","Kirk, santo e martire Maga","post",1759190489,[64,65,66,67,68],"https://radioblackout.org/tag/kirk/","https://radioblackout.org/tag/liberta-di-parola/","https://radioblackout.org/tag/maga/","https://radioblackout.org/tag/stati-uniti/","https://radioblackout.org/tag/trump/",[33,35,70,19,71],"MAGA","Trump",{"post_content":73,"post_title":78,"tags":81},{"matched_tokens":74,"snippet":76,"value":77},[75],"Kirk","L’assassinio dell’influencer MAGA Chiarlie \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>, ormai eretto santo della galassia","L’assassinio dell’influencer MAGA Chiarlie \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>, ormai eretto santo della galassia dei sostenitori di Donald Trump, ha fatto scattare un ulteriore attacco alla libertà di parola negli States. Nel mirino scuole, università, media e persino i comici. L’associazione di \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>, prontamente ereditata dalla vedova, si candida ad una riforma del mondo dell’educazione.Ne abbiamo parlato con Martino Mazzonis, giornalista esperto degli States\nAscolta la diretta:",{"matched_tokens":79,"snippet":80,"value":80},[75],"\u003Cmark>Kirk\u003C/mark>, santo e martire Maga",[82,85,87,89,91],{"matched_tokens":83,"snippet":84},[33],"\u003Cmark>kirk\u003C/mark>",{"matched_tokens":86,"snippet":35},[],{"matched_tokens":88,"snippet":70},[],{"matched_tokens":90,"snippet":19},[],{"matched_tokens":92,"snippet":71},[],[94,99,102],{"field":36,"indices":95,"matched_tokens":96,"snippets":98},[50],[97],[33],[84],{"field":100,"matched_tokens":101,"snippet":80,"value":80},"post_title",[75],{"field":103,"matched_tokens":104,"snippet":76,"value":77},"post_content",[75],578730123365712000,{"best_field_score":107,"best_field_weight":108,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":50,"score":109,"tokens_matched":28,"typo_prefix_score":50},"1108091339008",13,"578730123365711979",{"document":111,"highlight":132,"highlights":137,"text_match":140,"text_match_info":141},{"cat_link":112,"category":114,"comment_count":50,"id":115,"is_sticky":50,"permalink":116,"post_author":117,"post_content":118,"post_date":119,"post_excerpt":56,"post_id":115,"post_modified":120,"post_thumbnail":121,"post_thumbnail_html":122,"post_title":123,"post_type":61,"sort_by_date":124,"tag_links":125,"tags":129},[113],"http://radioblackout.org/category/informazione/",[49],"45016","http://radioblackout.org/2017/12/dilagano-le-proteste-nel-kurdistan-iracheno/","info","La popolazione del Kurdistan iracheno si è ribellata di nuovo. Negli ultimi giorni la gente è scesa in piazza in 13 province del Kurdistan del sud con lo slogan “Governo dimettiti”. Sono moltissimi i villaggi e le città dove la popolazione ha protestato scontrandosi con le forze asayish, la polizia e i peshmerga anche se non voleva. In molti luoghi edifici di partiti, istituzioni ufficiali e check point sono stati dati alle fiamme. Nel pomeriggio del secondo giorno hanno iniziato a circolare notizie di spari sui manifestanti e ieri, diverse persone hanno perso la vita per mano della polizia a Rania e Koye, 6 a Rania e 1 a Koye. A Sulaymaniyah, Chamchamal, Piremegrun e in altri luoghi insorti, centinaia di persone sono rimaste ferite.\r\n\r\nLe richieste sono precise: non solo il pagamento degli stipendi in stand by da anni e non solo la fornitura di servizi essenziali, collassati sotto la crisi economica che da tre anni attanaglia Erbil, ma anche le dimissioni immediate dell’attuale governo. E non mancano i riferimenti più politici: la folla ha gridato slogan contro l’esecutivo responsabile di aver ceduto al governo centrale di Baghdad le zone contese, durante l’offensiva lanciata dalle forze irachene post-referendum e che ha permesso loro di riprendere aree che dal 2014 i peshmerga curdi controllavano. Sinjar, parti della provincia di Nineve, ma soprattutto la ricca Kirkuk, da decenni contesa tra curdi e arabi che ne rivendicano la proprietà.\r\n\r\nAscolta la diretta con Jacopo, compagno in Kurdistan\r\n\r\njacopo_protesteKurdistanBasur\r\n\r\nAscolta la diretta con Luigi, regista del film-documentario \"Binxet, sotto il confine\"\r\n\r\nluigi_kurdistanBasur","21 Dicembre 2017","2017-12-23 12:01:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/1513797191854_1513797211.JPG-in_kurdistan_si_apre_anche_il_fronte_delle_proteste_contro_il_governo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"101\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/1513797191854_1513797211.JPG-in_kurdistan_si_apre_anche_il_fronte_delle_proteste_contro_il_governo-300x101.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/1513797191854_1513797211.JPG-in_kurdistan_si_apre_anche_il_fronte_delle_proteste_contro_il_governo-300x101.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/1513797191854_1513797211.JPG-in_kurdistan_si_apre_anche_il_fronte_delle_proteste_contro_il_governo-768x257.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/1513797191854_1513797211.JPG-in_kurdistan_si_apre_anche_il_fronte_delle_proteste_contro_il_governo.jpg 940w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Dilagano le proteste nel Kurdistan iracheno",1513899482,[126,127,128],"http://radioblackout.org/tag/kurdistan/","http://radioblackout.org/tag/proteste/","http://radioblackout.org/tag/scontri/",[17,130,131],"proteste","scontri",{"post_content":133},{"matched_tokens":134,"snippet":135,"value":136},[75],"Nineve, ma soprattutto la ricca \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>uk, da decenni contesa tra curdi","La popolazione del Kurdistan iracheno si è ribellata di nuovo. 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Hassad mantiene il potere, pur nel quadro di una Siria che in parte sfugge al suo controllo e la Russia sua alleata ha rinforzato le proprie posizioni nell’area.\r\n\r\nLa Turchia, grande potenza regionale, con esplicite ambizioni neo-ottomane, pur facendo parte della NATO, è stata a lungo il retrovia dell’Isis in Siria, ed oggi, con abile giravolta bizantina, sta costruendo un asse con Hassad in funzione anticurda. L’intervento militare turco in Rojava ha di fatto isolato la provincia curda di Afrin, mettendo uno stop al progetto di continuità territoriale nella regione, dove si sta sperimentando il confederalismo democratico.\r\n\r\nUn progetto che rischia di soccombere se, al di là del paternage statunitense, non viene stretto un accordo con Hassad per la balcanizzazione dell’area.\r\n\r\n \r\n\r\nTutto questo senza fare i conti con le grandi masse sunnite, che in Siria come in Iraq, si sono giocate la possibilità di mettere le mani sulle leve del potere, oggi ancora saldamente in mano all’asse sciita.\r\n\r\nLa fine dello Stato islamico non rappresenta anche la fine delle tensioni e delle aspettative di chi, specie in Iraq, aveva sperato che il Califfo Abu Bakr al Baghdadi rappresentasse la possibilità di riconquistare le posizioni perse con la caduta di Saddam Hussein, il cui Baath, formalmente laico, era comunque ben radicato tra i sunniti.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto Negri, corrispondente dal Medioriente per il Sole 24 Ore.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 10 31 alberto negri iraq","31 Ottobre 2017","2017-11-03 19:18:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/grande-gioco-MO-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/grande-gioco-MO-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/grande-gioco-MO-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/grande-gioco-MO-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/grande-gioco-MO.