","Rivolte nelle carceri italiane - 9 marzo 2020","post",1583760067,[58,59,60,61,62,63,64,65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/amnistia/","http://radioblackout.org/tag/anticarceraria/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/evasione/","http://radioblackout.org/tag/foggia/","http://radioblackout.org/tag/poggioreale/","http://radioblackout.org/tag/repressione/","http://radioblackout.org/tag/rivolta/","http://radioblackout.org/tag/san-vittore/","http://radioblackout.org/tag/sassari-carcere-bancali/",[69,70,14,71,72,73,74,12,75,76],"amnistia","anticarceraria","evasione","Foggia","Poggioreale","repressione","San Vittore","Sassari carcere Bancali",{"post_content":78},{"matched_tokens":79,"snippet":81,"value":82},[80],"parenti","esterno di solidali, amici e \u003Cmark>parenti\u003C/mark>. In strada è stato interdetto","APPUNTAMENTI E PRESIDI SOTTO LE CARCERI - GIORNO 9 MARZO2020\r\n\r\nMILANO - Appuntamento sotto il carcere di San Vittore alle ore 19:00 \r\n\r\nBOLOGNA - Presidio sotto il carcere della Dozza in corso\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCARCERE DELLA DOZZA - BOLOGNA\r\n\r\nOre 15:00 - i detenuti hanno preso possesso del carcere. Da un Comunicato Sappe le guardie carcerarie sono fuori dalla struttura assieme ad altre forze dell'ordine .\r\n\r\nPresidio esterno di solidali, amici e \u003Cmark>parenti\u003C/mark>. In strada è stato interdetto l'accesso alle aree limitrofe alle sezioni per evitare altri contatti tra interno ed esterno\r\n\r\nAll'incirca 900 persone sono recluse alla casa circondariale Rocco D'Amato; il doppio della capienza.\r\n\r\nAll'interno della sezione giudiziaria è stato dato fuoco ad alcune suppellettili: cinque persone sono state trasportate in ospedale per intossicazione.\r\n\r\nROMA REBIBBIA La direttrice si rifiuta ancora di incontrare i \u003Cmark>parenti\u003C/mark> - La tiburtina è bloccata. Sono stati visti diversi mezzi dei pompieri a causa di alcune sezioni a cui sarebbe stato dato fuoco durante le rivolte.\r\n\r\n\r\n\r\nSAN VITTORE - MILANO\r\n\r\nLa voce ad una compagna che ci aggiorna da Milano nella mattinata di lunedì 9 marzo 2020\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Carcere9marzo2020.mp3\"][/audio]\r\n\r\nSecondo il decreto appena emesso, il giorno 7 marzo 2020 sono state sospese le udienze, i colloqui e i permessi ai detenuti di tutta Italia.\r\n\r\nPer informazioni dettagliate sul decreto ---- penitenziaria\r\n\r\nDal giorno stesso e ancora adesso si stanno manifestando rivolte in molte carceri italiane, con esiti anche critici.\r\nIn molti casi, la popolazione di questi luoghi di reclusione è riuscito a fare battiture ed uscire dalle proprie celle.\r\n\r\nAll'esterno di alcune strutture ci sono stati presidi in solidarietà delle/dei carceratx, ma anche dei famigliari preoccupati che stanziano all'esterno.\r\n\r\nIn alcune strutture si sono verificati diversi decessi di detenuti per eventi ancora da verificare.\r\n\r\nA SEGUIRE UN RESOCONTO DEGLI AVVENIMENTI\r\n\r\n7MARZO 2020\r\n\r\nRivolte in corso nelle carceri di Salerno e Napoli per il blocco fino al 31 maggio dei colloqui e dei permessi.\r\nA Salerno dopo le proteste la direttrice ha tolto l'acqua. La \u003Cmark>protesta\u003C/mark> è quindi aumentata, un piano del carcere è stato devastato, alcuni detenuti sono saliti sul tetto.\r\nFuori dal carcere, presidio dei familiari. Arrivate decine di camionette, elicottero, celere.\r\n\r\nAUDIO di radio Onda Rossa\r\n\r\nProteste dei detenuti del carcere di Poggioreale. Alcuni ospiti della casa circondariale sono saliti sui muri del \"passeggio\", in una zona interna al penitenziario, e hanno raggiunto il tetto dell'edificio. Tesa intanto la situazione all'esterno del carcere.\r\n\r\n8 MARZO 2020\r\n\r\nPresidio sotto il carcere di Rebibbia di Roma.\r\n\r\nAUDIO di radio Onda Rossa\r\n\r\n \r\n\r\nSANT'ANNA - MODENA\r\n\r\nRivolta nel carcere Sant'Anna di Modena : i reclusi riescono ad uscire dalle celle, dare fuoco ad entrambe le sezioni, assaltare l'infermeria, prendendo possesso della portineria.\r\n\r\nIl personale carcerario rimane all'esterno tentando di sedare la rivolta.\r\n\r\nSi sono radunati \u003Cmark>parenti\u003C/mark> dei reclusi, solidali e non, all'esterno delle mura. GOM antisommossa, celere all'esterno della struttura.\r\n\r\nDopo alcune ore, sedata la rivolta, l'arrivo di ambulanze e, circa quattro pullman della polizia penitenziaria per trasferire i detenuti in altre strutture - Bologna, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Ascoli, Alessandria.\r\n\r\nRiscontrati visivamente dagli astanti e da familiari all'esterno del S.Anna di Modena alcuni corpi portati via dalle ambulanze.\r\n\r\nNella mattinata del 9 marzo 2020, riscontrato 6 morti di cui 3 nel carcere di Modena, 1 trasferito nel carcere di Verona, 1 trasferito nel carcere di Parma, 1 trasferito nel carcere di Alessandria.\r\n\r\nINFORMAZIONI DETTAGLIATE SU\r\n\r\nroundrobin.info\r\n\r\nOsservatoriorepressione.info\r\n\r\nNEWS E AGGIORNAMENTI DA MODENA Ore 17:00 .Confermati 8 decessi al carcere, tra cui un ragazzo nordafricano di 25 anni che fino a ieri alle 21, secondo fonti dirette, era vivo e parlava con la gente. L'ipotesi di overdose, riportata da altri media, sembra allontanarsi dalla realtà.