","Il lavoro bracciantile ed il lavoro sessuale/riproduttivo: contropiano dalle campagne","post",1401716895,[58,59,60,61,62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/baraccopoli/","http://radioblackout.org/tag/braccianti/","http://radioblackout.org/tag/ghetti/","http://radioblackout.org/tag/migranti-est-europa/","http://radioblackout.org/tag/prostituzione/","http://radioblackout.org/tag/ricatto-sessuale/","http://radioblackout.org/tag/sex-workers/","http://radioblackout.org/tag/sfruttamento-sessuale/",[21,17,15,29,23,25,19,31],{"post_content":68,"post_title":74,"tags":77},{"matched_tokens":69,"snippet":72,"value":73},[70,71],"ricatto","sessuale","a forme di sfruttamento e \u003Cmark>ricatto\u003C/mark> \u003Cmark>sessuale\u003C/mark> da parte di padroni, caporali,","Intorno a Torino, da Saluzzo a Canelli, stanno per iniziare le stagioni di raccolta. In tutta Italia, da nord a sud, le campagne rappresentano il territorio in cui si concentrano grandi quantità di braccianti, lavoratori e lavoratrici agricole che garantiscono l'arrivo di enormi quantità di frutta e verdura sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata. I luoghi in cui vivono e lavorano i braccianti - in larghissima parte migranti ed in prevalenza provenienti da Africa ed Europa dell'Est - sono da tempo conosciuti: campi, ghetti, baraccopoli, casolari in rovina, ai margini dei centri urbani di provincia. Spesso, collettivi di solidali ed associazioni hanno denunciato le condizioni di sfruttamento lavorativo, \u003Cmark>ricatto\u003C/mark> e discriminazione a cui i lavoratori agricoli sono sottoposti, anche grazie alla presenza di differenti \"forme\" di caporalato, secondo schemi che si ripetono.\r\n\r\nQuesta mattina con Irene, ricercatrice presso l'Università di Bologna e attivista della rete Campagne in Lotta, abbiamo cercato di raccontare anche un altro mondo, strutturalmente collegato a quello appena descritto, ma di cui non si sente mai parlare. Seguendo la divisione tipica dell'organizzazione del lavoro capitalista, anche all'interno dei \"campi\" di raccolta e di vita le donne svolgono la maggior parte del lavoro \u003Cmark>sessuale\u003C/mark> e riproduttivo.\r\n\r\nEmergono così molti aspetti - invisibili ed invisibilizzati - legati alla condizione vissuta dalle donne \"impiegate\" nelle zone di raccolta agricola, in particolare africane e provenienti da Romania e Bulgaria. Donne che, oltre a vivere la \"consueta\" razzializzazione/etnicizzazione del lavoro, come accade per i lavoratori migranti, incarnano anche la razzializzazione del lavoro \u003Cmark>sessuale\u003C/mark> e riproduttivo. In moltissimi casi sono sottoposte a forme di sfruttamento e \u003Cmark>ricatto\u003C/mark> \u003Cmark>sessuale\u003C/mark> da parte di padroni, caporali, o, più in generale, dei \"datori di lavoro\". A questa violenza è funzionale la condizione di isolamento vissuta da queste donne (nei ghetti, nelle baraccolpoli, così come nei casolari in cui vivono precariamente), che rende molto complesso riuscire ad avere contatti con loro, oltre che includere la questione del lavoro \u003Cmark>sessuale\u003C/mark>/riproduttivo nella costruzione delle rivendicazioni bracciantili.\r\n\r\nAscolta l'intervista\r\n\r\nirene\r\n\r\n ",{"matched_tokens":75,"snippet":76,"value":76},[71],"Il lavoro bracciantile ed il lavoro \u003Cmark>sessuale\u003C/mark>/riproduttivo: contropiano dalle campagne",[78,80,82,84,86,88,91,93],{"matched_tokens":79,"snippet":21},[],{"matched_tokens":81,"snippet":17},[],{"matched_tokens":83,"snippet":15},[],{"matched_tokens":85,"snippet":29},[],{"matched_tokens":87,"snippet":23},[],{"matched_tokens":89,"snippet":90},[70,71],"\u003Cmark>ricatto\u003C/mark> \u003Cmark>sessuale\u003C/mark>",{"matched_tokens":92,"snippet":19},[],{"matched_tokens":94,"snippet":95},[71],"sfruttamento \u003Cmark>sessuale\u003C/mark>",[97,100,108],{"field":98,"matched_tokens":99,"snippet":72,"value":73},"post_content",[70,71],{"field":32,"indices":101,"matched_tokens":104,"snippets":107},[102,103],5,7,[105,106],[70,71],[71],[90,95],{"field":109,"matched_tokens":110,"snippet":76,"value":76},"post_title",[71],1157451471441625000,{"best_field_score":113,"best_field_weight":114,"fields_matched":36,"num_tokens_dropped":44,"score":115,"tokens_matched":36,"typo_prefix_score":44},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":117,"highlight":134,"highlights":139,"text_match":142,"text_match_info":143},{"cat_link":118,"category":120,"comment_count":44,"id":122,"is_sticky":44,"permalink":123,"post_author":47,"post_content":124,"post_date":125,"post_excerpt":50,"post_id":122,"post_modified":126,"post_thumbnail":127,"post_thumbnail_html":128,"post_title":129,"post_type":55,"sort_by_date":130,"tag_links":131,"tags":133},[119],"http://radioblackout.org/category/notizie/",[121],"Blackout Inside","59497","http://radioblackout.org/2020/04/microfoni-aperti-14-17-aprile/","Venerdì 17 aprile\r\n\r\nPuntata di open mic dedicata al tema della paura, partendo dal testo La paura liquida di Z.Bauman:\r\n“Questa nostra vita si è rivelata ben diversa da quella che avevano previsto e iniziato a progettare i saggi dell’Illuminismo e i loro eredi discepoli. Nella vita nuova che essi immaginavano e intendevano creare, si sperava che l’impresa di domare le paure e di imbrigliare i pericoli da cui esse derivano potesse realizzarsi. Nel contesto liquido-moderno, invece, la lotta contro le paure si è rivelata un compito a vita, mentre i pericoli che innescano le paure hanno finito per apparire come compagni permanenti e inseparabili della vita umana, anche quando si sospetta che nessuno di essi sia insormontabile.\r\nLa nostra vita è tutt’altro che priva di paure, e il contesto liquido-moderno in cui essa va vissuta è tutt’altro che esente da pericoli e minacce. Tutta la vita è ormai diventata una lotta, lunga e probabilmente impossibile da vincere, contro l’impatto potenzialmente invalidante delle paure, e contro i pericoli, veri o presunti, che temiamo.\"\r\n“Il secolo che viene può essere un’epoca di catastrofe definitiva. O può essere un’epoca in cui si stringerà e si darà vita a un nuovo patto tra intellettuali e popolo, inteso ormai come umanità. Speriamo di poter ancora scegliere tra questi due futuri”.\r\nAscolta il contributo di Paolo:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/paolo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDopo la giornata di giovedì 16 in solidarietà con i detenuti alla Dozza di Bologna e al carcere di Rebibbia di Roma, oggi c'è stato un saluto al carcere delle Vallette di Torino, Larry ci fa un breve resoconto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/larry.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nUna puntata di microfoni aperti interamente dedicata alle prospettive di lotta dentro-e-contro al lavoro.\r\nCosa succederebbe se provassimo a immaginare un presente e un futuro al di fuori della logica del lavoro fondata su espropriazione e alienazione?\r\n\r\nPrendendo spunto dallo scritto di Fabio Vighi La causa assente: tempo e lavoro all'epoca del Coronavirus: \"(...) dobbiamo ammettere che il virus ci consegna un oggetto sempre più raro nella nostra epoca, ovvero un tempo almeno parzialmente liberato dalla ‘passione conformistica’ che ci lega al nostro mondo. Improvvisamente diventa possibile, in un certo senso inevitabile, sottrarci agli imperativi (o ‘aperitivi’) categorici che regolano le nostre vite. Alla fissità dello spazio in cui siamo costretti fa da contraltare una temporalità svincolata dai regimi di comportamento coattivo del turbocapitalismo. (...) Chiunque si pone criticamente nei confronti del capitalismo – e, sottolineo, che può permettersi di farlo in questi giorni così drammatici – non può lasciarsi sfuggire l’opportunità di una riflessione a tutto campo su cos’è in gioco in un mondo tenuto sotto scacco da un virus partorito dal ventre ipertrofico del ‘più efficiente sistema economico che ci sia dato conoscere’\".