","Crisi. Un salto di paradigma","post",1339662384,[57,58,59,60],"http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/euro/","http://radioblackout.org/tag/governance/","http://radioblackout.org/tag/paradigma/",[62,12,24,20],"crisi",{"post_content":64},{"matched_tokens":65,"snippet":68,"value":69},[66,67],"il","volto","nei fatti- ha già mutato \u003Cmark>il\u003C/mark> \u003Cmark>volto\u003C/mark> del capitalismo e sta ridefinendo","La crisi dell’euro, le convulsioni all’interno dell’Unione Europea, le pressioni degli organismi di governance mondiale, vanno compresi e smontati pezzo a pezzo per cogliere l’intima trama di vicende narrate dai media come una sorta di telenovela a puntate tutte uguali.\r\nQuello che stiamo attraversando è un vero salto di paradigma, che – nei fatti- ha già mutato \u003Cmark>il\u003C/mark> \u003Cmark>volto\u003C/mark> del capitalismo e sta ridefinendo \u003Cmark>il\u003C/mark> ruolo degli stati nazionali.\r\nViviamo un passaggio di epoca in tempo reale, questa condizione viene solitamente chiamata globalizzazione: \u003Cmark>il\u003C/mark> suo dio è la moneta, \u003Cmark>il\u003C/mark> suo rito è la legge di mercato, i suoi sacerdoti sono le élite statuali, i suoi guardiani sono gli eserciti e le polizie in ogni dove, i suoi strateghi sono gli operatori bancari e della teocrazia finanziaria, i suoi sudditi sono i cosiddetti popoli sovrani, i suoi cantori sono gli intellettuali (giornalisti inclusi) decerebrati senza spina dorsale, le sue favole sono i regimi di democrazia rappresentativa, la sua ideologia egemonica è la comunicazione virtuale.\r\nL’accelerazione verso una progressiva e potente spinta alla delocalizzazione di qualsiasi asse produttivo e riproduttivo – dall’alimentazione ai farmaci, dalla forza-lavoro al sapere diffuso, dall’economia reale della produzione e della distribuzione al consumo di massa e parcellizzato al tempo stesso – ha spiazzato un assetto della politica che per secoli si è articolato sull’istanza nazionale. \u003Cmark>Il\u003C/mark> che non implica un’automatica cessazione di funzione dello stato, uno Stato che ridimensionando gli ammortizzatori sociali si ritrova oggi snello e in forma per rafforzare ulteriormente le sue funzioni vitali: quelle di ordine pubblico, attraverso \u003Cmark>il\u003C/mark> duplice ricatto della fabbricazione del nemico interno e del nemico esterno.\r\nI meccanismi della globalizzazione obbligano lo stato nazionale a dismettere parte della propria sovranità politica ed economica che viene sussunta su scala sovranazionale attraverso dispositivi di governance (Fmi, Bce, Nato, etc).\r\nLo spazio della politica si riduce drasticamente, a favore della gestione, dell’amministrazione, della governance si restringe sino a richiedere l’esautorazione delle stesse forme della democrazia parlamentare: i luoghi collettivi scompaiono a vantaggio di organi monocratici della decisione politica. L’autoritarismo leaderista e individualista si afferma nelle sfere più disparate, incentivato tanto da procedure elettorali segnate dal marketing politico, quanto da spostamenti significativi della deliberazione politica vera e propria in capo a singoli individui e non più ad assisi parlamentari.\r\nParlare pertanto di crisi in questi tempi è riduttivo, giacché l’ossatura del dominio sta conoscendo una immensa ridislocazione a livello globale, con la ridefinizione di egemonie planetarie, che hanno segnato gli ultimi due secoli. Emergono nuove potenze globali che cercano di scalzare dal trono quelle vecchie.\r\nL’assedio all’Europa dell’euro e, più in generale, all’Occidente da parte della teocrazia finanziaria che usa \u003Cmark>il\u003C/mark> declassamento delle aziende-stati e lo spread-totemico per imporre \u003Cmark>il\u003C/mark> terrore di un dio senza misericordia, delineano una guerra guerreggiata sia a colpi di missili telecomandati da satelliti geostazionari, sia a colpi di brokeraggio borsistico.\r\nL’Italia è stretta in questo fuoco, scivolando lentamente ma forse inesorabilmente verso una condizione di impoverimento, tra crescenti convulsioni.\r\nQualsiasi governo non può che tentare di governare una obiettiva riduzione di sovranità, per cercare di mantenere \u003Cmark>il\u003C/mark> proprio ruolo. Non potrebbe comunque fare altrimenti perché la gerarchia globale è l’orizzonte necessario alla propria sopravvivenza come elite di governo. Dall’altro, coloro che subiscono gli effetti della convulsione, che si traducono letteralmente in politiche omicide, si \u003Cmark>ritrovano\u003C/mark> affamati e privati di risorse: dalla precarietà esistenziale come forma-di-vita stabile e permanente all’erosione di redditi, dalla devastazione ambientale al parossismo consumistico in materia energetica, dal controllo tecnologico di ogni aspetto della vita pubblica e privata alla mercificazione e umiliazione di uomini e, soprattutto, donne, dalla macro-violenza proveniente dall’alto delle istituzioni alla micro-violenza mimata che si scatena irrefrenabile.\r\nNe abbiamo discusso con Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’Università di Palermo.