","Ferguson. La rivolta dilaga negli States","post",1417024044,[57,58,59,60,61],"http://radioblackout.org/tag/afroamericani/","http://radioblackout.org/tag/cesura-di-classe/","http://radioblackout.org/tag/ferguson/","http://radioblackout.org/tag/rivolta-negli-stati-uniti/","http://radioblackout.org/tag/segregazione-razziale/",[24,26,22,30,28],{"post_content":64},{"matched_tokens":65,"snippet":68,"value":69},[66,67],"rivolte","urbane","anni Sessanta, a seguito delle \u003Cmark>rivolte\u003C/mark> \u003Cmark>urbane\u003C/mark> che scossero il paese, la","La decisione del Gran Jury di non incriminare il poliziotto che ferì un ragazzo accusato di un furto di sigari, lo inseguì e lo freddò con 10 colpi, nonostante fosse disarmato, sta incendiando gli Stati Uniti. Da due giorni la cittadina nei pressi di Sant Luis è in fiamme. Fiamme che sono dilagate in tutto il paese. La protesta, diversamente da altre occasioni, non ha investito solo i sobborghi dei neri, ma è straripata arrivando a bloccare i ponti di New York.\r\nA quarant'anni dalle lotte contro la segregazione razziale, a sei anni dall'elezione del primo presidente afroamericano degli Stati Uniti, la condizione della maggioranza dei neri esprime una cesura di classe, che l'esistenza di una \"borghesia nera\" conferma con la sua stessa esistenza.\r\nI neri (e gli ispanici) sono la maggioranza della popolazione carceraria.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Guido Caldiron, autore sul Manifesto di oggi di un articolo che riportiamo sotto.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ncaldiron_usa\r\n\r\n«Ferguson o Iraq?». Dopo che il 9 agosto il 18enne afroamericano Michael Brown era caduto sotto i colpi di un agente di polizia bianco a Ferguson, il sito scozzese Mashable, 4 milioni di contatti su Twitter quest’anno, aveva accostato una serie di fotografie che erano state scattate nella cittadina del Missouri nelle ore successive alla morte del ragazzo, con quelle arrivate negli ultimi anni da Baghdad. Difficile cogliere la differenza, se non perché nel primo caso ad essere controllati e identificati in mezzo alla strada erano quasi esclusivamente dei neri. Simili le divise mimetiche, gli elmetti utilizzati dai reparti speciali delle forze dell’ordine o della Guardia nazionale, i fucili d’assalto imbracciati dagli agenti, i blindati su cui erano state montate delle piccole mitragliatrici che pattugliavano la zona. Nessuno avrebbe potuto dire con certezza che questa banlieue di Saint Louis si trovasse non lontano dalla linea Mason-Dixon, piuttosto che in Medioriente.\r\n\r\nOra che un Grand Jury composto prevalentemente da giudici bianchi ha derubricato a «legittima difesa» l’omicidio di Brown, stabilendo che l’agente, bianco, Darren Wilson non debba essere processato per l’accaduto, quel drammatico paragone con le guerre che gli Stati Uniti combattono in giro per il mondo, torna ad echeggiare nel dibattito pubblico del paese. Perché, insieme al perdurare dei pregiudizi razziali e della segregazione sociale degli afroamericani, ciò che ha reso possibile la tragedia di Ferguson, è la modalità stessa in cui viene gestito “l’ordine pubblico” in America.\r\n\r\nIniziata già alla fine degli anni Sessanta, a seguito delle \u003Cmark>rivolte\u003C/mark> \u003Cmark>urbane\u003C/mark> che scossero il paese, la progressiva militarizzazione dei corpi di polizia locali è diventata una delle caratteristiche della realtà sociale americana. Prima la «war on drugs» lanciata già negli anni Ottanta e quindi l’ulteriore escalation militarista seguita ai riot di Los Angeles del 1992, hanno reso molti uffici degli sceriffi di contea del tutto simili a piccole guarnigioni delle forze armate. Come evidenziato, tra gli altri, da uno studio realizzato dalla Scuola di studi sulla polizia dell’università del Kentucky Orientale, centinaia di dipartimenti delle forze dell’ordine si sono dotati nel corso degli ultimi decenni di veri e propri corpi paramilitari, in grado di scegliere quali armi e quale tipo di addestramento far seguire ai propri agenti che si sono così spesso trasformati, come sottolineato dalla rivista Covert Action, in «una sorta di combattenti ninja».