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Dei 15 membri del consiglio, 14 hanno votato a favore del testo, respingendo la decisione unilaterale dell'amministrazione statunitense e rimettendo al centro la necessità di negoziati. Gli USA hanno però posto il veto sulla risoluzione, di fatto affossandola.\r\n\r\n \r\n\r\nLa decisione ha suscitato l'immediata approvazione del premier israeliano Benjamin Netanayhu, mentre l'Autorità Nazionale Palestinese ha parlato di \"veto inaccettabile che minaccia la stabilità della comunità internazionale\". Il veto della Casa Bianca rivela l'intenzione di Trump di proseguire lungo la strada intrapresa, ma anche l'isolamento statunitese all'interno della comunità internazionale, che non ha dato segno di apprezzare il colpo di testa del tycoon (pur nel quadro di un generale e prolungato stallo dei negoziati e di politiche filo-israeliane mai messe in discussione).\r\n\r\n \r\n\r\nSu richiesta palestinese, domani la mozione di condanna per il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele arriverà sui banchi dell'Assemblea generale dell'Onu: se l'esito della votazione è scontato (qui gli USA non possono esercitare il diritto di veto), al tempo stesso la decisione non avrà alcuna conseguenza concreta poiché non ha effetto vincolante.\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo commentato gli ultimi aggiornamenti con Chiara Cruciati, giornalista di Nena News:\r\n\r\ntrump_gerusalemme20dic","20 Dicembre 2017","2017-12-21 23:39:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina-300x200.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina-300x200.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina.jpeg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Gerusalemme capitale d'Israele, gli USA bloccano la mozione di condanna dell'ONU",1513790498,[69,70,128,71,129,130],"http://radioblackout.org/tag/onu/","http://radioblackout.org/tag/trump/","http://radioblackout.org/tag/usa/",[24,18,132,15,34,133],"ONU","USA",{"post_content":135,"post_title":139,"tags":142},{"matched_tokens":136,"snippet":137,"value":138},[77],"di condanna del riconoscimento di \u003Cmark>Gerusalemme\u003C/mark> come capitale d’Israele. 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Una decisione unilaterale da parte dell'amministrazione USA con cui Trump vuole tenere fede a una delle promesse fatte a Israele in campagna elettorale. Sembra invece slittare in avanti la decisione, inizialmente annunciata come contestuale, di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.\r\n \r\nLa decisione della Casa Bianca ha suscitato le proteste di tutto il mondo arabo e il presidente palestinese Abu Mazen ha inviato una lettera all’Onu per chiedere che intervenga presso il Consiglio di Sicurezza per fermare la scelta di Trump. Il tycoon sembra però intenzionato a proseguire per la sua strada e, se la sua decisione verrà ufficializzata, segnerà una svolta storica nella politica estera statunitense nei riguardi del conflitto israelo-palestinese. Se è vero che negli ultimi decenni gli USA non hanno mai messo in discussione il proprio appoggio allo Stato ebraico e hanno sempre giocato un ruolo tutt'altro che imparziale nei tentativi di mediazione del conflitto, la decisione di Trump romperebbe apertamente con la linea tenuta finora dagli USA dagli accordi di Oslo in poi. La scelta della Casa Bianca, accolta con preoccupazione da diversi paesi (anche all'esterno del mondo arabo) e bollata da molti commentatori come \"folle\", si inserisce in realtà in un più ampio progetto statunitense a sostegno di Israele con il quale Trump vuole creare le condizioni per disegnare un nuovo assetto in Medio Oriente. In particolare, per i sauditi e le petromonarchie la contropartita per la forzatura su Gerusalemme sarebbe la garanzia di un ridimensionamento del ruolo israeliano nella regione.\r\n \r\n\r\nIn seguito all'annuncio di Trump i palestinesi hanno proclamato tre giorni di collera (da oggi fino a venerdì) e manifestazioni di protesta sono annunciate a Ramallah, in altre città cisgiordane e nella Striscia di Gaza.