","Saluzzo. I militari “accolgono” i braccianti","post",1591100478,[52,53,54],"http://radioblackout.org/tag/braccianti/","http://radioblackout.org/tag/militari-al-foro-boario/","http://radioblackout.org/tag/saluzzo/",[20,26,15],{"post_content":57,"post_title":64,"tags":68},{"matched_tokens":58,"snippet":62,"value":63},[59,60,61],"Al","foro","Boario","sono né case, né tende. \u003Cmark>Al\u003C/mark> \u003Cmark>foro\u003C/mark> \u003Cmark>Boario\u003C/mark>, luogo di incontro informale dei","Nel principale distretto ortofrutticolo del Piemonte comincia la stagione delle raccolte.\r\nAll’inizio dell’estate nella zona arrivano dodicimila lavoratori, in gran parte immigrati.\r\nOgni anno per loro non ci sono né case, né tende. \u003Cmark>Al\u003C/mark> \u003Cmark>foro\u003C/mark> \u003Cmark>Boario\u003C/mark>, luogo di incontro informale dei migranti e, per anni, anche zona dove trovavano rifugio per la notte, quest’anno è arrivato l’esercito.\r\n\r\nNegli anni si sono susseguite misure diverse: dai decreti flussi, ai voucher sino \u003Cmark>al\u003C/mark> “lavoro agli italiani” disoccupati, prospettato nel 2020, che, nonostante la crisi, non si sono messi in fila per un lavoro durissimo, poco pagato e senza possibilità di alloggio.\r\nNonostante il divieto di mobilità tra le regioni già a maggio sono arrivati i migranti.\r\nQuest’anno il già importante controllo poliziesco è divenuto imponente. Gruppi di immigrati sono stati fermati, multati e riportati a Ventimiglia. La presenza dell’esercito ha reso difficile anche la solidarietà spontanea.\r\nIn questi anni la stagione si è allungata: c’è già chi lavora alla raccolta di mirtilli e dei piccoli frutti. Solo una parte del basso salario è in busta paga, il resto è in nero.\r\nNegli ultimi due anni il prefetto aveva aperto l’ex caserma Filippi.\r\nCome a Rosarno e a Rignano anche a Saluzzo accanto all’insediamento ufficiale, era sorta la baraccopoli informale.\r\nQuest’anno è stato annunciato l’intervento della Protezione Civile, che allestirà una tendopoli militarizzata.\r\nL’inizio di stagione è sempre il momento più difficile per i solidali. C’è grande ricambio tra i braccianti, e, \u003Cmark>al\u003C/mark> di là delle relazioni già costruite, occorre costruire una nuova rete.\r\nI solidali lavorano a ritesserle, impegnandosi sui temi che stanno maggiormente a cuore ai braccianti: permessi, casa, i salari.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Lele Odiardo del Comitato Antirazzista Saluzzese\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/2020-06-02-lele-saluzzo.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":65,"snippet":67,"value":67},[66],"militari","Saluzzo. 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Dormono su dei cartoni e sotto teli di fortuna. L’11 giugno è avvenuto lo sgombero farsa voluto dal sindaco per “far capire che il piano accoglienza sarebbe stato portato avanti senza tentennamenti dove deve essere chiaro che il saluzzese è un mercato con regole e confini, non il far west”. I migranti presenti erano circa 150. L'anno scorso ci fu un picco di 400 raccoglitori, ora sono arrivati a 600.\r\n\r\nLa coldiretti – cioè i padroni che dovrebbero dare lavoro a queste persone che non hanno bisogno di assistenzialismo, ma sono fieri e dignitosi lavoratori – ha allestito un campo \"ufficiale\" per 66 persone. Ma ora ci sono circa 600 lavoratori accampati in un campeggio senza strutture, sorto a ridosso dell'altro nei pressi del Foro boario, un po' nascosto per non dare troppo fastidio alla \"zona grigia\" (nel senso che dava alla espressione Primo Levi) degli autoctoni, che non vanno molto al di là di un \"Poverini\", sussurrato con aria mesta tirando via, evitando ogni contatto: assistenzialismo un po' peloso, tipicamente cattolico. Ci sono alcuni anziani curiosi e un po' aperti, ma la maggioranza non è nemmeno consapevole.\r\n\r\nIl lavoro poi è il protagonista mancante, perché la campagna è in ritardo e la raccolta di pesche comincia soltanto ora e a ritmo ridotto, perciò si riescono a impegnare pochi lavoratori: la stima non supera i 200 ingaggiati. Oltre alle solite piaghe dei lavori stagionali in campagna, anche se qui non si aggiunge il caporalato che affligge Puglia e Calabria in particolare, si assiste al lavoro grigio: le ore effettivamente lavorate non sono mai quelle denunciate.\r\n\r\nTutti sapevano da mesi, come già si era detto nelle dirette andate in onda su questa emittente già in febbraio con Yvan e poi un paio di mesi fa con Walter, eppure si è arrivati anche quest'anno alla emergenza. Sicuramente il cosiddetto “Progetto Accoglienza” non è del tutto realistico visto quello che sta succedendo: la realtà è fatta di corpi, odori, voci, fame, emozioni, non solo di tavoli, carte, parole e calcoli…\r\n\r\nBisogna andarci al foro per capire veramente, guardare negli occhi chi è là, di chi va a fare le «passeggiate alle reti» che sono le recinzioni del campo \"ufficiale\" (con regole assurde, gradualmente fatte rientrare in parte, ma comunque improntate a regole militari che ricordano la vecchia naja), sentire la puzza del cibo andato a male, evitare le pozzanghere schiumose e i resti di scarpe e biciclette, respirare la rassegnazione, la diffidenza, la rabbia, la vita che nonostante tutto e tutti emana da un drappello di persone di nazionalità, lingue, etnie diverse che comunque sono riusciti a fare comunità, giocano a dama, ascoltano musica africana dal cellulare, giocano a pallone; mentre guardiani simili a kapò sorvegliano l'altro lager, quello ufficiale, affinché i reietti non possano accedervi, privi come sono del braccialetto giallo che identifica i \"privilegiati\" che vivono in container bollenti e almeno possono accedere a dei bagni e a tre docce in 66, anziché una ricavata da una turca in 550. Magari un'occasione per andarci è la serata di sabato 27 luglio, quando Baba Sissoko farà una digressione straordinaria dal suo Tour estivo per portare la sua musica di griot maliano e conforto a questi lavoratori trattati da schiavi.