\r\n\r\nSiamo partite dalla lettura di alcuni stralci dell'articolo di Veronica Gago e Luci Cavallero Crack Up! Femminismo, pandemia e il futuro che verrà, scritto a partire dal contesto argentino, dove si legge: \"La quarantena amplifica la scena della riproduzione sociale, cioè l’evidenza dell’infrastruttura che sostiene la vita collettiva e della precarietà di cui si fa carico. Chi sono coloro che rendono possibile la quarantena? Tutti i lavori di cura, di pulizia e di mantenimento, le molteplici attività del sistema sanitario e agricolo compongono oggi l’infrastruttura imprescindibile. Qual è il criterio per dichiararli tali? Essi esprimono il limite del capitale: quello da cui non può prescindere la vita sociale per continuare ad andare avanti. Esiste anche una vasta area della logistica e un settore del capitalismo delle piattaforme che, nonostante riponga la sua fiducia nella metafisica degli algoritmi e del Gps, si sostiene su corpi concreti. Questi corpi, generalmente migranti, sono quelli che attraversano la città deserta, quelli che permettono – con la propria esposizione – di sostenere e rifornire i rifugi di molti e molte. (...) Sono queste infrastrutture collettive a essere le vere trame dell’interdipendenza, a cui viene delegata la riproduzione nel momento stesso in cui continuano a essere disprezzate. (...). A partire da questa constatazione, è necessario pensare alla riorganizzazione globale dei lavori – al loro riconoscimento, ai salari e alle gerarchie – durante e dopo la pandemia. Detto diversamente: la pandemia può anche essere una prova generale di una diversa organizzazione del lavoro. 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Per chi è implicato in reti di sfruttamento, la situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di autonomia e dalla pendenza del debito da pagare. (...) la rete delle unità di strada assieme ai collettivi a sostegno delle e dei sex worker, come il collettivo Ombre Rosse, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per supportarle nelle spese quotidiane e di sopravvivenza\".\r\nAscolta il contributo che abbiamo ricevuto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-16-at-22.31.02-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nPrendendo spunto dall'articolo di Coniare Rivolta Campi vuoti e campioni di ipocrisia: basta salari da fame, abbiamo poi parlato del ritorno alla ribalta dello sfruttamento nel settore agricolo, apertamente invocato dalla ministra delle politiche agricole Bellanova, così come dai sindaci del Cuneese con le associazioni del padronato (Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confcooperative), che propongono, fronte alla carenza di manodopera migrante, sgravi fiscali e l’assunzione di cassintegrati, pensionati, studenti, percettori di reddito di cittadinanza. \"Il nodo centrale è uno: senza i braccianti agricoli sottopagati, cioè senza manodopera a basso costo da importare, l’agricoltura italiana non va avanti. I già citati episodi non fanno quindi che mettere a nudo la realtà del sistema di produzione agricolo, fatta di salari da fame per lavoratrici e lavoratori, italiani e stranieri. L’agricoltura si fonda sul sistematico impiego di lavoro precario e discontinuo\".