","Nuova sentenza e nuovo murales No Tav",1432815514,[125,126,63,127],"http://radioblackout.org/tag/francesco-graziano-lucio/","http://radioblackout.org/tag/murales/","http://radioblackout.org/tag/sentenza/",[37,129,15,130],"murales","sentenza",{"post_content":132,"post_title":136},{"matched_tokens":133,"snippet":134,"value":135},[75,74,73,74],"in parte smontato l'impianto di \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> con rito abbreviato ha","Ieri una nuova sentenza ha in parte smontato l'impianto di \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> con rito abbreviato ha mandato ai domicieliari per 2 anni \u003Cmark>e\u003C/mark> 10 mesi i tre compagni che in un primo tempo i due pm con l'elmetto volevano processare per terrorismo.\r\n\r\nAbbiamo interpellato l'avvocato Eugenio Losco per un'analisi \u003Cmark>e\u003C/mark> qualche considerazione, alla fine delal quale ci ha informato che il prossimo passaggio importante sarà il 16 luglio, quando la Casazione dovrà sancire l'inverosimiglianza del reato di terrorismo, inventato dala procura torinese.\r\n\r\nUnknown\r\n\r\nMentre in tribunale veniva emessa la sentenza di cui ci ha parlato l'avvocato Losco, il movimento No Tav si era dato appuntamento in valle: il programma avrebbe previsto la creazione di un murales nei pressi delal Centrale a Chiomonte, ma le guardie schierate hanno impedito il passaggio dei manifestanti, così il murales ha preso forma \u003Cmark>e\u003C/mark> colori sotto un arcata della statale 24: sentiamo il racconto di Giulia:\r\n\r\nUnknown",{"matched_tokens":137,"snippet":138,"value":138},[74],"Nuova sentenza \u003Cmark>e\u003C/mark> nuovo murales No Tav",[140,142],{"field":102,"matched_tokens":141,"snippet":134,"value":135},[75,74,73,74],{"field":105,"matched_tokens":143,"snippet":138,"value":138},[74],1736172819517014000,{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":30,"num_tokens_dropped":50,"score":148,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":50},"3315704397824",14,"1736172819517014130",{"document":150,"highlight":167,"highlights":176,"text_match":144,"text_match_info":181},{"cat_link":151,"category":152,"comment_count":50,"id":153,"is_sticky":50,"permalink":154,"post_author":53,"post_content":155,"post_date":156,"post_excerpt":56,"post_id":153,"post_modified":157,"post_thumbnail":158,"post_thumbnail_html":159,"post_title":160,"post_type":59,"sort_by_date":161,"tag_links":162,"tags":165},[47],[49],"28082","http://radioblackout.org/2015/02/no-tav-depositata-la-sentenza-ora-liberate-franceco-lucio-e-graziano/","Sono state depositate ieri dalla Corte di Cassazione le motivazioni della sentenza che ha già assolto Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò dall'accusa di \"terrorismo\" condannandoli comunque ad una pena molto alta per gli altri reati. Ma almeno il teorema cucinato da Caselli e portato avanti dai due pm con l’elmetto Rinaudo e Padalino è stato smontato di sana pianta.\r\nNelle pagine di spiegazione, si assiste alla semplice e pacata considerazione di buon senso per cui l'accusa di terrorismo è fuori misura non essendoci stato, in nessun momento, alcuna percezione di terrore per la popolazione civile della valle. 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L'abitazione di Mattia (redattore di Radiocane) è stata perquisita e il compagno tratto in arresto. Le accuse, condite con l'aggravante di terrorismo (art. 280) riguardano un'azione contro il cantiere TAV in Clarea svoltasi nella notte tra il 13 e il 14 maggio.\r\nDi qualche minuto fa la notizia che anche Claudio è stato arrestato.\r\nAscolta il resoconto della mattinata.\r\n\r\nmitzi\r\n\r\nPer scrivere a Chiara, Niccolò, Claudio e Mattia:\r\n\r\nChiara Zenobi\r\n\r\n\r\nNiccolò Blasi\r\n\r\nClaudio Alberto\r\n\r\nMattia Zanotti\r\n\r\nc.c. via Maria Adelaide Aglietta 35\r\n10151 Torino","9 Dicembre 2013","2013-12-16 13:05:05","Repressione No Tav, perquisizioni e arresti a Torino e Milano",1386585967,[194,195,196],"http://radioblackout.org/tag/arresti-no-tav/","http://radioblackout.org/tag/asilo-occupato/","http://radioblackout.org/tag/repressione/",[198,199,18],"arresti no tav","Asilo Occupato",{"post_content":201,"post_title":205},{"matched_tokens":202,"snippet":203,"value":204},[73,74,75],"mattina, a firma dei pm \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>, conivolta anche Milano. 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Secondo no della Cassazione: non fu terrorismo.",1449146193,[256,257,63,258],"http://radioblackout.org/tag/8-dicembre/","http://radioblackout.org/tag/cassazione/","http://radioblackout.org/tag/terrorismo/",[260,28,15,26],"8 dicembre",{"post_content":262},{"matched_tokens":263,"snippet":264,"value":265},[73,74,75],"per il ricorso presentato da \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> nei confronti di Lucio, Graziano","Nuovamente un colpo duro per la procura torinese che ieri ha dovuto buttare giù l’ennesima bocciatura da parte della Cassazione per il ricorso presentato da \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> nei confronti di Lucio, Graziano \u003Cmark>e\u003C/mark> Francesco imputati come Chiara, Niccolò, Mattia \u003Cmark>e\u003C/mark> Claudio Alberto nel processo per l’azione notturna del maggio 2013. “Infondato”, così viene definito il ricorso della procura, arrivando addirittura a descrivere come “rasenti l’inammissibilità” le opzioni sollevate dei due pm al tribunale del riesame che, nel dicembre 2014, aveva annullato l’ordinanza del gip nella quale i tre No Tav venivano incarcerati con l’accusa di terrorismo.\r\nAbbiamo parlato di ciò con Dana del Comitato di Lotta Popolara che ci ha anche presentato le cinque giornate di lotta No Tav legate al consueto corteo nazionale dell'8 dicembre da Susa a Venaus.\r\nper leggere tutto il programma fai click qui \r\n2015.12.03 No Tav",[267],{"field":102,"matched_tokens":268,"snippet":264,"value":265},[73,74,75],{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":270,"num_tokens_dropped":50,"score":271,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":50},1,"1736172819517014129",6646,{"collection_name":59,"first_q":69,"per_page":17,"q":69},7,{"facet_counts":276,"found":307,"hits":308,"out_of":495,"page":270,"request_params":496,"search_cutoff":39,"search_time_ms":497},[277,285],{"counts":278,"field_name":283,"sampled":39,"stats":284},[279,281],{"count":20,"highlighted":280,"value":280},"anarres",{"count":270,"highlighted":282,"value":282},"il colpo del strega","podcastfilter",{"total_values":30},{"counts":286,"field_name":38,"sampled":39,"stats":305},[287,288,290,292,294,296,298,299,301,303],{"count":23,"highlighted":15,"value":15},{"count":270,"highlighted":289,"value":289},"salvadori",{"count":270,"highlighted":291,"value":291},"10 maggio",{"count":270,"highlighted":293,"value":293},"consultori",{"count":270,"highlighted":295,"value":295},"17dicembre",{"count":270,"highlighted":297,"value":297},"anni settanta",{"count":270,"highlighted":198,"value":198},{"count":270,"highlighted":300,"value":300},"beatrice rinaudo",{"count":270,"highlighted":302,"value":302},"processoterrorismo",{"count":270,"highlighted":304,"value":304},"consultori autogestiti",{"total_values":306},22,5,[309,339,371,400,470],{"document":310,"highlight":325,"highlights":333,"text_match":144,"text_match_info":338},{"comment_count":50,"id":311,"is_sticky":50,"permalink":312,"podcastfilter":313,"post_author":280,"post_content":314,"post_date":315,"post_excerpt":56,"post_id":311,"post_modified":316,"post_thumbnail":317,"post_title":318,"post_type":319,"sort_by_date":320,"tag_links":321,"tags":324},"26861","http://radioblackout.org/podcast/17-dicembre-i-no-tav-con-chiara-claudio-mattia-e-nicolo/",[280],"Mercoledì 17 dicembre sarà emessa la sentenza nel processo che lo Stato ha intentato contro Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò. Sono in carcere da oltre un anno, rinchiusi in regime di alta sicurezza, spesso isolati, lontani dai propri compagni ed affetti, la corrispondenza sottoposta a censura.\r\nHanno provato a piegarli. Non ci sono riusciti, hanno provato a mettere in ginocchio un intero movimento. Hanno fallito ancora.\r\n\r\nFacciamo un piccolo passo indietro.\r\nNella memoria della gente che si batte contro il Tav il dicembre del 2005 è una pietra miliare. Tra novembre e dicembre si consumò un’epopea di lotta entrata nei cuori di tanti. Un movimento popolare decise di resistere all’imposizione violenta di un’opera inutile e devastante e, nonostante avesse quasi tutti contro, riuscì ad assediare le truppe di occupazione, costruendo la Libera Repubblica di Venaus. Dopo lo sgombero violento il movimento per qualche giorno assunse un chiaro carattere insurrezionale: l’intera Val Susa si fece barricata contro l’invasore. L’otto dicembre era festa. La manifestazione, dopo una breve scaramuccia al bivio dove la polizia attendeva i manifestanti, si trasformò in una marcia che dopo aver salito la montagna, scese verso la zona occupata mentre lieve cadeva la neve. I sentieri in discesa erano fradici di acqua e fango ma nessuno si fermò. Le reti caddero e le truppe vennero richiamate.\r\nNel 2011 – dopo la dura parentesi dell’inverno delle trivelle – sono tornati, molto più agguerriti che nel 2005.\r\nLo Stato non può permettersi di perdere due volte nello stesso posto.\r\nL’apparato repressivo fatto di gas, recinzioni da lager, manganelli e torture si è dispiegato in tutta la sua forza. La magistratura è entrata in campo a gamba tesa. Non si contano i processi che coinvolgono migliaia di attivisti No Tav.\r\nGoverno e magistratura non hanno fatto i conti con la resistenza dei No Tav. Non hanno fatto i conti con un movimento che si è stretto nella solidarietà a tutti, primi tra tutti quelli che rischiano di più, i quattro attivisti accusati di attentato con finalità di terrorismo per un sabotaggio in Clarea.\r\nPer loro i PM Padalino e Rinaudo hanno chiesto nove anni e mezzo di reclusione.\r\nMercoledì 26 novembre un’assemblea popolare ha deciso un nuovo dicembre di lotta. Dopo la buona riuscita della manifestazione del 22 novembre a Torino, il movimento ha dato vita a due giorni di lotta popolare.