\r\nAscolta l’intervista: [audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/06/Vaccaro.mp3\"]\r\nScarica \u003Cmark>il\u003C/mark> file",[71],{"field":72,"matched_tokens":73,"snippet":68,"value":69},"post_content",[66,67],1733920951118069800,{"best_field_score":76,"best_field_weight":77,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":78,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":79},"2216159281152",14,"1733920951118069873",2,{"document":81,"highlight":119,"highlights":125,"text_match":128,"text_match_info":129},{"cat_link":82,"category":83,"comment_count":43,"id":84,"is_sticky":43,"permalink":85,"post_author":46,"post_content":86,"post_date":87,"post_excerpt":88,"post_id":84,"post_modified":89,"post_thumbnail":90,"post_thumbnail_html":91,"post_title":92,"post_type":54,"sort_by_date":93,"tag_links":94,"tags":109},[40],[42],"35400","http://radioblackout.org/2016/04/25-aprile-la-memoria-di-ieri-nelle-lotte-di-oggi/","Da diversi anni l'anniversario dell'insurrezione contro il fascismo è celebrato dalle istituzioni in chiave patriottica, come prospettiva unificante e condivisa, che cancella le differenze e contribuisce a ridare dignità persino ai combattenti della Repubblica sociale.\r\n\r\nDa diversi anni in occasione del 25 aprile c'é chi si riconosce nelle ragioni di chi ha combattuto ed è morto per una società libera dalla schiavitù salariata, ben diversa dalla Repubblica che si è affermata dopo la fine del fascismo e dell'occupazione nazista dell'Italia.\r\n\r\nAbbiamo sentito un compagno di Milano, dove il 25 aprile è tradizionalmente un appuntamento molto importante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Massimo:\r\n\r\n2016-04-26-25aprile-mi-massimo\r\n\r\nA Torino ci sono state numerose iniziative di piazza dal 23 aprile, quando un corteo ha attraversato le strade di San Salvario, sino ai tradizionali appuntamenti di quartiere a Vanchiglia, Barriera di Milano e Borgo San Paolo, oltre alla festa ai giardini (ir)reali, benefit Blackout e inguaiati con la legge. Quest'anno ci sono state diverse contestazioni sia alla fiaccolata del 25 aprile, sia alle scelte del Comune di Torino di inaugurare la pista ciclabile costruita dopo lo sgombero della baraccopoli di lungo Stura Lazio, proprio il 25 aprile, di fronte alla lapide che ricorda i caduti della Barca.\r\nAnche la scelta della circoscrizione Centro-Crocetta di dedicare ai Marò Girone e La Torre è stata contestata attivamente.\r\n\r\nAbbiamo chiesto ad Emilio un resoconto del corteo a San Salvario e dell'iniziativa alla lapide del partigiano Baroni in Barriera di Milano.\r\nCon lui abbiamo anche commentato le scritte solidali con i rom sgomberati comparse alla Barca, quelle sui marò assassini e sulla sede di Fratelli d'Italia in Barriera.\r\n\r\nDi seguito una sintetica cronaca delle varie iniziative.\r\n\r\nCorteo antifascista a San Salvario\r\n23 aprile. Diverse centinaia di persone hanno dato vita ad una lunga giornata di lotta per le strade di San Salvario.\r\nNella parte alta del quartiere, non lontano dal BAE Systems, fabbrica d'armi, contestata dai partecipanti al corteo con slogan e interventi, c'è “L'asso di bastoni”, il locale dove si ritrovano i fascisti di Casa Pound. L'Asso di bastoni è una ferita aperta in un quartiere, dove tante lapidi grigie ricordano chi è morto combattendo i fascisti.\r\nCasa Pound, spesso travestita da comitato spontaneo, da mesi prova a scatenare la guerra ai poveri, dando vita ad iniziative contro lo spaccio e la criminalità il cui obiettivo reale sono gli immigrati.\r\nGli antifascisti del quartiere contrastano attivamente ronde e presidi razzisti.\r\nSan Salvario è stata attraversata da un corteo forte e comunicativo, che ha fatto il giro delle lapidi partigiane, dove ha sostato per un breve ricordo e i canti dell'Anonima Coristi della Val Pellice, quasi tutti della tradizione anarchica.\r\nIn piazza Carducci un imponente schieramento di carabinieri chiudeva l'ingresso di via Madama Cristina per impedire agli antifascisti di avvicinarsi troppo alla sede fascista, dove i camerati raccoglievano firme per presentarsi alle elezioni.\r\nIl corteo ha sostato a lungo di fronte alla blocco poliziesco, prima di proseguire il giro e terminare ai giardini Anglesio con musica e distribuzione di panini vegani.\r\nI fascisti sono rimasti intanati nel loro localino, mentre un corteo con uomini, donne e tanti bambini, cui si sono uniti anche alcuni abitanti della zona, si è ripreso le strade e le piazze del quartiere in un 25 aprile lontano dalla retorica patriottarda, un 25 aprile dove chi lotta contro il razzismo, lo sfruttamento, la militarizzazione tutti i giorni, ha reso viva la memoria di chi in quel lontano aprile ha scelto di prendere le armi per conquistare una libertà, che certo non aveva confini.\r\n******\r\nMarò assassini. Scritte alla circoscrizione Centro-Crocetta\r\nQuest'anno a Torino, la circoscrizione Centro-Crocetta ha deciso di dedicare ai marò Girone e La Torre il 25 aprile. I due fucilieri della Marina Militare Italiana sono accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala, durante un’azione di pattugliamento antipirateria a bordo della petroliera italiana Erika Lexie.\r\n“Marò assassini! Partigiani sempre, militari mai”. Questa scritta è comparsa nella notte del 24 aprile sulla sede della prima circoscrizione.\r\nScrivono gli “anarchici contro il fascismo” in un comunicato diffuso su Indymedia\r\n“(…) Oggi di fronte all’ennesimo crimine di guerra, di fronte all’assassinio di due pescatori, colpevoli di aver incrociato la rotta di una petroliera italiana, il governo italiano pretende l’impunità per i due marò assassini.(…)\r\nFesteggiarli nell'anniversario dell'insurrezione contro il nazifascismo è una vergogna ed un insulto per chi, disertata la guerra, ha preso le armi contro il fascismo.\r\nPartigiani sempre, militari mai!”\r\n*****\r\n25 aprile in Barriera di Milano\r\nUn folto gruppo di anarchici ha partecipato alla commemorazione del partigiano anarchico Ilio Baroni, alla lapide posta nel luogo dove Ilio è morto combattendo il 26 aprile 1945.