\r\n\r\nMolti detenuti sono ancora in \u003Cmark>protesta \u003C/mark> senza acqua e senza cibo. Vista l'inagibilità della struttura molti detenuti ancora da trasferire\r\n\r\n \r\n\r\nTensioni e proteste nel carcere di Frosinone: \"i detenuti hanno occupato la seconda sezione, e sono barricati dentro. Hanno un elenco di richieste che partono dalla questione dei colloqui. Per il momento siamo in fase di attesa.\" Lo riferisce il garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia.\r\n\r\nA Pavia in serata i detenuti hanno bloccato per alcune ore due agenti di polizia penitenziaria, hanno rubato le chiavi delle celle agli agenti e hanno inscenato una forte \u003Cmark>protesta\u003C/mark> devastando diversi locali del penitenziario.\r\n\r\nNel carcere palermitano di Pagliarelli è scoppiata protest: bruciate lenzuola e carta e battitura contro le sbarre delle celle per attirare l'attenzione.\r\n\r\nRivolta nelle celle del carcere Ucciardone a Palermo. I detenuti hanno tentanto di evadere dal carcere, cercando la fuga; un tentativo è stato bloccato dalla polizia penitenziaria\r\n\r\n \r\n\r\n09 MARZO 2020\r\n\r\nSAN VITTORE - MILANO\r\n\r\n\r\nRivolta a San Vittore - Milano - sarebbe scoppiata nel terzo raggio verso le 8 di questa mattina.\r\n\r\nI detenuti escono dalle celle e salgono sul tetto. Sia all'interno delle celle che sul tetto vengono bruciati oggetti.\r\n\r\nDue reparti allagati e distrutti a San Vittore - la rivolta nel terzo raggio sembra sedata - All'interno della struttura è entrata la polizia penitenziaria ma non la celere.\r\n\r\n[14:37, 9/3/2020] Secondo l'inviato di Business Insider - Sono almeno due i casi di overdose da metadone registrati tra i detenuti in rivolta a San Vittore.\r\n\r\nSan Vittore ore 15:40 9 marzo 2020 - Prime cariche della celere per allontanare i solidali all'esterno delle mura. Solidali provano a bloccare un pullman di rinforzo che stava entrando al carcere; consecutiva carica. Qualche ferito tra i solidali ma nessuno grave.\r\n\r\nCARCERE DI FOGGIA\r\n\r\nRivolta già nella notte nel carcere di Foggia\r\n\r\n\r\nTentata evasione a Foggia - numeri non ancora accertati.\r\n\r\nAlcune macchine sono state aperte per allontanarsi dalla zona di evasione; per ora quattro macchine sono state intercettate grazie ai numeri di targa\r\n\r\n[video width=\"848\" height=\"480\" mp4=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/tentata-evasione-foggia.mp4\"][/video]\r\n\r\n \r\n\r\nAGGIORNAMENTO SUI DETENUTI MODENESI\r\n\r\n- Trasferimenti nel carcere di massima sicurezza di Sassari - BANCALI - dei detenuti delle strutture più danneggiate.\r\n\r\n- Conteggio Attuale di detenuti deceduti dopo la rivolta nel carcere Sant'Anna di Modena sale ad 8. Da accertare i ricoverati.\r\n\r\nDIRETTA E AGGIORNAMENTI DA RADIO ONDA D'URTO\r\n\r\nAGGIORNAMENTO CARCERE DI POGGIOREALE -NAPOLI\r\n\r\nFonti telematiche comunicano la mancanza di acqua all'interno delle celle.\r\n\r\nOre 16:00 - stanno protestando fuori all'istituto in via Nuova Poggioreale. E' in atto un blocco stradale all'esterno della struttura.\r\n\r\nCARCERE DI TRANI\r\n\r\n\"Una nube di fumo circonda l'intero edificio e secondo una prima ipotesi sembrerebbe che alcuni detenuti abbiano appiccato un incendio sulla scia di una rappresaglia già iniziata nella giornata di ieri.\"\r\n\r\n\"Il carcere è ora circondato dalle forze dell'ordine, in particolare dalle pattuglie dei carabinieri, che stanno cercando di mantenere l'ordine e di tenere curiosi e \u003Cmark>parenti\u003C/mark> lontani dall'edificio.\"\r\n\r\n\"Sembra dunque che anche i detenuti della città di Trani siano ormai in rivolta come quelli del resto di Italia. In molti chiedono l'amnistia, lamentando la paura del contagio del Coronavirus. Altri protestano perché le misure varate dal governo per combattere l'emergenza comprendono anche una serie di restrizioni ai colloqui con i \u003Cmark>parenti\u003C/mark>.\" (fonte Traniviva.it)\r\n\r\nCARCERE LORUSSO CUTUGNO - TORINO\r\n\r\nOre 15:00 - Prime proteste all'interno del Carcere delle Vallette nelle sezioni ordinarie del padiglione B\r\n\r\nOre 15:45 - Agenti antisommossa che si avvicinano ai solidali sotto il carcere\r\n\r\nOre 16 :20 - I solidali sono fissi davanti all'entrata principale del carcere\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[84],{"field":85,"matched_tokens":86,"snippet":81,"value":82},"post_content",[80],1155199671761633300,{"best_field_score":89,"best_field_weight":90,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":91,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},"1112386306048",14,"1155199671761633393",{"document":93,"highlight":114,"highlights":120,"text_match":87,"text_match_info":123},{"cat_link":94,"category":95,"comment_count":44,"id":96,"is_sticky":44,"permalink":97,"post_author":98,"post_content":99,"post_date":100,"post_excerpt":50,"post_id":96,"post_modified":101,"post_thumbnail":102,"post_thumbnail_html":103,"post_title":104,"post_type":55,"sort_by_date":105,"tag_links":106,"tags":110},[41],[43],"52931","http://radioblackout.org/2019/03/cosa-succede-in-algeria/","info2","In Algeria c’è una protesta su larghissima scala, per una volta non solo ad Algeri ma quasi in tutti i capoluoghi di provincia. Una protesta popolare, trasversale e pacifica per l’annullamento della candidatura del Presidente Abdelaziz Bouteflika al quinto mandato alla testa della Repubblica algerina.