","La cacciata delle ONG e l'accordo con gli scafisti","post",1504806319,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/accordo-governo-scafisti/","http://radioblackout.org/tag/milizie-di-sabratha/","http://radioblackout.org/tag/minniti/","http://radioblackout.org/tag/ong/",[34,30,66,15],"minniti",{"post_content":68,"tags":74},{"matched_tokens":69,"snippet":72,"value":73},[70,71],"di","Sabratha","Martire Abu Anas al Dabbashi” \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark> collabora da anni con il","Che l'aria stesse cambiando lo si è capito quest'inverno. Il 2 febbraio il nuovo ministro dell'Interno Minniti ha siglato un accordo con il governo Al Sarraj in Libia, benedetto il giorno successivo dal vertice \u003Cmark>di\u003C/mark> Malta. Una mossa che assumeva mero sapore propagandistico, per acquistare consensi in vista \u003Cmark>di\u003C/mark> elezioni che all'epoca parevano molto vicine. Il governo Al Sarraj non controlla neppure Tripoli, le due o tre “guardie costiere” sono parte del traffico \u003Cmark>di\u003C/mark> esseri umani, un affare molto lucroso nella Libia devastata da sei anni \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra. Il capo della guardia costiera \u003Cmark>di\u003C/mark> Zawiya è anche capo \u003Cmark>di\u003C/mark> una delle \u003Cmark>milizie\u003C/mark> che gestiscono le partenze.\r\n\r\nIn realtà l'accordo con Al Sarraj porterà soldi, armi e pattugliatori in Libia e sarà il primo tassello del mosaico \u003Cmark>di\u003C/mark> Minniti. Il ministro si è fatto le ossa alla scuola \u003Cmark>di\u003C/mark> Cossiga e per lunghi anni ha avuto la delega ai servizi segreti, nei tanti governi dove è stato sottosegretario agli Interni. \r\n\r\nIl suo capolavoro è la cacciata dal Mediterraneo delle navi delle tante ONG, che negli ultimi anni si sono assunte il compito \u003Cmark>di\u003C/mark> ripescare in mare naufraghi e gente abbandonata su barconi alla deriva. \r\n\r\nUn lavoro fatto intessendo infiniti fili e facendo leva sulle spinte che arrivavano dai propri stessi avversari politici. In prima fila Salvini e Grillo, che hanno puntato l'indice contro le ONG accusandole \u003Cmark>di\u003C/mark> essere complici degli scafisti. Si sono poi uniti al coro alcuni magistrati siciliani come il Procuratore \u003Cmark>di\u003C/mark> Catania Zuccaro, che, pur dichiarando \u003Cmark>di\u003C/mark> non avere prove, si è detto certo che ci fosse del marcio nell'attività delle navi delle ONG impegnate nel Mediterraneo. Il lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> criminalizzazione è durato mesi, per preparare il terreno all'ultima offensiva. \r\n\r\nAll'inizio dell'estate, in un clima emergenziale suscitato ad arte dai media, è saltato fuori il codice da imporre alle ONG, pena la chiusura dei porti. Un cappio al collo, che rende nei fatti quasi inutile muoversi nel Mediterraneo. Poliziotti a bordo, strumenti che segnalano la propria posizione, divieto \u003Cmark>di\u003C/mark> mettersi lungo le rotte della gente in viaggio. La maggior parte delle Ong non ha sottoscritto il codice. Le minacce della guardia costiera libica \u003Cmark>di\u003C/mark> impiegare le armi ha portato al ritiro dal Mediterraneo \u003Cmark>di\u003C/mark> gran parte delle imbarcazioni delle Ong ribelli. In questo momento nel canale \u003Cmark>di\u003C/mark> Sicilia sono rimaste solo due navi impegnate in operazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca e soccorso. \r\n\r\nIn agosto gli sbarchi sono stati meno \u003Cmark>di\u003C/mark> un settimo \u003Cmark>di\u003C/mark> quelli dello stesso periodo dell'anno precedente.\r\n\r\nIl 25 agosto su Middle East Eye compare un articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Francesca Mannocchi che ha raccolto numerose testimonianze sugli accordi tra uomini dei servizi segreti italiani e le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> che controllano la costa libica tra Zawiya e \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark>, i porti da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni dirette in Italia. \r\n\r\nTra Tripoli e Zawiya ci sono meno \u003Cmark>di\u003C/mark> 50 chilometri e otto posti \u003Cmark>di\u003C/mark> blocco. L'unico modo per raggiungerla è via mare.\r\n\r\n“Poche settimane dopo l'emanazione del Codice per le ONG, la costa \u003Cmark>di\u003C/mark> Zawiya è avvolta nel silenzio.” (…) Un testimone riferisce “del complesso e delicato equilibrio \u003Cmark>di\u003C/mark> potere tra le diverse \u003Cmark>milizie\u003C/mark> che gestiscono i vari traffici \u003Cmark>di\u003C/mark> esseri umani, petrolio e altro”. “Altre fonti riferiscono che la quiete dei porti tra Zawiya e \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark> ha un prezzo. Non si spiegherebbe altrimenti come un'area che per anni è stata il crocevia del traffico \u003Cmark>di\u003C/mark> esseri umani sia diventata all'improvviso calma.” (…) Il costo negoziato per ottenere il blocco delle partenze per almeno un mese sarebbe \u003Cmark>di\u003C/mark> cinque milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> dollari. \r\nIl governo italiano smentisce qualsiasi accordo con gli scafisti, ma già a fine agosto nuove prove emergono da un articolo dell'Associated Press. La milizia “Martire Abu Anas al Dabbashi” \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark> collabora da anni con il governo italiano, perché si occupa della sicurezza dell'impianto ENI \u003Cmark>di\u003C/mark> Mellita. \r\n\r\nAssieme alla “Brigata 48” gestiscono tutti i traffici in quel tratto \u003Cmark>di\u003C/mark> costa. Entrambe le formazioni armate sono controllate da membri del clan Dabbashi, ossia i “re del traffico \u003Cmark>di\u003C/mark> migranti”. Il capo della prima conferma l'intesa con gli italiani. \r\n\r\nIn questi stessi giorni Minniti ha dichiarato alla stampa \u003Cmark>di\u003C/mark> essere “preoccupato per le condizioni dei migranti nelle prigioni libiche”. \r\n\r\n \r\n\r\nNegli stessi giorni è stato stipulato un accordo per la realizzazione \u003Cmark>di\u003C/mark> campi \u003Cmark>di\u003C/mark> concentramento per immigrati in Ciad, in Mali e in Niger. La ciliegina sulla torta del ministro dell'Interno. \r\n\r\n \r\n\r\nLa linea \u003Cmark>di\u003C/mark> confine si sposta a sud, oltre il deserto dove i “diritti umani”, nozione sulla quale spesso in Italia si misura l'altrui civiltà, hanno una diversa declinazione.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alessandro Dal Lago.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n2017 09 05 dal lago ong etc",[75,77,81,83],{"matched_tokens":76,"snippet":34},[],{"matched_tokens":78,"snippet":80},[79,70,20],"milizie","\u003Cmark>milizie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>sabratha\u003C/mark>",{"matched_tokens":82,"snippet":66},[],{"matched_tokens":84,"snippet":15},[],[86,91],{"field":35,"indices":87,"matched_tokens":88,"snippets":90},[17],[89],[79,70,20],[80],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":72,"value":73},"post_content",[70,71],1736172819517538300,{"best_field_score":96,"best_field_weight":97,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":98,"tokens_matched":99,"typo_prefix_score":47},"3315704398080",13,"1736172819517538410",3,{"document":101,"highlight":130,"highlights":155,"text_match":163,"text_match_info":164},{"cat_link":102,"category":103,"comment_count":47,"id":104,"is_sticky":47,"permalink":105,"post_author":50,"post_content":106,"post_date":107,"post_excerpt":53,"post_id":104,"post_modified":108,"post_thumbnail":109,"post_thumbnail_html":110,"post_title":111,"post_type":58,"sort_by_date":112,"tag_links":113,"tags":123},[44],[46],"46474","http://radioblackout.org/2018/03/8-marzo-cronache-e-riflessioni/","Lo sciopero femminista globale ha investito decine di paesi. In Italia ci sono state iniziative in 50 città grandi e piccole. Una marea nero-fucsia ha riempito le piazze da nord a sud.\r\nNe abbiamo parlato con due compagne, Chiara di Non una di meno Torino e Patrizia di Non una di meno Livorno.\r\nCi hanno proposto una cronaca delle iniziative a Torino, a Livorno e Pisa.\r\n\r\nPatrizia ci ha raccontato le iniziative svoltesi nella sua città in mattinata e il corteo pomeridiano a Pisa cui hanno partecipato anche le livornesi.\r\nAl centro della giornata le violenze in divisa, il lavoro, la precarietà.\r\nCon Patrizia abbiamo fatto un bilancio di un percorso che è riuscito a mantenere, a parole e nei fatti, la propria autonomia, senza farsi sedurre dalle tante sirene elettorali.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 13 patrizia nudm liv\r\n\r\nChiara ci ha raccontato l’8 marzo torinese, una grande giornata di lotta.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 13 chiara nudm to\r\n\r\n\r\nDi seguito una cronaca della giornata:\r\n“Un alito di primavera ha accompagnato un lungo 8 marzo di lotta all’ombra della Mole.\r\nIn piazza Castello sin dal mattino è un fiorire di matrioske, cartelli, colori e suoni. In testa lo striscione “Scioperiamo dal lavoro di cura. Lottiamo insieme!”\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si è articolato come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente alla erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nLa prima tappa è al centro della piazza. Lunghi fili vengono tirati tra i pali: con pinze da bucato sono stesi pannolini, grembiuli, strofinacci… Tutti oggetti simbolo del lavoro di cura.\r\nUn camioncino prova senza successo a forzare il blocco, che si allarga sulla piazza. Un nucleo dell’antisommossa, schierato a pochi passi da una carrozzina con un neonat*, chiede a gran voce rinforzi. La digos si affanna al cellulare. Si parte in corteo verso via Po. Per l’intera mattinata si svolgono blocchi con slogan e comizi volanti ai principali incroci.\r\nIn corso Regina il corteo viene raggiunto dalle studentesse, che in mattinata avevano bloccato le lezioni al campus. La mattinata si conclude a Palazzo Nuovo, l’altra sede delle facoltà umanistiche.\r\n\r\nNel pomeriggio piazza XVIII dicembre, la piazza che ricorda i martiri della camera del lavoro, si riempie velocemente. Parrucche rosa, fucsia e viola sul nero degli abiti, tanti striscioni, tulle, cartelli. Il corteo si dipana per il centro. Saremo tremila, forse più.\r\nLa prima sosta è davanti alla caserma dei carabinieri Cernaia. Viene appeso uno striscione contro la violenza dei tribunali, in solidarietà alle donne stuprate, picchiate e offese che nelle aule di giustizia diventano imputate, chiamate a rispondere della propria vita, dei propri abiti, dei propri gusti, del proprio no alla violenza. Vengono lette alcune delle domande fatte in tribunale alle due studentesse statunitensi stuprate da due carabinieri la scorsa estate a Firenze. Domande di una violenza terribile.\r\nIn Italia viene ammazzata una donna ogni due giorni.\r\nSpesso gli assassini usano le pistole d’ordinanza, che hanno il diritto di portare perché fanno parte dell’elite poliziesca e militare, che detiene per conto dello Stato il monopolio legale della violenza.\r\nGli spazi di autonomia che le donne si sono conquistate hanno incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l’ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà femminile è ancora molto lunga. Il crescere della marea femminista è la risposta ad una violenza che ha i caratteri espliciti di una guerra planetaria alla libertà delle donne, alla libertà dei generi, alla libertà dai generi.\r\nNelle aule dei tribunali la violenza maschile viene declinata come affare privato, personale, accidentale, nascondendone il carattere disciplinare, punitivo, politico.\r\nLe lotte femministe ne fanno riemergere l’intrinseca politicità affinché divenga parte del discorso pubblico, in tutta la propria deflagrante potenza, mettendo in soffitta il paternalismo ipocrita delle quote rosa, delle pari opportunità, dei parcheggi riservati alle donne.\r\nTra i temi di questo 8 marzo di sciopero e lotta, la ferma volontà di rompere il silenzio e l’indifferenza, per sostenere un percorso di libertà, mutuo aiuto e autodifesa contro chi ci vorrebbe inchiodare nel ruolo di vittime.\r\nForte è il rifiuto che la difesa delle donne diventi l’alibi per politiche securitarie, che usino i nostri corpi per giustificare strette disciplinari sull’intera società.\r\n\r\n“Nello stato fiducia non ne abbiamo, la difesa ce la autogestiamo!”\r\n“Lo stupratore non è malato, è il figlio prediletto del patriarcato”\r\n“Siamo la voce potente e feroce di tutte le donne che più non hanno voce!” Questi slogan riempiono la piazza, deflagrano per il corteo.\r\n\r\nTra i tanti interventi quello di una ragazza curda, che ricorda la lotta delle donne di Afrin contro l’invasione turca e il patriarcato. Una studentessa sviluppa una critica alla scuola, dove lo sguardo femminista è quasi sempre assente.\r\n\r\nIn piazza Castello su uno dei tanti monumenti militaristi della città, quello dedicato al duca d’Aosta, in braccio ad uno dei soldati raffigurati viene messa una scopa, uno strofinaccio, un pezzo di tulle rosa.\r\nL’azione è accompagnata da un lungo intervento dal camion.\r\nÉ il momento per parlare delle donne stuprate in guerra, prede e strumento del conflitto. In guerra la logica patriarcale sottesa a torture e stupri è meno dissimulata che in tempi di pace.\r\nDahira nel 1993 aveva 23 anni. Dahira già conosceva il sapore amaro dell’essere donna in una società patriarcale. Era stata ripudiata dal marito, perché non riusciva a dargli dei figli. Una cosa inutile, priva di valore. Ma per lei il peggio doveva ancora venire. In una notte di maggio di 25 anni fa venne spogliata, legata sul cassone di un camion con le braccia e le gambe immobilizzate e stuprata con un razzo illuminante. I torturatori e violentatori erano paracadutisti della Folgore, in missione umanitaria in Somalia. Con cruda ironia la missione Nato, cui l’Italia partecipò si chiamava “Restore hope – restituire la speranza”.\r\nGli stessi parà stanno per sbarcare in Niger per una nuova missione. Questa volta l’obiettivo sono i migranti in viaggio verso l’Europa.\r\nAltri militari saranno in Libia, dove le milizie di Sabratha e Zawija, pagate dallo Stato italiano rinchiudono uomini, donne e bambini in prigioni per migranti, dove tutte le donne vengono stuprate. Gli esecutori sono in Libia, i mandanti sono sulle poltrone del governo italiano.\r\n\r\nIl corteo imbocca via Po e si ferma davanti alla chiesa della SS Annunziata, legata a Comunione e Liberazione. Lì viene appeso uno striscione con la scritta “Preti ed obiettori tremate. Le streghe son tornate!” Prezzemolo e ferri da calza sono lasciati di fronte all’ingresso, per ricordare i tempi dell’aborto clandestino, quando le donne povere abortivano con decotti e ferri da calza, rischiando di morire.\r\nLa chiesa cattolica vorrebbe che le donne che decidono di non avere figli muoiano o vengano trattate da criminali. A quarant’anni dalla legge che ha depenalizzato l’aborto, ma lo ha sottoposto ad una rigida regolamentazione, in molte città italiane abortire è diventato impossibile, perché il 100% dei medici si dichiara obiettore.\r\nPreti ed obiettori vorrebbero inchiodarci al ruolo di madri e mogli. Quest’8 marzo ci trova più agguerrite che mai nella lotta per una maternità libera e consapevole.