\r\nAbbiamo ricevuto in proposito la testimonianza da un bracciante che vive in una tendopoli nella piana di Gioia Tauro :\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/audio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine, un punto di vista sulle prospettive aperte dalla pandemia, in termini di riorganizzazione del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/PTT-20200416-WA0007-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMentre i padroni già affilano i coltelli per un “ritorno alla normalità” che significherà ancora più sfruttamento e povertà, che futuro immaginiamo dentro e contro al lavoro durante e dopo questa crisi? Quali forme di libertà possiamo o potremmo costruire e praticare?\r\n\r\nLo Stato e i padroni, individualmente o attraverso le loro associazioni, hanno gettato la maschera se ancora ce ne fosse bisogno. A fronte di proteste, scioperi spontanei, assenteismo (fino al 40%) che si sono manifestati nelle scorse settimane nelle fabbriche di fronte all’obbligo del continuare la produzione, anche in assenza di qualunque tutela per la salute di chi è costretto a lavorare per sopravvivere, Conte e il suo governo hanno appoggiato in toto le richieste di Confindustria.\r\nLa repressione nel frattempo colpiva chi si ribellava, chi scioperava per avere protezioni e tutele, per non ammalarsi in fabbrica o in magazzino. Come le rivolte nelle carceri partite pochi giorni prima, si è trattato di lotte contro la gestione dell’emergenza sulla pelle degli sfruttati, dei sacrificabili.\r\nSappiamo che oltre a quelle autorizzate per decreto tramite i codici ATECO, già oggi sono 71 mila le aziende che si sono autocertificate come “essenziali” per poter continuare a produrre. A chi si è lasciato il compito di valutare le deroghe? Ai prefetti. Secondo l’Istat, in Italia è rimasto aperto per tutto il tempo oltre il 52% delle imprese.\r\n\r\nMai sazi, i padroni però continuano a minacciare e vogliono al più presto la riapertura generalizzata della produzione in barba alla precauzione e alla sicurezza, mettendo così in pericolo milioni di lavoratrici e lavoratori. Ripartire subito, senza aspettare il 4 maggio. Questo il messaggio che Confindustria Piemonte ha recapitato al governatore Cirio. “E’ il sistema che deve mettere insieme le cose: fornire le mascherine, il gel igienizzante e i guanti, organizzare i trasporti” aggiungono gli industriali.\r\nCome scritto su un foglio murale, ai tempi della pandemia: 'qualcuno parla di “suddivisione squilibrata del rischio”. Altri, che guardano all’intero pianeta e alle sue gigantesche ingiustizie, di “apocalisse differenziata”'.\r\nNé mascherine, né gel o guanti potranno camuffare lo sfruttamento e la schiavitù. Mai come adesso il ricatto del lavoro si manifesta in tutta la sua evidenza, laddove gli scopi, gli obiettivi, i prodotti delle attività sono espropriati. Dove i corpi sono sempre più sprezzantemente sacrificati sull’altare del profitto. \"Ciò che conta davvero è che si lavori… che tu lavori... che io lavori…\".\r\n\r\n-------------------------------------------------------------------------------------------\r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nIl Lockdown non ferma le lotte\r\n\r\nArriva notizia in radio delle difficoltà incontrate dagli operai a lavoro in Val Clarea nella creazione del corridoio ecologico per la farfalla Zerinzia, opera fondamentale per l'allargamento del cantiere dell'alta velocità. Infatti pare che il disboscamento sia fortemento rallentato da pezzi metallici conficcati nei tronchi degli alberi.","18 Aprile 2020","2020-04-21 11:00:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-1024x576.