","Lesbo. La polizia spara ai profughi, i fascisti li aggrediscono","post",1583242673,[64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/alba-dorata/","http://radioblackout.org/tag/lesbo/","http://radioblackout.org/tag/profughi-siriani/",[68,31,69],"alba dorata","profughi siriani",{"post_content":71,"post_title":76,"tags":79},{"matched_tokens":72,"snippet":74,"value":75},[26,73],"siriani","ammassando decine di migliaia di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> di guerra \u003Cmark>siriani\u003C/mark>, che il governo Erdogan ha","Fortissima la tensione nelle isole greche, specie quelle più vicine alla costa turca sulla quale si stanno ammassando decine di migliaia di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> di guerra \u003Cmark>siriani\u003C/mark>, che il governo Erdogan ha deciso di usare come arma da guerra contro l’Europa, per ottenere soldi e sostegno all’allargamento dei confini del Sultano di Ankara.\r\nLa situazione a Lesbo è esplosiva da tempo. Il governo di destra guidato da Mitsotakis ha deciso di ammassare su isole piccole migliaia di \u003Cmark>profughi\u003C/mark>, senza trasferirli sulla terraferma.\r\nIl campo di Moria, nel nord dell’isola, è un inferno dove sopravvivono a stento oltre 20.000 persone. A Moria non potrebbero esserne ospitate più di 3.000.\r\nScontri durissimi sono seguiti alla decisione del governo di costruire un nuovo campo, con carattere di prigione detentiva, destinato ai \u003Cmark>profughi\u003C/mark> cui è stato negato l’asilo. Negli ultimi mesi in Grecia i dinieghi hanno raggiunto il 95%.\r\nI 600 poliziotti sbarcati a Lesbo per difendere la costruzione del nuovo lager, se ne sono andati di corsa. Sono invece rimasti i fascisti di Alba Dorata (Chrisi Arghì), che hanno provato, purtroppo con successo, a cavalcare il malcontento popolare in un’isola che sino a due anni fa aveva mantenuto la propria attitudine all’accoglienza della gente che arrivava con i barconi.\r\nL’isola è oggi spezzata in due dai blocchi stradali animati dai fascisti, che hanno effettuato numerose aggressioni ai migranti e attivisti delle ONG: ossa spezzate, auto distrutte, azioni squadriste con lo scopo di seminare la paura e bloccare nuovi sbarchi.\r\nDal canto suo la guardia costiera greca ha sparato in acqua ad un barcone, un bimbo a bordo di un altro gommone è annegato in un mare del tutto calmo, mentre stava approdando a Lesbo.\r\nIl governo greco punta sul caos per moltiplicare e rendere più dura la repressione.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Cosimo Caridi, giornalista che da ieri si trova a Lesvos.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-03-caridi-lesvos.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":77,"snippet":78,"value":78},[26],"Lesbo. La polizia spara ai \u003Cmark>profughi\u003C/mark>, i fascisti li aggrediscono",[80,82,84],{"matched_tokens":81,"snippet":68},[],{"matched_tokens":83,"snippet":31},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[26,73],"\u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark>",[88,94,97],{"field":38,"indices":89,"matched_tokens":91,"snippets":93},[90],2,[92],[26,73],[86],{"field":95,"matched_tokens":96,"snippet":74,"value":75},"post_content",[26,73],{"field":98,"matched_tokens":99,"snippet":78,"value":78},"post_title",[26],1157451471441625000,{"best_field_score":102,"best_field_weight":103,"fields_matched":28,"num_tokens_dropped":50,"score":104,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"2211897868544",13,"1157451471441625195",{"document":106,"highlight":125,"highlights":141,"text_match":151,"text_match_info":152},{"cat_link":107,"category":108,"comment_count":50,"id":109,"is_sticky":50,"permalink":110,"post_author":53,"post_content":111,"post_date":112,"post_excerpt":56,"post_id":109,"post_modified":113,"post_thumbnail":114,"post_thumbnail_html":115,"post_title":116,"post_type":61,"sort_by_date":117,"tag_links":118,"tags":122},[47],[49],"35677","http://radioblackout.org/2016/05/un-punto-sul-fronte-interno-tedesco-e-la-questione-dei-profughi/","Dalle posizioni della cancelliera tedesca Merkel di quest'estate, disponibile all'accoglienza dei profughi siriani e aperta a discutere di quote e ridistribuzione dei rifugiati, la situazione sul fronte interno tedesco è un poco cambiata. E se appena ieri la cancelliera concordava con Renzi sulla linea da tenere rispetto alla questione dei flussi di immigrati, anche se il presidente del Consiglio italiano ha ammesso la presenza di qualche punto di disaccordo, in particolar modo sulle forme di finanziamento del cosiddetto migration compact, sul suolo tedesco si deve fare i conti con tensioni reazionarie all'interno della società che alimentano il peso delle formazioni partitiche dell'estrema destra.\r\n\r\nDopo Capodanno e le aggressioni a Colonia, la solidarietà, soprattutto informale, nella primissima accoglienza delle persone che attraversavano i confini è proseguita, ma non la narrazione sui giornali e nei media nazionali. Su questi gesti è calato il silenzio lasciando presagire l'avvento di un nuovo racconto, più accettabile, visti i tempi che corrono, che mette persino in discussione l'accordo UE-Turchia; non certo perché il regime di Erdogan venga considerato come quello che è, un regime violento e despota che governa attraverso il terrore e la repressione. Il problema, secondo la stampa tedesca, pare essere la natura corruttibile dei turchi che si intascherebbero i soldi senza far poi quello che avevano promesso, ritornando, dopo il buonismo estivo, sul vecchio solco del pregiudizio razzista.\r\n\r\nIn generale certi sentimenti si respirano un po' in tutta Europa ma la sensazione in Germania è che le persone siano completamente distanti da ciò che succede nel mondo, lontane dai barconi che affondano nei mari o dalle centinaia di metri di filo spinato che bloccano il movimento di chi scappa da guerre e miseria.\r\n\r\nDi questo e di altro abbiamo parlato con Ricke:\r\n\r\nGermania\r\n\r\n \r\n\r\n ","6 Maggio 2016","2016-05-09 11:43:50","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/profughi-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"265\" height=\"190\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/profughi.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Un punto sul fronte interno tedesco e la questione dei profughi",1462539979,[119,120,121],"http://radioblackout.org/tag/estrema-destra/","http://radioblackout.org/tag/germania/","http://radioblackout.org/tag/profughi/",[123,124,26],"estrema destra","germania",{"post_content":126,"post_title":130,"tags":133},{"matched_tokens":127,"snippet":128,"value":129},[26,73],"di quest'estate, disponibile all'accoglienza dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e aperta a discutere di","Dalle posizioni della cancelliera tedesca Merkel di quest'estate, disponibile all'accoglienza dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e aperta a discutere di quote e ridistribuzione dei rifugiati, la situazione sul fronte interno tedesco è un poco cambiata. E se appena ieri la cancelliera concordava con Renzi sulla linea da tenere rispetto alla questione dei flussi di immigrati, anche se il presidente del Consiglio italiano ha ammesso la presenza di qualche punto di disaccordo, in particolar modo sulle forme di finanziamento del cosiddetto migration compact, sul suolo tedesco si deve fare i conti con tensioni reazionarie all'interno della società che alimentano il peso delle formazioni partitiche dell'estrema destra.\r\n\r\nDopo Capodanno e le aggressioni a Colonia, la solidarietà, soprattutto informale, nella primissima accoglienza delle persone che attraversavano i confini è proseguita, ma non la narrazione sui giornali e nei media nazionali. Su questi gesti è calato il silenzio lasciando presagire l'avvento di un nuovo racconto, più accettabile, visti i tempi che corrono, che mette persino in discussione l'accordo UE-Turchia; non certo perché il regime di Erdogan venga considerato come quello che è, un regime violento e despota che governa attraverso il terrore e la repressione. Il problema, secondo la stampa tedesca, pare essere la natura corruttibile dei turchi che si intascherebbero i soldi senza far poi quello che avevano promesso, ritornando, dopo il buonismo estivo, sul vecchio solco del pregiudizio razzista.\r\n\r\nIn generale certi sentimenti si respirano un po' in tutta Europa ma la sensazione in Germania è che le persone siano completamente distanti da ciò che succede nel mondo, lontane dai barconi che affondano nei mari o dalle centinaia di metri di filo spinato che bloccano il movimento di chi scappa da guerre e miseria.