\r\n\r\nNelle piazze torinesi si è affermato un femminismo capace di obiettivi radicali e pratiche libertarie, vincendo la scommessa non facile dello sciopero femminista, con la buriana elettorale appena dietro le spalle, nel netto rifiuto di essere usate come trampolino per carriere politiche tinte di fucsia.\r\nIn quest’8 marzo è emerso l’intreccio potente tra la dominazione patriarcale e la violenza dello Stato, del capitalismo, delle frontiere, delle religioni.\r\nDi questi tempi non è poco. Un sasso nello stagno, che si allarga e moltiplica le pozze.\r\n\r\nIl corteo vibra dello slogan urlato da tutte “Ma quale Stato, ma quale dio, sul mio corpo decido io!”\r\n\r\nLa marea dilaga in piazza Vittorio dove viene disegnata una matrioska gigante al cui interno vengono lasciate scope, detersivi, grembiuli e strofinacci.\r\n\r\nUn grido potente riempie la piazza “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione!”. Ed è festa.”","13 Marzo 2018","2018-03-19 12:36:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/00-2018-03-08-otto-marzo-torino-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/00-2018-03-08-otto-marzo-torino-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/00-2018-03-08-otto-marzo-torino-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/00-2018-03-08-otto-marzo-torino-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/00-2018-03-08-otto-marzo-torino.jpg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","8 marzo. 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Domande \u003Cmark>di\u003C/mark> una violenza terribile.\r\nIn Italia viene ammazzata una donna ogni due giorni.\r\nSpesso gli assassini usano le pistole d’ordinanza, che hanno il diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> portare perché fanno parte dell’elite poliziesca e militare, che detiene per conto dello Stato il monopolio legale della violenza.\r\nGli spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia che le donne si sono conquistate hanno incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l’ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà femminile è ancora molto lunga. 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Una studentessa sviluppa una critica alla scuola, dove lo sguardo femminista è quasi sempre assente.\r\n\r\nIn piazza Castello su uno dei tanti monumenti militaristi della città, quello dedicato al duca d’Aosta, in braccio ad uno dei soldati raffigurati viene messa una scopa, uno strofinaccio, un pezzo \u003Cmark>di\u003C/mark> tulle rosa.\r\nL’azione è accompagnata da un lungo intervento dal camion.\r\nÉ il momento per parlare delle donne stuprate in guerra, prede e strumento del conflitto. In guerra la logica patriarcale sottesa a torture e stupri è meno dissimulata che in tempi \u003Cmark>di\u003C/mark> pace.\r\nDahira nel 1993 aveva 23 anni. Dahira già conosceva il sapore amaro dell’essere donna in una società patriarcale. Era stata ripudiata dal marito, perché non riusciva a dargli dei figli. Una cosa inutile, priva \u003Cmark>di\u003C/mark> valore. Ma per lei il peggio doveva ancora venire. In una notte \u003Cmark>di\u003C/mark> maggio \u003Cmark>di\u003C/mark> 25 anni fa venne spogliata, legata sul cassone \u003Cmark>di\u003C/mark> un camion con le braccia e le gambe immobilizzate e stuprata con un razzo illuminante. I torturatori e violentatori erano paracadutisti della Folgore, in missione umanitaria in Somalia. Con cruda ironia la missione Nato, cui l’Italia partecipò si chiamava “Restore hope – restituire la speranza”.\r\nGli stessi parà stanno per sbarcare in Niger per una nuova missione. Questa volta l’obiettivo sono i migranti in viaggio verso l’Europa.\r\nAltri militari saranno in Libia, dove le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark> e Zawija, pagate dallo Stato italiano rinchiudono uomini, donne e bambini in prigioni per migranti, dove tutte le donne vengono stuprate. Gli esecutori sono in Libia, i mandanti sono sulle poltrone del governo italiano.\r\n\r\nIl corteo imbocca via Po e si ferma davanti alla chiesa della SS Annunziata, legata a Comunione e Liberazione. Lì viene appeso uno striscione con la scritta “Preti ed obiettori tremate. Le streghe son tornate!” Prezzemolo e ferri da calza sono lasciati \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’ingresso, per ricordare i tempi dell’aborto clandestino, quando le donne povere abortivano con decotti e ferri da calza, rischiando \u003Cmark>di\u003C/mark> morire.\r\nLa chiesa cattolica vorrebbe che le donne che decidono \u003Cmark>di\u003C/mark> non avere figli muoiano o vengano trattate da criminali. A quarant’anni dalla legge che ha depenalizzato l’aborto, ma lo ha sottoposto ad una rigida regolamentazione, in molte città italiane abortire è diventato impossibile, perché il 100% dei medici si dichiara obiettore.\r\nPreti ed obiettori vorrebbero inchiodarci al ruolo \u003Cmark>di\u003C/mark> madri e mogli. Quest’8 marzo ci trova più agguerrite che mai nella lotta per una maternità libera e consapevole.\r\n\r\nNelle piazze torinesi si è affermato un femminismo capace \u003Cmark>di\u003C/mark> obiettivi radicali e pratiche libertarie, vincendo la scommessa non facile dello sciopero femminista, con la buriana elettorale appena dietro le spalle, nel netto rifiuto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere usate come trampolino per carriere politiche tinte \u003Cmark>di\u003C/mark> fucsia.\r\nIn quest’8 marzo è emerso l’intreccio potente tra la dominazione patriarcale e la violenza dello Stato, del capitalismo, delle frontiere, delle religioni.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> questi tempi non è poco. Un sasso nello stagno, che si allarga e moltiplica le pozze.\r\n\r\nIl corteo vibra dello slogan urlato da tutte “Ma quale Stato, ma quale dio, sul mio corpo decido io!”\r\n\r\nLa marea dilaga in piazza Vittorio dove viene disegnata una matrioska gigante al cui interno vengono lasciate scope, detersivi, grembiuli e strofinacci.\r\n\r\nUn grido potente riempie la piazza “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione!”. 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I risultati conseguiti dal governo Gentiloni nella lotta all’immigrazione, sono sotto gli occhi di tutti: secca riduzione degli sbarchi, moltiplicarsi dei rimpatri.\r\nLa cacciata di quasi tutte le ONG dal Mediterraneo, gli accordi con Al Sarraj e con i capi delle milizie di Sabratha e Zawija, le leggi che rendono più difficile il riconoscimento dell’asilo politico sono i tasselli di un mosaico la cui trama è ben nota a tutti. Morti, galere per migranti, stupri, ricatti e torture sono il pane quotidiano della gente in viaggio attraverso la Libia. Fatti noti. Come note sono le statistiche che rivelano che sono tantissimi gli italiani che plaudono a massacri e respingimenti. Si moltiplicano i muri, le barriere, le missioni armate.\r\nDifficile battere il PD su questo terreno. Nel suo editoriale sul quotidiano La Stampa di oggi Sorgi tesse gli elogi del governo.\r\nServiva qualche sparata ad effetto, che catalizzasse le paure che attraversano tanta parte del corpo sociale. Donald Trump fa scuola.\r\nIl neocandidato alla presidenza della Regione Lombardia, Fontana, ha conquistato le prime pagine, parlando di “razza bianca” e di invasione di immigrati, che la cancelleranno.\r\nIl segretario leghista ha ripreso un tema caro ai fascisti di ieri e di oggi: la prostituzione di Stato. Salvini vuole riaprire le case chiuse, dove le prostitute vivono come monache, sotto il controllo della polizia di Stato. Va da se che in questi bordelli legali potrebbero avere accesso solo persone con i documenti in regola.\r\nBerlusconi ha immediatamente stigmatizzato le dichiarazioni dei suoi ingombranti alleati, ma gioca la stessa partita. Qualche giorno fa ha detto, in barba ai dati diffusi dal Viminale, che in Italia c’è un reato al secondo. Non solo. L’ex Cavaliere ha rincarato la dose sostenendo che in Italia si sarebbero 500.000 immigrati pronti e delinquere.\r\nUn’affermazione che fa il paio con quelle del leghista Fontana.\r\nLuigi di Maio, il candidato alla presidenza del consiglio per il M5S, fa invece concorrenza ai fascisti, sostenendo che gli interessi degli italiani devono venir prima di quelli degli immigrati.\r\nLa campagna elettorale sta entrando nel vivo. Le questioni sociali restano sullo sfondo, la vera protagonista è la paura.\r\nLo sa bene Marco Minniti, che ha dichiarato che non si può ignorare la paura diffusa nel corpo sociale, anche quando non ha alcun fondamento reale.\r\nCome dargli torto? La paura uccide. Come in piazza San Carlo: 1250 feriti ed una morta in un attacco di panico collettivo figlio della paura che nutre da decenni l’immaginario sociale del nostro paese.\r\nLo sanno bene i migranti respinti alle frontiere, che annegano nel Mediterraneo o restano sepolti dalle neve nelle Alpi. Qualcuno viene folgorato mentre prova a passare in Francia attraverso un tunnel ferroviario. É successo ieri a Ventimiglia.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alessandro Dal Lago, sociologo, già docente all’università di Genova.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 01 16 dal lago lega","16 Gennaio 2018","2018-01-17 13:10:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/sassi-bianchi-2-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"201\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/sassi-bianchi-2-300x201.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/sassi-bianchi-2-300x201.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/sassi-bianchi-2-768x514.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/sassi-bianchi-2-1024x685.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Razza bianca e bordelli. 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Il suo reportage, uscito in inglese su Middle East Eye, ha trovato conferma nei giorni successivi negli articoli pubblicati da Reuters e Associated Press.\r\n\r\nAl suo ritorno dalla Libia le abbiamo fatto una lunga intervista per radio Blackout, da cui emerge con chiarezza un quadro complesso sul quale si muovono diversi attori con differenti interessi.\r\n\r\n“Una prima intuizione sull'esistenza di una diplomazia parallela l'ho avuta a fine agosto. Ero in Libia. Per la prima volta a Zawiya e a Sabratha sono arrivati convogli di aiuti umanitari. Mi sono chiesta perché fossero stati inviati in una zona dove non ce n'era particolare bisogno. Sono andata lì ed ho cominciato a fare domande, per capire cosa ci fosse dietro a quei pacchi arrivati a Sabratha”.\r\nÉ noto a tutti che in quella zona una diplomazia parallela esiste da tempo ed è targata ENI.\r\n“Io ho in mano un documento che dimostra che la milizia dei Dabbashi ha un accordo per la protezione del compound di Mellita”.\r\nQuesta volta c'era qualcosa in più in ballo.\r\nLa scomparsa delle partenze di migranti nell'ultimo mese e mezzo doveva avere una ragione. Il traffico di esseri umani è uno dei maggiori business libici: lo stop alle partenze doveva avere una solida base materiale.\r\nIn Italia racconta la favola che i trafficanti sarebbero stati bloccati dalla cosiddetta “guardia costiera libica”, grazie all'addestramento offerto dall'Italia. Una “notizia” che ha il sapore della “barzelletta”. “Chi incassa milioni di euro facendo partire centinaia di migliaia di persone, non si fa certo bloccare da qualche pattuglia in più in mare e tantomeno dalla diplomazia libica.\r\nMi sono perciò chiesta quale prezzo stessimo pagando per l'interruzione delle partenze.\r\nTutte le fonti che ho raccolto, fonti diverse e non in contatto le une con le altre, sia in Italia che in Libia mi hanno confermato trattative tra i servizi segreti italiani e le milizie. Non solo quelle di Sabratha, ma anche quelle della zona ovest di Tripoli, di Misurata e di Beni Walid.\r\nIo non ho prove di quanto dico, ma le fonti che ho consultato sono tante, diverse tra loro e alcune mi hanno descritto i nostri servizi come molto generosi.\r\nCome ai tempi dei trattati stretti tra Berlusconi e Gheddafi nel 2008, ce lo dirà il tempo, ce lo dirà la storia quali saranno le conseguenze di questi accordi verbali e informali.\r\nConosco a fondo la Libia e mi chiedo cosa accadrà quando finiranno i soldi, gli aiuti, l'invio di armi. Ritengo che l'Italia diventerà profondamente ricattabile.\r\nSto lavorando sui nomi delle milizie coinvolte, in primis quella Dabbashi, che non per caso ha scortato gli aiuti umanitari italiani dal porto di Tripoli a Sabratha. La stessa milizia ha chiesto l'apertura di un proprio ufficio nel compound di Mellita, non accontendosi più dei soli proventi della protezione dell'impianto ENI, ma forse provando a prendere direttamente una stecca sulla produzione. Questa milizia, oltre ad essere una delle più forti per numero di uomini, gestisce da tempo i traffici di petrolio e gas.\r\nNonostante la Libia abbia un'importanza strategica per gli approvigionamenti energetici italiani, si fa fatica a far emergere informazioni, mentre la propaganda continua a definire “centri di accoglienza” le prigioni libiche.”\r\n\r\nI media main stream hanno ignorato le informazioni diffuse da varie testate in lingua inglese sugli accordi, affiancando la notizia della dipartita dal Mediterrano delle navi delle ONG con quella della secca riduzione delle partenze e degli sbarchi. Contribuendo in tal modo a criminalizzare le ONG, gettando nel contempo polvere sugli accordi con le milizie.\r\nLe stesse ONG, in buona parte dipendenti da finanziamenti statali, non hanno saputo/voluto battere i pugni sul tavolo. L'unica eccezione rilevante è “Medici senza frontiere”, che ormai da due anni rifiuta di prendere sovvenzioni statali, perché non vuole essere complice delle scelte politiche del governo sull'immigrazione. La decisione venne presa dopo la chiusura delle frontiere lungo la rotta balcanica.\r\n“Oggi c'è il rischio che le ONG diventino complici delle politiche governative in Libia”.\r\nLa richiesta alle ONG di partecipare alla gestione delle prigioni per migranti in Libia è molto ambigua, perché in Libia nessuna organizzazione può agire senza l'accordo con le milizie. Qualche mese fa “Sette funzionari e delle Nazioni Unite e dodici uomini della scorta vennero derubati e sequestrati tra Zawiya e Sabratha dalle milizie della zona. Sono stati liberati dopo una lunga trattativa e non hanno mai raggiunto il centro di detenzione dove erano diretti. Mi fa soltanto sorridere l'idea che oggi le ONG e la stessa UNHCR possano lavorare nei centri.\r\nIn Libia, secondo fonti del ministero dell'interno ci sono 24 centri di detenzione ''ufficiali'. Io lavoro in Libia da anni ma sono riuscita a visitarne solo sei. Gli altri non si sa dove siano, quante persone ci siano dentro.\r\nIo sospetto che verranno attrazzati due o tre centri a beneficio di giornalisti e associazioni umanitaria, mentre di tutti gli altri si continuerà a non sapere nulla. Alcuni centri che ho visitato sono stati chiusi, ma nessuno sa dove siano finiti i migranti che ci stavano dentro.\r\nLa domanda che faccio è semplice: 'ci sono le condizioni perché UNU e ONG possano lavorare in Libia?' Io credo di no. Nella sola Tripoli nel solo mese di giugno ci sono stati 281 rapimenti.