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-1536x864.png 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17.png 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Microfoni aperti 14/17 aprile",1587250513,[132],"http://radioblackout.org/tag/microfoni-aperti/",[27],{"post_content":135},{"matched_tokens":136,"snippet":137,"value":138},[71],"porre uno sguardo sul lavoro \u003Cmark>sessuale\u003C/mark> ai tempi di Covid-19, nel","Venerdì 17 aprile\r\n\r\nPuntata di open mic dedicata al tema della paura, partendo dal testo La paura liquida di Z.Bauman:\r\n“Questa nostra vita si è rivelata ben diversa da quella che avevano previsto e iniziato a progettare i saggi dell’Illuminismo e i loro eredi discepoli. 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Questo il messaggio che Confindustria Piemonte ha recapitato al governatore Cirio. “E’ il sistema che deve mettere insieme le cose: fornire le mascherine, il gel igienizzante e i guanti, organizzare i trasporti” aggiungono gli industriali.\r\nCome scritto su un foglio murale, ai tempi della pandemia: 'qualcuno parla di “suddivisione squilibrata del rischio”. Altri, che guardano all’intero pianeta e alle sue gigantesche ingiustizie, di “apocalisse differenziata”'.\r\nNé mascherine, né gel o guanti potranno camuffare lo sfruttamento e la schiavitù. Mai come adesso il \u003Cmark>ricatto\u003C/mark> del lavoro si manifesta in tutta la sua evidenza, laddove gli scopi, gli obiettivi, i prodotti delle attività sono espropriati. 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Ogni volta che ne maneggio una, chissà perchè, penso a quel tempo (oramai un luogo della mente) in cui i nastri erano lo sfogatoio di una gioventù repressa e depressa, certo, ma mai addomesticata. Sento l'odore di cantine muffite, birra rancida, mal di testa per i fumi di una fotocopiatrice che stampigliava gl'incubi di una intera generazione.\r\nA testa alta e contro il rincoglionimento imposto dalle misure di rigore nell'europa della Tatcher, un esercito di giovani punk, mal vestiti, sboccati, poveri in canna ma soprattutto senza una minima idea di come farlo, ad un certo punto lo fece.\r\nNasceva una corrente sommersa destinata ad alimentare in continuo le fantasie degli adolescenti, in germania come in uk, in italia come in giappone. Qualcosa che oggi non riusciamo a concepire, immersi dentro spotify che ti prepara le playlist, oppure guidati come burattini ad un filo, dai nuovi gusti di qualche producer, di facebook o di google. 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Avevano ragione.\r\nQuesto orgoglio del \"fatto in casa\" poi non aveva solo connotazioni politiche, seppure fossero evidentissime anche solo esteticamente. Pur non volendo tagliare paragoni con il coltello, posso dire che industrial, punk, elettronica da accatto, folk-low fi, muzak e chillout, battiti wave e rigurgiti noise, avevano in comune una sfiducia cieca nel progresso, una specie di astio generalizzato verso un futuro di macchine schermi e controllo remoto sulle vite, sulle coscienze; sullo sfondo il lavoro salariato come mezzo per irregimentare le masse \"rozze\" delle periferie, un nemico dichiarato per gli esseri liberi, la più subdola forma di ricatto a sfondo schiavistico mai percepita come tale ad un livello simile. L'idea per cui senza salario non potessi neppure permetterti un registratore a 4 piste era una vera e propria provocazione. Ma vorrei spingermi più in là: quello che veniva contestato attraverso la musica diy era il principio per cui se non hai un fottuto lavoro non avrai neppure una casa, uno stereo, figli e famiglia. Sarai ricompensato con il marchio d'infamia e con niente più della miseria.\r\nQuesta sfiducia mescolata al disprezzo puro per tali scenari, sarà la scintilla dell'hardcore (qui da noi), tanto per acomunare ciò di cui si parla con qualcosa di noto. Le profezie dei punk che stampavano tapes si sarebbero puntualmente verificate. Le villette a schiera sbiadite sulle copertine di Nocturnal Emissions sono la prova del nove. Il buon gusto irrancidito su nastro, il terrore per tutti gli allineati, i padri di famiglia, i lavoratori, i figli, le spose e le tradizioni.