","Scontro aperto tra India e Pakistan: \"Operazione Sindoor\"","post",1746719150,[64,65,66,67,68,69],"http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/kashmir/","http://radioblackout.org/tag/modi/","http://radioblackout.org/tag/nucleare/","http://radioblackout.org/tag/pakistan/",[21,26,32,71,72,15],"Modi","nucleare",{"post_content":74,"post_title":79,"tags":82},{"matched_tokens":75,"snippet":77,"value":78},[76],"Pakistan","bombardamenti si sono abbattuti sul \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>, nella parte di territorio pachistana","A seguito dell'attentato che ha ucciso 26 turisti indiani nel Kashmir amministrato dall'India avvenuto a fine aprile, la risposta dello stato indiano è arrivata nella notte tra martedì 6 maggio e mercoledì 7 maggio, con l'Operazione definita Sindoor: una serie di bombardamenti si sono abbattuti sul \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>, nella parte di territorio pachistana del Kashmir e nella provincia pachistana del Punjab. Secondo New Delhi e secondo le dichiarazioni ufficiali del governo di Modi sarebbero stati colpiti obiettivi \"terroristici\", mentre il \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> sostiene che siano stati colpiti civili. Il premier del \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> Sharif ha immediatamente dichiarato che la risposta non si farà attendere, dato che sin da subito ha contestato la ricostruzione dell'attentato che lo ricondurrebbe a milizie pachistane per l'indipendenza del Kashmir.\r\n\r\nSi preannuncia quindi la ripresa di uno scontro aperto, dopo otto decenni di una cosiddetta \"guerra a bassa intensità\" che ha visto a più riprese momenti di guerra aperta tra i due Stati in relazione ai territori contesi e ai loro confini. Inoltre, non è esclusa la minaccia del ricorso all'arma nucleare, di cui entrambi gli Stati posseggono delle testate. Un altro elemento significativo della fase di scontro aperto è dato dalla sospensione unilaterale dell'accordo che riguarda il Trattato delle acque dell'Indo, mossa che apre immediatamente all'intenzione di colpire l'accesso alle risorse primarie, come l'acqua, per la popolazione del \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>. Questa escalation si inserisce in una fase di governo interna all'India in cui Modi ha avuto necessità di recuperare consenso e la campagna anti-islamica ha avuto una recrudescenza.\r\n\r\nAi nostri microfoni Claudio Avella, corrispondente per Pagine Esteri in India\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/India-pakistan-2025_05_08_2025.05.08-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",{"matched_tokens":80,"snippet":81,"value":81},[76],"Scontro aperto tra India e \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>: \"Operazione Sindoor\"",[83,85,87,89,91,93],{"matched_tokens":84,"snippet":21},[],{"matched_tokens":86,"snippet":26},[],{"matched_tokens":88,"snippet":32},[],{"matched_tokens":90,"snippet":71},[],{"matched_tokens":92,"snippet":72},[],{"matched_tokens":94,"snippet":95},[15],"\u003Cmark>pakistan\u003C/mark>",[97,103,106],{"field":38,"indices":98,"matched_tokens":100,"snippets":102},[99],5,[101],[15],[95],{"field":104,"matched_tokens":105,"snippet":81,"value":81},"post_title",[76],{"field":107,"matched_tokens":108,"snippet":77,"value":78},"post_content",[76],578730123365712000,{"best_field_score":111,"best_field_weight":112,"fields_matched":25,"num_tokens_dropped":50,"score":113,"tokens_matched":114,"typo_prefix_score":50},"1108091339008",13,"578730123365711979",1,{"document":116,"highlight":135,"highlights":153,"text_match":109,"text_match_info":163},{"cat_link":117,"category":118,"comment_count":50,"id":119,"is_sticky":50,"permalink":120,"post_author":53,"post_content":121,"post_date":122,"post_excerpt":123,"post_id":119,"post_modified":124,"post_thumbnail":125,"post_thumbnail_html":126,"post_title":127,"post_type":61,"sort_by_date":128,"tag_links":129,"tags":132},[47],[49],"97451","http://radioblackout.org/2025/04/kashmir-rischio-collisione-tra-india-e-pakistan/","Ventisei persone uccise in un attacco armato contro civili, per lo più turisti indiani, il peggiore degli ultimi anni, ha scatenato una reazione a catena di misure drastiche, accuse incrociate, rappresaglie e minacce. L'India ha adottato diverse misure, tra cui il ridimensionamento dei rapporti diplomatici con il Pakistan e la sospensione della sua partecipazione al fondamentale Trattato sulle Acque dell'Indo, India e Pakistan, con una popolazione complessiva di oltre 1,6 miliardi di persone, dipendono fortemente dalle acque dei fiumi che scorrono