\r\nLa protesta lanciata via internet e social media da fonti sconosciute è sostenuta e co-organizzata sia da anonimi cittadini, sia da movimenti della società civile, sia da partiti e organizzazioni politiche. Ma sembra (se non sostenuta) almeno guardata favorevolmente da una buona parte del complesso sistema politico-economico-militare al potere in Algeria.\r\nNe abbiamo parlato con Karim Metref, insegnante, blogger di origine cabila, che da molti anni vive a Torino\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-05-metref-algeria.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito alcuni stralci di un articolo scritto da Karim\r\n\r\n“Perché adesso, dopo tutti questi anni di silenzio?\r\nIn realtà l’Algeria non è mai stata e mai sarà un paese “tranquillo”. Le proteste, le sommosse, le contestazioni anche violente del potere imposto e dei suoi rappresentanti regionali e locali fanno parte della vita quotidiana in Algeria. E questo sin dai primi anni dell’indipendenza, ottenuta, ricordiamo, nel 1962 dopo sette anni di una guerra terribile che ha portato via centinaia di migliaia di persone.\r\nLotte per i diritti economici, lotte per i diritti culturali delle popolazioni amazigh, lotte sindacali, per la casa, per un lavoro e reddito… La scena politica e sociale algerina è sempre stata una delle più calde del Sud del Mediterranneo.\r\n\r\nQuello che gli altri paesi dell’area sud del mediterraneo vivono nel 2011, l’Algeria lo vive già nel 1988. Il 5 ottobre 1988 il paese si solleva e mette fine al sistema del partito unico. “L’Ottobre 88” è seguito da una stagione straordinaria di libertà e pluralità culturale e politica. Ma il sogno finisce in un incubo che inizia con il colpo di stato che annulla le elezioni vinte al primo turno dal Fronte Islamico della Salvezza (FIS). Il paese versa in una terribile guerra civile che dura quasi 15 anni.\r\nNel 1998, arrivano i primi accordi per mettere fine al conflitto armato e con essi arriva Abdelaziz Bouteflika. E’ imposto sia agli islamisti che ai generali dell’esercito come garante degli accordi di pace che prevedono fine dei conflitti, nessuna inchiesta e nessun processo per i numerosi crimini contro l’umanità commessi dai due campi, in cambio del rientro delle multinazionali nello sfruttamento degli enormi giacimenti di petrolio e gas del paese.\r\n\r\nDopo questa intronizzazione un po’ forzata, l’uomo ha saputo manovrare molto bene. Non è stato una marionetta qualsiasi e ha giocato così bene che da outsider dei clan al potere, ha creato un suo clan fatto di familiari (fratello in primo piano), parenti, amici, complici di vita e di politica… Ed è riuscito a mettere in panchina tutti gli altri. Aiutato dall’aumento spettacolare dei prezzi del greggio negli anni del suo primo e secondo mandato è riuscito anche a eliminare ogni forma di opposizione giocando semplicemente con i petrodollari.\r\nCosì ha potuto mandare in pensione i potentissimi generali degli anni novanta e ha avuto la forza per cambiare la costituzione e fare invece di due, ben quattro mandati.\r\n\r\nIl problema è che nel 2013, poco prima di ripresentarsi per il quarto mandato, si è ammalato. Ha avuto un ictus che l’ha ridotto in uno stato di quasi totale incapacità, che negli anni nonostante le costosissime cure negli ospedali francesi e le cliniche svizzere, è andata peggiorando. Oggi non non è nemmeno più in grado di intendere né di volere.\r\n\r\nL’altro grande problema è la caduta libera del prezzo del petrolio. Con un ritmo di consumi calcolato su un petrolio a più di $ 110 al barile, e i prezzi crollati dopo le “Primavere arabe” a volte anche sotto i $ 30 e comunque non risalendo mai oltre $ 75 – 80 da anni, il paese non è al collasso perché non ha debiti importanti e aveva fino a poco importanti riserve di denaro. Ma l’economia algerina è ancora fortemente dipendente dalle esportazioni di idrocarburi e il potere di Bouteflika è anch’esso dipendente dalla redistribuzione della manna petroliera. Con il crollo delle entrate crollano anche gli equilibri politici costruiti negli anni dopo la guerra civile, con larghe concessioni salariali, sociali e un massivo programma di edilizia pubblica e importanti benefici garantiti ai signori della politica e della guerra.\r\n\r\nE’ chiaro che il paese ha bisogno di una svolta politica.\r\nMa nel clan presidenziale, detto « Clan di Nedroma », dal nome della piccola cittadina sul confine ovest del paese dal quale è originario il presidente e la maggioranza dei baroni del potere attuale (ministri, governatori di province, ex-capo della polizia, personaggi chiave del ministero dell’energia…) non c’è nessuno che ha lo stesso calibro politico. Nemmeno il fratello Said: nessuno. Tutti semplici parassiti politici che vivono fin che vive lui. Se cade cadono tutti e rischiano anche di farsi male. Perché hanno veramente saccheggiato il paese: più vedono avvicinarsi la loro fine e più diventano voraci. E più l’opinione pubblica e i clan rivali si caricano di rabbia e rancori nei loro confronti.