\r\n\r\n \r\n\r\nDa Gerusalemme il commento di Michele Giorgio, giornalista de Il Manifesto:\r\n\r\ntrump_gerusalemme\r\n\r\n ","6 Dicembre 2017","2017-12-11 13:25:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/trump-netanyahu-1495485512-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/trump-netanyahu-1495485512-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/trump-netanyahu-1495485512-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/trump-netanyahu-1495485512-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/trump-netanyahu-1495485512-1024x683.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Trump verso il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele",1512569454,[69,70,180,71,129],"http://radioblackout.org/tag/medioriente/",[24,18,182,15,34],"medioriente",{"post_content":184,"post_title":188,"tags":191},{"matched_tokens":185,"snippet":186,"value":187},[77],"negli ultimi giorni, di riconoscere \u003Cmark>Gerusalemme\u003C/mark> come capitale di Israele. 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Anche se l'opzione militare per Netanyahu rimane sempre sul tavolo e al termine del mandato di Trump ci si era andati molto vicino; e ancora adesso Israele spera nell'incidente bellico, proseguendo con le provocazioni, nonostante anche gli interessi delle altre potenze spingano per mettere fine alle tensioni nel Golfo; Michele in questo intervento aveva accennato a postazioni iraniane in Siria e da lì nella notte successiva a questa registrazione sono partiti razzi diretti al nucleare israeliano di Dimona, caduti a una trentina di chilometri dal reattore israeliano; un messaggio dall'Iran.\r\nNonostante Biden e i suoi uomini siano indubbiamente filoisraeliani hanno dovuto far capire al governo di Tel Aviv di darsi una calmata per evitare che la strategia possa subire battute d'arresto. Come già rilevava Marina Forti Tehran è riuscita a riconvertire la propria economia aggirando in larga parte le sanzioni e ha stretto accordi con la Cina, avvicinandosi alla sua sfera di influenza e Michele Giorgio ci conferma l'esistenza di accordi sino-iraniani a lunga scadenza, sancendo l'inefficacia della politica sanzionatoria statunitense. Infatti è previsto per i primi mesi del 2022 un accordo definitivo sul nucleare iraniano, ma già a maggio dovrebbe venire siglato un primo accordo secondo le previsioni di Washington.\r\nAltro argomento affrontato è l'enorme business delle armi tra paesi del Mediterraneo orientale, che coinvolgono Grecia, Cipro, Emirati (e Sauditi, a gettare nuova luce sui criteri che informano realmente gli Abraham Accords), una sorta di rimodulazione di alleanze, scambi, traffici, occupazione di tratti di mare e contratti petroliferi... dove Israele si propone come garante, forte della sua potenza militare, per la sicurezza di chi vorrà essere suo alleato. Una fazione che si contrappone agli interessi dell'inedito ticket Egitto-Turchia: non è una sorpresa l'offerta greca di batterie di missili in questo coinvolgimento strategico di monarchie sunnite del Golfo con paesi del Mediterraneo orientale.\r\nPassando alle questioni interne, oltre agli episodi di aggressioni da parte di giovani israeliani ai danni di lavoratori palestinesi che lavorano nella parte ebraica di Gerusalemme, è in corso anche una quotidiana rivendicazione con arresti e scontri dall'inizio del ramadan per ottenere l'accesso alla spianata di al-Aqsa: importante è che questa situazione dimostra come la città rimanga una città divisa, nonostante i riconoscimenti americani della giurisdizione israeliana. Gerusalemme è divisa, un conflitto che non è concluso e archiviato dalla Storia, ma che al contrario va di nuovo affrontato e aggiornato... e su questa divisione va a incidere anche la negazione da parte delle autorità israeliane di consentire la partecipazione alle elezioni palestinesi (e contrastate) dei palestinesi di Gerusalemme Est. Un'elezione contrastata pure dall'Autorità stessa che le ha indette dopo 15 anni, perché Marwan Barghouti, il più popolare degli ergastolani palestinesi, sarebbe il quasi sicuro vincitore delle presidenziali e le legislative, con sondaggi contrastanti tra Hamas e Fatah.\r\nEcco come si è dipanato il discorso di Michele Giorgio nelal mattinata di giovedì 22 aprile dalle frequenze di Radio Blackout:\r\n\r\n\"Turbolenze e alleanze contrapposte tra Mediterraneo e Golfo\".","23 Aprile 2021","2021-04-23 11:58:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-300x200.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-300x200.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-1024x683.