\r\n\r\nDi questo e di altro abbiamo parlato con Ricke:\r\n\r\nGermania\r\n\r\n \r\n\r\n ",{"matched_tokens":131,"snippet":132,"value":132},[26],"Un punto sul fronte interno tedesco e la questione dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark>",[134,136,138],{"matched_tokens":135,"snippet":123},[],{"matched_tokens":137,"snippet":124},[],{"matched_tokens":139,"snippet":140},[26],"\u003Cmark>profughi\u003C/mark>",[142,144,149],{"field":95,"matched_tokens":143,"snippet":128,"value":129},[26,73],{"field":38,"indices":145,"matched_tokens":146,"snippets":148},[90],[147],[26],[140],{"field":98,"matched_tokens":150,"snippet":132,"value":132},[26],1157451471441100800,{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":28,"num_tokens_dropped":50,"score":155,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"2211897868288",14,"1157451471441100915",{"document":157,"highlight":175,"highlights":197,"text_match":151,"text_match_info":208},{"cat_link":158,"category":159,"comment_count":50,"id":160,"is_sticky":50,"permalink":161,"post_author":53,"post_content":162,"post_date":163,"post_excerpt":56,"post_id":160,"post_modified":164,"post_thumbnail":56,"post_thumbnail_html":56,"post_title":165,"post_type":61,"sort_by_date":166,"tag_links":167,"tags":172},[47],[49],"31467","http://radioblackout.org/2015/09/profughi-nazioni-e-muri-di-ipocrisia/","Da molti mesi i media mainstream, almeno in Italia, sembravano aver cambiato registro in materia di immigrazione. Dagli argomenti infarciti di cinismo sui costi dell'accoglienza, di sciovinismo sugli italiani nella crisi penalizzati dagli immigrati, di allarmismo sulle infiltrazioni jihadiste, si è passato all'enorme risonanza data agli attacchi estivi della Chiesa contro Salvini e, in genere, ad un approccio agli sbarchi più \"caritatevole\". Poi lo spazio mediatico è stato interamente quanto improvvisamente occupato da una fotografia. Il bimbo siriano senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Una piccola foto che diventa il simbolo delle sofferenze di un intero popolo che preme ai confini della fortezza Europa. La Germania capisce che è il momento di mostrare a tutti di non essere solo un Paese ricco e in salute ma di poter ambire a una reale leadership politica. Si fa carico della questione dei profughi siriani mentre altri si preparano a far cantare le armi. Sono molti i calcoli fatti dai tedeschi e tra questi non è ultimo la particolare composizione della forza lavoro che si apprestano ad accogliere: i siriani sono in genere maschi, giovani e istruiti. Così uno strano ordine del discorso si impossessa presto del campo politico e burocratico. Ci sono profughi politici, leggasi siriani, pochi afghani e qualche iracheno e profughi economici, leggasi africani. Se i primi sopravvivono ai naufragi, alle camminate estenuanti tra i confini serbi, croati e ungheresi, vanno accolti. Se i secondi sopravvivono ai deserti e alle traversate, vanno rimandati a casa. L'onere in questo caso resta tutto all'Europa del sud cui oggi viene chiesto di accollarsi il compito che fu di Gheddafi e Ben Alì. La situazione resta fluida e sucettibile di cambiamenti anche repentini, dunque non si presta a letture univoche.\r\n\r\nNe parliamo con Ferruccio Gambino, docente di Sociologia del Lavoro all'Università di Padova\r\n\r\nGambino","23 Settembre 2015","2015-09-25 11:33:15","Profughi, nazioni e muri di ipocrisia",1443045051,[120,168,169,170,121,171],"http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/migranti/","http://radioblackout.org/tag/migrazioni/","http://radioblackout.org/tag/siria/",[124,173,37,174,26,18],"guerra","migrazioni",{"post_content":176,"post_title":180,"tags":184},{"matched_tokens":177,"snippet":178,"value":179},[26,73],"fa carico della questione dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> mentre altri si preparano a","Da molti mesi i media mainstream, almeno in Italia, sembravano aver cambiato registro in materia di immigrazione. Dagli argomenti infarciti di cinismo sui costi dell'accoglienza, di sciovinismo sugli italiani nella crisi penalizzati dagli immigrati, di allarmismo sulle infiltrazioni jihadiste, si è passato all'enorme risonanza data agli attacchi estivi della Chiesa contro Salvini e, in genere, ad un approccio agli sbarchi più \"caritatevole\". Poi lo spazio mediatico è stato interamente quanto improvvisamente occupato da una fotografia. Il bimbo siriano senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Una piccola foto che diventa il simbolo delle sofferenze di un intero popolo che preme ai confini della fortezza Europa. La Germania capisce che è il momento di mostrare a tutti di non essere solo un Paese ricco e in salute ma di poter ambire a una reale leadership politica. Si fa carico della questione dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> mentre altri si preparano a far cantare le armi. Sono molti i calcoli fatti dai tedeschi e tra questi non è ultimo la particolare composizione della forza lavoro che si apprestano ad accogliere: i \u003Cmark>siriani\u003C/mark> sono in genere maschi, giovani e istruiti. Così uno strano ordine del discorso si impossessa presto del campo politico e burocratico. Ci sono \u003Cmark>profughi\u003C/mark> politici, leggasi \u003Cmark>siriani\u003C/mark>, pochi afghani e qualche iracheno e \u003Cmark>profughi\u003C/mark> economici, leggasi africani. Se i primi sopravvivono ai naufragi, alle camminate estenuanti tra i confini serbi, croati e ungheresi, vanno accolti. Se i secondi sopravvivono ai deserti e alle traversate, vanno rimandati a casa. L'onere in questo caso resta tutto all'Europa del sud cui oggi viene chiesto di accollarsi il compito che fu di Gheddafi e Ben Alì. La situazione resta fluida e sucettibile di cambiamenti anche repentini, dunque non si presta a letture univoche.\r\n\r\nNe parliamo con Ferruccio Gambino, docente di Sociologia del Lavoro all'Università di Padova\r\n\r\nGambino",{"matched_tokens":181,"snippet":183,"value":183},[182],"Profughi","\u003Cmark>Profughi\u003C/mark>, nazioni e muri di ipocrisia",[185,187,189,191,193,195],{"matched_tokens":186,"snippet":124},[],{"matched_tokens":188,"snippet":173},[],{"matched_tokens":190,"snippet":37},[],{"matched_tokens":192,"snippet":174},[],{"matched_tokens":194,"snippet":140},[26],{"matched_tokens":196,"snippet":18},[],[198,200,206],{"field":95,"matched_tokens":199,"snippet":178,"value":179},[26,73],{"field":38,"indices":201,"matched_tokens":203,"snippets":205},[202],4,[204],[26],[140],{"field":98,"matched_tokens":207,"snippet":183,"value":183},[182],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":28,"num_tokens_dropped":50,"score":155,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},{"document":210,"highlight":240,"highlights":248,"text_match":151,"text_match_info":253},{"cat_link":211,"category":212,"comment_count":50,"id":213,"is_sticky":50,"permalink":214,"post_author":53,"post_content":215,"post_date":216,"post_excerpt":56,"post_id":213,"post_modified":217,"post_thumbnail":218,"post_thumbnail_html":219,"post_title":220,"post_type":61,"sort_by_date":221,"tag_links":222,"tags":232},[47],[49],"94139","http://radioblackout.org/2024/12/siria-la-vittoria-jihadista-la-questione-dei-profughi-lassedio-a-mambij/","In meno di 10 giorni il regime della dinastia Assad si è sciolto come la neve al sole. Le truppe governative si sono ritirate quasi senza combattere di fronte all’avanzata jihadista dell’HTS.\r\nA Damasco il dittatore ha negoziato le resa in cambio della possibilità di raggiungere la propria famiglia, scappata a Mosca da novembre.\r\nLe aree del confederalismo democratico resistono all’attacco delle milizie filoturche ma sono il prossimo obiettivo nel progetto neo ottomano della Turchia di Erdogan, la vera vincitrice bella guerra mondiale per procura, che si è combattuta sinora in Siria.\r\nNel frattempo l’Europa sospende tutte le richieste di asilo dei profughi siriani e minaccia di cancellare la protezione a chi l’ha già ottenuta.\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, giornalista torinese di origine turca\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/2024-12-10-murat-siria.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nA Torino domenica 15 Defend Rojava ha lanciato un corteo per la fine dei bombardamenti turchi in Siria del nord. Appuntamento alle 15 in piazza Carlo Felice","10 Dicembre 2024","2024-12-10 14:45:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-300x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-300x300.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-1024x1024.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-150x150.jpg 150w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-768x768.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-690x690.jpg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59-170x170.jpg 170w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/photo_2024-12-10_12-57-59.jpg 1080w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Siria. La vittoria Jihadista, la questione dei profughi, l’assedio a Mambij",1733841944,[223,224,225,226,227,228,229,230,171,231],"http://radioblackout.org/tag/caduuta-di-assad/","http://radioblackout.org/tag/colonialismo-turco/","http://radioblackout.org/tag/guerra-mondiale-per-procura/","http://radioblackout.org/tag/iran/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/libano/","http://radioblackout.org/tag/rojava/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/vittoria-ihadista/",[233,234,235,29,236,237,21,238,18,239],"caduuta di assad","colonialismo turco","guerra mondiale per procura","Israele","libano","russia","vittoria ihadista",{"post_content":241,"post_title":245},{"matched_tokens":242,"snippet":243,"value":244},[26,73],"le richieste di asilo dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e minaccia di cancellare la","In meno di 10 giorni il regime della dinastia Assad si è sciolto come la neve al sole. Le truppe governative si sono ritirate quasi senza combattere di fronte all’avanzata jihadista dell’HTS.