","2017: Fuga dalla Corte penale internazionale","post",1477730754,[68,69,70,71],"http://radioblackout.org/tag/burundi-gambia-sudafrica/","http://radioblackout.org/tag/colonialismo-e-neocolonialismo/","http://radioblackout.org/tag/corte-penale-internazionale/","http://radioblackout.org/tag/despoti-africani/",[39,41,22,33],{"post_content":74,"post_title":79,"tags":82},{"matched_tokens":75,"snippet":77,"value":78},[76],"penale","di voler uscire dalla Corte \u003Cmark>penale\u003C/mark> internazionale (Cpi), che è nata","Dopo il Burundi e il Sudafrica, anche il Gambia ha annunciato di voler uscire dalla Corte \u003Cmark>penale\u003C/mark> internazionale (Cpi), che è nata nel 2002, dopo essere stata prevista dallo Statuto di Roma ratificato da 123 Paesi, ha visto incriminare solo politici africani. Il ministro gambiano dell’Informazione Sherif Bojang ha quindi avuto buon gioco ad accusare la Corte di aver ignorato i crimini di guerra occidentali.\r\n\r\n \r\n\r\nOccasione dunque per un'emancipazione tardiva dalle impostazioni dei codici occidentali, o scappatoia per evitare di essere incriminati internazionalmente? Velleità di licenza di uccidere e restare impuniti, oppure affrancamento dell'Africa per via giuridica, chiamandosi fuori dalle discriminazioni coloniali, che non colpiscono il reo confesso Blair ma si accaniscono su altrettanto sanguinari autocrati africani?\r\n\r\nProbabilmente entrambe le cose, ovvero: forse si dà questa possibilità di rifiutare l'imposizione di una Corte \u003Cmark>penale\u003C/mark> postcoloniale pronta a giudicare e sanzionare soltanto despoti africani, perché questi ultimi, dopo aver affamato le loro popolazioni, pretendono anche l'impunità e ulteriori mandati extracostituzionali.\r\n\r\n \r\n\r\nComunque lo spirito del tempo conduce a questi rifiuti ormai estesi di sottostare a regole create apposta per mantenere sotto il giogo europeo i paesi africani; e contemporaneamente queste manovre servono ai regimi sanguinari per perpetuarsi: è il caso del Burundi, come del Gambia... un po' diverso quello sudafricano, ma sempre ispirato dalla difesa della leadership, a tutti i costi. Ufficialmente il governo gambiano accusa il tribunale di non essere equo e di perseguire solo i capi di Stato africani. In realtà Yahya Jammeh (al \u003Cmark>potere\u003C/mark> dal 1996, guida uno dei regimi più oppressivi al mondo, con arresti ed esecuzioni sommarie all’ordine del giorno, che si sono moltiplicate in vista del voto di dicembre, dove si è candidato per un quinto mandato), come anche Pierre Nkurunziza, teme l’apertura di indagini a suo carico con il rischio di essere incriminato per reati gravissimi. La sua condotta potrebbe infatti giustificare l’accusa di violazione dei diritti umani e crimini contro l’umanità. Se il Gambia e il Burundi sono due piccoli Stati, il Sudafrica è invece una nazione di grande rilevanza nel continente. In questo caso, i politici sudafricani non corrono il rischio di essere incriminati, ma la leadership di Pretoria non vuole essere costretta dalla Cpi a perseguire i propri alleati (l’anno scorso, lungi dal far scattare le manette, Zuma ha accolto a braccia aperte a Pretoria il presidente sudanese Omar Bashir, su cui pende dal 2009 un mandato di cattura per crimini contro l’umanità). Desmond Tutu ha bollato queste manovre come pretesa di avere la licenza di uccidere... Gli accordi prevedono un anno dalla dichiarazione di volontà di uscita dalla Corte prima che questa sia esecutiva: il 2017 potrebbe prospettarsi come l'anno della dissoluzione della Corte \u003Cmark>Penale\u003C/mark> Internazionale come organismo neocoloniale?\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo interpellato Marta Mosca, anropologa esperta della regione dei Grandi Lghi per capirne qualcosa in più.\r\n\r\nburundi-e-cpi",{"matched_tokens":80,"snippet":81,"value":81},[76],"2017: Fuga dalla Corte \u003Cmark>penale\u003C/mark> internazionale",[83,85,87,91],{"matched_tokens":84,"snippet":39},[],{"matched_tokens":86,"snippet":41},[],{"matched_tokens":88,"snippet":90},[89],"Penale","Corte \u003Cmark>Penale\u003C/mark> Internazionale",{"matched_tokens":92,"snippet":33},[],[94,97,100],{"field":95,"matched_tokens":96,"snippet":77,"value":78},"post_content",[76],{"field":98,"matched_tokens":99,"snippet":81,"value":81},"post_title",[76],{"field":42,"indices":101,"matched_tokens":102,"snippets":104},[21],[103],[89],[90],1155199671761633300,{"best_field_score":107,"best_field_weight":108,"fields_matched":109,"num_tokens_dropped":54,"score":110,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":54},"1112386306048",14,3,"1155199671761633395",{"document":112,"highlight":135,"highlights":154,"text_match":105,"text_match_info":162},{"cat_link":113,"category":114,"comment_count":54,"id":115,"is_sticky":54,"permalink":116,"post_author":57,"post_content":117,"post_date":118,"post_excerpt":60,"post_id":115,"post_modified":119,"post_thumbnail":120,"post_thumbnail_html":121,"post_title":122,"post_type":65,"sort_by_date":123,"tag_links":124,"tags":130},[51],[53],"38426","http://radioblackout.org/2016/11/sudafrica-uno-snodo-epocale-in-cui-divampa-la-protesta/","Il popolo sudafricano non ne può più: la tolleranza verso la corruzione si è consumata integralmente e, come avviene forse soltanto in quel paese, le proteste sono vivaci e decise: molteplici i motivi, che affondano nella progressiva delusione di molte fette della popolazione che non trovano benefici dalla fine dell'apartheid, non sono coinvolti dalla redistribuzione dei beni e s'infuriano giustamente contro il sistema oligarchico e in particolare con il potere di Zuma. Avevano cominciato gli studenti un paio di settimane fa e la repressione fu brutale; ora sono classi e settori di società che sono coinvolti e animano le proteste di piazza; questo perché nel panorama continentale, la società sudafricana è attenta e non fa passare enormità inaccettabili proprio perché è una società sana abituata a inscenare proteste che finiscono con l'ottenere le istanze per cui sono chiamate a mobilitarsi masse di persone inferocite.\r\n\r\n \r\n\r\nL'attenzione particolare per queste proteste proviene dall'enorme importanza del popoloso paese australe, per cui la scelta di uscire dalla Corte penale internazionale è molto più sintomatica che non la medesima iniziativa del Burundi o del Gambia e può condizionare l'area, inoltre l'opinione pubblica sudafricana ha i mezzi per imporre il dibattito su questa scelta, verificando che si tratti davvero di prodromi all'affrancamento dal neocolonialismo occidentale e non semplicemente un modo drastico di coprire orrori, malefatte, torture, eccidi, abusi in generale.\r\n\r\n \r\n\r\nPer comprendere meglio la situazione del paese abbiamo interpellato Marco Longari, fotografo dell'Afp, ecco cosa ci ha raccontato:\r\n\r\nprotestecontrozuma","5 Novembre 2016","2016-11-07 17:12:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/SouthAfrica_AFP1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"195\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/SouthAfrica_AFP1-300x195.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/SouthAfrica_AFP1-300x195.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/SouthAfrica_AFP1-768x500.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/SouthAfrica_AFP1-1024x667.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/SouthAfrica_AFP1.jpg 1228w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sudafrica: uno snodo epocale in cui divampa la protesta",1478364760,[125,70,126,127,128,129],"http://radioblackout.org/tag/corruzione/","http://radioblackout.org/tag/riot/","http://radioblackout.org/tag/studenti/","http://radioblackout.org/tag/sudafrica/","http://radioblackout.org/tag/zuma/",[131,22,132,133,134,25],"corruzione","riot","Studenti","Sudafrica",{"post_content":136,"tags":141},{"matched_tokens":137,"snippet":139,"value":140},[138],"potere","e in particolare con il \u003Cmark>potere\u003C/mark> di Zuma. 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Non solo per ribadire come il potere si materializzi sulle vite di sfruttati e sfruttabili, ma anche per sottolineare quali alleanze vogliamo ribadire, scoprire e valorizzare nel nostro bisogno di organizzarci contro un'esistenza invivibile e inaccettabile.\r\n\r\nIl momento storico in cui ci troviamo a vivere ci impone la necessità di ampliare lo sguardo sul fenomeno carcerario, legandolo non solo a un dispositivo fisico repressivo, ma capendo come la diluizione del sistema carcere al di fuoridelle patrie galere coinvolga inevitabilmente i diversi strati sociali e informi il tessuto sociale tutto. Il governo Meloni e le sue politiche, marcatamente classiste, razziste e securitarie, mostra una continuità a ritmo sostenuto, in rapporto con gli esecutivi precedenti nel creare supposti \"soggetti criminali\" enemici da cui difenderci. La tendenza è quella giustizialista che continua a materializzarsi nell'uso della decretazione d'urgenza, sia riguardo al fenomeno della cosiddetta \"devianza giovanile\" sia a quello della migrazione. Decreti che hanno il medesimo obiettivo politico: privazione della libertà personale e di movimento. Un vero e proprio strapotere penale, e carcerario, quello che si sta sviluppando oltre il perimetro dell'istituzione totale per eccellenza, dove a farne le spese sarà la parte più sfruttabile e ricattabile del tessuto sociale. Il mito collettivo, secondo cui la prigione protegge (da cosa esattamente?) e quindi sia un male necessario, non è altro che un mito utilizzato per giustificare, quando ancora ce ne sia bisogno, l’istituzione carcere in sé, luogo ove confinare la miseria e soffocare la protesta contro l'ordine stabilito e creare cittadini obbedienti. E questo mito è di sovente ancorato all'idea, quasi religiosa, del \"chi ha peccato deve pagare\". Ma invece è ovvio che le carceri, essendo per essenza strutture coercitive, non possono che avere come unico scopo la disciplina e la sicurezza. Questo controllo sociale totalizzante viene esercitato al di là delle mura del carcere, attraverso la paura che esso incute, ma anche per mezzo delle cosiddette pene alternative, ovvero ulteriori strumenti per aumentare la carcerazione diffusa. La prigione è il luogo di punizione per eccellenza, in cui la società capitalista neoliberale rinchiude coloro che dichiara dannosi, per contenere qualsiasi slancio di rivolta sociale e mantenere così al suo interno valori morali basati sulla disuguaglianza, sullo sfruttamento, sul rispetto dell'autorità e sulla sottomissione alla violenza dello Stato.