\r\nIl 7 dicembre migliaia di No Tav hanno partecipato alla fiaccolata che si è dipanata per le vie di Susa, assediando a lungo l’hotel Napoleon, che da anni ospita le truppe di occupazione. La via dell’albergo è stata trasformata in “Via gli sbirri” con nuove targhe apposte dai manifestanti.\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\nIl giorno successivo, dopo le celebrazioni del giuramento partigiano della Garda dell’8 dicembre 1943, l’appuntamento era a Giaglione e Chiomonte per una giornata alle reti del cantiere.\r\nIn Clarea il passaggio era bloccato al ponte, ma questo non ha impedito a circa un centinaio di No Tav di raggiungere, guadando alto il torrente, l’area di proprietà del movimento, dove altri erano arrivati sin dalla prima mattina.\r\nLa Questura, non paga delle recinzioni e dei cancelli che serrano via dell’Avanà a Chiomonte, ha deciso di chiudere anche il ponte con jersey e truppe con idrante. Dopo la costruzione di un albero di natale no tav fatto dai bambini, a centinaia i No Tav sono risaliti in paese, bloccando a più riprese la statale e interrompendo per una mezz’ora anche il traffico ferroviario. A fine giornata, sul ponte, la polizia ha azionato l’idrante e sparato lacrimogeni. Dai boschi petardi e fuochi d’artificio hanno illuminato la sera.\r\nIl 9 dicembre la Procura ha consegnato in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare a Francesco, Graziano e Lucio, i tre No Tav in carcere da luglio il sabotaggio del 14 maggio 2013, lo stesso per il quale domani sarà emessa la sentenza per gli altri quattro No Tav.\r\nSu questa nuova iniziativa della Procura Anarres ha intervistato, uno dei loro avvocati, Eugenio Losco, del foro di Milano. Con lui abbiamo parlato anche dell’attesa per la sentenza di domani\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2014 12 12 losco terrotav più tre\r\n\r\nDomani, dopo il tribunale, che probabilmente si pronuncerà nel primo pomeriggio, l’appuntamento è alle 17,30 in piazza del mercato a Bussoleno.\r\n\r\nSe le notizie dal tribunale saranno buone sarà un giorno di festa. 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Negli ultimi giorni sono scesi in campo anche intellettuali e storici, che rileggono gli eventi di oggi con la lente distorta di una narrazione che trascolora nel mito. Il mito degli anni di “piombo”, degli “antimoderni” moti luddisti, della perdita di consenso di avanguardie che scelgono la lotta armata.\r\nScomodare un termine ingombrante come “terrorismo” è normale per tanti giornalisti e commentatori politici. Il paragone tra la lotta armata di trent’anni fa e la resistenza No Tav ne è la pietra miliare.\r\nDa quando i PM Padalino e Rinaudo il 29 luglio hanno accusato una dozzina di ragazzi di associazione a scopo terroristico, affibbiandogli l’articolo 180 del codice, gli scritti su questo tema si sono moltiplicati. Le iniziative di lotta estive li hanno scatenati. Nella loro lente deformante sono finite le passeggiate di lotta in Clarea, i sabotaggi, i blocchi, persino la marcia simbolica degli over 50, simbolo del legame tra le generazioni, del filo robusto che lega tutti gli attivisti in una lotta in cui ogni tassello si incastra nel mosaico deciso collettivamente. I sabotaggi delle ultime settimane verso ditte collaborazioniste – spesso aziende stracotte, plurifallite, in odore di mafia – li hanno scatenati definitivamente.\r\nIn piena sintonia con i media la Procura torinese ha ordinato perquisizioni e limitazioni della libertà con scadenza sempre più ravvicinata. Ultimi i tre No Tav arrestati con l’accusa di violenza privata – ma la Procura voleva infilarci anche la tentata rapina – perché, secondo Erica De Blasi, giornalista del quotidiano “la Repubblica”, avrebbero fatto parte del folto gruppo di No Tav che avevano smascherato l’inganno con cui si era infiltrata nella manifestazione degli over 50. De Blasi si era finta una manifestante ed aveva scattato foto che, per sua stessa ammissione, erano destinate alla Digos. Per quest’episodio insignificante è stata scomodata la libertà di stampa, dimenticando che questa “giornalista” era venuta meno alla sua stessa deontologia professionale, ponendosi al servizio della polizia.\r\nNella guerra mediatica scatenata contro il movimento No Tav si inserisce il dossier uscito proprio sul quotidiano “la Repubblica” il 12 settembre.\r\nLo storico Salvadori tenta una genealogia della pratica del sabotaggio, ricostruendo la vicenda del movimento che, tra il 1811 e il 1816, scosse l’Inghilterra. La pratica della distruzione delle macchine viene descritta da Salvadori come una sorta di disperata resistenza alla miseria frutto delle nuove tecnologie produttive, che riducevano il bisogno di manodopera. Salvadori liquida la rivolta, che pure durò a lungo nonostante i manifestanti uccisi dalla polizia, le deportazioni e le condanne a morte, come ultimo inutile grido di un’epoca preindustriale condannata a sparire.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Cosimo Scarinzi, un sindacalista che si è occupato a fondo della pratica del sabotaggio all’interno del movimento dei lavoratori. Secondo Scarinzi la radicalità del movimento “luddista” non era una critica alle macchine, quanto la risposta alla ferocissima repressione che colpiva ogni forma di protesta. Lotte meno dure venivano sanzionate con la deportazione e la condanna a morte, non lasciando alcun margine di trattativa ai lavoratori che si ribellavano ad una miseria estrema. In questa situazione l’attacco alla macchine diviene il mezzo per tentare di piegare un padronato indisponibile a qualsiasi concessione.\r\nScarinzi esamina la pratica del sabotaggio, attraverso la storia del movimento operaio, che ne è attraversato costantemente, sia che si tratti di pratiche spontanee, che non si rivendicano come tali, sia che vengano assunte e valorizzate come uno dei tasselli della lotta contro lo sfruttamento capitalista. Nell’opuscolo “Sabotage” Emile Pouget, esponente del sindacalismo rivoluzionario di segno libertario teorizza esplicitamente l’utilizzo del sabotaggio come segno incontrovertibile dell’indisponibilità ad un compromesso con una società divisa in classi. In questo caso, al di là della materialità dell’agire, emerge la volontà di scoraggiare ogni tentativo di compromesso tra capitale e lavoro, demolendo nei fatti la propaganda che vorrebbe sfruttati e sfruttatori sulla stessa barca, con gli stessi interessi di fondo.\r\nAscolta qui la chiacchierata con Cosimo, che è proseguita con l'analisi del sabotaggio nella pratica dei lavoratori del secolo appena trascorso:\r\n2013 09 13 sabotaggio cosimo\r\n\r\nTorniamo al dossier di “la Repubblica”.\r\nNell’analisi di Salvadori, che pure prudentemente si limita alle rivolte inglesi all’epoca della cosiddetta “rivoluzione industriale”, si possono cogliere due elementi che spiegano le ragioni dell’inserimento in un paginone che si apre con un articolo di Guido Crainz dedicato ai sabotaggi contro l’alta velocità in Val Susa.\r\nIl primo elemento è il carattere antimoderno delle rivolte luddiste, il secondo è l’ineluttabilità della sconfitta di chi si batte contro un progresso inarrestabile. In altri termini l’articolo di Salvadori, anche al di là dell’esplicita volontà dell’autore, svolge il compito che la rivista di intelligence Gnosis affida all’”agente di influenza“, ossia orientare l’opinione pubblica, demolire la fiducia dei No Tav, insinuando il dubbio sulle prospettive della lotta.\r\nQuesti elementi ci consentono vedere la trama del mosaico che la lobby Si Tav sta componendo. Il governo alza il tiro, appesantisce la repressione, picchia, arresta, criminalizza. La speranza è dividere, spaventare il movimento per far emergere la componente più istituzionale e spezzare la resistenza dei No Tav, riducendoli a meri testimoni indignati dello scempio.\r\nLa spettacolarità insita negli attacchi con il fuoco alle ditte, che pure si collocano a pieno nell’alveo della lotta non violenta, da la stura alla retorica sulla violenza. Il pezzo di Crainz si apre con l’occhiello “le polemiche recenti sulle azioni contro (la) Tav in Val di Susa riprono la questione del confine tra diritto al dissenso e forme illegali di opposizione” nel sottotitolo diventa più esplicito con un secco “quando le proteste diventano violenza”. Il pezzo si caratterizza per una continua equiparazione tra illegalità e violenza, il che dimostra, al di là dell’insistito discettare sulla lotta non violenta, la fondamentale incomprensione del senso e dei modi di questa pratica. Non tutto quel che è illegale è necessariamente anche violento, che non tutto quel che è legale è non violento. Che spaccare una ruspa e spaccare la testa di qualcuno non siano gesti equivalenti mi pare non meriti dimostrazioni di sorta. Se in questo gioco si inserisce la distinzione tra legale ed illegale il quadro invece si intorbida.\r\nI poliziotti che spaccano le teste dei No Tav, che sparano in faccia lacrimogeni, che mandano in coma un attivista e cavano un occhio ad un altro non fanno che compiere il loro dovere.\r\nI governi di turno ne solo tanto convinti che hanno garantito una buona carriera a tutti i massacratori di Bolzaneto, nonostante, in questo caso, vi sia stata una sentenza di condanna della magistratura. Per la mezza dozzina di capri espiatori di quelle giornate di lotta sono scattate condanne sino a sedici anni di reclusione, nonostante avessero soltanto rotto delle cose.\r\nSe è di Stato vale anche la tortura, se è espressione di lotta sociale viene perseguito anche un semplice danneggiamento. Anzi. Si parla addirittura di terrorismo, l’espressione che venne usata negli anni Settanta per definire la lotta armata. Crainz considera le vicende della Diaz e Bolzaneto errori di percorso da evitare di offrire argomenti a chi vorrebbe una diversa organizzazione politica e sociale. Scivoloni pericolosi perché si fanno delle gran brutte figure.