\r\nFinirà che le ONG e l'ONU apriranno uffici a Tripoli o a Misurata e non faranno uscire i propri funzionari dalle otto del mattino alle due del pomeriggio. Non credo che questo migliorerà la condizione dei migranti nei centri di detenzione in Libia.”\r\n\r\nAscolta l'intervista a Francesca Mannocchi:\r\n\r\n2017 09 12 mannocchi libia","13 Settembre 2017","2017-09-18 14:47:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/prigione-libia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"201\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/prigione-libia-300x201.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/prigione-libia-300x201.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/prigione-libia.jpg 755w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libia. 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Mi sono chiesta perché fossero stati inviati in una zona dove non ce n'era particolare bisogno. Sono andata lì ed ho cominciato a fare domande, per capire cosa ci fosse dietro a quei pacchi arrivati a \u003Cmark>Sabratha”\u003C/mark>.\r\nÉ noto a tutti che in quella zona una diplomazia parallela esiste da tempo ed è targata ENI.\r\n“Io ho in mano un documento che dimostra che la milizia dei Dabbashi ha un accordo per la protezione del compound \u003Cmark>di\u003C/mark> Mellita”.\r\nQuesta volta c'era qualcosa in più in ballo.\r\nLa scomparsa delle partenze \u003Cmark>di\u003C/mark> migranti nell'ultimo mese e mezzo doveva avere una ragione. Il traffico \u003Cmark>di\u003C/mark> esseri umani è uno dei maggiori business libici: lo stop alle partenze doveva avere una solida base materiale.\r\nIn Italia racconta la favola che i trafficanti sarebbero stati bloccati dalla cosiddetta “guardia costiera libica”, grazie all'addestramento offerto dall'Italia. Una “notizia” che ha il sapore della “barzelletta”. “Chi incassa milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> euro facendo partire centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone, non si fa certo bloccare da qualche pattuglia in più in mare e tantomeno dalla diplomazia libica.\r\nMi sono perciò chiesta quale prezzo stessimo pagando per l'interruzione delle partenze.\r\nTutte le fonti che ho raccolto, fonti diverse e non in contatto le une con le altre, sia in Italia che in Libia mi hanno confermato trattative tra i servizi segreti italiani e le \u003Cmark>milizie\u003C/mark>. Non solo quelle \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark>, ma anche quelle della zona ovest \u003Cmark>di\u003C/mark> Tripoli, \u003Cmark>di\u003C/mark> Misurata e \u003Cmark>di\u003C/mark> Beni Walid.\r\nIo non ho prove \u003Cmark>di\u003C/mark> quanto dico, ma le fonti che ho consultato sono tante, diverse tra loro e alcune mi hanno descritto i nostri servizi come molto generosi.\r\nCome ai tempi dei trattati stretti tra Berlusconi e Gheddafi nel 2008, ce lo dirà il tempo, ce lo dirà la storia quali saranno le conseguenze \u003Cmark>di\u003C/mark> questi accordi verbali e informali.\r\nConosco a fondo la Libia e mi chiedo cosa accadrà quando finiranno i soldi, gli aiuti, l'invio \u003Cmark>di\u003C/mark> armi. Ritengo che l'Italia diventerà profondamente ricattabile.\r\nSto lavorando sui nomi delle \u003Cmark>milizie\u003C/mark> coinvolte, in primis quella Dabbashi, che non per caso ha scortato gli aiuti umanitari italiani dal porto \u003Cmark>di\u003C/mark> Tripoli a \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark>. La stessa milizia ha chiesto l'apertura \u003Cmark>di\u003C/mark> un proprio ufficio nel compound \u003Cmark>di\u003C/mark> Mellita, non accontendosi più dei soli proventi della protezione dell'impianto ENI, ma forse provando a prendere direttamente una stecca sulla produzione. Questa milizia, oltre ad essere una delle più forti per numero \u003Cmark>di\u003C/mark> uomini, gestisce da tempo i traffici \u003Cmark>di\u003C/mark> petrolio e gas.\r\nNonostante la Libia abbia un'importanza strategica per gli approvigionamenti energetici italiani, si fa fatica a far emergere informazioni, mentre la propaganda continua a definire “centri \u003Cmark>di\u003C/mark> accoglienza” le prigioni libiche.”\r\n\r\nI media main stream hanno ignorato le informazioni diffuse da varie testate in lingua inglese sugli accordi, affiancando la notizia della dipartita dal Mediterrano delle navi delle ONG con quella della secca riduzione delle partenze e degli sbarchi. Contribuendo in tal modo a criminalizzare le ONG, gettando nel contempo polvere sugli accordi con le \u003Cmark>milizie\u003C/mark>.\r\nLe stesse ONG, in buona parte dipendenti da finanziamenti statali, non hanno saputo/voluto battere i pugni sul tavolo. L'unica eccezione rilevante è “Medici senza frontiere”, che ormai da due anni rifiuta \u003Cmark>di\u003C/mark> prendere sovvenzioni statali, perché non vuole essere complice delle scelte politiche del governo sull'immigrazione. La decisione venne presa dopo la chiusura delle frontiere lungo la rotta balcanica.\r\n“Oggi c'è il rischio che le ONG diventino complici delle politiche governative in Libia”.\r\nLa richiesta alle ONG \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipare alla gestione delle prigioni per migranti in Libia è molto ambigua, perché in Libia nessuna organizzazione può agire senza l'accordo con le \u003Cmark>milizie\u003C/mark>. Qualche mese fa “Sette funzionari e delle Nazioni Unite e dodici uomini della scorta vennero derubati e sequestrati tra Zawiya e \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark> dalle \u003Cmark>milizie\u003C/mark> della zona. Sono stati liberati dopo una lunga trattativa e non hanno mai raggiunto il centro \u003Cmark>di\u003C/mark> detenzione dove erano diretti. Mi fa soltanto sorridere l'idea che oggi le ONG e la stessa UNHCR possano lavorare nei centri.\r\nIn Libia, secondo fonti del ministero dell'interno ci sono 24 centri \u003Cmark>di\u003C/mark> detenzione ''ufficiali'. Io lavoro in Libia da anni ma sono riuscita a visitarne solo sei. Gli altri non si sa dove siano, quante persone ci siano dentro.\r\nIo sospetto che verranno attrazzati due o tre centri a beneficio \u003Cmark>di\u003C/mark> giornalisti e associazioni umanitaria, mentre \u003Cmark>di\u003C/mark> tutti gli altri si continuerà a non sapere nulla. Alcuni centri che ho visitato sono stati chiusi, ma nessuno sa dove siano finiti i migranti che ci stavano dentro.\r\nLa domanda che faccio è semplice: 'ci sono le condizioni perché UNU e ONG possano lavorare in Libia?' Io credo \u003Cmark>di\u003C/mark> no. Nella sola Tripoli nel solo mese \u003Cmark>di\u003C/mark> giugno ci sono stati 281 rapimenti.\r\nFinirà che le ONG e l'ONU apriranno uffici a Tripoli o a Misurata e non faranno uscire i propri funzionari dalle otto del mattino alle due del pomeriggio. Non credo che questo migliorerà la condizione dei migranti nei centri \u003Cmark>di\u003C/mark> detenzione in Libia.”\r\n\r\nAscolta l'intervista a Francesca Mannocchi:\r\n\r\n2017 09 12 mannocchi libia",{"matched_tokens":266,"snippet":267,"value":267},[79],"Libia. 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Dopo aver aspettato ormai per diversi mesi la formazione di un governo di unità nazionale che abbia la legittimità formale di coprire l'intervento occidentale, la NATO è ormai decisa a non voler salvare più nemmeno le apparenze.\r\n\r\nUna settimana fa un attacco con i droni ha fatto 40 vittime a Sabratha, nella Libia occidentale, mentre ieri a Bengasi le milizie jihadiste arretravano davanti all'attacco del generale Khalifa Haftar. Un'avanzata in cui sembra aver giocato un ruolo determinante l'arrivo di 180-200 uomini delle forze speciali francesi come ha spiegato il quotidiano Le Monde, svelando un'entrata in guerra in sordina fortemente voluta da Hollande.\r\n\r\nAnche l'Italia è in guerra in Libia ma ancora una volta lo apprendiamo dai giornali. È stato il Wall Street Journal a rivelare che la base di Sigonella è utilizzata da inizio anno per attacchi con i droni nel Nord Africa, un'informazione successivamente confermata dal governo che ha assicurato però che non si tratta che di un impegno in operazioni difensive, bypassando così la necessità di un avvallo del parlamento. Un commento quanto meno bizzarro per giustificare l'uso di un'arma che è stata specificamente costruita per la caccia all'uomo e che si sta rivelando il miglior alleato dello Stato islamico, viste le centinaia di morti \"collaterali\" già causate in Pakistan, Yemen e Iraq.\r\n\r\nLa guerra italiana in Libia sembra quindi essere già cominciata, con una discrezione garantita proprio dall'asimmetria della guerra al tempo dei droni. Una guerra \"non guerreggiata\" solo in apparenza.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Giovanni Collot, co-autore del libro \"La guerra dei droni\"\r\n\r\nlimesdroni","25 Febbraio 2016","2016-02-27 17:30:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/Reaper-drone-008-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/Reaper-drone-008-300x180.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/Reaper-drone-008-300x180.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/Reaper-drone-008.jpg 460w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Droni: da Sigonella a Sabratha (e ritorno)",1456404345,[],[],{"post_content":318,"post_title":322},{"matched_tokens":319,"snippet":320,"value":321},[71,79],"ha fatto 40 vittime a \u003Cmark>Sabratha\u003C/mark>, nella Libia occidentale, mentre ieri a Bengasi le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> jihadiste arretravano davanti all'attacco del","L'Europa scalda i motori per l'intervento in Libia. 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La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo di Erdoğan a partire dal nuovo abisso di contrasti che attraversano la Tripolitania.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese di fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento di aggiornare il concetto di confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni di lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni di Ocalan dall’isolamento di Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario di cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine di migliaia di morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino di consensi per i partiti di ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca di oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento di forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi di vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori di quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli di guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre di ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento di riposizionamento e di grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi di Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione di uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti di conti mortali e scontri tra le fazioni in Tripolitania, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla Sirte: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo di Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le milizie tornano a scontrarsi in Tripolitania, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","3 Giugno 2025","2025-06-03 00:36:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 15/05/2025 - FINE DELLA LOTTA ARMATA DEL PKK IN TURCHIA E SUBBUGLIO MEDIORIENTALE; LA CINA DELL'ECONOMIA TRA DAZI E GUERRE ALTRUI","podcast",1748910974,[402],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[366],{"post_content":405,"post_title":409,"tags":413},{"matched_tokens":406,"snippet":407,"value":408},[79,70,70],"in movimento – sostenuto solo dalle \u003Cmark>milizie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Misurata nella girandola \u003Cmark>di\u003C/mark> alleanze","<em>Questa settimana la fine della lotta armata iniziata dal Pkk nel 1978 è la notizia che ci è sembrata epocale, per quanto sia passata senza troppi approfondimenti dai commentatori mainstream (e forse proprio per questo e per la loro incapacità \u003Cmark>di\u003C/mark> identificarla come centrale nel momento \u003Cmark>di\u003C/mark> rivolgimenti \u003Cmark>di\u003C/mark> un Sudovest asiatico in subbuglio). La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta \u003Cmark>di\u003C/mark> confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta \u003Cmark>di\u003C/mark> autocoscienza sulle potenzialità \u003Cmark>di\u003C/mark> questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo \u003Cmark>di\u003C/mark> Erdoğan a partire dal nuovo abisso \u003Cmark>di\u003C/mark> contrasti che attraversano la Tripolitania.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento \u003Cmark>di\u003C/mark> aggiornare il concetto \u003Cmark>di\u003C/mark> confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Ocalan dall’isolamento \u003Cmark>di\u003C/mark> Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario \u003Cmark>di\u003C/mark> cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine \u003Cmark>di\u003C/mark> migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino \u003Cmark>di\u003C/mark> consensi per i partiti \u003Cmark>di\u003C/mark> ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca \u003Cmark>di\u003C/mark> oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento \u003Cmark>di\u003C/mark> forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi \u003Cmark>di\u003C/mark> vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori \u003Cmark>di\u003C/mark> quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli \u003Cmark>di\u003C/mark> guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento \u003Cmark>di\u003C/mark> riposizionamento e \u003Cmark>di\u003C/mark> grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi \u003Cmark>di\u003C/mark> Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione \u003Cmark>di\u003C/mark> uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti \u003Cmark>di\u003C/mark> conti mortali e scontri tra le fazioni in Tripolitania, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla Sirte: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo \u003Cmark>di\u003C/mark> Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> tornano a scontrarsi in Tripolitania, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo \u003Cmark>di\u003C/mark> rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi \u003Cmark>di\u003C/mark> Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle \u003Cmark>milizie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Misurata nella girandola \u003Cmark>di\u003C/mark> alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore \u003Cmark>di\u003C/mark> Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta \u003Cmark>di\u003C/mark> Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa \u003Cmark>di\u003C/mark> assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento \u003Cmark>di\u003C/mark> Netanyahu \u003Cmark>di\u003C/mark> annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto \u003Cmark>di\u003C/mark> ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale \u003Cmark>di\u003C/mark> Cesarea.