dall'Himalaya. Dopo nove anni di discussioni, facilitate dalla Banca Mondiale, l'allora Primo Ministro indiano Jawaharlal Nehru e l'ex Presidente pakistano Ayub Khan firmarono il Trattato sulle acque dell'Indo nel settembre del 1960. Il trattato fu firmato poiché entrambe le nazioni dipendono dagli stessi sistemi fluviali per l'irrigazione e l'agricoltura. L'India è obbligata a consentire alle acque dei fiumi occidentali di fluire in Pakistan, salvo limitate eccezioni. La situazione in Kashmir era peggiorata nel 2019 quando Nuova Delhi ha abolito la limitata autonomia della regione e ha posto lo stato sotto il suo controllo diretto,un tentativo di soluzione autoritaria di un problema complesso secondo la logica di Modi che non è nuovo all’utilizzo delle retoriche della forza tipiche del nazionalismo Hindu .\r\nL'India ha avviato giovedì esercitazioni aeree e navali su larga scala, che secondo gli analisti potrebbero aprire la strada a un'azione militare, mentre il primo ministro, Shehbaz Sharif, ha tenuto una rara riunione del comitato per la sicurezza nazionale con i massimi vertici militari .Intanto estremisti indu' hanno aggredito nelle università studenti kashmiri ,rinfocolando la retorica antimusulmana .\r\nNe parliamo con Matteo Miavaldi giornalista esperto conoscitore dell'India\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/INFO-28042025-MIAVALDI.mp3\"][/audio]\r\n \r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","28 Aprile 2025","India e Pakistan ai ferri corti per il Kashmir ","2025-04-28 17:58:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/Kashmir-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"187\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/Kashmir-300x187.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/Kashmir-300x187.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/Kashmir.jpg 565w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","KASHMIR: RISCHIO COLLISIONE TRA INDIA E PAKISTAN",1745863101,[130,131,66,69],"http://radioblackout.org/tag/attentato/","http://radioblackout.org/tag/india-nazionalista-di-modi/",[133,134,32,15],"attentato","India nazionalista di Modi",{"post_content":136,"post_title":140,"tags":144},{"matched_tokens":137,"snippet":138,"value":139},[76],"dei rapporti diplomatici con il \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> e la sospensione della sua","Ventisei persone uccise in un attacco armato contro civili, per lo più turisti indiani, il peggiore degli ultimi anni, ha scatenato una reazione a catena di misure drastiche, accuse incrociate, rappresaglie e minacce. 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ENI agisce nel paese dal 2017, quando si è aggiudicata una commessa a lungo termine per fornire gas liquefatto allo stato pakistano fino al 2032. Questo accordo è stato accolto con entusiasmo in Pakistan, da sempre vessato da problemi energetici, ma dall'autunno del 2021 in poi ENI ha iniziato a saltare delle forniture, mancando ben otto forniture delle venti previste. Questa mancanza di gas si è trasformata nell'ennesima piaga per la popolazione pakistana, oltre alle temperature inverosimilmente alte e l'alluvione dell'autunno 2022, costretta quindi ad utilizzare generatori per sopperire alla mancanza di energia elettrica. Questa situazione precaria provoca frequenti blackout e ha bloccato varie industrie tessili, lasciando senza lavoro migliaia di persone.\r\n\r\n\r\n\r\n“In Pakistan la crisi energetica sta già impattando milioni di persone e potrebbe avere conseguenze ancora più profonde, ora che il governo locale sembra intenzionato a fare ritorno al carbone per supplire alla carenza di gas. ENI afferma continuamente di voler contribuire alla sicurezza energetica, ma il vero obiettivo della multinazionale italiana è mettere al sicuro i propri profitti, anche se a discapito di intere popolazioni.”\r\n\r\nQueste le parole di Alessandro Runci di ReCommon, a cui abbiamo chiesto di descriverci l'inchiesta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Eni.Pakistan.030523.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nL'inchiesta pubblicata su Bloomberg (in inglese):\r\nItalian Oil Giant Earned $550 Million Reneging on Pakistan LNG, Nonprofit Says\r\nLa descrizione dell'inchiesta pubblicata su ReCommon (in italiano):\r\nBlackout: il ruolo di ENI nella crisi del Pakistan","7 Maggio 2023","2023-05-09 14:40:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/fog-4666170_1920.jpg 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","In Pakistan ENI forza la crisi",1683468287,[178,179,180,69],"http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/crisi-del-petrolio/","http://radioblackout.org/tag/eni/",[182,183,184,15],"crisi","crisi del petrolio","ENI",{"post_content":186,"post_title":190,"tags":193},{"matched_tokens":187,"snippet":188,"value":189},[76],"nella crisi in corso in \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>. 