\r\nNel comunicato diffuso scrivono gli anarchici della FAT “Noi ogni 25 aprile ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. E’ la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare il venticello che segnala il mutare dei tempi.\r\nAnnodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.\r\nLe lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro l’occupazione militare in Val Susa, chi si mette di mezzo contro sfratti e deportazioni, contro il razzismo e il fascismo.\r\nOggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi, delinquenti. Oggi come allora la gente delle periferie sta imparando da che parte stare.\r\nI partigiani di Barriera in quel lontano aprile hanno combattuto perché volevano un mondo libero, senza schiavitù salariata.\r\nIl loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi ed eguali. Senza Stato né padroni.”\r\nSempre in Barriera di Milano la notte precedente La scritta “Morte al fascio!” è stata fatta sulla serranda tricolore della sede di Fratelli d' Italia.\r\nSono “i fascisti che animano ronde contro gli immigrati, vogliono lo sgombero delle case occupate, soffiano sul fuoco dei pogrom contro i rom, fanno la guerra ai poveri.\r\nSono gli stessi del 1945. E' tempo che una nuova primavera di lotta li spazzi via.” Queste le parole del comunicato diffuso da Indymedia.\r\n****\r\nFassino come i nazisti. Scritte solidali con i rom sgomberati\r\nUna brutta sorpresa per il sindaco di Torino Piero Fassino, che ieri mattina inaugurava la nuova pista ciclabile ai giardini Milone.\r\nNella notte sono comparse alcune scritte “Solidali con i rom sgomberati”, “Ieri ebrei e rom, oggi immigrati e rom. Comune nazista. 25 aprile sempre!”\r\nFassino ha scelto il 25 aprile, l'anniversario dell'insurrezione contro il fascismo, per inaugurare la nuova pista ciclabile di lungo Stura Lazio. Fassino festeggia il 25 aprile, celebrando la liberazione dai rom, i poveri della città che l'hanno sfidato occupando una casa per viverci.\r\nFassino ha posticipato di tre settimane l'inaugurazione della pista ciclabile, per farla proprio il 25 aprile. Una scelta fatta per ottenere più visibilità mediatica. Il Comune di Torino lo scorso anno ha dovuto incassare una condanna per trattamenti \"inumani e degradanti\" dalla corte europea dei diritti dell'uomo, per le modalità dello sgombero di Lungo Stura Lazio.\r\nPoi ha dovuto subire cortei sotto il comune, occupazioni di uffici e ben due occupazioni.\r\nI social housing negli edifici di proprietà del ras delle soffitte e l'inchiesta che ne è scaturita certo non hanno migliorato l'appeal di Piero Fassino alla vigilia delle elezioni.\r\nDa mesi l'amministrazione comunale sfrutta ogni occasione per ridare una lucidata alla sua vetrina appannata. Inaugurare una pista costruita a fianco delle macerie del campo fa parte di questa strategia.\r\nUsare le commemorazioni del 25 aprile per celebrare lo sgombero della baraccopoli era un'operazione di dubbio gusto che gli anarchici non hanno lasciato passare nel silenzio.\r\n\r\nAscolta la diretta con Emilio:\r\n\r\n2016-04-26-25aprile-barriera-barca-marò\r\n\r\n25 aprile a Vanchiglia e spezzone sociale alla fiaccolata del Comune\r\nInizia intorno alle 16 nell'area pedonale di via balbo, dove sotto al murales dedicato a Dante di Nanni il corteo che fa il giro delle lapidi partigiane del quartiere Vanchiglia.\r\nDurante il percorso il corteo passa e si ferma sotto casa di Mattia e Diego, due antifascisti ai domiciliari a cui è impedita ogni visita e comunicazione con l'esterno. Dopo aver cambiato i fiori e ricordato le gesta dei vari partigiani vanchigliesi caduti per la libertà, il corteo si scioglie in largo montebello, rilanciando l'appuntamento serale alla fiaccolata dell'ANPI.\r\nLì la polizia ha provato senza successo ad impedire l’ingresso dello spezzone antagonista, che raggiunge piazza Castello aperto dalle mamme dei 28 attivisti no tav e antifascisti agli arresti domiciliari.\r\nIn in piazza castello nonostante le numerose richieste di far leggere dal palco una lettera delle mamme degli arrestati la risposta ottenuta è sempre negativa. Dopo gli interventi dei partigiani, inizia una dura contestazione al grido di \"vogliamo parlare\" e \"le mamme sul palco\", che porta il sindaco Fassino ed il presidente della regione Chiamparino a rinunciare ai loro interventi. A questo punto dallo spezzone parte il grido \"Vergogna, vergogna\" che disturba il concerto del Jazz festival.\r\nLa situazione si sblocca quando uno degli organizzatori, Max Casacci, leader dei subsonica, accoglie la richiesta di far salire una delle mamme, che finalmente riesce a leggere la lettera aperta. \r\nAscolta il resoconto di Mohicano:\r\n\r\n2016-04-26-spezzone sociale-mohicano\r\n\r\nBorgo San Paolo\r\n\"Ma sapevo anche che la lotta non sarebbe stato un unico sforzo, non avrebbe avuto più, come prima, un suo unico, immutabile volto; ma si sarebbe frantumata in mille forme, in mille aspetti diversi; e ognuno avrebbe dovuto faticosamente, tormentosamente, attraverso diverse esperienze, assolvendo compiti diversi, umili o importanti, perseguire la propria luce e la propria via.\"\r\nAda Prospero (Ada Gobetti) Diario partigiano\r\n\r\nUn corteo per le vie del quartiere e numerosi interventi dedicati alla memoria delle partigiane ha segnato il tradizionale appuntamento del Gabrio, che quest'anno ha avuto il suo fulcro nella memoria delle partigiane, una memoria che a lungo è rimasta nel cassetto di una lotta che è stata raccontata prevalentemente al maschile.\r\nHanno partecipato al corteo anche alcuni esponenti della comunità curda di Torino.\r\n\r\nLa giornata è terminata nell’area pedonale del mercato con banchetti, interventi e musica.