\r\n\r\nLe rivolte, gli scioperi della fame, le lotte dei reclusi che caratterizzano la quotidianità delle carceri, sono l'evidenza di una rabbia irriformabile. Una rabbia relegata, dagli organi governamentali, a una totale silenziazione delle sue rivendicazioni, in cui si vuole privare di significato qualsiasi atto di protesta con la conseguente invisibillazione delle condizioni detentive.Le parole del ministro della Giustizia Nordio, in visita al carcere Lorusso e Cotugno, lo scorso mese in risposta alla morte di due detenute, non fanno altro che speculare sull'accaduto e portare avanti i calcoli politici di governo, di fronte all'evidenza strutturale che il carcere uccide. Lo scopo delle istituzioni penitenziarie è dunque chiaro: controllare, monitorare, punire, uccidere, poiché la necropolitica è parte integrante della logica carceraria.\r\n\r\nEssa si basa sul fare della violenza-tortura-morte uno strumento di controllo e deterrenza per gli internati, verso il mondo dei liberi e in particolare verso quegli strati del tessuto sociale che, in diverse forme, escono dagli schemi costruiti attorno ad essi. Grazie allo sciopero della fame di 181 giorni portato avanti da Alfredo Cospito e alla mobilitazione contro il 41bis e l'ergastolo ostativo al suo fianco, è oggi forse maggiormente noto come lo stato utilizzi la tortura, annientando psico-fisicamente le persone detenute nelle carceri per estorcere informazioni, richiedere il pentimento o la dissociazione. Questi sono i meccanismi brutali di cui si avvalgono le istituzioni per il re-inquadramento di massa della società tutta.\r\n\r\nQuando il sistema carcerario esplica la sua funzione violenta e mortifera, l'opinione pubblica tende a polarizzarsi in due correnti non dualistiche tra di loro: da una parte si consolida l'approccio giustizialista, dove si criminalizza e si condanna alla responsabilità individuale dell'espiazione della colpa, discorso accettato da un ampia fetta della società. Dall'altra, invece, il paradigma garantista, abbandonate le proprie velleità di assicurazione dello stato di diritto - come il principio di proporzionalità e funzione rieducativa della pena - si riduce alla mera richiesta di più controllo e sorveglianza negli istituti penitenziari, tramite l'assunzione massiccia di guardie, militari e personale sanitario. Nello specifico i sindacati di polizia avanzano rivendicazioni bastate sulla richiesta di più organico con l'obbiettivo di aumentare la loro capacità di coercizione e violenza nei confronti dex detenutx,soprattutto dex rivoltosx.\r\n\r\nEntrambi gli approcci danno voce quindi ad un unicum securitario. Un discorso che nel suo complesso va smascherato. La violenza statale si perpetua nell'ordine carcerario anche attraverso il sovraffollamento, la mancanza di cure sanitarie e i pestaggi della polizia. Pensare di riformare le carceri non è un'orizzonte politico desiderabile perché non può esserci una vera emancipazione senza la distruzione totale dei luoghi di reclusione e della società che li necessita.\r\nCONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ CHE NE HA BISOGNO: rendiamo tangibile la solidarietà a chi resiste e lotta contro la violenza quotidiana della detenzione, attraversando le strade di Vallette per arrivare fino alle mura del carcere Lorusso Cotugno.\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","8 Novembre 2023","2023-11-09 01:01:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a-722x1024.jpg 722w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a-768x1089.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a-1083x1536.jpg 1083w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a.jpg 1128w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","Corteo contro il carcere",1699487249,[178,179,180],"http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/corteo/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[182,183,184],"carcere","corteo","torino",{"post_content":186},{"matched_tokens":187,"snippet":188,"value":189},[138],"solo per ribadire come il \u003Cmark>potere\u003C/mark> si materializzi sulle vite di","CORTEO CONTRO IL CARCERE\r\nE LA SOCIETA CHE NE HA BISOGNO\r\nSabato 11 novembre\r\ndalle ore 15\r\nangolo tra via Val della torre e corso Cincinnato (Torino)\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQui l'intervista con una compagna, mentre di seguito il testo di lancio del corteo:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/CorteoCarcere.081123.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMentre non si riesce più a contare il numero di gente massacrata e la cui vita è in scacco per via di necessità e imperativi di guerra che bussano alle porte di questa Europa apparentemente prossima al collasso sia economico che ecologico; mentre i giornali imperversano in una retorica schiacciante in cui terrorista è nominato colui che lotta, si organizza e risponde - colpo su colpo - alla violenza degli Stati, alla violenza delle colonie e all’ingiustizia strutturale dei sistemi differenziati del capitalismo neo-liberale (ossia la produzione, da parte del capitalismo, di categorie di persone sfruttabili, ricattabili e reprimibili a seconda delle sue necessità); mentre tutto questo succede, il carcere - essenza materiale e simbolica, della dirompenza del sistema di controllo, punizione e messa a valore delle classi oppresse - diventa un nodo centrale contro cui lottare. 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Grazie allo sciopero della fame di 181 giorni portato avanti da Alfredo Cospito e alla mobilitazione contro il 41bis e l'ergastolo ostativo al suo fianco, è oggi forse maggiormente noto come lo stato utilizzi la tortura, annientando psico-fisicamente le persone detenute nelle carceri per estorcere informazioni, richiedere il pentimento o la dissociazione. Questi sono i meccanismi brutali di cui si avvalgono le istituzioni per il re-inquadramento di massa della società tutta.\r\n\r\nQuando il sistema carcerario esplica la sua funzione violenta e mortifera, l'opinione pubblica tende a polarizzarsi in due correnti non dualistiche tra di loro: da una parte si consolida l'approccio giustizialista, dove si criminalizza e si condanna alla responsabilità individuale dell'espiazione della colpa, discorso accettato da un ampia fetta della società. 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Pensare di riformare le carceri non è un'orizzonte politico desiderabile perché non può esserci una vera emancipazione senza la distruzione totale dei luoghi di reclusione e della società che li necessita.\r\nCONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ CHE NE HA BISOGNO: rendiamo tangibile la solidarietà a chi resiste e lotta contro la violenza quotidiana della detenzione, attraversando le strade di Vallette per arrivare fino alle mura del carcere Lorusso Cotugno.\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[191],{"field":95,"matched_tokens":192,"snippet":188,"value":189},[138],{"best_field_score":107,"best_field_weight":108,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":54,"score":194,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":54},"1155199671761633393",{"document":196,"highlight":215,"highlights":220,"text_match":105,"text_match_info":223},{"cat_link":197,"category":198,"comment_count":54,"id":199,"is_sticky":54,"permalink":200,"post_author":57,"post_content":201,"post_date":202,"post_excerpt":60,"post_id":199,"post_modified":203,"post_thumbnail":204,"post_thumbnail_html":205,"post_title":206,"post_type":65,"sort_by_date":207,"tag_links":208,"tags":213},[51],[53],"43163","http://radioblackout.org/2017/09/persecuzioni-cumulative-su-detenuti-da-annientare-il-caso-lioce/","Lo stato è sempre punitivo con i suoi nemici. Lo è anche solo per ribadire la supremazia di classe del potere su chi appartiene a classi subalterne. Diventa feroce con coloro che si sono contrapposti e riescono a resistere alle pressioni fisiche e psicologiche di una contenzione disumana che dura da 12 anni come nel caso di Nadia Lioce, combattente della lotta armata in isolamento dal 2005; e ora la sua detenzione è stata pure inasprita dalle nuove regole del famigerato 41bis, con la riduzione anche dei libri e dell'accesso alla già scarsa informazione.\r\n\r\nAlla pena da scontare per pure ragioni punitive si aggiunge oggi la farsa di questo processo, la cui prima udienza era prevista oggi 15 settembre 2017 (dopo il rinvio di luglio per un vizio ridicolo: non avevano trovato l'accusata – che marciva in carcere da dieci anni – per consegnarle l'ingiunzione), intentato ai suoi danni in modo pretestuoso pescando alla rinfusa dal mazzo di leggi del codice penale (si può sempre adattare qualcosa per perseguire il cittadino): oltraggio a pubblico ufficiale per aver insultato un agente penitenziario e disturbo delle occupazione o del riposo delle persone, perché aveva fatto una battitura tre anni fa dentro la sua cella per protestare contro le ulteriori restrizioni della sua detenzione, che già di per sé è sempre indegna di un paese civile, ma così diventa tortura e tentativo di annientamento di una persona.\r\n\r\nAbbiamo parlato di questo e di altri aspetti correlati con un compagno del Collettivo contro la repressione per un Soccorso rosso\r\n\r\nprocesso Lioce\r\n\r\n \r\n\r\nAlcune notizie ci sono poi giunte a seguito di questa mattinata di normale persecuzione. Intanto l'avvocato di Nadia Lioce è stata bloccata in autostrada per un casuale \"controllo\", durante il quale sono stati sollevati problemi relativi a dettagli relativi alle infinite norme inventate per vessare gli automobilisti e trovare sempre qualche motivo per impedire ai cittadini di vivere, utili inparticolare in questi casi. L'imputata è stata \"preseente\" in videoconferenza e si è scoperto che il dibattito processuale si è reso \"necessario\" a seguito dell'accumulo di 70 richiami e censure in carcere per le proteste derivanti anche dall'abitudine di perquisire la sua cella almeno una volta al giorno, sottraendole ogni volta qualvche oggettino essenziale per la sua vita di reclusa in isolamento, come per esempio un elastico per trattenere i capelli. Per ognuno di questi richiami ha acumulato 10 giorni di punizione (quindi 700 giorni di ulteriore tortura inflittale dallo stato in modalità ferocemente repressiva). In concomitanza dell'udienza sono stati inscenati presidi in molte città di fronte ai Palazzi di \"Giustizia\": a Torino la presenza della digos era tuuto tranne che discreta e ridotta, ma si è potuto srotolare uno striscione che riportava la scritta: \" 41bis tortura di stato. Sosteniamo i rivoluzionari prigionieri\".