","Torino. Pulizia urbana","post",1453287070,[64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/repressione/","http://radioblackout.org/tag/retate/","http://radioblackout.org/tag/sorveglianza-speciale/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/urban/",[21,18,70,15,71],"sorveglianza speciale","urban",{"post_content":73,"tags":77},{"matched_tokens":74,"snippet":75,"value":76},[18],"militarizzazione dei quartieri e le \u003Cmark>retate\u003C/mark> che quello stesso maggio aveva","Lunedì sera è arrivata la notizia che la Procura aveva accolto quattro delle otto richieste di di sorveglianza speciale per quattro anarchici attivi nelle lotte in città.\r\nNe abbiamo parlato con Gabrio.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-01-19-gabrio-sorveglianzaspeciale\r\n\r\nLa mattina dopo la polizia si è presentata all'Asilo e alle case occupate di via Lanino e corso Giulio Cesare ed hanno condotto in questura 10 compagni e compagne, per notificare loro l'obbligo di firma quotidiano. Il PM Padalino aveva richiesto gli arresti domiciliari, ma il Gip non li ha concessi. I dieci anarchici sono stati accusati di danneggiamento e violenza privata per un'iniziativa dello scorso 28 maggio allo sede di Urban Barriera di Milano, i progettisti delle operazioni di “riqualificazione” che portano alla militarizzazione e gentrificazione dei quartieri.\r\nL'iniziativa a Urban si inseriva nella lotta contro la militarizzazione dei quartieri e le \u003Cmark>retate\u003C/mark> che quello stesso maggio aveva già portato all'arresto di cinque compagni e compagne accusati di essersi messi di mezzo durante una retata di immigrati in corso Giulio angolo corso Brescia.\r\n\u003Cmark>Retate\u003C/mark> e controlli militari sono la stampella della“pulizia urbana”, spacciata per “decoro” il cui scopo è la cacciata ed il disciplinamento dei poveri.\r\n\r\nAscolta la cronaca a caldo di Francesca:\r\n\r\n2016-01-19-francesca-urban",[78,80,83,85,87],{"matched_tokens":79,"snippet":21},[],{"matched_tokens":81,"snippet":82},[18],"\u003Cmark>retate\u003C/mark>",{"matched_tokens":84,"snippet":70},[],{"matched_tokens":86,"snippet":15},[],{"matched_tokens":88,"snippet":71},[],[90,96],{"field":38,"indices":91,"matched_tokens":93,"snippets":95},[92],1,[94],[18],[82],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":75,"value":76},"post_content",[18],578730123365712000,{"best_field_score":101,"best_field_weight":102,"fields_matched":36,"num_tokens_dropped":50,"score":103,"tokens_matched":92,"typo_prefix_score":50},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":105,"highlight":132,"highlights":158,"text_match":99,"text_match_info":167},{"cat_link":106,"category":107,"comment_count":50,"id":108,"is_sticky":50,"permalink":109,"post_author":53,"post_content":110,"post_date":111,"post_excerpt":56,"post_id":108,"post_modified":112,"post_thumbnail":113,"post_thumbnail_html":114,"post_title":115,"post_type":61,"sort_by_date":116,"tag_links":117,"tags":126},[47],[49],"30080","http://radioblackout.org/2015/05/torino-la-lotta-contro-i-cie-e-il-carcere-continua/","Dopo gli arresti dei quattro compagni di mercoledì scorso, la lotta contro retate, sfratti, sgomberi, CIE e carcere continua. Lo scorso fine settimana si sono svolte due iniziative a Torino. Sabato 23, all'angolo tra Corso Giulio Cesare e Corso Emilia, si è tenuto un presidio che ha raccontato ai passanti l’attuale situazione dei Cie in Italia. Nel momento in cui i compagni hanno provato a fare una scritta sulle colonne di Casa Aurora, l’ex fabbrica tessile che si affaccia su Corso Giulio, un dirigente incaricata della gestione della giornata ha ordinato ai reparti mobili di circondare minacciosamente il gruppo.\r\nDomenica 24 si è tenuto invece un presidio al carcere delle Vallette. Più di cento compagni hanno salutato Erika, Paolo, Toshi e Luigi e i tre No Tav Francesco, Graziano e Lucio, il cui processo si concluderà mercoledì prossimo.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco, che ci ha fatto una breve cronaca dei due presidi ed ha ricordato l'appuntamento di mercoledì ai cancelli della centrale di Chiomonte, in attesa della sentenza.\r\nAscolta la diretta\r\nfrancesco_presidio contro i cie e il carcere_sentenza notav\r\n ","25 Maggio 2015","2015-05-28 14:15:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/11358660_10204440171747472_829873962_n-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/11358660_10204440171747472_829873962_n-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/11358660_10204440171747472_829873962_n-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/11358660_10204440171747472_829873962_n-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/11358660_10204440171747472_829873962_n.jpg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torino: la lotta contro CIE e carcere continua",1432563971,[118,119,120,121,122,123,124,65,125,67],"http://radioblackout.org/tag/basta-sfratti/","http://radioblackout.org/tag/basta-sgomberi/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/notav/","http://radioblackout.org/tag/presidio/","http://radioblackout.org/tag/processo-no-tav/","http://radioblackout.org/tag/sfratti/",[127,128,28,26,129,30,130,18,131,15],"basta sfratti","basta sgomberi","notav","processo no tav","sfratti",{"post_content":133,"tags":137},{"matched_tokens":134,"snippet":135,"value":136},[18],"mercoledì scorso, la lotta contro \u003Cmark>retate\u003C/mark>, sfratti, sgomberi, CIE e carcere","Dopo gli arresti dei quattro compagni di mercoledì scorso, la lotta contro \u003Cmark>retate\u003C/mark>, sfratti, sgomberi, CIE e carcere continua. 