\r\nSullo sfondo \u003Cmark>di\u003C/mark> tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale \u003Cmark>di\u003C/mark> Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione \u003Cmark>di\u003C/mark> podcast \u003Cmark>di\u003C/mark> \"Bastioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un meccanismo \u003Cmark>di\u003C/mark> consultazione che regoli le relazioni commerciali e \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto uno stop al processo \u003Cmark>di\u003C/mark> \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture \u003Cmark>di\u003C/mark> Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. 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Lo sbocco sul mar Rosso è stato perso con l'indipendenza dell'Eritrea nel 1993 ,ed ora i commerci dell'Etiopia passano per Gibuti a cui paga l'affitto dei porti. Queste dischiarazioni s'inseriscono in un contesto bellico non ancora sopito con la presenza di milizie e soldati eritrei ,una guerra quella contro il Tigray che si è spostata verso le regioni ahmara e che ha provocato finora quasi 500.000 morti ,milioni di profughi ,l'uso degli stupri come arma di guerra , carenza alimentare e distruzione delle già scarse infrastrutture .\r\n\r\nParliamo anche del Sudan,altra guerra dimenticata, dove l'opposizione civile sta cercando di sviluppare un processo di unificazione con incontri che si sono tenuti ad Addis Abeba mentre la guerra fra le forze armate sudanesi e le RSF di Hemmeti si è estesa anche nelle regioni meridionali e coinvolge drammaticamente la popolazione civile .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-26102023-ETOPIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Sabrina Moles di China Files parliamo del decennale della \" Belt and road initiative \",che cade in un momento complesso per La Cina a causa dei sommovimenti all'interno del PCC come dimostrano le repentine e misteriose defenestrazioni di importanti ministri come quello della difesa e degli esteri e l'acuirsi della crisi finanziaria del settore immobiliare.La situazione economica appare più critica, perché l’economia cinese non si presenta più come dieci anni fa, quando il suo mercato interno era saturo e aveva bisogno di nuovi sbocchi, alcuni settori hanno sofferto molto a causa di scelte unilaterali da parte di Xi che ha dovuto affrontare anche dei malumori tra i veterani del partito.\r\n\r\nAffrontiamo anche le questione relative al posizionamento internazionale della Cina e le tensioni nell'area dell'Indo Pacifico.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-261023-CINA.mp3\"][/audio]","29 Ottobre 2023","2023-10-29 11:06:44","BASTIONI DI ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL NILO AL MAR ROSSO ABIY AHMED RIVENDICA LO SBOCCO AL MARE-CINA 10 ANNI DELLA BELT AND ROAD INITIATIVE TRA CAMBI DI MINISTRI E CRISI FINANZIARIE.",1698577604,[402],[366],{"post_content":446,"post_title":450,"tags":454},{"matched_tokens":447,"snippet":448,"value":449},[70,79],"ancora sopito con la presenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>milizie\u003C/mark> e soldati eritrei ,una guerra","Bastioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Orione torna a parlare dell'Etiopia e del corno d'Africa con Matteo Palamidesse,dopo le dichiarazioni del primo ministro etiope Abiy Ahmed che ha rivendicato il diritto allo sbocco al mare dell'Etiopia ,rinverdendo vecchie aspirazioni espansioniste . Lo sbocco sul mar Rosso è stato perso con l'indipendenza dell'Eritrea nel 1993 ,ed ora i commerci dell'Etiopia passano per Gibuti a cui paga l'affitto dei porti. Queste dischiarazioni s'inseriscono in un contesto bellico non ancora sopito con la presenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>milizie\u003C/mark> e soldati eritrei ,una guerra quella contro il Tigray che si è spostata verso le regioni ahmara e che ha provocato finora quasi 500.000 morti ,milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> profughi ,l'uso degli stupri come arma \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra , carenza alimentare e distruzione delle già scarse infrastrutture .\r\n\r\nParliamo anche del Sudan,altra guerra dimenticata, dove l'opposizione civile sta cercando \u003Cmark>di\u003C/mark> sviluppare un processo \u003Cmark>di\u003C/mark> unificazione con incontri che si sono tenuti ad Addis Abeba mentre la guerra fra le forze armate sudanesi e le RSF \u003Cmark>di\u003C/mark> Hemmeti si è estesa anche nelle regioni meridionali e coinvolge drammaticamente la popolazione civile .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-26102023-ETOPIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Sabrina Moles \u003Cmark>di\u003C/mark> China Files parliamo del decennale della \" Belt and road initiative \",che cade in un momento complesso per La Cina a causa dei sommovimenti all'interno del PCC come dimostrano le repentine e misteriose defenestrazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> importanti ministri come quello della difesa e degli esteri e l'acuirsi della crisi finanziaria del settore immobiliare.La situazione economica appare più critica, perché l’economia cinese non si presenta più come dieci anni fa, quando il suo mercato interno era saturo e aveva bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi sbocchi, alcuni settori hanno sofferto molto a causa \u003Cmark>di\u003C/mark> scelte unilaterali da parte \u003Cmark>di\u003C/mark> Xi che ha dovuto affrontare anche dei malumori tra i veterani del partito.\r\n\r\nAffrontiamo anche le questione relative al posizionamento internazionale della Cina e le tensioni nell'area dell'Indo Pacifico.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-261023-CINA.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":451,"snippet":452,"value":453},[411],"BASTIONI \u003Cmark>DI\u003C/mark> ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL NILO","BASTIONI \u003Cmark>DI\u003C/mark> ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL NILO AL MAR ROSSO ABIY AHMED RIVENDICA LO SBOCCO AL MARE-CINA 10 ANNI DELLA BELT AND ROAD INITIATIVE TRA CAMBI \u003Cmark>DI\u003C/mark> MINISTRI E CRISI FINANZIARIE.",[455],{"matched_tokens":456,"snippet":416,"value":416},[70],[458,460,462],{"field":92,"matched_tokens":459,"snippet":448,"value":449},[70,79],{"field":296,"matched_tokens":461,"snippet":452,"value":453},[411],{"field":35,"indices":463,"matched_tokens":464,"snippets":466,"values":467},[47],[465],[70],[416],[416],{"best_field_score":430,"best_field_weight":166,"fields_matched":99,"num_tokens_dropped":17,"score":431,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":470,"highlight":482,"highlights":494,"text_match":428,"text_match_info":505},{"comment_count":47,"id":471,"is_sticky":47,"permalink":472,"podcastfilter":473,"post_author":437,"post_content":474,"post_date":475,"post_excerpt":53,"post_id":471,"post_modified":476,"post_thumbnail":477,"post_title":478,"post_type":399,"sort_by_date":479,"tag_links":480,"tags":481},"83064","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-29-06-2023-private-military-company-la-privatizzazione-della-guerra-e-il-modello-wagner-sudan-continua-la-guerra-senza-fine-si-apre-anche-il-fronte-in-kordofan-turchia-fine-del/",[343],"Bastioni di Orione nell'ultima puntata della stagione affronta il tema della proliferazione delle compagnie private militari ,il ruolo dei mercenari nella privatizzazione della guerra ,il caso della Wagner e le sue implicazioni africane con Stefano Ruzza dell'Università di Torino ,profondo conoscitore dell'argomento . 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il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma allo stesso modo a Quito gli studenti si sono mobilitati, come gli autotrasportatori per la sospensione dell’articolo 126: cioè la cancellazione del sussidio sul diesel in vigore da decenni, ma sotto le ceneri ribolliva il fuoco della ribellione… Ci siamo poi mossi verso il Sudovest asiatico, rimescolato dall’aggressione sionista intenta a sfruttare l’occasione di creare Eretz Israel, ridimensionando con la forza impunita le potenze regionali; ma Erdoğan pare sia apprezzato e investito da Trump come Vicerè del Middle East. Di questa situazione ingarbugliata abbiamo parlato prima con Antonella De Biasi a partire dalla condizione del popolo curdo e armeno; e successivamente ci è sembrato utile approfondire con Murat Cinar la situazione interna, di crisi economica e repressione di ogni opposizione, e il peso della strategia geopolitica di Ankara. Da ultimo uno sguardo alla Cina con Sabrina Moles dopo l’evento estivo dello Sco e la successiva esibizione muscolare a Pechino, ma anche il multilateralismo teorizzato da Xi e le dichiarazioni ambientaliste contrapposte a quelle del rivale americano nella stessa sede newyorkese del Palazzo di Vetro. \n\n\n\nNecropolitica e narcostato ecuadoriano\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/ecuador-en-paro-contra-noboa-y-fmi--67915787\n\n\n\n\nAbbiamo parlato della situazione in Ecuador con Eduardo Meneses ricercatore politico, attivista, reporter alternativo .\n\n\n\nNegli ultimi giorni l’Ecuador è scosso da un’ondata di proteste esplose dopo la decisione del presidente Daniel Noboa di abolire il sussidio sul diesel, in vigore dal 1974. La misura, che ha fatto impennare il prezzo del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone, ha innescato il conflitto sociale con manifestazioni che attraversano il Paese, dalle grandi città alle province rurali. Contadini, trasportatori, pescatori, studenti e comunità indigene denunciano un provvedimento che incide pesantemente sul costo della vita e lo considerano l’ennesima espressione di un modello neoliberista responsabile di profonde disuguaglianze. A guidare la risposta è la CONAIE, la storica Confederazione delle Nazionalità Indigene, che ha proclamato uno sciopero nazionale a oltranza.Il tema dei sussidi per il diesel è una problema storico ogni volta che si è tentato di cancellare i sussidi sul diesel c’è stata una risposta popolare .Non è una protesta isolata ma storica ci sono state proteste popolari ne 2019 e nel 2022 ,l’economia del paese è dollarizzata e non sostenibile ,al governo è costato trovare le risorse per pagare gli stipendi pubblici ,per questo sta ricorrendo al FMI che impone tagli ai sussidi e allo stato sociale. Di fronte a questa situazione economica la soluzione di Noboa è un regime autoritario per controllare il malcontento , una narco economia in cui il neoliberalismo si trasforma in una gestione della morte e questo nuovo modello si sta sviluppando ,e la gente si sta organizzando per dire no a questo processo che costituirebbe un arretramento dal punto vista sociale ed economico .\n\n\n\n\n\n\n\nTrump spariglia e la sfiducia serpeggia anche in Medio Oriente\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/la-sfiducia-negli-imperi-technomedievali-provocata-da-personaggi-distopici--67932142\n\n\n\n\nI curdi possono sperare di essere tra i pochi che traggono qualche vantaggio dalla feroce rimappatura violenta del Sudovest asiatico che sta andando in scena sul palcoscenico del Palazzo di Vetro newyorkese? \n\n\n\n Vigilanza curda: diversa per ciascun paese della loro frammentazioneA partire da questa domanda Antonella De Biasi, giornalista ed esperta della regione mediorientale, ha restituito un disegno del Sudovest asiatico a partire dal Federalismo democratico del Rojava come unica realtà di rispetto dei diritti e di un’amministrazione aperta a tutte le comunità che abitano il territorio; all’interno di Israele ci sono stati molteplici sostegni alla lotta curda (anche in funzione antiturca). Ma attualmente al-Jolani – come si faceva chiamare il tagliagole ora chiamato al-Shara, quando Antonella nel 2022 ne aveva tracciato la figura nel suo libro Astana e i 7 mari – è il padrone di quella che era buona parte della nazione governata fino a un anno fa dalla famiglia Assad, e probabilmente in questi giorni la volubilità di Trump sembra attribuire a Erdoğan il protettorato su una Siria governata da una sua creatura, in virtù delle promesse di stabilità profuse dal presidente turco, un’investitura conferita nonostante le milizie di modello ottomano: predoni che imperversano lungo le coste del Mediterraneo orientale. \n\n\n\nSpaesamento e impotenza armena: revisionismo entitàPoi si è affrontata la diversa strategia dei curdi siriani rispetto all’apertura di Ocalan, che ha invitato il Pkk a deporre le armi, come altra situazione è ancora quella dei curdi iraniani. Ma la problematicità insita nell’egemonia turca su quell’area travolge anche e maggiormente la comunità armena alla mercé dei fratelli azeri dei turchi; e furono le prime vittime di un genocidio del Secolo breve. Ora gli armeni hanno ancor meno alleati e sostenitori del solito, visto che il gas di Baku fa gola a tutti; e gli viene sottratta pezzo per pezzo identità, terra, riferimenti culturali. Oltre alla diaspora. La speranza di accoglienza europea è a metà con l’alleanza con i russi, disattesa da Putin, ma ancora valida. E Pashinyan non ha alcuna idea o autorevolezza per rappresentare gli armeni. \n\n\n\nRelazioni tra Israele e TurchiaUn’ipotesi di Al-Jazeera vede la Turchia nel mirino israeliano per assicurare l’impunità di Netanyahu che si fonda sul costante stato di guerra, ma anche perché è l’ultima potenza regionale non ancora ridimensionata dall’aggressività sionista. Peraltro la rivalità risale a decenni fa e in questo periodo di Global Sudum Flottilla si ricorda la Mavi Marmara assaltata dai pirati del Mossad uccidendo 10 persone a bordo, mentre cercava di forzare il blocco navale di Gaza. Fino a che punto può essere credibile una guerra scatenata da Israele contro la Turchia? Secondo Antonella De Biasi è difficile che possa avvenire, non solo perché Erdoğan è più abile di Netanyahu (al rientro da Tianjin ha chiesto a Trump gli F-35, dimenticando i sistemi antiaerei comprati da Mosca), ma perché gli affari anche di ordigni militari non si sono mai interrotti, inoltre a livello regionale l’alleanza con Al-Thani dovrebbe mettere al riparo la Turchia da attacchi sconsiderati e senza pretesti validi… certo, con il terrore di Netanyahu non si può mai sapere. \n\n\n\nCosa rimane del sistema di Astana?Facile interpretare la presenza a Tianjin dei leader che erano soliti incontrarsi sotto l’ombrello di Astana come confluenza di interessi, meno semplice capire fino a che punto ciascuno di loro e gli altri protagonisti del Shangai cooperation organization siano posizionati in più o meno consolidate alleanze. Sentiamo Antonella De Biasi e sugli stessi argomenti poi anche Murat Cinar in questo spreaker che abbiamo registrato subito dopo aver sentito Antonella: Trump incontra Erdoğan.