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","L’Iraq e la Siria nel grande gioco mediorientale",1509463571,[159,160,161,162,163,126,164,165,166,167,168,169,170,171,172],"http://radioblackout.org/tag/barzani/","http://radioblackout.org/tag/confederalismo-democratico/","http://radioblackout.org/tag/hassad/","http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/raqqa/","http://radioblackout.org/tag/refertendum-indipendenza/","http://radioblackout.org/tag/rojava/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/sciiti/","http://radioblackout.org/tag/siria/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/","http://radioblackout.org/tag/sunniti/","http://radioblackout.org/tag/turchia/",[174,175,176,15,177,17,22,178,26,179,180,24,19,181,182],"barzani","confederalismo democratico","hassad","isis","refertendum indipendenza","russia","sciiti","sunniti","Turchia",{"post_content":184},{"matched_tokens":185,"snippet":186,"value":187},[75],"che i giacimenti petroliferi di \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>uk cadessero nelle mani dei curdi","Le dimissioni del padre e padrone del Kurdistan iracheno, Massud Barzani, sono il segno del fallimento di un progetto indipendentista naufragato con il referendum che Barzani ha voluto celebrare contro tutto e contro tutti.\r\n\r\nIl governo di Baghdad non voleva permettere che i giacimenti petroliferi di \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>uk cadessero nelle mani dei curdi ed ha occupato senza troppi problemi la città abbandonata dei miliziani del clan Talabani, l’anziano leader curdo irecheno, morto lo scorso 3 ottobre e dagli stessi peshmerga di Barzani.\r\n\r\nVa da se che lo scacchiere è molto più complesso e si intreccia strettamente con quello della vicina Siria.\r\n\r\n \r\n\r\nL’imminente definitiva sconfitta dello Stato islamico, ormai in rotta dopo la conquista di Raqqa da parte delle milizie della Confederazione della Siria del Nord alleate con gli Stati Uniti, chiude una stagione ma certo non prelude ad un nuovo equilibrio nella regione.\r\n\r\n \r\n\r\nLo scompaginamento prodotto dall’attacco statunitense all’Iraq del 2003 sono sotto gli occhi di tutti, così come il fallimento della politica americana nell’area.\r\n\r\n \r\n\r\nIl successivo tentativo di far cadere il regime siriano, spezzando l’asse sciita tra Iran, Iraq, Hezbollah libanesi è clamorosamente fallito. 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La riconquista della roccaforte dell'Isis è avvenuta al prezzo di una lunga battaglia, iniziata a giugno e costata la vita a migliaia di persone tra combattenti e civili. Una vittoria fondamentale anche per l'importanza strategica di Raqqa per il Califfato, che lì aveva stabilito la sua principale incarnazione territoriale.\r\n\r\nSe gli ultimi miliziani rimasti nella città - ormai ridotta in macerie - sono stati catturati o uccisi dalle forze kurde durante l'offensiva finale, molti altri sono fuggiti nei giorni scorsi, presumibilmente a sud, in direzione di Deir el-Zor. La caduta di Raqqa non segna purtroppo la fine dello Stato Islamico, che persa la sua roccaforte territoriale nelle prossime settimane cercherà di riorganizzarsi in altre forme.\r\n\r\nNel frattempo, al di là del confine orientale siriano, il braccio di ferro tra Baghdad e Erbil (iniziato dopo il referendum per l'indipendenza del kurdistan iracheno dello scorso 25 settembre) è sfociato in una vera e propria operazione militare. Lunedì le truppe irachene hanno infatti preso il controllo della città kurda di Kirkuk, cui è seguito ieri quello di Sinjar, nel nord ovest della regione. Al centro del contendere innanzitutto le riserve di petrolio dell'area kurda, non a caso tra le prime a essere state occupate dalle truppe irachene entrate a Kirkuk. Se l'operazione non ha per ora assunto i contorni di una vera e propria battaglia tra Erbil e Baghdad, poiché le unità peshmerga hanno abbandonato le due città, l'offensiva irachena sta avendo importanti ripercussioni anche sul piano interno. Lo sconfinamento nell'area kurda sta infatti mettendo in ulteriore difficoltà il presidente Barzani, che sul referendum per l'indipendenza aveva cercato di giocare una partita di rilegittimazione politica all'interno di una regione alle prese con grosse difficoltà economiche e sociali.\r\n \r\n\r\nIl commento con Chiara Cruciati, giornalista di Nena News e Il Manifesto:\r\n\r\ncruc1810","18 Ottobre 2017","2017-10-24 13:39:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/http-_o.aolcdn.com_hss_storage_midas_a86d6f630357a41c0267257946b2fba4_205774222_RTS1GUF1-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"150\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/http-_o.aolcdn.com_hss_storage_midas_a86d6f630357a41c0267257946b2fba4_205774222_RTS1GUF1-300x150.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/http-_o.aolcdn.com_hss_storage_midas_a86d6f630357a41c0267257946b2fba4_205774222_RTS1GUF1-300x150.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/http-_o.aolcdn.com_hss_storage_midas_a86d6f630357a41c0267257946b2fba4_205774222_RTS1GUF1.jpeg 630w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Medio Oriente: Raqqa libera dallo Stato Islamico, Baghdad invade il Kurdistan iracheno",1508332594,[162,126,206,164,207],"http://radioblackout.org/tag/medioriente/","http://radioblackout.org/tag/stato-islamico/",[15,17,209,22,210],"medioriente","stato islamico",{"post_content":212},{"matched_tokens":213,"snippet":214,"value":215},[75],"controllo della città kurda di \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>uk, cui è seguito ieri quello","Raqqa è libera: l'annuncio delle Forze Siriane Democratiche e le immagini delle strade della città infine liberate dalla presenza dei miliziani dello Stato Islamico ieri hanno fatto il giro del mondo. 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La notizia della decapitazione di un giornalista statunitense, il trentunenne Steven Sotloff occupa le prime pagine dei giornali, sia pure con enfasi minore rispetto alla decapitazione del collega James Foley, che metteva in scena per la prima volta, uno spettacolo comunicativo il cui obiettivo è ben al di là della minaccia agli Stati Uniti, per investire direttamente una più vasta platea internazionale, la stessa da cui provengono i miliziani dell'IS.\r\nLa coreografia (la tunica arancio che richiama le tute dei prigionieri di Guantanamo), la demolizione del mito del \"nero\" Obama e le sue promesse mancate, le minacce all'islam sciita, sono messaggi semplici ma potenti, capaci di dare forza all'immaginario dell'islam radicale.\r\nSui media main stream ci sono diversi attori: i feroci seguaci del califfo Al Baghdadi, i \"curdi\", \"l'imbelle\" governo iracheno. Più sullo sfondo il regime dell'alawita Bashar el Hassad, contro il quale gli Stati Uniti hanno armato le formazioni islamiste che concorrono alla conquista del paese, il maggior sponsor di Hassad, la Russia putiniana, la Turchia che ha finanziato l'Is.\r\nIl termine \"curdi\" nasconde più di quanto non riveli. I curdi di cui narrano i media nostrani - diversa è l'informazione negli stessi Stati Uniti - sono quelli della zona dell'Iraq sotto il controllo del PDK di Mas’ud Barzani, alleati con gli Stati Uniti, e \"naturali\" destinatari delle armi promesse anche dal governo italiano.\r\nMai entrate nella scena mediatica le formazioni guerrigliere del Rojava (Siria nord orientale) protagoniste della controffensiva che ha liberato numerose zone occupate dell'IS, che, curiosamente, ha interrotto la propria marcia su Baghdad per attaccare le zone curde controllate dalle formazioni libertarie, federaliste e femministe del Rojava e di alcune zone dello stesso Iraq.