\r\nL’autore, echeggiando Salvadori, sostiene che il sabotaggio è sintomo di debolezza, di sconfitta, di separazione dal movimento popolare. Crainz richiama i fantasmi del “rozzo pedagogismo giacobino ‘del gesto esemplare’ e dell’avanguardia leninista” che, per disprezzo, si sostituiscono all’azione autonoma dei cittadini.\r\nSu questa base Crainz ricostruisce le lotte degli anni Settanta, rievocando le figure dei cattivi maestri e riducendo la dinamica sociale di quegli anni ad una sorta di gigantesca cupio dissolvi culminata nella lotta armata.\r\nParte dall’assunto che le forme di lotta più radicali sono legittime contro le dittature, non certo in un regime democratico.\r\nPeccato che la democrazia reale, non quella dei libri delle scuole elementari, sia quella della Diaz e di Bolzaneto, perché la “sospensione del diritto” non è l’eccezione ma la regola. Peggio. In questi anni la sospensione del diritto si è fatta regola. L’intera legislazione sull’immigrazione, i respingimenti collettivi, gli accordi con la Libia per l’outsourcing della detenzione, le guerre umanitarie, le bombe intelligenti, le carceri che scoppiano, i morti nelle caserme, i militari nelle strade, le proteste popolari sedate con gas e manganelli…\r\nLa sospensione del diritto si fa sempre regola, quando qualcuno si ribella a regole del gioco che garantiscono il ricambio delle elite, negando un reale spazio di partecipazione ai cittadini, sancendo come insuperabile una società divisa in classi, dove il profitto di pochi conta più della vita e della dignità dei più.\r\nCrainz conclude il pezzo ironizzando sugli intellettuali che giocano con i fiammiferi. Quelli come lui usano le penne come i poliziotti i manganelli. Un gioco stupido ma trasparente.\r\nGrande assente nell’analisi di Crainz è il movimento No Tav. Un movimento che non può essere ingabbiato in nessuno degli schemi in cui tanti analisti hanno provato ad incasellarlo negli anni. Un movimento che cresce e si alimenta della sue tante anime, che elabora le proprie strategie attraverso un lento e, a volte difficile, confronto. Un movimento radicale e radicato nel territorio. Un movimento che ha optato per l’azione diretta, che non delega a nessuno e ha deciso di resistere attivamente all’imposizione violenta di un’opera la cui unica utilità è il drenaggio di soldi pubblici a fini privati.\r\nIl movimento No Tav ha scelto alcuni mesi fa di appoggiare la pratica del sabotaggio. Di questa decisione restano poche tracce sui media, sia tra i cronisti che tra gli analisti, perché di fronte alla volontà di un’assemblea popolare tanti teoremi si sgretolano come neve al sole.\r\nIl movimento in questi mesi dovrà affrontare una sfida complessa: mantenere radicalità e radicamento sociale. Non sarà facile, perché la magistratura sta preparando una operazione repressiva in grande stile, come dimostrano le gite dei PM torinesi a Milano e in altre città. Non sarà facile, perché le prossime amministrative rischiano ancora una volta di assorbire troppe energie a discapito dell’azione quotidiana per gettare sabbia negli ingranaggi dell’occupazione militare.\r\nLa scommessa dei prossimi mesi sarà quella di riaprire gli spazi per l’azione diretta popolare, che la repressione e la violenza del governo stanno cercando di chiudere.\r\nIl governo e la lobby del Tav non hanno troppa paura dei sabotaggi o di un manipolo di amministratori No Tav, hanno invece gran timore di una nuova rivolta popolare che renda ingovernabile il territorio.\r\nA noi tutti il compito di rendere reali le loro paure.","15 Settembre 2013","2018-10-17 22:59:41","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/09/haywood-sabotagewww-color-200x110.jpg","Sabotaggi, intellettuali e fiammiferi",1379283095,[351,63,352,353],"http://radioblackout.org/tag/crainz/","http://radioblackout.org/tag/sabotaggio/","http://radioblackout.org/tag/salvadori/",[355,15,356,289],"crainz","sabotaggio",{"post_content":358,"post_title":362},{"matched_tokens":359,"snippet":360,"value":361},[73,74,75],"miliare.\r\nDa quando i PM \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> il 29 luglio hanno accusato","Politici, imprenditori falliti, media hanno scatenato un attacco senza precedenti al movimento No Tav. Negli ultimi giorni sono scesi in campo anche intellettuali \u003Cmark>e\u003C/mark> storici, che rileggono gli eventi di oggi con la lente distorta di una narrazione che trascolora nel mito. Il mito degli anni di “piombo”, degli “antimoderni” moti luddisti, della perdita di consenso di avanguardie che scelgono la lotta armata.\r\nScomodare un termine ingombrante come “terrorismo” \u003Cmark>è\u003C/mark> normale per tanti giornalisti \u003Cmark>e\u003C/mark> commentatori politici. Il paragone tra la lotta armata di trent’anni fa \u003Cmark>e\u003C/mark> la resistenza No Tav ne \u003Cmark>è\u003C/mark> la pietra miliare.\r\nDa quando i PM \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> il 29 luglio hanno accusato una dozzina di ragazzi di associazione a scopo terroristico, affibbiandogli l’articolo 180 del codice, gli scritti su questo tema si sono moltiplicati. Le iniziative di lotta estive li hanno scatenati. Nella loro lente deformante sono finite le passeggiate di lotta in Clarea, i sabotaggi, i blocchi, persino la marcia simbolica degli over 50, simbolo del legame tra le generazioni, del filo robusto che lega tutti gli attivisti in una lotta in cui ogni tassello si incastra nel mosaico deciso collettivamente. I sabotaggi delle ultime settimane verso ditte collaborazioniste – spesso aziende stracotte, plurifallite, in odore di mafia – li hanno scatenati definitivamente.\r\nIn piena sintonia con i media la Procura torinese ha ordinato perquisizioni \u003Cmark>e\u003C/mark> limitazioni della libertà con scadenza sempre più ravvicinata. Ultimi i tre No Tav arrestati con l’accusa di violenza privata – ma la Procura voleva infilarci anche la tentata rapina – perché, secondo Erica De Blasi, giornalista del quotidiano “la Repubblica”, avrebbero fatto parte del folto gruppo di No Tav che avevano smascherato l’inganno con cui si era infiltrata nella manifestazione degli over 50. De Blasi si era finta una manifestante ed aveva scattato foto che, per sua stessa ammissione, erano destinate alla Digos. Per quest’episodio insignificante \u003Cmark>è\u003C/mark> stata scomodata la libertà di stampa, dimenticando che questa “giornalista” era venuta meno alla sua stessa deontologia professionale, ponendosi al servizio della polizia.\r\nNella guerra mediatica scatenata contro il movimento No Tav si inserisce il dossier uscito proprio sul quotidiano “la Repubblica” il 12 settembre.\r\nLo storico Salvadori tenta una genealogia della pratica del sabotaggio, ricostruendo la vicenda del movimento che, tra il 1811 \u003Cmark>e\u003C/mark> il 1816, scosse l’Inghilterra. La pratica della distruzione delle macchine viene descritta da Salvadori come una sorta di disperata resistenza alla miseria frutto delle nuove tecnologie produttive, che riducevano il bisogno di manodopera. Salvadori liquida la rivolta, che pure durò a lungo nonostante i manifestanti uccisi dalla polizia, le deportazioni \u003Cmark>e\u003C/mark> le condanne a morte, come ultimo inutile grido di un’epoca preindustriale condannata a sparire.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Cosimo Scarinzi, un sindacalista che si \u003Cmark>è\u003C/mark> occupato a fondo della pratica del sabotaggio all’interno del movimento dei lavoratori. Secondo Scarinzi la radicalità del movimento “luddista” non era una critica alle macchine, quanto la risposta alla ferocissima repressione che colpiva ogni forma di protesta. Lotte meno dure venivano sanzionate con la deportazione \u003Cmark>e\u003C/mark> la condanna a morte, non lasciando alcun margine di trattativa ai lavoratori che si ribellavano ad una miseria estrema. In questa situazione l’attacco alla macchine diviene il mezzo per tentare di piegare un padronato indisponibile a qualsiasi concessione.\r\nScarinzi esamina la pratica del sabotaggio, attraverso la storia del movimento operaio, che ne \u003Cmark>è\u003C/mark> attraversato costantemente, sia che si tratti di pratiche spontanee, che non si rivendicano come tali, sia che vengano assunte \u003Cmark>e\u003C/mark> valorizzate come uno dei tasselli della lotta contro lo sfruttamento capitalista. Nell’opuscolo “Sabotage” Emile Pouget, esponente del sindacalismo rivoluzionario di segno libertario teorizza esplicitamente l’utilizzo del sabotaggio come segno incontrovertibile dell’indisponibilità ad un compromesso con una società divisa in classi. In questo caso, al di là della materialità dell’agire, emerge la volontà di scoraggiare ogni tentativo di compromesso tra capitale \u003Cmark>e\u003C/mark> lavoro, demolendo nei fatti la propaganda che vorrebbe sfruttati \u003Cmark>e\u003C/mark> sfruttatori sulla stessa barca, con gli stessi interessi di fondo.\r\nAscolta qui la chiacchierata con Cosimo, che \u003Cmark>è\u003C/mark> proseguita con l'analisi del sabotaggio nella pratica dei lavoratori del secolo appena trascorso:\r\n2013 09 13 sabotaggio cosimo\r\n\r\nTorniamo al dossier di “la Repubblica”.\r\nNell’analisi di Salvadori, che pure prudentemente si limita alle rivolte inglesi all’epoca della cosiddetta “rivoluzione industriale”, si possono cogliere due elementi che spiegano le ragioni dell’inserimento in un paginone che si apre con un articolo di Guido Crainz dedicato ai sabotaggi contro l’alta velocità in Val Susa.\r\nIl primo elemento \u003Cmark>è\u003C/mark> il carattere antimoderno delle rivolte luddiste, il secondo \u003Cmark>è\u003C/mark> l’ineluttabilità della sconfitta di chi si batte contro un progresso inarrestabile. In altri termini l’articolo di Salvadori, anche al di là dell’esplicita volontà dell’autore, svolge il compito che la rivista di intelligence Gnosis affida all’”agente di influenza“, ossia orientare l’opinione pubblica, demolire la fiducia dei No Tav, insinuando il dubbio sulle prospettive della lotta.