\n\n\n\n\n\n\n\nL’Internazionale nera passa anche da Ankara\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-incontra-erdogan-lui-ha-bisogno-di-cose-io-di-altre-ci-mettiamo-d-accordo--67923007\n\n\n\n\nPiù la situazione risulta nebulosa, intricata e sul bordo del precipizio bellico e maggiore è il potere in mano a Erdoğan\n\n\n\nLo scollamento giovanile (da Gezi Park), la censura (Murat Cinar ci ha proposto l’ultima in ordine di tempo delle proibizioni musicali in Turchia), l’asservimento e la concentrazione dei poteri (gli interventi della magistratura a ingabbiare l’opposizione con pretesti), le centrali mediatiche ridotte a megafono del potere… tutti aspetti che caratterizzano il ventennio del Sultano al potere, ma se si guarda bene all’involuzione del paesaggio globale, si nota che la cancellazione dello Stato di diritto non è una prerogativa turca, ma riduce Ankara a una delle tappe dell’Internazionale nera che parte da Washington, passa per Roma, Tel Aviv, Budapest…L’economia in crisi, tranne la produzione bellica in mano alla famiglia che per il resto saccheggia la finanza statale da 20 anni a questa parte e ora la condiscendenza alle richieste di Trump dissangueranno ulteriormente il bilancio, già falcidiato dal 90% di inflazione, con svalutazione della Lira dal 2008 in poi e con una disoccupazione altissima. Ma anche a livello internazionale la diplomazia turca è agevolata dalla sua collocazione ambigua, dai suoi affari agevolati dagli errori europei, dal suo mantenersi all’interno della Nato ma sempre partecipe di ogni centro di potere: uditore della centralità multilaterale di Tianjin con il Sud del mondo e contemporaneamente presente alla riunione con paesi arabi sul piano di pace per Gaza alla corte di Trump, che vede in Erdoğan un potenziale risolutore a cui delegare la questione ucraina, perché «unico leader apprezzato da Zelensky e da Putin»; mentre il fantasma degli Accordi di Astana potrebbe sembrare confluire nello Sco, dove c’erano tutt’e tre i protagonisti, in realtà Murat ritiene chiuso il percorso degli Astana Files, perché la Turchia non fa effettivamente parte di Shangai Files. Piuttosto va approfondito il discorso di Astana sulla Siria e lo stallo attuale di tutte le potenze che ne controllavano il territorio prima della dirompente dissoluzione dello stato di Assad: alcune del tutto esautorate, come Iran e Russia, e altre che si contrappongono: Turchia, Qatar e Israele… e probabilmente per gli americani è più accettabile che sia controllato da Erdoğan. Ma questo non significa che la repubblica turca sia contraria a Tel Aviv: infatti Murat ci spiega come ci siano manifestazioni propal che vengono pesantemente caricate dalla polizia indette da forze conservatrici della destra islamista, perché gli interessi dell’industria bellica sono tutti a favore di Israele e gli affari vedono la famiglia del presidente tra i beneficiari degli scambi e dell’uso di armi a Gaza; anche il Chp organizza proteste","29 Settembre 2025","Abbiamo sentito Eduardo Meneses, dopo i primi giorni di paro nacional in Ecuador che ci ha indicato priorità, lotte, situazioni diverse nel paese in lotta contro le ricette neoliberiste di Daniel Noboa e prima che gli scontri producessero i primi morti; il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma […]","2025-09-29 14:27:35","https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 25/09/2025 – ECUADOR IN PIAZZA CONTRO NOBOA E IL TRUMPISMO IN SALSA LATINA; SUDOVEST ASIATICO IN SUBBUGLIO, RIPERCUSSIONI DELLE GUERRE SIONISTE; CINA DOPO SHANGAI COOPERATION ORGANIZATION E XI ALL’ONU CON LA CASACCA AMBIENTALISTA",1759108934,[520,521,522,523,524,525,526,527,528,529,530,531,532,533,534,535,536,537,538,539],"https://radioblackout.org/tag/armenia/","https://radioblackout.org/tag/azerbaijan/","https://radioblackout.org/tag/chp/","https://radioblackout.org/tag/conaie/","https://radioblackout.org/tag/cuenca/","https://radioblackout.org/tag/curdi/","https://radioblackout.org/tag/erdogan/","https://radioblackout.org/tag/israele/","https://radioblackout.org/tag/nato/","https://radioblackout.org/tag/netanyahu/","https://radioblackout.org/tag/noboa/","https://radioblackout.org/tag/ocalan/","https://radioblackout.org/tag/pkk/","https://radioblackout.org/tag/proteste/","https://radioblackout.org/tag/qatar/","https://radioblackout.org/tag/quito/","https://radioblackout.org/tag/sco/","https://radioblackout.org/tag/siria/","https://radioblackout.org/tag/trump/","https://radioblackout.org/tag/turchia/",[541,542,543,544,545,546,547,370,548,549,550,551,552,553,554,555,556,374,372,380],"armenia","azerbaijan","chp","Conaie","cuenca","curdi","Erdogan","nato","netanyahu","noboa","Ocalan","pkk","proteste","qatar","quito","Sco",{"post_content":558,"post_title":562},{"matched_tokens":559,"snippet":560,"value":561},[79,70],"turco, un’investitura conferita nonostante le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> modello ottomano: predoni che imperversano","Abbiamo sentito Eduardo Meneses, dopo i primi giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> paro nacional in Ecuador che ci ha indicato priorità, lotte, situazioni diverse nel paese in lotta contro le ricette neoliberiste \u003Cmark>di\u003C/mark> Daniel Noboa e prima che gli scontri producessero i primi morti; il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma allo stesso modo a Quito gli studenti si sono mobilitati, come gli autotrasportatori per la sospensione dell’articolo 126: cioè la cancellazione del sussidio sul diesel in vigore da decenni, ma sotto le ceneri ribolliva il fuoco della ribellione… Ci siamo poi mossi verso il Sudovest asiatico, rimescolato dall’aggressione sionista intenta a sfruttare l’occasione \u003Cmark>di\u003C/mark> creare Eretz Israel, ridimensionando con la forza impunita le potenze regionali; ma Erdoğan pare sia apprezzato e investito da Trump come Vicerè del Middle East. \u003Cmark>Di\u003C/mark> questa situazione ingarbugliata abbiamo parlato prima con Antonella De Biasi a partire dalla condizione del popolo curdo e armeno; e successivamente ci è sembrato utile approfondire con Murat Cinar la situazione interna, \u003Cmark>di\u003C/mark> crisi economica e repressione \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni opposizione, e il peso della strategia geopolitica \u003Cmark>di\u003C/mark> Ankara. Da ultimo uno sguardo alla Cina con Sabrina Moles dopo l’evento estivo dello Sco e la successiva esibizione muscolare a Pechino, ma anche il multilateralismo teorizzato da Xi e le dichiarazioni ambientaliste contrapposte a quelle del rivale americano nella stessa sede newyorkese del Palazzo \u003Cmark>di\u003C/mark> Vetro. \n\n\n\nNecropolitica e narcostato ecuadoriano\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/ecuador-en-paro-contra-noboa-y-fmi--67915787\n\n\n\n\nAbbiamo parlato della situazione in Ecuador con Eduardo Meneses ricercatore politico, attivista, reporter alternativo .\n\n\n\nNegli ultimi giorni l’Ecuador è scosso da un’ondata \u003Cmark>di\u003C/mark> proteste esplose dopo la decisione del presidente Daniel Noboa \u003Cmark>di\u003C/mark> abolire il sussidio sul diesel, in vigore dal 1974. La misura, che ha fatto impennare il prezzo del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone, ha innescato il conflitto sociale con manifestazioni che attraversano il Paese, dalle grandi città alle province rurali. Contadini, trasportatori, pescatori, studenti e comunità indigene denunciano un provvedimento che incide pesantemente sul costo della vita e lo considerano l’ennesima espressione \u003Cmark>di\u003C/mark> un modello neoliberista responsabile \u003Cmark>di\u003C/mark> profonde disuguaglianze. A guidare la risposta è la CONAIE, la storica Confederazione delle Nazionalità Indigene, che ha proclamato uno sciopero nazionale a oltranza.Il tema dei sussidi per il diesel è una problema storico ogni volta che si è tentato \u003Cmark>di\u003C/mark> cancellare i sussidi sul diesel c’è stata una risposta popolare .Non è una protesta isolata ma storica ci sono state proteste popolari ne 2019 e nel 2022 ,l’economia del paese è dollarizzata e non sostenibile ,al governo è costato trovare le risorse per pagare gli stipendi pubblici ,per questo sta ricorrendo al FMI che impone tagli ai sussidi e allo stato sociale. \u003Cmark>Di\u003C/mark> fronte a questa situazione economica la soluzione \u003Cmark>di\u003C/mark> Noboa è un regime autoritario per controllare il malcontento , una narco economia in cui il neoliberalismo si trasforma in una gestione della morte e questo nuovo modello si sta sviluppando ,e la gente si sta organizzando per dire no a questo processo che costituirebbe un arretramento dal punto vista sociale ed economico .\n\n\n\n\n\n\n\nTrump spariglia e la sfiducia serpeggia anche in Medio Oriente\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/la-sfiducia-negli-imperi-technomedievali-provocata-da-personaggi-distopici--67932142\n\n\n\n\nI curdi possono sperare \u003Cmark>di\u003C/mark> essere tra i pochi che traggono qualche vantaggio dalla feroce rimappatura violenta del Sudovest asiatico che sta andando in scena sul palcoscenico del Palazzo \u003Cmark>di\u003C/mark> Vetro newyorkese? \n\n\n\n Vigilanza curda: diversa per ciascun paese della loro frammentazioneA partire da questa domanda Antonella De Biasi, giornalista ed esperta della regione mediorientale, ha restituito un disegno del Sudovest asiatico a partire dal Federalismo democratico del Rojava come unica realtà \u003Cmark>di\u003C/mark> rispetto dei diritti e \u003Cmark>di\u003C/mark> un’amministrazione aperta a tutte le comunità che abitano il territorio; all’interno \u003Cmark>di\u003C/mark> Israele ci sono stati molteplici sostegni alla lotta curda (anche in funzione antiturca). Ma attualmente al-Jolani – come si faceva chiamare il tagliagole ora chiamato al-Shara, quando Antonella nel 2022 ne aveva tracciato la figura nel suo libro Astana e i 7 mari – è il padrone \u003Cmark>di\u003C/mark> quella che era buona parte della nazione governata fino a un anno fa dalla famiglia Assad, e probabilmente in questi giorni la volubilità \u003Cmark>di\u003C/mark> Trump sembra attribuire a Erdoğan il protettorato su una Siria governata da una sua creatura, in virtù delle promesse \u003Cmark>di\u003C/mark> stabilità profuse dal presidente turco, un’investitura conferita nonostante le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> modello ottomano: predoni che imperversano lungo le coste del Mediterraneo orientale. \n\n\n\nSpaesamento e impotenza armena: revisionismo entitàPoi si è affrontata la diversa strategia dei curdi siriani rispetto all’apertura \u003Cmark>di\u003C/mark> Ocalan, che ha invitato il Pkk a deporre le armi, come altra situazione è ancora quella dei curdi iraniani. Ma la problematicità insita nell’egemonia turca su quell’area travolge anche e maggiormente la comunità armena alla mercé dei fratelli azeri dei turchi; e furono le prime vittime \u003Cmark>di\u003C/mark> un genocidio del Secolo breve. Ora gli armeni hanno ancor meno alleati e sostenitori del solito, visto che il gas \u003Cmark>di\u003C/mark> Baku fa gola a tutti; e gli viene sottratta pezzo per pezzo identità, terra, riferimenti culturali. Oltre alla diaspora. La speranza \u003Cmark>di\u003C/mark> accoglienza europea è a metà con l’alleanza con i russi, disattesa da Putin, ma ancora valida. E Pashinyan non ha alcuna idea o autorevolezza per rappresentare gli armeni. \n\n\n\nRelazioni tra Israele e TurchiaUn’ipotesi \u003Cmark>di\u003C/mark> Al-Jazeera vede la Turchia nel mirino israeliano per assicurare l’impunità \u003Cmark>di\u003C/mark> Netanyahu che si fonda sul costante stato \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra, ma anche perché è l’ultima potenza regionale non ancora ridimensionata dall’aggressività sionista. Peraltro la rivalità risale a decenni fa e in questo periodo \u003Cmark>di\u003C/mark> Global Sudum Flottilla si ricorda la Mavi Marmara assaltata dai pirati del Mossad uccidendo 10 persone a bordo, mentre cercava \u003Cmark>di\u003C/mark> forzare il blocco navale \u003Cmark>di\u003C/mark> Gaza. Fino a che punto può essere credibile una guerra scatenata da Israele contro la Turchia? Secondo Antonella De Biasi è difficile che possa avvenire, non solo perché Erdoğan è più abile \u003Cmark>di\u003C/mark> Netanyahu (al rientro da Tianjin ha chiesto a Trump gli F-35, dimenticando i sistemi antiaerei comprati da Mosca), ma perché gli affari anche \u003Cmark>di\u003C/mark> ordigni militari non si sono mai interrotti, inoltre a livello regionale l’alleanza con Al-Thani dovrebbe mettere al riparo la Turchia da attacchi sconsiderati e senza pretesti validi… certo, con il terrore \u003Cmark>di\u003C/mark> Netanyahu non si può mai sapere. \n\n\n\nCosa rimane del sistema \u003Cmark>di\u003C/mark> Astana?Facile interpretare la presenza a Tianjin dei leader che erano soliti incontrarsi sotto l’ombrello \u003Cmark>di\u003C/mark> Astana come confluenza \u003Cmark>di\u003C/mark> interessi, meno semplice capire fino a che punto ciascuno \u003Cmark>di\u003C/mark> loro e gli altri protagonisti del Shangai cooperation organization siano posizionati in più o meno consolidate alleanze. Sentiamo Antonella De Biasi e sugli stessi argomenti poi anche Murat Cinar in questo spreaker che abbiamo registrato subito dopo aver sentito Antonella: Trump incontra Erdoğan.\n\n\n\n\n\n\n\nL’Internazionale nera passa anche da Ankara\n\n\n\n\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-incontra-erdogan-lui-ha-bisogno-di-cose-io-di-altre-ci-mettiamo-d-accordo--67923007\n\n\n\n\nPiù la situazione risulta nebulosa, intricata e sul bordo del precipizio bellico e maggiore è il potere in mano a Erdoğan\n\n\n\nLo scollamento giovanile (da Gezi Park), la censura (Murat Cinar ci ha proposto l’ultima in ordine \u003Cmark>di\u003C/mark> tempo delle proibizioni musicali in Turchia), l’asservimento e la concentrazione dei poteri (gli interventi della magistratura a ingabbiare l’opposizione con pretesti), le centrali mediatiche ridotte a megafono del potere… tutti aspetti che caratterizzano il ventennio del Sultano al potere, ma se si guarda bene all’involuzione del paesaggio globale, si nota che la cancellazione dello Stato \u003Cmark>di\u003C/mark> diritto non è una prerogativa turca, ma riduce Ankara a una delle tappe dell’Internazionale nera che parte da Washington, passa per Roma, Tel Aviv, Budapest…L’economia in crisi, tranne la produzione bellica in mano alla famiglia che per il resto saccheggia la finanza statale da 20 anni a questa parte e ora la condiscendenza alle richieste \u003Cmark>di\u003C/mark> Trump dissangueranno ulteriormente il bilancio, già falcidiato dal 90% \u003Cmark>di\u003C/mark> inflazione, con svalutazione della Lira dal 2008 in poi e con una disoccupazione altissima. Ma anche a livello internazionale la diplomazia turca è agevolata dalla sua collocazione ambigua, dai suoi affari agevolati dagli errori europei, dal suo mantenersi all’interno della Nato ma sempre partecipe \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni centro \u003Cmark>di\u003C/mark> potere: uditore della centralità multilaterale \u003Cmark>di\u003C/mark> Tianjin con il Sud del mondo e contemporaneamente presente alla riunione con paesi arabi sul piano \u003Cmark>di\u003C/mark> pace per Gaza alla corte \u003Cmark>di\u003C/mark> Trump, che vede in Erdoğan un potenziale risolutore a cui delegare la questione ucraina, perché «unico leader apprezzato da Zelensky e da Putin»; mentre il fantasma degli Accordi \u003Cmark>di\u003C/mark> Astana potrebbe sembrare confluire nello Sco, dove c’erano tutt’e tre i protagonisti, in realtà Murat ritiene chiuso il percorso degli Astana Files, perché la Turchia non fa effettivamente parte \u003Cmark>di\u003C/mark> Shangai Files. Piuttosto va approfondito il discorso \u003Cmark>di\u003C/mark> Astana sulla Siria e lo stallo attuale \u003Cmark>di\u003C/mark> tutte le potenze che ne controllavano il territorio prima della dirompente dissoluzione dello stato \u003Cmark>di\u003C/mark> Assad: alcune del tutto esautorate, come Iran e Russia, e altre che si contrappongono: Turchia, Qatar