\r\n\r\nEcco il racconto coinvolgente di Gabriele, uno dei partecipanti al comitato antirazzista saluzzese, che condivide anche il giaciglio in questi mesi con i raccoglitori accampati.\r\n\r\n2013.07.25-gabri_saluzzo.\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n ","25 Luglio 2013","2013-08-02 12:45:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/saluzzo-by-night-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/saluzzo-by-night-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/saluzzo-by-night-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/saluzzo-by-night.jpg 480w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Prima era una tendopoli abusiva, ora un accampamento selvaggio",1374770325,[111,112,113,54],"http://radioblackout.org/tag/immigrazione/","http://radioblackout.org/tag/migranti/","http://radioblackout.org/tag/nuovi-schiavi/",[22,18,24,15],{"post_content":116},{"matched_tokens":117,"snippet":119,"value":120},[118,74],"Foro","Nel \u003Cmark>Foro\u003C/mark> \u003Cmark>boario\u003C/mark> di Saluzzo a inizio luglio"," Nel \u003Cmark>Foro\u003C/mark> \u003Cmark>boario\u003C/mark> di Saluzzo a inizio luglio bivaccano abusivamente circa 400 migranti africani, senza acqua, corrente elettrica e servizi igienici. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/2024-05-17-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nLa Fortezza Europa: muri più alti\r\nIl nuovo accordo sulle migrazioni, dopo mesi di trattative e l’opposizione di Polonia e Ungheria, è arrivato in porto.\r\nIl vecchio trattato di Dublino va in soffitta sostituito da norme ancora più restrittive di quelle precedenti.\r\nIn sintesi, il patto prevede norme sull’accoglienza più severe soprattutto per le persone migranti che arrivano in Europa dai paesi considerati “sicuri”: sono le persone che già oggi hanno meno possibilità che la loro richiesta di protezione internazionale sia approvata. Con il nuovo patto sarà ancora più facile espellerle. La nozione di paese “sicuro” è il grimaldello che viene usato per scardinare definitivamente la cassaforte in cui sarebbero custoditi i cosiddetti “diritti universali”. L’universale torna a restringersi senza essere mai stato realmente tale.\r\nIl Nuovo Patto si basa su dieci leggi. C’è una modifica radicale nei percorsi di richiesta di asilo. Ne sono possibili solo due: la procedura tradizionale, che di solito richiede diversi mesi per essere completata, o una procedura accelerata che avviene alla frontiera e che dovrebbe durare al massimo 12 settimane, durante le quali le persone migranti saranno trattenuti in strutture apposite.\r\nI richiedenti asilo non possono scegliere quale dei due percorsi seguire, ma vengono divisi in base al loro profilo, stilato attraverso un nuovo e uniforme regolamento di screening. Questo regolamento esclude l’esame delle singole posizioni, perché prevede che questa “procedura di frontiera” venga usata principalmente per i richiedenti asilo considerati un “pericolo” per i paesi dell’Unione, per coloro che provengono dai paesi considerati “sicuri” e per chi proviene da paesi che, anche per altri motivi, hanno un tasso molto basso (sotto il 20 per cento) di domande d’asilo accolte.\r\nSe la loro richiesta verrà rifiutata, come è molto probabile in questi casi, i migranti dovranno essere espulsi verso il loro paese d’origine o un cosiddetto “paese terzo”, fra cui ci sono anche quelli da cui spesso partono per raggiungere i paesi europei: Tunisia, Libia, Turchia.\r\nI paesi dell’UE hanno due anni per recepire nella loro legislazione le nuove norme UE.\r\nUn nuovo capitolo della guerra ai migranti è stato scritto.\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele\r\n\r\nGrecia. Prigione amministrativa ed espulsione per chi lotta\r\nIn questi anni tanti europei si sono trasferiti ad Atene per vivere, studiare, lavorare. Alcuni di loro partecipano attivamente alle lotte politiche e sociali del paese.\r\nDopo lo sgombero delle università occupate per cercare di porre un freno all’invasione di Rafah, una settantina di attivisti sono stati fermati e portati in questura. Tutti gli occupanti sono stati denunciati a piede libero. I greci sono stati tutti rilasciati, 9 compagn* di varie nazionalità europee sono stati rinchiusi in un centro di detenzione per stranieri a 50 chilometri da Atene. Hanno cinque giorni per fare ricorso prima di essere espulsi.\r\nNei loro confronti è stata applicata una misura di carattere amministrativo, in base ad una generica rilevazione di “pericolosità sociale”.\r\nDa qualche tempo, la detenzione amministrativa e l’espulsione degli indesiderabili, non è solo applicata ai non europei, ma si estende anche ai cittadini dell’UE.\r\nEsempi simili si sono registrati di recente in Francia. In Italia nel mirino sono finiti rom con cittadinanza rumena.\r\nL’esclusione dai diritti universali riservati ai “cittadini” progressivamente si sta estendendo anche a chi ha le “carte in regola” per muoversi e risiedere in Europa.\r\nDa decenni assistiamo all’estensione del concetto di nemico, che non è solo il soldato che indossa la divisa di un altro paese, ma è il civile straniero privo di permessi, e, passo dopo passo, anche il cittadino europeo, che si batte contro le regole di un mondo diviso in sommersi e salvati.