\r\n\r\nNon solo, l’industria degli armamenti ha puntato molto su questo tipo di tendenza, riciclando per così dire sul mercato interno, armi e mezzi non più utilizzabili sui teatri di guerra internazionali. Recentemente il New York Times ha rivelato che solo dal 2006 ad oggi qualcosa come 432 veicoli blindati, 533 aerei ed elicotteri, oltre a 90mila armi automatiche sono passati direttamente dalle mani dei militari a quelle dei poliziotti.\r\n\r\nIn questo clima, sono il sospetto e la paura reciproca che regnano spesso per la strade dei ghetti neri o dei quartieri dell’immigrazione, con le tragiche conclusioni che sono sotto gli occhi di tutti. Per Joseph McNamara, ricercatore della Stanford University, «quando nella tua zona gira della gente in divisa militare, con armi e veicoli militari, è più facile credere che si tratti di un esercito di occupazione che della polizia locale».",[71],{"field":72,"matched_tokens":73,"snippet":68,"value":69},"post_content",[66,67],1157451471441100800,{"best_field_score":76,"best_field_weight":77,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":78,"tokens_matched":79,"typo_prefix_score":43},"2211897868288",14,"1157451471441100913",2,{"document":81,"highlight":97,"highlights":102,"text_match":105,"text_match_info":106},{"cat_link":82,"category":83,"comment_count":43,"id":84,"is_sticky":43,"permalink":85,"post_author":46,"post_content":86,"post_date":87,"post_excerpt":49,"post_id":84,"post_modified":88,"post_thumbnail":49,"post_thumbnail_html":49,"post_title":89,"post_type":54,"sort_by_date":90,"tag_links":91,"tags":96},[40],[42],"16931","http://radioblackout.org/2013/06/turchia-una-testimonianza-dalle-barricate-di-taksim/","In queste settimane l'informazione di Blackout ha cercato di fare la cronaca della rivolta che ha scosso la Turchia, cercando nel contempo di coglierne le radici.\r\nIn una lunga intervista, Cenk, un compagno di Istanbul, che ha preso parte alla lotta in piazza Taksim, ci racconta della piazza e di chi l'anima. Ne è uscito uno spaccato di un paese dai tanti volti, spesso diversi, che hanno costruito il mosaico di una resistenza che continua nonostante la durissima repressione. Anzi. Per molti piazza Taksim e il parco Gezi sono stati la prova della democrazia reale e la consapevolezza che l'azione collettiva e l'insurrezione possono far traballare qualsiasi governo.\r\n\r\nCon lui abbiamo provato ad attingere alle radici profonde della rivolta.\r\nIl movimento in difesa di Gezi Park non mirava alla semplice salvaguardia del verde pubblico, ma si opponeva al processo di gentrificazione urbana in atto nella zona di Taksim. La gentrificazione è la trasformazione di aree urbane povere in aree ricche. I più poveri vengono espulsi dai quartieri dove ruspe e speculazione edilizia, rendono impossibile continuare a vivere. Nelle aree centrali di Istanbul il processo è in corso da anni. Intere zone vengono distrutte per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso, il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo, l’AKP. Il centro commerciale, la moschea e il rifacimento delle caserme ottomane che dovrebbe sorgere a Gezi Park sintetizzano i cardini ideologici della politica di Erdogan: capitalismo sfrenato, conservatorismo religioso, nazionalismo in salsa neo-ottomana.\r\nRiportare la Turchia ai fasti imperiali del periodo ottomano è uno dei ritornelli della retorica del governo turco. Per questo sono pronti già altri favolosi progetti: l’aeroporto più grande del mondo, la moschea con i minareti più alti del mondo, ed un nuovo canale parallelo al Bosforo.