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Nella serata di ieri i carabinieri hanno effettuato numerosi controlli, prendendo di mira soprattutto i passanti di origine straniera. Nulla di nuovo in questa zona, dove Lega Nord e Fratelli d'Italia, in più occasioni promotori di marce per la legalità e contro il degrado, hanno lanciato una campagna contro poveri, anarchici e occupanti di case.\r\nIeri sera l'intervento degli uomini dell'arma è stato peggiore del solito: violento e irrispettoso della dignità delle persone.\r\nAlcuni compagni, intervenuti per chiedere ragione di quanto accadeva sono stati a loro volta sottoposti a controllo. Il clima si è fatto più acceso quando un ragazzo africano in bicicletta è stato violentemente strattonanto e messo con la forza con la mani al muro. L'indignazione è cresciuta ed anche la violenza dei carabinieri. Manuela, una compagna dell'Asilo occupato, è stata arrestata e tradotta in questura: sarà processata per direttissima per resistenza.\r\n\r\nAscolta la diretta con Luigi dell'Asilo:\r\n\r\n2015_02_18_luigi_arresto_barriera","18 Febbraio 2015","2015-02-24 13:20:15","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/vernice-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"198\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/vernice-300x198.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/vernice-300x198.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/vernice.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Retate in Barriera. 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L'operazione Mos Maiorum mette in campo circa 18 mila unità che entreranno nei quartieri delle principali città europee per controllare le rotte dei migranti.L'operazione è sotto il controllo del ministero degli interni italiano e patrocinato da Frontex. Sono passati dieci giorni dalla ricorrenza a Lampedusa dei morti del 3 ottobre 2013, contestata apertamente da buona parte dei lampedusani. I politici che sono saliti sul palco lanciando i fiori in mare sono gli stessi che poi gestiscono e approvano operazioni come Mos Maiorum. Dalle buffonate delle ricorrenze alle operazioni di terrorismo verso i migranti \"clandestini\" che passano la frontiera per cercare una speranza.\r\n\r\nCosa possiamo fare? Riconosciamo che l'unico strumento è la solidarietà attiva in strada, usare i mezzi di comunicazione per segnalare qualsiasi situazione di militarizzazione o di retate, cercando di diffondere le notizie il più possibile o mettersi in contrapposizione ai controlli. Per maggiori informazioni si possono consultare i siti di meltingpot.org e http://hurriya.noblogs.org/.\r\n\r\nUn breve audio sull'operazione in corso:\r\n\r\nmos maiorum coloniale\r\n\r\n \r\n\r\n ","13 Ottobre 2014","2014-10-31 11:56:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/mos-maiorum-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"283\" height=\"178\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/mos-maiorum.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Mos Maiorum: il nuovo colonialismo è servito",1413206108,[224,225,226,227,65,228],"http://radioblackout.org/tag/clandestini/","http://radioblackout.org/tag/frontex/","http://radioblackout.org/tag/operazione-mos-maiorum/","http://radioblackout.org/tag/polizia-europea/","http://radioblackout.org/tag/unione-europea/",[230,231,232,233,18,234],"clandestini","frontex","Operazione Mos Maiorum","polizia europea","Unione Europea",{"post_content":236,"tags":240},{"matched_tokens":237,"snippet":238,"value":239},[18],"situazione di militarizzazione o di \u003Cmark>retate\u003C/mark>, cercando di diffondere le notizie","Dal 13 al 28 ottobre l'Unione Europea darà una vera e propria caccia all'immigrato clandestino. 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L’esito è pessimo, a conferma, tra le altre cose, di quanti siano numerosi i dipendenti del Palazzo di Giustizia completamente proni ai voleri della Procura: Paolo, Erika, Toshi e Marco rimangono in cella, mentre per il solo Luigi la carcerazione preventiva si svolgerà ai domiciliari (ma con tutte le restrizioni, per cui non potrà comunicare con nessuno se non con i propri conviventi). Non cambia neanche la situazione per l’unico compagno con divieto di dimora del quale si è discusso durante l’udienza di giovedì.