\r\nQuesti elementi ci consentono vedere la trama del mosaico che la lobby Si Tav sta componendo. Il governo alza il tiro, appesantisce la repressione, picchia, arresta, criminalizza. La speranza \u003Cmark>è\u003C/mark> dividere, spaventare il movimento per far emergere la componente più istituzionale \u003Cmark>e\u003C/mark> spezzare la resistenza dei No Tav, riducendoli a meri testimoni indignati dello scempio.\r\nLa spettacolarità insita negli attacchi con il fuoco alle ditte, che pure si collocano a pieno nell’alveo della lotta non violenta, da la stura alla retorica sulla violenza. Il pezzo di Crainz si apre con l’occhiello “le polemiche recenti sulle azioni contro (la) Tav in Val di Susa riprono la questione del confine tra diritto al dissenso \u003Cmark>e\u003C/mark> forme illegali di opposizione” nel sottotitolo diventa più esplicito con un secco “quando le proteste diventano violenza”. Il pezzo si caratterizza per una continua equiparazione tra illegalità \u003Cmark>e\u003C/mark> violenza, il che dimostra, al di là dell’insistito discettare sulla lotta non violenta, la fondamentale incomprensione del senso \u003Cmark>e\u003C/mark> dei modi di questa pratica. Non tutto quel che \u003Cmark>è\u003C/mark> illegale \u003Cmark>è\u003C/mark> necessariamente anche violento, che non tutto quel che \u003Cmark>è\u003C/mark> legale \u003Cmark>è\u003C/mark> non violento. Che spaccare una ruspa \u003Cmark>e\u003C/mark> spaccare la testa di qualcuno non siano gesti equivalenti mi pare non meriti dimostrazioni di sorta. Se in questo gioco si inserisce la distinzione tra legale ed illegale il quadro invece si intorbida.\r\nI poliziotti che spaccano le teste dei No Tav, che sparano in faccia lacrimogeni, che mandano in coma un attivista \u003Cmark>e\u003C/mark> cavano un occhio ad un altro non fanno che compiere il loro dovere.\r\nI governi di turno ne solo tanto convinti che hanno garantito una buona carriera a tutti i massacratori di Bolzaneto, nonostante, in questo caso, vi sia stata una sentenza di condanna della magistratura. Per la mezza dozzina di capri espiatori di quelle giornate di lotta sono scattate condanne sino a sedici anni di reclusione, nonostante avessero soltanto rotto delle cose.\r\nSe \u003Cmark>è\u003C/mark> di Stato vale anche la tortura, se \u003Cmark>è\u003C/mark> espressione di lotta sociale viene perseguito anche un semplice danneggiamento. Anzi. Si parla addirittura di terrorismo, l’espressione che venne usata negli anni Settanta per definire la lotta armata. Crainz considera le vicende della Diaz \u003Cmark>e\u003C/mark> Bolzaneto errori di percorso da evitare di offrire argomenti a chi vorrebbe una diversa organizzazione politica \u003Cmark>e\u003C/mark> sociale. Scivoloni pericolosi perché si fanno delle gran brutte figure.\r\nL’autore, echeggiando Salvadori, sostiene che il sabotaggio \u003Cmark>è\u003C/mark> sintomo di debolezza, di sconfitta, di separazione dal movimento popolare. Crainz richiama i fantasmi del “rozzo pedagogismo giacobino ‘del gesto esemplare’ \u003Cmark>e\u003C/mark> dell’avanguardia leninista” che, per disprezzo, si sostituiscono all’azione autonoma dei cittadini.\r\nSu questa base Crainz ricostruisce le lotte degli anni Settanta, rievocando le figure dei cattivi maestri \u003Cmark>e\u003C/mark> riducendo la dinamica sociale di quegli anni ad una sorta di gigantesca cupio dissolvi culminata nella lotta armata.\r\nParte dall’assunto che le forme di lotta più radicali sono legittime contro le dittature, non certo in un regime democratico.\r\nPeccato che la democrazia reale, non quella dei libri delle scuole elementari, sia quella della Diaz \u003Cmark>e\u003C/mark> di Bolzaneto, perché la “sospensione del diritto” non \u003Cmark>è\u003C/mark> l’eccezione ma la regola. Peggio. In questi anni la sospensione del diritto si \u003Cmark>è\u003C/mark> fatta regola. L’intera legislazione sull’immigrazione, i respingimenti collettivi, gli accordi con la Libia per l’outsourcing della detenzione, le guerre umanitarie, le bombe intelligenti, le carceri che scoppiano, i morti nelle caserme, i militari nelle strade, le proteste popolari sedate con gas \u003Cmark>e\u003C/mark> manganelli…\r\nLa sospensione del diritto si fa sempre regola, quando qualcuno si ribella a regole del gioco che garantiscono il ricambio delle elite, negando un reale spazio di partecipazione ai cittadini, sancendo come insuperabile una società divisa in classi, dove il profitto di pochi conta più della vita \u003Cmark>e\u003C/mark> della dignità dei più.\r\nCrainz conclude il pezzo ironizzando sugli intellettuali che giocano con i fiammiferi. Quelli come lui usano le penne come i poliziotti i manganelli. Un gioco stupido ma trasparente.\r\nGrande assente nell’analisi di Crainz \u003Cmark>è\u003C/mark> il movimento No Tav. Un movimento che non può essere ingabbiato in nessuno degli schemi in cui tanti analisti hanno provato ad incasellarlo negli anni. Un movimento che cresce \u003Cmark>e\u003C/mark> si alimenta della sue tante anime, che elabora le proprie strategie attraverso un lento \u003Cmark>e\u003C/mark>, a volte difficile, confronto. Un movimento radicale \u003Cmark>e\u003C/mark> radicato nel territorio. Un movimento che ha optato per l’azione diretta, che non delega a nessuno \u003Cmark>e\u003C/mark> ha deciso di resistere attivamente all’imposizione violenta di un’opera la cui unica utilità \u003Cmark>è\u003C/mark> il drenaggio di soldi pubblici a fini privati.\r\nIl movimento No Tav ha scelto alcuni mesi fa di appoggiare la pratica del sabotaggio. Di questa decisione restano poche tracce sui media, sia tra i cronisti che tra gli analisti, perché di fronte alla volontà di un’assemblea popolare tanti teoremi si sgretolano come neve al sole.\r\nIl movimento in questi mesi dovrà affrontare una sfida complessa: mantenere radicalità \u003Cmark>e\u003C/mark> radicamento sociale. Non sarà facile, perché la magistratura sta preparando una operazione repressiva in grande stile, come dimostrano le gite dei PM torinesi a Milano \u003Cmark>e\u003C/mark> in altre città. Non sarà facile, perché le prossime amministrative rischiano ancora una volta di assorbire troppe energie a discapito dell’azione quotidiana per gettare sabbia negli ingranaggi dell’occupazione militare.\r\nLa scommessa dei prossimi mesi sarà quella di riaprire gli spazi per l’azione diretta popolare, che la repressione \u003Cmark>e\u003C/mark> la violenza del governo stanno cercando di chiudere.\r\nIl governo \u003Cmark>e\u003C/mark> la lobby del Tav non hanno troppa paura dei sabotaggi o di un manipolo di amministratori No Tav, hanno invece gran timore di una nuova rivolta popolare che renda ingovernabile il territorio.\r\nA noi tutti il compito di rendere reali le loro paure.",{"matched_tokens":363,"snippet":364,"value":364},[74],"Sabotaggi, intellettuali \u003Cmark>e\u003C/mark> fiammiferi",[366,368],{"field":102,"matched_tokens":367,"snippet":360,"value":361},[73,74,75],{"field":105,"matched_tokens":369,"snippet":364,"value":364},[74],{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":30,"num_tokens_dropped":50,"score":148,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":50},{"document":372,"highlight":388,"highlights":393,"text_match":396,"text_match_info":397},{"comment_count":50,"id":373,"is_sticky":50,"permalink":374,"podcastfilter":375,"post_author":280,"post_content":376,"post_date":377,"post_excerpt":56,"post_id":373,"post_modified":378,"post_thumbnail":379,"post_title":380,"post_type":319,"sort_by_date":381,"tag_links":382,"tags":386},"22990","http://radioblackout.org/podcast/10-maggio-no-tav-le-ragioni-della-liberta-contro-la-ragion-di-stato/",[280],"Negli ultimi due giorni la canea mediatica si è scatenata contro la manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani e meno giovani, bambini, disabili. Tutti e tutte No Tav, tutti e tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà e giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav è testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato e metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni e i territori. Questo patto non è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che Rinaudo cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi non è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. Deve chiudere la partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. La guerra interna non è la mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, la guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica la legge marziale, la legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo non c'è solo un treno, non più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo la nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato non ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. Lo Stato sa tuttavia che intorno ai pochi che sabotano c'é un'intera valle.\r\nMaria Matteo","9 Maggio 2014","2018-10-17 22:59:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/05/torino-10-maggiocorteo-200x110.jpg","10 maggio No Tav. Le ragioni della libertà contro la ragion di Stato",1399657322,[383,384,63,385],"http://radioblackout.org/tag/10-maggio/","http://radioblackout.org/tag/corteo/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[291,387,15,24],"corteo",{"post_content":389},{"matched_tokens":390,"snippet":391,"value":392},[75,74,73],"teorema dei due PM, Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> Andrea \u003Cmark>Padalino\u003C/mark>, affonda le radici in un","Negli ultimi due giorni la canea mediatica si \u003Cmark>è\u003C/mark> scatenata contro la manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia \u003Cmark>e\u003C/mark> Niccolò. Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani \u003Cmark>e\u003C/mark> meno giovani, bambini, disabili. Tutti \u003Cmark>e\u003C/mark> tutte No Tav, tutti \u003Cmark>e\u003C/mark> tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà \u003Cmark>e\u003C/mark> giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav \u003Cmark>è\u003C/mark> testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato \u003Cmark>e\u003C/mark> metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni \u003Cmark>e\u003C/mark> i territori. Questo patto non \u003Cmark>è\u003C/mark> scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo \u003Cmark>e\u003C/mark> riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso \u003Cmark>e\u003C/mark> nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista \u003Cmark>è\u003C/mark> chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia \u003Cmark>e\u003C/mark> Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese \u003Cmark>e\u003C/mark> praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica \u003Cmark>è\u003C/mark> tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non \u003Cmark>è\u003C/mark> in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: \u003Cmark>è\u003C/mark> stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali \u003Cmark>e\u003C/mark> dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali \u003Cmark>e\u003C/mark> materiali che davano qualche spazio al dire \u003Cmark>e\u003C/mark> al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione \u003Cmark>e\u003C/mark> saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica \u003Cmark>e\u003C/mark> sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, \u003Cmark>e\u003C/mark> difficilmente sono applicabili \u003Cmark>e\u003C/mark> chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione \u003Cmark>e\u003C/mark> saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova \u003Cmark>e\u003C/mark> Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino \u003Cmark>e\u003C/mark> Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> Andrea \u003Cmark>Padalino\u003C/mark>, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere \u003Cmark>e\u003C/mark> i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa \u003Cmark>è\u003C/mark> “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia \u003Cmark>e\u003C/mark> Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano \u003Cmark>e\u003C/mark> potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale \u003Cmark>è\u003C/mark> la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi \u003Cmark>e\u003C/mark> cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina \u003Cmark>è\u003C/mark> costituita da terroristi. \u003Cmark>E\u003C/mark> con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni \u003Cmark>e\u003C/mark> percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa \u003Cmark>e\u003C/mark> con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi \u003Cmark>Padalino\u003C/mark> si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino \u003Cmark>e\u003C/mark> Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta \u003Cmark>è\u003C/mark> ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato \u003Cmark>e\u003C/mark> il bene pubblico coincidono, chi non \u003Cmark>è\u003C/mark> d’accordo \u003Cmark>e\u003C/mark> prova a mettersi di mezzo \u003Cmark>è\u003C/mark> un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio \u003Cmark>e\u003C/mark> delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega \u003Cmark>e\u003C/mark> giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa \u003Cmark>è\u003C/mark> per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. 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Per le associazioni rimane dunque l'incertezza finanziaria, perché non è detto che l'anno successivo i fondi vengano riconfermati; questo sistema inoltre apre alla gestione clientelare dei vari partiti e delle varie lobbies e amplifica il carattere di discrezionalità causando un pullulare di associazioni varie d'ogni tipo ed ideologia, stimolato dalla prospettiva del business della violenza sulle donne, in concorrenza tra loro e con i vari enti. Altre criticità che abbiamo evidenziato riguardano poi la natura stessa di questi luoghi e il fatto che non si risolva alla radice il problema fondamentale che le donne devono affrontare in questi casi, ovvero la questione economica. Le condizioni materiali di vita continuano a essere una discriminante essenziale per poter essere libere di scegliere. Molto spesso le donne, pur maltrattate, non se ne vanno di casa perchè dipendono economicamente dal marito/compagno o dalla famiglia in generale. Renderle autonome da questo punto di vista, dovrebbe essere il primo passo per aiutarle a liberarsi dalla violenza. Senza autonomia non c'è alcuna possibilità di scelta per poter cambiare vita e allontanarsi dalla situazione di violenza e maltrattamenti. Anche con l'inserimento nelle case rifugio o nei percorsi dei centri antiviolenza, questo problema non viene mai risolto. E quindi di fatto non si risolva la situazione alla radice. Altro dato, la natura stessa di questi luoghi, spesso più simili a dei collegi che non a delle case che dovrebbero ospitare donne adulte, anche con figli. Orari di rientro molto rigidi, impossibilità di ricevere ospiti, mancanza di privacy, la sensazione insomma di essere sotto controllo e sotto osservazione costante. Le donne spesso si sentono vittimizzate e sentono strette le condizioni di vita all'interno, tanto da preferire di tornarsene a casa, tra le stesse mura in cui avevano subito la violenza e in cui la violenza si ripresenterà senza sconti. Allora forse andrebbero ripensati anche questi luoghi e le prospettive di uscita dalla violenza che si offrono alle donne. Prospettive che definiremmo pauperistiche-cattoliche e che poco hanno a che fare con un percorso/progetto di emancipazione e autonomia.\r\n\r\n***Beatrice Rinaudo è presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, è iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non è per caso: suo padre è Antonio Rinaudo, pubblico ministero -insieme ad Andrea Padalino- nei processi penali ad attivisti notav. Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non è stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano e nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti e i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter, non le impedisce di patrocinare in giudizio - in qualità di difensore di fiducia - imputati di reati sessuali e di farlo con una convinzione e una veemenza che non è da tutti! Lo scorso 12 giugno si è concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva. Di tutta la sua attività processuale, a colpire è stata soprattutto l’arringa conclusiva. Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la Rinaudo è presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! Si parla di generiche vittime di omicidio volontario...la violenza non ha mai un soggetto che la definisce. Non si parla dunque di violenza maschile sulle donne, ma di violenza tout court...nella sezione “le nostre storie” ci sono solo però storie di femminicidi, 4 per la precisione...la parola femminicidio però sul sito non viene usata, si parla di delitti di genere. Tra gli obiettivi dell'associazione...\"prevenire gli atti di violenza attraverso la più stretta collaborazione possibile con le forze dell’ordine nel rispetto delle norme dell’Ordinamento Giuridico della Repubblica\".\r\n\r\n***Per la rubrica \"Storie di donne\", l'istituzione dei consultori famigliari pubblici attraverso le legge nazionale del 29 luglio 1975 (quella regionale è datata invece luglio 1976). Siamo partite dal periodo precedente, ovvero dai consultori autogestiti, proponendovi un'intervista a Franca, compagna che ha partecipato negli Anni Settanta all'esperienza dei primi consultori autogestiti a Torino, in particolare all'occupazione e allo sviluppo del progetto di un consultorio autogestito nella zona dei Mercati Generali. Nella prossima puntata ci occuperemo della storia delle legge, che analizzeremo nelle sue criticità, e della trasformazione - o meglio, del declino - dei consultori con la loro istituzionalizzazione.\r\n\r\n***Per la rubrica \"Malerbe\", Silvia ci ha parlato della raccolta, dell'uso e delle proprietà dell'iperico.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_secondaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_terzaparte\r\n\r\n \r\n\r\n ","8 Luglio 2014","2018-10-24 17:35:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/medea-strega-200x110.jpg","I podcast de Il colpo della strega: 7luglio2014",1404837762,[413,414,415,416,417,418,419,420,421,422],"http://radioblackout.org/tag/anni-settanta/","http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/beatrice-rinaudo/","http://radioblackout.org/tag/centri-antiviolenza/","http://radioblackout.org/tag/consultori/","http://radioblackout.org/tag/consultori-autogestiti/","http://radioblackout.org/tag/decreto-femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/malerbe/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/violenza-maschile-sulle-donne/",[297,424,300,425,293,304,426,427,428,429],"autodeterminazione","centri antiviolenza","decreto femminicidio","malerbe","violenza di genere","violenza maschile sulle donne",{"post_content":431,"tags":435},{"matched_tokens":432,"snippet":433,"value":434},[170,170,75,73],"\u003Cmark>è\u003C/mark> per caso: suo padre \u003Cmark>è\u003C/mark> Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>, pubblico ministero -insieme ad Andrea \u003Cmark>Padalino\u003C/mark>- nei processi penali ad attivisti","*** I centriantiviolenza \u003Cmark>e\u003C/mark> i finanziamenti promessi dal Decreto Femminicidio \u003Cmark>e\u003C/mark> dal Governo Renzi: per la prima volta i soldi verranno destinate alle Regioni che emetteranno un bando per cui si dovrà presentare un progetto. Per le associazioni rimane dunque l'incertezza finanziaria, perché non \u003Cmark>è\u003C/mark> detto che l'anno successivo i fondi vengano riconfermati; questo sistema inoltre apre alla gestione clientelare dei vari partiti \u003Cmark>e\u003C/mark> delle varie lobbies \u003Cmark>e\u003C/mark> amplifica il carattere di discrezionalità causando un pullulare di associazioni varie d'ogni tipo ed ideologia, stimolato dalla prospettiva del business della violenza sulle donne, in concorrenza tra loro \u003Cmark>e\u003C/mark> con i vari enti. Altre criticità che abbiamo evidenziato riguardano poi la natura stessa di questi luoghi \u003Cmark>e\u003C/mark> il fatto che non si risolva alla radice