\r\n\r\nDall'ordine americano al grande caos\r\nScenari di guerra globale: dall'Ucraina a Gaza, dal Sudan all'Armenia, dal mar Rosso a Taiwan\r\nIl prossimo venerdì ci sarà un incontro sugli scenari di guerra globale che rischiano di deflagrare in un conflitto dalle conseguenze devastanti.\r\nAd introdurre l’incontro del 24 maggio ci sarà Stefano Capello, che con cui abbiamo anticipato alcuni dei temi che affronteremo. \r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nDall'ordine americano al grande caos\r\nScenari di guerra globale: dall'Ucraina a Gaza, dal Sudan all'Armenia, dal mar Rosso a Taiwan\r\nVenerdì 24 maggio\r\nore 21\r\ncorso Palermo 46\r\nincontro con Stefano Capello\r\nGuerre di portata planetaria ci stanno portando sull'orlo della terza guerra mondiale. La spirale pare inarrestabile: il conflitto Russia Ucraina rischia di deflagrare in tutta Europa.\r\nL'Italia è direttamente coinvolta con le proprie truppe e con il proprio apparato militare industriale. È in prima fila in conflitti in cui gioca in proprio e in varie alleanze a geografia variabile.\r\nLa crisi mondiale, le pericolose convulsioni dell'impero statunitense e della Russia in un pianeta multipolare, le aspirazioni imperialiste concorrenti di potenze regionali come la Turchia, il grande saccheggio dell'Africa, l'imporsi inarrestabile della Cina rendono la china verso il peggio sempre più scivolosa.\r\nL'intersecarsi di pulsioni nazionaliste, guerre di religione e di interesse mira a rendere complici dei massacri le popolazioni più direttamente colpite.\r\nNon solo. Nel nostro paese il governo sta facendo una campagna di arruolamento permanente. Di fronte all'escalation bellica vogliono gente assuefatta e disponibile alla concreta possibilità di un coinvolgimento diretto sempre maggiore.\r\nNon per caso il processo di militarizzazione investe le nostre città, le nostre scuole, i principali mezzi di comunicazione e le istituzioni culturali.\r\nGuerra interna e guerra esterna sono le due facce della stessa medaglia, quella della guerra ai poveri per il controllo delle risorse, delle coscienze, delle vie di approvvigionamento e dei flussi informativi.\r\nComprendere le dinamiche della guerra globale, cogliere gli elementi di resistenza, disfattismo, diserzione è necessario per rinforzare le reti antimilitariste ed internazionaliste di opposizione alla guerra.\r\n\r\nIn occasione della serata verrà fatta una raccolta fondi per sostenere gli anarchici sudanesi. 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La compagna Sarah è stata violentata e uccisa.\r\n\r\nSenzapatria \r\nSabato 1 e domenica 2 giugno\r\nGiornate di lotta al militarismo\r\nContro la guerra, l’occupazione militare delle periferie, la produzione bellica, il nazionalismo!\r\nContro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!\r\nCon i disertori di tutte le guerre!\r\n\r\nSabato 1 giugno\r\nVia i militari dalle strade!\r\nore 15,30 corso Palermo angolo via Sesia (se piove in piazza Crispi)\r\nDistro, interventi, musica, giri per il quartiere militarizzato.\r\nAlba e Carenza 503 nel canzoniere antimilitarista, la Clown Army pattuglierà l’area per l’intera giornata. \r\n\r\nDomenica 2 giugno\r\nAntimilitaristi per i quartieri di Torino\r\nSmilitarizziamo la città!\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\n\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","23 Maggio 2024","2024-05-23 19:51:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/EUtrippingrefugee-200x110.jpg","Anarres del 17 maggio. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/2024-05-17-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nLa Fortezza Europa: muri più alti\r\nIl nuovo accordo sulle migrazioni, dopo mesi di trattative e l’opposizione di Polonia e Ungheria, è arrivato in porto.\r\nIl vecchio trattato di Dublino va in soffitta sostituito da norme ancora più restrittive di quelle precedenti.\r\nIn sintesi, il patto prevede norme sull’accoglienza più severe soprattutto per le persone migranti che arrivano in Europa dai paesi considerati “sicuri”: sono le persone che già oggi hanno meno possibilità che la \u003Cmark>loro\u003C/mark> richiesta di protezione internazionale sia approvata. Con il nuovo patto sarà ancora più facile espellerle. La nozione di paese “sicuro” è il grimaldello che viene usato per scardinare definitivamente la cassaforte in cui sarebbero custoditi i cosiddetti “diritti universali”. L’universale torna a restringersi senza essere mai stato realmente tale.\r\nIl Nuovo Patto si basa su dieci leggi. C’è una modifica radicale nei percorsi di richiesta di asilo. Ne sono possibili solo due: la procedura tradizionale, che di solito richiede diversi mesi per essere completata, o una procedura accelerata che avviene alla frontiera e che dovrebbe durare \u003Cmark>al\u003C/mark> massimo 12 settimane, durante le quali le persone migranti saranno trattenuti in strutture apposite.\r\nI richiedenti asilo non possono scegliere quale dei due percorsi seguire, ma vengono divisi in base \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> profilo, stilato attraverso un nuovo e uniforme regolamento di screening. Questo regolamento esclude l’esame delle singole posizioni, perché prevede che questa “procedura di frontiera” venga usata principalmente per i richiedenti asilo considerati un “pericolo” per i paesi dell’Unione, per coloro che provengono dai paesi considerati “sicuri” e per chi proviene da paesi che, anche per altri motivi, hanno un tasso molto basso (sotto il 20 per cento) di domande d’asilo accolte.