\r\n\r\nQuesta mattina abbiamo sentito Andrea, che ci ha dato degli aggiornamenti sui compagni.\r\n\r\nAscolta la diretta\r\n\r\nandrea_esame carcere domicilio_retate cinque\r\n\r\nPer scrivere ai compagni:\r\nErika Carretto C.C. Lorusso e Cotugno - Via Maria Adelaide Aglietta 35 10151 TorinoPaolo Milan C.C. Lorusso e Cotugno - Via Maria Adelaide Aglietta 35 10151 Torino\r\n\r\nToshiyuki Hosokawa C.C. Lorusso e Cotugno - Via Maria Adelaide Aglietta 35 10151 Torino\r\n\r\nMarco Pisano C.C. Lorusso e Cotugno - Via Maria Adelaide Aglietta 35 10151 Torino\r\n\r\n\r\n ","8 Giugno 2015","2015-06-09 17:50:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/06/basta-retate-nuo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/06/basta-retate-nuo-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/06/basta-retate-nuo-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/06/basta-retate-nuo-768x1085.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/06/basta-retate-nuo-725x1024.jpg 725w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/06/basta-retate-nuo.jpg 1212w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","Torino: restano in carcere Toshi, Erika, Paolo e Marco",1433768627,[316,120,64,65,67],"http://radioblackout.org/tag/2-febbraio/",[318,28,21,18,15],"2 febbraio",{"tags":320},[321,323,325,327,329],{"matched_tokens":322,"snippet":318},[],{"matched_tokens":324,"snippet":28},[],{"matched_tokens":326,"snippet":21},[],{"matched_tokens":328,"snippet":82},[18],{"matched_tokens":330,"snippet":15},[],[332],{"field":38,"indices":333,"matched_tokens":334,"snippets":336},[23],[335],[18],[82],{"best_field_score":101,"best_field_weight":102,"fields_matched":92,"num_tokens_dropped":50,"score":301,"tokens_matched":92,"typo_prefix_score":50},6646,{"collection_name":61,"first_q":18,"per_page":17,"q":18},5,{"facet_counts":342,"found":377,"hits":378,"out_of":533,"page":92,"request_params":534,"search_cutoff":39,"search_time_ms":346},[343,354],{"counts":344,"field_name":352,"sampled":39,"stats":353},[345,348,350],{"count":346,"highlighted":347,"value":347},15,"anarres",{"count":92,"highlighted":349,"value":349},"Harraga",{"count":92,"highlighted":351,"value":351},"happy hour","podcastfilter",{"total_values":23},{"counts":355,"field_name":38,"sampled":39,"stats":375},[356,358,359,361,363,365,367,369,371,373],{"count":23,"highlighted":357,"value":357},"guerra",{"count":36,"highlighted":24,"value":24},{"count":36,"highlighted":360,"value":360},"cpr",{"count":36,"highlighted":362,"value":362},"antimilitarismo",{"count":36,"highlighted":364,"value":364},"Giuseppe Pinelli",{"count":92,"highlighted":366,"value":366},"retata",{"count":92,"highlighted":368,"value":368},"elide tisi",{"count":92,"highlighted":370,"value":370},"sgombero campo",{"count":92,"highlighted":372,"value":372},"educazione alla guerra",{"count":92,"highlighted":374,"value":374},"corte europea diritti umani",{"total_values":376},43,19,[379,412,444,468,490,511],{"document":380,"highlight":395,"highlights":403,"text_match":408,"text_match_info":409},{"comment_count":50,"id":381,"is_sticky":50,"permalink":382,"podcastfilter":383,"post_author":347,"post_content":384,"post_date":385,"post_excerpt":56,"post_id":381,"post_modified":386,"post_thumbnail":387,"post_title":388,"post_type":389,"sort_by_date":390,"tag_links":391,"tags":393},"37456","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-23-settembre-megalopoli-gentrification-resistenza-popolare-e-architettura-rojava-retate-al-campo-rom-casa-pound-non-sbarca-in-barriera-bayer-assorbe-monsanto/",[347],"Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. 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Nelle ultime settimane sono stati molti gli scioperi della fame, gli episodi di autolesionismo e di proteste dei reclusi, i quali lamentano la scarsità dell'acqua potabile, la qualità scadente del cibo, l'assenza di cure mediche e di assistenza legale; oltre al continuo rinvio delle udienze di convalida, che potrebbero costituire per alcuni uno spiraglio di libertà.\r\n\r\nLa condizione di isolamento geografico totale e di invisibilizzazione del CPR, sorto dove prima c'era una caserma poi convertita in carcere di massima sicurezza per presunti terroristi islamici, lontano dagli occhi e dal cuore di tutti, è alla base della tortura applicata ai reclusi di Macomer. Nel primo contributo, ci viene raccontata la storia del centro, fino all'attuale gestione per mano di Officine Sociali, che attraverso la figura della direttrice Elizabeth Rijo, proveniente dall'associazionismo sardo, tenta di rabbonire gli animi con false promesse di facciata.\r\n\r\nNel secondo contributo, parliamo di come il centro di Macomer si situi in un contesto di razzismo istituzionale già di per se brutale per le persone immigrate, che spesso arrivano al CPR dal CARA di Monastir, o dalle retate nelle città, quando non per provvedimenti disciplinari da altri CPR italiani, o per la perversa logica dei trasferimenti tra CPR della penisola e quello albanese di Gjader.