\r\nA Damasco il dittatore ha negoziato le resa in cambio della possibilità di raggiungere la propria famiglia, scappata a Mosca da novembre.\r\nLe aree del confederalismo democratico resistono all’attacco delle milizie filoturche ma sono il prossimo obiettivo nel progetto neo ottomano della Turchia di Erdogan, la vera vincitrice bella guerra mondiale per procura, che si è combattuta sinora in Siria.\r\nNel frattempo l’Europa sospende tutte le richieste di asilo dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e minaccia di cancellare la protezione a chi l’ha già ottenuta.\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, giornalista torinese di origine turca\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/2024-12-10-murat-siria.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nA Torino domenica 15 Defend Rojava ha lanciato un corteo per la fine dei bombardamenti turchi in Siria del nord. Appuntamento alle 15 in piazza Carlo Felice",{"matched_tokens":246,"snippet":247,"value":247},[26],"Siria. La vittoria Jihadista, la questione dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark>, l’assedio a Mambij",[249,251],{"field":95,"matched_tokens":250,"snippet":243,"value":244},[26,73],{"field":98,"matched_tokens":252,"snippet":247,"value":247},[26],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":90,"num_tokens_dropped":50,"score":254,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"1157451471441100914",{"document":256,"highlight":279,"highlights":297,"text_match":151,"text_match_info":305},{"cat_link":257,"category":258,"comment_count":50,"id":259,"is_sticky":50,"permalink":260,"post_author":53,"post_content":261,"post_date":262,"post_excerpt":56,"post_id":259,"post_modified":263,"post_thumbnail":264,"post_thumbnail_html":265,"post_title":266,"post_type":61,"sort_by_date":267,"tag_links":268,"tags":274},[47],[49],"32832","http://radioblackout.org/2015/12/lue-paga-la-turchia-serra-le-frontiere/","Al vertice del 29 novembre L'UE ha ottenuto dal premier turco Ahmet Davutoğlu l’impegno a trattenere in Turchia la maggior parte dei profughi in fuga dalle guerre in Siria e in Iraq, in cambio di tre miliardi di euro in “aiuti iniziali”, di una liberalizzazione del regime dei visti e del rilancio del processo di adesione di Ankara all’Ue.\r\n\r\nL’Unione europea stanzierà tre miliardi di aiuti “iniziali” perché la Turchia “migliori” le condizioni di vita dei circa 2,2 milioni di profughi siriani che si trovano nel paese. Il governo turco voleva 3 miliardi all’anno. L’Unione europea aveva proposto che una simile cifra coprisse un biennio. L’accordo raggiunto a Bruxelles non contiene indicazioni temporali, ma vincola i pagamenti a verifiche progressive sui risultati raggiunti nel contenimento dei flussi migratori.\r\nL'UE paga solo alla “mancata” consegna della merce. Una merce umana per cui i capi di stato e di governo dell’Unione europea hanno mostrato commozione e sdegno, ma rischia di mettere in difficoltà gli attuali governanti alle prossime consultazioni elettorali.\r\nCome spesso è capitato negli ultimi anni nazionalisti di ogni dove, protoleghisti e neonazisti, incassano il risultato senza muovere un passo.\r\nNel testo delle conclusioni del vertice, però, viene chiarito che “la destinazione e la natura di questi fondi saranno riviste alla luce dello sviluppo della situazione”. In altre parole non si sa come questi fondi saranno investiti, al di là di un consenso già raggiunto nelle settimane scorse sull’impegno della Turchia a organizzare il rimpatrio dei migranti a cui non viene riconosciuto il diritto all’asilo nell’Unione europea, a promuovere l’integrazione e l’occupazione dei profughi siriani presenti nel paese e a lottare contro la criminalità.\r\nDeportazione, campi profughi stabili, persecuzione dei passeur. Forse l'impegno turco lo si potrebbe riassumere così.\r\n\r\nEspulsioni facili e campi di concentramento\r\n\r\nLa realizzazione pratica di questi obiettivi è ancora nebulosa. Ankara vorrebbe che i fondi siano investiti in “zone sicure” (safe zones) dove sarebbero confinati fino a cinque milioni di profughi, mentre l'UE punta sugli “hot spot” con la costruzione di sei nuovi campi per migranti. Per i migranti a cui non viene riconosciuta la protezione internazionale, c'è un generico impegno a collaborare per “prevenire i viaggi in Turchia e nell’Unione europea, assicurando l’applicazione dei piani di riammissione bilaterale stabiliti e rimpatriandoli velocemente”.\r\n\r\nChi paga il pacco?\r\nNon c'è accordo sui contributi nazionali tra paesi dell’Ue. Diversi capi di governo hanno infatti avanzato riserve sull’opportunità di finanziare il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che è accusato di non rispettare i diritti fondamentali dei cittadini (a partire dalla libertà di stampa) e di violente repressioni contro la minoranza curda. La Commissione europea ha suggerito di mettere insieme 500 milioni dai fondi comuni e che i 28 paesi membri provvedano a pagare il resto, in base alle loro possibilità. Si sta discutendo della possibilità che le istituzioni europee considerino queste risorse fuori dal patto di stabilità.\r\n\r\nI paesi più ricchi, tra cui Germania e Francia, vorrebbero che l’intera cifra fosse stanziata da Bruxelles, anche se ciò significa intaccare il bilancio già approvato fino al 2020. Questo potrebbe evitare ai governi di affrontare il passaggio parlamentare previsto dalle costituzioni nazionali, con il rischio che l'accordo salti, per la prevedibile opposizione di alcuni governi. Altri paesi, soprattutto quelli dell’est destinatari di fondi strutturali, sono preoccupati da questa prospettiva.\r\n\r\nL'accordo con la Turchia è voluto soprattutto dalla Germania. Negli ultimi mesi, la cancelliere Angela Merkel ha insistito sul fatto che la collaborazione con Ankara nel controllo delle frontiere esterne dell’Unione è indispensabile per migliorare la gestione dei flussi migratori.\r\n\r\nRiparte il processo di adesione all'UE della Turchia\r\n\r\nLa Turchia si è candidata per entrare nell’Unione europea dal 1999 e sta negoziando l’accesso dal 2005. In tutto, i capitoli che i paesi candidati devono portare a termine prima dell’adesione sono 35. Ieri è stato stabilito che un nuovo capitolo dei negoziati per l’adesione, il diciassettesimo, sarà aperto a metà dicembre. Ciò significa che cominceranno formalmente le trattative sugli standard economici e finanziari richiesti alla Turchia per adeguarsi a quelli europei.\r\n\r\nLa liberalizzazione dei visti\r\nUnione europea e Turchia avevano già sottoscritto nel 2013 un accordo che vincolava la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi al rispetto di un’intesa per la riammissione entro le frontiere turche di tutti i cittadini, anche di paesi terzi, che raggiungono il territorio dell’Unione europea dalla Turchia e non hanno diritto alla protezione internazionale. La Turchia dovrebbe anche rafforzare i controlli su afgani, pachistani e altri migranti asiatici in transito nel paese, che aspirano a raggiungere l’Europa.\r\n\r\nIn base all’intesa raggiunta il 29 novembre, la Commissione europea si è impegnata a presentare una relazione entro l’inizio di marzo del 2016 e le due parti auspicano di mettere a punto il processo di liberalizzazione dei visti entro ottobre dell’anno prossimo, a patto che siano rispettati i precedenti accordi. In ogni caso, è possibile che beneficino della liberalizzazione solo alcune categorie, come uomini d’affari e studenti.\r\nSi apre uno spiraglio per l'apertura di nuovi flussi migratori di cittadini turchi verso l'UE.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, con cui abbiamo anche discusso dell'assassinio di Tahir Elci copresidente degli avvocati di Dyarbakir, cui Murat ha dedicato un ricordo.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-12-01-murat-turchia-ue","1 Dicembre 2015","2015-12-04 12:22:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/turchia-profughi-ue-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"171\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/turchia-profughi-ue-300x171.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/turchia-profughi-ue-300x171.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/turchia-profughi-ue.jpg 499w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","L'UE paga, la Turchia serra le frontiere",1448987096,[269,270,271,121,272,273],"http://radioblackout.org/tag/accordo-29-novembre/","http://radioblackout.org/tag/frontiere/","http://radioblackout.org/tag/hot-spot/","http://radioblackout.org/tag/turchia/","http://radioblackout.org/tag/unione-europea/",[275,276,277,26,15,278],"accordo 29 novembre","frontiere","hot spot","Unione Europea",{"post_content":280,"tags":284},{"matched_tokens":281,"snippet":282,"value":283},[26,73],"dei circa 2,2 milioni di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> che si trovano nel paese.","Al vertice del 29 novembre L'UE ha ottenuto dal premier turco Ahmet Davutoğlu l’impegno a trattenere in Turchia la maggior parte dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> in fuga dalle guerre in Siria e in Iraq, in cambio di tre miliardi di euro in “aiuti iniziali”, di una liberalizzazione del regime dei visti e del rilancio del processo di adesione di Ankara all’Ue.