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L’Isis, nonostante la sconfitta del Califfato nato tra Siria e Iraq, continua ad essere forte nel Caucaso, nel cosiddetto Khorasan e in Africa. La Russia ha avuto un ruolo importante nella sconfitta del Califfato garantendo il proprio costante appoggio al partito nazionalsocialista al governo in Siria, il Baas di Bashar al Hassad.\r\nLe rivendicazioni dell’attentato sia per le indicazioni fornite, sia per i canali i comunicazioni utilizzati rendono del tutto credibile la rivendicazione dell’Isis. Non abbiamo tuttavia elementi che rendano credibile che si tratti dell’Isis-K ossia l’Isis Khorasan e non di altro nucleo della galassia dello Stato Islamico. In ogni caso\r\nPutin, sia per sminuire le scacco subito dalla propria intelligence, sia per buttare altra benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, indica il governo di Kiev come possibile complice.\r\nResta il fatto che l’ISIS continua a puntare sulla Jihad per il califfato globale contro infedeli e traditori.\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Giuliano Battiston che da anni si occupa di ISIS. Vi copiamo sotto anche il testo dell’articolo uscito domenica sul Manifesto.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-26-battiston-isis.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl sanguinoso attentato terroristico è un colpo clamoroso per lo Stato islamico, ma non è così inaspettato. Chi si sorprende che l’obiettivo sia la Russia ha perso di vista da tempo non solo la propaganda dello Stato islamico \"centrale\" e delle sue branche regionali, ma anche le loro attività militari, e deve aver dimenticato un pezzo importante di storia recente.\r\n\r\nSTORIA RECENTE, propaganda e attività militari - così certificano tutti gli studiosi che hanno continuato a occuparsene, anche dopo la caduta del \"Califfato\" edificato in Siria e Iraq e la fisiologica disattenzione dei media - ci dicono che la Russia è un nemico centrale, prioritario. La Russia infedele, ortodossa, la Russia di Putin e delle sue sanguinose guerre in Cecenia, della repressione degli islamisti in Daghestan, in Inguscezia, dentro e fuori i confini della Federazione, la Russia alleata del siriano Bashar al-Assad e che bombarda le roccaforti jihadiste in Siria, o che, più di recente, contribuisce alla campagna contro lo Stato islamico in Mali e Burkina Faso: la Russia come minaccia all’Islam.\r\nPutin, i cui apparati di sicurezza hanno fatto flop, prova ad approfittarne, omettendo di menzionare lo Stato islamico e provando ad attribuire responsabilità agli ucraini. Ma è un inganno.\r\nSi dovrebbe guardare altrove. Alla branca locale dello Stato islamico, la «provincia del Caucaso», o più probabilmente alla «provincia del Khorasan».\r\n\r\nIL NOME RIMANDA, come in molta pubblicistica jihadista, ai gloriosi tempi andati, al Khorasan storico, un’ampia area che copriva gli attuali Iran, Afghanistan e parte dell’Asia centrale. Formata da militanti perlopiù pachistani ma anche centroasiatici e arabi nell’area di confine tra Afghanistan e Pakistan tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, la «provincia del Khorasan» ha subito la repressione contestuale del governo afghano, degli americani che lo sostenevano e dei Talebani, quando questi ultimi facevano ancora la guerra alla Repubblica collassata nel 2021 e avevano capito che quei jihadisti erano una minaccia al loro monopolio. Ma anche un’opportunità di avvicinamento ai nemici americani.\r\nNon è un caso che la caduta della principale roccaforte dello Stato islamico in Afghanistan, la valle di Mamand, nel distretto di Achin, nella provincia orientale di Nangarhar, lì dove l’allora presidente Usa Donald Trump il 13 aprile 2017 aveva fatto sganciare la più potente bomba non nucleare mai usata in combattimento (11 tonnellate su un complesso di tunnel e cave usati dal Khorasan), sia avvenuta nel no- vembre 2019. 