\r\n\r\nQuesto accanimento non sembra piegare la volontà di Nadia, per quanto allontanata dal mondo e priva di notizie, informazioni, contatti, corrispondenza negata, censurata, non inoltrata, non sembra nonostante le vessazioni degli aguzzini secondini che intenda arrendersi e nemmeno quanto possa apprezzare le raccolte firme in suo favore: sembra maggiormente interessata a denunciare l'orrore del regime di 41bis, evidentemente la deprivazione psichica, l'isolamenteo totale e permanente, insomma la tortura bianca non è riuscita nell'intento di annientare personalità e identità di Nadia Lioce.","15 Settembre 2017","2017-09-19 14:09:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/2017_09_15_lioce-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"280\" height=\"171\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/2017_09_15_lioce.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Persecuzioni cumulative per detenuti da annientare: il caso Lioce",1505476447,[209,210,211,212],"http://radioblackout.org/tag/anticarceraria/","http://radioblackout.org/tag/nadia-lioce/","http://radioblackout.org/tag/no41bis/","http://radioblackout.org/tag/terrorismo-di-stato/",[31,214,27,35],"Nadia Lioce",{"post_content":216},{"matched_tokens":217,"snippet":218,"value":219},[138],"la supremazia di classe del \u003Cmark>potere\u003C/mark> su chi appartiene a classi","Lo stato è sempre punitivo con i suoi nemici. 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Le motivazioni della sentenza non sono state ancora pubblicate, ma si sa che il pubblico ministero le ha contestato, tra le altre cose, l'uso del \"noi partecipativo\" nella sua tesi, che avvalorerebbe la tesi del \"concorso\". Ancora, ultimamente, al docente associato di Antropologia Culturale della Federico II di Napoli Enzo Alliegro, già ascoltato dai microfoni di Radio BlackOut per approfondire il tema della petrolizzazione della Lucania e dei movimenti di protesta sorti in quel territorio ( tema al quale Alliegro ha dedicato anche \"Il totem nero. Petrolio, sviluppo e confitti in Basilicata\"), è pervenuto dal Tribunale di Brindisi un avviso di garanzia e chiusura indagini preliminari conseguente alla sua partecipazione ad una manifestazione di protesta contro il taglio degli ulivi indiscriminato per la vicenda xylella, alla quale partecipava per un progetto di ricerca che porta avanti insieme ad altri colleghi e colleghe. Diverse associazioni del settore, tra le quali L'Anuac- Associazione Nazionale universitaria degli antropologi culturali- hanno espresso solidarietà al docente e alla studentessa. Emerge, da tali vicende, un aspetto inquietante del rapporto tra giustizia penale e libera ricerca. Come ricorda infatti Adriano Favole, docente presso Unito, in un articolo apparso ieri sul supplemento domenicale de Il Corriere, La Lettura, dal titolo \"Processo all'antropologia culturale\", l'osservazione partecipata, per la quale i due studiosi sono finiti nel mirino dei tribunali, è parte integrante, conditio sine qua non e pratica immanente al mestiere dell'antropologo. Non può darsi antropologia, e antropologia vera, senza il collocarsi in situ-azione del ricercatore e della ricercatrice, col proprio corpo, nell'eterna dialettica quasi ossimorica- come ci ricorda l'antropologa Elena Bougleaux dell'Università di Bergamo- tra l'osservazione ( che sottende il distacco, il distanziamento critico) e la partecipazione ( alla quale invece è propria la relazione empatica con l'Altro, gli altri, le altre). Ma Bougleaux, e tanto più interessante appare la considerazione, nella sua portata critica, in quanto avanzata da una ricercatrice, avverte sul rischio di una giustificazione/legittimazione della pratica antropologica fondata su parametri e criteri disciplinari. Si deve infatti scongiurare in ogni modo il rischio di scivolare nell'involontaria ma possibile delegittimazione degli altri, di quelli e quelle che lottano, in ogni contesto, senza \"cappelli\" accademici, senza giustificazioni scientifiche. E forse, possiamo ipotizzare, si colpisce la ricerca proprio quando dà voce, di fatto, alle lotte...L'antropologia, specie quando approccia i movimenti, deve dunque porsi come traduzione delle voci dissonanti, a restituire i sensi multipli di discorsi altri- subalterni, o alternativi- rispetto al discorso dominante, ribaltando il segno della propria genesi storica e degli effetti sociali e politici che produsse quando piegò il proprio lavoro sul campo alla logica e agli interessi dell'impresa coloniale. L'unica ricerca possibile in quanto genuina è dunque un viaggio- il più lungo- in cui stare corpo-a-corpo con il reale, con l'altro; un rapporto anche fisico, materiale, che spesso, se schietto, può trasformarsi in un corpo-a-corpo col potere, specie se finisce per rilevarne \"i sottoprodotti malefici\"- come scriveva un ispirato Levi Strauss nel capitolo conclusivo del celeberrimo Tristi Tropici- che infettano la terra.\r\n\r\n\"Ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell'umanità\".\r\n\r\nAscolta la diretta con Elena Bougleaux, Antropologa presso l'Università di Bergamo\r\n\r\nUnknown","4 Luglio 2016","2016-07-05 18:53:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/levistrauss-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"152\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/levistrauss-300x152.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/levistrauss-300x152.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/levistrauss.jpeg 315w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","I Tropici sono Tristi, ovvero il re è nudo: l'antropologia tra libertà e responsabilità della ricerca",1467635427,[238,239,240,241],"http://radioblackout.org/tag/antropologia-culturale/","http://radioblackout.org/tag/levi-strauss/","http://radioblackout.org/tag/notav/","http://radioblackout.org/tag/ricerca/",[37,29,243,244],"notav","ricerca",{"post_content":246},{"matched_tokens":247,"snippet":248,"value":249},[76],"inquietante del rapporto tra giustizia \u003Cmark>penale\u003C/mark> e libera ricerca. 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La repressione non può essere separata dall'insieme delle mosse politiche, mediatiche e poliziesche con cui il potere cerca di imporre la devastazione della Valsusa e di sconfiggere il movimento di resistenza e di opposizione. Di conseguenza, la solidarietà nei confronti degli imputati (e più in generale degli indagati e dei banditi dalla Valle) è allo stesso tempo un terreno della lotta e una delle sue condizioni, parte integrante della battaglia contro il TAV.\r\nProprio perché la questione riguarda tutti, comunico alcune mie riflessioni pur non essendo tra gli arrestati del 26 gennaio scorso.\r\n\r\nQuello che comincia il 21 novembre è un uno dei processi più importanti contro il conflitto sociale di questo paese, perché è evidente che attraverso l'opposizione al TAV si vuole colpire ogni forma di resistenza e di autorganizzazione. Che sia una figura come Caselli il titolare dell'inchiesta è indicativo. Un magistrato di sinistra – proveniente dalle fila del vecchio PCI –, un servitore dello Stato democratico accanito come pochi altri contro la generazione che negli anni Settanta tentò l'assalto al cielo rivoluzionario. Non è certo un movimento come quello NO TAV a farsi impressionare dalle mostrine dell'«antimafia», avendo sperimentato sulla propria pelle come Stato e mafia siano in un rapporto di simbiosi mutualistica.\r\nQuesto processo ci riguarda tutti, perché, come abbiamo detto e scritto, in quei boschi, davanti a quelle recinzioni e dietro quelle barricate c'eravamo tutti. Essere o meno imputati è un fatto aleatorio (una foto, un riconoscimento reale o presunto, un casco, una felpa, un braccialetto…); ciò che non lo è sono l'orgoglio e la fierezza di partecipare a una lotta per la terra, la dignità e la libertà.\r\nEd è questo che dobbiamo rivendicare tutti a testa alta, con passione e senza alcun cedimento. Ai tentativi di dividerci e di metterci gli uni contro gli altri (\"violenti\" e \"nonviolenti\", \"valsusini\" e \"foresti\") abbiamo già risposto: «Siamo tutti black bloc».\r\nIl movimento NO TAV ha raggiunto la consapevolezza che ciò che è giusto e ciò che è legale non coincidono; che anche noi, come altri prima di noi, lungo un crinale di bosco e di storia, dobbiamo operare una scelta: tornarcene a casa perché «è legge» (quella del più forte, del più ricco, del più armato), oppure batterci perché «è giusto» (una giustezza che ci suggeriscono sia le ragioni dell'intelletto sia quelle del cuore).\r\nLa resistenza allo sgombero dei trentasette, bellissimi giorni della Libera Repubblica della Maddalena e il tentativo di riprenderci la Clarea erano giusti. Di chi è quella mano, chi ha lanciato quel sasso ecc. sono faccende di giudici e di avvocati. Ciò che deve unire tutti, al di là delle scelte processuali, è il rifiuto di subordinare quello che riteniamo giusto al codice penale e ai tribunali. Questi fanno parte – assieme alle ruspe, al filo spinato, ai new jersey, ai Lince, alle manganellate, al CS – della macchina che vuole spianare alberi, montagne, vita.\r\nDa questo punto di vista – autonomo, diverso, altro, nostro – non hanno ragione di esistere le polemiche rispetto alle diverse scelte processuali. Mi spiego.\r\nQuasi tutti gli imputati – il che è già un risultato significativo – hanno rifiutato sia il patteggiamento sia il rito abbreviato. Ora, visto che il movimento ha già dato il proprio giudizio sul 27 giugno e sul 3 luglio, ricorrere o meno alla difesa tecnica non sposta il terreno del conflitto, che è la giustezza della lotta NO TAV nel suo insieme, lotta che il processo intende colpire.