il problema fondamentale che le donne devono affrontare in questi casi, ovvero la questione economica. Le condizioni materiali di vita continuano a essere una discriminante essenziale per poter essere libere di scegliere. Molto spesso le donne, pur maltrattate, non se ne vanno di casa perchè dipendono economicamente dal marito/compagno o dalla famiglia in generale. Renderle autonome da questo punto di vista, dovrebbe essere il primo passo per aiutarle a liberarsi dalla violenza. Senza autonomia non c'è alcuna possibilità di scelta per poter cambiare vita \u003Cmark>e\u003C/mark> allontanarsi dalla situazione di violenza \u003Cmark>e\u003C/mark> maltrattamenti. Anche con l'inserimento nelle case rifugio o nei percorsi dei centri antiviolenza, questo problema non viene mai risolto. \u003Cmark>E\u003C/mark> quindi di fatto non si risolva la situazione alla radice. Altro dato, la natura stessa di questi luoghi, spesso più simili a dei collegi che non a delle case che dovrebbero ospitare donne adulte, anche con figli. Orari di rientro molto rigidi, impossibilità di ricevere ospiti, mancanza di privacy, la sensazione insomma di essere sotto controllo \u003Cmark>e\u003C/mark> sotto osservazione costante. Le donne spesso si sentono vittimizzate \u003Cmark>e\u003C/mark> sentono strette le condizioni di vita all'interno, tanto da preferire di tornarsene a casa, tra le stesse mura in cui avevano subito la violenza \u003Cmark>e\u003C/mark> in cui la violenza si ripresenterà senza sconti. Allora forse andrebbero ripensati anche questi luoghi \u003Cmark>e\u003C/mark> le prospettive di uscita dalla violenza che si offrono alle donne. Prospettive che definiremmo pauperistiche-cattoliche \u003Cmark>e\u003C/mark> che poco hanno a che fare con un percorso/progetto di emancipazione \u003Cmark>e\u003C/mark> autonomia.\r\n\r\n***Beatrice \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>è\u003C/mark> presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, \u003Cmark>è\u003C/mark> iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non \u003Cmark>è\u003C/mark> per caso: suo padre \u003Cmark>è\u003C/mark> Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>, pubblico ministero -insieme ad Andrea \u003Cmark>Padalino\u003C/mark>- nei processi penali ad attivisti notav. Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non \u003Cmark>è\u003C/mark> stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano \u003Cmark>e\u003C/mark> nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti \u003Cmark>e\u003C/mark> i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter, non le impedisce di patrocinare in giudizio - in qualità di difensore di fiducia - imputati di reati sessuali \u003Cmark>e\u003C/mark> di farlo con una convinzione \u003Cmark>e\u003C/mark> una veemenza che non \u003Cmark>è\u003C/mark> da tutti! Lo scorso 12 giugno si \u003Cmark>è\u003C/mark> concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia \u003Cmark>e\u003C/mark> tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva. Di tutta la sua attività processuale, a colpire \u003Cmark>è\u003C/mark> stata soprattutto l’arringa conclusiva. \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si \u003Cmark>è\u003C/mark> fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati \u003Cmark>e\u003C/mark> all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni \u003Cmark>e\u003C/mark> il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando \u003Cmark>è\u003C/mark> passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale \u003Cmark>e\u003C/mark> un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>è\u003C/mark> presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! Si parla di generiche vittime di omicidio volontario...la violenza non ha mai un soggetto che la definisce. Non si parla dunque di violenza maschile sulle donne, ma di violenza tout court...nella sezione “le nostre storie” ci sono solo però storie di femminicidi, 4 per la precisione...la parola femminicidio però sul sito non viene usata, si parla di delitti di genere. Tra gli obiettivi dell'associazione...\"prevenire gli atti di violenza attraverso la più stretta collaborazione possibile con le forze dell’ordine nel rispetto delle norme dell’Ordinamento Giuridico della Repubblica\".\r\n\r\n***Per la rubrica \"Storie di donne\", l'istituzione dei consultori famigliari pubblici attraverso le legge nazionale del 29 luglio 1975 (quella regionale \u003Cmark>è\u003C/mark> datata invece luglio 1976). Siamo partite dal periodo precedente, ovvero dai consultori autogestiti, proponendovi un'intervista a Franca, compagna che ha partecipato negli Anni Settanta all'esperienza dei primi consultori autogestiti a Torino, in particolare all'occupazione \u003Cmark>e\u003C/mark> allo sviluppo del progetto di un consultorio autogestito nella zona dei Mercati Generali. Nella prossima puntata ci occuperemo della storia delle legge, che analizzeremo nelle sue criticità, \u003Cmark>e\u003C/mark> della trasformazione - o meglio, del declino - dei consultori con la loro istituzionalizzazione.\r\n\r\n***Per la rubrica \"Malerbe\", Silvia ci ha parlato della raccolta, dell'uso \u003Cmark>e\u003C/mark> delle proprietà dell'iperico.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_secondaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_terzaparte\r\n\r\n \r\n\r\n ",[436,438,440,443,445,447,449,451,453,455],{"matched_tokens":437,"snippet":297,"value":297},[],{"matched_tokens":439,"snippet":424,"value":424},[],{"matched_tokens":441,"snippet":442,"value":442},[92],"beatrice \u003Cmark>rinaudo\u003C/mark>",{"matched_tokens":444,"snippet":425,"value":425},[],{"matched_tokens":446,"snippet":293,"value":293},[],{"matched_tokens":448,"snippet":304,"value":304},[],{"matched_tokens":450,"snippet":426,"value":426},[],{"matched_tokens":452,"snippet":427,"value":427},[],{"matched_tokens":454,"snippet":428,"value":428},[],{"matched_tokens":456,"snippet":429,"value":429},[],[458,460],{"field":102,"matched_tokens":459,"snippet":433,"value":434},[170,170,75,73],{"field":38,"indices":461,"matched_tokens":462,"snippets":464,"values":465},[30],[463],[92],[442],[442],1736172818711707600,{"best_field_score":468,"best_field_weight":147,"fields_matched":30,"num_tokens_dropped":50,"score":469,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":50},"3315704004608","1736172818711707762",{"document":471,"highlight":483,"highlights":488,"text_match":491,"text_match_info":492},{"comment_count":50,"id":472,"is_sticky":50,"permalink":473,"podcastfilter":474,"post_author":280,"post_content":475,"post_date":476,"post_excerpt":56,"post_id":472,"post_modified":477,"post_thumbnail":478,"post_title":479,"post_type":319,"sort_by_date":480,"tag_links":481,"tags":482},"20715","http://radioblackout.org/podcast/terrorismo-di-stato/",[280],"La Procura torinese ha attuato un ulteriore salto di qualità nella repressione degli attivisti No Tav.\r\nL'accusa di terrorismo per atti di mero sabotaggio non violento, la detenzione in regime di isolamento, il trattenimento e la censura della posta, e, da ultimo, il blocco dei colloqui con amici e parenti sono il segno di un irrigidimento disciplinare da tempi di guerra.\r\nD'altra parte, quando c'é il filo spinato, l'occupazione militare, i blindati, i lacrimogeni, i reduci dell'Afganistan, la guerra c'é già. In guerra è normale che la popolazione venga oppressa e chi resiste venga trattato da terrorista.\r\nPer capirne di più anarres ha intervistato Eugenio Losco, uno degli avvocati che difendono i No Tav accusati di terrorismo.\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\n2014 01 10 avv losco terrorismo\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nDi seguito un testo discusso e condiviso tra i compagni e le compagne della Federazione Anarchica di Torino.\r\n\r\nLunedì 13 gennaio il Riesame ha confermato gli arresti per i quattro anarchici arrestati il 9 dicembre con l'accusa di aver partecipato all'azione di sabotaggio del cantiere della Maddalena della notte tra il 12 e il 13 maggio dello scorso anno. Accolto interamente l'impianto accusatorio del Gip Giampieri e dei PM Rinaudo e Padalino, che, oltre all'imputazione di uso di armi da guerra, avevano formulato l'accusa di attentato per fini di terrorismo.\r\nGli articoli del codice sono il 280 e il 280 bis.\r\nL'articolo 280 contempla il reato di \"attentato per finalità terroristiche o di eversione\". Ed è così formulato: \"Chiunque per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico attenta alla vita od alla incolumità di una persona, è punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei.\"\r\nL'articolo 280 bis, \"Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi\" prevede che \"salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque per finalità di terrorismo compie qualsiasi atto diretto a danneggiare cose mobili o immobili altrui, mediante l'uso di dispositivi esplosivi o comunque micidiali, è punito con la reclusione da due a cinque anni\".\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Nonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\nCome si configura il terrorismo? Qual è la differenza tra un danneggiamento e l'attentato terrorista? Come si trasforma un'azione di sabotaggio in un atto terrorista?\r\nL'ordinamento mette a disposizione delle procure l'articolo 270 sexies, l'ultima incarnazione del famigerato 270, l'articolo che descrive i reati associativi di natura politica. Il 270 sexies fu frutto dell'onda emotiva seguita ai sanguinosi attentati di Londra e Madrid, delle bombe su treni e metropolitane che fecero centinaia di morti nelle due capitali europee, l'ennesimo episodio nella guerra di Al Quaeda agli infedeli. La Jihad del secondo millennio.\r\nDal 270 sexies i PM torinesi hanno desunto la definizione di terrorismo sulla quale hanno incardinato l'imputazione contro i quattro No Tav arrestati il 9 dicembre. Per questa norma \"sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto (…)\".