\r\nIn questo quadro, chi si muove in solidarietà alle persone immigrate a Cagliari e chi affronta centinaia di chilometri di strada per portare un saluto fuori dal CPR deve far fronte ad una repressione puntuale, mirata ad impedire ogni tentativo di comunicazione. 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Nelle ultime settimane sono stati molti gli scioperi della fame, gli episodi di autolesionismo e di proteste dei reclusi, i quali lamentano la scarsità dell'acqua potabile, la qualità scadente del cibo, l'assenza di cure mediche e di assistenza legale; oltre al continuo rinvio delle udienze di convalida, che potrebbero costituire per alcuni uno spiraglio di libertà.\r\n\r\nLa condizione di isolamento geografico totale e di invisibilizzazione del CPR, sorto dove prima c'era una caserma poi convertita in carcere di massima sicurezza per presunti terroristi islamici, lontano dagli occhi e dal cuore di tutti, è alla base della tortura applicata ai reclusi di Macomer. Nel primo contributo, ci viene raccontata la storia del centro, fino all'attuale gestione per mano di Officine Sociali, che attraverso la figura della direttrice Elizabeth Rijo, proveniente dall'associazionismo sardo, tenta di rabbonire gli animi con false promesse di facciata.\r\n\r\nNel secondo contributo, parliamo di come il centro di Macomer si situi in un contesto di razzismo istituzionale già di per se brutale per le persone immigrate, che spesso arrivano al CPR dal CARA di Monastir, o dalle \u003Cmark>retate\u003C/mark> nelle città, quando non per provvedimenti disciplinari da altri CPR italiani, o per la perversa logica dei trasferimenti tra CPR della penisola e quello albanese di Gjader.\r\nIn questo quadro, chi si muove in solidarietà alle persone immigrate a Cagliari e chi affronta centinaia di chilometri di strada per portare un saluto fuori dal CPR deve far fronte ad una repressione puntuale, mirata ad impedire ogni tentativo di comunicazione. 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Pillole sintetiche dal mondo-guerra.\r\n1.7 (12.05.25)\r\n\r\nIn termini militari contraltare delle zone verdi, le zone rosse si riferiscono ad aree in cui le forze nemiche sono attive o a zone che sono percepite come insicure e devono quindi essere isolate o evitate. Nei termini della \"governance dei disastri\", le zone rosse sono impiegate per designare spazi colpiti da rifiuti tossici, da disastri o da epidemie. Basti pensare alla creazione della \"zone rouge\" a Verdun, in Francia, dopo la prima guerra mondiale, per indicare un'area con mine inesplose, materiali pericolosi e reti di tunnel sotterranei, dichiarata inagibile fino ad oggi. Prima del COVID-19, poi, erano state istituite zone rosse per controllare altri virus, come l'influenza aviaria e l'Ebola. Nel campo della governance urbana, le zone rosse indicano restrizioni mirate che intervengono tanto su spazi da proteggere (mega-eventi, summit strategici) quanto su spazi di insicurezza su cui far intervenire le forze di polizia contro i \"nemici interni\". Riguardano più ampiamente le pratiche governamentali di esclusione di alcuni abitanti da aree specifiche della città e di contenimento in altre aree designate. Si pensi alla pratica del \"redlining\" negli Stati Uniti negli anni tra le due guerre, tramite cui il governo federale assegnava un livello di rischio sugli investimenti immobiliari ai diversi quartieri. Le zone in rosso erano quelle a maggioranza afroamericana, ispanica o di altre minoranze.\r\n\r\nNonostante le zone rosse vengano impiegate da chi governa sia per istituire spazi da proteggere, che spazi di contenimento, esse sono più generalmente il riflesso delle logiche coloniali e militari dell'ordine securitario contemporaneo, in cui circolano e si riadattano su scale diverse molte strategie di fortificazione e polizia.\r\n\r\nUna delle 7 zone rosse istituite internamente al perimetro urbano di Torino, recentemente prorogate dal Prefetto per controllare e allontanare una parte degli abitanti della città, si trova in San Salvario, a pochi passi da un importante sito di produzione militare, la Collins Aerospace (ex-Microtecnica), la cui componentistica - tra sistemi radar, missilistici e droni - trova applicazione dal bombardamento aereo alla sorveglianza urbana. Da un lato, in Piazza Graf, un sito strategico per i ricchi affari dell'economia di guerra esterna e interna, fortificato da decine di dispositivi di videosorveglianza, dall'altro, oltre corso Marconi, stretta in mezzo ad un altro sito strategico, la Stazione ferroviaria di Porta Nuova, una parte di umanità ridotta ad \"eccesso\", fuori dai circuiti della produzione, del consumo, della legalità e quindi intrinsecamente minacciosa per l'ordine costituito, da controllare militarmente o eventualmente eliminare con le retate.