\r\nNon per caso nel mirino dell'IS è entrato il campo profughi di Makhmur, che da vent'anni ospita curdi sfuggiti alle persecuzioni contro il PKK in Turchia.\r\n\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Daniele Pepino, un compagno che conosce bene le zone curde che stanno sperimentando il confederalismo democratico.\r\n\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\n2014 09 03 daniele guerra is pkk\r\n\r\nDi seguito un lungo articolo di Daniele che ci fornisce il lessico essenziale per meglio capire la partita che si sta giocando tra Siria, Iraq. E non solo.\r\nPer la prima volta da decenni il percorso intrapreso in Rojavà narra una storia che apre prospettive che vanno ben al di là delle montagne curde.\r\n\r\nLe notizie dal Vicino e Medio Oriente si susseguono a un ritmo incalzante. Il Kurdistan si trova, ancora una volta, nell’occhio del ciclone, dilaniato dall’esplodere delle tensioni tra le potenze regionali che si spartiscono il suo territorio.\r\n\r\nNon è semplice, in un simile scenario, fornire un quadro della situazione che non sia immediatamente superato dall’incedere degli eventi. I quintali di notizie, parole, immagini, vomitati dai mass media, invece di chiarire la complessità dello scenario mediorientale, contribuiscono a spargere una confusione che è tutt’altro che casuale.\r\n\r\nPerciò ci sembra prioritario – nei limiti di quanto è possibile fare in un breve articolo – provare a fornire qualche strumento interpretativo utile a comprendere le dinamiche in corso con uno sguardo di più lungo periodo rispetto alla cronaca emergenziale del giorno dopo giorno.\r\n\r\nDa un lato, è necessario ricordare come quel che accade in Kurdistan (e più in generale in Medio Oriente) sia sempre, anche, il precipitato dell’interazione di forze esterne, a cominciare dagli Stati che ne occupano il territorio, ossia la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran (a loro volta, peraltro, veicoli di uno scontro di interessi su scala mondiale).\r\n\r\nDall’altro, è bene sottolineare come ciò non precluda l’esistenza di specifiche dinamiche locali, le quali, anzi, dimostrano sempre più spesso come proprio questi momenti di crisi e disfacimento possano rappresentare le crepe da cui emergono nuovi percorsi di autonomia, rivolta e protagonismo popolare.\r\n\r\nL’immagine costruita dal discorso mediatico dominante racconta, sostanzialmente, di una folle guerra di fanatici terroristi musulmani contro i quali l’Occidente è costretto a intervenire (per ragioni umanitarie, ça va sans dire!) appoggiando le uniche forze al momento in grado di opporvisi, ovvero “i curdi”. Per fornire qualche antidoto alle ambiguità e ai silenzi che caratterizzano tale ricostruzione, ci pare utile, in primo luogo, delineare chi sono realmente le forze in campo, cosa rappresentano, quali identità e progettualità incarnano (in particolare nel campo curdo). In secondo luogo [nella prossima “puntata”], proveremo a sondare i percorsi di autonomia popolare che nonostante tutto – compresa una censura mediatica impressionante – resistono e rappresentano una forza di rottura per niente trascurabile (sia da un punto di vista politico che militare), in particolare nel Kurdistan siriano (Rojava). Infine, cercheremo di abbozzare qualche riflessione di portata più generale sul senso degli eventi in corso\r\n\r\nGli attori in campo\r\n15 agosto 2014. Le televisioni del mondo intero riportano con orrore i massacri, le esecuzioni, i rapimenti di bambini e donne venduti come schiavi, le pulizie etniche e le angherie di ogni tipo dispiegate dalle bande dello “Stato Islamico” (I.S.) in nord Iraq contro minoranze religiose e oppositori, ad esempio contro i curdi yezidi a Sinjar (Şengal in curdo). Tale escalation di violenza settaria sarebbe, ufficialmente, all’origine del sostegno militare che Stati Uniti ed Europa si apprestano a fornire (apertamente) “ai curdi” – dopo averlo fornito a lungo (dietro le quinte) alle milizie “jihadiste”. Peccato però che l’espressione “i curdi” non significhi nulla, essendo “i kurds_mapcurdi” una realtà nient'affatto omogenea. Oltre al fatto – tutt’altro che trascurabile – che il popolo curdo è diviso da circa un secolo dalle frontiere artificiali di Turchia, Siria, Iraq e Iran, nel movimento curdo si sovrappongono, com’è ovvio che sia, profonde divisioni che hanno origini storiche, linguistiche, tribali, religiose, oltre che contrapposizioni politiche talvolta laceranti e foriere di conflitti anche armati. Quando, dunque, gli Stati Uniti parlano di “armare i curdi”, si riferiscono ovviamente ai loro alleati sul campo, ovvero ai filo-americani del PDK, e non certo ai “terroristi” del PKK e ai suoi alleati. E ciò anche se, come emerge sempre più chiaramente dalle fonti sul campo e dalle testimonianze dei sopravvissuti, ad accorrere per aiutare le minoranze aggredite e a organizzare la resistenza armata contro le bande paramilitari di I.S., sono stati proprio quelli che Washington e Bruxelles definiscono “terroristi”, e non i miliziani fedeli a PDK e USA, i quali hanno invece lasciato campo libero all’avanzata di I.S., sostanzialmente spartendosi le spoglie del territorio abbandonato dallo squagliarsi dell’esercito di Baghdad. Del resto, anche i tanto decantati quanto limitati bombardamenti finora sferrati dagli Stati Uniti non sembrano proprio avere l’obbiettivo di stroncare le forze “islamiste”, quanto piuttosto quello di contenerle e indirizzarle (altrimenti, con le tecnologie e le informazioni in mano all’aviazione USA, sarebbe stato un “gioco da ragazzi” annientarne le postazioni e le colonne nel campo aperto del deserto iracheno).\r\n\r\nÈ proprio per cercare di dissipare tali ambiguità che riportiamo qui di seguito, in modo inevitabilmente sintetico e schematico, una descrizione delle organizzazioni coinvolte a vario titolo nel conflitto in corso, una sorta di glossario per aiutare a districarsi nella confusione mediatica.\r\n\r\nPKK – Partito dei lavoratori del Kurdistan (Turchia). Le sue ali militari sono: HPG (Forze di difesa del popolo) e YJA-Star (Unità delle donne libere - Star). Opera nel Kurdistan settentrionale (in curdo “Bakûr”, sud-est della Turchia) da oltre trent’anni, per sostenere l’autodeterminazione e la stessa sopravvivenza del popolo curdo contro l’occupazione militare da parte dello Stato turco. È stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata da USA ed Europa. Dagli anni Novanta, in particolare grazie all’elaborazione teorica del suo presidente Abdullah Öcalan (tuttora detenuto nell’isola-prigione di Imrali in Turchia), il PKK ha superato l’originaria ideologia nazionalista e marxista-leninista attraverso una radicale critica degli stessi concetti di Stato, Nazione, Partito, e abbandonando l’obiettivo della costruzione di uno Stato curdo indipendente. La sua proposta politica, denominata Confederalismo democratico, auspica la costruzione di una federazione di comunità autogovernantisi al di là dei confini nazionali, religiosi, etnici, le cui colonne portanti sono la partecipazione dal basso, la parità di genere e il rispetto della natura. Il suo esercito di guerriglia (HPG e YJA-Star) conta diverse migliaia di uomini e donne nelle montagne del sud-est della Turchia (sui confini con Siria, Iraq e Iran) e sui monti Qandil in territorio iracheno. Attualmente in un precario cessate il fuoco unilaterale con la Turchia, è impegnato nel sostegno dei propri fratelli in Siria (Rojava) e nella difesa della popolazione civile in Iraq contro I.S.