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-768x512.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-1536x1024.jpeg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-2048x1365.jpeg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Turbolenze e alleanze contrapposte tra Mediterraneo e Golfo",1619179136,[227,228,69,229,230,70,231,232],"http://radioblackout.org/tag/abraham-accords/","http://radioblackout.org/tag/cipro/","http://radioblackout.org/tag/grecia/","http://radioblackout.org/tag/iran/","http://radioblackout.org/tag/jcpoa/","http://radioblackout.org/tag/tehran/",[234,235,24,236,237,18,238,239],"Abraham Accords","cipro","grecia","Iran","Jcpoa","Tehran",{"post_content":241,"tags":245},{"matched_tokens":242,"snippet":243,"value":244},[77],"lavorano nella parte ebraica di \u003Cmark>Gerusalemme\u003C/mark>, è in corso anche una","Abbiamo chiesto a Michele Giorgio di farci un quadro della condizione politica e geopolitica dell'area mediorientale regolata dagli interessi israeliani e per la vita dei palestinesi, che si vedono aggrediti e feriti da raid squadristi di giovani fascisti ebrei, di cui nessuno parla a livello di media mainstream, pur esistendo filmati diffusi in twitter.\r\nA cominciare dall'Iran e dagli irrevocabili segnali di distensione dell'amministrazione Biden che annovera tra i suoi uomini di spicco quegli stessi che avevano curato per Obama la trattativa con gli ayatollah; Israele non può certo stare a guardare la trattativa e infatti interviene in ogni modo possibile, non solo attraverso il Mossad, pur avendo ormai chiaro che l'era trumpiana è conclusa e il ritorno al tavolo del Jcpoa è scontato, quindi l'obiettivo è almeno tirare sul prezzo. 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Un'elezione contrastata pure dall'Autorità stessa che le ha indette dopo 15 anni, perché Marwan Barghouti, il più popolare degli ergastolani palestinesi, sarebbe il quasi sicuro vincitore delle presidenziali e le legislative, con sondaggi contrastanti tra Hamas e Fatah.\r\nEcco come si è dipanato il discorso di Michele Giorgio nelal mattinata di giovedì 22 aprile dalle frequenze di Radio Blackout:\r\n\r\n\"Turbolenze e alleanze contrapposte tra Mediterraneo e Golfo\".",[246,248,250,252,254,256,258,260],{"matched_tokens":247,"snippet":234},[],{"matched_tokens":249,"snippet":235},[],{"matched_tokens":251,"snippet":91},[24],{"matched_tokens":253,"snippet":236},[],{"matched_tokens":255,"snippet":237},[],{"matched_tokens":257,"snippet":18},[],{"matched_tokens":259,"snippet":238},[],{"matched_tokens":261,"snippet":239},[],[263,268],{"field":41,"indices":264,"matched_tokens":265,"snippets":267},[39],[266],[24],[91],{"field":106,"matched_tokens":269,"snippet":243,"value":244},[77],{"best_field_score":110,"best_field_weight":111,"fields_matched":39,"num_tokens_dropped":53,"score":271,"tokens_matched":113,"typo_prefix_score":53},"578730123365711978",{"document":273,"highlight":290,"highlights":306,"text_match":108,"text_match_info":314},{"cat_link":274,"category":275,"comment_count":53,"id":276,"is_sticky":53,"permalink":277,"post_author":56,"post_content":278,"post_date":279,"post_excerpt":59,"post_id":276,"post_modified":280,"post_thumbnail":281,"post_thumbnail_html":282,"post_title":283,"post_type":64,"sort_by_date":284,"tag_links":285,"tags":288},[50],[52],"44895","http://radioblackout.org/2017/12/palestina-la-rabbia-torna-a-farsi-sentire/","Non cessa la protesta palestinese contro il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele fatto da Donald Trump una settimana fa. Nel campo profughi di Arroub, nell’università di Tulkarem, a Betlemme, Ramallah e in altre località della Cisgiordania, dozzine di giovani palestinesi hanno affrontato ieri i soldati israeliani con lanci di sassi, mentre cortei attraversano i centri abitati.\r\n\r\nI dimostranti feriti sono stati almeno dieci. E centinaia di palestinesi d’Israele che hanno tenuto a Tel Aviv un sit in di fronte all’ambasciata Usa che Trump intende spostare a Gerusalemme. La protesta viene sottovalutata dai media israeliani che dedicano spazio in questi giorni soprattutto alla politica interna. 