\r\n\r\nAscolta la diretta con Franca:\r\n\r\n2016-04-26-borgosanpaolo-franca\r\n\r\nGiardini (ir)reali\r\n\r\nAnche quest'anno si è svolta la giornata antifascista ai giardini (ir)rreali. Cibo, muisca, performance.\r\nDi seguito alcuni stralci del volantino del Barocchio\r\n“(...) con questo 25 aprile non sentiamo d'avere molto a che fare, perché è con l'esistenza di uno stato che non vogliamo avere a che fare.\r\nQuesta data infatti è stata decisa a tavolino da chi nel '49 governava l'Italia. In realtà la liberazione non inizia né finisce quel giorno: chi vive nell'antifascismo concreto e quotidiano non se ne fa niente del simbolico \"25 aprile\", la lotta al fascismo e all'autoritarismo è una pratica attuale che non si dovrebbe relegare a una parola o ad un giorno soltanto. Non solo oggi, ma ogni giorno dovrebbe essere dedicato a tutti quei partigiani che con la lotta e le armi hanno liberato questo paese dall'oppressione fascista, inseguendo dei principi che già dalla creazione della repubblica sono stati traditi.\r\n(...)oggi le istituzioni non festeggiano altro che la morte del vero antifascismo, quello antiautoritario, che rivendicava l'azione diretta, l'autogestione e la coscienza, anche libertaria; quello che allacciava relazioni basate su solidarietà e mutuo appoggio, che usciva dagli schemi imposti dal potere. La loro ricorrenza non fa altro che renderci sempre più spettatori passivi, esattamente il contrario di quello che era lo spirito partigiano.”\r\n\r\nAscolta la diretta con Paolo:\r\n\r\n2016-04-26-irreali-paolo","26 Aprile 2016","","2016-04-28 12:04:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-300x180.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-300x180.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-768x461.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-1024x614.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","25 aprile. 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Questa scritta è comparsa nella notte del 24 aprile sulla sede della prima circoscrizione.\r\nScrivono gli “anarchici contro \u003Cmark>il\u003C/mark> fascismo” in un comunicato diffuso su Indymedia\r\n“(…) Oggi di fronte all’ennesimo crimine di guerra, di fronte all’assassinio di due pescatori, colpevoli di aver incrociato la rotta di una petroliera italiana, \u003Cmark>il\u003C/mark> governo italiano pretende l’impunità per i due marò assassini.(…)\r\nFesteggiarli nell'anniversario dell'insurrezione contro \u003Cmark>il\u003C/mark> nazifascismo è una vergogna ed un insulto per chi, disertata la guerra, ha preso le armi contro \u003Cmark>il\u003C/mark> fascismo.\r\nPartigiani sempre, militari mai!”\r\n*****\r\n25 aprile in Barriera di Milano\r\nUn folto gruppo di anarchici ha partecipato alla commemorazione del partigiano anarchico Ilio Baroni, alla lapide posta nel luogo dove Ilio è morto combattendo \u003Cmark>il\u003C/mark> 26 aprile 1945.\r\nNel comunicato diffuso scrivono gli anarchici della FAT “Noi ogni 25 aprile ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. E’ la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare \u003Cmark>il\u003C/mark> venticello che segnala \u003Cmark>il\u003C/mark> mutare dei tempi.\r\nAnnodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.\r\nLe lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro l’occupazione militare in Val Susa, chi si mette di mezzo contro sfratti e deportazioni, contro \u003Cmark>il\u003C/mark> razzismo e \u003Cmark>il\u003C/mark> fascismo.\r\nOggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi, delinquenti. Oggi come allora la gente delle periferie sta imparando da che parte stare.\r\nI partigiani di Barriera in quel lontano aprile hanno combattuto perché volevano un mondo libero, senza schiavitù salariata.\r\n\u003Cmark>Il\u003C/mark> loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi ed eguali. Senza Stato né padroni.”\r\nSempre in Barriera di Milano la notte precedente La scritta “Morte al fascio!” è stata fatta sulla serranda tricolore della sede di Fratelli d' Italia.\r\nSono “i fascisti che animano ronde contro gli immigrati, vogliono lo sgombero delle case occupate, soffiano sul fuoco dei pogrom contro i rom, fanno la guerra ai poveri.\r\nSono gli stessi del 1945. E' tempo che una nuova primavera di lotta li spazzi via.” Queste le parole del comunicato diffuso da Indymedia.\r\n****\r\nFassino come i nazisti. Scritte solidali con i rom sgomberati\r\nUna brutta sorpresa per \u003Cmark>il\u003C/mark> sindaco di Torino Piero Fassino, che ieri mattina inaugurava la nuova pista ciclabile ai giardini Milone.\r\nNella notte sono comparse alcune scritte “Solidali con i rom sgomberati”, “Ieri ebrei e rom, oggi immigrati e rom. Comune nazista. 25 aprile sempre!”\r\nFassino ha scelto \u003Cmark>il\u003C/mark> 25 aprile, l'anniversario dell'insurrezione contro \u003Cmark>il\u003C/mark> fascismo, per inaugurare la nuova pista ciclabile di lungo Stura Lazio. Fassino festeggia \u003Cmark>il\u003C/mark> 25 aprile, celebrando la liberazione dai rom, i poveri della città che l'hanno sfidato occupando una casa per viverci.\r\nFassino ha posticipato di tre settimane l'inaugurazione della pista ciclabile, per farla proprio \u003Cmark>il\u003C/mark> 25 aprile. Una scelta fatta per ottenere più visibilità mediatica. \u003Cmark>Il\u003C/mark> Comune di Torino lo scorso anno ha dovuto incassare una condanna per trattamenti \"inumani e degradanti\" dalla corte europea dei diritti dell'uomo, per le modalità dello sgombero di Lungo Stura Lazio.\r\nPoi ha dovuto subire cortei sotto \u003Cmark>il\u003C/mark> comune, occupazioni di uffici e ben due occupazioni.