\r\nContro questi progetti di vera e propria devastazione sociale ed ambientale si sono sviluppati movimenti popolari. In particolare nella regione del Mar Nero si sono tenute negli ultimi anni numerose manifestazioni contro discariche, centrali nucleari, fabbriche inquinanti, autostrade e dighe.\r\nUn altro elemento determinante nell’esplosione delle rivolte è costituito dalle politiche islamiste conservatrici imposte dal governo.\r\nQuelle che giornali come “Repubblica” hanno liquidato come “proteste della birra” o, più romanticamente, “dei baci”, sono in realtà una reazione della società turca all'attacco alle libertà personali. Non si tratta di difendere uno stile di vita occidentale o di rivendicare il laicismo militare di Ataturk. Chi scende in piazza ha capito che il governo vuole completare il proprio sistema di dominio legalizzando ed istituzionalizzando una repressione religiosa che punta ad eliminare ogni libertà individuale.\r\nLe prove generali della repressione Erdogan le aveva fatte quasi un mese prima, durante le manifestazioni del Primo Maggio ad Istanbul, vietate dalle autorità. Lo Stato turco usa il pugno di ferro contro le normali manifestazioni di piazza, una linea comune che unisce i governi repubblicani laici, le dittature militari e il governo islamico dell’AKP. Una politica fortemente autoritaria e repressiva che negli ultimi mesi in Turchia si era inasprita ulteriormente per poter applicare senza problemi le misure decise dal governo.\r\n\r\nAscolta l'intervista a Cenk\r\n\r\naudio turchia","19 Giugno 2013","2013-06-24 12:23:19","Turchia. Una testimonianza dalle barricate di Taksim",1371654190,[92,93,94,95],"http://radioblackout.org/tag/erdogan/","http://radioblackout.org/tag/rivolta/","http://radioblackout.org/tag/taksim/","http://radioblackout.org/tag/turchia/",[20,16,12,18],{"post_content":98},{"matched_tokens":99,"snippet":100,"value":101},[67],"è la trasformazione di aree \u003Cmark>urbane\u003C/mark> povere in aree ricche. 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Dolcino, ad esempio, predicava la povertà come distacco dal potere e dalla gerarchia, la comunione dei beni materiali, l’assenza di vincoli formali di obbedienza. La sua era una dottrina radicale che incontrandosi con le esigenze emergenti dalla disperata condizione dei servi della gleba e del popolo minuto delle città porta ad una rivolta che per le autorità religiose e civili del tempo rappresentò una terribile minaccia per l’ordinamento istituzionale e sociale.\r\nI dolciniani raccolsero consenso tra masse povere rurali ed urbane e, anziché “farsi massacrare inermi, si armarono, espropriarono per sopravvivere i ricchi, inventarono la guerra di guerriglia, in pianura e in montagna”.\r\nNel 1307 si concludeva sulle montagne biellesi l'ultima battaglia di Dolcino e degli \"Apostolici\" contro la crociata feudale. Questa battaglia resta nella storia come segno e memoria di un lungo conflitto. La lotta dei ribelli contadini ed eretici riemerge nei movimenti giacobini del 1796-99, nelle lotte democratiche del 1848, accompagna la formazione di gruppi operai di indirizzo anarchico e socialista a fine '800, nei nomi e nei luoghi dolciniani nella Resistenza e nelle lotte operaie degli anni '60.\r\nNel lungo cammino delle rivolte popolari l'epica lotta antifeudale ed egualitaria degli insorti dolciniani si dipana sul filo della memoria e del tempo.\r\n\r\nIl filo rosso delle ribellioni popolari attraversa le epoche e i confini e si intreccia nella memoria facendosi cosa viva nelle lotte di oggi.