e Israele… e probabilmente per gli americani è più accettabile che sia controllato da Erdoğan. Ma questo non significa che la repubblica turca sia contraria a Tel Aviv: infatti Murat ci spiega come ci siano manifestazioni propal che vengono pesantemente caricate dalla polizia indette da forze conservatrici della destra islamista, perché gli interessi dell’industria bellica sono tutti a favore \u003Cmark>di\u003C/mark> Israele e gli affari vedono la famiglia del presidente tra i beneficiari degli scambi e dell’uso \u003Cmark>di\u003C/mark> armi a Gaza; anche il Chp organizza proteste",{"matched_tokens":563,"snippet":564,"value":565},[411],"BASTIONI \u003Cmark>DI\u003C/mark> ORIONE 25/09/2025 – ECUADOR IN PIAZZA","BASTIONI \u003Cmark>DI\u003C/mark> ORIONE 25/09/2025 – ECUADOR IN PIAZZA CONTRO NOBOA E IL TRUMPISMO IN SALSA LATINA; SUDOVEST ASIATICO IN SUBBUGLIO, RIPERCUSSIONI DELLE GUERRE SIONISTE; CINA DOPO SHANGAI COOPERATION ORGANIZATION E XI ALL’ONU CON LA CASACCA AMBIENTALISTA",[567,569],{"field":92,"matched_tokens":568,"snippet":560,"value":561},[79,70],{"field":296,"matched_tokens":570,"snippet":564,"value":565},[411],{"best_field_score":430,"best_field_weight":166,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":17,"score":572,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"1157451471441100914",{"document":574,"highlight":598,"highlights":606,"text_match":428,"text_match_info":611},{"comment_count":47,"id":575,"is_sticky":47,"permalink":576,"podcastfilter":577,"post_author":50,"post_content":578,"post_date":579,"post_excerpt":53,"post_id":575,"post_modified":580,"post_thumbnail":581,"post_title":582,"post_type":399,"sort_by_date":583,"tag_links":584,"tags":591},"65650","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione03-iraq-e-india-diversamente-in-lotta-bangui-e-mosca-e-soprattutto-bobi-wine-in-uganda/",[343],"«L’anno scorso migliaia di iracheni scesero in strada per protestare contro la corruzione delle istituzioni. Le proteste erano guidate soprattutto dai giovani, una generazione cresciuta con TikTok e PUBG e altri social media che intendeva ricordare ai partiti politici al potere e ai loro leader che il potere era nelle loro mani, non nella fortezza costituita dalla Green Zone. Le rivendicazioni riguardavano disoccupazione, incompetenza del governo, mancanza di servizi, corruzione endemica, la presenza di milizie e la diffusione crescente della povertà nel paese». Così scrive Kamal Chomani, giornalista nato nel Kurdistan iracheno.\r\nIn Occidente non se li è cagati nessuno, sono morti in 700, la rivolta si è estesa e non li hanno fermati nemmeno con i lanciafiamme.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Bastioni-in-Iraq.mp3\"][/audio]\r\nParecchi fattori hanno contribuito all’esaurimento delle manifestazioni: innanzitutto il ruolo del governo e della milizia armata nell’azione brutale di repressione dei manifestanti, dove si stima che 700 siano stati uccisi, 15.000 feritie a centinaia si contano le persone arrestate, rapite o costrette a far perdere le proprie tracce; alcuni protagonisti del Movimento hanno trovato rifugio nel Kurdistan iracheno. A ciò si è aggiunto il fatto che Muqtada al-Sadr ha ritirato il suo appoggio alle proteste una volta raggiunto il suo obiettivo di costringere il governo alle dimissioni, e conseguito da parte dei manifestanti il risultato: lo scioglimento del governo. Ma se c’è una cosa da imparare dalla storia è che le aspirazioni giovanili e le manifestazioni non finiscono quando le forze di sicurezza sparano proiettili veri. Fermentano, la rabbia infuria e sale finché raggiunge il punto di ebollizione... e ora è esplosa a Sulaymaniyah\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nSiamo poi andati in India: tra proteste dei contadini per l’ambigua e iniqua riforma di Modi che rimuove i mediatori e mette i contadini nelle mani delle multinazionali delle distribuzioni; mentre il mediatore in franchising di Apple non paga i dipendenti a nemmeno un anno dall’operazione trumpiana di spostamento degli stabilimenti dalla Cina a Narsapura (Bangalore)... le risposte sono state centinaia di milioni di addetti ai campi in piazza e i lavoratori della concessionaria Apple che distruggono come moderni luddisti le strutture dell’azienda. Gran parte della forza lavoro (2.000 dipendenti) si è scagliata contro le linee di produzione, attaccando edifici, veicoli e uffici di dirigenti. Alle origini delle violenze, promesse di remunerazione non mantenute: Wistron, il prestanome di Apple, non ha rispettato specifici impegni. Un laureato in ingegneria neoassunto avrebbe dovuto guadagnare Rs 21.000 al mese, ma il suo stipendio è stato ridotto a Rs 12.000 negli ultimi mesi (134 euro contro i € 235 promessi). I non laureati in ingegneria devono accontentarsi di 8.000 rupie (89 euro).\r\n\r\nCi siamo occupati di India anche per le elezioni nel contrastato territorio del Jammu-Kashmir con le prime elezioni dopo le riforme antifederaliste di Modi che ha imposto il punto di vista hindu ai musulmani della regione, consultazione vinta dall’opposizione, che si è subito vista incarcerata non appena uscita vincitrice dalle urne...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_India.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nMa con un ardito aggancio tra continenti siamo passati dallo sfruttamento delle maestranze di Bangalore a quello delle miniere di coltan-tantalite del Congo, attraverso la commodity dell’acqua come bene rifugio, simile all’oro... e proprio questo metallo prezioso (insieme ai diamanti – ricordate Bokassa!? – e soprattutto all’uranio, fondamentale per le centrali nucleari francesi) ci ha portati alla tensione del Centrafrica a ridosso delle elezioni – in corso mentre trasmettevamo – e del tentativo di occupare Bangui da parte dei ribelli e la reazione delle truppe lealiste alleate di Mosca, perché la Russia ha trovato un facile grimaldello per penetrare il territorio centrafricano dopo i molti errori dei francesi. E un brivido ci percorre solo a pensare al ruolo che possono aver interpretato quelli della Wagner.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_centrafrica.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL’epilogo per ora è stata la distruzione il 29 dicembre del 14% delle urne non scrutinate dopo il voto da parte dei ribelli al potere di Touadera nell’Ovest del paese.\r\n\r\n\r\n\r\nIl pezzo forte di questo episodio di “Bastioni di Orione#3” era rappresentato dall’intervista schietta e fresca che un reporter in Uganda per seguire le elezioni (e che preferisce restare anonimo) ha realizzato con un sanguigno sostenitore di Bobi Wine e in questa traspare tutta la rabbia e la determinazione del ghetto di Kampala, dei lavoratori emigrati dei grandi laghi, delle maestranze impegnate nelle infrastrutture finanziate dai cinesi (di cui però Alex, il nostro testimone, non ha contezza)... le rimostranze sui bisogni misconosciuti da Museveni, il padre-padrone degli ultimi 30 anni dell’Uganda, che il 14 gennaio 2021 rischia di perdere il potere sotto la spinta alla ribellione nelle urne di un Movimento popolare che riempie le piazze e si scontra con la polizia. Gli arresti si susseguono, come la censura...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_Uganda.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta è un tentativo di riassunto degli argomenti della intervista ad Alex Kamukama, che trovate integrale in fondo in inglese, tratta dallo Spreaker di OGzero.org.\r\n\r\nPossibile alleanza tra opposizioni anti-Museveni tra Besigyee Bobi Wine?\r\n\r\nCi sono state un paio di riunioni, si dovrebbe organizzare un’opposizione multipartitica per avere più peso contro Museveni, e nonostante gli interessi siano diversi l’obiettivo è rimuovere la dittatura.\r\n\r\nBesigye visto come oppositore a lungo. Ci sono state speculazioni all’inizio dell’anno che ci fossero legami tra Besigye e BW; un paio di incontri per vedere se potevano essere alleati. Museveni ha accumulato molte risorse e potere, ci sono state molte modifiche democratiche. BW ha costruito un movimento popolare per il cambiamento e rimuovere la dittatura\r\n\r\nPossibilità di farcela di BW?\r\n\r\nSì, c’è. Ci sono molte sfide di fronte a lui\r\n\r\nCi sono stati arresti ancora prima della campagna elettorale vera e propria, ma può farcela perché mobilita le folle. Ha dato un’unità di visione a chi aveva molti diversi problemi. La sua è prospettiva unica: parla di questione sociale, di violenza contro gli antagonisti del regime, di repressione durante le manifestazioni e tutto attraverso la musica, quindi la gente lo ama, lo ascolta. I giovani del ghetto si appassionano alla vita sociale. La mescolanza di questo crea il potere e lo renderebbe vincitore. Il punto forte è la costruzione del personaggio che passa attraverso la “transitional life” di uno che inizia dal basso e diventa una persona ammirata e ascoltata. Si crea l’identificazione nel pubblico. Se non ci sono brogli può vincere.\r\n\r\nDifferenze tra Besigye e BW\r\n\r\nBesigye era il medico personale di Museveni, attingono alla stessa tipologia di elettorato, fa parte della gente comune; era nella struttura, BW esce dalle lotte per sopravvivere, ha creato la propria immagine su quello: è il presidente del ghetto. C’è un gap tra chi studia e ce la fa a uscire dal ghetto e l’uomo comune. BW è una superstar, si è creato il suo seguito, ha costruito la sua immagine. BW visualizza i sogni della gente, il network costituito da chi lo segue e lo ascolta è coordinato, è il mondo dell’intrattenimento, le folle sono coordinate.\r\n\r\nInterferenze cinesi?\r\n\r\nNon so, no ne conosco. Ma siamo in un mondo globalizzato e quindi qualsiasi reazione UK Usa, cinese, fa da supporto magari alla cosiddetta rivoluzione. Ma non so, non direi che c’è un rapporto diretto di influenza, è un intervento esterno dovuto alla globalizzazione, non un’interferenza.\r\n\r\nLa causa di un tale consenso?\r\n\r\nBW parla di molti aspetti che riguardano la quotidianità di cui si sente il bisogno: l’acqua (è carissima: c’è un sacco di acqua in Uganda, perché dovrebbe essere così cara?), l’energia elettrica (le bollette sono carissime, si vende energia idroelettrica all’estero e non c’è per l’uganda, o costa carissima), le strade sono in costruzione, sono impossibili, se piove sono un disastro; la vita negli slums, le infrastrutture che mancano, i diritti umani di base violati, la fame, la sanità, il cibo (in tempo di Covid per esempio se il governo non sostiene in questo caso, lo ha promesso in tv quando la gente non poteva andare a lavorare per il virus, quando lo fa allora?). Il governo non risponde di tutto ciò. La gente non viene consultata, non c’è partecipazione, e bisogna stare zitti con la fame e le malattie? Vogliamo partecipazione. La gente va nelle strade e fa la rivoluzione se non c’è possibilità di partecipazione. Perché non dovremmo...? la gente vuole fatti, che vengano prese delle soluzioni. Innanzitutto quindi il governo va accantonato e poi abbiamo bisogno di partecipazione: cosa possiamo fare, in che modo possiamo contribuire per uscirne insieme, dobbiamo essere tutti alleati, solidali.\r\n\r\nMigrazione\r\n\r\nL’Uganda ha una tradizione forte di migrazione, è costruita su questa: ci sono molti rifugiati qui, i coloni hanno costruito la nazione e l’Uganda li accoglie, da Etiopia, Sudan, Burundi, Ruanda… sono benvenuti. È ospitale, dà della terra ai rifugiati, costruisce ospedali e scuole per loro, quindi con progetti a lungo termine, non sono qui di passaggio. Poi c’è anche migrazione interna, dalle campagne alla città, in cerca di lavoro, in particolare Kampala attrae e viene congestionata; dove poi c’è sovraffollamento, aumenta anche il crimine (perché il lavoro non si trova). Gli oppositori e i dissidenti migrano invece, o sono in esilio, per esempio gli omosessuali, non c’è tolleranza per lgbtq.\r\n\r\nSei sempre stato qui o hai viaggiato?\r\n\r\nHo viaggiato molto, 25 distretti, facendo lavori da tecnico delle comunicazioni, ma ora vivo qui a Kampala. È dura trovare lavoro, bisogna studiare, ti dicono che così trovi un buon lavoro, ma poi anche se studi non trovi. Bisogna essere raccomandati e basta, c’è uno scherzo diffuso che sintetizza tutto: non conta come conosci ma chi conosci…. dentro un’azienda o un ufficio.\r\n\r\nInternet?\r\n\r\nPatetico! Va male, c’è una tassa sul web, è cara. Per BW – considerato un eroe in rete – questo è un argomento clou perché l’informazione whatsapp, i social, sono importanti, un mucchio di informazioni vengono attinte dalla gente su internet e il parlamento si mette di traverso, ma il parlamento ha varato quella legge [della tassa su web?] e BW si è opposto…\r\n\r\nChe musica e che radio ascolti?\r\n\r\nRaggae, un po’ di rock, afropop, ascolto Galaxy FM, è nelle vicinanze e propone e promuove talenti locali, e dialoga col pubblico su questioni sociali, promuove cultura. Anche Radio Airplay, per la musica, perché trasmette la musica che suono io senza chiedermi soldi, dà opportunità di promuoversi\r\n\r\nRepressione contro BW?\r\n\r\nSì, è triste… stava parlando e diceva cose vere e sono intervenuti brutalmente durante le manifestazioni e anche quando stava semplicemente parlando durante i comizi. Non era né buono, né cattivo quello che diceva, semplicemente la verità. E la verità è verità, c’è poco da fare: la verità va detta. Ci dovrebbe essere la libertà di parola ma in realtà non c’è: i media hanno censurato, ma in un modo o nell’altro la verità viene sempre fuori. C’è molta violenza fisica, è il risultato di un regime che non vuole che esca la verità: è umano reagire quando la violenza della repressione colpisce la gente, è naturale che se sei sotto il fuoco, reagisci finché non si arriva a trovare una soluzione. Il silenzio mette al sicuro dalla repressione.\r\n\r\nAltre forme di resistenza?\r\n\r\nSì, ci sono molte forme di potere: quello fisico… il potere invisibile della cultura, il People Power Movement ha dipinto chiaramente la situazione reale: quello per cui abbiamo combattuto, la libertà d’espressione, le eguali opportunità, la giustizia sociale; la corruzione, la distribuzione iniqua delle ricchezze, la mancanza di lavoro, cerca soluzioni. Non si può essere arrabbiati per una settimana o per un mese, avere un lavoro per un anno; ci va una soluzione, e il governo non sembra avere alcuna soluzione. Per esempio è stato lanciato l’EMIOGA Program per il lavoro, non ha funzionato perché non c’è stata consultazione con il popolo prima di lanciarlo. Non c’è stata discussione, la gente avrebbe avuto la soluzione ma non li hanno ascoltati. Forse altri al Governo ci ascolterebbero, chi negli ultimi 10 anni ci ha aperto le porte, trovato il cibo che manca. Fabbricare un ponte con la gente. Il Movimento fa questo, prende il potere per muoversi, sollevarsi, una libertà non perché vuoi combattere il governo, ma per liberare se stessi dalla vita che si vive… questo potere viene dal cuore, perché si relazione con il popolo. Si lancia in un momento animato di retorica, anche ispirata e un po’ vacua\r\n\r\nReazione alla violenza\r\n\r\nI casi sono due: o mi proteggo e basta o cerco di parlare e ridurre la rabbia di quelli che reprimono. Posso parlare, creare una relazione. Innanzitutto bisogna parlare. In quanto appartenenti alla stessa nazione, è responsabilità di ogni ugandese di farsi carico di ciò che capita nella tua nazione: se sei patriota devi seguire tutto ciò che capita in Uganda, questo il motivo per cui la gente prende parola. La gente violenta è stata resa violenta dal potere. Se c’è benessere non si passa alla violenza, bisogna comunicare con i parenti, i genitori, le mogli di questi che usano la violenza, far capire che la violenza è un circolo vizioso. Bisogna scrivere sì ma non solo al governo, anche alla gente. Bisogna anche calmare la rabbia della gente. Sono un membro dell’opposizione e penso che chi viene dopo non deve parlare di potere ma di cose che si devono fare… E quindi serve un leader che sia raggiungibile, che ascolti la gente, che renda possibile la partecipazione: interessante per lui è come da un leader si crea una leadership.