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Non basterà l'evasione dal carcere, il lungo cappio delle giustizia francese lo costringerà a rientrare, e così il viaggio si conclude esattamente laddove era partito: nel carcere di Mazas (https://www.gratisedizioni.org/zodaxa.html)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/zoxdaxa.mp3\"][/audio]\r\n\r\nArticolo del 15 febbraio 1899 apparso su La Feuille e ripreso dall'opuscolo \"Mai Lavoreremo o Flutti Infuocati - Antologia di scritti contro il lavoro\" (https://indesiderabiliedizioni.noblogs.org/post/2019/07/04/mai-lavoreremo-mai-o-flutti-infuocati-antologia-di-scritti-contro-il-lavoro/)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/xodaxaarticolo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",{"matched_tokens":510,"snippet":511,"value":511},[77],"Zo D'Axa. 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43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di 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territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; 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sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di \u003Cmark>Gerusalemme\u003C/mark>, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[617],{"field":106,"matched_tokens":618,"snippet":614,"value":615},[77],{"best_field_score":519,"best_field_weight":592,"fields_matched":113,"num_tokens_dropped":53,"score":620,"tokens_matched":113,"typo_prefix_score":53},"578730123365187697",{"document":622,"highlight":635,"highlights":640,"text_match":517,"text_match_info":643},{"comment_count":53,"id":623,"is_sticky":53,"permalink":624,"podcastfilter":625,"post_author":626,"post_content":627,"post_date":628,"post_excerpt":59,"post_id":623,"post_modified":629,"post_thumbnail":630,"post_title":631,"post_type":405,"sort_by_date":632,"tag_links":633,"tags":634},"86919","http://radioblackout.org/podcast/la-fine-della-fine-della-storia-s-2-16-fronti-interni/",[368],"cattivipensieri","La guerra israeliana continua a mietere vittime civili mentre si moltiplicano le pressioni interne e internazionali per arrivare a una tregua duratura. L’allargamento del conflitto rimane una realtà, che ha visto il moltiplicarsi di fronti nell’ultimo mese, Iran, Iraq, Pakistan, Mar Rosso, che si aggiungono a quelli già aperti all’indomani del 7 ottobre, come il Libano e, a ruota, la Siria. All’ordinanza emessa dalla Corte Penale Internazionale Israele ha risposto mettendo sotto accusa la Unrwa, certo non una novità, se non fosse che questa volta si é arrivato al defunding dell’agenzia, voluto da USA, Canada e Australia con dietro mezza Europa, Italia, Germania e Francia in testa. Registriamo negli ultimi due giorni le dichiarazioni di USA e Gb che fanno sapere di essere disposti a un riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese. Messaggio per Netanyahu? Nel mentre il governo israeliano continua a scricchiolare anche sotto i colpi delle élite che si oppongono a Netanyahu e di quella parte della popolazione che chiede a gran voce la liberazione di tutti gli ostaggi superstiti a qualunque costo.\r\n\r\n-------------------------------------------------\r\n\r\nRitorniamo nella seconda parte di trasmissione sulla protesta degli agricoltori. A Bruxelles grandi cortei di trattori giungono da Belgio, Germania e Francia fin sotto le porte del parlamento europeo facendo tremare la cancelleria della Von Der Leyer: inutile il tentativo di stemperare gli animi concedendo qualcosa in termini di dazi sul grano ucraino e deroghe per la rotazione obbligatoria dei terreni. In un clima surreale, tra roghi, mezzi agricoli nel centro cittadino, una presenza di forze dell’ordine apparentemente scarna, molti – Orban e Meloni in testa - provano a saltare sul carro della protesta improvvisandosi portavoce delle sue ragioni.\r\n\r\nAnche qui da noi in Piemonte le manifestazioni continuano. Mercoledì 31 Gennaio cortei di trattori hanno bloccato le strade di Alessandria, Cuneo, Vercelli, Novara e del Canavese. Le piazze animate quasi solo esclusivamente da contadini e contadine, allevatori e allevatrici non hanno registrato particolari tensioni con le forze dell’ordine. Saltava all’occhio la presenza di giovani in un comparto caratterizzato, almeno in Europa, da un età media altissima e una diffidenza verso le unioni sindacali del mondo agricolo (Cia, Confagricoltura e Coldiretti) e verso qualsiasi personaggio che provi a “cavalcare le proteste”. Per farci aggiornare su quanto accaduto e cominciare ad abbozzare le caratteristiche particolari del comparto agricolo piemontese abbiamo raggiunto ai nostri microfoni Fabrizio Garbarino dell’Associazione Rurale Italiana.