\r\n\r\nL’Unione europea stanzierà tre miliardi di aiuti “iniziali” perché la Turchia “migliori” le condizioni di vita dei circa 2,2 milioni di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> che si trovano nel paese. Il governo turco voleva 3 miliardi all’anno. L’Unione europea aveva proposto che una simile cifra coprisse un biennio. L’accordo raggiunto a Bruxelles non contiene indicazioni temporali, ma vincola i pagamenti a verifiche progressive sui risultati raggiunti nel contenimento dei flussi migratori.\r\nL'UE paga solo alla “mancata” consegna della merce. Una merce umana per cui i capi di stato e di governo dell’Unione europea hanno mostrato commozione e sdegno, ma rischia di mettere in difficoltà gli attuali governanti alle prossime consultazioni elettorali.\r\nCome spesso è capitato negli ultimi anni nazionalisti di ogni dove, protoleghisti e neonazisti, incassano il risultato senza muovere un passo.\r\nNel testo delle conclusioni del vertice, però, viene chiarito che “la destinazione e la natura di questi fondi saranno riviste alla luce dello sviluppo della situazione”. In altre parole non si sa come questi fondi saranno investiti, al di là di un consenso già raggiunto nelle settimane scorse sull’impegno della Turchia a organizzare il rimpatrio dei migranti a cui non viene riconosciuto il diritto all’asilo nell’Unione europea, a promuovere l’integrazione e l’occupazione dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> presenti nel paese e a lottare contro la criminalità.\r\nDeportazione, campi \u003Cmark>profughi\u003C/mark> stabili, persecuzione dei passeur. Forse l'impegno turco lo si potrebbe riassumere così.\r\n\r\nEspulsioni facili e campi di concentramento\r\n\r\nLa realizzazione pratica di questi obiettivi è ancora nebulosa. Ankara vorrebbe che i fondi siano investiti in “zone sicure” (safe zones) dove sarebbero confinati fino a cinque milioni di \u003Cmark>profughi\u003C/mark>, mentre l'UE punta sugli “hot spot” con la costruzione di sei nuovi campi per migranti. Per i migranti a cui non viene riconosciuta la protezione internazionale, c'è un generico impegno a collaborare per “prevenire i viaggi in Turchia e nell’Unione europea, assicurando l’applicazione dei piani di riammissione bilaterale stabiliti e rimpatriandoli velocemente”.\r\n\r\nChi paga il pacco?\r\nNon c'è accordo sui contributi nazionali tra paesi dell’Ue. Diversi capi di governo hanno infatti avanzato riserve sull’opportunità di finanziare il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che è accusato di non rispettare i diritti fondamentali dei cittadini (a partire dalla libertà di stampa) e di violente repressioni contro la minoranza curda. La Commissione europea ha suggerito di mettere insieme 500 milioni dai fondi comuni e che i 28 paesi membri provvedano a pagare il resto, in base alle loro possibilità. Si sta discutendo della possibilità che le istituzioni europee considerino queste risorse fuori dal patto di stabilità.\r\n\r\nI paesi più ricchi, tra cui Germania e Francia, vorrebbero che l’intera cifra fosse stanziata da Bruxelles, anche se ciò significa intaccare il bilancio già approvato fino al 2020. Questo potrebbe evitare ai governi di affrontare il passaggio parlamentare previsto dalle costituzioni nazionali, con il rischio che l'accordo salti, per la prevedibile opposizione di alcuni governi. Altri paesi, soprattutto quelli dell’est destinatari di fondi strutturali, sono preoccupati da questa prospettiva.\r\n\r\nL'accordo con la Turchia è voluto soprattutto dalla Germania. Negli ultimi mesi, la cancelliere Angela Merkel ha insistito sul fatto che la collaborazione con Ankara nel controllo delle frontiere esterne dell’Unione è indispensabile per migliorare la gestione dei flussi migratori.\r\n\r\nRiparte il processo di adesione all'UE della Turchia\r\n\r\nLa Turchia si è candidata per entrare nell’Unione europea dal 1999 e sta negoziando l’accesso dal 2005. In tutto, i capitoli che i paesi candidati devono portare a termine prima dell’adesione sono 35. Ieri è stato stabilito che un nuovo capitolo dei negoziati per l’adesione, il diciassettesimo, sarà aperto a metà dicembre. Ciò significa che cominceranno formalmente le trattative sugli standard economici e finanziari richiesti alla Turchia per adeguarsi a quelli europei.\r\n\r\nLa liberalizzazione dei visti\r\nUnione europea e Turchia avevano già sottoscritto nel 2013 un accordo che vincolava la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi al rispetto di un’intesa per la riammissione entro le frontiere turche di tutti i cittadini, anche di paesi terzi, che raggiungono il territorio dell’Unione europea dalla Turchia e non hanno diritto alla protezione internazionale. La Turchia dovrebbe anche rafforzare i controlli su afgani, pachistani e altri migranti asiatici in transito nel paese, che aspirano a raggiungere l’Europa.\r\n\r\nIn base all’intesa raggiunta il 29 novembre, la Commissione europea si è impegnata a presentare una relazione entro l’inizio di marzo del 2016 e le due parti auspicano di mettere a punto il processo di liberalizzazione dei visti entro ottobre dell’anno prossimo, a patto che siano rispettati i precedenti accordi. In ogni caso, è possibile che beneficino della liberalizzazione solo alcune categorie, come uomini d’affari e studenti.\r\nSi apre uno spiraglio per l'apertura di nuovi flussi migratori di cittadini turchi verso l'UE.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, con cui abbiamo anche discusso dell'assassinio di Tahir Elci copresidente degli avvocati di Dyarbakir, cui Murat ha dedicato un ricordo.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-12-01-murat-turchia-ue",[285,287,289,291,293,295],{"matched_tokens":286,"snippet":275},[],{"matched_tokens":288,"snippet":276},[],{"matched_tokens":290,"snippet":277},[],{"matched_tokens":292,"snippet":140},[26],{"matched_tokens":294,"snippet":15},[],{"matched_tokens":296,"snippet":278},[],[298,300],{"field":95,"matched_tokens":299,"snippet":282,"value":283},[26,73],{"field":38,"indices":301,"matched_tokens":302,"snippets":304},[28],[303],[26],[140],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":90,"num_tokens_dropped":50,"score":254,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},{"document":307,"highlight":321,"highlights":335,"text_match":151,"text_match_info":344},{"cat_link":308,"category":309,"comment_count":50,"id":310,"is_sticky":50,"permalink":311,"post_author":53,"post_content":312,"post_date":313,"post_excerpt":56,"post_id":310,"post_modified":314,"post_thumbnail":56,"post_thumbnail_html":56,"post_title":315,"post_type":61,"sort_by_date":316,"tag_links":317,"tags":319},[47],[49],"18258","http://radioblackout.org/2013/09/campi-e-confini-di-guerra/","Aggiungiamo un ulteriore tassello al tentativo di sbrogliare la matassa intricata di due anni di guerre siriane: il plurale è d'obbligo come sentite nella registrazione del racconto di Federica Tourn, giornalista freelance che ha visitato i campi profughi di profughi siriani fuggiti verso ovest, sul labile confine turco, oggetto di scontri anche con peshmerga kurdi che non vogliono perdere l'occasione di ricongiungere clan divisi da una linea di frontiera giustapposta da decenni a separare in modo fittizio villaggi omogenei e quindi si scontrano con i qaidisti, ma anche come sempre con i turchi allarmati.\r\nNel racconto che si dipana vengono evocati gruppi di ribelli molto diversi; difficoltà di essere giornalisti e di capire processi o anche le scelte stesse dei colleghi giornalisti, che prediligono raccontare dei campi libanesi; la condizione disperata dei profughi e la descrizioni dei campi – vuoti quelli ufficiali, sovraffollati gli altri, con situazioni complicate, sia per chi è fuggito in Turchia, sia quelli desolatissimi ancora in Siria, dove i campi sono controllati da ribelli e quindi bombardati sistematicamente dal regime: malattie, gelo d'inverno e caldissimo d'estate, assistenza sanitaria minima, cibo scarso, assenza di scuole. Mutilati, orfani, totale assenza di corridoi umanitari e grande volontà di tornare alle proprie case.\r\n\r\nStraziante, ma questo racconto di Federica getta una luce diversa dai soliti reportage dei media mainstream:\r\n\r\n2013.09.20-profughi_siriani","21 Settembre 2013","2013-09-26 13:26:14","Campi e confini di guerra ",1379728030,[318,121,171,272],"http://radioblackout.org/tag/kurdi/",[320,26,18,15],"Kurdi",{"post_content":322,"tags":326},{"matched_tokens":323,"snippet":324,"value":325},[26,26,73],"visitato i campi \u003Cmark>profughi\u003C/mark> di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> fuggiti verso ovest, sul labile","Aggiungiamo un ulteriore tassello al tentativo di sbrogliare la matassa intricata di due anni di guerre siriane: il plurale è d'obbligo come sentite nella registrazione del racconto di Federica Tourn, giornalista freelance che ha visitato i campi \u003Cmark>profughi\u003C/mark> di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> fuggiti verso ovest, sul labile confine turco, oggetto di scontri anche con peshmerga kurdi che non vogliono perdere l'occasione di ricongiungere clan divisi da una linea di frontiera giustapposta da decenni a separare in modo fittizio villaggi omogenei e quindi si scontrano con i qaidisti, ma anche come sempre con i turchi allarmati.