\r\n\r\nUna profezia da fantascienza malata alla quale ancora oggi si fatica a credere. Quello che ci dicevano era \"attenzione: sarà sempre peggio. 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Quello che fu un esperimento unico e irripetibile venne catalogato da una critica bigotta e conformista come una svomitazzata di muzak fatte da disadattati incapaci di venire a patti con regole e convenzioni. Fu ignorata la portata critica e venne rimarcato solo il lato estetico, deforme ed in certi casi persino vietato. La retorica futile su cosa significassero le copertine di Whitehouse e se lui fosse veramente nazista, fanno ridere. Suonano tristi, oggi che nuovi nazismi (questi veri però) avanzano e godono di vastissimi consensi. Il sogno (o l'incubo) sarà nuovamente chiuso in un cassetto.\r\nPiù che osservare il fenomeno come una manifestazione altra di una cultura ormai ridotta ai minimi dal consumismo e da nuovi miti di plastica amplificati dalla tele, il mondo istituzionale seppe soltanto spargere paura e discredito su \"un gregge di hippy drogati\", come li chiamava la Tatcher (dimostrando di non capire un cazzo), riducendo il tutto a \"spazzatura\" prodotta per l'appunto da \"rifiuti sociali\" incapaci di conformarsi e, come tutti, suonare per benino una maledetta chitarra con gli amici facendo cover beat.\r\n\r\nLa nascita (anche se il termine non indica proprio una gesatazione seguita da un parto, quanto più un fenomeno evanescente simile al poltergeist) della musica industriale estremizzerà questa reazione epidermica, concentrandosi su scenari ancora più neri e apocalittici, con frequenti richiami al genocidio nazista, alla segregazione delle minoranze, alle perversioni sessuali che non puoi raccontare, ad una società impazzita dove succedono bestialità inaudite, atrocità scomposte e sulla quale aleggia la violenza e la segregazione in tutte le sue forme.\r\n\r\nDa questi presupposti da un lato all'altro del Pacifico, sempre su un brulicante sottobosco di cassette carbonare, verranno partoriti mostri deformi che prendevano l'industrial e l'avanguardia per spingerla fino alla \"non musica\" od alla distruzione della musica. La società sarebbe diventata ancora più mostruosa, tentacolare, sicuritaria e malata di controllo. Andate a riprendervi qualche produzione di Wolf Eyes primi '90, Onsen Violent Geisha, Gerogerigege, Masonna ma solo se avete coraggio. Perchè la realtà supera di gran lunga la fantasia. Statevi accuorti.\r\n\r\nQualche tapes andata a male, tanto per capire di cosa si parla (molto è su youtube)\r\n\r\nMetamorphosis - Conception Live @ the Ad-Lib Club Nottingham (1982)\r\nUna ipotesi seriamente malata di funk bianco, con una voce tossica ed effettata che caracolla quà e là, sbandando nel verso animalesco. Un clichè industriale con la passione per una ipotesi di danza sotto effetto di droghe a buon mercato. Quando le periferie inglesi sognavano la techno ma sfogavano la rabbia atrraverso impianti audio di pessima qualità. (credo che anche la birra gli facesse cagare). Un must di un tempo che non tornerà mai più indietro.\r\n\r\nLifetones - For A reason (1983)\r\nCharles Bullen lasciera This Heat per una ipotesi di reggae bianco. Niente di strano, quella musica è diffusissima negli eighties albionici, quindi perchè no? Solo che Charles non è un tipo normale e figurati cosa ne è venuto fuori. Reggae, Dub e contorsioni timbriche accompagnate da quella voce nasale che non è difficile riconoscere. Se King Tubby si fosse ammalato di depressione, se i suoi strumenti avessero avuto quel tono vagamente \"in minore\", se avesse fatto musica per una (ipotetica) comunità di bianchi annoiati segregati in una casa occupata, Beh, avrebbe suonato così, o quasi. Capolavoro deforme, mi ha fatto capire che non è solo il rumore ad essere inascoltabile, questa è una cassetta capace di farci venire il rigurgito. Ma non è per lui, è per quella società deformata di cui questa tape è lo specchio.