\r\n\r\nPrendere questa risoluzione: il governo deve cambiare, oppure noi lo cambieremo. People power, our power\r\n\r\nAscolta \"Kampala visualizza i suoi sogni\" su Spreaker.\r\n\r\n ","30 Dicembre 2020","2021-01-12 23:06:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Tishrin-revolution-200x110.png","I Bastioni di Kampala#03: Iraq e India diversamente in lotta; Bangui e Mosca; e soprattutto l'Uganda",1609288986,[585,586,587,588,589,590],"http://radioblackout.org/tag/bobi-wine/","http://radioblackout.org/tag/centrafrica/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/museveni/","http://radioblackout.org/tag/uganda/",[592,593,594,595,596,597],"Bobi Wine","Centrafrica","india","iraq","Museveni","uganda",{"post_content":599,"post_title":603},{"matched_tokens":600,"snippet":601,"value":602},[70,79],"servizi, corruzione endemica, la presenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>milizie\u003C/mark> e la diffusione crescente della","«L’anno scorso migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> iracheni scesero in strada per protestare contro la corruzione delle istituzioni. Le proteste erano guidate soprattutto dai giovani, una generazione cresciuta con TikTok e PUBG e altri social media che intendeva ricordare ai partiti politici al potere e ai loro leader che il potere era nelle loro mani, non nella fortezza costituita dalla Green Zone. Le rivendicazioni riguardavano disoccupazione, incompetenza del governo, mancanza \u003Cmark>di\u003C/mark> servizi, corruzione endemica, la presenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>milizie\u003C/mark> e la diffusione crescente della povertà nel paese». Così scrive Kamal Chomani, giornalista nato nel Kurdistan iracheno.\r\nIn Occidente non se li è cagati nessuno, sono morti in 700, la rivolta si è estesa e non li hanno fermati nemmeno con i lanciafiamme.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Bastioni-in-Iraq.mp3\"][/audio]\r\nParecchi fattori hanno contribuito all’esaurimento delle manifestazioni: innanzitutto il ruolo del governo e della milizia armata nell’azione brutale \u003Cmark>di\u003C/mark> repressione dei manifestanti, dove si stima che 700 siano stati uccisi, 15.000 feritie a centinaia si contano le persone arrestate, rapite o costrette a far perdere le proprie tracce; alcuni protagonisti del Movimento hanno trovato rifugio nel Kurdistan iracheno. A ciò si è aggiunto il fatto che Muqtada al-Sadr ha ritirato il suo appoggio alle proteste una volta raggiunto il suo obiettivo \u003Cmark>di\u003C/mark> costringere il governo alle dimissioni, e conseguito da parte dei manifestanti il risultato: lo scioglimento del governo. Ma se c’è una cosa da imparare dalla storia è che le aspirazioni giovanili e le manifestazioni non finiscono quando le forze \u003Cmark>di\u003C/mark> sicurezza sparano proiettili veri. Fermentano, la rabbia infuria e sale finché raggiunge il punto \u003Cmark>di\u003C/mark> ebollizione... e ora è esplosa a Sulaymaniyah\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nSiamo poi andati in India: tra proteste dei contadini per l’ambigua e iniqua riforma \u003Cmark>di\u003C/mark> Modi che rimuove i mediatori e mette i contadini nelle mani delle multinazionali delle distribuzioni; mentre il mediatore in franchising \u003Cmark>di\u003C/mark> Apple non paga i dipendenti a nemmeno un anno dall’operazione trumpiana \u003Cmark>di\u003C/mark> spostamento degli stabilimenti dalla Cina a Narsapura (Bangalore)... le risposte sono state centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> addetti ai campi in piazza e i lavoratori della concessionaria Apple che distruggono come moderni luddisti le strutture dell’azienda. Gran parte della forza lavoro (2.000 dipendenti) si è scagliata contro le linee \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione, attaccando edifici, veicoli e uffici \u003Cmark>di\u003C/mark> dirigenti. Alle origini delle violenze, promesse \u003Cmark>di\u003C/mark> remunerazione non mantenute: Wistron, il prestanome \u003Cmark>di\u003C/mark> Apple, non ha rispettato specifici impegni. Un laureato in ingegneria neoassunto avrebbe dovuto guadagnare Rs 21.000 al mese, ma il suo stipendio è stato ridotto a Rs 12.000 negli ultimi mesi (134 euro contro i € 235 promessi). I non laureati in ingegneria devono accontentarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> 8.000 rupie (89 euro).\r\n\r\nCi siamo occupati \u003Cmark>di\u003C/mark> India anche per le elezioni nel contrastato territorio del Jammu-Kashmir con le prime elezioni dopo le riforme antifederaliste \u003Cmark>di\u003C/mark> Modi che ha imposto il punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista hindu ai musulmani della regione, consultazione vinta dall’opposizione, che si è subito vista incarcerata non appena uscita vincitrice dalle urne...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_India.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nMa con un ardito aggancio tra continenti siamo passati dallo sfruttamento delle maestranze \u003Cmark>di\u003C/mark> Bangalore a quello delle miniere \u003Cmark>di\u003C/mark> coltan-tantalite del Congo, attraverso la commodity dell’acqua come bene rifugio, simile all’oro... e proprio questo metallo prezioso (insieme ai diamanti – ricordate Bokassa!? – e soprattutto all’uranio, fondamentale per le centrali nucleari francesi) ci ha portati alla tensione del Centrafrica a ridosso delle elezioni – in corso mentre trasmettevamo – e del tentativo \u003Cmark>di\u003C/mark> occupare Bangui da parte dei ribelli e la reazione delle truppe lealiste alleate \u003Cmark>di\u003C/mark> Mosca, perché la Russia ha trovato un facile grimaldello per penetrare il territorio centrafricano dopo i molti errori dei francesi. E un brivido ci percorre solo a pensare al ruolo che possono aver interpretato quelli della Wagner.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_centrafrica.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL’epilogo per ora è stata la distruzione il 29 dicembre del 14% delle urne non scrutinate dopo il voto da parte dei ribelli al potere \u003Cmark>di\u003C/mark> Touadera nell’Ovest del paese.\r\n\r\n\r\n\r\nIl pezzo forte \u003Cmark>di\u003C/mark> questo episodio \u003Cmark>di\u003C/mark> “Bastioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Orione#3” era rappresentato dall’intervista schietta e fresca che un reporter in Uganda per seguire le elezioni (e che preferisce restare anonimo) ha realizzato con un sanguigno sostenitore \u003Cmark>di\u003C/mark> Bobi Wine e in questa traspare tutta la rabbia e la determinazione del ghetto \u003Cmark>di\u003C/mark> Kampala, dei lavoratori emigrati dei grandi laghi, delle maestranze impegnate nelle infrastrutture finanziate dai cinesi (\u003Cmark>di\u003C/mark> cui però Alex, il nostro testimone, non ha contezza)... le rimostranze sui bisogni misconosciuti da Museveni, il padre-padrone degli ultimi 30 anni dell’Uganda, che il 14 gennaio 2021 rischia \u003Cmark>di\u003C/mark> perdere il potere sotto la spinta alla ribellione nelle urne \u003Cmark>di\u003C/mark> un Movimento popolare che riempie le piazze e si scontra con la polizia. Gli arresti si susseguono, come la censura...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-28_Uganda.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta è un tentativo \u003Cmark>di\u003C/mark> riassunto degli argomenti della intervista ad Alex Kamukama, che trovate integrale in fondo in inglese, tratta dallo Spreaker \u003Cmark>di\u003C/mark> OGzero.org.\r\n\r\nPossibile alleanza tra opposizioni anti-Museveni tra Besigyee Bobi Wine?\r\n\r\nCi sono state un paio \u003Cmark>di\u003C/mark> riunioni, si dovrebbe organizzare un’opposizione multipartitica per avere più peso contro Museveni, e nonostante gli interessi siano diversi l’obiettivo è rimuovere la dittatura.\r\n\r\nBesigye visto come oppositore a lungo. Ci sono state speculazioni all’inizio dell’anno che ci fossero legami tra Besigye e BW; un paio \u003Cmark>di\u003C/mark> incontri per vedere se potevano essere alleati. Museveni ha accumulato molte risorse e potere, ci sono state molte modifiche democratiche. BW ha costruito un movimento popolare per il cambiamento e rimuovere la dittatura\r\n\r\nPossibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> farcela \u003Cmark>di\u003C/mark> BW?\r\n\r\nSì, c’è. Ci sono molte sfide \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte a lui\r\n\r\nCi sono stati arresti ancora prima della campagna elettorale vera e propria, ma può farcela perché mobilita le folle. Ha dato un’unità \u003Cmark>di\u003C/mark> visione a chi aveva molti diversi problemi. La sua è prospettiva unica: parla \u003Cmark>di\u003C/mark> questione sociale, \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza contro gli antagonisti del regime, \u003Cmark>di\u003C/mark> repressione durante le manifestazioni e tutto attraverso la musica, quindi la gente lo ama, lo ascolta. I giovani del ghetto si appassionano alla vita sociale. La mescolanza \u003Cmark>di\u003C/mark> questo crea il potere e lo renderebbe vincitore. Il punto forte è la costruzione del personaggio che passa attraverso la “transitional life” \u003Cmark>di\u003C/mark> uno che inizia dal basso e diventa una persona ammirata e ascoltata. Si crea l’identificazione nel pubblico. Se non ci sono brogli può vincere.\r\n\r\nDifferenze tra Besigye e BW\r\n\r\nBesigye era il medico personale \u003Cmark>di\u003C/mark> Museveni, attingono alla stessa tipologia \u003Cmark>di\u003C/mark> elettorato, fa parte della gente comune; era nella struttura, BW esce dalle lotte per sopravvivere, ha creato la propria immagine su quello: è il presidente del ghetto. C’è un gap tra chi studia e ce la fa a uscire dal ghetto e l’uomo comune. BW è una superstar, si è creato il suo seguito, ha costruito la sua immagine. BW visualizza i sogni della gente, il network costituito da chi lo segue e lo ascolta è coordinato, è il mondo dell’intrattenimento, le folle sono coordinate.\r\n\r\nInterferenze cinesi?\r\n\r\nNon so, no ne conosco. Ma siamo in un mondo globalizzato e quindi qualsiasi reazione UK Usa, cinese, fa da supporto magari alla cosiddetta rivoluzione. Ma non so, non direi che c’è un rapporto diretto \u003Cmark>di\u003C/mark> influenza, è un intervento esterno dovuto alla globalizzazione, non un’interferenza.\r\n\r\nLa causa \u003Cmark>di\u003C/mark> un tale consenso?\r\n\r\nBW parla \u003Cmark>di\u003C/mark> molti aspetti che riguardano la quotidianità \u003Cmark>di\u003C/mark> cui si sente il bisogno: l’acqua (è carissima: c’è un sacco \u003Cmark>di\u003C/mark> acqua in Uganda, perché dovrebbe essere così cara?), l’energia elettrica (le bollette sono carissime, si vende energia idroelettrica all’estero e non c’è per l’uganda, o costa carissima), le strade sono in costruzione, sono impossibili, se piove sono un disastro; la vita negli slums, le infrastrutture che mancano, i diritti umani \u003Cmark>di\u003C/mark> base violati, la fame, la sanità, il cibo (in tempo \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid per esempio se il governo non sostiene in questo caso, lo ha promesso in tv quando la gente non poteva andare a lavorare per il virus, quando lo fa allora?). Il governo non risponde \u003Cmark>di\u003C/mark> tutto ciò. La gente non viene consultata, non c’è partecipazione, e bisogna stare zitti con la fame e le malattie? Vogliamo partecipazione. La gente va nelle strade e fa la rivoluzione se non c’è possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipazione. Perché non dovremmo...? la gente vuole fatti, che vengano prese delle soluzioni. Innanzitutto quindi il governo va accantonato e poi abbiamo bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipazione: cosa possiamo fare, in che modo possiamo contribuire per uscirne insieme, dobbiamo essere tutti alleati, solidali.\r\n\r\nMigrazione\r\n\r\nL’Uganda ha una tradizione forte \u003Cmark>di\u003C/mark> migrazione, è costruita su questa: ci sono molti rifugiati qui, i coloni hanno costruito la nazione e l’Uganda li accoglie, da Etiopia, Sudan, Burundi, Ruanda… sono benvenuti. È ospitale, dà della terra ai rifugiati, costruisce ospedali e scuole per loro, quindi con progetti a lungo termine, non sono qui \u003Cmark>di\u003C/mark> passaggio. Poi c’è anche migrazione interna, dalle campagne alla città, in cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro, in particolare Kampala attrae e viene congestionata; dove poi c’è sovraffollamento, aumenta anche il crimine (perché il lavoro non si trova). Gli oppositori e i dissidenti migrano invece, o sono in esilio, per esempio gli omosessuali, non c’è tolleranza per lgbtq.\r\n\r\nSei sempre stato qui o hai viaggiato?\r\n\r\nHo viaggiato molto, 25 distretti, facendo lavori da tecnico delle comunicazioni, ma ora vivo qui a Kampala. È dura trovare lavoro, bisogna studiare, ti dicono che così trovi un buon lavoro, ma poi anche se studi non trovi. Bisogna essere raccomandati e basta, c’è uno scherzo diffuso che sintetizza tutto: non conta come conosci ma chi conosci…. dentro un’azienda o un ufficio.\r\n\r\nInternet?\r\n\r\nPatetico! Va male, c’è una tassa sul web, è cara. Per BW – considerato un eroe in rete – questo è un argomento clou perché l’informazione whatsapp, i social, sono importanti, un mucchio \u003Cmark>di\u003C/mark> informazioni vengono attinte dalla gente su internet e il parlamento si mette \u003Cmark>di\u003C/mark> traverso, ma il parlamento ha varato quella legge [della tassa su web?] e BW si è opposto…\r\n\r\nChe musica e che radio ascolti?\r\n\r\nRaggae, un po’ \u003Cmark>di\u003C/mark> rock, afropop, ascolto Galaxy FM, è nelle vicinanze e propone e promuove talenti locali, e dialoga col pubblico su questioni sociali, promuove cultura. Anche Radio Airplay, per la musica, perché trasmette la musica che suono io senza chiedermi soldi, dà opportunità \u003Cmark>di\u003C/mark> promuoversi\r\n\r\nRepressione contro BW?\r\n\r\nSì, è triste… stava parlando e diceva cose vere e sono intervenuti brutalmente durante le manifestazioni e anche quando stava semplicemente parlando durante i comizi. Non era né buono, né cattivo quello che diceva, semplicemente la verità. E la verità è verità, c’è poco da fare: la verità va detta. Ci dovrebbe essere la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> parola ma in realtà non c’è: i media hanno censurato, ma in un modo o nell’altro la verità viene sempre fuori. C’è molta violenza fisica, è il risultato \u003Cmark>di\u003C/mark> un regime che non vuole che esca la verità: è umano reagire quando la violenza della repressione colpisce la gente, è naturale che se sei sotto il fuoco, reagisci finché non si arriva a trovare una soluzione. Il silenzio mette al sicuro dalla repressione.