\r\nA oltre 700 anni dal rogo degli eretici dolciniani, sconfitti dopo lunga resistenza, ogni anno, dal 1974, il monte Rubello è luogo di incontro nel segno di una resistenza che continua, del filo che annoda le lotte di ieri a quelli che oggi vedono protagonisti i tanti che non credono che questo mondo di guerre feroci, torture, disuguaglianze, razzismo, saccheggio e devastazione dei territori sia il migliore dei mondi possibili.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Roberto Prato, che con tanti altri, nel 1974 salì al monte per collocare un cippo nello stesso luogo dove i fascisti avevano fatto saltare la pietra posta ad inizio secolo dai operai anarchici e socialisti della zona.\r\nIn questo stesso luogo si terrà domenica 9 settembre l’annuale giornata dolciniana, con salita al cippo, assemblea, pranzo al sacco, musica e teatro.\r\nQui trovi il programma\r\n\r\nAscolta l’intervista a Roberto: [audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/09/Prato-dolcino.mp3\"]\r\n\r\nscarica il file","6 Settembre 2012","Da Dolcino a Gioacchino da Fiore ai Catari, Patari, Gazzeri, Bogomili, Valdesi, fraticelli, tutti gli eretici perseguitati ferocemente da una chiesa cattolica ben decisa a difendere, in nome della Città Celeste, il proprio più che terreno dominio. \r\nEretici accomunati dal rifiuto del principio di autorità e quindi della Chiesa alla quale non si debbono pagare le decime. Dolcino, ad esempio, predicava la povertà come distacco dal potere e dalla gerarchia, la comunione dei beni materiali, l’assenza di vincoli formali di obbedienza. La sua era una dottrina radicale che incontrandosi con le esigenze emergenti dalla disperata condizione dei servi della gleba e del popolo minuto delle città porta ad una rivolta che per le autorità religiose e civili del tempo rappresentò una terribile minaccia per l’ordinamento istituzionale e sociale. \r\nI dolciniani raccolsero consenso tra masse povere rurali ed urbane e, anziché “farsi massacrare inermi, si armarono, espropriarono per sopravvivere i ricchi, inventarono la guerra di guerriglia, in pianura e in montagna”.\r\nNel 1307 si concludeva sulle montagne biellesi l'ultima battaglia di Dolcino e degli \"Apostolici\" contro la crociata feudale. Questa battaglia resta nella storia come segno e memoria di un lungo conflitto. 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Dolcino, ad esempio, predicava la povertà come distacco dal potere e dalla gerarchia, la comunione dei beni materiali, l’assenza di vincoli formali di obbedienza. La sua era una dottrina radicale che incontrandosi con le esigenze emergenti dalla disperata condizione dei servi della gleba e del popolo minuto delle città porta ad una rivolta che per le autorità religiose e civili del tempo rappresentò una terribile minaccia per l’ordinamento istituzionale e sociale.\r\nI dolciniani raccolsero consenso tra masse povere rurali ed \u003Cmark>urbane\u003C/mark> e, anziché “farsi massacrare inermi, si armarono, espropriarono per sopravvivere i ricchi, inventarono la guerra di guerriglia, in pianura e in montagna”.\r\nNel 1307 si concludeva sulle montagne biellesi l'ultima battaglia di Dolcino e degli \"Apostolici\" contro la crociata feudale. Questa battaglia resta nella storia come segno e memoria di un lungo conflitto. La lotta dei ribelli contadini ed eretici riemerge nei movimenti giacobini del 1796-99, nelle lotte democratiche del 1848, accompagna la formazione di gruppi operai di indirizzo anarchico e socialista a fine '800, nei nomi e nei luoghi dolciniani nella Resistenza e nelle lotte operaie degli anni '60.\r\nNel lungo cammino delle \u003Cmark>rivolte\u003C/mark> popolari l'epica lotta antifeudale ed egualitaria degli insorti dolciniani si dipana sul filo della memoria e del tempo.\r\n\r\nIl filo rosso delle ribellioni popolari attraversa le epoche e i confini e si intreccia nella memoria facendosi cosa viva nelle lotte di oggi.