\r\n\r\nConsapevoli del ruolo della città in cui viviamo come campo di battaglia, sappiamo che in un contesto di filiere produttive di guerra frammentate, incepparne una piccola parte può significare incepparle nella loro interezza, e che rompere la normalità dei meccanismi di pacificazione urbana è il primo passo per rifiutarci di servire da masse di manovra. Appuntamento giovedì 15 maggio alle ore 12.30, in piazza Graf (San Salvario, fermata del 18), per un presidio contro Collins Aerospace e Zone Rosse.\r\n\r\nDopo un breve mash-up sul nesso tra guerra spaziale interna ed esterna - dalla spazio urbano a quello aereo - Marco, insegnante di storia e antimilitarista, ripercorre la storia di Microtecnica, storica fabbrica torinese votata alla produzione militare sin dalle sue origini nel 1929 e oggi importante tassello del comparto aerospaziale. \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/happyhour12maggio2025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","13 Maggio 2025","2025-06-13 14:03:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/15maggio-200x110.png","Sorveglianza Spaziale: la città come campo di battaglia.",1747135713,[457],"http://radioblackout.org/tag/guerra/",[357],{"post_content":460},{"matched_tokens":461,"snippet":462,"value":463},[18],"o eventualmente eliminare con le \u003Cmark>retate\u003C/mark>.\r\n\r\nConsapevoli del ruolo della città","Happy Hour. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/2024-05-31-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\n2 giugno. La Repubblica del militarismo e della guerra\r\nOgni 2 giugno la Repubblica celebra sé stessa con esibizioni militari, parate e commemorazioni. Una “festa” nazionalista e militarista.\r\nIl governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri” confini, l’esaltazione della guerra.\r\nGuerre di portata planetaria ci stanno portando sull'orlo della terza guerra mondiale. La spirale pare inarrestabile: il conflitto Russia Ucraina rischia di deflagrare in tutta Europa.\r\nL'Italia è direttamente coinvolta con le proprie truppe e con il proprio apparato militare industriale. È in prima fila in conflitti in cui gioca in proprio e in varie alleanze a geografia variabile.\r\nUn processo di militarizzazione investe le nostre città, le nostre scuole, i principali mezzi di comunicazione e le istituzioni culturali.\r\nGuerra interna e guerra esterna sono le due facce della stessa medaglia, quella della guerra ai poveri per il controllo delle risorse, delle coscienze, delle vie di approvvigionamento e dei flussi informativi. \r\nIniziative di lotta in varie città\r\nFederico dell’assemblea antimilitarista ha presentato la giornata\r\n\r\nFermare le guerre. Una prima riflessione a margine delle acampade studentesche\r\nI movimenti che si sono sviluppati negli ultimi mesi soprattutto nelle università hanno il merito di aver colto il nesso fondamentale tra ricerca accademica ed industria bellica, in un intrecciarsi di interessi che pongono al centro la logica del dominio e quella del profitto, fuori e contro ogni supposta neutralità di un’indagine scientifica che si muove seguendo gli indirizzi dei committenti di turno. Hanno tuttavia un forte limite sia nella definizione degli obiettivi che nelle modalità nel perseguirli.\r\nL’enorme emozione che accompagna l’immane massacro con finalità genocide della popolazione gazawi, finisce con il porre in primo piano solo la critica e il boicottaggio verso lo Stato di Israele, dimenticando che il nostro paese (e le sue università) sono in prima fila in numerosi teatri di guerra, che restano sullo sfondo, avvolti in un oblio pericoloso, che rischia di renderci complici di infiniti orrori. Basti pensare all’Artsakh e al Sudan, due tra le tante guerre cui l’Italia ha contribuito direttamente, fornendo armi e addestratori nel silenzio dei più.\r\n\r\nUna critica reale delle collusioni tra Università e ricerca bellica dovrebbe avere l’obiettivo minimo della cancellazione di accordi di cooperazione con tutte le industrie belliche e tutti gli Stati in guerra. Una critica radicale si dovrebbe interrogare sul ruolo delle Università e sulla necessità di espropriazione permanente di ambiti di studio e ricerca al servizio dell’imperialismo e della logica capitalista. \r\n\r\nLe guerre moderne, non ultima quella cominciata il 7 ottobre tra Israele e Gaza, hanno come principali vittime le popolazioni civili, massacrate per fiaccare il nemico, per indurlo alla resa o alla fuga. \r\nOpporsi alla guerra senza opporsi al militarismo è una prospettiva miope, perché alimenta l’opinione che vi siano eserciti buoni. E non basta mettere la parola “resistenza” al posto di “esercito” per modificare il senso di guerre combattute per assicurarsi il controllo esclusivo di questa o quell’area geografica. Solo l’alleanza transnazionale degli oppressi e degli sfruttati spezza le frontiere, frantuma la logica statalista e patriottica, fa saltare il tappo identitario legato al luogo, alla religione, alla tradizione per aprire uno spazio simbolico e reale al non luogo, all’utopia, che non è l’irrealizzabile ma solo l’irrealizzato. \r\n\r\nVerso il ritorno della naja obbligatoria?