\r\nNel racconto che si dipana vengono evocati gruppi di ribelli molto diversi; difficoltà di essere giornalisti e di capire processi o anche le scelte stesse dei colleghi giornalisti, che prediligono raccontare dei campi libanesi; la condizione disperata dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> e la descrizioni dei campi – vuoti quelli ufficiali, sovraffollati gli altri, con situazioni complicate, sia per chi è fuggito in Turchia, sia quelli desolatissimi ancora in Siria, dove i campi sono controllati da ribelli e quindi bombardati sistematicamente dal regime: malattie, gelo d'inverno e caldissimo d'estate, assistenza sanitaria minima, cibo scarso, assenza di scuole. Mutilati, orfani, totale assenza di corridoi umanitari e grande volontà di tornare alle proprie case.\r\n\r\nStraziante, ma questo racconto di Federica getta una luce diversa dai soliti reportage dei media mainstream:\r\n\r\n2013.09.20-profughi_siriani",[327,329,331,333],{"matched_tokens":328,"snippet":320},[],{"matched_tokens":330,"snippet":140},[26],{"matched_tokens":332,"snippet":18},[],{"matched_tokens":334,"snippet":15},[],[336,338],{"field":95,"matched_tokens":337,"snippet":324,"value":325},[26,26,73],{"field":38,"indices":339,"matched_tokens":341,"snippets":343},[340],1,[342],[26],[140],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":90,"num_tokens_dropped":50,"score":254,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},6646,{"collection_name":61,"first_q":69,"per_page":20,"q":69},11,{"facet_counts":349,"found":202,"hits":381,"out_of":510,"page":340,"request_params":511,"search_cutoff":39,"search_time_ms":380},[350,358],{"counts":351,"field_name":356,"sampled":39,"stats":357},[352,354],{"count":28,"highlighted":353,"value":353},"anarres",{"count":340,"highlighted":355,"value":355},"I Bastioni di Orione","podcastfilter",{"total_values":90},{"counts":359,"field_name":38,"sampled":39,"stats":379},[360,362,364,365,367,369,371,373,375,377],{"count":340,"highlighted":361,"value":361},"libia",{"count":340,"highlighted":363,"value":363},"italia",{"count":340,"highlighted":26,"value":26},{"count":340,"highlighted":366,"value":366},"petrolio",{"count":340,"highlighted":368,"value":368},"buon anno",{"count":340,"highlighted":370,"value":370},"al quaeda",{"count":340,"highlighted":372,"value":372},"Stati Uniti",{"count":340,"highlighted":374,"value":374},"mafia capitale",{"count":340,"highlighted":376,"value":376},"Bastioni di Orione",{"count":340,"highlighted":378,"value":378},"affari sui migranti",{"total_values":380},10,[382,409,457,480],{"document":383,"highlight":398,"highlights":404,"text_match":151,"text_match_info":407},{"comment_count":50,"id":384,"is_sticky":50,"permalink":385,"podcastfilter":386,"post_author":387,"post_content":388,"post_date":389,"post_excerpt":56,"post_id":384,"post_modified":390,"post_thumbnail":391,"post_title":392,"post_type":393,"sort_by_date":394,"tag_links":395,"tags":397},"79715","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-26-01-2023-ecuadorpreguntasnazional-populiste-per-un-referendum-imposto-da-un-presidente-in-caduta-libera-la-turchia-tra-repressione-crisi-economica-presenza-militare-nel/",[355],"radiokalakuta"," \r\n\r\nBastioni di Orione in questa puntata parliamo con Davide Matrone che vive a Quito e collabora con varie testate giornalistiche ,del referendum indetto in Ecuador dal presidente Lasso nel tentativo di recupare consenso dopo l'ondata di proteste contro le politiche neoliberali imposte dal presidente banchiere .Le \"preguntas\" del referendum prefigurano un assetto reazionario delle istituzioni e solleticano le suggestioni populiste richiedendo una diminuzione dei parlamentari ,ma impattano anche sulle politiche ambientali , i movimenti sociali si sono schierati per il no mentre le conseguenze dei tagli alla sanità ,all'istruzione e l'attacco alle condizioni di vita delle masse popolari si fanno sentire sempre di piu' .\r\n\r\nhttps://pagineesteri.it/2023/01/25/america-latina/ecuador-attesa-per-il-referendum-popolare-in-un-paese-in-pena-crisi/\r\n\r\n \r\n\r\n,\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/BASTIONI-260123-DAVIDE-MATRONE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Murat Cinar giornalista e frequentatore della nostra trasmissione parliamo di Turchia , della decisione di Erdogan di anticipare le elezioni ma anche del suo rapporto controverso con l'Unione europea ,del ruolo della Turchia nella Nato ,della presenza militare turca nel nord della Siria,del problema dei profughi siriani e delle soluzione proposte dai partiti di estrema destra turchi,la crisi economica e l'aumento dell'emigrazione con la perdita delle migliori energie del paese, il ruolo della Turchia all'interno della divisione internazionale del lavoro come fabbrica e luogo di assemblaggio a costo del lavoro ridotto e diritti negati per le produzioni del nord Europa.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/BASTIONI-26012023-MURAT.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","30 Gennaio 2023","2023-01-30 12:58:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-2-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 26/01/2023- ECUADOR\"PREGUNTAS\"NAZIONAL-POPULISTE PER UN REFERENDUM IMPOSTO DA UN PRESIDENTE IN CADUTA LIBERA - LA TURCHIA TRA REPRESSIONE ,CRISI ECONOMICA ,PRESENZA MILITARE NEL NORD DELLA SIRIA E RICATTI SUI MIGRANTI VERSO LE ELEZIONI ANTICIPATE A MAGGIO.","podcast",1675083494,[396],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[376],{"post_content":399},{"matched_tokens":400,"snippet":402,"value":403},[401,73],"profughi ","nord della Siria,del problema dei \u003Cmark>profughi \u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e delle soluzione proposte dai "," \r\n\r\nBastioni di Orione in questa puntata parliamo con Davide Matrone che vive a Quito e collabora con varie testate giornalistiche ,del referendum indetto in Ecuador dal presidente Lasso nel tentativo di recupare consenso dopo l'ondata di proteste contro le politiche neoliberali imposte dal presidente banchiere .Le \"preguntas\" del referendum prefigurano un assetto reazionario delle istituzioni e solleticano le suggestioni populiste richiedendo una diminuzione dei parlamentari ,ma impattano anche sulle politiche ambientali , i movimenti sociali si sono schierati per il no mentre le conseguenze dei tagli alla sanità ,all'istruzione e l'attacco alle condizioni di vita delle masse popolari si fanno sentire sempre di piu' .\r\n\r\nhttps://pagineesteri.it/2023/01/25/america-latina/ecuador-attesa-per-il-referendum-popolare-in-un-paese-in-pena-crisi/\r\n\r\n \r\n\r\n,\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/BASTIONI-260123-DAVIDE-MATRONE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Murat Cinar giornalista e frequentatore della nostra trasmissione parliamo di Turchia , della decisione di Erdogan di anticipare le elezioni ma anche del suo rapporto controverso con l'Unione europea ,del ruolo della Turchia nella Nato ,della presenza militare turca nel nord della Siria,del problema dei \u003Cmark>profughi \u003C/mark> \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e delle soluzione proposte dai partiti di estrema destra turchi,la crisi economica e l'aumento dell'emigrazione con la perdita delle migliori energie del paese, il ruolo della Turchia all'interno della divisione internazionale del lavoro come fabbrica e luogo di assemblaggio a costo del lavoro ridotto e diritti negati per le produzioni del nord Europa.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/BASTIONI-26012023-MURAT.