\r\nMa nell’illusione di mantenersi ancora al potere all’ombra di una quercia ormai crollata, hanno osato candidare un Bouteflika moribondo a un 5° mandato. Andando a fare campagna elettorale con il suo ritratto ufficiale. Come fosse una icona bizantina. L’hanno fatto nonostante petizione, appelli e dichiarazioni sia da parte della società civile sia da parte di molti esponenti politici dentro e fuori dal sistema.\r\n\r\nE’ questo sentimento di rabbia di fronte a una situazione che mescola prepotenza e ridicolo che la gente ha cominciato a mobilitarsi via internet per poi uscire tutti insieme nelle piazze di quasi tutto il paese.\r\n\r\nChi è quella gente uscita per le strade?\r\nLa gente uscita per le strade di Algeri e delle province del paese il 22 febbraio e i giorni successivi è di tutte le età, tutte le estrazioni culturali, sociali ed economiche. Arabofoni, Amazigh, islamisti, laici, nazionalisti, modernisti… C’era di tutto. Gli appelli sono giunti da varie parti. Sui social media, sui siti dell’opposizione.\r\n\r\nAlcuni famosi attivisti, personaggi famosi dei media sociali, facebooker, youtuber, e alcune persone interessate a candidarsi alla carica suprema, hanno messo la loro faccia, pagine facebook, account twitter… Gruppi politici, associazioni, sindacati. Ognuno con le proprie idee, ma tutti raccolti intorno a uno slogan unico: No al 5° mandato. Bouteflika deve andare via!\r\nAlcuni lo accusano lui e il suo clan di tutti i mali di cui soffre il paese. Altri si accontentano di sottolineare il suo stato di salute e chiedono al suo entourage di liberarlo e di non tenere in ostaggio un uomo stanco e malato.\r\nMa l’attitudine «tranquilla» delle forze dell’ordine, ci sono stati arresti e qualche intervento in piazza ma niente in confronto con le manifestazioni degli ultimi 20 anni, e la copertura favorevole da parte di alcuni media privati, lasciano supporre una benevolenza di vari settori del sistema. Il potente capo dello Stato Maggiore, Il Generale-Maggiore Gaid Salah, si è espresso in sostegno di Bouteflika. Ma sembra solo una posizione per rassicurare sul fatto che ciò che succede non è la premessa per un colpo di stato.\r\n\r\nCosa vuole questa gente?\r\nCome successo nelle altre proteste della primavera araba, oltre il « dégage! » chiaro e netto rivolto al potente di turno, non ci sono proposte precise, nessun progetto di società comune. Nessun programma. Solo un comune e forte sentimento di misura colma. Barakat! Basta!\r\n\r\nCosa può succedere adesso?\r\nSe non si trova una via ragionevole, se l’entourage del presidente persevera nella sua follia, allora la strada è aperta per qualsiasi cosa: 5° mandato che verserà il paese in una profonda depressione, colpo di stato dei militari, inizio delle violenze in piazza con scenari che conosciamo e che abbiamo visto all’opera in altri paesi…”","5 Marzo 2019","2019-03-05 16:39:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"205\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-300x205.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-300x205.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-768x526.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-1024x701.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Cosa succede in Algeria?",1551803803,[107,108,109],"http://radioblackout.org/tag/algeria/","http://radioblackout.org/tag/bouteflika/","http://radioblackout.org/tag/karim-metref/",[111,112,113],"Algeria","Bouteflika","karim metref",{"post_content":115},{"matched_tokens":116,"snippet":118,"value":119},[117],"protesta","In Algeria c’è una \u003Cmark>protesta\u003C/mark> su larghissima scala, per una","In Algeria c’è una \u003Cmark>protesta\u003C/mark> su larghissima scala, per una volta non solo ad Algeri ma quasi in tutti i capoluoghi di provincia. 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E questo sin dai primi anni dell’indipendenza, ottenuta, ricordiamo, nel 1962 dopo sette anni di una guerra terribile che ha portato via centinaia di migliaia di persone.\r\nLotte per i diritti economici, lotte per i diritti culturali delle popolazioni amazigh, lotte sindacali, per la casa, per un lavoro e reddito… La scena politica e sociale algerina è sempre stata una delle più calde del Sud del Mediterranneo.\r\n\r\nQuello che gli altri paesi dell’area sud del mediterraneo vivono nel 2011, l’Algeria lo vive già nel 1988. Il 5 ottobre 1988 il paese si solleva e mette fine al sistema del partito unico. “L’Ottobre 88” è seguito da una stagione straordinaria di libertà e pluralità culturale e politica. Ma il sogno finisce in un incubo che inizia con il colpo di stato che annulla le elezioni vinte al primo turno dal Fronte Islamico della Salvezza (FIS). Il paese versa in una terribile guerra civile che dura quasi 15 anni.