\r\n\r\nThis Heat - Made Available live @ Peel Session (1983)\r\nSchegge impazzite. Persino durante il live da Mr.Peel, uno che ne ha sentite tantissime, si intuisce come siamo fuori dalla \"norma\". Ammesso che sia mai esistita. La musica è un frullato di Math rock (che non era stato ancora inventato), prog furioso suonato da un dinamitardo, emissioni bavose di rumori colanti per macchine impazzite, momenti di puro divertissement avanguardista. Il tutto tenuto insieme da una compattezza musicale straordinaria, come a voler rimarcare, senza intellettualismi, che l'unica forma di rock della contemporaneità è questa miscela spezzata e sporca. Privo di termini di paragone, mi fermo qui dicendo solo che l'influenza di questa band (che per altro ha fatto anche dischi LP e non solo tapes) è infinita, solo che i fighetti non lo ammetteranno mai. fottetevi.\r\n\r\nDub Sonic Roots w Nerve Net Noise - Live at Uplink Factory (1997)\r\nDal Giappone e dove sennò. Una contaminazione tra il dub e il noise ma dimenticate Bill Laswell.\r\nQuesta è muzak, suono per gente obliterata al peggio ed oltre. Una vivisezione di un gusto che stava montando in Japan (quello per il reggae e il dub) fatta dal vivo, senza compromessi di sorta. Quando il dub incontra la nota marrone, in un inferno moderno di tubi luminescenti che sparano onde quadre ai limiti dell'ascoltabile. Se gli alieni suonassero dub nei giorni in cui gli viene la febbre: tu chiamale se vuoi, polluzioni. 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Qualcosa che riguarda più la libertà da cliches, regole e convenzioni piuttosto che la musica in senso stretto.\r\nQuando l'ipnosi di internet e del cellulare non esisteva, ritrovarsi era necessario, ribadendo il senso di \"compagnia\" o \"gruppo musicale\" anche quando il protagonista era anche solo uno. DI una cosa sono convinto: anche nelle cantine più lercie di Bristol, persino nei bassifondi di Tokio tra tossici e spaventapasseri umani, 20 anni fa si viveva con un'idea più precisa di dove stare, cosa fare e perchè. La ricerca spasmodica di spazi d'aria garantiva autonomia di pensiero persino nelle più misere condizioni.\r\n\r\nLe grafiche disegnate in casa, il collage e la bassa qualità delle registrazioni erano l'artiglieria a disposizione del movimento. Un nemico grande come un leviatano stava pian piano distruggendo le coscienze. 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Avevano ragione.\r\nQuesto orgoglio del \"fatto in casa\" poi non aveva solo connotazioni politiche, seppure fossero evidentissime anche solo esteticamente. Pur non volendo tagliare paragoni con il coltello, posso dire che industrial, punk, elettronica da accatto, folk-low fi, muzak e chillout, battiti wave e rigurgiti noise, avevano in comune una sfiducia cieca nel progresso, una specie di astio generalizzato verso un futuro di macchine schermi e controllo remoto sulle vite, sulle coscienze; sullo sfondo il lavoro salariato come mezzo per irregimentare le masse \"rozze\" delle periferie, un nemico dichiarato per gli esseri liberi, la più subdola forma di \u003Cmark>ricatto\u003C/mark> a sfondo schiavistico mai percepita come tale ad un livello simile. L'idea per cui senza salario non potessi neppure permetterti un registratore a 4 piste era una vera e propria provocazione. 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