\r\nAnzi, che dei compagni rifiutino di nominare un avvocato e di difendersi su questo o quell'aspetto, conferma l'alterità etica della lotta rispetto ai tribunali. Non solo si tratta di una scelta da rispettare (che i compagni sono disposti a pagare in prima persona), ma essa esprime anche la ricchezza e l'eterogeneità del movimento NO TAV: non è mai stata una \"linea politica\" ad unirci, ma la convergenza pratica verso una resistenza e le sue dinamiche. Se gli avvocati degli altri imputati riusciranno a smontare questo o quell'aspetto tecnico dell'accusa, ben venga. Difendersi o meno ha che fare con le diverse valutazioni che ognuno dà su rapporti di forza, agibilità, compromessi, prospettive, lotte e carcere ecc. Se è opportuno che ci sia un minimo di accordo sulla condotta pratica in aula (per evitare episodi spiacevoli di incomprensione), il terreno comune non sono le specifiche arringhe degli avvocati, ma la chiara rivendicazione della lotta NO TAV e delle sue memorabili giornate.\r\nForse pecco di ingenuità, ma la questione a me sembra tutta qui. Più forti saranno la mobilitazione e la solidarietà, e più difficile sarà per i giudici emettere le loro sentenze.\r\nMa la posta in gioco va al di là della lotta NO TAV, soprattutto se inseriamo questo processo nel suo contesto più generale.\r\nIn questa fase, nonostante i pesanti attacchi alle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone, l'insoddisfazione e la rabbia sembrano sorde. La collera possibile è inquinata in anticipo dai discorsi martellanti sulla legalità da contrapporre alla corruzione, con i partiti «dalla parte dei cittadini» che si fregiano di non candidare persone con precedenti penali. Se questo mette al riparo, una volta di più, il movimento NO TAV da tentazioni \"politiche\" (visto il gran numero di denunciati, indagati e processati al suo interno...), costituisce anche un salutare spartiacque. \"Legalità\" e \"onestà\" non coincidono affatto. Erano forse onesti i cittadini che denunciavano gli ebrei dopo le leggi razziste del 1938? Sono forse onesti i militari che sparano o bombardano in Afghanistan? È forse onesto chi lavora alla devastazione della Valsusa? E all'opposto: è stato forse disonesto tagliare filo spinato e recinzioni, abbattere muri e fari, bloccare trivelle e treni, occupare autostrade e sedi istituzionali? Non solo lo abbiamo fatto, ma lo abbiamo rivendicato apertamente. Mentre in nome della legge i potenti arraffavano, devastavano, gasavano, bastonavano.\r\nChe un movimento di massa dica questo, oggi, è un contributo per tutte le lotte, per l'autonomia degli sfruttati dalla logica di chi è al potere (e di chi al potere vuole arrivare).\r\nA differenza di principi e buffoni di corte, non abbiamo inquinato territori né avvelenato popolazioni, non abbiamo rubato ai poveri né falsificato bilanci, non abbiamo comprato né venduto favori nei sottoscala di un ministero. Abbiamo trasgredito le leggi, ma a modo nostro. Il senso del giusto lo custodiamo lontano dai tribunali, in luoghi che non si possono perquisire né rinchiudere: i nostri cuori.\r\n\r\nRovereto, 30 ottobre 2012\r\nMassimo Passamani","11 Novembre 2012","2012-11-14 15:01:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/11/no-tav-arresti-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/11/no-tav-arresti-300x168.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Lettera di Massimo Passamani sul processo ai No Tav che inizierà il prossimo 21 novembre",1352648002,[],[],{"post_content":272},{"matched_tokens":273,"snippet":274,"value":275},[138],"e poliziesche con cui il \u003Cmark>potere\u003C/mark> cerca di imporre la devastazione","Considerazioni sul processo ai NO TAV\r\n\r\nNon potendo partecipare di persona alle discussioni, affido a queste note le considerazioni che vorrei condividere.\r\nIl processo ai NO TAV che comincerà il 21 novembre è un passaggio importante della lotta contro l’Alta Velocità. La repressione non può essere separata dall'insieme delle mosse politiche, mediatiche e poliziesche con cui il \u003Cmark>potere\u003C/mark> cerca di imporre la devastazione della Valsusa e di sconfiggere il movimento di resistenza e di opposizione. Di conseguenza, la solidarietà nei confronti degli imputati (e più in generale degli indagati e dei banditi dalla Valle) è allo stesso tempo un terreno della lotta e una delle sue condizioni, parte integrante della battaglia contro il TAV.\r\nProprio perché la questione riguarda tutti, comunico alcune mie riflessioni pur non essendo tra gli arrestati del 26 gennaio scorso.\r\n\r\nQuello che comincia il 21 novembre è un uno dei processi più importanti contro il conflitto sociale di questo paese, perché è evidente che attraverso l'opposizione al TAV si vuole colpire ogni forma di resistenza e di autorganizzazione. Che sia una figura come Caselli il titolare dell'inchiesta è indicativo. Un magistrato di sinistra – proveniente dalle fila del vecchio PCI –, un servitore dello Stato democratico accanito come pochi altri contro la generazione che negli anni Settanta tentò l'assalto al cielo rivoluzionario. Non è certo un movimento come quello NO TAV a farsi impressionare dalle mostrine dell'«antimafia», avendo sperimentato sulla propria pelle come Stato e mafia siano in un rapporto di simbiosi mutualistica.\r\nQuesto processo ci riguarda tutti, perché, come abbiamo detto e scritto, in quei boschi, davanti a quelle recinzioni e dietro quelle barricate c'eravamo tutti. Essere o meno imputati è un fatto aleatorio (una foto, un riconoscimento reale o presunto, un casco, una felpa, un braccialetto…); ciò che non lo è sono l'orgoglio e la fierezza di partecipare a una lotta per la terra, la dignità e la libertà.\r\nEd è questo che dobbiamo rivendicare tutti a testa alta, con passione e senza alcun cedimento. 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Se è opportuno che ci sia un minimo di accordo sulla condotta pratica in aula (per evitare episodi spiacevoli di incomprensione), il terreno comune non sono le specifiche arringhe degli avvocati, ma la chiara rivendicazione della lotta NO TAV e delle sue memorabili giornate.\r\nForse pecco di ingenuità, ma la questione a me sembra tutta qui. Più forti saranno la mobilitazione e la solidarietà, e più difficile sarà per i giudici emettere le loro sentenze.\r\nMa la posta in gioco va al di là della lotta NO TAV, soprattutto se inseriamo questo processo nel suo contesto più generale.\r\nIn questa fase, nonostante i pesanti attacchi alle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone, l'insoddisfazione e la rabbia sembrano sorde. La collera possibile è inquinata in anticipo dai discorsi martellanti sulla legalità da contrapporre alla corruzione, con i partiti «dalla parte dei cittadini» che si fregiano di non candidare persone con precedenti penali. Se questo mette al riparo, una volta di più, il movimento NO TAV da tentazioni \"politiche\" (visto il gran numero di denunciati, indagati e processati al suo interno...), costituisce anche un salutare spartiacque. \"Legalità\" e \"onestà\" non coincidono affatto. Erano forse onesti i cittadini che denunciavano gli ebrei dopo le leggi razziste del 1938? Sono forse onesti i militari che sparano o bombardano in Afghanistan? È forse onesto chi lavora alla devastazione della Valsusa? E all'opposto: è stato forse disonesto tagliare filo spinato e recinzioni, abbattere muri e fari, bloccare trivelle e treni, occupare autostrade e sedi istituzionali? Non solo lo abbiamo fatto, ma lo abbiamo rivendicato apertamente. 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L'Edipo moderno, che la psicoanalisi ha contribuito a generalizzare nei discorsi quotidiani, non è che questo: privatizzare, tagliar via il familiare dal sociale, psicologizzare il politico. La castrazione non è che il ripiegamento del sociale, dello storico, del politico sul familiare e sul privato.\r\nContro il determinismo biologico...\r\n(dell'istinto di maternità a/de-storicizzato, che prescrive certi comportamenti come naturali), si vedano le ricerche antropologiche di Margareth Mead, in particolare \"Sesso e temperamento\", 1929, che analizza il modello sociale di 3 diverse tribù della Nuova Guinea. La differenza dei sessi è ovviamente uno dei temi del \"dramma sociale\", ma ciascuna lo sviluppa a modo suo (e differenza dei sessi implica anche differenti organizzazioni della sfera familiare e del rapporto padre/madre/figli). Già nel 29 dimostra come esistano elementi senza rapporto con la realtà biologica del sesso, che sono appunto \"costruzioni sociali\". Per Mead in Occidente sociologia, medicina, gergo, poesia accettano le definizioni sociali delle differenze tra i sessi come fondate sul temperamento ed ogni deviazione dalla parte assegnata è un'anomalia \"dalla nascita\" invece ad esempio tra gli Arapesh e i Mundugumor uomini e donne non sono ritenuti diversi per temperamento ma attribuiscono loro funzioni sociali diverse.\r\nA cosa servono i mostri?\r\nNell'800 si consuma l'abbraccio mortale tra psichiatria e potere penale. A fine '800 Cesare Lombroso tenta il primo esperimento ansiolitico di rassicurazione dei cittadini moderni e civili, elaborando il primo testo multimediale della storia. Fa fare dagherrotipi dai volti dei criminali descritti e la domanda implicita è – hai la fronte di due pollici? Hai tu il sopracciglio unito così?- la risposta del cittadino spaventato è sempre no, è sempre di dissociazione ( la separazione del grottesco, mai l'empatia del tragico). Tutt'oggi la spiegazione più diffusa per certi crimini è l'alibi del raptus, che rappresenta una grande auto-assoluzione sociale di massa, e che, come ogni determinismo biologico o psichiatrico assolve tutti perchè promette di trovare un'unica causa interna, individuale, privata (il capro espiatorio).\r\nSegnaliamo a questo proposito l'importazna del testo \"Moi, Pierre Riviere, ayant egorgé ma mère, ....) scoperto e pubblicato da Foucault e la sua equipe nel '73, e che si riferisce al caso di P.R, del 1836. Pierre Rivière è uno dei primi mostri, anche per i giornali, sul quale si pronunciano a distanza tutti i maggiori psichiatri dell'epoca. Mostro non solo per ciò che ha compiuto ma per il preciso memoriale ex post, scritto nel carcere.