\r\nNel nostro paese la naja obbligatoria non è mai stata abolita, perché la legge n. 226 del 23 agosto 2004 prevede solo la sospensione delle chiamate.\r\nIn qualsiasi momento il governo può decidere la riattivazione del servizio militare.\r\nIn Italia l’alfiere della proposta è la Lega di Salvini, che ha annunciato un progetto di legge che prevede la reintroduzione di «sei mesi di servizio civile o militare per i ragazzi tra i 18 e 26 anni, su base regionale e da svolgere esclusivamente in Italia». In base a questo progetto le ragazze, che non erano sottoposte all’obbligo, lo sarebbero al pari dei ragazzi.\r\nNei fatti questa leva in salsa leghista, su base regionale, sarebbe una sorta di servizio civile militarizzato. Salvini disegna un quadro di soldati impegnati in corsi di salvataggio, protezione civile, primo soccorso, protezione dei boschi e un gran numero di altre varie attività. \r\nNel nostro paese il ministro della Difesa Crosetto si è detto nettamente contrario. Crosetto sostiene che una simile ipotesi mai comunque potrebbe riguardare le forze armate, \"che non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola\".\r\nLe forze armate sono oggi costituite da professionisti altamente specializzati, necessari per le guerre ultratecnologiche che si combattono in ogni dove. La carne da cannone, quando servisse, la si addestrerebbe in fretta, reintroducendo la chiamata obbligatoria.\r\nIn realtà, al di là della propaganda elettorale che contrappone i due alleati in competizione, il compromesso tra le due posizioni è già contenuto nella proposta di Salvini, una proposta che mette a disposizione manodopera gratuita e, insieme, inserisce un nuovo modulo educativo improntato sulla disciplina militare. Facile immaginare uno spazio intermedio tra scuola/lavoro e naja. Un altro orizzonte di militarizzazione dei corpi e delle coscienze.\r\n\r\nContro la militarizzazione delle periferie\r\nBarriera di Milano, ormai da anni, è divenuta un laboratorio dove sperimentare tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. In questi anni la spesa militare è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si sono moltiplicate.\r\nIl governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti.\r\nNei quartieri poveri il controllo militare è diventato normale. Anzi! Ogni giorno è peggio.\r\nIntere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.\r\nTorino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti.\r\nPresentazione dell’iniziativa antimilitarista che si è tenuta in Barriera il primo giugno.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","3 Giugno 2024","2024-06-03 12:41:42","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/oops-715x480-1-200x110.jpg","Anarres del 31 maggio. 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È in prima fila in conflitti in cui gioca in proprio e in varie alleanze a geografia variabile.\r\nUn processo di militarizzazione investe le nostre città, le nostre scuole, i principali mezzi di comunicazione e le istituzioni culturali.\r\nGuerra interna e guerra esterna sono le due facce della stessa medaglia, quella della guerra ai poveri per il controllo delle risorse, delle coscienze, delle vie di approvvigionamento e dei flussi informativi. \r\nIniziative di lotta in varie città\r\nFederico dell’assemblea antimilitarista ha presentato la giornata\r\n\r\nFermare le guerre. 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Basti pensare all’Artsakh e al Sudan, due tra le tante guerre cui l’Italia ha contribuito direttamente, fornendo armi e addestratori nel silenzio dei più.\r\n\r\nUna critica reale delle collusioni tra Università e ricerca bellica dovrebbe avere l’obiettivo minimo della cancellazione di accordi di cooperazione con tutte le industrie belliche e tutti gli Stati in guerra. Una critica radicale si dovrebbe interrogare sul ruolo delle Università e sulla necessità di espropriazione permanente di ambiti di studio e ricerca al servizio dell’imperialismo e della logica capitalista. \r\n\r\nLe guerre moderne, non ultima quella cominciata il 7 ottobre tra Israele e Gaza, hanno come principali vittime le popolazioni civili, massacrate per fiaccare il nemico, per indurlo alla resa o alla fuga. \r\nOpporsi alla guerra senza opporsi al militarismo è una prospettiva miope, perché alimenta l’opinione che vi siano eserciti buoni. 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Ogni giorno è peggio.\r\nIntere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue \u003Cmark>retate\u003C/mark> di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.\r\nTorino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti.\r\nPresentazione dell’iniziativa antimilitarista che si è tenuta in Barriera il primo giugno.