n\r\nCi vediamo in piazza Castello sabato 11 luglio alle 16!”",[66],{"field":67,"matched_tokens":68,"snippet":63,"value":64},"post_content",[62],1155199603042156500,{"best_field_score":71,"best_field_weight":72,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":41,"score":73,"tokens_matched":33,"typo_prefix_score":33},"1112352751616",14,"1155199603042156657",{"document":75,"highlight":95,"highlights":101,"text_match":69,"text_match_info":104},{"cat_link":76,"category":77,"comment_count":41,"id":78,"is_sticky":41,"permalink":79,"post_author":44,"post_content":80,"post_date":81,"post_excerpt":47,"post_id":78,"post_modified":82,"post_thumbnail":83,"post_thumbnail_html":84,"post_title":85,"post_type":52,"sort_by_date":86,"tag_links":87,"tags":94},[38],[40],"50927","http://radioblackout.org/2018/11/africa-orientale-lomofobia-importata-la-xenofobia-nelle-corde-leconomia-di-rapina-la-presenza-cinese/","Stiamo assistendo a una stretta repressiva in Tanzania, che è riuscita a sfondare il muro di silenzio stampa che avvolge in genere i fatti africani, quando qualche giorno fa ha fatto scalpore la notizia che il giovane governatore di Dar-es-Salaam, Paul Makonda, ha lanciato una campagna omofoba con tanto di invito alla delazione: i primi gay sono finiti in galera e le liste di proscrizione sono state redatte via social.\r\n\r\nDa questa situazione, che abbiamo approfondito in questo primo audio che potete sentire con Marco Cochi di \"Afrofocus\" (L'omofobia africana è un prodotto coloniale d'importazione) abbiamo preso spunto per parlare di Tanzania in particolare e di Africa orientale in generale: l'info è stata ospitata da BlackMilk, la trasmissione del sabato blackoutiano che propone sonorità provenienti dal continente nero.\r\n\r\nL'informazione è la cartina di tornasole sulla effettiva libertà d'espressione di un paese e quando vengono incarcerati i giornalisti stranieri è un segnale che si sta scivolando nell'autoritarismo e si sta cercando di soffocare ogni possibilità di diffondere notizie ingombranti:\r\n\r\nIncarcerazione di giornaliste sudafricane in Tanzania\r\n\r\nRiguardo alla Tanzania veniva spontaneo a questo punto, dopo i primi spunti di Cochi, capire cosa ci si può attendere da quel regime e quali siano state finora le sue espressioni: tutte molto repressive e quindi ci siamo rivolti a Cornelia Toelgyes, redattrice di \"Africa ExPress\", che ha pubblicato alcuni articoli incentrati su quell'area geografica molto significativi, anche per quello che riguarda l'intolleranza razzista e l'emergenza migratoria a partire da ragioni climatiche, ancora più che per la – comunque imponente – repressione violenta di moti, richieste, diritti elementari, bisogni e rivendicazioni; contraddizioni e istruzione diffusa o negata; difficoltà di rapportarsi alla sensualità\r\n\r\nMigrazioni interne, intolleranze, repressioni, istruzione\r\n\r\nUn aspetto poco conosciuto in Occidente relativo alla Tanzania è lo sviluppo economico: le risorse – agricole o di giacimenti – e gli interessi cinesi, legati all'implementazione della Via della Seta, argomento che affrontiamo nuovamente con Marco Cochi:\r\n\r\nLa Tanzania tra risorse naturali e interessi cinesi\r\n\r\nCome capita spesso, i cinesi cominciano a offrire aiuto, collaborazione e investimenti per creare infrastrutture – come abbiamo sentito, fin dagli anni Sessanta hanno costruito la linea tra Tanzania e Zambia – poi diventano il partner principale della bilancia commerciale e \"sentono il bisogno\" di difendere le strutture e il mercato che hanno creato. Così diventa interessante seguire le modalità di infestazione militare del territorio. Di questo ambito Marco Cochi è particolarmente esperto come si evince da questo quadro che ci ha offerto:\r\n\r\nStrategia militare cinese in Africa\r\n\r\nA questo discorso finiscono con il collegarsi le conclusioni che abbiamo pensato di affidare a un giovane e attento analista che spesso viaggia nei paesi che descrive sul sito informativo Slow-News che ha contribuito a realizzare: Andrea Spinelli Barrile ha una visione generale di quella parte di Africa e le sue sinapsi collegano episodi e strategie geopolitiche distanti tra loro, riconducendole a evidenti calcoli economici locali, tessendo efficacemente le trame pensate e messe in atto a livello macroeconomico, come quelle vissute dalle popolazioni coinvolte nell'evoluzione repentina del continente: infrastrutture, naturale contatto con le potenze asiatiche affacciate al di là dell'Oceano (anche l'India, non solo Cina) o con l'Occidente, convenzioni e investimenti, metissage e tecnologie, risorse e metropoli, pil e inflazione...