","Recovery Fund. Draghi scopre le carte","post",1619531084,[60,61,62,63,64,65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/draghi/","http://radioblackout.org/tag/pensioni/","http://radioblackout.org/tag/prvatizzazioni/","http://radioblackout.org/tag/recovery-fund/","http://radioblackout.org/tag/recovery-plan/","http://radioblackout.org/tag/semplificazioni/","http://radioblackout.org/tag/servizi/","http://radioblackout.org/tag/trasporti/",[69,70,71,72,73,74,75,76],"Draghi","pensioni","prvatizzazioni","recovery fund","recovery plan","semplificazioni","servizi","trasporti",{"tags":78},[79,81,83,85,87,89,92,94],{"matched_tokens":80,"snippet":69},[],{"matched_tokens":82,"snippet":70},[],{"matched_tokens":84,"snippet":71},[],{"matched_tokens":86,"snippet":72},[],{"matched_tokens":88,"snippet":73},[],{"matched_tokens":90,"snippet":91},[74],"\u003Cmark>semplificazioni\u003C/mark>",{"matched_tokens":93,"snippet":75},[],{"matched_tokens":95,"snippet":76},[],[97],{"field":34,"indices":98,"matched_tokens":100,"snippets":102},[99],5,[101],[74],[91],578730123365712000,{"best_field_score":105,"best_field_weight":106,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":107,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},"1108091339008",13,"578730123365711977",{"document":109,"highlight":123,"highlights":128,"text_match":132,"text_match_info":133},{"cat_link":110,"category":111,"comment_count":46,"id":112,"is_sticky":46,"permalink":113,"post_author":49,"post_content":114,"post_date":115,"post_excerpt":52,"post_id":112,"post_modified":116,"post_thumbnail":117,"post_thumbnail_html":118,"post_title":119,"post_type":57,"sort_by_date":120,"tag_links":121,"tags":122},[43],[45],"40349","http://radioblackout.org/2017/02/foibe-ed-esodo-tra-strumentalizzazione-ideologica-e-politica/","La commemorazione delle foibe ogni anno infiamma il dibattito, ormai pesantemente infangato dalla strumentalizzazione che l'estrema destra ne ha fatto per legittimare i proprio discorsi di esaltazione dell'identità nazionale. Le istituzioni hanno la colpa di aver indirizzato il \"giorno del Ricordo\", istituito nel 2004 e celebrato per la prima volta nel 2005, verso una forzata equiparazione tra Shoah e foibe nel tentativo di arrivare ad un riconoscimento – attraverso le politiche della memoria – di forze politiche contrapposte. Fin dall’inizio il tema delle violenze commesse alla fine del conflitto e dell’esodo di una parte della popolazione italiana dalla Jugoslavia post-bellica viene affrontato, a livello politico e mediatico, con estrema superficialità. Le grossolane semplificazioni, la leggerezza nell’uso delle cifre e delle fonti, hanno prodotto una reazione comprensibilmente esasperata in ambienti culturali legati alla Resistenza. Ma tra tutto questo fango propagandistico è necessario restituire alla memoria un po' di senso storico, riconoscere il contesto in cui avvengo particolari eventi, tentare di spiegarne le cause e gli effetti. E se si cerca di guardare al passato senza lenti ideologiche che offuschino lo sguardo si potranno conoscere anche le storie di coloro che, fuggiti volontariamente o meno dalla Jugoslavia a fine guerra, sono sbarcati a Torino come profughi e sono stati piazzati in villaggetti costruiti o destinati appositamente a loro. Una specie di ghettizzazione resa possibile dall'aiuto che l'urbanistica dà a chi amministra.\r\n\r\nDi questo e di molto altro abbiamo parlato con Eric Gobetti storico specializzato in confine orientale, foibe ed esodo:\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\nGobetti\r\n\r\n \r\n\r\nE a sessant'anni circa di distanza dalla realizzazione del villaggio di Santa Caterina in zona Vallette, sotto quelle case da qualche anno si ritrova anche Casapound per celebrare il \"giorno del Ricordo\", strumentalizzando viscidamente questa tragedia novecentesca.\r\n\r\nDella tre giorni antifascista di risposta che si svolgerà tra venerdì, sabato e domenica nei quartieri di Lucento-Vallette si è già dato approfondimento. Abbiamo fatto però un aggiornamento con Fabrizio rispetto alla presenza in piazza di Casapund. La data della fiaccolata commemorativa non era infatti ancora stata resa pubblica, si è in seguito saputo che Casapound sarà in quartiere stasera intorno alle 18.\r\n\r\nAscolta la diretta per gli ultimi aggiornamenti:\r\n\r\n \r\n\r\nMastello","10 Febbraio 2017","2017-02-15 11:49:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/esodiistrianoTorino-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"209\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/esodiistrianoTorino-300x209.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/esodiistrianoTorino-300x209.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/esodiistrianoTorino-768x536.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/esodiistrianoTorino.