\r\nSe la \u003Cmark>loro\u003C/mark> richiesta verrà rifiutata, come è molto probabile in questi casi, i migranti dovranno essere espulsi verso il \u003Cmark>loro\u003C/mark> paese d’origine o un cosiddetto “paese terzo”, fra cui ci sono anche quelli da cui spesso partono per raggiungere i paesi europei: Tunisia, Libia, Turchia.\r\nI paesi dell’UE hanno due anni per recepire nella \u003Cmark>loro\u003C/mark> legislazione le nuove norme UE.\r\nUn nuovo capitolo della guerra ai migranti è stato scritto.\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele\r\n\r\nGrecia. Prigione amministrativa ed espulsione per chi lotta\r\nIn questi anni tanti europei si sono trasferiti ad Atene per vivere, studiare, lavorare. Alcuni di \u003Cmark>loro\u003C/mark> partecipano attivamente alle lotte politiche e sociali del paese.\r\nDopo lo sgombero delle università occupate per cercare di porre un freno all’invasione di Rafah, una settantina di attivisti sono stati fermati e portati in questura. Tutti gli occupanti sono stati denunciati a piede libero. I greci sono stati tutti rilasciati, 9 compagn* di varie nazionalità europee sono stati rinchiusi in un centro di detenzione per stranieri a 50 chilometri da Atene. Hanno cinque giorni per fare ricorso prima di essere espulsi.\r\nNei \u003Cmark>loro\u003C/mark> confronti è stata applicata una misura di carattere amministrativo, in base ad una generica rilevazione di “pericolosità sociale”.\r\nDa qualche tempo, la detenzione amministrativa e l’espulsione degli indesiderabili, non è solo applicata ai non europei, ma si estende anche ai cittadini dell’UE.\r\nEsempi simili si sono registrati di recente in Francia. In Italia nel mirino sono finiti rom con cittadinanza rumena.\r\nL’esclusione dai diritti universali riservati ai “cittadini” progressivamente si sta estendendo anche a chi ha le “carte in regola” per muoversi e risiedere in Europa.\r\nDa decenni assistiamo all’estensione del concetto di nemico, che non è solo il soldato che indossa la divisa di un altro paese, ma è il civile straniero privo di permessi, e, passo dopo passo, anche il cittadino europeo, che si batte contro le regole di un mondo diviso in sommersi e salvati.\r\n\r\nDall'ordine americano \u003Cmark>al\u003C/mark> grande caos\r\nScenari di guerra globale: dall'Ucraina a Gaza, dal Sudan all'Armenia, dal mar Rosso a Taiwan\r\nIl prossimo venerdì ci sarà un incontro sugli scenari di guerra globale che rischiano di deflagrare in un conflitto dalle conseguenze devastanti.\r\nAd introdurre l’incontro del 24 maggio ci sarà Stefano Capello, che con cui abbiamo anticipato alcuni dei temi che affronteremo. \r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nDall'ordine americano \u003Cmark>al\u003C/mark> grande caos\r\nScenari di guerra globale: dall'Ucraina a Gaza, dal Sudan all'Armenia, dal mar Rosso a Taiwan\r\nVenerdì 24 maggio\r\nore 21\r\ncorso Palermo 46\r\nincontro con Stefano Capello\r\nGuerre di portata planetaria ci stanno portando sull'orlo della terza guerra mondiale. La spirale pare inarrestabile: il conflitto Russia Ucraina rischia di deflagrare in tutta Europa.\r\nL'Italia è direttamente coinvolta con le proprie truppe e con il proprio apparato militare industriale. È in prima fila in conflitti in cui gioca in proprio e in varie alleanze a geografia variabile.\r\nLa crisi mondiale, le pericolose convulsioni dell'impero statunitense e della Russia in un pianeta multipolare, le aspirazioni imperialiste concorrenti di potenze regionali come la Turchia, il grande saccheggio dell'Africa, l'imporsi inarrestabile della Cina rendono la china verso il peggio sempre più scivolosa.\r\nL'intersecarsi di pulsioni nazionaliste, guerre di religione e di interesse mira a rendere complici dei massacri le popolazioni più direttamente colpite.\r\nNon solo. Nel nostro paese il governo sta facendo una campagna di arruolamento permanente. Di fronte all'escalation bellica vogliono gente assuefatta e disponibile alla concreta possibilità di un coinvolgimento diretto sempre maggiore.\r\nNon per caso il processo di militarizzazione investe le nostre città, le nostre scuole, i principali mezzi di comunicazione e le istituzioni culturali.\r\nGuerra interna e guerra esterna sono le due facce della stessa medaglia, quella della guerra ai poveri per il controllo delle risorse, delle coscienze, delle vie di approvvigionamento e dei flussi informativi.\r\nComprendere le dinamiche della guerra globale, cogliere gli elementi di resistenza, disfattismo, diserzione è necessario per rinforzare le reti antimilitariste ed internazionaliste di opposizione alla guerra.\r\n\r\nIn occasione della serata verrà fatta una raccolta fondi per sostenere gli anarchici sudanesi. In un anno di guerra civile quest* compagn*, oppositor* del passato regime e dei due signori della guerra che si contendono il paese, hanno attuato numerose iniziative di lotta e di solidarietà con la popolazione stremata dalla guerra. Oggi stanno subendo una durissima repressione. Alcuni sono stati arrestat* e torturat*. La compagna Sarah è stata violentata e uccisa.\r\n\r\nSenzapatria \r\nSabato 1 e domenica 2 giugno\r\nGiornate di lotta \u003Cmark>al\u003C/mark> militarismo\r\nContro la guerra, l’occupazione militare delle periferie, la produzione bellica, il nazionalismo!\r\nContro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!\r\nCon i disertori di tutte le guerre!\r\n\r\nSabato 1 giugno\r\nVia i \u003Cmark>militari\u003C/mark> dalle strade!\r\nore 15,30 corso Palermo angolo via Sesia (se piove in piazza Crispi)\r\nDistro, interventi, musica, giri per il quartiere militarizzato.