\r\n\r\nPYD – Partito dell’unione democratica (Siria). Le sue ali militari sono: YPG (Unità di difesa popolare) e YPJ (Unità di difesa delle donne). È il partito maggioritario nel Kurdistan occidentale (“Rojava”, Siria del nord). Stretto alleato del PKK, sia dal punto di vista militare che politico, ne condivide la proposta del Confederalismo democratico, prospettiva che sta concretizzando nei territori del Rojava. Qui, dall’insurrezione contro il regime siriano, non si è schierato né con il regime di Al-Assad né con i “ribelli siriani”, praticando una “terza via” consistente nel liberare e difendere il proprio territorio per amministrarlo, insieme agli altri partiti e realtà della società civile non solo curda, in una sorta di “democrazia cantonale dal basso”. La sua forza militare (YPG e YPJ) oltre a difendere il Rojava da chiunque l’attacchi (lealisti di Al-Assad, “ribelli” siriani, I.S. e “jihadisti” vari) ha recentemente operato in territorio iracheno contro i tentativi di pulizia etnica di I.S. – in particolare nelle aree di Sinjar, Makhmour (Maxmur, in curdo) –, soccorrendo la popolazione in fuga e organizzando anche lì, come in Siria, una resistenza armata di autodifesa popolare.\r\n\r\nKCK – Raggruppamento delle comunità del Kurdistan. È il coordinamento che raggruppa i vari partiti e organizzazioni della società civile delle quattro parti del Kurdistan per portare avanti il progetto del Confederalismo democratico. Oltre a PKK e PYD, ne fanno parte anche il PÇDK (Iraq) e il PJAK (Iran).\r\n\r\nPÇDK – Partito della soluzione democratica in Kurdistan (Iraq), per il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq); forza attualmente minoritaria anche a causa della repressione che subisce da parte del governo regionale del PDK.\r\n\r\nPJAK – Partito della vita libera del Kurdistan (Iran), per il Kurdistan orientale (“Rojhelat”, nord-ovest dell’Iran). La sua ala militare è composta dalle HRG (Forze di difesa del Kurdistan orientale) e quella femminile dall’YJRK (Unione delle donne del Kurdistan orientale), le cui forze sono anch’esse attualmente impegnate nella resistenza contro l’I.S. in Iraq e in Rojava.\r\n\r\nPDK – Partito democratico del Kurdistan (Iraq). È il partito di Mas’ud Barzani, che governa il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq), divenuto regione autonoma (KRG) in seguito all’invasione americana del 2003 e alla caduta del regime di Saddam Hussein. La famiglia Barzani, leader storici del movimento nazionalista curdo, governa di fatto la regione come un proprio feudo, rappresentando una vera e propria mafia del petrolio, in grado di garantire l’ordine nella regione e perciò sostenuta e armata dagli Stati Uniti, oltre che da Israele e Turchia (con cui ha importanti rapporti economici e a cui vende il petrolio). L’ala militare del PDK è formata dai «peshmerga», in parte integrati nell’esercito regolare iracheno, ma soprattutto nelle milizie che costituiscono le forze di sicurezza del KRG (Governo regionale del Kurdistan). La politica nazionalista e filo-americana del PDK è radicalmente in contrasto con le posizioni di PKK, PYD, KCK, in quanto principale stampella del neo-colonialismo e della balcanizzazione del Medio Oriente. Di fronte all’offensiva di I.S., i peshmerga di Barzani si sono distinti per una politica opportunista, che non ha sostanzialmente ostacolato l’avanzata di I.S. (fortemente sponsorizzata – tra gli altri – dall’amica Turchia) fino a quando non ha toccato i propri interessi, e anzi approfittando del conseguente indebolimento del governo centrale iracheno per allargare i confini del Kurdistan federale (ad esempio occupando la città petrolifera di Kirkuk quando I.S. occupava Mosul). Molteplici testimonianze dei civili scampati ai massacri di I.S., in particolare a Sinjar e a Makhmour, riferiscono di essere stati abbandonati dai miliziani di Barzani e di essersi salvati soltanto grazie all’intervento dei guerriglieri del PKK e del PYD. Diversi analisti inoltre – a proposito dell’immobilismo dei peshmerga del PDK – hanno sottolineato il fatto che mentre le forze del PKK dagli anni Ottanta non hanno mai smesso di combattere e di addestrarsi alla guerriglia, le truppe di Barzani, a oltre dieci anni dalla caduta di Saddam Hussein, si sono trasformate in un apparato burocratico di impiegati più che di guerriglieri.\r\n\r\n«Peshmerga». Significa genericamente «guerrigliero» o «soldato» curdo, ed è quindi il termine che, storicamente, definisce ogni combattente del Kurdistan. Col tempo però (con la formazione di un governo de facto nel nord Iraq e le profonde spaccature nel movimento curdo) questo termine è andato a definire in modo specifico i miliziani del PDK di Barzani, come quelli del PUK di Talabani, di Gorran e degli altri partiti curdi d’Iraq, mentre i partigiani del PKK o del PYD preferiscono definirsi col nome delle proprie organizzazioni (o “gerîlla”, “partîzan”…). La genericità del termine «peshmerga» comunque rimane, ed è anche sulla sua ambiguità che si è costruita molta della confusione diffusa dai media internazionali.\r\n\r\nIn campo avverso, tra i protagonisti del conflitto in corso, il califfato fondato da Abu Bakr Al-Baghdadi nei territori del Bilad ash Sham (a cavallo tra Siria e Iraq) si è ormai affermato come una vera e propria potenza militare, fondata sul terrore nei confronti delle popolazioni civili e dotata di una forza paramilitare più simile a un esercito mercenario che non a una “tradizionale” organizzazione “jihadista”.\r\n\r\nI.S. – Stato islamico. Nasce dall’arcipelago della resistenza islamista sunnita contro l’occupazione americana dell’Iraq nel 2003, nello specifico dal gruppo “Al-Tawḥīd wa-al-Jihād” fondato dal giordano Abu Musab Al-Zarkawi (ucciso da un bombardamento USA nel 2006), poi divenuto Al Qaida in Iraq (AQI), poi Stato islamico in Iraq (ISI), in Siria (ISIS) e infine Stato islamico (IS). Ha praticato fin dagli esordi una politica ferocemente settaria, attaccando principalmente gli sciiti e le altre minoranze dell’area (ragione del disaccordo e delle continue frizioni con la dirigenza di Al Qaida), riuscendo a serrare le fila sunnite con migliaia di militanti soprattutto stranieri (dimostrando una capacità di attrattiva effettivamente internazionale). Nello scenario della guerra civile siriana, si è distinto per la ferocia dei suoi attacchi (e non solo contro le forze lealiste ma anche e soprattutto contro ogni fazione rivale del fronte dei “ribelli”) riuscendo a imporsi, dal 2013, come principale kurds_vs_Isisforza del campo fondamentalista sunnita (scalzando anche Jabat Al Nusra, ovvero il referente di Al Qaida in Siria). Qui controlla ormai diverse aree nel nord e nell’est del Paese, in particolare nelle zone petrolifere e lungo il corso dell’Eufrate, in guerra aperta contro le forze curde del Rojava. Nel 2014 incomincia l’avanzata in Iraq, dove trova l’appoggio di diverse forze sunnite emarginate e represse dal governo iracheno, il cui esercito a luglio si ritira disordinatamente abbandonando nelle mani dell’I.S. un vero e proprio arsenale (tra cui fucili M4 e M16, lanciagranate, visori notturni, mitragliatrici, artiglieria pesante, missili terra-aria Stinger e Scud, carri armati, veicoli corazzati Humvies, elicotteri Blackhawks, aerei cargo…). È così che l’I.S., sotto la guida di Abu Bakr Al-Baghdadi, si costituisce in Califfato, strutturandosi di fatto come un nuovo Stato che riscuote le tasse, paga i suoi miliziani e dipendenti, amministra centrali elettriche, depositi di grano, dighe, pozzi petroliferi, affrancandosi così anche dalla dipendenza da finanziamenti di Stati stranieri.