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Mentre tra i Talebani tagichi del nord-est qualcuno ha cambiato casacca.","26 Marzo 2024","2024-03-26 15:46:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus.jpg 774w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La Russia, l’Isis e lo scacchiere della Jihad internazionale",1711467943,[227,228,229,230,231,232,69,233,234],"http://radioblackout.org/tag/afganistan/","http://radioblackout.org/tag/crocus/","http://radioblackout.org/tag/fratelli-musulmani/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/isis-k/","http://radioblackout.org/tag/mosca/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/talebani/",[236,237,238,239,240,241,15,242,23],"afganistan","crocus","fratelli musulmani","isis","isis-k","Mosca","russia",{"post_content":244,"tags":248},{"matched_tokens":245,"snippet":246,"value":247},[76],"di confine tra Afghanistan e \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> tra la fine del 2014","La Russia, l’Isis e lo scacchiere della Jihad internazionale\r\nLa Russia è da tempo nel mirino dell’Isis e il gravissimo attentato di Mosca ne è la conferma. L’Isis, nonostante la sconfitta del Califfato nato tra Siria e Iraq, continua ad essere forte nel Caucaso, nel cosiddetto Khorasan e in Africa. La Russia ha avuto un ruolo importante nella sconfitta del Califfato garantendo il proprio costante appoggio al partito nazionalsocialista al governo in Siria, il Baas di Bashar al Hassad.\r\nLe rivendicazioni dell’attentato sia per le indicazioni fornite, sia per i canali i comunicazioni utilizzati rendono del tutto credibile la rivendicazione dell’Isis. Non abbiamo tuttavia elementi che rendano credibile che si tratti dell’Isis-K ossia l’Isis Khorasan e non di altro nucleo della galassia dello Stato Islamico. In ogni caso\r\nPutin, sia per sminuire le scacco subito dalla propria intelligence, sia per buttare altra benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, indica il governo di Kiev come possibile complice.\r\nResta il fatto che l’ISIS continua a puntare sulla Jihad per il califfato globale contro infedeli e traditori.\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Giuliano Battiston che da anni si occupa di ISIS. Vi copiamo sotto anche il testo dell’articolo uscito domenica sul Manifesto.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-26-battiston-isis.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl sanguinoso attentato terroristico è un colpo clamoroso per lo Stato islamico, ma non è così inaspettato. Chi si sorprende che l’obiettivo sia la Russia ha perso di vista da tempo non solo la propaganda dello Stato islamico \"centrale\" e delle sue branche regionali, ma anche le loro attività militari, e deve aver dimenticato un pezzo importante di storia recente.\r\n\r\nSTORIA RECENTE, propaganda e attività militari - così certificano tutti gli studiosi che hanno continuato a occuparsene, anche dopo la caduta del \"Califfato\" edificato in Siria e Iraq e la fisiologica disattenzione dei media - ci dicono che la Russia è un nemico centrale, prioritario. La Russia infedele, ortodossa, la Russia di Putin e delle sue sanguinose guerre in Cecenia, della repressione degli islamisti in Daghestan, in Inguscezia, dentro e fuori i confini della Federazione, la Russia alleata del siriano Bashar al-Assad e che bombarda le roccaforti jihadiste in Siria, o che, più di recente, contribuisce alla campagna contro lo Stato islamico in Mali e Burkina Faso: la Russia come minaccia all’Islam.\r\nPutin, i cui apparati di sicurezza hanno fatto flop, prova ad approfittarne, omettendo di menzionare lo Stato islamico e provando ad attribuire responsabilità agli ucraini. Ma è un inganno.\r\nSi dovrebbe guardare altrove. Alla branca locale dello Stato islamico, la «provincia del Caucaso», o più probabilmente alla «provincia del Khorasan».\r\n\r\nIL NOME RIMANDA, come in molta pubblicistica jihadista, ai gloriosi tempi andati, al Khorasan storico, un’ampia area che copriva gli attuali Iran, Afghanistan e parte dell’Asia centrale. Formata da militanti perlopiù pachistani ma anche centroasiatici e arabi nell’area di confine tra Afghanistan e \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, la «provincia del Khorasan» ha subito la repressione contestuale del governo afghano, degli americani che lo sostenevano e dei Talebani, quando questi ultimi facevano ancora la guerra alla Repubblica collassata nel 2021 e avevano capito che quei jihadisti erano una minaccia al loro monopolio. Ma anche un’opportunità di avvicinamento ai nemici americani.\r\nNon è un caso che la caduta della principale roccaforte dello Stato islamico in Afghanistan, la valle di Mamand, nel distretto di Achin, nella provincia orientale di Nangarhar, lì dove l’allora presidente Usa Donald Trump il 13 aprile 2017 aveva fatto sganciare la più potente bomba non nucleare mai usata in combattimento (11 tonnellate su un complesso di tunnel e cave usati dal Khorasan), sia avvenuta nel no- vembre 2019. Tre mesi prima che Washington e i Talebani firmassero nella capitale del Qatar l’accordo di Doha, viatico per il loro ritorno al potere.