\r\nI social housing negli edifici di proprietà del ras delle soffitte e l'inchiesta che ne è scaturita certo non hanno migliorato l'appeal di Piero Fassino alla vigilia delle elezioni.\r\nDa mesi l'amministrazione comunale sfrutta ogni occasione per ridare una lucidata alla sua vetrina appannata. Inaugurare una pista costruita a fianco delle macerie del campo fa parte di questa strategia.\r\nUsare le commemorazioni del 25 aprile per celebrare lo sgombero della baraccopoli era un'operazione di dubbio gusto che gli anarchici non hanno lasciato passare nel silenzio.\r\n\r\nAscolta la diretta con Emilio:\r\n\r\n2016-04-26-25aprile-barriera-barca-marò\r\n\r\n25 aprile a Vanchiglia e spezzone sociale alla fiaccolata del Comune\r\nInizia intorno alle 16 nell'area pedonale di via balbo, dove sotto al murales dedicato a Dante di Nanni \u003Cmark>il\u003C/mark> corteo che fa \u003Cmark>il\u003C/mark> giro delle lapidi partigiane del quartiere Vanchiglia.\r\nDurante \u003Cmark>il\u003C/mark> percorso \u003Cmark>il\u003C/mark> corteo passa e si ferma sotto casa di Mattia e Diego, due antifascisti ai domiciliari a cui è impedita ogni visita e comunicazione con l'esterno. Dopo aver cambiato i fiori e ricordato le gesta dei vari partigiani vanchigliesi caduti per la libertà, \u003Cmark>il\u003C/mark> corteo si scioglie in largo montebello, rilanciando l'appuntamento serale alla fiaccolata dell'ANPI.\r\nLì la polizia ha provato senza successo ad impedire l’ingresso dello spezzone antagonista, che raggiunge piazza Castello aperto dalle mamme dei 28 attivisti no tav e antifascisti agli arresti domiciliari.\r\nIn in piazza castello nonostante le numerose richieste di far leggere dal palco una lettera delle mamme degli arrestati la risposta ottenuta è sempre negativa. Dopo gli interventi dei partigiani, inizia una dura contestazione al grido di \"vogliamo parlare\" e \"le mamme sul palco\", che porta \u003Cmark>il\u003C/mark> sindaco Fassino ed \u003Cmark>il\u003C/mark> presidente della regione Chiamparino a rinunciare ai loro interventi. A questo punto dallo spezzone parte \u003Cmark>il\u003C/mark> grido \"Vergogna, vergogna\" che disturba \u003Cmark>il\u003C/mark> concerto del Jazz festival.\r\nLa situazione si sblocca quando uno degli organizzatori, Max Casacci, leader dei subsonica, accoglie la richiesta di far salire una delle mamme, che finalmente riesce a leggere la lettera aperta. \r\nAscolta \u003Cmark>il\u003C/mark> resoconto di Mohicano:\r\n\r\n2016-04-26-spezzone sociale-mohicano\r\n\r\nBorgo San Paolo\r\n\"Ma sapevo anche che la lotta non sarebbe stato un unico sforzo, non avrebbe avuto più, come prima, un suo unico, immutabile \u003Cmark>volto\u003C/mark>; ma si sarebbe frantumata in mille forme, in mille aspetti diversi; e ognuno avrebbe dovuto faticosamente, tormentosamente, attraverso diverse esperienze, assolvendo compiti diversi, umili o importanti, perseguire la propria luce e la propria via.\"\r\nAda Prospero (Ada Gobetti) Diario partigiano\r\n\r\nUn corteo per le vie del quartiere e numerosi interventi dedicati alla memoria delle partigiane ha segnato \u003Cmark>il\u003C/mark> tradizionale appuntamento del Gabrio, che quest'anno ha avuto \u003Cmark>il\u003C/mark> suo fulcro nella memoria delle partigiane, una memoria che a lungo è rimasta nel cassetto di una lotta che è stata raccontata prevalentemente al maschile.\r\nHanno partecipato al corteo anche alcuni esponenti della comunità curda di Torino.\r\n\r\nLa giornata è terminata nell’area pedonale del mercato con banchetti, interventi e musica.\r\n\r\nAscolta la diretta con Franca:\r\n\r\n2016-04-26-borgosanpaolo-franca\r\n\r\nGiardini (ir)reali\r\n\r\nAnche quest'anno si è svolta la giornata antifascista ai giardini (ir)rreali. Cibo, muisca, performance.\r\nDi seguito alcuni stralci del volantino del Barocchio\r\n“(...) con questo 25 aprile non sentiamo d'avere molto a che fare, perché è con l'esistenza di uno stato che non vogliamo avere a che fare.\r\nQuesta data infatti è stata decisa a tavolino da chi nel '49 governava l'Italia. In realtà la liberazione non inizia né finisce quel giorno: chi vive nell'antifascismo concreto e quotidiano non se ne fa niente del simbolico \"25 aprile\", la lotta al fascismo e all'autoritarismo è una pratica attuale che non si dovrebbe relegare a una parola o ad un giorno soltanto. Non solo oggi, ma ogni giorno dovrebbe essere dedicato a tutti quei partigiani che con la lotta e le armi hanno liberato questo paese dall'oppressione fascista, inseguendo dei principi che già dalla creazione della repubblica sono stati traditi.\r\n(...)oggi le istituzioni non festeggiano altro che la morte del vero antifascismo, quello antiautoritario, che rivendicava l'azione diretta, l'autogestione e la coscienza, anche libertaria; quello che allacciava relazioni basate su solidarietà e mutuo appoggio, che usciva dagli schemi imposti dal potere. La loro ricorrenza non fa altro che renderci sempre più spettatori passivi, esattamente \u003Cmark>il\u003C/mark> contrario di quello che era lo spirito partigiano.”\r\n\r\nAscolta la diretta con Paolo:\r\n\r\n2016-04-26-irreali-paolo",[126],{"field":72,"matched_tokens":127,"snippet":123,"value":124},[66,122],1733920950715416600,{"best_field_score":130,"best_field_weight":77,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":131,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":79},"2216159084544","1733920950715416689",{"document":133,"highlight":159,"highlights":164,"text_match":167,"text_match_info":168},{"cat_link":134,"category":135,"comment_count":43,"id":136,"is_sticky":43,"permalink":137,"post_author":46,"post_content":138,"post_date":139,"post_excerpt":88,"post_id":136,"post_modified":140,"post_thumbnail":141,"post_thumbnail_html":142,"post_title":143,"post_type":54,"sort_by_date":144,"tag_links":145,"tags":153},[40],[42],"42950","http://radioblackout.org/2017/07/le-donne-di-mosul/","La battaglia di Mosul è finita. La parte ovest della città è un cumulo di macerie: tra la polvere e i calcinacci marciscono i cadaveri e i resti della vita quotidiana ai tempi del Califfato.