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[487],{"field":97,"matched_tokens":488,"snippet":484,"value":485},[18],{"best_field_score":410,"best_field_weight":442,"fields_matched":92,"num_tokens_dropped":50,"score":443,"tokens_matched":92,"typo_prefix_score":50},{"document":491,"highlight":503,"highlights":507,"text_match":408,"text_match_info":510},{"comment_count":50,"id":492,"is_sticky":50,"permalink":493,"podcastfilter":494,"post_author":347,"post_content":495,"post_date":496,"post_excerpt":56,"post_id":492,"post_modified":497,"post_thumbnail":498,"post_title":499,"post_type":389,"sort_by_date":500,"tag_links":501,"tags":502},"90170","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-24-maggio-lattacco-al-barattolo-i-primi-35-anni-di-zic-guerra-globale-1-e-2-giugno-via-i-militari-da-torino/",[347],"ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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Israele usa queste politiche discriminatorie di pianificazione e suddivisione in zone per creare condizioni di vita insopportabili per costringere le e i palestinesi a lasciare le loro case per permettere l’espansione degli insediamenti ebraici.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo\r\n\r\nNaturalizzare lo stato\r\nLe frontiere sono linee di nulla su una mappa, che diventano vere solo grazie alla presenza di uomini in armi.\r\nO, meglio, appena c’è una mappa con delle linee di separazione, ci sono le condizioni per un controllo militare del territorio.\r\nLa naturalizzazione di queste linee, che trasformano montagne, fiumi, laghi e mari in limiti, limes, confini mira a costruire lo spazio politico, quindi squisitamente culturale, dove ila frontiera definisce un ambito di potere esclusivo, il luogo della sovranità.\r\nL’approccio dei geografi anarchici e della geografia critica decostruiscono i processi di naturalizzazione dei confini, dove affondano la retorica delle nazioni, del suolo e del sangue, dell’esclusione e della guerra.\r\nCe ne ha parlato Federico Ferretti, geografo, docente all’università di Bologna\r\n\r\nUna Barriera contro militari e padroni\r\nNei quartieri poveri il controllo militare imposto durante il lockdown è diventato normale. 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Dalla mattina del 9 febbraio, nel campo di concentramento di Wędrzyn i migranti hanno cominciato uno sciopero della fame. 130 persone di uno dei blocchi, si sono chiuse nelle loro camere ed hanno appeso all’esterno dei cartelli con la scritta “libertà”.\r\n\r\nMemoria di Stato. Foibe e nazionalismi\r\nIl mito degli “italiani brava gente”, assunto in modo trasversale a destra come a sinistra, fonda il nazionalismo italiano, un nazionalismo che si nutre di un’aura di innocenza e bonarietà “naturali”.\r\nIn Italia la memoria è la prima vittima del nazionalismo, che impone una sorta di ricordo di Stato, che diviene segno culturale condiviso. Una sorta di marchio di fabbrica. Si sacrificano le virtù eroiche ma si eleva l’antieroismo dei buoni a cifra di un’identità collettiva.\r\nNonostante le ricerche storiche abbiamo mostrato la ferocia della trama sottesa al mito, questo sopravvive e si riproduce negli anni.\r\nUn mito falso e consolatorio, che apre la via al revisionismo fascista. La giornata del Ricordo viene cavalcata ogni anno dalla destra xenofoba e razzista.\r\nLa gestione delle giornate della “memoria” e del “ricordo”, assunte in modo bipartisan dalle varie forze politiche, ha contribuito ad alimentare questa favola rassicurante, impedendo una riflessione collettiva che individuasse nei nazionalismi la radice culturale del male. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nMercoledì 2 marzo\r\nassemblea contro il carovita\r\nore 18 alla tettoia dei contadini a Porta Palazzo\r\n\r\nSabato 5 marzo\r\nGender Strike! 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Continuità e rotture”; Daniele Ratti “L’ENI Armata”; inizio discussione/pausa pranzo\r\nore 14,30\r\ninterventi di: Antonio Mazzeo “Le avventure neocoloniali dell'Italia dal Sahel al Mozambico”; Andrea Turco “La colonizzazione mentale, il caso ENI a Gela”; Massimo Varengo “Uno sguardo antimperialista sulla guerra in Ucraina” Interventi aperti\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 20,30\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","2 Marzo 2022","2022-03-02 13:28:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/migranti-polonia-1-690x362-1-200x110.jpg","Anarres dell’11 febbraio. Apartheid in Palestina. 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Israele usa queste politiche discriminatorie di pianificazione e suddivisione in zone per creare condizioni di vita insopportabili per costringere le e i palestinesi a lasciare le loro case per permettere l’espansione degli insediamenti ebraici.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo\r\n\r\nNaturalizzare lo stato\r\nLe frontiere sono linee di nulla su una mappa, che diventano vere solo grazie alla presenza di uomini in armi.