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Foibe ed esodo: tra strumentalizzazione ideologica e politica",1486757339,[],[],{"post_content":124},{"matched_tokens":125,"snippet":126,"value":127},[74],"con estrema superficialità. 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Qui però ad essere incarnato non è il mito della lotta tra il bene e il male. Più realisticamente il racconto configura una lotta tra il male e il \"diversamente bene\". Tra il male assoluto e il male relativo. Il narcotraffico da una parte e chi lo combatte mutuandone suo malgrado i modi \"sbrigativi\" dall'altra. Questo può accadere perché il linguaggio cinematografico di intrattenimento ha ormai superato un certo manicheismo per approdare a una mistificazione più sottile che sembra avvicinarci a una verità superiore quando invece ce ne allontana subdolamente, allo stesso modo in cui ha più capacità di irretirti un moderno e democratico quotidiano rispetto a una \"Pravda\" sulla cui impostazione redazionale non potevano sussistere dubbi (nomen omen). Fatta questa pedante premessa, la serie non è affatto male. Posto che non sono all'altezza di darne una valutazione estetica, fuorché apprezzare l'evidenza di una splendida fotografia, ritengo che \"Narcos\" sia una serie che tiene botta per tutte le puntate, che è pensata per proseguire, che si presta senza difficoltà al cosiddetto binge watching - visione continuativa. Per contro ho trovato spesso ridondante se non disturbante la scelta del voice over che è quasi un narratore onnisciente incarnato da un parzialissimo poliziotto della DEA. E qui entriamo nel vivo della critica.\r\n\r\nTrattandosi di una serie che è stata addirittura criticata perché concederebbe troppo al linguaggio del docu-film e che utilizza in alcuni punti materiali di archivio siamo senza dubbio di fronte a una scelta di campo: narrare dal punto di vista di un poliziotto della DEA. Non del potere, non degli Usa e nemmeno delle classi dirigenti colombiane (trattate in verità con una certa indulgenza) ma della DEA. Addirittura in qualche modo contrapponendola alla CIA, che in maniera più diretta incarnerebbe i mali e il doppiogiochismo della politica. La DEA è il \"diversamente bene\". Gioca duro, gioca sporco ma è come noi bravi cittadini. Vuole il bene. Si contrappone alla politica. Siamo di fronte a una lettura paradigmatica. Una mistificazione che caratterizza un'epoca, tanto più in quei paesi (l'Italia è uno di quelli) dove la magistratura e le forze di polizia hanno, tra le altre cose, condotto una dura lotta contro le mafie o le narcomafie. La politica è zozza e lo stato è debole. Non se ne può più della litania dello stato debole di fronte alla criminalità! Ragionamenti simili farebbero rizzare i capelli in testa a grandi studiosi del fenomeno mafioso: Anton Block, Henner Hess... Studiosi cui si rimproverano in genere alcune cose ma che avevano compreso che le mafie venivano consolidandosi contestualmente alla crescita dell'impresa capitalistica e dello Stato.\r\n\r\nPablo Escobar non viene detronizzato in nome della legalità ma per fare posto al cartello di Cali, storicamente legato al grande latifondo colombiano e all'establishment politico conservatore. I corleonesi in Italia vengono distrutti per frammentarne il potere in più centri: più deboli, più controllabili. La cosiddetta war on drugs è una tecnica di governo tra le altre. In taluni casi la più efficace. La storia di Escobar è quella di un bandito sociale - nell'accezione di Hobsbawm - che vendeva droga, aveva organizzato una banda di paramilitari (il MAS) e che voleva fare il presidente della repubblica. La sconfitta di Escobar apre la strada a un ventennio in cui militari e paramilitari sono indistinguibili, la cocaina è la maggiore fonte di reddito del paese e viene commerciata fin dall'ultimo dei funzionari, il potere politico è essenzialmente il prodotto di ingerenze nordamericane, narcotraffico, sfruttamento capitalistico del territorio. Che ci importa sapere quanto la DEA sia stata usata e quanto invece abbia usato quei processi per rafforzarsi? Conta la razionalità politica che presiedeva a determinate scelte e gli obiettivi che perseguiva. La storia è qui impietosa. Escobar avrebbe potuto restare al suo posto se avesse ceduto qualcosa al cambiamento ma fa l'errore di sfidare il potere perché pensa ancora di essere il potere e non vuole vivere all'ombra del potere altrui.