\r\nNel 1998, arrivano i primi accordi per mettere fine al conflitto armato e con essi arriva Abdelaziz Bouteflika. E’ imposto sia agli islamisti che ai generali dell’esercito come garante degli accordi di pace che prevedono fine dei conflitti, nessuna inchiesta e nessun processo per i numerosi crimini contro l’umanità commessi dai due campi, in cambio del rientro delle multinazionali nello sfruttamento degli enormi giacimenti di petrolio e gas del paese.\r\n\r\nDopo questa intronizzazione un po’ forzata, l’uomo ha saputo manovrare molto bene. Non è stato una marionetta qualsiasi e ha giocato così bene che da outsider dei clan al potere, ha creato un suo clan fatto di familiari (fratello in primo piano), \u003Cmark>parenti\u003C/mark>, amici, complici di vita e di politica… Ed è riuscito a mettere in panchina tutti gli altri. 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Con un ritmo di consumi calcolato su un petrolio a più di $ 110 al barile, e i prezzi crollati dopo le “Primavere arabe” a volte anche sotto i $ 30 e comunque non risalendo mai oltre $ 75 – 80 da anni, il paese non è al collasso perché non ha debiti importanti e aveva fino a poco importanti riserve di denaro. Ma l’economia algerina è ancora fortemente dipendente dalle esportazioni di idrocarburi e il potere di Bouteflika è anch’esso dipendente dalla redistribuzione della manna petroliera. 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E più l’opinione pubblica e i clan rivali si caricano di rabbia e rancori nei loro confronti.\r\nMa nell’illusione di mantenersi ancora al potere all’ombra di una quercia ormai crollata, hanno osato candidare un Bouteflika moribondo a un 5° mandato. Andando a fare campagna elettorale con il suo ritratto ufficiale. Come fosse una icona bizantina. L’hanno fatto nonostante petizione, appelli e dichiarazioni sia da parte della società civile sia da parte di molti esponenti politici dentro e fuori dal sistema.\r\n\r\nE’ questo sentimento di rabbia di fronte a una situazione che mescola prepotenza e ridicolo che la gente ha cominciato a mobilitarsi via internet per poi uscire tutti insieme nelle piazze di quasi tutto il paese.\r\n\r\nChi è quella gente uscita per le strade?\r\nLa gente uscita per le strade di Algeri e delle province del paese il 22 febbraio e i giorni successivi è di tutte le età, tutte le estrazioni culturali, sociali ed economiche. Arabofoni, Amazigh, islamisti, laici, nazionalisti, modernisti… C’era di tutto. Gli appelli sono giunti da varie parti. Sui social media, sui siti dell’opposizione.\r\n\r\nAlcuni famosi attivisti, personaggi famosi dei media sociali, facebooker, youtuber, e alcune persone interessate a candidarsi alla carica suprema, hanno messo la loro faccia, pagine facebook, account twitter… Gruppi politici, associazioni, sindacati. Ognuno con le proprie idee, ma tutti raccolti intorno a uno slogan unico: No al 5° mandato. Bouteflika deve andare via!\r\nAlcuni lo accusano lui e il suo clan di tutti i mali di cui soffre il paese. Altri si accontentano di sottolineare il suo stato di salute e chiedono al suo entourage di liberarlo e di non tenere in ostaggio un uomo stanco e malato.\r\nMa l’attitudine «tranquilla» delle forze dell’ordine, ci sono stati arresti e qualche intervento in piazza ma niente in confronto con le manifestazioni degli ultimi 20 anni, e la copertura favorevole da parte di alcuni media privati, lasciano supporre una benevolenza di vari settori del sistema. Il potente capo dello Stato Maggiore, Il Generale-Maggiore Gaid Salah, si è espresso in sostegno di Bouteflika. Ma sembra solo una posizione per rassicurare sul fatto che ciò che succede non è la premessa per un colpo di stato.\r\n\r\nCosa vuole questa gente?\r\nCome successo nelle altre proteste della primavera araba, oltre il « dégage! » chiaro e netto rivolto al potente di turno, non ci sono proposte precise, nessun progetto di società comune. Nessun programma. Solo un comune e forte sentimento di misura colma. Barakat! Basta!\r\n\r\nCosa può succedere adesso?\r\nSe non si trova una via ragionevole, se l’entourage del presidente persevera nella sua follia, allora la strada è aperta per qualsiasi cosa: 5° mandato che verserà il paese in una profonda depressione, colpo di stato dei militari, inizio delle violenze in piazza con scenari che conosciamo e che abbiamo visto all’opera in altri paesi…”",[121],{"field":85,"matched_tokens":122,"snippet":118,"value":119},[117],{"best_field_score":89,"best_field_weight":90,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":91,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},{"document":125,"highlight":141,"highlights":146,"text_match":87,"text_match_info":149},{"cat_link":126,"category":127,"comment_count":44,"id":128,"is_sticky":44,"permalink":129,"post_author":47,"post_content":130,"post_date":131,"post_excerpt":50,"post_id":128,"post_modified":132,"post_thumbnail":133,"post_thumbnail_html":134,"post_title":135,"post_type":55,"sort_by_date":136,"tag_links":137,"tags":139},[41],[43],"46797","http://radioblackout.org/2018/04/venezuela-sulla-rivolta-nel-carcere-di-carabobo-e-sulla-strage-di-detenuti/","Una strage annunciata quella avvenuta nello stato di Carabobo, in Venezuela dentro ad una caserma adibita a carcere dove, a seguito di una protesta dei detenuti per le condizioni di reclusione, è divampato un incendio che ha fatto almeno 68 morti tra prigionieri e parenti. Alla notizia dell'incidente amici e affetti dei detenuti sono accorsi fuori dal carcere per avere informazioni sui propri cari e sono stati accolti dai manganelli e dai lacrimogeni della polizia.