\r\nO, meglio, appena c’è una mappa con delle linee di separazione, ci sono le condizioni per un controllo militare del territorio.\r\nLa naturalizzazione di queste linee, che trasformano montagne, fiumi, laghi e mari in limiti, limes, confini mira a costruire lo spazio politico, quindi squisitamente culturale, dove ila frontiera definisce un ambito di potere esclusivo, il luogo della sovranità.\r\nL’approccio dei geografi anarchici e della geografia critica decostruiscono i processi di naturalizzazione dei confini, dove affondano la retorica delle nazioni, del suolo e del sangue, dell’esclusione e della guerra.\r\nCe ne ha parlato Federico Ferretti, geografo, docente all’università di Bologna\r\n\r\nUna Barriera contro militari e padroni\r\nNei quartieri poveri il controllo militare imposto durante il lockdown è diventato normale. Anzi! Ogni giorno è peggio.\r\nIntere aree del quartiere vengono messe sotto assedio militare, con continue \u003Cmark>retate\u003C/mark> di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.\r\nPersino gli allegri festeggiamenti per la vittoria del Senegal nella coppa Africa si sono trasformati in occasione per criminalizzare chi vi aveva partecipato e gradito poco lo scorrazzare di auto della polizia.\r\n\r\nPolonia. Sciopero della fame in un centro di detenzione\r\nMuri, filo spinato, barriere, finestre sbarrare e, fuori, carri armati, spari ed esplosioni.\r\nLi chiamano centri, ma sono campi di concentramento. Centinaia di persone sono state trattenute per mesi in queste prigioni, senza avere informazioni sul loro destino, senza avvocati, con un trattamento da vero lager, dove sono considerati numeri e non persone. La conseguenza sono stati tentativi di suicidio, crolli nervosi, peggioramento delle condizioni di salute.\r\nMa c’è anche la lotta! Dalla mattina del 9 febbraio, nel campo di concentramento di Wędrzyn i migranti hanno cominciato uno sciopero della fame. 130 persone di uno dei blocchi, si sono chiuse nelle loro camere ed hanno appeso all’esterno dei cartelli con la scritta “libertà”.\r\n\r\nMemoria di Stato. Foibe e nazionalismi\r\nIl mito degli “italiani brava gente”, assunto in modo trasversale a destra come a sinistra, fonda il nazionalismo italiano, un nazionalismo che si nutre di un’aura di innocenza e bonarietà “naturali”.\r\nIn Italia la memoria è la prima vittima del nazionalismo, che impone una sorta di ricordo di Stato, che diviene segno culturale condiviso. Una sorta di marchio di fabbrica. Si sacrificano le virtù eroiche ma si eleva l’antieroismo dei buoni a cifra di un’identità collettiva.\r\nNonostante le ricerche storiche abbiamo mostrato la ferocia della trama sottesa al mito, questo sopravvive e si riproduce negli anni.\r\nUn mito falso e consolatorio, che apre la via al revisionismo fascista. La giornata del Ricordo viene cavalcata ogni anno dalla destra xenofoba e razzista.\r\nLa gestione delle giornate della “memoria” e del “ricordo”, assunte in modo bipartisan dalle varie forze politiche, ha contribuito ad alimentare questa favola rassicurante, impedendo una riflessione collettiva che individuasse nei nazionalismi la radice culturale del male. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nMercoledì 2 marzo\r\nassemblea contro il carovita\r\nore 18 alla tettoia dei contadini a Porta Palazzo\r\n\r\nSabato 5 marzo\r\nGender Strike! Giornata transfemminista queer\r\nore 15 ai giardini (ir)reali – corso San Maurizio angolo via Rossini (se piove ci si sposta a Parco Dora)\r\ninterventi, musica, banchekke, perfomance… e tanto altro\r\n\r\nMartedì 8 marzo\r\ngiornata di informazione e lotta transfemminista\r\n\r\nSabato 19 marzo\r\nGuerra e energia: l’Eni e le missioni militari italiane in Africa\r\nIncontro/convegno antimilitarista a Milano al Kasciavit via san Faustino 64\r\nInizio ore 10,30\r\nIntroduzione di un compagno dell’Assemblea Antimilitarista\r\nInterventi di: Stefano Capello “La politica energetica italiana tra la prima e la seconda Repubblica. Continuità e rotture”; Daniele Ratti “L’ENI Armata”; inizio discussione/pausa pranzo\r\nore 14,30\r\ninterventi di: Antonio Mazzeo “Le avventure neocoloniali dell'Italia dal Sahel al Mozambico”; Andrea Turco “La colonizzazione mentale, il caso ENI a Gela”; Massimo Varengo “Uno sguardo antimperialista sulla guerra in Ucraina” Interventi aperti\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 20,30\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[530],{"field":97,"matched_tokens":531,"snippet":527,"value":528},[18],{"best_field_score":410,"best_field_weight":442,"fields_matched":92,"num_tokens_dropped":50,"score":443,"tokens_matched":92,"typo_prefix_score":50},6637,{"collection_name":389,"first_q":18,"per_page":17,"q":18},["Reactive",536],{},["Set"],["ShallowReactive",539],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f9Da3AgC5ujf_vMnck6D9n-CPUlvMKKz0VpFMfCxWS_g":-1},true,"/search?query=retate"]