\r\n\r\nLa mistificazione può celare in taluni casi un meccanismo mimetico. Occorrono allora molte semplificazioni e un capro espiatorio. Le semplificazioni in \"Narcos\" sono molte quando non sono vere e proprie falsificazioni. Per esempio per l'omicidio di Galan, il campione di una modernità liberale che non arriverà mai a quelle latitudini, è attualmente in galera il diretto antagonista politico di Galan ovvero Santofimio Botero, all'epoca leader di Alternativa Liberal. Sono stati inquisiti i più alti dirigenti di polizia e dell'esercito. Escobar era sicuramente interessato a togliere di mezzo uno che tirava dritto. Ma anche più interessato era quel coacervo di potere e corruttela incarnato dalla tradizionale classe dirigente colombiana: militari, narcotrafficanti, dirigenti politici, latifondisti. In quegli stessi anni, tanto per dire, furono assassinati altri due candidati alla presidenza per la Unión Patriótica: Jaime Pardo Leal nel 1987, e Bernardo Jaramillo nel 1990. La Colombia era scossa da attentati che avevano l'obiettivo di costringere il Parlamento al respingimento della legge sull'estradizione ma anche dai massacri dei guerriglieri, degli indios, dei sindacalisti, di un intero partito politico. Che Escobar fosse il mandante dell'assalto al Palazzo di Giustizia, poi, è una cosa quasi inaudita. Che possa aver finanziato per interessi contingenti l'M19 è cosa da dimostrare ma sarebbe comunque un fatto di tutt'altro ordine. Tra l'altro non ne conseguirebbe in alcun modo la descrizione caricaturale che nella serie viene data di una formazione armata non marxista che aveva strategia e obiettivi politici precisi. Come dicevamo, di semplificazione in semplificazione e di falsificazione in falsificazione si arriva al capro espiatorio: Pablo Escobar, immolato sull'altare di una ricostruzione storica che assolva i vivi e lasci in pace i morti, purché siano usciti vittoriosi dal tritacarne della storia. Siamo di fronte a una narrazione che snobba la carne e il sangue delle vittime del processo storico che griderebbero troppo forte per non complicare il quadro. Così, si può tranquillamente dire che gli Usa abbiano giocato sporco in Colombia; meno agevole è raccontarne i risvolti materiali: i desplazados, le torture, gli omicidi efferati, le fosse comuni. Si può dire che non attenessero alla narrazione ma anche il contrario. Questione di scelte. Questione di posizioni.\r\n\r\nAbbiamo voluto aggiungere alla nostra riflessione il contributo di Cristina Vargas, antropologa colombiana da molti anni a Torino, registrato questa mattina in diretta ai microfoni di Radio Blackout\r\n\r\nCri","17 Marzo 2016","2016-03-21 12:06:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/03/Escobar-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"225\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/03/Escobar-225x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/03/Escobar-225x300.jpg 225w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/03/Escobar.jpg 720w\" sizes=\"auto, (max-width: 225px) 100vw, 225px\" />","Narcos: la bellezza di una menzogna",1458175263,[151,152,153,154,155],"http://radioblackout.org/tag/colombia/","http://radioblackout.org/tag/escobar/","http://radioblackout.org/tag/guerriglia/","http://radioblackout.org/tag/narcos/","http://radioblackout.org/tag/narcotraffico/",[157,19,23,158,159],"Colombia","narcos","narcotraffico",{"post_content":161},{"matched_tokens":162,"snippet":163,"value":164},[74],"meccanismo mimetico. 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Ma il Job act è tutt’altro che in vigore. E non lo sarà ancora per mesi.\r\nMilioni di persone vivono nel limbo mentre continuano le meline parlamentari. Come e quando verranno ridotti i 46 tipi di contratti precari? Renzi non ha mai dato una risposta chiara.\r\n\r\nIn compenso le parti che colpiscono più duramente libertà e reddito dei lavoratori sono già pienamente operative. Non per sbaglio gli imprenditori non hanno più parole per lodare il primo ministro.\r\n\r\nIl Manifesto di ieri ha utilizzato come guida il mentore della riforma, il giuslavorista Pietro Ichino, che non senza ragione si è attribuito il merito sia nell'ideazione sia nella stesura dei primi due decreti legislativi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Cosimo, sindacalista di base ed attento analista delle dinamiche sociali.\r\n\r\nAscolta la diretta con Cosimo:\r\n\r\ncosimo\r\n\r\nIl cuore della riforma renziana è il \"contratto a tutele crescenti\", lo strumento che secondo Renzi doveva «superare l’apartheid nel mondo del lavoro tra garantiti e giovani precari». Nei fatti il solco tra lavoratori giovani e lavoratori più anziani non fa che allargarsi. I neo assunti non hanno diritto all'articolo 18 e sono quindi più esposti al ricatto padronale ulteriormente togliendo l’articolo 18 solo per i neo assunti.\r\n\r\nLa conseguenza di questa scelta è sin troppo prevedibile: qualsiasi impresa sarà tentata di cambiare contratto ai propri dipendenti, applicando quello a tutele crescenti — che sostituisce il contratto a tempo indeterminato — potendoli dunque licenziare quando più aggrada.