\r\n\r\nFrancesca Mannocchi, giornalista free lance, che ha seguito la guerra, ci racconta che negli ultimi giorni, quando il primo ministro iracheno aveva già annunciato la propria vittoria. Ma ancora, nel cuore della città vecchia, infuriava l'ultima battaglia, quella senza più alcuna speranza.\r\n\r\nIn quei giorni, per la prima volta, i giornalisti sono stati tenuti lontani dalla prima linea. Un segnale inequivocabile che quello che stava succedendo non doveva essere ripreso, fotografato, raccontato, lasciato in dono agli storici di domani.\r\nProbabilmente l'esercito di Baghdad aveva l'ordine di non fare prigionieri. E prigioniere.\r\nIntrappolati nella città vecchia di Mosul c'erano i combattenti dell'Isis e le loro famiglie.\r\nAnche le donne hanno imbracciato le armi e le hanno usate, altre si sono fatte esplodere in strada.\r\nDipinte sempre come vittime, le donne della Jihad del Califfo, sono state anche combattenti. Non tutte ovviamente. Difficile anche capire se ci fosse un confine tra costrizione e convinzione.\r\n\r\n \r\n\r\nSul numero di questa settimana dell'Espresso è uscito un articolo di Mannocchi sulle donne di Mosul, di cui vi riportiamo di seguito ampi stralci.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta con Francesca Mannocchi:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 07 35 iraq mannocchi\r\n\r\n \r\n\r\n“Il soldato di Hasd al Shabi, la milizia sciita che ha combattuto l’Isis a Mosul accanto all’esercito iracheno, mostra il pugnale con orgoglio e parla con sarcasmo: «Io taglio le teste», dice, «e ieri ho ammazzato quattro donne. Erano le loro donne, non c’era motivo di tenerle vive».\r\n\r\n \r\n\r\nGià, le donne di Mosul, le donne dell’Iraq. Sono l’altra metà di questa guerra, vittime più di tutti. Prima, sotto il Califfato, che le sottometteva e le umiliava. E anche adesso che la città è stata liberata e subiscono la vendetta dei vincitori.\r\n\r\n \r\n\r\nSiamo nella parte occidentale di Mosul, praticamente tutta distrutta: non c’è un solo edificio che non sia stato toccato dai combattimenti e dai bombardamenti. L’odore di corpi in putrefazione riempie l’aria torrida di luglio. Nelle macerie i resti di armi, pallottole, di oggetti strappati alle vite quotidiane. E di corpi sepolti dai detriti. Le donne in fuga sono stremate, i loro bambini hanno i volti scavati dalla fame, sono scalzi, feriti, devono camminare per ore per raggiungere una zona sicura.\r\n\r\n \r\n\r\nUn’anziana cade a terra, ha il viso rigato di sangue. «Aiutatemi!», implora di fronte ai soldati. Spiega di aver bevuto solo la sua urina negli ultimi giorni per cercare di non morire: «Ci hanno chiusi negli scantinati, donne e bambini, urlavamo e nessuno poteva aiutarci, nessuno ci è venuto in soccorso per settimane. Hanno circondato le case di fili elettrici per far saltare in aria chi provava a scappare».\r\n\r\n \r\n\r\nGli uomini, in queste ore non si vedono. I pochi che ancora cercano di uscire dalla città vengono legati, trattenuti e di loro si perdono le tracce. Difficile dire se siano nelle mani dei servizi segreti o vengano uccisi, la conta di chi manca all’appello non è ancora cominciata. Ma la vendetta si abbatte anche sulle donne. Due giorni prima della fine della guerra il generale Fadel Barwary della Golden Division, le forze speciali dell’esercito iracheno, lo ha detto chiaramente: «Per noi chiunque sia rimasto dentro Mosul finora è complice e merita la morte, uomini o donne non importa». E dal suo tablet ha mostrato le immagini di donne in battaglia, donne combattenti, donne armate di kalashnikov a fianco dei loro uomini nelle ultime ore del Califfato iracheno: «Queste donne stanno combattendo con accanto i loro figli, senza esitazione. Sono addestrate come gli uomini, determinate come loro».\r\n\r\n \r\n\r\nUsama, un giovane soldato, estrae dalla tasca sinistra un cellulare. «Apparteneva a uno di Daesh», ci dice mostrando le decine di fotografie salvate nella memoria. Istantanee di vita quotidiana e familiare in quella che era la capitale dell’Isis. Il telefono apparteneva un giovane miliziano che avrà avuto poco più di vent’anni, la barba e i capelli lunghi, un bambino che lo abbraccia e lo bacia con affetto. Una donna senza velo, in casa, sorride e imbraccia le armi insieme a lui, alle loro spalle le bandiere nere.\r\n\r\n \r\n\r\nSì, ci sono le donne dell’Isis, le donne del Califfato, le spose del jihad. Ma ce ne sono migliaia di altre che con Daesh non hanno avuto nulla a che fare o che sono state costrette ad aderire per aver salva la vita, propria e dei familiari. Ora arrivano negli ospedali da campo nei loro niqab sporchi di terra: donne in fuga in mezzo ad altre donne, come i loro figli, in fuga in mezzo ad altri bambini.\r\n\r\n \r\n\r\n(...)\r\n\r\n \r\n\r\nLa sconfitta dello Stato Islamico a Mosul mette fine solo a una battaglia, non alla guerra e rischia di riportare l’organizzazione terroristica agli albori, ad attacchi casuali e violenti, soprattutto perché le divisioni settarie sono lontane dall’essere risolte e il rischio di ritorsioni tra sunniti e sciiti è all’ordine del giorno.