\r\nNelle motivazioni della decisione del riesame di mantenere in carcere i quattro attivisti No Tav si legge: “È ravvisabile la finalità di terrorismo tenuto conto che l’azione è idonea, per contesto e natura, a cagionare grave danno al Paese, ed è stata posta in essere allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un’opera pubblica di rilevanza internazionale”.\r\nChiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nIl meccanismo che ha portato in galera i quattro No Tav potrebbe essere in ogni momento esteso a chiunque lotti contro le scelte del governo non condivise. In questo caso la lotta tocca una vasta parte della popolazione valsusina e di quanti negli anni ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nUn fatto gravissimo.\r\nNon è “soltanto” in gioco la libertà di quattro attivisti ma quella di tutti. Se il teorema che equipara le lotte al terrorismo dovesse passare, la possibilità di opporsi sarebbe negata in modo drastico.\r\nIn questi anni, di fronte alle manifestazioni più nette della criminalità del potere tanti hanno parlato di \"democrazia tradita\". Una illusione. Una illusione pericolosa, perché ha in se l'idea che questo sistema sia correggibile, che la violenza delle forze dell'ordine, la ferocia della macchina delle espulsioni, l'inumanità delle galere, la tortura nelle caserme, i pestaggi nei CIE e per le strade, le facce spaccate dai manganelli, le gole bruciate dai lacrimogeni, i lavoratori che muoiono di lavoro, i veleni che ammorbano la terra siano eccezioni, gravi, estese, durevoli ma eccezioni. La democrazia avrebbe in se gli anticorpi per eliminare i mali che la affliggono, per correggere la rotta, costruire partecipazione nella libertà.\r\nL'introduzione nell'ordinamento di norme come il 270 sexies e il suo utilizzo contro attivisti No Tav è lo specchio di una democrazia che lungi dall'essere tradita, tradisce la propria intima natura, (di)mostra che l'unica possibilità offerta al dissenso è la testimonianza ineffettuale.\r\nPezzo dopo pezzo sono state demolite le pur esigue garanzie offerte a chi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato. L'accordo stipulato il 31 maggio 2013 tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria, che esclude dalla rappresentanza chi non ne accetta le regole e punisce chi sciopera contro, ne è il segno.\r\nIn questi anni le Procure hanno giocato un ruolo sempre più netto nel disciplinamento dell'opposizione politica e sociale.\r\nSpesso non è stato neppure necessario modificare le norme: è bastato un uso molto disinvolto di quelle che c'erano. Una vera torsione del diritto per ottenere anni di carcere e lunghe detenzioni.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nIn questi anni Torino è stata ed è uno dei laboratori dove si sperimentano le strategie repressive delle Procure. Si va dall’accusa – poi caduta – di “devastazione e saccheggio” per una manifestazione antifascista come tante, sino al tentativo di trasformare le lotte antirazziste in un’associazione a delinquere, che sebbene sia fallito, non ha tuttavia distolto la Procura torinese dall’imbastire due maxi processi contro gli antirazzisti, che rischiano lunghi anni di detenzione per banali episodi di contestazione e lotta.\r\nL'adozione di misure che per via amministrativa consentono la limitazione della libertà come fogli di via, divieti e obblighi di dimora sono distribuite a piene mani per mettere i bastoni tra le ruote dei movimenti.\r\nPersino le \"normali\" garanzie vengono fatte a pezzi in processi che per l'impianto e per le modalità di svolgimento negano l'esercizio dei cosiddetti diritti di difesa.\r\nNel processo in cui sono alla sbarra 52 No Tav per le giornate di lotta del 27 giugno e del 3 luglio 2011, persino gli avvocati hanno dovuto prendere posizione pubblica contro la Procura perché ai difensori è consentita a malapena la presenza. Un processo farsa: la sentenza pare già scritta. La corte ha imposto due udienze a settimana di dieci ore, senza certezza sul calendario dei testimoni e senza spazio per le difese. Oggi la soluzione disciplinare è l'unico approdo dei governi che hanno delegato all'apparato giudiziario la gestione dei nodi che non riescono ad affrontare. Dalla legge elettorale, a quella sulle droghe, dalla terra dei fuochi alla demolizione dei movimenti di opposizione la parola è passata ai gestori della guerra, dell’ordine pubblico e dei tribunali.\r\nNel solo movimento No Tav sono ormai diverse centinaia gli attivisti finiti nel mirino della magistratura.\r\nL'arresto di quattro attivisti No Tav con l'accusa di terrorismo non è certo giunto inaspettato. Sin da maggio i media e i politici hanno parlato di terrorismo. Prima della Procura torinese, l'accusa che ha privato della libertà Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò è stata formulata nelle redazioni dei giornali e nelle segreterie dei partiti.\r\nLa determinazione ad affondare sempre più nella carne viva del movimento contro la Torino Lyon aumenta quando il movimento lancia un segnale forte. Inequivocabile. Le decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla manifestazione dello scorso 16 novembre a Susa sono la dimostrazione che il movimento, nelle sue varie componenti, non è disponibile a trasformarsi in mero testimone dello scempio. In quella manifestazione era esplicito l'appoggio alle azioni di resistenza attiva e alle centinaia di No Tav colpiti dalla repressione per aver partecipato alla lotta, mettendosi in mezzo, partecipando a blocchi, azioni, occupazioni, sabotaggi.\r\nDue settimane dopo sono scattati gli arresti.\r\nIl governo usa sempre di più la mano dura contro chi non si piega e continua a lottare. Lo scopo è chiaro: seminare il terrore tra i No Tav, spaventare la popolazione della Val Susa, far paura ai tanti che in questi anni, chi più e chi meno, chi in prima fila, chi in ultima si sono messi di mezzo, hanno costruito presidi, eretto barricate, bloccato strade e ferrovie, hanno boicottato e sabotato il cantiere e le ditte collaborazioniste, si sono difesi dall’occupazione militare e dalla distruzione del territorio.\r\nIn questi ultimi due anni e mezzo si è allungata la lista degli attivisti feriti, gasati, pestati, torturati. Quest’estate la polizia ha anche molestato sessualmente una No Tav. Qualcuno ha anche rischiato di morire per le botte, che hanno rotto teste, spezzato gambe e braccia, accecato.\r\nQuesto è terrorismo di Stato. Non uno slogan ma la realtà che stiamo vivendo. In Val Susa, ma non solo.\r\nLa repressione si sta inasprendo perché il governo si prepara ad attaccare in bassa valle, dove si stanno preparando ai lavori preliminari per aprire il cantiere del mega tunnel a Susa.\r\nNei prossimi mesi proveranno a fare i lavori per spostare l’autoporto da Susa a Bruzolo e il servizio”Guida Sicura” da Susa ad Avigliana.\r\nSeminare il terrore tra la popolazione è l’ultima carta da giocare perché il governo sa bene che in bassa valle la partita potrebbe essere molto più difficile che a Chiomonte, in una zona isolata, senza abitazioni, raggiungibile solo a piedi.\r\nIn questa strategia del terrore ci sono sia gli arresti per terrorismo sia la condanna al pagamento di oltre 200.000 euro per Alberto, Giorgio e Loredana tre attivisti, accusati di aver danneggiato gli affari di LTF, il general contractor dell’opera, per aver impedito un sondaggio proprio all’autoporto di Susa. Pagare cifre simili non è alla portata di tutti: si rischia di perdere la casa, l’auto, un quinto dello stipendio o della pensione. Il governo spera che di fronte a decenni di galera, alla perdita di quello chi si ha per campare, qualcuno anche se non ha cambiato idea, si tiri indietro.\r\nLa scommessa è far si che si sbaglino.\r\nIl governo sa che l’apertura dei cantieri a Susa non sarà una passeggiata. Sa che in molti si metteranno di mezzo, sa che i più li sosterranno. Ma per vincere la partita non basterà.\r\nOggi tutti plaudono e molti agiscono. Per mettersi in mezzo basta poco, anche una sedia in mezzo alla strada. Se saranno tante quando tireranno giù la prima barricata ne troveranno un’altra poco lontano.\r\nSe ancora una volta il movimento saprà rendere ingovernabile un intero territorio per i nostri avversari sarà di nuovo dura.\r\nIl 22 febbraio il movimento No Tav ha lanciato una giornata di lotta nazionale – ognuno sul proprio territorio – contro la repressione e contro il Tav e le altre grandi opere inutili e dannose.\r\nSarà una buona occasione per inceppare il terrorismo di Stato.\r\n°°°°\r\nChi ci vuole contattare per commentare il testo ci può scrivere ad anarres@inventati.org","22 Gennaio 2014","2019-01-31 12:41:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/01/compressore-200x110.jpg","Terrorismo di Stato",1390417059,[194,63,258],[198,15,26],{"post_content":484},{"matched_tokens":485,"snippet":486,"value":487},[74,75,74,73],"Gip Giampieri \u003Cmark>e\u003C/mark> dei PM \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>Padalino\u003C/mark>, che, oltre all'imputazione di uso di armi","La Procura torinese ha attuato un ulteriore salto di qualità nella repressione degli attivisti No Tav.\r\nL'accusa di terrorismo per atti di mero sabotaggio non violento, la detenzione in regime di isolamento, il trattenimento \u003Cmark>e\u003C/mark> la censura della posta, \u003Cmark>e\u003C/mark>, da ultimo, il blocco dei colloqui con amici \u003Cmark>e\u003C/mark> parenti sono il segno di un irrigidimento disciplinare da tempi di guerra.\r\nD'altra parte, quando c'é il filo spinato, l'occupazione militare, i blindati, i lacrimogeni, i reduci dell'Afganistan, la guerra c'é già. 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Per questa norma \"sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale \u003Cmark>e\u003C/mark> sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto (…)\".\r\nNelle motivazioni della decisione del riesame di mantenere in carcere i quattro attivisti No Tav si legge: “\u003Cmark>È\u003C/mark> ravvisabile la finalità di terrorismo tenuto conto che l’azione \u003Cmark>è\u003C/mark> idonea, per contesto \u003Cmark>e\u003C/mark> natura, a cagionare grave danno al Paese, ed \u003Cmark>è\u003C/mark> stata posta in essere allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un’opera pubblica di rilevanza internazionale”.