\r\n\r\nLa dimostrazione viene proprio da Federmeccanica: giusto venerdì il suo presidente — il moderato Fabio Storchi — ha proposto di «eliminare il doppio regime tra i nuovi e i vecchi assunti» chiedendo «coerenza perché tutti questi provvedimenti siano estesi a tutta la platea degli occupati». In una parola: libertà di licenziamento. Cosa che subiranno già tutti i lavoratori degli appalti: la prima volta che passeranno di “padrone” perderanno per sempre l’articolo 18.\r\n\r\nLo stesso Ichino sostiene che in caso di licenziamento «il costo per l’impresa sarà la metà o poco più» di quello previsto con due mesi di indennità l’anno: questo perché ogni lavoratore licenziato «opterà per la conciliazione standard, pari a una mensilità per anno di servizio, con un massimo di 18» in quanto «l’esito del giudizio» a cui si dovrà sottoporre per ottenere l’indennizzo «non è scontato» e perché in caso di conciliazione il governo ha previsto che questa sia «esente da imposizione fiscale». Un ennesimo favore alle imprese.\r\n\r\nIl contratto a tutele crescenti è solo il primo dei decreti previsti. Il 24 dicembre il governo lo ha approvato insieme al secondo sugli ammortizzatori, uscito da palazzo Chigi con la dizione «salvo intese». In questo però — a parte le coperture per la sciarada di nuovi ammortizzatori a partire dal Naspi e al netto della balla sui 24 mesi di copertura: partirà da maggio, sarà di due anni solo se un precario ha lavorato consecutivamente negli ultimi quattro anni e dal 2017 il massimo di copertura calerà a 18 mesi — manca tutta la parte sulla riforma delle varie forme di cassa integrazione, che necessiteranno di un nuovo decreto, e che comunque ridurranno ulteriormente — la cig in deroga è già stata dimezzata, i contratti di solidarietà non sono stati rifinanziati e l’indennità è stata ridotta del 10 per cento — la durata degli ammortizzatori sociali per i milioni che il lavoro lo hanno già perso.\r\n\r\nMancano dunque la maggior parte dei decreti — tre o quattro almeno — come da delega: riforma dei servizi per il lavoro con la creazione dell’«Agenzia nazionale per l’occupazione», «disposizioni di semplificazioni e razionalizzazioni delle procedure a carico di cittadini e imprese», «un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro», «sostegno alla maternità e paternità». Per tutti questi decreti i tempi previsti sono di mesi — il ministro Poletti parla di quattro — mentre il limite della delega è di «sei». La riforma non sarà in vigore prima dell’estate.","20 Gennaio 2015","2015-01-23 01:34:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/Bel-lavoro-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"181\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/Bel-lavoro-300x181.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/Bel-lavoro-300x181.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/Bel-lavoro-768x463.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/Bel-lavoro-1024x618.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/Bel-lavoro.jpeg 1160w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il lavoro secondo Matteo",1421782613,[183,184,185,186,187,188,189],"http://radioblackout.org/tag/articolo-18/","http://radioblackout.org/tag/cintratto-a-tutele-crscenti/","http://radioblackout.org/tag/ichino/","http://radioblackout.org/tag/jopb-act/","http://radioblackout.org/tag/licenziamenti/","http://radioblackout.org/tag/matteo-renzi/","http://radioblackout.org/tag/precarieta/",[25,33,15,21,191,192,193],"licenziamenti","matteo renzi","precarietà",{"post_content":195},{"matched_tokens":196,"snippet":198,"value":199},[197],"semplificazioni","nazionale per l’occupazione», «disposizioni di \u003Cmark>semplificazioni\u003C/mark> e razionalizzazioni delle procedure a","Matteo Renzi lo cita continuamente come «riforma già fatta». Ma il Job act è tutt’altro che in vigore. E non lo sarà ancora per mesi.\r\nMilioni di persone vivono nel limbo mentre continuano le meline parlamentari. Come e quando verranno ridotti i 46 tipi di contratti precari? Renzi non ha mai dato una risposta chiara.\r\n\r\nIn compenso le parti che colpiscono più duramente libertà e reddito dei lavoratori sono già pienamente operative. Non per sbaglio gli imprenditori non hanno più parole per lodare il primo ministro.\r\n\r\nIl Manifesto di ieri ha utilizzato come guida il mentore della riforma, il giuslavorista Pietro Ichino, che non senza ragione si è attribuito il merito sia nell'ideazione sia nella stesura dei primi due decreti legislativi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Cosimo, sindacalista di base ed attento analista delle dinamiche sociali.\r\n\r\nAscolta la diretta con Cosimo:\r\n\r\ncosimo\r\n\r\nIl cuore della riforma renziana è il \"contratto a tutele crescenti\", lo strumento che secondo Renzi doveva «superare l’apartheid nel mondo del lavoro tra garantiti e giovani precari». Nei fatti il solco tra lavoratori giovani e lavoratori più anziani non fa che allargarsi. I neo assunti non hanno diritto all'articolo 18 e sono quindi più esposti al ricatto padronale ulteriormente togliendo l’articolo 18 solo per i neo assunti.