\r\n[...] Il fatto è che l'orribile è quotidiano. Nelle campagne era da sempre il destino di tutti, uno ne ride di un riso che si crederenbbe di un idiota, un altro lo dice tranquillamente; ed è lo stesso. Il destino di tutti. Ma questa famiglia è esemplare, per il fatto che visse in modo da gridare con rabbia che tutto fa male, sempre, e che a questo come a tutto ci si abitua. Come una cappa di piombo, il peso dell'impossibile....\r\nArriva nel 1838 una nuova legge, con il concorso attivo dei grandi nomi della psichiatria dell'epoca, che riescono ad imporre una nuova sintesi che segna una modificazione decisiva del rapporto tra mondo medico e mondo penale. Istituzionalizzando accuratamente le modalità dell'internamento - \"d'ufficio\" e \"volontario\"- in \"istituti speciali\" (ospedali psichiatrici),. L'internamento d'ufficio assicura la possibilità di una procedura rapida, altrettanto efficace ed imperativa quanto il sequestro penale. Ma ha il \"vantaggio\" supplementare di poter agire prima che un atto delittuoso sia commesso, prima ancora che una sentenza di interdizione sia emessa come in linea di massima era richiesto nel caso della follia prima della legge del '38. Un certificato medico, interinato dall'autorità prefettizia e controllato da una possibile ispezione giudiziaria, potrà rivelare degli stati potenzialmente pericolosi. Vince dunque, storicamente, la forma di controllo più molecolare, biopolitica e micro-diffusa, capace di essere introiettata più di altre forme di controllo.\r\nLa costruzione del mostro...\r\nDonna Haraway, Manifesto Cyborg, \"Nell'immaginario occidentale i mostri hanno sempre tracciato i confini della com,unità. I centauri e le amazzoni dell'antica Grecia, immagini della disgregazione del matrimonio e della contaminazione del guerriero con l'animalità e la donna, hanno stabilito i limiti dell'accentrata polis del maschio umano greco\".\r\nOgni epoca ha prodotto il suo mostro funzionale al rafforzamento identitario e alla generazione di esclusione sociale...\r\nNella stagione della modernità il potere necessitava dello strumento della \"misura\" per normare lo spazio sociale e lo smisurato che eccedeva quella misura doveva rifugiarsi in una dimensione crepuscolare per non turbare lo scorrere della vita. Il capitale oggi ha vinto frantumandosi e ricostruendosi frattalmente a partire da molecole di sociale. Il processo di valorizzazione non ha più bisogno di luoghi specifici per svolgersi ma dilaga in tutte le società. L'ordine sociale non ha più bisogno di una misura imposta dall'esterno, di un'articolazione specifica dell'immaginario legata all'esclusione, ma è una pratica introiettata e automaticamente applicata dalla popolazione. Il mostro oggi è invisibile, non perchè debba nascondersi (come il Frankenstein di Mary Shelley), ma perchè l'occhio che lo guarda è totalmente assuefatto: nessuno vede il Cie di Via Corelli o di Corso Brunelleschi.\r\nI Freaks di Tod Browning, i mostri moderni, dolenti, mutanti, pseudoumani, permettevano all'uomo \"normale\" di specchiarsi per ritirarsene inorridito, confermandosi nella propria normalità e segnalando l'esistenza terribile dell'Altro. In \"M, il mostro di Dusseldorf\", film tedesco del 1931 diretto da Fritz Lang, considerato uno dei capolavori dell'espressionismo tedesco, l'uso del fuoricampo risponde proprio alla scelta di enfatizzare la mostruosità del personaggio, la sua alterità che non può trovare spazio in uno spazio normale – il campo – ma deve essere situata altrove – il fuoricampo. Oggi, che si sono superate persino le profezie di Debord sulla società dello spettacolo, a furia di divorare immagini siamo diventati talmente ciechi che forse i fuoricampo non ce li possiamo più permettere. Sicuramente, non tanto il cinema, che c'è ancora chi lo fa bene ed è in grado di farlo, ma le immagini televisive il fuoricampo non sanno nemmeno che cosa sia. Non hanno l'etica del fuoricampo, del rappresentabile e dell'irrappresentabile...secondo la celebre formula di Godard che individuava nell'uso del carrello “una questione morale” (e quindi delle distanze da salvaguardare, del visibile e del mostrabile, della vicinanza pornografica e della lontananza rispettosa). Se sono giuste le distanze è giusto il film, secondo un'etica che rifiuta la spettacolarizzazione, diceva Serge Daney, indimenticabile critico e cinefilo dallo sguardo ostinato. Ancora sempre Daney, che scriveva di quanto fosse necessario passare dall'atto di mostrare con il dito all'arte di fissare con lo sguardo, prendendo a esempio due movimenti di macchina da presa, che più distanti non si può, rivolti entrambi verso la morte e la guerra, il primo, “modello di abiezione” realizzato da Pontecorvo in Kapò e l'altro da Mizoguchi in Ugetsu Monogatari, il quale sceglie uno sguardo che fa finta di non vedere nulla, che preferirebbe non aver visto nulla e per questo scivola lentamente con una panoramica di fianco alla morte, rischiando di lasciarla addirittura fuori campo. Di contro l'abiezione del carrello in avanti di Kapò, che procede e avanza senza timore e senza tremore verso la morte, spettacolarizzandola.\r\nPer riascoltare la puntata del 22 dicembre 2014:\r\nil colpo della strega_22dic2014_primaparte\r\nil colpo della strega_22dic2014_secondaparte\r\nil colpo della strega_22dic2014_terzaparte\r\n\r\nil colpo della strega_22dic2014_quartaparte\r\n\r\nPer riascoltare la puntata del 12 gennaio 2015:\r\n\r\nil colpo della strega_12genn2015_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_12genn2015_secondaparte","13 Gennaio 2015","2018-10-24 17:35:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-e1413229678451-200x110.jpg","Madri e mostri: due puntate de Il colpo della strega dedicate al tema","podcast",1421155669,[343,344,345,346,347,348,349,350,351,352,353,354,355,356,357,358,359,360,361,362,363,364,365,366],"http://radioblackout.org/tag/cesare-lombroso/","http://radioblackout.org/tag/cinema/","http://radioblackout.org/tag/culturanatura/","http://radioblackout.org/tag/determinismo-biologico/","http://radioblackout.org/tag/donna-haraway/","http://radioblackout.org/tag/elisabeth-badinter/","http://radioblackout.org/tag/esclusione-sociale/","http://radioblackout.org/tag/femminile/","http://radioblackout.org/tag/funzione-riproduttiva/","http://radioblackout.org/tag/gender/","http://radioblackout.org/tag/genere/","http://radioblackout.org/tag/immaginario/","http://radioblackout.org/tag/istinto-materno/","http://radioblackout.org/tag/margareth-mead/","http://radioblackout.org/tag/maternita/","http://radioblackout.org/tag/michel-foucault/","http://radioblackout.org/tag/mitologia/","http://radioblackout.org/tag/mostro/","http://radioblackout.org/tag/mostruosita/","http://radioblackout.org/tag/potere-penale/","http://radioblackout.org/tag/psichiatria/","http://radioblackout.org/tag/psicoanalisi/","http://radioblackout.org/tag/riproduzione/","http://radioblackout.org/tag/storie-di-donne/",[368,369,370,371,372,373,374,375,376,377,378,379,380,381,382,383,384,311,323,282,385,321,319,386],"cesare lombroso","cinema","cultura/natura","determinismo biologico","donna haraway","elisabeth badinter","esclusione sociale","femminile","funzione riproduttiva","gender","genere","immaginario","istinto materno","margareth mead","maternità","michel foucault","mitologia","psichiatria","storie di donne",{"post_content":388,"tags":392},{"matched_tokens":389,"snippet":390,"value":391},[138,76],"l'abbraccio mortale tra psichiatria e \u003Cmark>potere\u003C/mark> \u003Cmark>penale\u003C/mark>. 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Quale idea di donna e di madre è costruita culturalmente e socialmente? Come, quando, perchè e a cosa servono i \"mostri\"?\r\nL'idea di maternità e più in generale il genere è da sempre culturalmente e socialmente costruito in modo funzionale al sistema produttivo vigente. Ogni società da sempre costruisce i suoi uomini e le sue donne. La filosofa Elizabeth Badinter, (\"L'amour en plus\", 1981) storicizza ciò che viene chiamato istinto di maternità e mostra quanto questo sia una costruzione sociale che è cambiata nel tempo così come il ruolo e la funzione delle donne.\r\nFin dall'antica Grecia...\r\nla donna patisce, in Occidente, una subalternità fortissima: è l'esclusa insieme al barbaro e allo schiavo (la storia di Medea è paradigmatica), confinata nella propria funzione riproduttiva. Funzione che - in quasi tutte le società (anche quelle non statuali e non capitaliste o precapitaliste) è motivo di esclusione ed emarginazione. 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Ancora oggi le motivazioni addotte nei discorsi penali, mediatici, comuni sui casi di cronaca, sono diverse per gli uomini e per le donne.\r\nLa psichiatria e la psicoanalisi...\r\nsono fin da sempre discorsi che rifllettono la struttura patriarcale della società, tendenti a patologizzare gli individui devianti, in particolar modo le donne. Il vero pericolo della psicoanalisi va al di là della sua sfera come tecnica, è nei suoi effetti sociali, nel discorso diffuso, psicologizzato/ psicologizzante, medicalizzato intorno ad essa. Tutti parlano ormai in questi termini, dall'anchor man alla Bruno Vespa, all'ultimo giornalista, al prete, al magistrato, al poliziotto. Il \u003Cmark>potere\u003C/mark> psiconalitico ha rappresentato una nuova tecnologia di sorveglianza, neoumanistica e neofilantropica, per il controllo delle anime. L'Edipo moderno, che la psicoanalisi ha contribuito a generalizzare nei discorsi quotidiani, non è che questo: privatizzare, tagliar via il familiare dal sociale, psicologizzare il politico. La castrazione non è che il ripiegamento del sociale, dello storico, del politico sul familiare e sul privato.\r\nContro il determinismo biologico...\r\n(dell'istinto di maternità a/de-storicizzato, che prescrive certi comportamenti come naturali), si vedano le ricerche antropologiche di Margareth Mead, in particolare \"Sesso e temperamento\", 1929, che analizza il modello sociale di 3 diverse tribù della Nuova Guinea. La differenza dei sessi è ovviamente uno dei temi del \"dramma sociale\", ma ciascuna lo sviluppa a modo suo (e differenza dei sessi implica anche differenti organizzazioni della sfera familiare e del rapporto padre/madre/figli). Già nel 29 dimostra come esistano elementi senza rapporto con la realtà biologica del sesso, che sono appunto \"costruzioni sociali\". Per Mead in Occidente sociologia, medicina, gergo, poesia accettano le definizioni sociali delle differenze tra i sessi come fondate sul temperamento ed ogni deviazione dalla parte assegnata è un'anomalia \"dalla nascita\" invece ad esempio tra gli Arapesh e i Mundugumor uomini e donne non sono ritenuti diversi per temperamento ma attribuiscono loro funzioni sociali diverse.