\r\n\r\nIl Venezuela sta attraversando una crisi di sovraffollamento carcerario impressionante tanto che lo Stato si è dotato di mini strutture detentive ritagliate tra ex caserme e edifici pubblici per aumentare i posti di prigionia disponibili. Questi luoghi che dovrebbero essere di transito diventano invece l'ultima meta per i molti che, in attesa di giudizio, aspettano la prassi tribunalizia per sapere del proprio destino. Qui le condizioni di detenzione sono insostenibili dato che, non essendo carceri veri è propri, mancano completamente di ogni servizio necessario per la sopravvivenza, uno su tutti la somministrazione del vitto che costringe di fatto le famiglie a sobbarcarsi il peso economico della reclusione, recandosi dai propri parenti detenuti due volte al giorno per portare loro da mangiare. A ciò si aggiunge il sovraffollamento che rende la vita impossibile; si prenda ad esempio la struttura dove è divampato l'incendio in cui i posti disponibili sarebbero 40 e dove erano invece detenute oltre 200 persone, ammassate le une sulle altre.\r\n\r\nUna strage annunciata dunque, la peggiore da diversi anni a questa parte in termine di perdite umane, che va tristemente a sommarsi ai già numerosissimi episodi di morti collettive che avvengono più o meno con costanza nelle carceri venezuelane.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alfredo Luis Somosa, giornalista freelance che collabora con diverse testate.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\ncarcereCarabobo","1 Aprile 2018","2018-04-07 11:42:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/4aeb126d3acfde83416b70c7e5cf0faf-ky4D-U1110169817441KJI-1024x576@LaStampa.it_-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/4aeb126d3acfde83416b70c7e5cf0faf-ky4D-U1110169817441KJI-1024x576@LaStampa.it_-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/4aeb126d3acfde83416b70c7e5cf0faf-ky4D-U1110169817441KJI-1024x576@LaStampa.it_-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/4aeb126d3acfde83416b70c7e5cf0faf-ky4D-U1110169817441KJI-1024x576@LaStampa.it_-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/4aeb126d3acfde83416b70c7e5cf0faf-ky4D-U1110169817441KJI-1024x576@LaStampa.it_.jpg 1000w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Venezuela, sulla rivolta nel carcere di Carabobo e sulla strage di detenuti",1522587311,[60,65,138],"http://radioblackout.org/tag/venezuela/",[14,12,140],"Venezuela",{"post_content":142},{"matched_tokens":143,"snippet":144,"value":145},[117],"dove, a seguito di una \u003Cmark>protesta\u003C/mark> dei detenuti per le condizioni","Una strage annunciata quella avvenuta nello stato di Carabobo, in Venezuela dentro ad una caserma adibita a carcere dove, a seguito di una \u003Cmark>protesta\u003C/mark> dei detenuti per le condizioni di reclusione, è divampato un incendio che ha fatto almeno 68 morti tra prigionieri e \u003Cmark>parenti\u003C/mark>. 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Due milioni di persone partecipano alla manifestazione conclusiva della marcia per la giustizia. Un segnale forte e chiaro che nonostante le decine di migliaia di arresti ed epurazioni, nonostante le torture e le violenze, nonostante la trasformazione del paese in una dittatura democratica, guidata a vita da Erdogan, il paese non è ancora piegato né pacificato a forza.\r\n\r\nAnzi! L'uomo forte di Ankara non è riuscito a far calare il velo del terrore sull'opposizione, mentre continua la guerra civile nelle regioni curdofone del paese e la guerra di invasione nel cantone di Efrin, in Rojava.\r\nLa manifestazione di domenica scorsa è stata la più importante dopo la rivolta di Ghezi Park.\r\n\r\n \r\n\r\nLa “Marcia per la giustizia” è durata 24 giorni.\r\n\r\nIl 14 giugno un affollato corteo è partito dalla capitale della Turchia, Ankara, per arrivare fino alla capitale industriale del paese, Istanbul. Il giorno dopo l’arresto del parlamentare Enis Berberoglu, del CHP, il segretario generale del kemalista Partito Popolare della Repubblica, ha comunicato in diretta televisiva che avrebbe dato vita alla marcia.\r\n\r\n \r\n\r\nCentinaia e migliaia di persone hanno camminato, giorno e notte, sotto la pioggia e sotto il sole cocente a 45 gradi. Sono partiti ogni giorno quasi all’alba e si sono fermati nel pomeriggio. Hanno camminato in tutto per 420 chilometri, facendo circa 600.000 passi, con una media di partecipazione oltre le 50.000 persone.\r\n\r\nOgni sera si dormiva insieme, nelle tende, in macchina, nelle abitazioni dei volontari o degli abitanti locali che sostenevano la marcia.\r\nIl corteo, superando il record della “marcia per il sale” di Ghandi, è arrivato l’8 luglio a Istanbul. Secondo gli osservatori erano presenti più di 215.000 persone.