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[405],{"field":95,"matched_tokens":406,"snippet":402,"value":403},[401,73],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":340,"num_tokens_dropped":50,"score":408,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"1157451471441100913",{"document":410,"highlight":425,"highlights":442,"text_match":453,"text_match_info":454},{"comment_count":50,"id":411,"is_sticky":50,"permalink":412,"podcastfilter":413,"post_author":353,"post_content":414,"post_date":415,"post_excerpt":56,"post_id":411,"post_modified":416,"post_thumbnail":417,"post_title":418,"post_type":393,"sort_by_date":419,"tag_links":420,"tags":424},"26996","http://radioblackout.org/podcast/anarres-info-profughi-affari-e-una-buona-stella/",[353],"25 dicembre. Per vederci bene serve la luce, se la luce è troppa si rischia di restare abbagliati, di non vedere quello che conta. E’ il caso delle recenti inchieste sugli intrallazzi miliardari che hanno coinvolto l’amministrazione comunale romana, l’ex sindaco (post)fascista Alemanno, e un giro trasversale di politici, malavitosi e coop rosse, dall’ex Nar/banda della Magliana Carminati al democratico Buzzi. \r\nIl colore dei soldi unisce più di quello della politica. \r\nL’inchiesta ha dato visibilità ad un malaffare diffuso, capillare, sistemico, chiarendo quale grosso e lucroso affare sia la gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo o “l’integrazione” di rom e sinti. Occorre tuttavia guardare oltre il dito che indica la luna. Quando le assegnazioni sono fatte seguendo le regole, i rifugiati e i rom sono comunque un buon affare per chi gestisce l’accoglienza. \r\nBen poco, a volte nulla, di quello che dovrebbe essere garantito viene davvero offerto a chi fugge guerre e persecuzioni ed approda nel nostro paese per cercare di ottenere asilo. \r\nIl business sulla pelle degli immigrati, dei richiedenti asilo, delle comunità rom e sinti è enorme. L'attenzione mediatica si è concentrata sulle tangenti versate per accaparrarsi i fondi destinati all'accoglienza, ma pochissimi si sono interrogati su quali siano i meccanismi che permettono questi enormi affari sulle spalle dei migranti e di noi tutti. \r\nPartiamo da una considerazione banale ma importante: qualsiasi spesa pubblica di grossa entità - in particolare ma non solo, se affidata a enti esterni – ha un corollario di speculazioni, ingordo appetito di individui privi di scrupoli, corruzione... Questa regola vale per l’edilizia, assistenza o qualsiasi altro ambito. \r\nI meccanismi che regolano i contributi per l'assistenza a rom e richiedenti asilo sono diversi ma con vari aspetti in comune e stesse tecniche per poterne ricavare ingenti somme. Se per i rom una buona parte dei contributi viene dall'Unione Europea, per “l'emergenza dei richiedenti asilo” i soldi vengono tutti dal ministero dell'interno. \r\nVogliamo capirne di più. Per questa ragione abbiamo sentito Federico, un compagno di Trieste che conosce bene la questione. \r\nAscolta la diretta con Federico:\r\n\r\n2014 12 19 denitto business rifugiati\r\n\r\n\r\nVale la pena fare un passo indietro.\r\nTutto comincia nel 2011: la guerra civile in Libia e la fuga di migliaia di persone che si dirigono nel nostro paese sono all’origine di una ennesima, sin troppo prevedibile, “emergenza”. La prassi adottata ancora oggi è stata elaborata e sperimentata in quell’occasione. Le prefetture, tramite i comuni, individuano nei vari territori soggetti terzi (consorzi, cooperative, enti caritatevoli, ecc) disposti a prendersi in carico (in strutture proprie o dei comuni stessi) un certo numero di richiedenti asilo. Con questi soggetti terzi vengono stipulate convenzioni. Niente gara di appalto al ribasso come nei CIE, ma un’assegnazione diretta, che di fatto molto spesso ricade su cordate amiche. Chi entra nell’affare riceve, per ogni giorno di permanenza nelle strutture, un quota fissa di 35 euro a persona. Con questa quota devono essere garantiti una serie di servizi: vitto, abbigliamento, spese sanitarie, assistenza legale, mediazione culturale e interpreti, corsi di italiano, ecc ed ovviamente le paghe agli operatori che seguono le persone prese in carico. Di questi 35 euro ai richiedenti asilo rimangono in mano solamente 2,50 euro al giorno (il cosiddetto pocket money) che in genere viene dato a cadenza mensile.\r\nÈ un meccanismo con numerosi punti critici. Ecco i principali.\r\nLa scelta dei soggetti terzi a cui affidare le convenzioni e quali servizi siano poi effettivamente effettuati. È abbastanza evidente che una cosa è affidare l'assistenza a soggetti che - nel bene e nel male e pur con mille limiti e criticità - sono nati ed hanno esperienza nel lavorare coi migranti e in particolare coi richiedenti asilo (pensiamo ad esempio a piccoli consorzi o associazioni di base locali slegati dai grandi carrozzoni nazionali tipo Caritas) e altro è darlo a cooperative o associazioni “amiche” che normalmente fanno tutt'altro e che si improvvisano gestori di strutture di accoglienza. Da questo al business sulla pelle dei migranti il passo è breve. Perché - e qui veniamo al secondo punto - il lucro si costruisce su quanti e quali servizi vengono effettivamente forniti ai richiedenti asilo e sulle paghe degli operatori che vi lavorano. Il cibo scadente costa meno di pasti dignitosi, come i corsi di italiano da burla, l’assistenza legale fittizia. E la lista degli esempi si potrebbe ancora allungare. È ovvio che pagare un operatore 700 euro al mese non è la stessa cosa che pagarlo 1300. La quota erogata è sempre la stessa e non ci sono controlli: i margini per guadagnarci sopra sono enormi. \r\nIl meccanismo partito nel 2011 non si esaurito con la fine di quel flusso di profughi (le convenzioni si sono chiuse quasi tutte a fine 2013) ma è stato riproposto pari pari con l'ondata iniziata nel 2013 di persone provenienti soprattutto da Pakistan, Afganistan e Siria. Una nuova “emergenza”, un nuovo enorme business.\r\nUna macchina che rende ricco chi la manovra, stritola le vite di chi già è fuggito a guerre e persecuzioni.\r\nIn questi giorni hanno avuto una certa eco i dati diffusi dall’agenzia delle Nazioni Unite sui morti nel Mediterraneo, che, alla faccia di Mare Nostrum, nel 2014 sono state più che nei tre anni precedenti. \r\nNei primi 10 mesi dell’anno sono arrivati sulle coste italiane circa 150mila migranti, più del triplo rispetto al 2013, soprattutto eritrei e siriani.\r\nL’accoglienza dei profughi in Italia è trattata da media e politici come eterna “emergenza”, per consentire operazioni “tappabuchi” dove la grande abbuffata di soldi pubblici possa proseguire senza grossi intoppi.\r\nLa Svezia, paese molto meno popoloso dell’Italia ha accolto molti più rifugiati dell’Italia. In un solo weekend di ottobre, quando era al culmine la crisi di Kobane, sono arrivati in Turchia oltre 150mila profughi, più di quanti ne abbia accolti l’intera Unione europea dall’inizio del conflitto a Damasco. Cifre che la dicono lunga sulle frontiere serrate dell’Unione Europea. \r\nLe cifre di chi non arriva ci raccontano di una strage i cui responsabili siedono nei parlamenti e nei governi dell’UE. In prima fila l’Italia. \r\nOltre 3400 morti in mare. Una catastrofe umanitaria destinata ad aumentare ancora: I rifugiati sono più del 60% di chi approda nel nostro paese. L’acuirsi e moltiplicarsi di conflitti, in cui spesso il nostro paese è impegnato direttamente, rende facile prevedere che sempre più persone cercheranno rifugio in Europa. Molti, sempre più non arriveranno. La sostituzione di Mare Nostrum con Triton, la missione UE con meno mezzi e meno soldi, non potrà che far crescere la lista di chi affoga. \r\nMare Nostrum fu la risposta alla strage del 3 ottobre 2013 di fronte a Lampedusa, quando le acque del Mediterraneo inghiottirono 366 uomini, donne, bambini. \r\nUna risposta umanitaria – 150.000 persone intercettate – una risposta di polizia: il nome stesso della “missione” ce lo racconta. \r\nCon Triton, 2,9 milioni mensili di budget contro i 9 di Mare Nostrum, ed il compito di pattugliare entro le trenta miglia dalla nostra costa, resta solo la polizia. E non avrebbe potuto essere altrimenti: Triton è una missione di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. \r\nChi affoga in mezzo al mare lascerà traccia di se solo nei cuori chi lo ha visto partire senza più dare notizie. Chi passa e viene immesso nel programma per i rifugiati si apre la strada dell’accoglienza made in Italy. Tanti soldi per chi gestisce, un lungo limbo per chi resta intrappolato in un paese dove pochi vorrebbero restare. \r\nLungo una frontiera fatta di nulla si consuma un’idea di civiltà fatta di sopraffazione, guerra, di sfruttamento selvaggio. \r\nMentre scriviamo qualcuno muore in carcere, sul filo spinato di un confine, qualcuno chiude gli occhi senza aver mai mangiato a sufficienza, altri vivono raspando tra i rifiuti di una discarica, qualcuno nasce in una baracca ed ha già il destino segnato. \r\nSu quella baracca non c’è nessuna buona stella.\r\nOggi i cristiani festeggiano l’anniversario della nascita di un dio che si è fatto uomo e da uomo si è fatto torturare ed uccidere per una salvezza che non è di questa terra.\r\nNoi che abitiamo la terra e il tempo che ci è capitato, sappiamo che quel poco di bene che potremo ottenere, dipende da ciascuno di noi. \r\nUn mondo senza padroni, governanti, galere, sfruttamento, eserciti è possibile.\r\nUn buon anno di lotta e libertà a tutti e a tutte.","25 Dicembre 2014","2018-10-17 22:59:22","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/12/morti-in-mare-200x110.jpg","Anarres-info. Profughi, affari e una buona stella",1419518790,[421,422,423,121],"http://radioblackout.org/tag/affari-sui-migranti/","http://radioblackout.org/tag/buon-anno/","http://radioblackout.org/tag/mafia-capitale/",[378,368,374,26],{"post_content":426,"post_title":430,"tags":433},{"matched_tokens":427,"snippet":428,"value":429},[73,26],"al 2013, soprattutto eritrei e \u003Cmark>siriani\u003C/mark>.