\r\nA cosa servono i mostri?\r\nNell'800 si consuma l'abbraccio mortale tra psichiatria e \u003Cmark>potere\u003C/mark> \u003Cmark>penale\u003C/mark>. A fine '800 Cesare Lombroso tenta il primo esperimento ansiolitico di rassicurazione dei cittadini moderni e civili, elaborando il primo testo multimediale della storia. Fa fare dagherrotipi dai volti dei criminali descritti e la domanda implicita è – hai la fronte di due pollici? Hai tu il sopracciglio unito così?- la risposta del cittadino spaventato è sempre no, è sempre di dissociazione ( la separazione del grottesco, mai l'empatia del tragico). Tutt'oggi la spiegazione più diffusa per certi crimini è l'alibi del raptus, che rappresenta una grande auto-assoluzione sociale di massa, e che, come ogni determinismo biologico o psichiatrico assolve tutti perchè promette di trovare un'unica causa interna, individuale, privata (il capro espiatorio).\r\nSegnaliamo a questo proposito l'importazna del testo \"Moi, Pierre Riviere, ayant egorgé ma mère, ....) scoperto e pubblicato da Foucault e la sua equipe nel '73, e che si riferisce al caso di P.R, del 1836. Pierre Rivière è uno dei primi mostri, anche per i giornali, sul quale si pronunciano a distanza tutti i maggiori psichiatri dell'epoca. Mostro non solo per ciò che ha compiuto ma per il preciso memoriale ex post, scritto nel carcere.\r\n[...] Il fatto è che l'orribile è quotidiano. Nelle campagne era da sempre il destino di tutti, uno ne ride di un riso che si crederenbbe di un idiota, un altro lo dice tranquillamente; ed è lo stesso. Il destino di tutti. Ma questa famiglia è esemplare, per il fatto che visse in modo da gridare con rabbia che tutto fa male, sempre, e che a questo come a tutto ci si abitua. Come una cappa di piombo, il peso dell'impossibile....\r\nArriva nel 1838 una nuova legge, con il concorso attivo dei grandi nomi della psichiatria dell'epoca, che riescono ad imporre una nuova sintesi che segna una modificazione decisiva del rapporto tra mondo medico e mondo \u003Cmark>penale\u003C/mark>. Istituzionalizzando accuratamente le modalità dell'internamento - \"d'ufficio\" e \"volontario\"- in \"istituti speciali\" (ospedali psichiatrici),. L'internamento d'ufficio assicura la possibilità di una procedura rapida, altrettanto efficace ed imperativa quanto il sequestro \u003Cmark>penale\u003C/mark>. Ma ha il \"vantaggio\" supplementare di poter agire prima che un atto delittuoso sia commesso, prima ancora che una sentenza di interdizione sia emessa come in linea di massima era richiesto nel caso della follia prima della legge del '38. Un certificato medico, interinato dall'autorità prefettizia e controllato da una possibile ispezione giudiziaria, potrà rivelare degli stati potenzialmente pericolosi. Vince dunque, storicamente, la forma di controllo più molecolare, biopolitica e micro-diffusa, capace di essere introiettata più di altre forme di controllo.\r\nLa costruzione del mostro...\r\nDonna Haraway, Manifesto Cyborg, \"Nell'immaginario occidentale i mostri hanno sempre tracciato i confini della com,unità. I centauri e le amazzoni dell'antica Grecia, immagini della disgregazione del matrimonio e della contaminazione del guerriero con l'animalità e la donna, hanno stabilito i limiti dell'accentrata polis del maschio umano greco\".\r\nOgni epoca ha prodotto il suo mostro funzionale al rafforzamento identitario e alla generazione di esclusione sociale...\r\nNella stagione della modernità il \u003Cmark>potere\u003C/mark> necessitava dello strumento della \"misura\" per normare lo spazio sociale e lo smisurato che eccedeva quella misura doveva rifugiarsi in una dimensione crepuscolare per non turbare lo scorrere della vita. Il capitale oggi ha vinto frantumandosi e ricostruendosi frattalmente a partire da molecole di sociale. Il processo di valorizzazione non ha più bisogno di luoghi specifici per svolgersi ma dilaga in tutte le società. L'ordine sociale non ha più bisogno di una misura imposta dall'esterno, di un'articolazione specifica dell'immaginario legata all'esclusione, ma è una pratica introiettata e automaticamente applicata dalla popolazione. Il mostro oggi è invisibile, non perchè debba nascondersi (come il Frankenstein di Mary Shelley), ma perchè l'occhio che lo guarda è totalmente assuefatto: nessuno vede il Cie di Via Corelli o di Corso Brunelleschi.\r\nI Freaks di Tod Browning, i mostri moderni, dolenti, mutanti, pseudoumani, permettevano all'uomo \"normale\" di specchiarsi per ritirarsene inorridito, confermandosi nella propria normalità e segnalando l'esistenza terribile dell'Altro. In \"M, il mostro di Dusseldorf\", film tedesco del 1931 diretto da Fritz Lang, considerato uno dei capolavori dell'espressionismo tedesco, l'uso del fuoricampo risponde proprio alla scelta di enfatizzare la mostruosità del personaggio, la sua alterità che non può trovare spazio in uno spazio normale – il campo – ma deve essere situata altrove – il fuoricampo. Oggi, che si sono superate persino le profezie di Debord sulla società dello spettacolo, a furia di divorare immagini siamo diventati talmente ciechi che forse i fuoricampo non ce li possiamo più permettere. Sicuramente, non tanto il cinema, che c'è ancora chi lo fa bene ed è in grado di farlo, ma le immagini televisive il fuoricampo non sanno nemmeno che cosa sia. Non hanno l'etica del fuoricampo, del rappresentabile e dell'irrappresentabile...secondo la celebre formula di Godard che individuava nell'uso del carrello “una questione morale” (e quindi delle distanze da salvaguardare, del visibile e del mostrabile, della vicinanza pornografica e della lontananza rispettosa). Se sono giuste le distanze è giusto il film, secondo un'etica che rifiuta la spettacolarizzazione, diceva Serge Daney, indimenticabile critico e cinefilo dallo sguardo ostinato. Ancora sempre Daney, che scriveva di quanto fosse necessario passare dall'atto di mostrare con il dito all'arte di fissare con lo sguardo, prendendo a esempio due movimenti di macchina da presa, che più distanti non si può, rivolti entrambi verso la morte e la guerra, il primo, “modello di abiezione” realizzato da Pontecorvo in Kapò e l'altro da Mizoguchi in Ugetsu Monogatari, il quale sceglie uno sguardo che fa finta di non vedere nulla, che preferirebbe non aver visto nulla e per questo scivola lentamente con una panoramica di fianco alla morte, rischiando di lasciarla addirittura fuori campo. Di contro l'abiezione del carrello in avanti di Kapò, che procede e avanza senza timore e senza tremore verso la morte, spettacolarizzandola.\r\nPer riascoltare la puntata del 22 dicembre 2014:\r\nil colpo della strega_22dic2014_primaparte\r\nil colpo della strega_22dic2014_secondaparte\r\nil colpo della strega_22dic2014_terzaparte\r\n\r\nil colpo della strega_22dic2014_quartaparte\r\n\r\nPer riascoltare la puntata del 12 gennaio 2015:\r\n\r\nil colpo della strega_12genn2015_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_12genn2015_secondaparte",[393,395,397,399,401,403,405,407,409,411,413,415,417,419,421,423,425,427,429,431,434,436,438,440],{"matched_tokens":394,"snippet":368,"value":368},[],{"matched_tokens":396,"snippet":369,"value":369},[],{"matched_tokens":398,"snippet":370,"value":370},[],{"matched_tokens":400,"snippet":371,"value":371},[],{"matched_tokens":402,"snippet":372,"value":372},[],{"matched_tokens":404,"snippet":373,"value":373},[],{"matched_tokens":406,"snippet":374,"value":374},[],{"matched_tokens":408,"snippet":375,"value":375},[],{"matched_tokens":410,"snippet":376,"value":376},[],{"matched_tokens":412,"snippet":377,"value":377},[],{"matched_tokens":414,"snippet":378,"value":378},[],{"matched_tokens":416,"snippet":379,"value":379},[],{"matched_tokens":418,"snippet":380,"value":380},[],{"matched_tokens":420,"snippet":381,"value":381},[],{"matched_tokens":422,"snippet":382,"value":382},[],{"matched_tokens":424,"snippet":383,"value":383},[],{"matched_tokens":426,"snippet":384,"value":384},[],{"matched_tokens":428,"snippet":311,"value":311},[],{"matched_tokens":430,"snippet":323,"value":323},[],{"matched_tokens":432,"snippet":433,"value":433},[138,76],"\u003Cmark>potere\u003C/mark> \u003Cmark>penale\u003C/mark>",{"matched_tokens":435,"snippet":385,"value":385},[],{"matched_tokens":437,"snippet":321,"value":321},[],{"matched_tokens":439,"snippet":319,"value":319},[],{"matched_tokens":441,"snippet":386,"value":386},[],[443,450],{"field":42,"indices":444,"matched_tokens":446,"snippets":448,"values":449},[445],19,[447],[138,76],[433],[433],{"field":95,"matched_tokens":451,"snippet":390,"value":391},[138,76],1157451471441625000,{"best_field_score":454,"best_field_weight":455,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":54,"score":456,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":54},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":458,"highlight":475,"highlights":493,"text_match":105,"text_match_info":504},{"comment_count":54,"id":459,"is_sticky":54,"permalink":460,"podcastfilter":461,"post_author":291,"post_content":462,"post_date":463,"post_excerpt":60,"post_id":459,"post_modified":464,"post_thumbnail":465,"post_title":466,"post_type":340,"sort_by_date":467,"tag_links":468,"tags":473},"27875","http://radioblackout.org/podcast/la-rottura-dellordine-liberale-ovvero-il-diritto-penale-del-nemico/",[],"Gli ultimi fatti giudiziari, che hanno coinvolto decine di compagni torinesi, attivi nel movimento antirazzista e nel movimento No Tav, mettono sul tavolo una questione cruciale: la sostanziale modifica del diritto penale liberale.\r\n\r\nAl centro degli ultimi processi è stata posta la personalità dell'imputato, rendendola oggetto di valutazione in base a criteri di pericolosità sociale, al di là della condotta specifica. 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Una logica di guerra entra nel diritto penale.\r\n\r\nNe anniamo parlato con Lorenzo, un compagno che da tempo studia queste dinamiche.