\r\nA oltre 700 anni dal rogo degli eretici dolciniani, sconfitti dopo lunga resistenza, ogni anno, dal 1974, il monte Rubello è luogo di incontro nel segno di una resistenza che continua, del filo che annoda le lotte di ieri a quelli che oggi vedono protagonisti i tanti che non credono che questo mondo di guerre feroci, torture, disuguaglianze, razzismo, saccheggio e devastazione dei territori sia il migliore dei mondi possibili.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Roberto Prato, che con tanti altri, nel 1974 salì al monte per collocare un cippo nello stesso luogo dove i fascisti avevano fatto saltare la pietra posta ad inizio secolo dai operai anarchici e socialisti della zona.\r\nIn questo stesso luogo si terrà domenica 9 settembre l’annuale giornata dolciniana, con salita al cippo, assemblea, pranzo al sacco, musica e teatro.\r\nQui trovi il programma\r\n\r\nAscolta l’intervista a Roberto: [audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/09/Prato-dolcino.mp3\"]\r\n\r\nscarica il file",[132],{"field":72,"matched_tokens":133,"snippet":129,"value":130},[67],{"best_field_score":107,"best_field_weight":77,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":108,"tokens_matched":79,"typo_prefix_score":43},6690,{"collection_name":54,"first_q":137,"per_page":138,"q":137},"rivolte urbane",6,{"facet_counts":140,"found":153,"hits":177,"out_of":498,"page":11,"request_params":499,"search_cutoff":32,"search_time_ms":153},[141,154],{"counts":142,"field_name":151,"sampled":32,"stats":152},[143,145,147,149],{"count":11,"highlighted":144,"value":144},"anarres",{"count":11,"highlighted":146,"value":146},"Harraga",{"count":11,"highlighted":148,"value":148},"black holes",{"count":11,"highlighted":150,"value":150},"cattivi pensieri","podcastfilter",{"total_values":153},4,{"counts":155,"field_name":31,"sampled":32,"stats":175},[156,157,159,161,163,165,167,169,171,173],{"count":35,"highlighted":137,"value":137},{"count":11,"highlighted":158,"value":158},"PCB",{"count":11,"highlighted":160,"value":160},"dante",{"count":11,"highlighted":162,"value":162},"strage",{"count":11,"highlighted":164,"value":164},"modena",{"count":11,"highlighted":166,"value":166},"Memphis",{"count":11,"highlighted":168,"value":168},"free-k pride",{"count":11,"highlighted":170,"value":170},"razializzazione",{"count":11,"highlighted":172,"value":172},"omicidi carcerari",{"count":11,"highlighted":174,"value":174},"abusi polizieschi",{"total_values":176},56,[178,211,432,475],{"document":179,"highlight":194,"highlights":199,"text_match":206,"text_match_info":207},{"comment_count":43,"id":180,"is_sticky":43,"permalink":181,"podcastfilter":182,"post_author":183,"post_content":184,"post_date":185,"post_excerpt":49,"post_id":180,"post_modified":186,"post_thumbnail":187,"post_title":188,"post_type":189,"sort_by_date":190,"tag_links":191,"tags":193},"91171","http://radioblackout.org/podcast/un-racconto-sui-moti-di-piazza-in-atto-in-kenya/",[146],"harraga","Se il video delle fiamme che avvolgono la sede del Parlamento del Kenya a Nairobi è – di per certo – stato visto da moltx; meno sono stati i momenti in cui si è riusciti a contestualizzare quell’attacco al cuore del potere dentro una cornice di senso che racconti come ha potuto crescere una consapevolezza talmente chiara, in una larga fetta della popolazione kenyana, tale da non avere dubbi sui propri passi e sui termini delle priorità di lotta.\r\n\r\nE’ difficile, a queste latitudini, comprendere i moti di piazza e i gesti materiali di chi, all’altezza dell’equatore attacchi il potere con letture dell’esistente alquanto differenti dalle categorie a cui siamo abituati a riferirci.\r\n\r\nNel tentativo di cogliere la potenza di questo momento abbiamo chiesto, a chi vive le piazze del Kenya, di raccontare ai microfoni di Harraga – trasmissione contro frontiere e CPR in onda su Radio Blackout – cosa sta succedendo.