\r\nL’accoglienza dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> in Italia è trattata da","25 dicembre. Per vederci bene serve la luce, se la luce è troppa si rischia di restare abbagliati, di non vedere quello che conta. E’ il caso delle recenti inchieste sugli intrallazzi miliardari che hanno coinvolto l’amministrazione comunale romana, l’ex sindaco (post)fascista Alemanno, e un giro trasversale di politici, malavitosi e coop rosse, dall’ex Nar/banda della Magliana Carminati al democratico Buzzi. \r\nIl colore dei soldi unisce più di quello della politica. \r\nL’inchiesta ha dato visibilità ad un malaffare diffuso, capillare, sistemico, chiarendo quale grosso e lucroso affare sia la gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo o “l’integrazione” di rom e sinti. Occorre tuttavia guardare oltre il dito che indica la luna. Quando le assegnazioni sono fatte seguendo le regole, i rifugiati e i rom sono comunque un buon affare per chi gestisce l’accoglienza. \r\nBen poco, a volte nulla, di quello che dovrebbe essere garantito viene davvero offerto a chi fugge guerre e persecuzioni ed approda nel nostro paese per cercare di ottenere asilo. \r\nIl business sulla pelle degli immigrati, dei richiedenti asilo, delle comunità rom e sinti è enorme. L'attenzione mediatica si è concentrata sulle tangenti versate per accaparrarsi i fondi destinati all'accoglienza, ma pochissimi si sono interrogati su quali siano i meccanismi che permettono questi enormi affari sulle spalle dei migranti e di noi tutti. \r\nPartiamo da una considerazione banale ma importante: qualsiasi spesa pubblica di grossa entità - in particolare ma non solo, se affidata a enti esterni – ha un corollario di speculazioni, ingordo appetito di individui privi di scrupoli, corruzione... Questa regola vale per l’edilizia, assistenza o qualsiasi altro ambito. \r\nI meccanismi che regolano i contributi per l'assistenza a rom e richiedenti asilo sono diversi ma con vari aspetti in comune e stesse tecniche per poterne ricavare ingenti somme. Se per i rom una buona parte dei contributi viene dall'Unione Europea, per “l'emergenza dei richiedenti asilo” i soldi vengono tutti dal ministero dell'interno. \r\nVogliamo capirne di più. Per questa ragione abbiamo sentito Federico, un compagno di Trieste che conosce bene la questione. \r\nAscolta la diretta con Federico:\r\n\r\n2014 12 19 denitto business rifugiati\r\n\r\n\r\nVale la pena fare un passo indietro.\r\nTutto comincia nel 2011: la guerra civile in Libia e la fuga di migliaia di persone che si dirigono nel nostro paese sono all’origine di una ennesima, sin troppo prevedibile, “emergenza”. La prassi adottata ancora oggi è stata elaborata e sperimentata in quell’occasione. Le prefetture, tramite i comuni, individuano nei vari territori soggetti terzi (consorzi, cooperative, enti caritatevoli, ecc) disposti a prendersi in carico (in strutture proprie o dei comuni stessi) un certo numero di richiedenti asilo. Con questi soggetti terzi vengono stipulate convenzioni. Niente gara di appalto al ribasso come nei CIE, ma un’assegnazione diretta, che di fatto molto spesso ricade su cordate amiche. Chi entra nell’affare riceve, per ogni giorno di permanenza nelle strutture, un quota fissa di 35 euro a persona. Con questa quota devono essere garantiti una serie di servizi: vitto, abbigliamento, spese sanitarie, assistenza legale, mediazione culturale e interpreti, corsi di italiano, ecc ed ovviamente le paghe agli operatori che seguono le persone prese in carico. Di questi 35 euro ai richiedenti asilo rimangono in mano solamente 2,50 euro al giorno (il cosiddetto pocket money) che in genere viene dato a cadenza mensile.\r\nÈ un meccanismo con numerosi punti critici. Ecco i principali.\r\nLa scelta dei soggetti terzi a cui affidare le convenzioni e quali servizi siano poi effettivamente effettuati. È abbastanza evidente che una cosa è affidare l'assistenza a soggetti che - nel bene e nel male e pur con mille limiti e criticità - sono nati ed hanno esperienza nel lavorare coi migranti e in particolare coi richiedenti asilo (pensiamo ad esempio a piccoli consorzi o associazioni di base locali slegati dai grandi carrozzoni nazionali tipo Caritas) e altro è darlo a cooperative o associazioni “amiche” che normalmente fanno tutt'altro e che si improvvisano gestori di strutture di accoglienza. Da questo al business sulla pelle dei migranti il passo è breve. Perché - e qui veniamo al secondo punto - il lucro si costruisce su quanti e quali servizi vengono effettivamente forniti ai richiedenti asilo e sulle paghe degli operatori che vi lavorano. Il cibo scadente costa meno di pasti dignitosi, come i corsi di italiano da burla, l’assistenza legale fittizia. E la lista degli esempi si potrebbe ancora allungare. È ovvio che pagare un operatore 700 euro al mese non è la stessa cosa che pagarlo 1300. La quota erogata è sempre la stessa e non ci sono controlli: i margini per guadagnarci sopra sono enormi. \r\nIl meccanismo partito nel 2011 non si esaurito con la fine di quel flusso di \u003Cmark>profughi\u003C/mark> (le convenzioni si sono chiuse quasi tutte a fine 2013) ma è stato riproposto pari pari con l'ondata iniziata nel 2013 di persone provenienti soprattutto da Pakistan, Afganistan e Siria. Una nuova “emergenza”, un nuovo enorme business.\r\nUna macchina che rende ricco chi la manovra, stritola le vite di chi già è fuggito a guerre e persecuzioni.\r\nIn questi giorni hanno avuto una certa eco i dati diffusi dall’agenzia delle Nazioni Unite sui morti nel Mediterraneo, che, alla faccia di Mare Nostrum, nel 2014 sono state più che nei tre anni precedenti. \r\nNei primi 10 mesi dell’anno sono arrivati sulle coste italiane circa 150mila migranti, più del triplo rispetto al 2013, soprattutto eritrei e \u003Cmark>siriani\u003C/mark>.\r\nL’accoglienza dei \u003Cmark>profughi\u003C/mark> in Italia è trattata da media e politici come eterna “emergenza”, per consentire operazioni “tappabuchi” dove la grande abbuffata di soldi pubblici possa proseguire senza grossi intoppi.\r\nLa Svezia, paese molto meno popoloso dell’Italia ha accolto molti più rifugiati dell’Italia. In un solo weekend di ottobre, quando era al culmine la crisi di Kobane, sono arrivati in Turchia oltre 150mila \u003Cmark>profughi\u003C/mark>, più di quanti ne abbia accolti l’intera Unione europea dall’inizio del conflitto a Damasco. Cifre che la dicono lunga sulle frontiere serrate dell’Unione Europea. \r\nLe cifre di chi non arriva ci raccontano di una strage i cui responsabili siedono nei parlamenti e nei governi dell’UE. In prima fila l’Italia. \r\nOltre 3400 morti in mare. Una catastrofe umanitaria destinata ad aumentare ancora: I rifugiati sono più del 60% di chi approda nel nostro paese. L’acuirsi e moltiplicarsi di conflitti, in cui spesso il nostro paese è impegnato direttamente, rende facile prevedere che sempre più persone cercheranno rifugio in Europa. Molti, sempre più non arriveranno. La sostituzione di Mare Nostrum con Triton, la missione UE con meno mezzi e meno soldi, non potrà che far crescere la lista di chi affoga. \r\nMare Nostrum fu la risposta alla strage del 3 ottobre 2013 di fronte a Lampedusa, quando le acque del Mediterraneo inghiottirono 366 uomini, donne, bambini. \r\nUna risposta umanitaria – 150.000 persone intercettate – una risposta di polizia: il nome stesso della “missione” ce lo racconta. \r\nCon Triton, 2,9 milioni mensili di budget contro i 9 di Mare Nostrum, ed il compito di pattugliare entro le trenta miglia dalla nostra costa, resta solo la polizia. E non avrebbe potuto essere altrimenti: Triton è una missione di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. \r\nChi affoga in mezzo al mare lascerà traccia di se solo nei cuori chi lo ha visto partire senza più dare notizie. Chi passa e viene immesso nel programma per i rifugiati si apre la strada dell’accoglienza made in Italy. Tanti soldi per chi gestisce, un lungo limbo per chi resta intrappolato in un paese dove pochi vorrebbero restare. \r\nLungo una frontiera fatta di nulla si consuma un’idea di civiltà fatta di sopraffazione, guerra, di sfruttamento selvaggio. \r\nMentre scriviamo qualcuno muore in carcere, sul filo spinato di un confine, qualcuno chiude gli occhi senza aver mai mangiato a sufficienza, altri vivono raspando tra i rifiuti di una discarica, qualcuno nasce in una baracca ed ha già il destino segnato. \r\nSu quella baracca non c’è nessuna buona stella.\r\nOggi i cristiani festeggiano l’anniversario della nascita di un dio che si è fatto uomo e da uomo si è fatto torturare ed uccidere per una salvezza che non è di questa terra.\r\nNoi che abitiamo la terra e il tempo che ci è capitato, sappiamo che quel poco di bene che potremo ottenere, dipende da ciascuno di noi. \r\nUn mondo senza padroni, governanti, galere, sfruttamento, eserciti è possibile.