\r\n\r\nOvviamente non sono mancate le azioni di protesta, provocazione e sabotaggio da parte di sostenitori del governo e dello stesso Presidente della Repubblica e del Primo Ministro, che non hanno esitato a criminalizzare il corteo offendendo, umiliando, insultando, emarginando e minacciando i partecipanti.\r\n\r\nNegli ultimi giorni la polizia ha annunciato di aver arrestato tre esponenti dell'Isis pronti a compiere un attentato contro i marciatori. Chiara l'intenzione di spaventare i partecipanti per indebolire la marcia. Un'operazione miseramente fallita.\r\n\r\nIl corteo è cresciuto di giorno in giorno, coinvolgendo disoccupati, diversi partiti politici, operai precari, avvocati, donne vittime di violenza, giornalisti, accademici, parenti dei detenuti politici, associazioni non governative e collettivi degli studenti.\r\n\r\nSi sono uniti anche esponenti del Partito democratico dei popoli, il partito filocurdo, che ha numerosi deputati, sindaci e attivisti in carcere.\r\nA poco meno di un anno dal fallito colpo di stato militare, attribuito alla rete di Fetullah Gulen, dopo le leggi di emergenza e il referendum che ha consegnato il paese nelle mani dell'uomo forte che sogna di farsi Sultano, la marcia e la manifestazione oceanica sono il segno che la politica della paura non è riuscita a piegare l'opposizione politica e sociale nel paese.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta con Murat Cinar, giornalista e mediattivista di origine turca:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 07 07 murat marcia giustizia","12 Luglio 2017","2017-07-25 18:53:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/marcia-turchia-9-luglio-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"159\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/marcia-turchia-9-luglio-300x159.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/marcia-turchia-9-luglio-300x159.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/marcia-turchia-9-luglio.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Turchia. 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Nello stesso giorno in cui il presidente reazionario Michel Temer ha annunciato il dispiegamento dell'esercito, i lavoratori della società pubblica di approvvigionamento idrico e dei servizi igienico-sanitari di Rio (CEDAE) hanno messo in scena un'altra protesta di massa fuori del Assemblea legislativa dello Stato, per lottare contro la proposta di privatizzazione di questo servizio sociale essenziale. Giovedì scorso la polizia in assetto antisommossa aveva violentemente represso una manifestazione analoga, che era sfociata in ore di scontri nel centro città. Adesso i governi statali e federali sono particolarmente preoccupati dalle proteste in vista del voto sulla privatizzazione della CEDAE che si terrà il 20 febbraio. 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Va ricordato come la PM sia un'eredità dalla dittatura militare che ha governato il Brasile per due decenni a seguito di un colpo di stato appoggiato dalla CIA nel 1964. E' responsabile della morte di migliaia di persone ogni anno, 3.300 nel 2015, circa tre volte il numero ucciso dalla polizia negli Stati Uniti. Nel contesto della crisi economica e dell'instabilità che attanaglia il governo, il crescente ricorso a chiamare l'esercito per affrontare il disagio sociale porta con sè la minaccia di un ritorno al regime militare nel più grande paese dell'America del Sud.\r\n\r\nQuesta mattina ne abbiamo parlato con Luigi Spera, giornalista freelance, conoscitore del Brasile:\r\n\r\nBrasile2","17 Febbraio 2017","2017-02-20 11:59:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/C4QKksSWIAMCPnX-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/C4QKksSWIAMCPnX-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/C4QKksSWIAMCPnX-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/C4QKksSWIAMCPnX-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/C4QKksSWIAMCPnX-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/C4QKksSWIAMCPnX.jpg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","\"Legge e ordine\" in Brasile: lo spettro del regime militare",1487337661,[200,201,202,203,204,205,206],"http://radioblackout.org/tag/brasile/","http://radioblackout.org/tag/cedae/","http://radioblackout.org/tag/lotte/","http://radioblackout.org/tag/militari/","http://radioblackout.org/tag/pezao/","http://radioblackout.org/tag/rio/","http://radioblackout.org/tag/temer/",[208,23,209,210,19,17,211],"brasile","lotte","militari","Temer",{"post_content":213},{"matched_tokens":214,"snippet":215,"value":216},[117],"hanno messo in scena un'altra \u003Cmark>protesta\u003C/mark> di massa fuori del Assemblea","Nei giorni scorsi, in concomitanza con l'arrivo del carnevale, 9.000 soldati sono stati mandati nelle strade di Rio de Janeiro per reprimere le crescenti proteste contro austerità e privatizzazioni e far fronte alla minaccia di sciopero da parte della Polizia Militare. 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Scriveva sul Ming Pao e ultimamente si era occupato dei Panama Papers. A seguito di alcuni articoli la proprietà lo ha licenziato, adducendo come scusa necessità economiche di taglio dei costi.