\r\nDopo aver provato a ragionare intorno alle piazze piemontesi, con il nostro corrispondente dalla Francia abbiamo ricostruito la genesi e l’evoluzione della tanto contestata Politica Agricola Comune (PAC).\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/la-fine-01-02.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMATERIALI\r\n\r\nToi Staff (TIMES OF ISRAEL) - In critique of PM, Eisenkot says talk of ‘absolute defeat’ of Hamas is a tall tale\r\n\r\nFrancesca Mannocchi - Le paure e i dubbi delle famiglie degli ostaggi di Hamas, Gerusalemme divisa\r\n\r\nFrancesca Mannocchi - Tra i pacifisti di Israele, il racconto di chi rifiuta la guerra: “Ci chiamano nazisti e traditori”\r\n\r\nJohn J. Mearsheimer - Israel's Day of Reckoning\r\n\r\nBarbara Spinelli - Gaza, il fascino della tabula rasa\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://m.youtube.com/watch?v=rVVMR1jfNaE&pp=ygUpUGFyb2xlIHByb2liaXRlIGVzY2FsYXRpb24gaW4gbWVkaW9yaWVudGU%3D\r\n\r\n ","2 Febbraio 2024","2024-02-02 17:39:41","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/Progetto-senza-titolo_20240202_104544_0000-200x110.png","LA FINE DELLA FINE DELLA STORIA S.2 #16 - FRONTI INTERNI",1706874303,[],[],{"post_content":636},{"matched_tokens":637,"snippet":638,"value":639},[77],"famiglie degli ostaggi di Hamas, \u003Cmark>Gerusalemme\u003C/mark> divisa\r\n\r\nFrancesca Mannocchi - Tra i","La guerra israeliana continua a mietere vittime civili mentre si moltiplicano le pressioni interne e internazionali per arrivare a una tregua duratura. 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Nel mentre il governo israeliano continua a scricchiolare anche sotto i colpi delle élite che si oppongono a Netanyahu e di quella parte della popolazione che chiede a gran voce la liberazione di tutti gli ostaggi superstiti a qualunque costo.\r\n\r\n-------------------------------------------------\r\n\r\nRitorniamo nella seconda parte di trasmissione sulla protesta degli agricoltori. A Bruxelles grandi cortei di trattori giungono da Belgio, Germania e Francia fin sotto le porte del parlamento europeo facendo tremare la cancelleria della Von Der Leyer: inutile il tentativo di stemperare gli animi concedendo qualcosa in termini di dazi sul grano ucraino e deroghe per la rotazione obbligatoria dei terreni. In un clima surreale, tra roghi, mezzi agricoli nel centro cittadino, una presenza di forze dell’ordine apparentemente scarna, molti – Orban e Meloni in testa - provano a saltare sul carro della protesta improvvisandosi portavoce delle sue ragioni.\r\n\r\nAnche qui da noi in Piemonte le manifestazioni continuano. Mercoledì 31 Gennaio cortei di trattori hanno bloccato le strade di Alessandria, Cuneo, Vercelli, Novara e del Canavese. Le piazze animate quasi solo esclusivamente da contadini e contadine, allevatori e allevatrici non hanno registrato particolari tensioni con le forze dell’ordine. Saltava all’occhio la presenza di giovani in un comparto caratterizzato, almeno in Europa, da un età media altissima e una diffidenza verso le unioni sindacali del mondo agricolo (Cia, Confagricoltura e Coldiretti) e verso qualsiasi personaggio che provi a “cavalcare le proteste”. Per farci aggiornare su quanto accaduto e cominciare ad abbozzare le caratteristiche particolari del comparto agricolo piemontese abbiamo raggiunto ai nostri microfoni Fabrizio Garbarino dell’Associazione Rurale Italiana.\r\nDopo aver provato a ragionare intorno alle piazze piemontesi, con il nostro corrispondente dalla Francia abbiamo ricostruito la genesi e l’evoluzione della tanto contestata Politica Agricola Comune (PAC).\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/la-fine-01-02.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMATERIALI\r\n\r\nToi Staff (TIMES OF ISRAEL) - In critique of PM, Eisenkot says talk of ‘absolute defeat’ of Hamas is a tall tale\r\n\r\nFrancesca Mannocchi - Le paure e i dubbi delle famiglie degli ostaggi di Hamas, \u003Cmark>Gerusalemme\u003C/mark> divisa\r\n\r\nFrancesca Mannocchi - Tra i pacifisti di Israele, il racconto di chi rifiuta la guerra: “Ci chiamano nazisti e traditori”\r\n\r\nJohn J. 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