\r\n\r\nLa conseguenza di questa scelta è sin troppo prevedibile: qualsiasi impresa sarà tentata di cambiare contratto ai propri dipendenti, applicando quello a tutele crescenti — che sostituisce il contratto a tempo indeterminato — potendoli dunque licenziare quando più aggrada.\r\n\r\nLa dimostrazione viene proprio da Federmeccanica: giusto venerdì il suo presidente — il moderato Fabio Storchi — ha proposto di «eliminare il doppio regime tra i nuovi e i vecchi assunti» chiedendo «coerenza perché tutti questi provvedimenti siano estesi a tutta la platea degli occupati». In una parola: libertà di licenziamento. Cosa che subiranno già tutti i lavoratori degli appalti: la prima volta che passeranno di “padrone” perderanno per sempre l’articolo 18.\r\n\r\nLo stesso Ichino sostiene che in caso di licenziamento «il costo per l’impresa sarà la metà o poco più» di quello previsto con due mesi di indennità l’anno: questo perché ogni lavoratore licenziato «opterà per la conciliazione standard, pari a una mensilità per anno di servizio, con un massimo di 18» in quanto «l’esito del giudizio» a cui si dovrà sottoporre per ottenere l’indennizzo «non è scontato» e perché in caso di conciliazione il governo ha previsto che questa sia «esente da imposizione fiscale». Un ennesimo favore alle imprese.\r\n\r\nIl contratto a tutele crescenti è solo il primo dei decreti previsti. Il 24 dicembre il governo lo ha approvato insieme al secondo sugli ammortizzatori, uscito da palazzo Chigi con la dizione «salvo intese». In questo però — a parte le coperture per la sciarada di nuovi ammortizzatori a partire dal Naspi e al netto della balla sui 24 mesi di copertura: partirà da maggio, sarà di due anni solo se un precario ha lavorato consecutivamente negli ultimi quattro anni e dal 2017 il massimo di copertura calerà a 18 mesi — manca tutta la parte sulla riforma delle varie forme di cassa integrazione, che necessiteranno di un nuovo decreto, e che comunque ridurranno ulteriormente — la cig in deroga è già stata dimezzata, i contratti di solidarietà non sono stati rifinanziati e l’indennità è stata ridotta del 10 per cento — la durata degli ammortizzatori sociali per i milioni che il lavoro lo hanno già perso.\r\n\r\nMancano dunque la maggior parte dei decreti — tre o quattro almeno — come da delega: riforma dei servizi per il lavoro con la creazione dell’«Agenzia nazionale per l’occupazione», «disposizioni di \u003Cmark>semplificazioni\u003C/mark> e razionalizzazioni delle procedure a carico di cittadini e imprese», «un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro», «sostegno alla maternità e paternità». Per tutti questi decreti i tempi previsti sono di mesi — il ministro Poletti parla di quattro — mentre il limite della delega è di «sei». 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Fu uno degli episodi più tragici e sanguinari della strategia della tensione.\r\nQuella che la memoria di classe ha fin da allora identificato come \"strage fascista e di Stato\", viene oggi reinterpretata e addomesticata - complice una sinistra sempre più liberale e timida - come tragedia condivisa, da mettere magari in un calderone democraticista che accomuna quelle vittime a quelle dei cosiddetti \"anni di piombo\".C'è però chi non accetta queste semplificazioni né la lettura accomodante che accomuna le vittime.\r\nUn corteo, antagonista e antifascista, è partito intorno alle 9 e mezza da piazza Garibaldi e dopo un breve percorso è entrato in Piazza della Loggia attorno alle 10.00 poco prima degli 8 rintocchi che hanno ricordato alle 10.12 l’ora in cui quarant’anni fa scoppiò la bomba. Si è quindi staccato dalle commemorazioni ufficiali per gridare un'altra lettura e interpretazione di quella strage e di quella stagione storica.\r\nDue gli striscioni che hanno riassunto anche le parole d’ordine di parte questa giornata: in testa al corteo quello del kollettivo studenti in lotta che recita “28 maggio 1974 – 28 maggio 2014, Nessuna memoria condivisa ora e sempre resistenza”, un secondo, firmato invece da Magazzioni 47 e dal Cua recita invece: “Nella memoria l’esempio, nella lotta la pratica le aree e i territori resistenti per casa reddito salute e dignita”. Presente con uno spezzone anche l’associazione diritti per tutti con le famiglie sotto sfratto.