\r\n\r\nAltre forme \u003Cmark>di\u003C/mark> resistenza?\r\n\r\nSì, ci sono molte forme \u003Cmark>di\u003C/mark> potere: quello fisico… il potere invisibile della cultura, il People Power Movement ha dipinto chiaramente la situazione reale: quello per cui abbiamo combattuto, la libertà d’espressione, le eguali opportunità, la giustizia sociale; la corruzione, la distribuzione iniqua delle ricchezze, la mancanza \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro, cerca soluzioni. Non si può essere arrabbiati per una settimana o per un mese, avere un lavoro per un anno; ci va una soluzione, e il governo non sembra avere alcuna soluzione. Per esempio è stato lanciato l’EMIOGA Program per il lavoro, non ha funzionato perché non c’è stata consultazione con il popolo prima \u003Cmark>di\u003C/mark> lanciarlo. Non c’è stata discussione, la gente avrebbe avuto la soluzione ma non li hanno ascoltati. Forse altri al Governo ci ascolterebbero, chi negli ultimi 10 anni ci ha aperto le porte, trovato il cibo che manca. Fabbricare un ponte con la gente. Il Movimento fa questo, prende il potere per muoversi, sollevarsi, una libertà non perché vuoi combattere il governo, ma per liberare se stessi dalla vita che si vive… questo potere viene dal cuore, perché si relazione con il popolo. Si lancia in un momento animato \u003Cmark>di\u003C/mark> retorica, anche ispirata e un po’ vacua\r\n\r\nReazione alla violenza\r\n\r\nI casi sono due: o mi proteggo e basta o cerco \u003Cmark>di\u003C/mark> parlare e ridurre la rabbia \u003Cmark>di\u003C/mark> quelli che reprimono. Posso parlare, creare una relazione. Innanzitutto bisogna parlare. In quanto appartenenti alla stessa nazione, è responsabilità \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni ugandese \u003Cmark>di\u003C/mark> farsi carico \u003Cmark>di\u003C/mark> ciò che capita nella tua nazione: se sei patriota devi seguire tutto ciò che capita in Uganda, questo il motivo per cui la gente prende parola. La gente violenta è stata resa violenta dal potere. Se c’è benessere non si passa alla violenza, bisogna comunicare con i parenti, i genitori, le mogli \u003Cmark>di\u003C/mark> questi che usano la violenza, far capire che la violenza è un circolo vizioso. Bisogna scrivere sì ma non solo al governo, anche alla gente. Bisogna anche calmare la rabbia della gente. Sono un membro dell’opposizione e penso che chi viene dopo non deve parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> potere ma \u003Cmark>di\u003C/mark> cose che si devono fare… E quindi serve un leader che sia raggiungibile, che ascolti la gente, che renda possibile la partecipazione: interessante per lui è come da un leader si crea una leadership.\r\n\r\nPrendere questa risoluzione: il governo deve cambiare, oppure noi lo cambieremo. 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Il cerchio intorno a Kobane si sta stringendo, l'offensiva dell'IS, bene armato e deciso a farla finita con l'unica esperienza di autogoverno territoriale laica, femminista, egualitaria in medio oriente, stringe d'assedio la città.\r\nGli esponenti della comunità curda nel nostro paese ieri - con una mossa disperata - hanno protestato dentro Montecitorio, denunciando il sostegno attivo della Turchia all'IS. Si sono guadagnati una pacca sulla spalla dal parlamentare incaricato di rassicurarli sul nulla.\r\nOggi con 298 voti a favore e 98 contrari il Parlamento di Ankara autorizza le truppe turche a condurre operazioni di terra, in Iraq e Siria, contro lo Stato Islamico (Isis) e il regime di Bashar Assad aprendo un nuovo capitolo del conflitto in corso in Medio Oriente.\r\nIl provvedimento lascia intravede in filigrana i reali obiettivi di Erdogan, che riconferma la propria attitudine espansionista in chiave neottomana.\r\nIl governo ottiene «per il periodo di un anno» l’autorizzazione a compiere interventi «contro gruppi terroristi in Siria ed Iraq» al fine di «creare zone sicure per i profughi dentro la Siria» e «proteggerle con delle no fly zone», oltre a poter «addestrare e provvedere logistica e armamenti all’Esercito di liberazione siriano» ovvero i ribelli filo-occidentali.\r\nInutile ricordare che il PKK e le YPG sono per la Turchia e gli Stati Uniti organizzazioni \"terroriste\", le uniche che si sono battute sia contro il regime di Assad sia contro l'Is e le brigate quaediste Al Nusra.\r\nDifficile dubitare che il governo turco interverrà quando l'IS avrà massacrato la popolazione di Kobane e distrutto l'autogoverno in questo cantone. Le frontiere con la Turchia sono serrate. Si aprono varchi qua e là nelle zone dove i guerriglieri del PKK e i solidali libertari arrivati dalle zone turcofone riescono a imporlo. Non per caso il ministro della Difesa turco, Ismet Yilmez, ha dichiarato «non siamo tenuti a prendere iniziative immediate».\r\n\r\nL'agenzia Reuters ha raggiunto telefonicamente il \"capo\" delle forze di autodifesa curde, Esmat al-Sheikh. La sua testimonianza è terribile: \"La distanza tra noi e i jihadisti è meno di un chilometro. Ci troviamo in un'area piccola e assediata. Nessun rinforzo ci ha raggiunto e il confine con la Turchia è chiuso\". \"Cosa mi aspetto? - si chiede il comandante - Uccisioni generalizzate, massacri e distruzione. Siamo bombardati da carri armati, artiglieria, razzi e mortai\".\r\nNei loro comunicati le milizie curde negano in parte questo scenario. Secondo i media ufficiali del PKK e delle YPG e osservatori kobane sarebbe ancora sotto il controllo delle YPG. Questa notte e questa mattina ci sono stati bombardamenti con mortai pesanti da parte dell'ISIS, ieri i tentativi di ieri di entrare a Kobane sono stati frustrati dalla resistenza da parte delle YPG e\r\nalmeno due tank del'IS sono andati distrutti.\r\nLa partita militare vede una netta superiorità militare dell'IS, che è dotata di artiglieria, mentre le YPG hanno solo armi leggere e armamento anticarro di squadra (nei video si vedono RPG 5 e 7, diverse fonti dicono che hanno anche dei MILAN, che sono molto più moderni degli RPG 5). Finché gli islamisti stanno al di fuori Kobane possono attaccare con artiglieria di medio calibro, mortai da 80 e forse obici da 105 M 777 howitzer (americani, catturati in iraq). In città la situazione sarebbe (o già è) diversa: qui si troverebbbero a fronteggiare una guerra urbana dove chi attacca è in pesante svantaggio tattico, con i carri MBT bloccati nelle vie strette ed esposti al tiro, impossibilitati ad usare artiglieria media per evitare perdite da fuoco amico. Inoltre li miliziani delle YPG hanno dichiarato che piuttosto di cadere prigionieri preferiscono prendere una granata e farsi saltare sotto i carri nemici.\r\nNei giorni scorsi un corrispondente de La Stampa a da una cittadina oltre la frontiera turca, riportava la testimonianza di un guerrigliero curdo di Kobane che negava che i bombardieri statunitensi e britannici avessero agito nella zona.\r\nL'IS, lautamente finanziata prima dai sauditi, poi dal Quatar, appoggiata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella NATO è diventata ingombrante ma è ancora utile.\r\nI cavalieri di Montezuma sui loro tornado arriveranno - se arriveranno - quando i coltelli dei Jhaidisti saranno affondati nella carne viva degli uomini, delle donne, dei bambini di Kobane.\r\nNel nostro paese ben pochi colgono la posta in gioco. Certa sinistra stalinista non trova di meglio che appoggiare chiunque si opponga a Bashar al Assad trasformato in campione di un'improbabile medioriente \"socialista\", ma non esitano a sostenere chiunque sia nemico degli Stati Uniti. Chi sa? Oggi che il fronte delle alleanza sta subendo una brusca virata potrebbero trovare simpatici i salafiti con il coltello. D'altra parte sono gli stessi che sostengono il governo ferocemente confessionale di Hamas.\r\n\r\nRaccontare quello che succede, cercando di ricostruire gli eventi tramite fonti dirette, non è facile ma è più che mai necessario, perché il sudario del silenzio non avvolga la resistenza in Rojava.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Karim Metref, torinese di origine kabila, scrittore, blogger, insegnante, che nei giorni del rapimento del turista francese poi sgozzato dall'IS nel Maghreb si trovava in visita ai parenti nel proprio paese natale a pochi chilometri dal luogo del rapimento.\r\nLa sua testimonianza ci restituisce un'immagine molto diversa da quella proiettata dai media main stream.\r\nL'Is nel Maghreb è erede diretta di Al Quaeda nel Maghreb, a sua volta figlia delle formazioni salafite che hanno insanguinato l?Algeria per dieci lunghi anni.\r\nFormazioni che il governo di Bouftelika ufficialmente avversa ma nei fatti copre. In Kabilia molti sono convinti dell'ambiguità di formazioni i cui capi provenivano tutti dai paracadutisti, unità d'elite dell'esercito algerino, ancora oggi asse portante del potere nel paese, nonostante il ridimensionamento imposto da Bouftelika. Catturati tutti e tre dai gruppi di autodifesa popolare sorti nei villaggi più esposti ai loro attacchi, sono liberi e non sono mai stati processati dallo Stato algerino. Più che legittimo il sospetto che le formazioni della guerriglia salafita sulle montagne della Kabilia siano un ottimo pretesto per mantenere forte la pressione in questa regione dove la ribellione cova ancora sotto la cenere.\r\nLe analogie con il Rojava, sia pure meno drammatiche, sono molto forti.\r\n\r\nAscolta la diretta di Anarres con Karim:\r\n\r\n2014 10 03 karim metref is algeria kobane\r\n\r\nRingraziamo \"lorcon\" per le i dati sullo scenario militare a Kobane","3 Ottobre 2014","2018-10-17 22:59:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/rojava-200x110.jpg","L'agonia di Kobane. 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Il cerchio intorno a Kobane si sta stringendo, l'offensiva dell'IS, bene armato e deciso a farla finita con l'unica esperienza \u003Cmark>di\u003C/mark> autogoverno territoriale laica, femminista, egualitaria in medio oriente, stringe d'assedio la città.\r\nGli esponenti della comunità curda nel nostro paese ieri - con una mossa disperata - hanno protestato dentro Montecitorio, denunciando il sostegno attivo della Turchia all'IS. Si sono guadagnati una pacca sulla spalla dal parlamentare incaricato \u003Cmark>di\u003C/mark> rassicurarli sul nulla.\r\nOggi con 298 voti a favore e 98 contrari il Parlamento \u003Cmark>di\u003C/mark> Ankara autorizza le truppe turche a condurre operazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> terra, in Iraq e Siria, contro lo Stato Islamico (Isis) e il regime \u003Cmark>di\u003C/mark> Bashar Assad aprendo un nuovo capitolo del conflitto in corso in Medio Oriente.\r\nIl provvedimento lascia intravede in filigrana i reali obiettivi \u003Cmark>di\u003C/mark> Erdogan, che riconferma la propria attitudine espansionista in chiave neottomana.\r\nIl governo ottiene «per il periodo \u003Cmark>di\u003C/mark> un anno» l’autorizzazione a compiere interventi «contro gruppi terroristi in Siria ed Iraq» al fine \u003Cmark>di\u003C/mark> «creare zone sicure per i profughi dentro la Siria» e «proteggerle con delle no fly zone», oltre a poter «addestrare e provvedere logistica e armamenti all’Esercito \u003Cmark>di\u003C/mark> liberazione siriano» ovvero i ribelli filo-occidentali.\r\nInutile ricordare che il PKK e le YPG sono per la Turchia e gli Stati Uniti organizzazioni \"terroriste\", le uniche che si sono battute sia contro il regime \u003Cmark>di\u003C/mark> Assad sia contro l'Is e le brigate quaediste Al Nusra.\r\nDifficile dubitare che il governo turco interverrà quando l'IS avrà massacrato la popolazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Kobane e distrutto l'autogoverno in questo cantone. Le frontiere con la Turchia sono serrate. Si aprono varchi qua e là nelle zone dove i guerriglieri del PKK e i solidali libertari arrivati dalle zone turcofone riescono a imporlo. Non per caso il ministro della Difesa turco, Ismet Yilmez, ha dichiarato «non siamo tenuti a prendere iniziative immediate».\r\n\r\nL'agenzia Reuters ha raggiunto telefonicamente il \"capo\" delle forze \u003Cmark>di\u003C/mark> autodifesa curde, Esmat al-Sheikh. La sua testimonianza è terribile: \"La distanza tra noi e i jihadisti è meno \u003Cmark>di\u003C/mark> un chilometro. Ci troviamo in un'area piccola e assediata. Nessun rinforzo ci ha raggiunto e il confine con la Turchia è chiuso\". \"Cosa mi aspetto? - si chiede il comandante - Uccisioni generalizzate, massacri e distruzione. Siamo bombardati da carri armati, artiglieria, razzi e mortai\".\r\nNei loro comunicati le \u003Cmark>milizie\u003C/mark> curde negano in parte questo scenario. Secondo i media ufficiali del PKK e delle YPG e osservatori kobane sarebbe ancora sotto il controllo delle YPG. Questa notte e questa mattina ci sono stati bombardamenti con mortai pesanti da parte dell'ISIS, ieri i tentativi \u003Cmark>di\u003C/mark> ieri \u003Cmark>di\u003C/mark> entrare a Kobane sono stati frustrati dalla resistenza da parte delle YPG e\r\nalmeno due tank del'IS sono andati distrutti.\r\nLa partita militare vede una netta superiorità militare dell'IS, che è dotata \u003Cmark>di\u003C/mark> artiglieria, mentre le YPG hanno solo armi leggere e armamento anticarro \u003Cmark>di\u003C/mark> squadra (nei video si vedono RPG 5 e 7, diverse fonti dicono che hanno anche dei MILAN, che sono molto più moderni degli RPG 5). Finché gli islamisti stanno al \u003Cmark>di \u003C/mark> fuori Kobane possono attaccare con artiglieria \u003Cmark>di\u003C/mark> medio calibro, mortai da 80 e forse obici da 105 M 777 howitzer (americani, catturati in iraq). In città la situazione sarebbe (o già è) diversa: qui si troverebbbero a fronteggiare una guerra urbana dove chi attacca è in pesante svantaggio tattico, con i carri MBT bloccati nelle vie strette ed esposti al tiro, impossibilitati ad usare artiglieria media per evitare perdite da fuoco amico. 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D'altra parte sono gli stessi che sostengono il governo ferocemente confessionale \u003Cmark>di\u003C/mark> Hamas.\r\n\r\nRaccontare quello che succede, cercando \u003Cmark>di\u003C/mark> ricostruire gli eventi tramite fonti dirette, non è facile ma è più che mai necessario, perché il sudario del silenzio non avvolga la resistenza in Rojava.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Karim Metref, torinese \u003Cmark>di\u003C/mark> origine kabila, scrittore, blogger, insegnante, che nei giorni del rapimento del turista francese poi sgozzato dall'IS nel Maghreb si trovava in visita ai parenti nel proprio paese natale a pochi chilometri dal luogo del rapimento.\r\nLa sua testimonianza ci restituisce un'immagine molto diversa da quella proiettata dai media main stream.\r\nL'Is nel Maghreb è erede diretta \u003Cmark>di\u003C/mark> Al Quaeda nel Maghreb, a sua volta figlia delle formazioni salafite che hanno insanguinato l?Algeria per dieci lunghi anni.\r\nFormazioni che il governo \u003Cmark>di\u003C/mark> Bouftelika ufficialmente avversa ma nei fatti copre. 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