\r\nAlba e Carenza 503 nel canzoniere antimilitarista, la Clown Army pattuglierà l’area per l’intera giornata. \r\n\r\nDomenica 2 giugno\r\nAntimilitaristi per i quartieri di Torino\r\nSmilitarizziamo la città!\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\n\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",{"matched_tokens":210,"snippet":211,"value":211},[73],"Anarres del 17 maggio. 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da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; RIVOLTE E INTRIGHI NELLA CONTORTA ESTATE IN SUDEST ASIATICO; IL GERD ETIOPE, ALLEANZE IN CORNO D'AFRICA E L'ASSEDIO MEDIEVALE SUDANESE; WAR ON DRUGS CONTRO CARACAS, CARIBE E MEXICO",1758374559,[234,235],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[165,237],"BastioniOrione",{"post_content":239},{"matched_tokens":240,"snippet":241,"value":242},[73,206],"abbandonato le genti di Palestina \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> destino sacrificale, in cambio di","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono \u003Cmark>al\u003C/mark> mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su \u003Cmark>Al\u003C/mark> Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei \u003Cmark>militari\u003C/mark> thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni \u003Cmark>militari\u003C/mark> di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio \u003Cmark>al\u003C/mark> nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti \u003Cmark>al\u003C/mark> Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati \u003Cmark>al\u003C/mark> mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso \u003Cmark>al\u003C/mark> Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco \u003Cmark>al\u003C/mark> mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad \u003Cmark>Al\u003C/mark> Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo \u003Cmark>al\u003C/mark> Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie \u003Cmark>al\u003C/mark> potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le \u003Cmark>loro\u003C/mark> radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il \u003Cmark>loro\u003C/mark> futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei \u003Cmark>militari\u003C/mark> nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le \u003Cmark>loro\u003C/mark> richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[244],{"field":85,"matched_tokens":245,"snippet":241,"value":242},[73,206],{"best_field_score":219,"best_field_weight":127,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":17,"score":247,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":14},"1733920951118069873",{"document":249,"highlight":262,"highlights":267,"text_match":217,"text_match_info":270},{"comment_count":38,"id":250,"is_sticky":38,"permalink":251,"podcastfilter":252,"post_author":253,"post_content":254,"post_date":255,"post_excerpt":44,"post_id":250,"post_modified":256,"post_thumbnail":257,"post_title":258,"post_type":199,"sort_by_date":259,"tag_links":260,"tags":261},"84347","http://radioblackout.org/podcast/macerie-su-macerie-podcast-16-10-23-spaziocidio-il-controllo-politico-e-la-guerra-di-israele-attraverso-la-costruzione-e-la-distruzione-del-territorio/",[156],"macerie su macerie","Cuius est solum eius est usque ad coelum et ad inferos\r\n(Il proprietario del suolo possiede anche il cielo sopra di esso e la profondità della terra al di sotto)\r\nGuardo fuori dalla finestra e vedo la mia morte avvicinarsi - Anonimo palestinese\r\n \r\n\r\nA Macerie su Macerie un contributo audio tratto da una conferenza di Eyal Weizman, architetto israeliano il cui contributo teorico è stato fondamentale per capire le modalità tanto sofisticate quanto atroci di colonizzazione dei territori palestinesi da parte di Israele.\r\n\r\nAccanto alle operazioni fatte di bombe, missili, attacchi di terra e di aria anche attraverso l'utilizzo del fosforo bianco (2008/09; 2012; 2014; 2019 e ora il maxi attacco promesso e in parte cominciato contro la Striscia di Gaza), si accostano avvenimenti di una guerra più lenta ma non meno efferata: la modellazione del territorio attraverso l'utilizzo della frontiera come linea d'azione e penetrazione nei territori palestinesi, talvolta per controllare interamente le persone, i loro flussi e lo spazio politico effettivo, talaltra per sottrarre spazio ed escludere la popolazione che prima lo viveva.\r\n\r\nCicli di distruzione e costruzione che non solo hanno permesso l'insediamento veloce di nuovi coloni israeliani laddove la vecchia popolazione è stata costretta alla fuga, ma soprattutto l'imposizione di un regime spaziale che diventa arma prima di governo e di morte perché può essere continuamente rimodellato, frammentato, interdetto e finire poi per \"stringersi attorno ai palestinesi come un cappio\".\r\n\r\n\r\n\r\n\"La frontiera lineare, un'astrazione cartografica ereditata dal concetto di spazialità associato allo stato-nazione, è esplosa in una moltitudine di sinonimi - strutture provvisorie, trasportabili, attuabili e rimovibili che espandono o restringono il territorio a piacere: \"muri di divisione\", \"barriere\", \"posti di blocco\", \"chiusure d'emergenza\", \"aree precluse ai civili\", \"blocchi stradali\", \"zone rosse\", \"aree sterili\", \"posti di controllo\", \"zone di sicurezza speciale\". Queste aree di frontiera sono dinamiche, fluiscono e rifluiscono di continuo come le onde del mare; avanzano strisciando e circondano di sorpresa villaggi e strade palestinesi. A volte addirittura sfondano pareti e irrompono nelle case dei palestinesi.