\r\n\r\nIn questa rapida escalation dello Stato Islamico, l’appoggio logistico, economico, militare fornitogli dalla Turchia perlomeno dall’inizio della “crisi” del regime siriano, insieme all’atteggiamento delle milizie peshmerga di Barzani, e alla “vigile distanza” degli USA, potrebbero far sorgere ai più malfidenti qualche sospetto sull’esistenza di un disegno pro I.S. condiviso da tale “asse”. Ciò anche senza scomodare le voci secondo cui il califfo Al-Baghdadi (che risulta essere stato in un campo di prigionia statunitense in Iraq dal 2004 al 2009, per poi esserne rilasciato ed assumere la leadership di ISIS in seguito all'uccisione del precedente leader da parte di forze statunitensi) sarebbe stato addestrato da Mossad, CIA e MI6. Anche senza bisogno di perdersi nelle immancabili elucubrazioni su complotti e cospirazioni a tavolino, non è affatto impensabile un’alleanza di fatto, una convergenza di interessi (che si saldano nel sollecitare alcune dinamiche, nel non ostacolarne altre…) tra Turchia, USA, PDK (oltre ad Arabia saudita, Qatar…), per “suscitare” e impiantare una presenza fondamentalista sunnita nel cuore del Medio Oriente (uno nuovo Stato, o un Califfato, o un territorio in guerra permanente...) in funzione anti Iran (e dunque anti Al-Assad, Hezbollah… e Russia); qualcosa che – già che c’è – vada a spezzare sul campo ogni tentativo di rivolta, di autogoverno, di gestione diretta, e diversa, del territorio…\r\n\r\nUna controrivoluzione preventiva, insomma, contro quella resistenza popolare che costituisce oggi (fuori dalle menzogne della propaganda) l'unica vera resistenza sul campo contro lo Stato Islamico; una resistenza che vede in prima fila le milizie autorganizzate dalle donne, e in cui stanno confluendo gli abitanti delle regioni sotto attacco rompendo le divisioni etniche, religiose, culturali, in una prospettiva politica che assume un significato universale... Questo movimento, che partendo dai curdi di Rojava rischia di dilagare oltre confini che non tengono più, è qualcosa di dirompente nel panorama mediorientale, comprensibilmente preoccupante per qualsiasi potere con mire di controllo o egemonia nell'area, e proprio perciò, per noi, tanto più interessante.","3 Settembre 2014","2014-09-08 19:44:33","Oltre le frontiere. La resistenza delle comunità federaliste e libertarie tra Siria e Iraq",1409771523,[162,232,233,234,235,236,166,169,170],"http://radioblackout.org/tag/is/","http://radioblackout.org/tag/jpg/","http://radioblackout.org/tag/jpy/","http://radioblackout.org/tag/pkk/","http://radioblackout.org/tag/pyd/",[15,238,239,31,240,29,26,24,19],"IS","JPG","pkk",{"post_content":242},{"matched_tokens":243,"snippet":244,"value":245},[75],"occupando la città petrolifera di \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>uk quando I.S. occupava Mosul). Molteplici","Mercoledì 3 settembre. La notizia della decapitazione di un giornalista statunitense, il trentunenne Steven Sotloff occupa le prime pagine dei giornali, sia pure con enfasi minore rispetto alla decapitazione del collega James Foley, che metteva in scena per la prima volta, uno spettacolo comunicativo il cui obiettivo è ben al di là della minaccia agli Stati Uniti, per investire direttamente una più vasta platea internazionale, la stessa da cui provengono i miliziani dell'IS.\r\nLa coreografia (la tunica arancio che richiama le tute dei prigionieri di Guantanamo), la demolizione del mito del \"nero\" Obama e le sue promesse mancate, le minacce all'islam sciita, sono messaggi semplici ma potenti, capaci di dare forza all'immaginario dell'islam radicale.\r\nSui media main stream ci sono diversi attori: i feroci seguaci del califfo Al Baghdadi, i \"curdi\", \"l'imbelle\" governo iracheno. Più sullo sfondo il regime dell'alawita Bashar el Hassad, contro il quale gli Stati Uniti hanno armato le formazioni islamiste che concorrono alla conquista del paese, il maggior sponsor di Hassad, la Russia putiniana, la Turchia che ha finanziato l'Is.\r\nIl termine \"curdi\" nasconde più di quanto non riveli. I curdi di cui narrano i media nostrani - diversa è l'informazione negli stessi Stati Uniti - sono quelli della zona dell'Iraq sotto il controllo del PDK di Mas’ud Barzani, alleati con gli Stati Uniti, e \"naturali\" destinatari delle armi promesse anche dal governo italiano.\r\nMai entrate nella scena mediatica le formazioni guerrigliere del Rojava (Siria nord orientale) protagoniste della controffensiva che ha liberato numerose zone occupate dell'IS, che, curiosamente, ha interrotto la propria marcia su Baghdad per attaccare le zone curde controllate dalle formazioni libertarie, federaliste e femministe del Rojava e di alcune zone dello stesso Iraq.\r\nNon per caso nel mirino dell'IS è entrato il campo profughi di Makhmur, che da vent'anni ospita curdi sfuggiti alle persecuzioni contro il PKK in Turchia.\r\n\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Daniele Pepino, un compagno che conosce bene le zone curde che stanno sperimentando il confederalismo democratico.\r\n\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\n2014 09 03 daniele guerra is pkk\r\n\r\nDi seguito un lungo articolo di Daniele che ci fornisce il lessico essenziale per meglio capire la partita che si sta giocando tra Siria, Iraq. E non solo.\r\nPer la prima volta da decenni il percorso intrapreso in Rojavà narra una storia che apre prospettive che vanno ben al di là delle montagne curde.\r\n\r\nLe notizie dal Vicino e Medio Oriente si susseguono a un ritmo incalzante. Il Kurdistan si trova, ancora una volta, nell’occhio del ciclone, dilaniato dall’esplodere delle tensioni tra le potenze regionali che si spartiscono il suo territorio.\r\n\r\nNon è semplice, in un simile scenario, fornire un quadro della situazione che non sia immediatamente superato dall’incedere degli eventi. I quintali di notizie, parole, immagini, vomitati dai mass media, invece di chiarire la complessità dello scenario mediorientale, contribuiscono a spargere una confusione che è tutt’altro che casuale.\r\n\r\nPerciò ci sembra prioritario – nei limiti di quanto è possibile fare in un breve articolo – provare a fornire qualche strumento interpretativo utile a comprendere le dinamiche in corso con uno sguardo di più lungo periodo rispetto alla cronaca emergenziale del giorno dopo giorno.\r\n\r\nDa un lato, è necessario ricordare come quel che accade in Kurdistan (e più in generale in Medio Oriente) sia sempre, anche, il precipitato dell’interazione di forze esterne, a cominciare dagli Stati che ne occupano il territorio, ossia la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran (a loro volta, peraltro, veicoli di uno scontro di interessi su scala mondiale).\r\n\r\nDall’altro, è bene sottolineare come ciò non precluda l’esistenza di specifiche dinamiche locali, le quali, anzi, dimostrano sempre più spesso come proprio questi momenti di crisi e disfacimento possano rappresentare le crepe da cui emergono nuovi percorsi di autonomia, rivolta e protagonismo popolare.