\r\n\r\n \r\n\r\nPer questo, dopo la riconquista della città, la sfida è gestire gli interessi dei sunniti che la abitano, ricostruire la città, le infrastrutture, una parvenza di vita quotidiana per i civili traumatizzati da tre anni di violenza.\r\n\r\n \r\n\r\nRiparare i danni, che solo per le infrastrutture sono stimati per oltre un miliardo di dollari, sarà l’unico modo per contrastare l’insorgenza di nuove forme di fondamentalismo perché «aver sconfitto l’Isis a Mosul, non significa aver distrutto le sue radici, le ragioni profonde che l’hanno generato», ci dice Asma, nella sua casa del quartiere Jadida, Mosul ovest. Le strade intorno casa sua sono piene di macerie, non c’è acqua, non c’è elettricità. Vive con il marito e i suoi otto figli, erano nove prima dell’arrivo in città dei pick up con le bandiere nere, simbolo dell’Isis. «Hanno ammazzato mio figlio dopo dieci giorni, impiccato. Perché era il barbiere delle polizia irachena, qui a Mosul». Asma mostra le sue foto, che tiene nascoste in un cassetto e piange, con pudore, per non farsi vedere dai figli più piccoli che hanno troppo da dimenticare: “Non c’è una donna a Mosul che non abbia perso un caro amato, un figlio, un marito ucciso da quegli assassini. Ognuna di noi piange il suo dramma in silenzio per non pesare sugli altri». Per questo racconta Asma, a volte le donne del quartiere si ritrovano in casa, insieme, per sostenersi raccontando i ricordi dei loro cari, la giovinezza perduta di figli che non potranno vedere da adulti.\r\n«Quando la guerra è arrivata qui hanno catturato i miei figli e li hanno costretti ad aprire buchi nelle pareti per scappare senza essere visti, portando con loro tutti noi, donne, bambini, famiglie intere tenute in ostaggio. Chi provava a fuggire era impiccato ai pali della luce, cadaveri lasciati lì, per impaurire tutti gli altri.».\r\n\r\n \r\n\r\nAsma oggi ha lo sguardo fiero di chi può ricominciare a vivere. All’entrata di casa sua ci sono i barili per l’acqua, si mette in fila in attesa del suo turno per riempirne uno, poi cammina lentamente verso la distribuzione alimentare, una massa di donne in nero come lei. Le donne urlano alla distribuzione alimentare, aspettano ore al sole, ai cinquanta gradi iracheni, sono decine ammassate contro la porta di un magazzino, i soldati gridano loro di fare silenzio ma la fame e la disperazione sono difficili da gestire.\r\n\r\n \r\n\r\nUna di loro col volto coperto dal niqab mostra i documenti di identità di suo marito: «L’hanno arrestato i soldati dell’esercito e non me l’hanno ridato più, dicevano che era membro di Isis ma era un uomo buono. Io sono sola con quattro figli e non ho niente da mangiare», grida mentre la più piccola dei bambini si nasconde nel nero del suo vestito.\r\n\r\n \r\n\r\nIl soldato chiude le porte. Gli aiuti alimentari non arrivano, dice loro di andare a casa, le loro grida restano un’eco inascoltata nelle vie distrutte della città.\r\n\r\n \r\n\r\n«Ho chiesto ai miei figli di perdonare e di andare avanti, ho detto ai miei figli che supereremo questa tragedia solo lasciandocela alle spalle ma ogni giorno trovo più rabbia nei loro occhi», dice ancora Asma. Che con le immagini della guerra e dei morti ancora vivide nella memoria prova a spiegare a suo figlio Mohammad che deve perdonare i bambini come lui che sono figli dell’Isis, che non è loro la colpa dei padri.\r\n\r\n \r\n\r\nMa Mohammad scuote la testa, dice che non perdonerà, e che quei bambini saranno peggio dei padri.”\r\n\r\n ","25 Luglio 2017","2017-08-28 11:45:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/donna-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"186\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/donna-300x186.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/donna-300x186.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/donna.jpg 648w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le donne di Mosul",1501008416,[146,147,148,149,150,151,152],"http://radioblackout.org/tag/donne-di-mosul/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/mosul/","http://radioblackout.org/tag/sciiti/","http://radioblackout.org/tag/sunniti/",[28,154,155,156,18,157,158],"guerra","iraq","isis","sciiti","sunniti",{"post_content":160},{"matched_tokens":161,"snippet":162,"value":163},[66],"che negli ultimi giorni, quando \u003Cmark>il\u003C/mark> primo ministro iracheno aveva già","La battaglia di Mosul è finita. 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Le donne in fuga sono stremate, i loro bambini hanno i volti scavati dalla fame, sono scalzi, feriti, devono camminare per ore per raggiungere una zona sicura.\r\n\r\n \r\n\r\nUn’anziana cade a terra, ha \u003Cmark>il\u003C/mark> viso rigato di sangue. «Aiutatemi!», implora di fronte ai soldati. Spiega di aver bevuto solo la sua urina negli ultimi giorni per cercare di non morire: «Ci hanno chiusi negli scantinati, donne e bambini, urlavamo e nessuno poteva aiutarci, nessuno ci è venuto in soccorso per settimane. Hanno circondato le case di fili elettrici per far saltare in aria chi provava a scappare».\r\n\r\n \r\n\r\nGli uomini, in queste ore non si vedono. I pochi che ancora cercano di uscire dalla città vengono legati, trattenuti e di loro si perdono le tracce. Difficile dire se siano nelle mani dei servizi segreti o vengano uccisi, la conta di chi manca all’appello non è ancora cominciata. Ma la vendetta si abbatte anche sulle donne. 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Ora arrivano negli ospedali da campo nei loro niqab sporchi di terra: donne in fuga in mezzo ad altre donne, come i loro figli, in fuga in mezzo ad altri bambini.