\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[...] La posizione dei posti di controllo militari viene costantemente cambiata e di conseguenza il traffico palestinese viene alterato e bloccato in maniera sempre diversa. Le basi militari mobili creano teste di ponte che sostengono la logistica di operazioni militari in continuo sviluppo. L'esercito israeliano compie incursioni nei villaggi e nei campi profughi palestinesi, li occupa e poi si ritira. Il Muro di divisione, solo un elemento di una molteplice serie di barriere, cambia costantemente tracciato, e il suo percorso registra come un sismografo le battaglie politiche e legali che lo circondano. Là dove parti di territorio sembrano essere ermeticamente sigillate entro recinzioni e mura israeliane, vengono scavati tunnel palestinesi sotto terra. I territori elastici non devono essere pensati come ambienti pacifici: gli spazi politici altamente elastici sono spesso molto più pericolosi e mortali di quelli statici, rigidi. La morfologia dinamica della frontiera fa pensare a un mare punteggiato da molteplici arcipelaghi di enclave etnico-nazionali, omogenee al loro interno e alienate dall'esterno - il tutto sotto un mantello di sorveglianza aerea da parte di Israele. In questo irripetibile ecosistema territoriale esistono zone diversissime fra loro - quelle di pirateria politica, quelle di cri- si \"umanitaria\", di violenza barbarica e di piena, \"debole\" o nessuna cittadinanza - che si affiancano, si sovrappongono e si compenetrano.\" (Eyal Weizman – Architettura dell'occupazione. 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Queste aree di frontiera sono dinamiche, fluiscono e rifluiscono di continuo come le onde del mare; avanzano strisciando e circondano di sorpresa villaggi e strade palestinesi. A volte addirittura sfondano pareti e irrompono nelle case dei palestinesi.\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[...] La posizione dei posti di controllo \u003Cmark>militari\u003C/mark> viene costantemente cambiata e di conseguenza il traffico palestinese viene alterato e bloccato in maniera sempre diversa. Le basi \u003Cmark>militari\u003C/mark> mobili creano teste di ponte che sostengono la logistica di operazioni \u003Cmark>militari\u003C/mark> in continuo sviluppo. L'esercito israeliano compie incursioni nei villaggi e nei campi profughi palestinesi, li occupa e poi si ritira. Il Muro di divisione, solo un elemento di una molteplice serie di barriere, cambia costantemente tracciato, e il suo percorso registra come un sismografo le battaglie politiche e legali che lo circondano. Là dove parti di territorio sembrano essere ermeticamente sigillate entro recinzioni e mura israeliane, vengono scavati tunnel palestinesi sotto terra. I territori elastici non devono essere pensati come ambienti pacifici: gli spazi politici altamente elastici sono spesso molto più pericolosi e mortali di quelli statici, rigidi. La morfologia dinamica della frontiera fa pensare a un mare punteggiato da molteplici arcipelaghi di enclave etnico-nazionali, omogenee \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> interno e alienate dall'esterno - il tutto sotto un mantello di sorveglianza aerea da parte di Israele. In questo irripetibile ecosistema territoriale esistono zone diversissime fra \u003Cmark>loro\u003C/mark> - quelle di pirateria politica, quelle di cri- si \"umanitaria\", di violenza barbarica e di piena, \"debole\" o nessuna cittadinanza - che si affiancano, si sovrappongono e si compenetrano.\" (Eyal Weizman – Architettura dell'occupazione. 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L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ","21 Marzo 2015","2018-10-17 22:59:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/cle1-200x110.jpg","Convegno sui Rom senza i Rom: antirazzisti/e rovinano la vetrina della Città di Torino",1426934211,[283,284,285,286,287,288],"http://radioblackout.org/tag/corte-europea-diritti-umani/","http://radioblackout.org/tag/elide-tisi/","http://radioblackout.org/tag/lungo-stura-lazio/","http://radioblackout.org/tag/retata/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo/",[290,291,292,293,294,295],"corte europea diritti umani","elide tisi","lungo stura lazio","retata","rom","sgombero campo",{"post_content":297},{"matched_tokens":298,"snippet":299,"value":300},[73,206],"persone vivono nell'incertezza radicale rispetto \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> presente e sotto la costante","Il 19 marzo è stata una gran brutta giornata per gli apprendisti stregoni del Comune di Torino.\r\nEra tutto perfetto. L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati \u003Cmark>al\u003C/mark> CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto \u003Cmark>al\u003C/mark> governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 \u003Cmark>al\u003C/mark> Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui \u003Cmark>loro\u003C/mark> corpi, sulle \u003Cmark>loro\u003C/mark> vite, sul futuro dei \u003Cmark>loro\u003C/mark> figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa \u003Cmark>al\u003C/mark> documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le \u003Cmark>loro\u003C/mark> baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre \u003Cmark>al\u003C/mark> governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino \u003Cmark>al\u003C/mark> 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima \u003Cmark>loro\u003C/mark> di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” \u003Cmark>al\u003C/mark> monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere \u003Cmark>al\u003C/mark> “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la \u003Cmark>loro\u003C/mark> presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu \u003Cmark>militari\u003C/mark> del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni \u003Cmark>al\u003C/mark> governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed \u003Cmark>al\u003C/mark> \u003Cmark>loro\u003C/mark> operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo \u003Cmark>al\u003C/mark> programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le \u003Cmark>loro\u003C/mark> baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, \u003Cmark>al\u003C/mark> massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ",[302],{"field":85,"matched_tokens":303,"snippet":299,"value":300},[73,206],{"best_field_score":219,"best_field_weight":127,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":17,"score":247,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":14},{"document":306,"highlight":318,"highlights":328,"text_match":333,"text_match_info":334},{"comment_count":38,"id":307,"is_sticky":38,"permalink":308,"podcastfilter":309,"post_author":310,"post_content":311,"post_date":312,"post_excerpt":44,"post_id":307,"post_modified":313,"post_thumbnail":230,"post_title":314,"post_type":199,"sort_by_date":315,"tag_links":316,"tags":317},"82240","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-18-05-2023-thailandia-con-la-vittoria-del-move-forward-si-affaccia-una-nuova-generazione-che-reclama-una-rivoluzione-dei-costumi-congo-nelle-regioni-del-kivu-proliferano-le-ag/",[140],"radiokalakuta","Bastioni di Orione racconta con Massimo Morello collaboratore di varie testate giornalistiche e che vive in Thailandia da un decennio, le conseguenze del risultato delle elezioni thailandesi ,che hanno registrato la vittoria del partito del \"Move forward\" guidato da Pita Limjaroenrat ,finora all'opposizione. 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L’OMICIDIO DI STATO DI HAMID BADOUI\r\n\r\nLunedì 19 maggio 2025 il cadavere Hamid Badoui è stato trovato in una cella del carcere di Torino.\r\n\r\nIl tutto è stato classificato come suicidio, ma la sua morte è il prodotto di una concatenazione di violenze: la reclusione in carcere e CPR, la deportazione nel centro di Gjader in Albania, la psico-farmacolizzazione coercitiva di questi spazi concentrazionari, il pestaggio brutale nel quartiere di Barriera di Milano.\r\n\r\nLa morte di Hamid è un omicidio di Stato diluito.\r\n\r\nGrazie al contributo di una compagna presente - e denunciata per non essere rimasta inerte di fronte alla violenza scatenata dagli agenti contro Hamid – cerchiamo di ripercorrere gli eventi che hanno portato alla morte di questo giovane uomo, dalla ferocia delle forze dell’ordine esibita come monito nei quartieri popolari, agli effetti della Guerra alle Persone Migranti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_la-morte-di-Hamid.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCAGLIARI - SCIOPERO DELLA FAME A STAFFETTA NEL CARCERE DI UTA\r\n\r\nNel carcere cagliaritano i prigionieri stanno portando avanti dal 25 aprile uno sciopero della fame a staffetta contro le condizioni detentive:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_sciopero-Uta.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCAGLIARI – JOINT STARS: UN PETARDO E MILLE BOMBE\r\n\r\nIl 10 Maggio 2025 si è tenuta a Cagliari una manifestazione contro l'operazione militare Joint Stars: un’esercitazione interforze che rappresenta in modo esemplare gli scenari operativi della guerra contemporanea, tra cyber-warfare, gestione dell’ordine pubblico e arruolamento dell’apparato accademico e mediatico.\r\n\r\nIn quella giornata è stato lanciato un petardo, azione che ha portato alla denuncia di un compagno e alla perquisizione della sua abitazione e dell’Officina Autogestita Kasteddu:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_joint-stars-kasteddu.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCOOPERAZIONE MILITARE (E REPRESSIVA) TRA ITALIA E ISRAELE\r\n\r\nL’8 giugno 2025 verrà rinnovato automaticamente un accordo quadro di cooperazione Italia-Israele.\r\n\r\nNei giorni scorsi un gruppo di 10 giuristi si è espresso “tecnicamente” contro il protrarsi di questa relazione, ma oltre alle implicazioni militari possiamo osservare diversi piani di stretta collaborazione: dall’utilizzo di spyware israeliani contro ONG e giornalisti ai magistrati italiani (pilotati a distanza come droni) per colpire attivisti palestinesi:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_memorandum-ITA-ISRAELE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDRONI CINESI TRA GUERRA E QUOTIDIANITA’\r\n\r\nPartiamo dalla notizia di un nuovo drone sottomarino cinese, guidato da intelligenza artificiale, in grado di stazionare per oltre un mese a 60 metri di profondità e lanciare “missili per la ricerca”… qualcosa che ricorda molto i programmi di ricerca “civile” europea che coinvolgono le industrie militari israeliane.\r\n\r\nPassiamo alla diffusione di droni cinesi della DJI nei cieli statunitensi e di come possa risultare complesso implementare la loro messa al bando visto il livello di integrazione di queste tecnologie nella quotidianità della società americana (così come nel conflitto russo-ucraino).\r\n\r\nInfine andiamo a osservare il processo di militarizzazione delle forze dell’ordine incarnato dalla scelta della polizia australiana di dotarsi del sistema Drone Shield.