\r\n\r\nL’immagine costruita dal discorso mediatico dominante racconta, sostanzialmente, di una folle guerra di fanatici terroristi musulmani contro i quali l’Occidente è costretto a intervenire (per ragioni umanitarie, ça va sans dire!) appoggiando le uniche forze al momento in grado di opporvisi, ovvero “i curdi”. Per fornire qualche antidoto alle ambiguità e ai silenzi che caratterizzano tale ricostruzione, ci pare utile, in primo luogo, delineare chi sono realmente le forze in campo, cosa rappresentano, quali identità e progettualità incarnano (in particolare nel campo curdo). In secondo luogo [nella prossima “puntata”], proveremo a sondare i percorsi di autonomia popolare che nonostante tutto – compresa una censura mediatica impressionante – resistono e rappresentano una forza di rottura per niente trascurabile (sia da un punto di vista politico che militare), in particolare nel Kurdistan siriano (Rojava). Infine, cercheremo di abbozzare qualche riflessione di portata più generale sul senso degli eventi in corso\r\n\r\nGli attori in campo\r\n15 agosto 2014. Le televisioni del mondo intero riportano con orrore i massacri, le esecuzioni, i rapimenti di bambini e donne venduti come schiavi, le pulizie etniche e le angherie di ogni tipo dispiegate dalle bande dello “Stato Islamico” (I.S.) in nord Iraq contro minoranze religiose e oppositori, ad esempio contro i curdi yezidi a Sinjar (Şengal in curdo). Tale escalation di violenza settaria sarebbe, ufficialmente, all’origine del sostegno militare che Stati Uniti ed Europa si apprestano a fornire (apertamente) “ai curdi” – dopo averlo fornito a lungo (dietro le quinte) alle milizie “jihadiste”. Peccato però che l’espressione “i curdi” non significhi nulla, essendo “i kurds_mapcurdi” una realtà nient'affatto omogenea. Oltre al fatto – tutt’altro che trascurabile – che il popolo curdo è diviso da circa un secolo dalle frontiere artificiali di Turchia, Siria, Iraq e Iran, nel movimento curdo si sovrappongono, com’è ovvio che sia, profonde divisioni che hanno origini storiche, linguistiche, tribali, religiose, oltre che contrapposizioni politiche talvolta laceranti e foriere di conflitti anche armati. Quando, dunque, gli Stati Uniti parlano di “armare i curdi”, si riferiscono ovviamente ai loro alleati sul campo, ovvero ai filo-americani del PDK, e non certo ai “terroristi” del PKK e ai suoi alleati. E ciò anche se, come emerge sempre più chiaramente dalle fonti sul campo e dalle testimonianze dei sopravvissuti, ad accorrere per aiutare le minoranze aggredite e a organizzare la resistenza armata contro le bande paramilitari di I.S., sono stati proprio quelli che Washington e Bruxelles definiscono “terroristi”, e non i miliziani fedeli a PDK e USA, i quali hanno invece lasciato campo libero all’avanzata di I.S., sostanzialmente spartendosi le spoglie del territorio abbandonato dallo squagliarsi dell’esercito di Baghdad. Del resto, anche i tanto decantati quanto limitati bombardamenti finora sferrati dagli Stati Uniti non sembrano proprio avere l’obbiettivo di stroncare le forze “islamiste”, quanto piuttosto quello di contenerle e indirizzarle (altrimenti, con le tecnologie e le informazioni in mano all’aviazione USA, sarebbe stato un “gioco da ragazzi” annientarne le postazioni e le colonne nel campo aperto del deserto iracheno).\r\n\r\nÈ proprio per cercare di dissipare tali ambiguità che riportiamo qui di seguito, in modo inevitabilmente sintetico e schematico, una descrizione delle organizzazioni coinvolte a vario titolo nel conflitto in corso, una sorta di glossario per aiutare a districarsi nella confusione mediatica.\r\n\r\nPKK – Partito dei lavoratori del Kurdistan (Turchia). Le sue ali militari sono: HPG (Forze di difesa del popolo) e YJA-Star (Unità delle donne libere - Star). Opera nel Kurdistan settentrionale (in curdo “Bakûr”, sud-est della Turchia) da oltre trent’anni, per sostenere l’autodeterminazione e la stessa sopravvivenza del popolo curdo contro l’occupazione militare da parte dello Stato turco. È stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata da USA ed Europa. Dagli anni Novanta, in particolare grazie all’elaborazione teorica del suo presidente Abdullah Öcalan (tuttora detenuto nell’isola-prigione di Imrali in Turchia), il PKK ha superato l’originaria ideologia nazionalista e marxista-leninista attraverso una radicale critica degli stessi concetti di Stato, Nazione, Partito, e abbandonando l’obiettivo della costruzione di uno Stato curdo indipendente. La sua proposta politica, denominata Confederalismo democratico, auspica la costruzione di una federazione di comunità autogovernantisi al di là dei confini nazionali, religiosi, etnici, le cui colonne portanti sono la partecipazione dal basso, la parità di genere e il rispetto della natura. Il suo esercito di guerriglia (HPG e YJA-Star) conta diverse migliaia di uomini e donne nelle montagne del sud-est della Turchia (sui confini con Siria, Iraq e Iran) e sui monti Qandil in territorio iracheno. Attualmente in un precario cessate il fuoco unilaterale con la Turchia, è impegnato nel sostegno dei propri fratelli in Siria (Rojava) e nella difesa della popolazione civile in Iraq contro I.S.\r\n\r\nPYD – Partito dell’unione democratica (Siria). Le sue ali militari sono: YPG (Unità di difesa popolare) e YPJ (Unità di difesa delle donne). È il partito maggioritario nel Kurdistan occidentale (“Rojava”, Siria del nord). Stretto alleato del PKK, sia dal punto di vista militare che politico, ne condivide la proposta del Confederalismo democratico, prospettiva che sta concretizzando nei territori del Rojava. Qui, dall’insurrezione contro il regime siriano, non si è schierato né con il regime di Al-Assad né con i “ribelli siriani”, praticando una “terza via” consistente nel liberare e difendere il proprio territorio per amministrarlo, insieme agli altri partiti e realtà della società civile non solo curda, in una sorta di “democrazia cantonale dal basso”. La sua forza militare (YPG e YPJ) oltre a difendere il Rojava da chiunque l’attacchi (lealisti di Al-Assad, “ribelli” siriani, I.S. e “jihadisti” vari) ha recentemente operato in territorio iracheno contro i tentativi di pulizia etnica di I.S. – in particolare nelle aree di Sinjar, Makhmour (Maxmur, in curdo) –, soccorrendo la popolazione in fuga e organizzando anche lì, come in Siria, una resistenza armata di autodifesa popolare.\r\n\r\nKCK – Raggruppamento delle comunità del Kurdistan. È il coordinamento che raggruppa i vari partiti e organizzazioni della società civile delle quattro parti del Kurdistan per portare avanti il progetto del Confederalismo democratico. Oltre a PKK e PYD, ne fanno parte anche il PÇDK (Iraq) e il PJAK (Iran).\r\n\r\nPÇDK – Partito della soluzione democratica in Kurdistan (Iraq), per il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq); forza attualmente minoritaria anche a causa della repressione che subisce da parte del governo regionale del PDK.\r\n\r\nPJAK – Partito della vita libera del Kurdistan (Iran), per il Kurdistan orientale (“Rojhelat”, nord-ovest dell’Iran). La sua ala militare è composta dalle HRG (Forze di difesa del Kurdistan orientale) e quella femminile dall’YJRK (Unione delle donne del Kurdistan orientale), le cui forze sono anch’esse attualmente impegnate nella resistenza contro l’I.S. in Iraq e in Rojava.