\r\n\r\n \r\n\r\n(...)\r\n\r\n \r\n\r\nLa sconfitta dello Stato Islamico a Mosul mette fine solo a una battaglia, non alla guerra e rischia di riportare l’organizzazione terroristica agli albori, ad attacchi casuali e violenti, soprattutto perché le divisioni settarie sono lontane dall’essere risolte e \u003Cmark>il\u003C/mark> rischio di ritorsioni tra sunniti e sciiti è all’ordine del giorno.\r\n\r\n \r\n\r\nPer questo, dopo la riconquista della città, la sfida è gestire gli interessi dei sunniti che la abitano, ricostruire la città, le infrastrutture, una parvenza di vita quotidiana per i civili traumatizzati da tre anni di violenza.\r\n\r\n \r\n\r\nRiparare i danni, che solo per le infrastrutture sono stimati per oltre un miliardo di dollari, sarà l’unico modo per contrastare l’insorgenza di nuove forme di fondamentalismo perché «aver sconfitto l’Isis a Mosul, non significa aver distrutto le sue radici, le ragioni profonde che l’hanno generato», ci dice Asma, nella sua casa del quartiere Jadida, Mosul ovest. Le strade intorno casa sua sono piene di macerie, non c’è acqua, non c’è elettricità. Vive con \u003Cmark>il\u003C/mark> marito e i suoi otto figli, erano nove prima dell’arrivo in città dei pick up con le bandiere nere, simbolo dell’Isis. «Hanno ammazzato mio figlio dopo dieci giorni, impiccato. Perché era \u003Cmark>il\u003C/mark> barbiere delle polizia irachena, qui a Mosul». Asma mostra le sue foto, che tiene nascoste in un cassetto e piange, con pudore, per non farsi vedere dai figli più piccoli che hanno troppo da dimenticare: “Non c’è una donna a Mosul che non abbia perso un caro amato, un figlio, un marito ucciso da quegli assassini. Ognuna di noi piange \u003Cmark>il\u003C/mark> suo dramma in silenzio per non pesare sugli altri». Per questo racconta Asma, a volte le donne del quartiere si \u003Cmark>ritrovano\u003C/mark> in casa, insieme, per sostenersi raccontando i ricordi dei loro cari, la giovinezza perduta di figli che non potranno vedere da adulti.\r\n«Quando la guerra è arrivata qui hanno catturato i miei figli e li hanno costretti ad aprire buchi nelle pareti per scappare senza essere visti, portando con loro tutti noi, donne, bambini, famiglie intere tenute in ostaggio. Chi provava a fuggire era impiccato ai pali della luce, cadaveri lasciati lì, per impaurire tutti gli altri.».\r\n\r\n \r\n\r\nAsma oggi ha lo sguardo fiero di chi può ricominciare a vivere. All’entrata di casa sua ci sono i barili per l’acqua, si mette in fila in attesa del suo turno per riempirne uno, poi cammina lentamente verso la distribuzione alimentare, una massa di donne in nero come lei. Le donne urlano alla distribuzione alimentare, aspettano ore al sole, ai cinquanta gradi iracheni, sono decine ammassate contro la porta di un magazzino, i soldati gridano loro di fare silenzio ma la fame e la disperazione sono difficili da gestire.\r\n\r\n \r\n\r\nUna di loro col \u003Cmark>volto\u003C/mark> coperto dal niqab mostra i documenti di identità di suo marito: «L’hanno arrestato i soldati dell’esercito e non me l’hanno ridato più, dicevano che era membro di Isis ma era un uomo buono. Io sono sola con quattro figli e non ho niente da mangiare», grida mentre la più piccola dei bambini si nasconde nel nero del suo vestito.\r\n\r\n \r\n\r\n\u003Cmark>Il\u003C/mark> soldato chiude le porte. Gli aiuti alimentari non arrivano, dice loro di andare a casa, le loro grida restano un’eco inascoltata nelle vie distrutte della città.\r\n\r\n \r\n\r\n«Ho chiesto ai miei figli di perdonare e di andare avanti, ho detto ai miei figli che supereremo questa tragedia solo lasciandocela alle spalle ma ogni giorno trovo più rabbia nei loro occhi», dice ancora Asma. Che con le immagini della guerra e dei morti ancora vivide nella memoria prova a spiegare a suo figlio Mohammad che deve perdonare i bambini come lui che sono figli dell’Isis, che non è loro la colpa dei padri.\r\n\r\n \r\n\r\nMa Mohammad scuote la testa, dice che non perdonerà, e che quei bambini saranno peggio dei padri.”\r\n\r\n ",[165],{"field":72,"matched_tokens":166,"snippet":162,"value":163},[66],1731669151438602200,{"best_field_score":169,"best_field_weight":77,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":170,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":79},"1116647718912","1731669151438602353",6681,{"collection_name":54,"first_q":173,"per_page":174,"q":173},"il volto ritrovato",6,10,{"facet_counts":177,"found":79,"hits":194,"out_of":280,"page":11,"request_params":281,"search_cutoff":32,"search_time_ms":11},[178,186],{"counts":179,"field_name":184,"sampled":32,"stats":185},[180,182],{"count":11,"highlighted":181,"value":181},"la perla di labuan",{"count":11,"highlighted":183,"value":183},"officina letteraria","podcastfilter",{"total_values":79},{"counts":187,"field_name":31,"sampled":32,"stats":193},[188,190,192],{"count":11,"highlighted":189,"value":189},"wajdi mouwad",{"count":11,"highlighted":191,"value":191},"Radio Blackout",{"count":11,"highlighted":173,"value":173},{"total_values":35},[195,248],{"document":196,"highlight":213,"highlights":231,"text_match":243,"text_match_info":244},{"comment_count":43,"id":197,"is_sticky":43,"permalink":198,"podcastfilter":199,"post_author":200,"post_content":201,"post_date":202,"post_excerpt":88,"post_id":197,"post_modified":203,"post_thumbnail":204,"post_title":205,"post_type":206,"sort_by_date":207,"tag_links":208,"tags":212},"54864","http://radioblackout.org/podcast/officina-letteraria-5-7-19-wajdi-mouawad-il-volto-ritrovato/",[183],"dj","Oggi ultima puntata di Officina letteraria. 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