\r\n\r\nSpunti geoeconomici dell'Africa orientale\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","25 Novembre 2018","2018-11-25 11:29:15","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/dar-es-salaam-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"193\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/dar-es-salaam-300x193.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/dar-es-salaam-300x193.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/dar-es-salaam.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Africa orientale: l'omofobia importata, la xenofobia interna, la presenza cinese...",1543145119,[88,89,90,91,92,93],"http://radioblackout.org/tag/africa-orientale/","http://radioblackout.org/tag/migrazione-interna/","http://radioblackout.org/tag/omofobia/","http://radioblackout.org/tag/tanzania/","http://radioblackout.org/tag/via-della-seta/","http://radioblackout.org/tag/xenofobia/",[24,26,14,16,22,18],{"post_content":96},{"matched_tokens":97,"snippet":99,"value":100},[98],"stretta","Stiamo assistendo a una \u003Cmark>stretta\u003C/mark> repressiva in Tanzania, che è","Stiamo assistendo a una \u003Cmark>stretta\u003C/mark> repressiva in Tanzania, che è riuscita a sfondare il muro di silenzio stampa che avvolge in genere i fatti africani, quando qualche giorno fa ha fatto scalpore la notizia che il giovane governatore di Dar-es-Salaam, Paul Makonda, ha lanciato una campagna omofoba con tanto di invito alla delazione: i primi \u003Cmark>gay\u003C/mark> sono finiti in galera e le liste di proscrizione sono state redatte via social.\r\n\r\nDa questa situazione, che abbiamo approfondito in questo primo audio che potete sentire con Marco Cochi di \"Afrofocus\" (L'omofobia africana è un prodotto coloniale d'importazione) abbiamo preso spunto per parlare di Tanzania in particolare e di Africa orientale in generale: l'info è stata ospitata da BlackMilk, la trasmissione del sabato blackoutiano che propone sonorità provenienti dal continente nero.\r\n\r\nL'informazione è la cartina di tornasole sulla effettiva libertà d'espressione di un paese e quando vengono incarcerati i giornalisti stranieri è un segnale che si sta scivolando nell'autoritarismo e si sta cercando di soffocare ogni possibilità di diffondere notizie ingombranti:\r\n\r\nIncarcerazione di giornaliste sudafricane in Tanzania\r\n\r\nRiguardo alla Tanzania veniva spontaneo a questo punto, dopo i primi spunti di Cochi, capire cosa ci si può attendere da quel regime e quali siano state finora le sue espressioni: tutte molto repressive e quindi ci siamo rivolti a Cornelia Toelgyes, redattrice di \"Africa ExPress\", che ha pubblicato alcuni articoli incentrati su quell'area geografica molto significativi, anche per quello che riguarda l'intolleranza razzista e l'emergenza migratoria a partire da ragioni climatiche, ancora più che per la – comunque imponente – repressione violenta di moti, richieste, diritti elementari, bisogni e rivendicazioni; contraddizioni e istruzione diffusa o negata; difficoltà di rapportarsi alla sensualità\r\n\r\nMigrazioni interne, intolleranze, repressioni, istruzione\r\n\r\nUn aspetto poco conosciuto in Occidente relativo alla Tanzania è lo sviluppo economico: le risorse – agricole o di giacimenti – e gli interessi cinesi, legati all'implementazione della Via della Seta, argomento che affrontiamo nuovamente con Marco Cochi:\r\n\r\nLa Tanzania tra risorse naturali e interessi cinesi\r\n\r\nCome capita spesso, i cinesi cominciano a offrire aiuto, collaborazione e investimenti per creare infrastrutture – come abbiamo sentito, fin dagli anni Sessanta hanno costruito la linea tra Tanzania e Zambia – poi diventano il partner principale della bilancia commerciale e \"sentono il bisogno\" di difendere le strutture e il mercato che hanno creato. 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Storia e geografia del medium espositivo\", di Luca Massidda, edito dalla Franco Angeli.