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_DJI-droni-cinesi-aukus.mp3\"][/audio]","26 Maggio 2025","2025-05-26 20:22:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/bcupcb-brutal-200x110.jpg","TORINO: LA MORTE DI HAMID - SARDEGNA: TRA CARCERE E GUERRA - ACCORDI ITALIA-ISRAELE - DRONI CINESI",1748290945,[350,351,352,353,354,355,356,357,358,359,360,361,362,363,364,365],"http://radioblackout.org/tag/cagliari/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/carcere-delle-vallette/","http://radioblackout.org/tag/cpr/","http://radioblackout.org/tag/cpr-albania/","http://radioblackout.org/tag/droni/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/hamid-badoui/","http://radioblackout.org/tag/intelligenza-artificiale/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/israelificazione/","http://radioblackout.org/tag/joint-stars/","http://radioblackout.org/tag/militarizzazione/","http://radioblackout.org/tag/omicidi-di-stato/","http://radioblackout.org/tag/suicidi-in-carcere/","http://radioblackout.org/tag/war-on-migrants/",[367,174,368,369,370,371,168,372,373,374,375,376,377,378,379,380],"cagliari","carcere delle vallette","cpr","cpr albania","droni","Hamid Badoui","intelligenza artificiale","Israele","israelificazione","joint stars","militarizzazione","omicidi di stato","suicidi in carcere","war on migrants",{"post_content":382},{"matched_tokens":383,"snippet":384,"value":385},[206,73],"possa risultare complesso implementare la \u003Cmark>loro\u003C/mark> messa \u003Cmark>al\u003C/mark> bando visto il livello di","Estratti dalla puntata del 26 maggio 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia\r\n\r\n \r\n\r\nTORINO - L’OMICIDIO DI STATO DI HAMID BADOUI\r\n\r\nLunedì 19 maggio 2025 il cadavere Hamid Badoui è stato trovato in una cella del carcere di Torino.\r\n\r\nIl tutto è stato classificato come suicidio, ma la sua morte è il prodotto di una concatenazione di violenze: la reclusione in carcere e CPR, la deportazione nel centro di Gjader in Albania, la psico-farmacolizzazione coercitiva di questi spazi concentrazionari, il pestaggio brutale nel quartiere di Barriera di Milano.\r\n\r\nLa morte di Hamid è un omicidio di Stato diluito.\r\n\r\nGrazie \u003Cmark>al\u003C/mark> contributo di una compagna presente - e denunciata per non essere rimasta inerte di fronte alla violenza scatenata dagli agenti contro Hamid – cerchiamo di ripercorrere gli eventi che hanno portato alla morte di questo giovane uomo, dalla ferocia delle forze dell’ordine esibita come monito nei quartieri popolari, agli effetti della Guerra alle Persone Migranti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_la-morte-di-Hamid.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCAGLIARI - SCIOPERO DELLA FAME A STAFFETTA NEL CARCERE DI UTA\r\n\r\nNel carcere cagliaritano i prigionieri stanno portando avanti dal 25 aprile uno sciopero della fame a staffetta contro le condizioni detentive:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_sciopero-Uta.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCAGLIARI – JOINT STARS: UN PETARDO E MILLE BOMBE\r\n\r\nIl 10 Maggio 2025 si è tenuta a Cagliari una manifestazione contro l'operazione militare Joint Stars: un’esercitazione interforze che rappresenta in modo esemplare gli scenari operativi della guerra contemporanea, tra cyber-warfare, gestione dell’ordine pubblico e arruolamento dell’apparato accademico e mediatico.\r\n\r\nIn quella giornata è stato lanciato un petardo, azione che ha portato alla denuncia di un compagno e alla perquisizione della sua abitazione e dell’Officina Autogestita Kasteddu:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_joint-stars-kasteddu.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCOOPERAZIONE MILITARE (E REPRESSIVA) TRA ITALIA E ISRAELE\r\n\r\nL’8 giugno 2025 verrà rinnovato automaticamente un accordo quadro di cooperazione Italia-Israele.\r\n\r\nNei giorni scorsi un gruppo di 10 giuristi si è espresso “tecnicamente” contro il protrarsi di questa relazione, ma oltre alle implicazioni \u003Cmark>militari\u003C/mark> possiamo osservare diversi piani di stretta collaborazione: dall’utilizzo di spyware israeliani contro ONG e giornalisti ai magistrati italiani (pilotati a distanza come droni) per colpire attivisti palestinesi:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_memorandum-ITA-ISRAELE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDRONI CINESI TRA GUERRA E QUOTIDIANITA’\r\n\r\nPartiamo dalla notizia di un nuovo drone sottomarino cinese, guidato da intelligenza artificiale, in grado di stazionare per oltre un mese a 60 metri di profondità e lanciare “missili per la ricerca”… qualcosa che ricorda molto i programmi di ricerca “civile” europea che coinvolgono le industrie \u003Cmark>militari\u003C/mark> israeliane.\r\n\r\nPassiamo alla diffusione di droni cinesi della DJI nei cieli statunitensi e di come possa risultare complesso implementare la \u003Cmark>loro\u003C/mark> messa \u003Cmark>al\u003C/mark> bando visto il livello di integrazione di queste tecnologie nella quotidianità della società americana (così come nel conflitto russo-ucraino).\r\n\r\nInfine andiamo a osservare il processo di militarizzazione delle forze dell’ordine incarnato dalla scelta della polizia australiana di dotarsi del sistema Drone Shield.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BCUPCB_DJI-droni-cinesi-aukus.mp3\"][/audio]",[387],{"field":85,"matched_tokens":388,"snippet":384,"value":385},[206,73],{"best_field_score":335,"best_field_weight":127,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":17,"score":390,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":14},"1733920950983852145",6637,{"collection_name":199,"first_q":26,"per_page":30,"q":26},29,["Reactive",395],{},["Set"],["ShallowReactive",398],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fmT6wKj0ixRHXrywFmHsAQN6R5mTylqvWN7CNLNNDRns":-1},true,"/search?query=militari+al+foro+boario"]