\r\n\r\nLe fiamme che si alzano da quegli edifici e il coraggio di chi sfida i proiettili della polizia in Kenya parlano di un bisogno di distruggere sia i resti violenti della Colonia che fu, sia i presenti immanenti della neo-colonia di oggi. 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Non avremo un'identità ma almeno corriamo veloci su autostrade bellissime: arsider ripercorre al rallenti l'età dell'oro e dell'asfalto.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Speciale_AutobahnArsider_51.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMarcoledì 28 ore 8,30 - Il perno originario - parte 2 (16 minuti) [Radio Blackout]:\r\n\r\n“Nello scorso episodio, abbiamo visto come lo spazio economico tedesco si sia costituito attorno a tre epicentri. Nel corso del tempo se ne aggiungeranno altri. Ma sono questi tre a trainare lo sviluppo della proto-industria dell’area tedesca nell’alto Medioevo […] È questo lo sfondo e la base materiale per la proliferazione di sette religiose dalle vedute eterodosse e, più fondamentalmente, della rivendicazione di libero accesso alla parola divina di contro al suo monopolio ecclesiastico, che sarà il nodo ideologico della riforma protestante, come lo era già stato per le eresie catare e bogomile qualche secolo prima”\r\n\r\n“Come è noto, la cristallizzazione dell’idea protestante inizia prima della Guerra dei contadini del 1524-1526. È nel 1517 che il monaco agostiniano Martin Lutero pubblica la sue tesi ostili al traffico delle indulgenze, che contestano direttamente l’autorità papale. Quattro anni dopo, Lutero viene scomunicato dalla Chiesa di Roma e messo al bando dal Sacro Romano Impero. Ma è solo dopo la sconfitta della Guerra dei Contadini che questa cristallizzazione prosegue come un ché di essenzialmente religioso, costituendosi in un insieme distinto di dottrine. La vittoria della riforma nel cielo dell’ideologia è la sanzione della sconfitta della rivoluzione tedesca nel mondo materiale”\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Perno-originario-n.2_23.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 29 ore 8,30 - Il caso Caffaro, una pandemia silenziosa (26 minuti) [Radio Cane]:\r\n\r\nPoliclorobifenili, Mercurio, Cromo Esavalente, Tetracloruro di carbonio, Esaclorocicloesano… il tutto ben pressato nelle terre bresciane, dove l’industrializzazione, nel tempo, ha inquinato in maniera cronica, subdola e silenziosa. Tra i maggiori artefici di questo disastro in corso c’è la Caffaro, un antico stabilimento chimico, dismesso da oltre dieci anni, abbandonato a un lento degrado senza alcun intervento di bonifica; solo un recente, ma colpevolmente tardivo, interessamento della magistratura ha avviato un procedimento penale, quando ormai i bresciani erano già stati abbondantemente avvelenati dai PCB, parenti stretti delle più note diossine. Di questa realtà fatta di veleni e di assuefazione degli abitanti abbiamo parlato con Marino Ruzzenenti, autore di Un secolo di cloro e… PCB, dal cui racconto emerge un quadro buio, in cui la terra che abitiamo figura come una “variabile dipendente” sottomessa alla logica del profitto.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Nocività-chimiche_26.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 1 ore 8,30 - Frank Zappa #1 (26 minuti) [Radio Blackout]:\r\n\r\nPrima di cinque puntate monografiche dedicate a Frank Zappa.