\r\nAlcuni redattori del Ming Pao hanno inscenato una protesta lasciando «in bianco» alcune parti del giornale, nei giorni successivi. Si tratta di un attacco alla libertà di stampa che colpisce l'ex colonia britannica, considerata solitamente più «libera» almeno per quanto riguarda la stampa, rispetto alla Cina continentale.\r\nDei fatti si sono occupati i principali quotidiani internazionali. Tutti quelli che osservano la Cina, stanno guardando con preoccupazione a quanto accade a Hong Kong, specie oltre un anno dopo le note proteste che hanno chiesto più autonomia rispetto a Pechino.\r\nE se in Cina i Panama Papers sono stati completamente oscurati, non ci si aspettava certo una repressione giornalistica proprio a Hong Kong. Invece qualcosa di grave è accaduto.\r\nCome riportato dal Guardian, «Mercoledì scorso il Ming Pao, uno dei più prestigiosi giornali della città, ha licenziato il caporedattore Keung Kwok-Yuen, lo stesso giorno in cui il giornalista ha riempito la prima pagina con rivelazioni sulle celebrità, i funzionari e gli uomini d'affari di Hong Kong. La direzione del giornale ha detto che il licenziamento era una misura dovuta alla necessità di riduzione dei costi, ma i giornalisti accusano i proprietari di un ordine del giorno più sinistro».\r\nLa gestione del licenziamento di Keung è piena di anomalie, hanno scritto alcuni giornalisti, «rendendo difficile per chiunque accettarla come una pura mossa di riduzione dei costi. La gestione deve ai suoi lettori e al pubblico una spiegazione».\r\n«Se un giornalista moderato e professionale come il sig Keung non può essere tollerato, questo che cosa ci dice circa la libertà di stampa a Hong Kong? Siamo profondamente turbati e preoccupati», hanno aggiunto.\r\nLa dichiarazione – ricorda il Guardian - non ha menzionato i Papers Panama, «ma Pechino ha intensificato la censura di storie sulla più grande fuga al mondo di documenti di sempre, dopo che i parenti di alcuni alti dirigenti sono stati nominati tra le persone che hanno utilizzato società off-shore per conservare le loro ricchezze».\r\nSi tratta di un fatto che ha avuto delle conseguenze. Come racconta il quotidiano di Hong Kong in lingua inglese, il South China Morning Post, «tre giornalisti del quotidiano in lingua cinese che ha licenziato un capo redattore la scorsa settimana hanno presentato colonne vuote in segno di protesta contro la mossa della direzione».\r\nGli spazi vuoti delle colonne sono stati presentati nell'edizione cartacea del Ming Pao di domenica, «includendo la nota di un redattore che giustifica il controverso licenziamento».\r\nNella sua sezione «Sunday Life», il giornale ha riportato le colonne vuote «di Audrey Eu Yuet-mee, fondatore leader del Civic Party, e Eva Chan Sik-chee, ex giornalista del Ming Pao, con i soli titoli a criticare la decisione di licenziare Keung».\r\nIl veterano dei media dell'isola Ng Chi-sum ha lasciato la sua rubrica vuota a eccezione di una riga di titolo, dove ha citato una poesia scritta dai manifestanti di Tiananmen in una protesta del 1976 a Pechino: «Nel mio dolore ho sentito i demoni gridare; Piango mentre lupi e sciacalli ridono».\r\nÈ stato ricordato che anche nel 2014 il Ming Pao uscì con colonne vuote da parte di diversi scrittori, tra cui Chan e Ng, per protestare contro la decisione improvvisa di sostituire l'ex redattore capo Kevin Lau Chun-to con Chong.\r\nL'associazione sindacale dei giornalisti si è detta «arrabbiata» e «delusa» per il presunto tentativo di ostacolare la libertà di espressione, aggiungendo «che la sua decisione di interrompere la collaborazione con il noto giornalista ha provocato perdite economiche per il Ming Pao».\r\n\r\nQuest'articolo, tradotto da China Files, è stato scritto da Simone Pieranni per East Journal.\r\n\r\nAbbiamo intervistato Simone Pieranni sulla vicenda, per poi farde un lungo excursus sulla politica del secondo “Grande Timoniere”, il “principino” Xi Jingping, che oggi accentra nelle proprie mani un potere che nemmeno Mao si era assicurato.\r\n\r\nAscolta la diretta con Simone Pieranni:\r\n\r\n2016-05-03-pieranni-cina","3 Maggio 2016","2016-05-05 13:10:12","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/cina-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"150\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/cina-300x150.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/cina-300x150.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/cina-768x384.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/cina-1024x512.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/cina.jpg 2000w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La mano pesante di Xi Jinping",1462295636,[235,236,237],"http://radioblackout.org/tag/cina-hong-kong/","http://radioblackout.org/tag/licenziamento-giornalista/","http://radioblackout.org/tag/xi-jinping/",[239,31,240],"cina. hong kong","Xi Jinping",{"post_content":242},{"matched_tokens":243,"snippet":244,"value":245},[117],"Ming Pao hanno inscenato una \u003Cmark>protesta\u003C/mark> lasciando «in bianco» alcune parti","Keung Kwok-Yuen è un popolare giornalista di Hong Kong. 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