\r\nChiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nIl meccanismo che ha portato in galera i quattro No Tav potrebbe essere in ogni momento esteso a chiunque lotti contro le scelte del governo non condivise. In questo caso la lotta tocca una vasta parte della popolazione valsusina \u003Cmark>e\u003C/mark> di quanti negli anni ne hanno condiviso motivazioni \u003Cmark>e\u003C/mark> percorsi.\r\nUn fatto gravissimo.\r\nNon \u003Cmark>è\u003C/mark> “soltanto” in gioco la libertà di quattro attivisti ma quella di tutti. Se il teorema che equipara le lotte al terrorismo dovesse passare, la possibilità di opporsi sarebbe negata in modo drastico.\r\nIn questi anni, di fronte alle manifestazioni più nette della criminalità del potere tanti hanno parlato di \"democrazia tradita\". Una illusione. Una illusione pericolosa, perché ha in se l'idea che questo sistema sia correggibile, che la violenza delle forze dell'ordine, la ferocia della macchina delle espulsioni, l'inumanità delle galere, la tortura nelle caserme, i pestaggi nei CIE \u003Cmark>e\u003C/mark> per le strade, le facce spaccate dai manganelli, le gole bruciate dai lacrimogeni, i lavoratori che muoiono di lavoro, i veleni che ammorbano la terra siano eccezioni, gravi, estese, durevoli ma eccezioni. La democrazia avrebbe in se gli anticorpi per eliminare i mali che la affliggono, per correggere la rotta, costruire partecipazione nella libertà.\r\nL'introduzione nell'ordinamento di norme come il 270 sexies \u003Cmark>e\u003C/mark> il suo utilizzo contro attivisti No Tav \u003Cmark>è\u003C/mark> lo specchio di una democrazia che lungi dall'essere tradita, tradisce la propria intima natura, (di)mostra che l'unica possibilità offerta al dissenso \u003Cmark>è\u003C/mark> la testimonianza ineffettuale.\r\nPezzo dopo pezzo sono state demolite le pur esigue garanzie offerte a chi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali \u003Cmark>e\u003C/mark> dei sindacati di Stato. L'accordo stipulato il 31 maggio 2013 tra CGIL, CISL, UIL \u003Cmark>e\u003C/mark> Confindustria, che esclude dalla rappresentanza chi non ne accetta le regole \u003Cmark>e\u003C/mark> punisce chi sciopera contro, ne \u003Cmark>è\u003C/mark> il segno.\r\nIn questi anni le Procure hanno giocato un ruolo sempre più netto nel disciplinamento dell'opposizione politica \u003Cmark>e\u003C/mark> sociale.\r\nSpesso non \u003Cmark>è\u003C/mark> stato neppure necessario modificare le norme: è bastato un uso molto disinvolto di quelle che c'erano. Una vera torsione del diritto per ottenere anni di carcere \u003Cmark>e\u003C/mark> lunghe detenzioni.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione \u003Cmark>e\u003C/mark> saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nIn questi anni Torino \u003Cmark>è\u003C/mark> stata ed \u003Cmark>è\u003C/mark> uno dei laboratori dove si sperimentano le strategie repressive delle Procure. Si va dall’accusa – poi caduta – di “devastazione \u003Cmark>e\u003C/mark> saccheggio” per una manifestazione antifascista come tante, sino al tentativo di trasformare le lotte antirazziste in un’associazione a delinquere, che sebbene sia fallito, non ha tuttavia distolto la Procura torinese dall’imbastire due maxi processi contro gli antirazzisti, che rischiano lunghi anni di detenzione per banali episodi di contestazione \u003Cmark>e\u003C/mark> lotta.\r\nL'adozione di misure che per via amministrativa consentono la limitazione della libertà come fogli di via, divieti e obblighi di dimora sono distribuite a piene mani per mettere i bastoni tra le ruote dei movimenti.\r\nPersino le \"normali\" garanzie vengono fatte a pezzi in processi che per l'impianto \u003Cmark>e\u003C/mark> per le modalità di svolgimento negano l'esercizio dei cosiddetti diritti di difesa.\r\nNel processo in cui sono alla sbarra 52 No Tav per le giornate di lotta del 27 giugno \u003Cmark>e\u003C/mark> del 3 luglio 2011, persino gli avvocati hanno dovuto prendere posizione pubblica contro la Procura perché ai difensori è consentita a malapena la presenza. Un processo farsa: la sentenza pare già scritta. La corte ha imposto due udienze a settimana di dieci ore, senza certezza sul calendario dei testimoni \u003Cmark>e\u003C/mark> senza spazio per le difese. Oggi la soluzione disciplinare \u003Cmark>è\u003C/mark> l'unico approdo dei governi che hanno delegato all'apparato giudiziario la gestione dei nodi che non riescono ad affrontare. Dalla legge elettorale, a quella sulle droghe, dalla terra dei fuochi alla demolizione dei movimenti di opposizione la parola \u003Cmark>è\u003C/mark> passata ai gestori della guerra, dell’ordine pubblico e dei tribunali.\r\nNel solo movimento No Tav sono ormai diverse centinaia gli attivisti finiti nel mirino della magistratura.\r\nL'arresto di quattro attivisti No Tav con l'accusa di terrorismo non \u003Cmark>è\u003C/mark> certo giunto inaspettato. Sin da maggio i media \u003Cmark>e\u003C/mark> i politici hanno parlato di terrorismo. Prima della Procura torinese, l'accusa che ha privato della libertà Chiara, Claudio, Mattia \u003Cmark>e\u003C/mark> Nicolò \u003Cmark>è\u003C/mark> stata formulata nelle redazioni dei giornali \u003Cmark>e\u003C/mark> nelle segreterie dei partiti.\r\nLa determinazione ad affondare sempre più nella carne viva del movimento contro la Torino Lyon aumenta quando il movimento lancia un segnale forte. Inequivocabile. Le decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla manifestazione dello scorso 16 novembre a Susa sono la dimostrazione che il movimento, nelle sue varie componenti, non \u003Cmark>è\u003C/mark> disponibile a trasformarsi in mero testimone dello scempio. In quella manifestazione era esplicito l'appoggio alle azioni di resistenza attiva \u003Cmark>e\u003C/mark> alle centinaia di No Tav colpiti dalla repressione per aver partecipato alla lotta, mettendosi in mezzo, partecipando a blocchi, azioni, occupazioni, sabotaggi.\r\nDue settimane dopo sono scattati gli arresti.\r\nIl governo usa sempre di più la mano dura contro chi non si piega e continua a lottare. Lo scopo \u003Cmark>è\u003C/mark> chiaro: seminare il terrore tra i No Tav, spaventare la popolazione della Val Susa, far paura ai tanti che in questi anni, chi più \u003Cmark>e\u003C/mark> chi meno, chi in prima fila, chi in ultima si sono messi di mezzo, hanno costruito presidi, eretto barricate, bloccato strade \u003Cmark>e\u003C/mark> ferrovie, hanno boicottato \u003Cmark>e\u003C/mark> sabotato il cantiere \u003Cmark>e\u003C/mark> le ditte collaborazioniste, si sono difesi dall’occupazione militare \u003Cmark>e\u003C/mark> dalla distruzione del territorio.\r\nIn questi ultimi due anni \u003Cmark>e\u003C/mark> mezzo si \u003Cmark>è\u003C/mark> allungata la lista degli attivisti feriti, gasati, pestati, torturati. Quest’estate la polizia ha anche molestato sessualmente una No Tav. Qualcuno ha anche rischiato di morire per le botte, che hanno rotto teste, spezzato gambe \u003Cmark>e\u003C/mark> braccia, accecato.\r\nQuesto \u003Cmark>è\u003C/mark> terrorismo di Stato. Non uno slogan ma la realtà che stiamo vivendo. In Val Susa, ma non solo.\r\nLa repressione si sta inasprendo perché il governo si prepara ad attaccare in bassa valle, dove si stanno preparando ai lavori preliminari per aprire il cantiere del mega tunnel a Susa.\r\nNei prossimi mesi proveranno a fare i lavori per spostare l’autoporto da Susa a Bruzolo \u003Cmark>e\u003C/mark> il servizio”Guida Sicura” da Susa ad Avigliana.\r\nSeminare il terrore tra la popolazione \u003Cmark>è\u003C/mark> l’ultima carta da giocare perché il governo sa bene che in bassa valle la partita potrebbe essere molto più difficile che a Chiomonte, in una zona isolata, senza abitazioni, raggiungibile solo a piedi.\r\nIn questa strategia del terrore ci sono sia gli arresti per terrorismo sia la condanna al pagamento di oltre 200.000 euro per Alberto, Giorgio \u003Cmark>e\u003C/mark> Loredana tre attivisti, accusati di aver danneggiato gli affari di LTF, il general contractor dell’opera, per aver impedito un sondaggio proprio all’autoporto di Susa. Pagare cifre simili non \u003Cmark>è\u003C/mark> alla portata di tutti: si rischia di perdere la casa, l’auto, un quinto dello stipendio o della pensione. Il governo spera che di fronte a decenni di galera, alla perdita di quello chi si ha per campare, qualcuno anche se non ha cambiato idea, si tiri indietro.\r\nLa scommessa \u003Cmark>è\u003C/mark> far si che si sbaglino.\r\nIl governo sa che l’apertura dei cantieri a Susa non sarà una passeggiata. Sa che in molti si metteranno di mezzo, sa che i più li sosterranno. Ma per vincere la partita non basterà.\r\nOggi tutti plaudono \u003Cmark>e\u003C/mark> molti agiscono. Per mettersi in mezzo basta poco, anche una sedia in mezzo alla strada. Se saranno tante quando tireranno giù la prima barricata ne troveranno un’altra poco lontano.\r\nSe ancora una volta il movimento saprà rendere ingovernabile un intero territorio per i nostri avversari sarà di nuovo dura.\r\nIl 22 febbraio il movimento No Tav ha lanciato una giornata di lotta nazionale – ognuno sul proprio territorio – contro la repressione e contro il Tav \u003Cmark>e\u003C/mark> le altre grandi opere inutili \u003Cmark>e\u003C/mark> dannose.\r\nSarà una buona occasione per inceppare il terrorismo di Stato.\r\n°°°°\r\nChi ci vuole contattare per commentare il testo ci può scrivere ad anarres@inventati.org",[489],{"field":102,"matched_tokens":490,"snippet":486,"value":487},[74,75,74,73],1736172785157275600,{"best_field_score":493,"best_field_weight":147,"fields_matched":270,"num_tokens_dropped":50,"score":494,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":270},"3315687620608","1736172785157275761",6637,{"collection_name":319,"first_q":69,"per_page":17,"q":69},11,["Reactive",499],{},["Set"],["ShallowReactive",502],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fofnxHu9ZFZDiT_IvMRuCmOKrfeIPYP3PxZy8Ips2Pgo":-1},true,"/search?query=rinaudo+e+padalino"]