\r\nNegli ultimi vent'anni il dispositivo dell'esposizione universale è tornato ad assumere una nuova centralità, a causa delle modificazioni dell'economia globale e della presenza massiccia e diffusa dei media. Mega eventi attraverso i quali il capitale si autorappresenta, si conferma e si giustifica, anche alla luce del fatto che i valori che le vecchie esposizioni universali mettevano in campo, non esistono più: l'allora nascente società di massa, l'autorappresentazione identitaria degli stati nazione, il modo di produzione industriale, la metropoli moderna, l'ideologia modernista, la giovane industria culturale.\r\nQual è dunque il ruolo di un expo in un sistema profondamente trasformato, globalizzato e di urbanità transnazionale? Quale il senso di un expo in un sistema capitalistico fortemente connotato dall'immaterialità e da una produzione che è sempre più produzione di bisogni?\r\nL'Expo 2015 si pone al centro di qualcosa che è chiamata \"crisi\", in nome della quale si impongono misure restrittive ai paesi deboli, ma che in realtà rappresenta una fase di profondo reengeneering del capitale, del rapporto capitale-lavoro, e del rapporto tra capitali e territori e la fine definitiva del modello di welfare invalso almeno nella nostra parte di mondo. C'è bisogno intanto di spacciatori di svaghi e di puntare se non sui consumi, dato l'impoverimento, perlomeno sull'implemento della coazione a consumare, che si presenta come l'unico modello possibile di esistenza individuale e generale. Ecco perchè, date tutte le trasformazioni storiche conosciute dal dispositivo espositivo in quanto in relazione alle modificazioni del sistema capitalistico, l'appeal spettacolare, l'atmosfera di grande orgia feticistica, non smette di aleggiare anche intorno ai lavori dell'expo milanese, trabocca dalle pagine del sito, in cui una donna giovane e mulatta, a pubblicizzare la transizione verso una società interculturale fondata sull'universale eguaglianza dei consumatori e delle consumatrici di tutto il mondo uniti.\r\n***\r\nExpo non è “solo” un cantiere di speculazioni e un banco di prova delle nuove riforme strutturali del lavoro (all'insegna del self-management, della gratuità e della flessibilità), ma si configura anche come spazio di produzione di discorso, di simboli, di miti e di pratiche che vanno ad alimentare un'idea di mondo nata nella notte dei tempi. Uno dei campi discorsivi e simbolici attorno a cui si costruisce l'Esposizione Universale del terzo millennio è appunto quello della femminilità come insieme di attributi salvifici e creativi della donna e quello della vita come terreno di sfida politica ed economica.\r\nUn “femminile” tanto negato e oppresso nello spazio del biologico e del riproduttivo, quanto sacralizzato in veste di principio materno, generativo e vitale. Questo mito non ha smesso di esistere nell'epoca della religione del denaro e anzi, negli ultimi quarantanni, ha avuto un ruolo preminente all'interno di quel passaggio storico in cui un nuovo paradigma economico ha tentato di recuperare la forza dirompente delle lotte femministe degli anni Settanta. Ha stabilito, cioè, quel differenziale femminile da poter valorizzare sul mercato che prende il nome di diversity management: maggior capacità di cura delle relazioni, di creatività e di pragmatismo che richiamerebbero gli attributi tipici del lavoro domestico come luogo - in fondo e sempre - riservato alle donne. Expo conferma questa narrazione e ne mostra i paradossi, rilancia la sfida internazionale in difesa della vita e in nome delle donne ma ne svela il nesso indissolubile con le logiche di accumulazione di profitto e con le politiche della morte dell'attuale governance globale.\r\nLa politica sulle donne che Expo sta portando avanti attraverso la campagna \"Women for expo\", offre un'immagine della donna che è quella della cura, della nutrizione; La donna al servizio della casa, della famiglia, e alla fine anche del pianeta; depositaria di un sapere culinario, regina del focolare domestico. Da un lato si promuove la donna imprenditrice e di potere, sfruttatrice di altre donne e di altri uomini, e dall’altro si accentua l’oppressione di tutte le altre donne, giustificandola con la “vocazione” alla maternità e alla cura, per impedire qualsiasi rivendicazione di libertà e parità, del resto impossibile in una società che divide per sfruttare meglio.