\r\nAscolta la chiacchierata che abbiamo fatto con lui:\r\n\r\n2015.02 06 lollodiritto penale del nemico\r\n\r\nPer definire la figura del nemico, che nella teoria di Jakobs rimane sempre molto vaga, forse volutamente, si deve ricorrere all'osservazione della personalità dell'imputato, alla sua messa a nudo da parte dei tribunali e di una pletora di esperti. A questi il compito di valutare se si è di fronte ad un semplice deviante o ad un nemico. Ma attenzione: chi definisce in termini politici il nemico? Chi indirizza l'azione giudiziaria? E qua torna un altro concetto forte della teoria politica occidentale: quello di sovranità. Infatti tocca al potere sovrano, quello dotato del potere di porre eccezioni, definire chi è il nemico. Il diritto penale del nemico è una visione fortemente politicizzata della teoria del diritto in quanto si basa sull'esercizio del potere di porre eccezioni da parte di chi detiene la sovranità. Sarà questi ad indicare di volta in volta quali i nemici, ovvero gli individui e le collettività costitutivamente avverse all'ordine costituito.\r\nCostoro non saranno più soggetti titolari di diritti giuridici ma bensì nuda vita biologica soggetta ad una possibilità di violenza illimitata da parte del potere. È l'esatto contrario di quanto viene affermato dalla concezione liberale del diritto.\r\n\r\nPer questa sua caratteristica di essere estremamente politico il diritto penale del nemico poggia fortemente anche sulla costruzione del nemico tramite il discorso pubblico. 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Una volta individuata la classe di individui che vanno considerati come nemici, la detenzione, con i suoi corollari di tortura, morte, ed l'espulsione ovvero sia i processi di neutralizzazione fisica diventano semplici passaggi amministrativi, mera contabilità per tanti piccoli Eichmann della burocrazia.\r\nE non faccio il paragone con il contabile della shoa a caso: la detenzione amministrativa, l'individuazione di categorie sociali come nemiche, la riduzione di soggetti a nuda vita biologica sottoposti a violenza illimitata, sono quanto esplicitato dal nazismo.\r\nMa attenzione: fuor di retorica questo è quanto succede di norma all'interno delle logiche capitaliste che vedono gli individui come portatori di forza lavoro da mettere a valore e basta. Il nazismo, e non solo lui, ha semplicemente esplicitato queste dinamiche portandole all'estremo e, in questo, ha prodotto scandalo.\r\n\r\nIl diritto penale del nemico, per quanto teorizzato in modo sistematico solo negli ultimi decenni, è presente sottotraccia in tutta la storia contemporanea. E non solo a livello teorico, si pensi a Carl Shmidt, ma anche a livello fattuale: il codice Rocco del 1936 con le sue misure di sorveglianza speciale, ereditate in buona parte dal diritto repubblicano, è sostanzialmente basato sul concetto di nemico. E anche lo stesso codice Zanardelli del 1897, la pietra angolare del diritto liberale italiano, contiene al suo interno dispositivi repressivi per le classi pericolose basati sul concetto di nemico.\r\n\r\nLe leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza presenti nella società. Non sono concezioni che discendono dall'empireo platonico per farsi norma tramite l'opera di qualche demiurgo. Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito ad una mitigazione delle concezioni più dure delle teorie giuridiche perché i rapporti sociali messi in campo dai movimenti sociali e la così detta “società civile”, intesi qua nella loro concezione più larga, dalle organizzazioni più o meno rivoluzionarie a pezzi della borghesia progressista come il Partito Radicale, erano tali da poter imporre delle garanzie all'interno dei procedimenti giuridici. Garanzie ipocrite, parziali, insufficienti e tutto fuor di dubbio. Ma comunque garanzie. Con la crisi dei movimenti sociali a fine anni '70 e il disimpegno degli anni '80 si è potuto assistere ad un prepotente ritorno delle concezioni più dure del diritto: la guerra alle formazioni lottarmatiste, l'introduzione delle leggi sul pentitismo, l'ingresso dello psicologo nelle carceri per analizzare la personalità dei rei politici e decidere su di una loro recuperabilità al consesso sociale, l'applicazione dello stato di eccezione permanente ovvero della sovranità.\r\nE non è un caso che in momento di profonda ristrutturazione degli assetti politici e sociali dell'occidente ci sia anche in Europa un ritorno di queste concezioni, che hanno ricevuto una formalizzazione e una sistematizzazione solo in tempi recenti ma sono state un sottotraccia e una costante di tutta la storia contemporanea.\r\n\r\nLa necessità di difesa della società teorizzata da Jakobs è in realtà la necessità di difendersi delle classi dominanti. Negli ultimi 15-20 anni coloro che sono stati stigmatizzati come nemici sono stati gli immigrati, oggi cominciano ad esserlo tutti gli oppositori sociali e domani? Di fronte ad una disoccupazione costantemente a due cifre e alla marginalizzazione di fasce sempre più ampie di popolazione chi sarà individuato come nemico, ovvero come non recuperabile e disciplinabile (o non facilmente tale) ai processi di accumulazione di capitale?\r\n\r\nBisogna difendere la società? 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Con la crisi dei movimenti sociali a fine anni '70 e il disimpegno degli anni '80 si è potuto assistere ad un prepotente ritorno delle concezioni più dure del diritto: la guerra alle formazioni lottarmatiste, l'introduzione delle leggi sul pentitismo, l'ingresso dello psicologo nelle carceri per analizzare la personalità dei rei politici e decidere su di una loro recuperabilità al consesso sociale, l'applicazione dello stato di eccezione permanente ovvero della sovranità.\r\nE non è un caso che in momento di profonda ristrutturazione degli assetti politici e sociali dell'occidente ci sia anche in Europa un ritorno di queste concezioni, che hanno ricevuto una formalizzazione e una sistematizzazione solo in tempi recenti ma sono state un sottotraccia e una costante di tutta la storia contemporanea.\r\n\r\nLa necessità di difesa della società teorizzata da Jakobs è in realtà la necessità di difendersi delle classi dominanti. Negli ultimi 15-20 anni coloro che sono stati stigmatizzati come nemici sono stati gli immigrati, oggi cominciano ad esserlo tutti gli oppositori sociali e domani? Di fronte ad una disoccupazione costantemente a due cifre e alla marginalizzazione di fasce sempre più ampie di popolazione chi sarà individuato come nemico, ovvero come non recuperabile e disciplinabile (o non facilmente tale) ai processi di accumulazione di capitale?\r\n\r\nBisogna difendere la società? 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Anche in streaming. \r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/2023-03-31-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nDecolonialità e lotte afroindigene in Brasile\r\nQuando si parla di decolonialità occorre non confondere con concetti diversi come decolonizzazione e post colonizzazione. La decolonizzazione è indipendenza delle istituzioni politiche dei paesi sottoposti alla colonizzazione europea. La critica internazionalista ha contestato ai nuovi stati decolonizzati di riprodurre i modelli degli stati europei. La critica decoloniale mette in luce come dinamiche colonialiste si siano riprodotte all’interno dei nuovi stati.\r\nIn alcuni paesi come il Brasile la coscienza creola bianca ha rotto con gli stati colonialisti ma ha mantenuto la marginalizzazione razzista con indigeni e afrodiscendenti, proseguendo l’espropriazione dei territori indigeni.\r\nGli studi post coloniali di cui Edward Said è l’esponente più noto sottolineano la dimensione dell’esotico come pericolo per l’identità di chi si riconosce nelle culture europee colonialiste. L’approccio decoloniale critica gli studi postcolonanialisti per quello che considera un eccesso di discorsività sulla cultura.\r\nLa decolonialità si occupa di relazioni di potere ancora esistenti, mettendo in campo un forte legame tra teoria e prassi. In campo non c’è solo l’accademia ma un percorso che si innesta nelle pratiche dei movimenti indigeni ed afrodiscendenti. É una decolonizzazione epistemica, che prende spunto dai saperi indigeni. La decolonialità rappresenta una rottura con il pensiero critico occidentale che si fonda sullo sguardo di maschi, bianchi, europei ed eurocentrici, cercando riferimenti sulle pratiche indigene, per inaugurare un rapporto rispettoso tra umani.\r\nPer venire al Brasile. Nel più recente censimento il 56% dei brasiliani si dichiarano afrodiscendenti. Nelle favelas il numero degli afrodiscendenti arriva alla quasi totalità degli abitanti.\r\nSempre in Brasile dichiarano indigene 900.000 persone con 300 lingue ed etnie differenti. C’è una legge che in teoria riconosce il diritto alle terre, ma che viene costantemente aggirata, perché il diritto viene limitato alle terre occupate al momento della promulgazione della costituzione brasiliana.\r\nOggi ci sono lotte che vanno dalle cause giudiziarie alle occupazioni di terre.\r\nI Quilombo sono stati stati fondati da persone che fuggivano alla schiavitù (marronage). 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I sem terra attuano la riappropriazione delle terre.\r\nTra gli indigeni vi sono villaggi autogestiti con esperienze di pedagogia libertaria, come nel villaggio Guarani M'bya che sorge nei pressi di Sao Paulo.\r\nUn breve video su quest’esperienza verrà proiettato giovedì 13 aprile nel corso dell’incontro con Johnny del gruppo anarcopunk Aurora Negra di Sao Paulo e con Linguica di Espirito Santo sulle lotte afroindigene.\r\nCe ne ha parlato con Federico Ferretti docente di geografia all’Università di Bologna\r\n\r\nInternazionale di Federazioni Anarchiche\r\nDal 7 al 10 aprile si terrà a Massenzatico il congresso dell’IFA.\r\nUna buona occasione per fare il punto sulle lotte e la solidarietà internazionale\r\nNe abbiamo parlato con Simone Ruini uno dei compagni della FAI che seguono da vicino le relazioni internazionali\r\n\r\nLa Federazione Anarchica Italiana: nelle lotte, per la rivoluzione sociale\r\nUn comunicato dei compagni e compagne della FAI riuniti a convegno a Livorno l’11 marzo\r\n\r\nDiritto penale del nemico\r\nLa personalità dell’imputato, ormai da alcuni anni è divenuta elemento di valutazione cardine in processi contro compagn accusat di aver partecipato alle lotte sociali. In base a generici criteri di pericolosità sociale, che prescindono dalle condotte specifiche. Il diritto penale liberale ha il suo cardine in due concetti chiave.