\r\nAscolta la diretta da Brescia con Michele del Magazzino 47\r\nmichele_brescia_laloggia","28 Maggio 2014","2014-06-02 12:39:23","Brescia: la memoria non è condivisa",1401294599,[216,217,218,219],"http://radioblackout.org/tag/antifascismo/","http://radioblackout.org/tag/brescia/","http://radioblackout.org/tag/piazza-della-loggia/","http://radioblackout.org/tag/strategia-della-tensione/",[221,17,31,222],"antifascismo","strategia della tensione",{"post_content":224},{"matched_tokens":225,"snippet":226,"value":227},[74],"però chi non accetta queste \u003Cmark>semplificazioni\u003C/mark> né la lettura accomodante che","Alle 10.12 del 28 Maggio del 1974 in piazza della Loggia, a Brescia, esplode una bomba uccidendo in totale 8 persone e ferendone più di 100. 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Si è quindi staccato dalle commemorazioni ufficiali per gridare un'altra lettura e interpretazione di quella strage e di quella stagione storica.\r\nDue gli striscioni che hanno riassunto anche le parole d’ordine di parte questa giornata: in testa al corteo quello del kollettivo studenti in lotta che recita “28 maggio 1974 – 28 maggio 2014, Nessuna memoria condivisa ora e sempre resistenza”, un secondo, firmato invece da Magazzioni 47 e dal Cua recita invece: “Nella memoria l’esempio, nella lotta la pratica le aree e i territori resistenti per casa reddito salute e dignita”. 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Ripercorrere quegli avvenimenti, interrogarne i protagonisti e ricostruire su linee nuove una narrazione che ci restituisca qualche tratto di verità è senz'altro un esercizio meritevole. Peccato che tutte le volte che i media mainstream tirano fuori qualche pezzo di quelle storie è sempre all'insegna del mistero, della dietrologia delle trame occulte. Che palle! Possibile che a quelle altezze (o bassezze forse) nessuno si interroghi su qualcosa che ne valga la fatica?\r\n\r\nLa vicenda recente è semplice: quattro anni fa un misterioso individuo che affermava di esser stato a bordo della famosa “moto Honda di via Fani” scrive una lettera anonima a La Stampa, in cui afferma di esser stato lì come “agente dei servizi segreti”, agli ordini del “colonnello Guglielmi” del Sismi, con l'incarico di “proteggere le Brigate Rosse” impegnate contro la scorta del presidente della Democrazia Cristiana. Naturalmente è in fin di vita e vuole, così sembra, scaricare la coscienza. Ma in realtà, anomalia tra le anomalie, non lo fa affatto. Suggerisce, allude, invita a scavare, da qualche flebile indizio... nessuna rivelazione però. Nessuna confessione. Un rebus sgangherato piuttosto. \r\n\r\nCui prodest? Ai giornali di sicuro. A chi sui misteri costruisce carriere. Alle commissioni parlamentari strapagate con i soldi pubblici. L'effetto però è più nefasto. E' di più ampia portata. Ha a che fare con la costruzione di un discorso schizofrenico ma molto pericoloso su cui convergono interessi e impostazioni ideologiche differenti, dal PC di allora al PD di oggi, dalle destre ai populismi.\r\n\r\nSimili ordini di discorso attecchiscono ovviamente su un terreno malsano e incerto, dove i proletari non possono neanche immaginare di organizzare simili tiri contro lo stato, in cui le rivoluzioni sono inutili se non infide, sempre e comunque manovrate dai poteri forti, in cui c'è sempre un grande vecchio che non si trova e una verità data in pasto agli imbecilli per celarne un'altra.\r\n\r\nSradicare quegli eventi dall'ordine del possibile. Negarne non solo la verità ma anche una ragionevole ipoteticità. Vincere sui morti dopo aver vinto sui vivi, questo il senso più profondo che cogliamo. Sicuramente in Italia stiamo peggio che altrove. Appare confermata una certa diffusa tendenza ai capri espiatori, alle spiegazioni monocausali, alle semplificazioni. Troppo complicato domandarsi come i brigatisti potessero sopravvivere nelle fabbriche dove molti operai sapevano, durare anni e anni in clandestinità, magari aiutati in una fuga all'estero. Qual'era il contesto sociale che li proteggeva, che, con tutti i limiti di una simile prospettiva, faceva il tifo per loro? Perché dopo il sequestro e l'assassinio dell'on. Moro le Brigate Rosse videro un'esplosione di ingressi nell'organizzazione? Perché, ancora, ci vollero leggi speciali, torture e assassini più o meno mirati per indebolirli? Poi c'è chi ci marcia come dicevamo più sopra ma è ancora un'altra storia.\r\n\r\nAbbiamo fatto qualche riflessione con Marco Clementi, compagno e storico dell'Università di Cosenza, autore del bel libro \"Storia delle Brigate Rosse\".\r\n\r\nClementi\r\n\r\nCi ha poi raggiunto telefonicamente negli studios di Blackout un compagno, amico e collaboratore, Paolo Persichetti, che anche su questi temi scrive e studia da giornalista e da blogger con il suo Insorgenze.\r\n\r\nPersichetti","25 Marzo 2014","2014-03-31 12:17:09","Chi c'era dietro le BR? Tanti, tanti proletari.",1395786241,[244,245,246,247],"http://radioblackout.org/tag/brigate-rosse/","http://radioblackout.org/tag/dietrologismi/","http://radioblackout.org/tag/movimenti/","http://radioblackout.org/tag/settantasette/",[249,27,250,29],"Brigate Rosse","movimenti",{"post_content":252},{"matched_tokens":253,"snippet":254,"value":255},[74],"espiatori, alle spiegazioni monocausali, alle \u003Cmark>semplificazioni\u003C/mark>. 