\r\n\r\nPDK – Partito democratico del Kurdistan (Iraq). È il partito di Mas’ud Barzani, che governa il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq), divenuto regione autonoma (KRG) in seguito all’invasione americana del 2003 e alla caduta del regime di Saddam Hussein. La famiglia Barzani, leader storici del movimento nazionalista curdo, governa di fatto la regione come un proprio feudo, rappresentando una vera e propria mafia del petrolio, in grado di garantire l’ordine nella regione e perciò sostenuta e armata dagli Stati Uniti, oltre che da Israele e Turchia (con cui ha importanti rapporti economici e a cui vende il petrolio). L’ala militare del PDK è formata dai «peshmerga», in parte integrati nell’esercito regolare iracheno, ma soprattutto nelle milizie che costituiscono le forze di sicurezza del KRG (Governo regionale del Kurdistan). La politica nazionalista e filo-americana del PDK è radicalmente in contrasto con le posizioni di PKK, PYD, KCK, in quanto principale stampella del neo-colonialismo e della balcanizzazione del Medio Oriente. Di fronte all’offensiva di I.S., i peshmerga di Barzani si sono distinti per una politica opportunista, che non ha sostanzialmente ostacolato l’avanzata di I.S. (fortemente sponsorizzata – tra gli altri – dall’amica Turchia) fino a quando non ha toccato i propri interessi, e anzi approfittando del conseguente indebolimento del governo centrale iracheno per allargare i confini del Kurdistan federale (ad esempio occupando la città petrolifera di \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>uk quando I.S. occupava Mosul). Molteplici testimonianze dei civili scampati ai massacri di I.S., in particolare a Sinjar e a Makhmour, riferiscono di essere stati abbandonati dai miliziani di Barzani e di essersi salvati soltanto grazie all’intervento dei guerriglieri del PKK e del PYD. Diversi analisti inoltre – a proposito dell’immobilismo dei peshmerga del PDK – hanno sottolineato il fatto che mentre le forze del PKK dagli anni Ottanta non hanno mai smesso di combattere e di addestrarsi alla guerriglia, le truppe di Barzani, a oltre dieci anni dalla caduta di Saddam Hussein, si sono trasformate in un apparato burocratico di impiegati più che di guerriglieri.\r\n\r\n«Peshmerga». Significa genericamente «guerrigliero» o «soldato» curdo, ed è quindi il termine che, storicamente, definisce ogni combattente del Kurdistan. Col tempo però (con la formazione di un governo de facto nel nord Iraq e le profonde spaccature nel movimento curdo) questo termine è andato a definire in modo specifico i miliziani del PDK di Barzani, come quelli del PUK di Talabani, di Gorran e degli altri partiti curdi d’Iraq, mentre i partigiani del PKK o del PYD preferiscono definirsi col nome delle proprie organizzazioni (o “gerîlla”, “partîzan”…). La genericità del termine «peshmerga» comunque rimane, ed è anche sulla sua ambiguità che si è costruita molta della confusione diffusa dai media internazionali.\r\n\r\nIn campo avverso, tra i protagonisti del conflitto in corso, il califfato fondato da Abu Bakr Al-Baghdadi nei territori del Bilad ash Sham (a cavallo tra Siria e Iraq) si è ormai affermato come una vera e propria potenza militare, fondata sul terrore nei confronti delle popolazioni civili e dotata di una forza paramilitare più simile a un esercito mercenario che non a una “tradizionale” organizzazione “jihadista”.\r\n\r\nI.S. – Stato islamico. Nasce dall’arcipelago della resistenza islamista sunnita contro l’occupazione americana dell’Iraq nel 2003, nello specifico dal gruppo “Al-Tawḥīd wa-al-Jihād” fondato dal giordano Abu Musab Al-Zarkawi (ucciso da un bombardamento USA nel 2006), poi divenuto Al Qaida in Iraq (AQI), poi Stato islamico in Iraq (ISI), in Siria (ISIS) e infine Stato islamico (IS). Ha praticato fin dagli esordi una politica ferocemente settaria, attaccando principalmente gli sciiti e le altre minoranze dell’area (ragione del disaccordo e delle continue frizioni con la dirigenza di Al Qaida), riuscendo a serrare le fila sunnite con migliaia di militanti soprattutto stranieri (dimostrando una capacità di attrattiva effettivamente internazionale). Nello scenario della guerra civile siriana, si è distinto per la ferocia dei suoi attacchi (e non solo contro le forze lealiste ma anche e soprattutto contro ogni fazione rivale del fronte dei “ribelli”) riuscendo a imporsi, dal 2013, come principale kurds_vs_Isisforza del campo fondamentalista sunnita (scalzando anche Jabat Al Nusra, ovvero il referente di Al Qaida in Siria). Qui controlla ormai diverse aree nel nord e nell’est del Paese, in particolare nelle zone petrolifere e lungo il corso dell’Eufrate, in guerra aperta contro le forze curde del Rojava. Nel 2014 incomincia l’avanzata in Iraq, dove trova l’appoggio di diverse forze sunnite emarginate e represse dal governo iracheno, il cui esercito a luglio si ritira disordinatamente abbandonando nelle mani dell’I.S. un vero e proprio arsenale (tra cui fucili M4 e M16, lanciagranate, visori notturni, mitragliatrici, artiglieria pesante, missili terra-aria Stinger e Scud, carri armati, veicoli corazzati Humvies, elicotteri Blackhawks, aerei cargo…). È così che l’I.S., sotto la guida di Abu Bakr Al-Baghdadi, si costituisce in Califfato, strutturandosi di fatto come un nuovo Stato che riscuote le tasse, paga i suoi miliziani e dipendenti, amministra centrali elettriche, depositi di grano, dighe, pozzi petroliferi, affrancandosi così anche dalla dipendenza da finanziamenti di Stati stranieri.\r\n\r\nIn questa rapida escalation dello Stato Islamico, l’appoggio logistico, economico, militare fornitogli dalla Turchia perlomeno dall’inizio della “crisi” del regime siriano, insieme all’atteggiamento delle milizie peshmerga di Barzani, e alla “vigile distanza” degli USA, potrebbero far sorgere ai più malfidenti qualche sospetto sull’esistenza di un disegno pro I.S. condiviso da tale “asse”. Ciò anche senza scomodare le voci secondo cui il califfo Al-Baghdadi (che risulta essere stato in un campo di prigionia statunitense in Iraq dal 2004 al 2009, per poi esserne rilasciato ed assumere la leadership di ISIS in seguito all'uccisione del precedente leader da parte di forze statunitensi) sarebbe stato addestrato da Mossad, CIA e MI6. Anche senza bisogno di perdersi nelle immancabili elucubrazioni su complotti e cospirazioni a tavolino, non è affatto impensabile un’alleanza di fatto, una convergenza di interessi (che si saldano nel sollecitare alcune dinamiche, nel non ostacolarne altre…) tra Turchia, USA, PDK (oltre ad Arabia saudita, Qatar…), per “suscitare” e impiantare una presenza fondamentalista sunnita nel cuore del Medio Oriente (uno nuovo Stato, o un Califfato, o un territorio in guerra permanente...) in funzione anti Iran (e dunque anti Al-Assad, Hezbollah… e Russia); qualcosa che – già che c’è – vada a spezzare sul campo ogni tentativo di rivolta, di autogoverno, di gestione diretta, e diversa, del territorio…\r\n\r\nUna controrivoluzione preventiva, insomma, contro quella resistenza popolare che costituisce oggi (fuori dalle menzogne della propaganda) l'unica vera resistenza sul campo contro lo Stato Islamico; una resistenza che vede in prima fila le milizie autorganizzate dalle donne, e in cui stanno confluendo gli abitanti delle regioni sotto attacco rompendo le divisioni etniche, religiose, culturali, in una prospettiva politica che assume un significato universale... Questo movimento, che partendo dai curdi di Rojava rischia di dilagare oltre confini che non tengono più, è qualcosa di dirompente nel panorama mediorientale, comprensibilmente preoccupante per qualsiasi potere con mire di controllo o egemonia nell'area, e proprio perciò, per noi, tanto più interessante.",[247],{"field":103,"matched_tokens":248,"snippet":244,"value":245},[75],{"best_field_score":142,"best_field_weight":143,"fields_matched":28,"num_tokens_dropped":50,"score":144,"tokens_matched":28,"typo_prefix_score":28},6646,{"collection_name":61,"first_q":33,"per_page":252,"q":33},6,{"facet_counts":254,"found":294,"hits":295,"out_of":446,"page":28,"request_params":447,"search_cutoff":37,"search_time_ms":28},[255,270],{"counts":256,"field_name":268,"sampled":37,"stats":269},[257,260,262,264,266],{"count":258,"highlighted":259,"value":259},4,"OverJoy",{"count":28,"highlighted":261,"value":261},"anarres",{"count":28,"highlighted":263,"value":263},"malormone",{"count":28,"highlighted":265,"value":265},"la perla di