\r\n\r\nCOSTRETTO AD ABBANDONARE il territorio che deteneva nell’est e nel nord del Paese, spiega tra gli altri Antonio Giustozzi, autore di un libro troppo poco conosciuto, Il laboratorio senza fine. Il ruolo dell’Afghanistan tra passato e futuro (Mondadori Strade blu), il Khorasan ha fatto poi ricorso a una campagna di guerriglia urbana e ad attacchi terroristici per dimostrare l’incapacità dei Talebani di garantire la sicurezza ed erodere la loro legittimità.\r\nDiminuiti nel 2023, gli attentati sono ripresi nel 2024. Pochi giorni fa lo Stato islamico ha rivendicato un attentato a Kandahar, capitale simbolica dell’Emirato dei Talebani. I quali si sono affrettati a condannare la strage di Mosca. Ma potrebbero subire dei contraccolpi, se le indagini condurranno a verificare la responsabilità della provincia del Khorasan.\r\n\r\nMOSCA, COME TUTTE LE CAPITALI regionali, garantisce la propria sponda diplomatica all’Emirato, ancora senza riconoscimento ufficiale, a una condizione: che i Talebani facciano da cintura di sicurezza contro la minaccia dello Stato islamico nella regione. L’Emirato afghano rivendica le azioni di «repressione chirurgica» che hanno portato alla distruzione delle cellule dello Stato islamico nelle principali città afghane, ma a Mosca potrebbe non bastare.\r\nNella leadership talebana, inoltre, c’è chi non gradisce il sostegno della Russia, per le stesse ragioni per cui i jihadisti dalla vocazione globale la ritengono un obiettivo legittimo e prioritario. Mentre tra i Talebani tagichi del nord-est qualcuno ha cambiato casacca.",[249,251,253,255,257,259,261,263,265],{"matched_tokens":250,"snippet":236},[],{"matched_tokens":252,"snippet":237},[],{"matched_tokens":254,"snippet":238},[],{"matched_tokens":256,"snippet":239},[],{"matched_tokens":258,"snippet":240},[],{"matched_tokens":260,"snippet":241},[],{"matched_tokens":262,"snippet":95},[15],{"matched_tokens":264,"snippet":242},[],{"matched_tokens":266,"snippet":23},[],[268,274],{"field":38,"indices":269,"matched_tokens":271,"snippets":273},[270],6,[272],[15],[95],{"field":107,"matched_tokens":275,"snippet":246,"value":247},[76],{"best_field_score":111,"best_field_weight":112,"fields_matched":36,"num_tokens_dropped":50,"score":277,"tokens_matched":114,"typo_prefix_score":50},"578730123365711978",{"document":279,"highlight":303,"highlights":323,"text_match":109,"text_match_info":331},{"cat_link":280,"category":281,"comment_count":50,"id":282,"is_sticky":50,"permalink":283,"post_author":53,"post_content":284,"post_date":285,"post_excerpt":56,"post_id":282,"post_modified":286,"post_thumbnail":287,"post_thumbnail_html":288,"post_title":289,"post_type":61,"sort_by_date":290,"tag_links":291,"tags":297},[47],[49],"53761","http://radioblackout.org/2019/04/lasticella-dellintolleranza-si-alza-sempre-piu-nellindia-del-bjp/","Importante il periodo storico del subcontinente asiatico, non solo e non tanto per le elezioni che si dilatano nel tempo come nello spazio sterminato di questo subcontinente popolato da 900 milioni di elettori, ma soprattutto fulcro degli equilibri mondiali tra Usa e Cina, tra partner locali e nazionalismi, tra religioni compresenti e in costante conflitto tra loro. Un paese unico per le tensioni e per le soluzioni locali alla convivenza che si differenziano e si coagulano attorno a suggestioni e propagande che ora fanno leva sui temi imposti da Modi molto di più di 5 anni fa quando era lui lo sfidante e che ora sono divenuti referendum sul suo operato, ma soprattutto nel caso di sua vittoria lo spostamento verso l'esclusione delle \"minoranze\" musulmane e cristiane; quando abbiamo sentito Matteo Miavaldi non erano ancora esplosi la serie di attentati che hanno causato a Pasqua nelle chiese cristiane dello Sri Lanka più di 215 morti. un messaggio pasquale che si è potuto recapitare anche grazie a quell'atmosfera di intolleranza religiosa creata nella vicina India dal governo di Modi (e le Tigri tamil non hanno mai attaccato i cristiani). Se in realtà non ha rispettato nessuna delle promesse elettorali, comunque è riuscito nell'intento di cambiare il modo di pensare del paese, ha spostato i valori verso il nazionalismo indù quanto mai nella nazione solo apparentemente ancora democratica, in realtà siamo di fronte a una democratura come molte nazioni governate dal populismo reazionario ora imperante.