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Frank-Zappa_1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 1 ore 13,30 - Modena: la strage che non c'è (28 minuti) [Radio Cane]:\r\n\r\nA distanza di più di un anno dalla strage nel carcere di Modena, e a qualche mese dall’esposto di alcuni detenuti che hanno deciso di rompere il silenzio, torniamo a Modena dove una delle animatrici del Comitato Verità e Giustizia per i morti del Sant’Anna, nato dopo i fatti dell’8 marzo 2020, ci racconta di quei giorni e ci aggiorna sullo stato delle indagini in corso. In conclusione la sorella di Mattia Palloni, uno dei firmatari dell’esposto, ci racconta degli interrogatori e delle strategie di insabbiamento della procura.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Omicidi-carceri-Modena_28.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSabato 2 ore 10 - La fine del Marinese (30 minuti) [Radio Blackout]:\r\n\r\nLettura dal racconto di Primo Levi. Il breve periodo trascorso in montagna con Giustizia e Libertà è rimasto dunque sostanzialmente fuori dai suoi scritti. Esiste tuttavia un’eccezione: un breve racconto del 1949 che si ispira alla sua deludente esperienza di partigiano. Fine del marinese colpisce soprattutto per il punto di vista “impossibile” dal quale sono narrati gli eventi. 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Eco, musicata (59 minuti) [Penny-Kella]:\r\n\r\nUna lettura musicata di una piccola raccolta di scritti e interventi di umberto eco. alcuni risalgono a piu' di vent'anni fa ma ci invitano a riflettere su temi ancora piu' che mai attuali al giorno d'oggi\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/BLACKHOLE-INTOLLERANTI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 3 ore 10 - Emilio Salgari (32 minuti) [Radio Blackout]:\r\n\r\nBreve biografia di Emilio Salgari, capitano di mare e sfruttato di terra.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Emilio-Salgari_32.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 3 ore 18,30 - Orsi Trentino [Titolo originale: Sentieri selvaggi. Orsi in fuga fra propaganda, gabbie e proprietà privata] (17 minuti) [Assemblea Antispecista e Collettiva Scobi]:\r\n\r\nRecenti episodi di cronaca hanno riacceso i riflettori della stampa e l’interesse dell’opinione pubblica sulla questione “gestione orsi” in Trentino. 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ogni venerdì abbiamo fatto fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\nDirette, approfondimenti, appuntamenti:\r\n\r\nLa fine del baco da seta. La globalizzazione imperialista in salsa cinese. Ne abbiamo parlato con Francesco Fricche\r\n\r\nIl nuovo pacchetto “sicurezza” è stato approvato dal governo. D’ora in poi chi presta soccorso ai naufraghi, rischia multe salatissime e sequestro della nave. La gente di mare dovrà scegliere se diventare complice degli assassini di Stato o perdere la barca e il lavoro.\r\nPer infiltrare spie sulle barche delle ONG o delle navi dei pescatori o adibite al trasporto commerciale nel Mediterraneo sono stati stanziati 3 milioni di euro da spendere entro il 2021. \r\nIl provvedimento è un altro tassello di un puzzle repressivo che mette in seria discussione la possibilità di manifestare. La responsabilità individuale, che richiede ai PM l’onere della prova, cede il passo alla responsabilità collettiva, al punto che la mera partecipazione ad una manifestazione costituisce un’aggravante per una lunga serie di reati. \r\nLe nuove norme trasformano in comportamento criminale accendere un fumogeno o fare fuochi d’artificio, sanzionato con pene da uno a quattro anni di carcere. L’adozione di strumenti di protezione dalla violenza della polizia può costare sino quattro anni.\r\nLe pene per chi si copre il volto durante una manifestazione sono state quasi raddoppiate: reclusione da 2 a 3 anni a multa di 3000 euro. \r\nReati come resistenza, violenza a pubblico ufficiale o a corpo politico se commessi durante una manifestazione costituiscono un’aggravante. La pena per violenza privata raddoppia se si partecipa ad una lotta in piazza. 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