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Possibile che a quelle altezze (o bassezze forse) nessuno si interroghi su qualcosa che ne valga la fatica?\r\n\r\nLa vicenda recente è semplice: quattro anni fa un misterioso individuo che affermava di esser stato a bordo della famosa “moto Honda di via Fani” scrive una lettera anonima a La Stampa, in cui afferma di esser stato lì come “agente dei servizi segreti”, agli ordini del “colonnello Guglielmi” del Sismi, con l'incarico di “proteggere le Brigate Rosse” impegnate contro la scorta del presidente della Democrazia Cristiana. Naturalmente è in fin di vita e vuole, così sembra, scaricare la coscienza. Ma in realtà, anomalia tra le anomalie, non lo fa affatto. Suggerisce, allude, invita a scavare, da qualche flebile indizio... nessuna rivelazione però. Nessuna confessione. Un rebus sgangherato piuttosto. \r\n\r\nCui prodest? Ai giornali di sicuro. A chi sui misteri costruisce carriere. Alle commissioni parlamentari strapagate con i soldi pubblici. L'effetto però è più nefasto. E' di più ampia portata. Ha a che fare con la costruzione di un discorso schizofrenico ma molto pericoloso su cui convergono interessi e impostazioni ideologiche differenti, dal PC di allora al PD di oggi, dalle destre ai populismi.\r\n\r\nSimili ordini di discorso attecchiscono ovviamente su un terreno malsano e incerto, dove i proletari non possono neanche immaginare di organizzare simili tiri contro lo stato, in cui le rivoluzioni sono inutili se non infide, sempre e comunque manovrate dai poteri forti, in cui c'è sempre un grande vecchio che non si trova e una verità data in pasto agli imbecilli per celarne un'altra.\r\n\r\nSradicare quegli eventi dall'ordine del possibile. Negarne non solo la verità ma anche una ragionevole ipoteticità. Vincere sui morti dopo aver vinto sui vivi, questo il senso più profondo che cogliamo. Sicuramente in Italia stiamo peggio che altrove. 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Poi c'è chi ci marcia come dicevamo più sopra ma è ancora un'altra storia.\r\n\r\nAbbiamo fatto qualche riflessione con Marco Clementi, compagno e storico dell'Università di Cosenza, autore del bel libro \"Storia delle Brigate Rosse\".\r\n\r\nClementi\r\n\r\nCi ha poi raggiunto telefonicamente negli studios di Blackout un compagno, amico e collaboratore, Paolo Persichetti, che anche su questi temi scrive e studia da giornalista e da blogger con il suo Insorgenze.\r\n\r\nPersichetti",[257],{"field":130,"matched_tokens":258,"snippet":254,"value":255},[74],{"best_field_score":134,"best_field_weight":135,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":136,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},6646,{"collection_name":57,"first_q":74,"per_page":38,"q":74},4,{"facet_counts":264,"found":275,"hits":281,"out_of":352,"page":14,"request_params":353,"search_cutoff":35,"search_time_ms":14},[265,276],{"counts":266,"field_name":273,"sampled":35,"stats":274},[267,269,271],{"count":14,"highlighted":268,"value":268},"anarres",{"count":14,"highlighted":270,"value":270},"frittura mista",{"count":14,"highlighted":272,"value":272},"liberation front","podcastfilter",{"total_values":275},3,{"counts":277,"field_name":34,"sampled":35,"stats":280},[278],{"count":14,"highlighted":279,"value":279},"frittura mista radio fabbrica",{"total_values":14},[282,307,329],{"document":283,"highlight":298,"highlights":303,"text_match":132,"text_match_info":306},{"comment_count":46,"id":284,"is_sticky":46,"permalink":285,"podcastfilter":286,"post_author":287,"post_content":288,"post_date":289,"post_excerpt":52,"post_id":284,"post_modified":290,"post_thumbnail":291,"post_title":292,"post_type":293,"sort_by_date":294,"tag_links":295,"tags":297},"91494","http://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-13-08-2024/",[270],"fritturamista"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della serata lo abbiamo fatto in compagnia di Claudio Petrelli, RSU Ispettorato del lavoro Roma, per parlare delle ultime novità introdotte dal governo per quanto riguarda i controlli contro le violazioni delle norme di legge sui luoghi di lavoro. In linea di massima, questo pacchetto di riforme passato nel disegno di legge del decreto semplificazioni, mira a fare un'enorme regalo alle aziende a discapito della sicurezza dei lavoratori. Tra le principali novità introdotte vi è quella dell'obbligatorietà di preavviso di 10 giorni da parte dell'ispettorato, nei confronti delle imprese da vigilare, un sistema di classificazione delle aziende che permetterebbe alle più \"virtuose\" di meritarsi l'immunità dai controlli. Inutile