\r\nIl primo è che l’azione giudiziaria è rivolta verso la condotta del reo e non contro la persona dello stesso\r\nIl secondo è che gli imputati sono soggetti giuridici ovvero titolari di alcuni diritti inalienabili, sono persone inserite all’interno di un contratto sociale. Questi due principi vengono pesantemente messi in crisi dalla teoria del diritto penale del nemico, elaborata negli anni ottanta dal giurista tedesco Jakobs.\r\nSegno inequivocabile che la democrazia consente il dissenso finché questo non si trasforma in critica radicale della gerarchia e del capitalismo.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\n13 e 14 aprile. Due incontri con anarchici brasiliani\r\n\r\nGiovedì 13 aprile\r\nLotte afroindigene nelle favelas e nei quilombo\r\nIncontro con Johnny del Collettivo anarco-punk Aurora Negra di Sao Paulo e Linguiça di Espirito Santo, attivi nelle lotte nelle favelas, nelle periferie, nelle occupazioni per la casa e per la terra.\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\n\r\nVenerdì 14 aprile\r\nEsperienze di educazione libertaria in Brasile\r\nInterverrà Rodrigo Rosa da Silva della Biblioteca Terra Livre e docente all’Università di Sao Paulo,\r\nore 21 corso Palermo 46\r\n\r\nMartedì 25 aprile\r\nPresidio antifascista alla lapide di Ilio Baroni.\r\nRicordo, interventi, canzoniere anarchico e antifascista con Alba\r\nOre 15 in corso Giulio Cesare angolo corso Novara \r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","6 Aprile 2023","2023-04-06 12:28:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/locandina-ifa-23_web-200x110.jpg","Anarres del 31 marzo. 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Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini.\r\nNe abbiamo parlato con l’avvocato Eugenio Losco che in serata ha partecipato ad un incontro sul ddl 1660 che si è tenuto alla fat.\r\nQui puoi ascoltare l’audio della serata.\r\n\r\nIl piano dei nazionalisti cristiani per riprendersi l’America\r\nIl ruolo della religione è cambiato profondamente da quando il predicatore fondamentalista Jerry Falwell e il magnate conservatore della posta diretta Paul Weyrich hanno co-fondato la Moral Majority nel 1979. A quel tempo, l'incapacità dei cristiani di far valere il loro potere alle urne su questioni che consideravano una sfida per la loro fede (l'aborto era in cima alla lista, ma anche la preghiera nelle scuole, l'omosessualità e i diritti delle donne) era vista come un'opportunità per galvanizzare un blocco di voto per i conservatori. Il sostegno della Moral Majority ai candidati che avrebbero rappresentato quegli interessi come funzionari eletti ha scatenato una potente risorsa nel Partito Repubblicano. La Moral Majority si è sciolta nel 1989, ma a quel punto erano comparse molte ramificazioni: la Christian Coalition, Focus on the Family e il Family Research Council. Gli elettori evangelici e cristiani avevano in gran parte fatto del Partito Repubblicano la loro casa.\r\nDonald Trump ha attinto e sfruttato questa importante bacino di elettori scontenti. In lui, una corrente di estrema destra ha trovato la sua voce.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nLa santa alleanza tra liberali e fascisti\r\n“Si sta riproponendo il fenomeno politico che più di tutti ha segnato il Novecento in Occidente in modo significativo: la tendenza, sempre negata da entrambe le parti in commedia, all'alleanza tra liberali e fascisti.\r\nÈ una tendenza che vediamo in atto in forme diverse rispetto a quelle prese nel ventennio tra le due guerre perché significativamente differente è la situazione complessiva. Il Novecento vedeva un movimento operaio e un lotta di classe dispiegata che venne abbattuta e silenziata solo grazie alla mobilitazione violenta e omicida delle classi medie con la copertura dei corpi dello stato. Oggi le classi subalterne in occidente sono un corpo senza unità e progettualità e stanno subendo la lotta di classe da quasi mezzo secolo più che produrla.”\r\nQuesto l’incipit del primo di due articoli di Stefano Capello usciti su Umanità Nova\r\nNe abbiamo parlato con Stefano\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nDomenica 20 ottobre\r\nAssemblea Antimilitarista\r\ndalle 10 alle 17\r\nA Massenzatico (Reggio Emilia)\r\nPresso le \"Cucine del popolo\", via Beethoven 78\r\nPer info: assembleantimilitarista@gmail.com\r\n\r\nSabato 26 ottobre\r\nore 10,30 13,30\r\nPresidio antimilitarista al Balon\r\n\r\nVenerdì 1 novembre\r\ncorteo contro la riapertura del CPR di Torino\r\nore 16 piazza Robilant\r\n\r\nGiornate dei disertori\r\n\r\nSabato 2 e lunedì 4 novembre\r\ncontro la guerra e il militarismo\r\n\r\nContro la guerra, la produzione bellica, l’occupazione militare delle periferie, il nazionalismo!\r\nContro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!\r\nCon disertori e obiettori di tutte le guerre!\r\n\r\nSabato 2 novembre\r\nNo alla città dell’aerospazio! No alla città delle armi \r\nManifestazione antimilitarista\r\nIn via Roma di fronte all’ingresso di Galleria San Federico, dove ha sede il DAP – Distretto Aerospaziale Piemontese\r\n\r\nLunedì 4 novembre\r\nIniziative antimilitariste in giro per Torino\r\nSmilitarizziamo la città! \r\n\r\nOgni martedì\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti! \r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20 \r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","19 Ottobre 2024","2024-10-19 12:09:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/09-200x110.jpg","Anarres dell’11 ottobre. 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Colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte su caserme e commissariati, a chi fa un blocco stradale, a chi sostiene e diffonde idee sovversive.\r\nQuesti dispositivi si configurano come diritto \u003Cmark>penale\u003C/mark> del nemico, pur mantenendosi in una cornice universalista. \r\nIl diritto \u003Cmark>penale\u003C/mark> del nemico è informato ad una logica di guerra. In guerra i nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità. Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini.\r\nNe abbiamo parlato con l’avvocato Eugenio Losco che in serata ha partecipato ad un incontro sul ddl 1660 che si è tenuto alla fat.\r\nQui puoi ascoltare l’audio della serata.\r\n\r\nIl piano dei nazionalisti cristiani per riprendersi l’America\r\nIl ruolo della religione è cambiato profondamente da quando il predicatore fondamentalista Jerry Falwell e il magnate conservatore della posta diretta Paul Weyrich hanno co-fondato la Moral Majority nel 1979. A quel tempo, l'incapacità dei cristiani di far valere il loro \u003Cmark>potere\u003C/mark> alle urne su questioni che consideravano una sfida per la loro fede (l'aborto era in cima alla lista, ma anche la preghiera nelle scuole, l'omosessualità e i diritti delle donne) era vista come un'opportunità per galvanizzare un blocco di voto per i conservatori. Il sostegno della Moral Majority ai candidati che avrebbero rappresentato quegli interessi come funzionari eletti ha scatenato una potente risorsa nel Partito Repubblicano. La Moral Majority si è sciolta nel 1989, ma a quel punto erano comparse molte ramificazioni: la Christian Coalition, Focus on the Family e il Family Research Council. Gli elettori evangelici e cristiani avevano in gran parte fatto del Partito Repubblicano la loro casa.\r\nDonald Trump ha attinto e sfruttato questa importante bacino di elettori scontenti. In lui, una corrente di estrema destra ha trovato la sua voce.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nLa santa alleanza tra liberali e fascisti\r\n“Si sta riproponendo il fenomeno politico che più di tutti ha segnato il Novecento in Occidente in modo significativo: la tendenza, sempre negata da entrambe le parti in commedia, all'alleanza tra liberali e fascisti.\r\nÈ una tendenza che vediamo in atto in forme diverse rispetto a quelle prese nel ventennio tra le due guerre perché significativamente differente è la situazione complessiva. Il Novecento vedeva un movimento operaio e un lotta di classe dispiegata che venne abbattuta e silenziata solo grazie alla mobilitazione violenta e omicida delle classi medie con la copertura dei corpi dello stato. Oggi le classi subalterne in occidente sono un corpo senza unità e progettualità e stanno subendo la lotta di classe da quasi mezzo secolo più che produrla.”\r\nQuesto l’incipit del primo di due articoli di Stefano Capello usciti su Umanità Nova\r\nNe abbiamo parlato con Stefano\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nDomenica 20 ottobre\r\nAssemblea Antimilitarista\r\ndalle 10 alle 17\r\nA Massenzatico (Reggio Emilia)\r\nPresso le \"Cucine del popolo\", via Beethoven 78\r\nPer info: assembleantimilitarista@gmail.com\r\n\r\nSabato 26 ottobre\r\nore 10,30 13,30\r\nPresidio antimilitarista al Balon\r\n\r\nVenerdì 1 novembre\r\ncorteo contro la riapertura del CPR di Torino\r\nore 16 piazza Robilant\r\n\r\nGiornate dei disertori\r\n\r\nSabato 2 e lunedì 4 novembre\r\ncontro la guerra e il militarismo\r\n\r\nContro la guerra, la produzione bellica, l’occupazione militare delle periferie, il nazionalismo!\r\nContro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!\r\nCon disertori e obiettori di tutte le guerre!\r\n\r\nSabato 2 novembre\r\nNo alla città dell’aerospazio! 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Ma non tutto il male vien per nuovere, i nostri eroi riscoprono il dono della sintesi nel riassumere alcuni dei temi trattati: l'importanza della ricerca e sviluppo tecnologico in Israele e i suoi legami con l'apparato militare; come la posizione di primo esportatore di tecnologie di sorveglianza, spionaggio e controllo fornisca al Paese un forte potere politico e diplomatico; come siano portate avanti le operazioni di \"cyber security\" all'interno dei vari corpi militari e di polizia; la storia di NSO, azienda leader nel settore degli spyware e travolta nel tempo da diversi scandali. 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