\r\n\r\nCercando di inquadrare meglio e approfondire i fatti, le vicende che vengono riportate anche dai media occidentali trovano una luce e una spiegazione nelle parole di Matteo Miavaldi che semplicemente riportando quanto esperisce quotidianamente a Mumbai ci dimostra come l apolitica di Modi abbia giocato sull'innalzamento dell'asticella ogni giorno verso la tollerabilità del suo fanatico populistmo: la passione di Matteo viene fuori indicando quale sia il metodo di propaganda, sempre lo stesso pedale schiacciato sul nazionalismo induista, senza alcuna idea ulteriore o diversa da quella di 5 anni fa, né possibilità di sbandierare successi durante questo lustro di potere incontrastato, nonostante gli indici di sviluppo siano accreditati al 7%, ci deve essere qualcosa di truccato, visto che tutti gli altri indicatori economici non si allineano a questo boom del pil; le rilevazioni non sono accurate, oppure il paese non si comporta di conseguenza.\r\n\r\nAffrontando poi la politica estera ci si inoltra in un fitto intrigo geopolitico che coinvolge Cina, Usa, accordi del Pacifico poco efficaci, ma anche più localmente Pakistan, Kashmir, Tibet, che si confonde con la sfera di influenza della Belt and Road iniziative e i suoi risvolti predatori che hanno portato all'acquisizione di un porto in Sri Lanka del tutto controllato dalla Cina con il provato metodo dell'acquisizione in seguito al non aver onorato gli impegni presi. Modi dunque ha cercato di proiettarsi come leader alternativo all'espansione cinese, senza riuscirci in tutti i 5 anni di mandato e quindi non ce n'è traccia nella sua campagna elettorale.\r\n\r\nQuesto e molto altro scaturisce da questo intervento di Matteo Miavaldi, sbalordito di quanto possa essere cambiata l'India durante questo lustro di governo Modi:\r\n\r\nCome l'India del 2019 arriva alle elezioni","21 Aprile 2019","2019-04-21 17:08:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/jaipur-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"199\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/jaipur-300x199.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/jaipur-300x199.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/jaipur.png 551w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","L’asticella dell’intolleranza si alza sempre più nell’India del Bjp",1555811328,[292,293,65,294,69,295,296],"http://radioblackout.org/tag/bjp/","http://radioblackout.org/tag/congress-party/","http://radioblackout.org/tag/narendra-modi/","http://radioblackout.org/tag/rahul-gandhi/","http://radioblackout.org/tag/sri-lanka/",[298,299,26,300,15,301,302],"Bjp","Congress party","Narendra Modi","Rahul Gandhi","Sri Lanka",{"post_content":304,"tags":308},{"matched_tokens":305,"snippet":306,"value":307},[76],"efficaci, ma anche più localmente \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>, Kashmir, Tibet, che si confonde","Importante il periodo storico del subcontinente asiatico, non solo e non tanto per le elezioni che si dilatano nel tempo come nello spazio sterminato di questo subcontinente popolato da 900 milioni di elettori, ma soprattutto fulcro degli equilibri mondiali tra Usa e Cina, tra partner locali e nazionalismi, tra religioni compresenti e in costante conflitto tra loro. 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Il più delle volte si sfrutta un'occasione per stornare l'attenzione da problemi ben maggiori, economici o di consenso; ma qui Hussain ci racconta – da una città marginale (lui ci dice che è piccola rispetto a Islamabad dove gli scontri proseguono, ma gli abitanti superano il milione) – che per un giorno tutto è rimasto bloccato: negozi chiusi, nessuno si è mosso... poi la città è composta in maggioranza da commercianti che non hanno tempo da perdere per i loro affari e non intendono esporsi, quindi rimane solo un po' di tensione e attenzione al caso, ma un'apparente normalità è tornata a regolare le giornate della capitale del Balucistan... ma altrove? a Islamabad, o Rawalpindi?\r\n\r\nIn diretta da Quetta ci siamo fatti raccontare da Hussain qual è l'atmosfera in Pakistan quando non si sa ancora dove sia Asia Bibi e quale possa essere il suo destino e l'evoluzione degli scontri scatenati dalla superstizione religiosa.\r\n\r\nLa pervasività religiosa delle società","10 Novembre 2018","2018-11-10 01:12:40","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_asiabibi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_asiabibi-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_asiabibi-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_asiabibi.