labuan",{"count":28,"highlighted":267,"value":267},"eraunanottebuiaetempestosa","podcastfilter",{"total_values":40},{"counts":271,"field_name":36,"sampled":37,"stats":292},[272,274,276,278,280,282,284,286,288,290],{"count":258,"highlighted":273,"value":273},"dub",{"count":258,"highlighted":275,"value":275},"roots",{"count":258,"highlighted":277,"value":277},"reggae",{"count":21,"highlighted":279,"value":279},"grecia",{"count":21,"highlighted":281,"value":281},"autogestione",{"count":28,"highlighted":283,"value":283},"Quino",{"count":28,"highlighted":285,"value":285},"sergente Kirk",{"count":28,"highlighted":287,"value":287},"licenziamenti",{"count":28,"highlighted":289,"value":289},"rivolta sociale",{"count":28,"highlighted":291,"value":291},"lacrime e sangue",{"total_values":293},24,9,[296,331,357,379,401,423],{"document":297,"highlight":314,"highlights":322,"text_match":327,"text_match_info":328},{"comment_count":50,"id":298,"is_sticky":50,"permalink":299,"podcastfilter":300,"post_author":263,"post_content":301,"post_date":302,"post_excerpt":56,"post_id":298,"post_modified":303,"post_thumbnail":304,"post_title":305,"post_type":306,"sort_by_date":307,"tag_links":308,"tags":311},"100014","http://radioblackout.org/podcast/kirkorama-transorama-malormone-22-09-2025/",[263],"chi ha ucciso charlie kirk? in esclusiva le indagini delle vostre signore in giallo del cuore tra transvestigazioni, transmaxxing e trantifa (spoiler: ha stato netanyahu)\r\n\r\nci aiutano nelle indagini petra e scar\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/malormone22092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\nmalormone22092025 da scaricare\r\n\r\nhttps://www.kenklippenstein.com/p/exclusive-leaked-messages-from-charlie\r\nhttps://www.kenklippenstein.com/p/fbi-readies-new-war-on-trans-people\r\n\r\ngay chi legge","23 Settembre 2025","2025-09-23 12:49:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/0x1900-000000-80-0-0-200x110.jpg","kirkorama transorama - malormone 22/09/2025","podcast",1758631135,[170,309,310],"http://radioblackout.org/tag/trans/","http://radioblackout.org/tag/transfobia/",[19,312,313],"trans","transfobia",{"post_content":315,"post_title":319},{"matched_tokens":316,"snippet":317,"value":318},[33],"chi ha ucciso charlie \u003Cmark>kirk\u003C/mark>? in esclusiva le indagini delle","chi ha ucciso charlie \u003Cmark>kirk\u003C/mark>? 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Il riflettore principale della puntata illumina l'ultima mezz'ora, in cui congiuntamente alla redazione di Ricongiunzioni ascoltiamo un'intervento da Genova dove durante la giornata sono state intraprese delle azioni di blocco simbolico dei varchi portuali da cui partono i foraggiamenti per la guerra in medio oriente. Il resto della puntata è corredato di un sacco di nuova musica, nello specifico ascoltiamo una prima parte un po' pop con Lepa Brena, DJ Skizo, Clementino, Chryverde, DJ Bront, The Bluebeaters, Lee Fry Music. Dopo la sigla passiamo Don Carlos, Train To Roots, Neekoshy con Old Betsy, Jahill con Marina P, Shine I Dub con King Kong e Mad Professor, Little Kirk, H.L.R., il nuovo riddim dagli studi di Roberto Sanchez chiamato Four Horsemen con Benjammin e The Mighty Garvillons, Junior Murvin, Queen Of Saba con DubFiles, Jacin e infine prima della telefonata Vibronics.\r\n\r\nThey're asking for peace and they never stop fighting","27 Giugno 2024","2024-06-27 16:04:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/IMG_2246-200x110.jpeg","Overjoy 196",1719504265,[344,345,346],[273,277,275],{"post_content":371},{"matched_tokens":372,"snippet":373,"value":374},[75],"Kong e Mad Professor, Little \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>, H.L.R., il nuovo riddim dagli","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/2024.06.25-16.30.00-OJ196-escopost.mp3\"][/audio]\r\nDOWNLOAD\r\nMartedì 25 Giugno 2024, Overjoy 196 [S18E1]\r\n\r\nPrima puntata della quinta estate di Overjoy su Radio Blackout. 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Horseman) Upper Cut Band Trading Blows Upper Cut Band - Free Up Little Kirk Free up Dub Little Kirk - RCK017A-Jerry Harris-Spreading All Over RCK017B-Jerry Harris-Spreading Dub RCK016A- Laylah Arruda - Ni Una Menos RCK016B - I Neurologici - Ni Una Menos Dub - Virtuous Conduct Fikir Amlak & Tree Of Dub Dub Conduct Fikir Amlak & Tree Of Dub - A1_Fred Locks - Father's Ska_BR1212LD Mighty Massa A2_Mighty Massa - Father's Version_BR1212LD Mighty Massa B1_Tony Tuff - Militant Ska_BR1212LD Mighty Massa B2_Mighty Massa - Militant Version_BR1212LD Mighty Massa\r\n\r\nwe a comin' militan","15 Dicembre 2021","2021-12-15 20:17:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/©Lara_Merrington17-6100-200x110.jpg","OverJoy 81",1639599338,[344,345,346],[273,277,275],{"post_content":415},{"matched_tokens":416,"snippet":417,"value":418},[75,75],"Cut Band - Free Up Little \u003Cmark>Kirk\u003C/mark> Free up Dub Little \u003Cmark>Kirk\u003C/mark>","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/2021.12.14-16.20.00-OJ81-escopost.mp3\"][/audio]\r\nDOWNLOAD\r\nMartedì 14 Dicembre 2021, OverJoy 81 [S7E12]\r\n\r\nPuntata dedicata a Robert Warren Dale Shakespeare.\r\n\r\nPlaylist: OverJoy Radio Blackout SPECIAL DUBPLATE Informative History Man - Police Man Joseph Hill & Culture Police Man Dub (feat. 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Io mi oppongo, ma devo rassegnarmi al fatto che il pontefice non é più infallibile.\" Nel racconto \"Il dilemma di Benedetto XVI\" del 1977 Herbie Brennan immagina che in un futuro lontano non del tutto inverosimile il Vaticano si è trasferito a Ginevra in una copia più piccola. Non c'é più Radio Vaticana ma Tele Vaticana con immagini olografiche. Alcune idee del papa destano i sospetti del cardinale Orsini che convoca il dottor Steinmann. \"Il papa fissò Steinmann dritto degli occhi: Il nostro rapporto esige franchezza. Dovete decidere se io sono pazzo?\" In \"La notte di Camp David\" del 1966 di Fletcher Knebel il giovane senatore dell'Iowa Jim MacVeagh è invitato dal presidente Mark Hollenbach nella sua casa per vacanze di Camp David, e spera che l'evento possa aiutarlo nella carriera. Cambia idea quando sente cosa il presidente vuole dirgli alla luce del caminetto nel silenzio della montagna. \"Cosa ne dice della mia idea di mettere sotto controllo tutti i telefoni degli Stati Uniti?\" I sintomi di delirio si moltiplicano, il protagonista si consiglia con il segretario di stato e il capo degli stati maggiori collegati, per scoprire che il problema non ha soluzione. \"Non è questione di leggi. Il fatto é che nessuno, ma proprio nessuno, può dire al presidente che è malato di mente.\" Negli anni successivi la fantasia é diventata realtà con il sistema di intercettazione e sorveglianza globale Echelon. Fletcher Knebel ha anche scritto nel 1962 \"Sette giorni a maggio\" in cui immagina un tentativo di colpo di stato negli Stati Uniti messo in atto da un gruppo di alti ufficiali e uomini politici che non accettano la nuova politica di coesistenza e distensione con l'Unione Sovietica. In entrambi i romanzi l'accuratezza dei dettagli rende realistica e inquietante l'ipotesi di base. \"Sette giorni a maggio\" divenne nel 1964 un film diretto da John Frankenheimer con Burt Lancaster e Kirk Douglas. Buon ascolto.","24 Gennaio 2021","2021-01-31 11:08:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/PAZZO2-186x110.jpg","LASSU' QUALCUNO E' IMPAZZITO - LA PERLA DI LABUAN 22/1/2021",1611493387,[],[],{"post_content":438},{"matched_tokens":439,"snippet":440,"value":441},[75],"Frankenheimer con Burt Lancaster e \u003Cmark>Kirk\u003C/mark> Douglas. Buon ascolto.","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/2021.01.22-15.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"I miei cardinali più giovani insistono che dobbiamo essere al passo con i tempi. 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