\r\ndal blog de le Lucciole di Milano:\r\nLa quota rosa di Expo e la GayStreet risultano essere dispositivi di normalizzazione e di reclusione all’interno di spazi fisici e politici, che, vantandosi di essere progetti progressisti, tentano di nascondere lo stato dell’arte dei percorsi di smantellamento dei diritti nel mondo del lavoro, della scuola, della sanità e del welfare, e l’assenza di ogni tipo di diritto per i soggetti lgbit*. Sebbene i due progetti abbiano consistenze diverse, sono entrambi accomunati dall’utilizzare le nostre identità e i nostri corpi in nome del profitto, e propongono la sussunzione delle nostre rivendicazioni e delle nostre lotte all’interno di un processo sociale e politico, sempre più escludente, maschile e razzista.\r\n***Abbiamo consigliato anche la lettura del testo \"Senza donne non c'è sovranità alimentare\", di Esther Vivas, che analizza l'impatto delle politiche agro-industriali sulle donne e il ruolo chiave che le donne contadine giocano nel nord come nel sud del mondo nella produzione e distribuzione del cibo. L'articolo inoltre analizza se e come il modello di agricoltura dominante può incorporare una prospettiva femminista e come, invece, i movimenti sociali che si occupano di sovranità alimentare possono incorporare una prospettiva femminista.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n il colpo della strega_16febbr_primaparte\r\nil colpo della strega_16febbr_secondaparte\r\nil colpo della strega_16febbr_terzaparte","25 Febbraio 2015","2018-10-24 17:35:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-e1413229678451-200x110.jpg","Le esposizioni universali ed Expo Milano 2015 (Il colpo della strega, 19febbraio2015)","podcast",1424861385,[156,157,158,159,160,161,162,163,164,165,166,167,168,169,170,171,172,173],"http://radioblackout.org/tag/campesinas/","http://radioblackout.org/tag/diversity-management/","http://radioblackout.org/tag/esposizioni-universali/","http://radioblackout.org/tag/expo-2015/","http://radioblackout.org/tag/femminilizzazione-del-lavoro/","http://radioblackout.org/tag/gay-street/","http://radioblackout.org/tag/glbtq/","http://radioblackout.org/tag/lavori-di-cura/","http://radioblackout.org/tag/maternita/","http://radioblackout.org/tag/migrazioni/","http://radioblackout.org/tag/nutrimento/","http://radioblackout.org/tag/precarieta/","http://radioblackout.org/tag/sovranita-alimentare/","http://radioblackout.org/tag/speculazioni/","http://radioblackout.org/tag/terra/","http://radioblackout.org/tag/territori/","http://radioblackout.org/tag/via-campesina/","http://radioblackout.org/tag/women-for-expo/",[126,134,138,175,176,107,177,178,179,180,123,181,136,128,182,121,130,132],"expo 2015","femminilizzazione del lavoro","glbtq","lavori di cura","maternità","migrazioni","precarietà","terra",{"tags":184},[185,187,189,191,193,195,200,202,204,206,208,210,212,214,216,218,220,222],{"matched_tokens":186,"snippet":126,"value":126},[],{"matched_tokens":188,"snippet":134,"value":134},[],{"matched_tokens":190,"snippet":138,"value":138},[],{"matched_tokens":192,"snippet":175,"value":175},[],{"matched_tokens":194,"snippet":176,"value":176},[],{"matched_tokens":196,"snippet":199,"value":199},[197,198],"gay","street","\u003Cmark>gay\u003C/mark> \u003Cmark>street\u003C/mark>",{"matched_tokens":201,"snippet":177,"value":177},[],{"matched_tokens":203,"snippet":178,"value":178},[],{"matched_tokens":205,"snippet":179,"value":179},[],{"matched_tokens":207,"snippet":180,"value":180},[],{"matched_tokens":209,"snippet":123,"value":123},[],{"matched_tokens":211,"snippet":181,"value":181},[],{"matched_tokens":213,"snippet":136,"value":136},[],{"matched_tokens":215,"snippet":128,"value":128},[],{"matched_tokens":217,"snippet":182,"value":182},[],{"matched_tokens":219,"snippet":121,"value":121},[],{"matched_tokens":221,"snippet":130,"value":130},[],{"matched_tokens":223,"snippet":132,"value":132},[],[225],{"field":29,"indices":226,"matched_tokens":227,"snippets":229,"values":230},[109],[228],[197,198],[199],[199],1157451471441625000,{"best_field_score":233,"best_field_weight":234,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":41,"score":235,"tokens_matched":33,"typo_prefix_score":41},"2211897868544",13,"1157451471441625193",6687,{"collection_name":153,"first_q":107,"per_page":108,"q":107},{"title":239,"slug":240,"exerpt":241,"link":242,"featured_media":243,"slot":244},"L’Informazione di Blackout","linformazione-di-blackout","Comprende rassegna stampa, flash informativi, giornali radio, dirette e approfondimenti. 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