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Asia Bibi: solo storie di ordinario integralismo religioso?",1541812357,[346,69,347],"http://radioblackout.org/tag/asia-bibi/","http://radioblackout.org/tag/sunniti/",[349,15,350],"Asia Bibi","sunniti",{"post_content":352,"tags":356},{"matched_tokens":353,"snippet":354,"value":355},[76],"Hussain qual è l'atmosfera in \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> quando non si sa ancora","Oppure si può cercare di capire come è coinvolta una cittadinanza, cosa smuove le persone, di qualunque ceto sociale, cresciute in una superstizione – come sono tutte le religioni – che vengono facilmente trascinate in massa nelle piazze di una nazione fondata su un credo religioso... solo perché una donna cristiana sarebbe stata blasfema durante uno screzio. 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Questa decisione ha scatenato le proteste dei Naga e dei Kuki che temono di perdere il controllo delle loro terre e si ritengono svantaggiati da questa decisione ,mentre l'equilibrio etnico nello stato è compromesso dall'arrivo di molti profughi dalla vicina Birmania di etnia Chin ,affine ai Kuki.\r\n\r\nDietro queste motivazioni ci sono anche le politiche accentratrici del governo di Delhi e del BJP il partito nazionalista indu' di Modi che utilizza in modo discriminatorio la norma della \"scheduled tribe\",la posizione strategica del Manipur in quanto porta verso i mercati indocinesi,l'onda d'urto della crisi birmana ,la contesa per le risorse agricole sempre piu' scarse.\r\n\r\nIn Pakistan dopo l'arresto dell'ex presidente Imran Khan continuano gli scontri e le proteste dei suoi sostenitori che attaccano anche le caserme dell'esercito ,potente soggetto politico ed economico in Pakistan che ha un ruolo determinante nelle vicende del paese.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/BASTIONI-DI-ORIONE-110523-VALACCHI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","13 Maggio 2023","2023-05-13 16:49:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-2-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 11/05/2023- AMERICA LATINA ESITO DEL VOTO IN CILE RIGURGITO PINOCHETTISTA E \"DESGASTE\" DELLA SINISTRA ALLE ELEZIONI PER LA COSTITUENTE,PARAGUAY SI CONFERMA L'ETERNO PARTIDO COLORADO EREDE DI STROESSNER.- MANIPUR LE FRATTURE ETNICHE SCUOTONO LA PORTA DI ACCESSO INDIANA ALLA PENISOLA INDOCINESE ,PAKISTAN LA CRISI ECONOMICA E QUELLA ISTITUZIONALE DOPO L'ARRESTO DELLEX PRESIDENTE IMRAN KHAN RISCHIANO DI TRAVOLGERE ANCHE L'ESERCITO .",1683996565,[518],[398],{"post_content":548,"post_title":552},{"matched_tokens":549,"snippet":550,"value":551},[76],"agricole sempre piu' scarse.\r\n\r\nIn \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> dopo l'arresto dell'ex presidente Imran","Bastioni di Orione in questa puntata racconta dell'esito delle elezioni in Cile e Paraguay con Diego Battistessa giornalista freelance che si occupa del continente da anni che ci racconta della vittoria dei nostalgici del pinochettismo a 50 anni dal golpe del 1973 ,alle elezioni per la composizione del Consiglio costituzionale che dovrà redigere la nuova costituzione cilena in sostituzione di quella voluta da Pinochet.\r\n\r\nLa vittoria della destra consentirà paradossalmente a coloro che non volevano cambiare la costituzione di riscriverla e di esercitare anche un diritto di veto ,mentre le politiche accomodanti del presidente Boric verso i poteri costituiti hanno deluso i movimenti che esplosi nel 2019 lo avevano portato alla presidenza.Il numero delle schede annullate ,circa il 20 % in una elezione dove il voto era obbligatorio ,dimostrano una crescente sfiducia nel processo istituzionale verso la nuova costituzione ,anche alla luce del \"rechazo\" popolare del referendum scorso.\r\n\r\nLe condizioni di vita della popolazione peggiorano con una crescita dell'inflazione e una difficoltà crescente nella vita quotidiana ,la legge \"Nain Retamal\" che consente il grilletto facile e concede l'impunità de facto alle forze dell'ordine è stata vissuta come un tradimento dalle forze sociali che avevano sostenuto il cambiamento , le scelte del governo di Boric sembrano orientate sempre di piu' al mantenimento dello status quo neo liberale post Pinochet.\r\n\r\nIn Paraguay ha vinto ancora il Partido colorado che governa dal 1947 , a parte la breve esperienza di Lugo, un paese dove la corruzione regna sovrana ,si attende ancora una riforma agraria ,il sistema di repressione e controllo del partito al potere pervade la società e perpetua il modello autoritario dell'ex dittatore Stroessner.