\r\nUn buon anno di lotta e libertà a tutti e a tutte.",{"matched_tokens":431,"snippet":432,"value":432},[182],"Anarres-info. \u003Cmark>Profughi\u003C/mark>, affari e una buona stella",[434,436,438,440],{"matched_tokens":435,"snippet":378,"value":378},[],{"matched_tokens":437,"snippet":368,"value":368},[],{"matched_tokens":439,"snippet":374,"value":374},[],{"matched_tokens":441,"snippet":140,"value":140},[26],[443,445,451],{"field":95,"matched_tokens":444,"snippet":428,"value":429},[73,26],{"field":38,"indices":446,"matched_tokens":447,"snippets":449,"values":450},[28],[448],[26],[140],[140],{"field":98,"matched_tokens":452,"snippet":432,"value":432},[182],1157451471172665300,{"best_field_score":455,"best_field_weight":154,"fields_matched":28,"num_tokens_dropped":50,"score":456,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"2211897737216","1157451471172665459",{"document":458,"highlight":470,"highlights":475,"text_match":453,"text_match_info":478},{"comment_count":50,"id":459,"is_sticky":50,"permalink":460,"podcastfilter":461,"post_author":353,"post_content":462,"post_date":463,"post_excerpt":56,"post_id":459,"post_modified":464,"post_thumbnail":465,"post_title":466,"post_type":393,"sort_by_date":467,"tag_links":468,"tags":469},"60653","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-15-maggio-ai-confini-delleuropa-le-fabbriche-liberate-in-argentina-negozi-aperti-piazze-chiuse-decolonizzare-lanarchismo/",[353],"Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’escopost:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/2020-05-15-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nAi confini d’Europa. Lesvos, Chios, Samos, Leros e Kos sono diventate isole prigioni per i migranti che vi approdano dalla Turchia, in una battaglia di confine si è scatenata a febbraio, quando la Turchia ha trasformati i profughi di guerra siriani in immigrati clandestini, spingendoli verso i confini con la Grecia. Nel paese ellenico l’estrema destra nazionalista ha attaccato i migranti, bruciato le sedi dei solidali, braccato i no border. I fascisti, braccio armato del governo di Nea Democratia, hanno aperto la strada ad una durissima repressione, che, complice il lockdown, è passata in buona parte sotto silenzio.\r\nUna vasta solidarietà è stata attuata da gruppi di mutuo appoggio che hanno moltiplicato le mense autogestite, che raccolgono, cucinano e distribuiscono cibo. \r\nCe ne ha parlato Giulio anarchico e ricercatore precario da molti anni ad Atene\r\n\r\nL’autogestione come resistenza alla crisi. L’esperienza argentina\r\n\r\nAprono i negozi, i parrucchieri, i ristoranti. Resta quasi del tutto vietato manifestare, riunirsi, scioperare. Restano aperte le carceri ed i tribunali, ma udienze e processi sono da remoto. Così si gettano in carcere sette anarchici con accuse che comportano decenni di carcere, nonostante siano riferite ad azioni di banale sabotaggio o normale lotta sociale. Lo Stato di polizia avanza giorno dopo giorno.\r\n\r\nAnarchismo. Decolonizzare il nostro sguardo è un passaggio importante per rinforzare legami e prospettive libertarie che si sono sviluppate lontano dall’Europa e dai paesi che l’Europa ha occupato, per sfruttarne le risorse. Andrea Staid, anarchico e antropologo, ha preso spunto da un libro di cui ci siamo già occupati “Anarchici d’oltremare. Anarchismo, indigenismo, decolonizzazione” di Carlos Taibo, editato da Zero in Condotta – www.zeroincondotta.org\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nDal 29 maggio al 2 giugno: giornate di informazione e lotta antimilitarista\r\n\r\nVenerdì 29 maggio\r\nLa guerra in casa. Fabbriche d’armi, soldati per le strade, spese militari, tagli alla sanità\r\nne parliamo con\r\nAntonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger\r\nPippo Gurrieri, ferroviere, anarchico, nella redazione di Sicilia Libertaria\r\nore 21 sulla piattaforma zoom\r\nhttps://us02web.zoom.us/j/82746662102\r\nMeeting ID: 827 4666 2102\r\n\r\nLunedì 1 giugno ore 10 punto informativo al mercato di Caselle Torinese\r\n\r\nMartedì 2 giugno\r\nore 16\r\npresidio dei senzapatria in piazza Castello a Torino\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – https://www.facebook.com/senzafrontiere.to/\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","21 Maggio 2020","2020-05-21 15:37:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/elefante-luce-200x110.jpg","Anarres del 15 maggio. Ai confini dell’Europa. Le fabbriche liberate in Argentina. Negozi aperti, piazze chiuse. Decolonizzare l’anarchismo…",1590058365,[],[],{"post_content":471},{"matched_tokens":472,"snippet":473,"value":474},[26,73],"la Turchia ha trasformati i \u003Cmark>profughi\u003C/mark> di guerra \u003Cmark>siriani\u003C/mark> in immigrati clandestini, spingendoli verso","Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’escopost:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/2020-05-15-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nAi confini d’Europa. Lesvos, Chios, Samos, Leros e Kos sono diventate isole prigioni per i migranti che vi approdano dalla Turchia, in una battaglia di confine si è scatenata a febbraio, quando la Turchia ha trasformati i \u003Cmark>profughi\u003C/mark> di guerra \u003Cmark>siriani\u003C/mark> in immigrati clandestini, spingendoli verso i confini con la Grecia. Nel paese ellenico l’estrema destra nazionalista ha attaccato i migranti, bruciato le sedi dei solidali, braccato i no border. I fascisti, braccio armato del governo di Nea Democratia, hanno aperto la strada ad una durissima repressione, che, complice il lockdown, è passata in buona parte sotto silenzio.\r\nUna vasta solidarietà è stata attuata da gruppi di mutuo appoggio che hanno moltiplicato le mense autogestite, che raccolgono, cucinano e distribuiscono cibo. \r\nCe ne ha parlato Giulio anarchico e ricercatore precario da molti anni ad Atene\r\n\r\nL’autogestione come resistenza alla crisi. L’esperienza argentina\r\n\r\nAprono i negozi, i parrucchieri, i ristoranti. Resta quasi del tutto vietato manifestare, riunirsi, scioperare. Restano aperte le carceri ed i tribunali, ma udienze e processi sono da remoto. Così si gettano in carcere sette anarchici con accuse che comportano decenni di carcere, nonostante siano riferite ad azioni di banale sabotaggio o normale lotta sociale. Lo Stato di polizia avanza giorno dopo giorno.\r\n\r\nAnarchismo. Decolonizzare il nostro sguardo è un passaggio importante per rinforzare legami e prospettive libertarie che si sono sviluppate lontano dall’Europa e dai paesi che l’Europa ha occupato, per sfruttarne le risorse. Andrea Staid, anarchico e antropologo, ha preso spunto da un libro di cui ci siamo già occupati “Anarchici d’oltremare. Anarchismo, indigenismo, decolonizzazione” di Carlos Taibo, editato da Zero in Condotta – www.zeroincondotta.org\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nDal 29 maggio al 2 giugno: giornate di informazione e lotta antimilitarista\r\n\r\nVenerdì 29 maggio\r\nLa guerra in casa. Fabbriche d’armi, soldati per le strade, spese militari, tagli alla sanità\r\nne parliamo con\r\nAntonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger\r\nPippo Gurrieri, ferroviere, anarchico, nella redazione di Sicilia Libertaria\r\nore 21 sulla piattaforma zoom\r\nhttps://us02web.zoom.us/j/82746662102\r\nMeeting ID: 827 4666 2102\r\n\r\nLunedì 1 giugno ore 10 punto informativo al mercato di Caselle Torinese\r\n\r\nMartedì 2 giugno\r\nore 16\r\npresidio dei senzapatria in piazza Castello a Torino\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – https://www.facebook.com/senzafrontiere.to/\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[476],{"field":95,"matched_tokens":477,"snippet":473,"value":474},[26,73],{"best_field_score":455,"best_field_weight":154,"fields_matched":340,"num_tokens_dropped":50,"score":479,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"1157451471172665457",{"document":481,"highlight":498,"highlights":503,"text_match":506,"text_match_info":507},{"comment_count":50,"id":482,"is_sticky":50,"permalink":483,"podcastfilter":484,"post_author":353,"post_content":485,"post_date":486,"post_excerpt":56,"post_id":482,"post_modified":487,"post_thumbnail":488,"post_title":489,"post_type":393,"sort_by_date":490,"tag_links":491,"tags":497},"24629","http://radioblackout.org/podcast/libia-il-grande-gioco-tra-sangue-e-petrolio/",[353],"La Libia è attraversata da una guerra per bande che sta frantumando il paese, rendendo sempre più difficile la vita sia ai libici sia ai numerosi profughi subsahariani che ci vivono. Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. Il grande gioco tra sangue e petrolio",1407441307,[492,493,494,495,496],"http://radioblackout.org/tag/al-quaeda/","http://radioblackout.org/tag/italia/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[370,363,361,366,372],{"post_content":499},{"matched_tokens":500,"snippet":501,"value":502},[26],"ai libici sia ai numerosi \u003Cmark>profughi\u003C/mark> subsahariani che ci vivono. Mercoledì","La Libia è attraversata da una guerra per bande che sta frantumando il paese, rendendo sempre più difficile la vita sia ai libici sia ai numerosi \u003Cmark>profughi\u003C/mark> subsahariani che ci vivono. Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer \u003Cmark>profughi\u003C/mark> e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti \u003Cmark>siriani\u003C/mark> e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai \u003Cmark>profughi\u003C/mark>, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia",[504],{"field":95,"matched_tokens":505,"snippet":501,"value":502},[26],1155199671761633300,{"best_field_score":508,"best_field_weight":154,"fields_matched":340,"num_tokens_dropped":50,"score":509,"tokens_matched":90,"typo_prefix_score":50},"1112386306048","1155199671761633393",6637,{"collection_name":393,"first_q":69,"per_page":20,"q":69},["Reactive",513],{},["Set"],["ShallowReactive",516],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fAVVKFpKOPmp8hrTNwcy60zrftec4E70Q2lb2ewtyqMA":-1},true,"/search?query=profughi+siriani"]