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/BASTIONI-DI-ORIONE-110523-BATTISTESSA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nParliamo con Francesco Valacchi studioso esperto dell'area asiatica della situazione in Manipur, stato indiano al confine con la Birmania, scosso da scontri interetnici tra Meitei che sono la maggioranza induista che vive nella valle dell'Imphal e i Naga e i Kuki che vivono nelle colline .Le tensioni sono scaturite dalla decisione della Corte suprema indiana di riconoscere ai Meitei il beneficio di \"scheduled tribe\" istituto che consente di accedere a dei sostegni destinati ai gruppi etnici ritenuti svantaggiati ,relativi all'educazione ,la salute e l'occupazione nel settore pubblico. 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La crisi economica aggravata dall'introduzione del bitcoin come valuta legale e l'incapacità di affrontare le reali cause della violenza dimostrano il fallimento di Bukele che mantiene ancora un certo seguito favorito dalle divisioni dell'opposizione ,nonostante cresca nella società un movimento di contestazione slegato dal vecchio movimento ex guerrigliero del FMLN.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/BASTIONI-14042022-SALVADOR.mp3\"][/audio]","20 Aprile 2022","2022-04-21 10:28:42","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 14/4/2022 - MALI LA STRAGE DI MOURA -PAKISTAN CRISI DI GOVERNO E COLLASSO ECONOMICO -EL SALVADOR BUKELE LO STATO DI EMERGENZA E LE PANDILLAS",1650454680,[518],[398],{"post_content":576,"post_title":580},{"matched_tokens":577,"snippet":578,"value":579},[76],"sviluppi della crisi politica in \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> dopo la destituzione di Imre","Bastioni di Orione parliamo con Edoardo Baldaro della situazione in Mali dopo la strage di Moura dove le forze armate della giunta maliana e i mercenari di Wagner hanno massacrato quasi 400 persone secondo le testimonianze raccolte sul posto , la transizione a Bamako sembra stagnante ,la strategia del governo militare punta ad una soluzione di forza ,l'isorgenza jihadista s'innesta alle contraddizioni di natuta etnica fra Peuls e Dogon .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/BASTIONI-MALI-14042022.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Beniamino Natale profondo conoscitore dell'area parliamo degli sviluppi della crisi politica in \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> dopo la destituzione di Imre Khan da primo ministro che si inserisce nel pendolo dello scontro permanente tra il potere militare e quello civile ,i tentativi di addurre motivazioni legate ad un complotto internazionale non sono credibili in quanto si tratta di una questione interna agli equilibri di potere ,il nuovo primo ministro appartiene alla famiglia Sharif una delle più potenti del paese ,continua a dispiegarsi la teoria della profondità strategica del \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> verso le vicende afgane e i massicci investimenti cinesi che contribuiscono alla crisi del debito e al collasso economico .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/BASTIONI-14042022-PAKISTAN.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Maria Teresa Messidoro parliamo della situazione in El Salvador dove il presidente Bukele ha proclamato lo stato di emergenza giustificando la torsione autoritaria del suo mandato presidenziale con l'aumento delle uccisione causate dalle pandillas ,bande che colluse con ambienti governativi controllano le attività illegali . 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da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; RIVOLTE E INTRIGHI NELLA CONTORTA ESTATE IN SUDEST ASIATICO; IL GERD ETIOPE, ALLEANZE IN CORNO D'AFRICA E L'ASSEDIO MEDIEVALE SUDANESE; WAR ON DRUGS CONTRO CARACAS, CARIBE E MEXICO",1758374559,[518,602],"http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[398,604],"BastioniOrione",{"post_content":606},{"matched_tokens":607,"snippet":608,"value":609},[76],"disamina che ha coinvolto il \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>, con il quale l'Arabia Saudita","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark>, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al \u003Cmark>Pakistan\u003C/mark> in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[611],{"field":107,"matched_tokens":612,"snippet":608,"value":609},[76],{"best_field_score":502,"best_field_weight":614,"fields_matched":114,"num_tokens_dropped":50,"score":615,"tokens_matched":114,"typo_prefix_score":50},14,"578730123365187697",6634,{"collection_name":431,"first_q":15,"per_page":270,"q":15},["Reactive",619],{},["Set"],["ShallowReactive",622],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fR_BMpYVKHtPalFuIYQoiwP7yV4efAK_SkWHOxuBRY1I":-1},true,"/search?query=pakistan"]