dire che questa prospettiva è a dir poco drammatica, la già difficile e vituperata (dalle stesse istituzioni) mansione dell'ispettore del lavoro verrebbe ulteriormente depotenziata, oltre fatto che si introducono dei concetti aberranti e irrispettosi della vita umana stessa, come la patente a punti per le imprese edili che di fatto permetterebbe ad un'azienda di poter continuare a lavorare indisturbata anche dopo la dipartita di 3 lavoratori (infatti per ogni illecito grave, come il decesso di un lavoratore sul posto di lavoro, si perderebbero 30 punti a fronte della possibilità di partire da 100 punti). Insomma, un'ennesima dichiarazione di guerra alla classe lavoratrice da parte dello stato, la quale mattanza di circa 3 morti al giorno non sembra interessare realmente.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/F_m_13_08_Claudio-Petrelli-RSU-Ispettorato-del-lavoro-su-riforme-depotenzianti-il-ruolo-stesso-degli-ispettori.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nGLI AUDIO DEGLI ALTRI DUE COLLEGAMENTI TELEFONICI REALIZZATI DURANTE QUESTA PUNTATA NON SONO DISPONIBILI A CAUSA DI UN PROBLEMA TECNICO CAUSATO DAL TEMPORALE DURANTE LA DIRETTA RADIOFONICA. 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Tra le principali novità introdotte vi è quella dell'obbligatorietà di preavviso di 10 giorni da parte dell'ispettorato, nei confronti delle imprese da vigilare, un sistema di classificazione delle aziende che permetterebbe alle più \"virtuose\" di meritarsi l'immunità dai controlli. Inutile dire che questa prospettiva è a dir poco drammatica, la già difficile e vituperata (dalle stesse istituzioni) mansione dell'ispettore del lavoro verrebbe ulteriormente depotenziata, oltre fatto che si introducono dei concetti aberranti e irrispettosi della vita umana stessa, come la patente a punti per le imprese edili che di fatto permetterebbe ad un'azienda di poter continuare a lavorare indisturbata anche dopo la dipartita di 3 lavoratori (infatti per ogni illecito grave, come il decesso di un lavoratore sul posto di lavoro, si perderebbero 30 punti a fronte della possibilità di partire da 100 punti). 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/2024-07-12-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nIl CPR di Torino verso la riapertura\r\nI lavori di ristrutturazione del CPR sono iniziati il 5 febbraio. Ad oggi sono state ripristinate l'area rossa e quella blu. Il 9 luglio la prefettura ha lanciato la gara di appalto per la gestione, che si concluderà il 18 agosto, termine per la presentazione delle domande. A questo punto è probabile che il CPR riaprirà in autunno con i 70 posti delle aree rossa e blu.\r\nIl CPR di Torino è chiuso dal marzo del 2023, quando le rivolte dei reclusi lo resero del tutto inagibile. In questo anno e mezzo si sono susseguiti diversi rumores sul destino della struttura di corso Brunelleschi, attiva dall’estate del 1999.\r\nVoci davano per certa la costruzione di un nuovo Cpr in terreno del demanio militare in provincia di Torino, altre parlavano di ricostruzione su nuove basi del CPR esistente.\r\nIl bando lanciato dalla Prefettura scioglie alcuni dubbi ma non tutti.\r\nIl CPR riapre con solo due sezioni agibili, segno forse della difficoltà del governo a gestire una questione che ha un ruolo chiave nella propaganda di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.\r\nCe ne ha parlato l’avvocato Gianluca Vitale\r\n\r\nTaser. Le armi non letali che uccidono\r\nLa vicenda dell’uomo morto in Sud Tirolo, dopo essere stato colpito dai carabinieri con un taser, riporta all’attenzione di tutti l’estrema pericolosità di questa arma “non letale” della quale sono state dotate le forze dell’ordine nel nostro paese.\r\nUn’occasione per fare il punto sulle tante “armi non letali” in uso alle forze di polizia in Italia e non solo. Armi che hanno ucciso e mutilato decine di persone.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nLa nuova base dei carabinieri a Pisa. Soldi e devastazione\r\nIl Governo ha messo nero su bianco l’investimento complessivo per la costruzione della base militare e le strutture collegate.\r\n520 milioni di euro, 10 anni di cantieri, un’opera che devasterà il parco spingendosi fino al comune di Pontedera, a 26 km dal Cisam, dove si prevede la costruzione di un Poligono di tiro a cielo aperto.\r\nTutto in mano al commissario straordinario Sessa, con le semplificazioni previste dal cosiddetto “sblocca cantieri”. Pisa, nei loro piani, deve diventare la piattaforma logistica per la guerra con un sistema di infrastrutture militari ormai incalcolabile, tutte connesse le une alle altre.\r\nIl movimento No Base non molla, consapevole che bloccare quest’ingranaggio della guerra dipende dalle lotte.\r\nNe abbiamo parlato con Dario Antonelli del Coordinamento Antimilitarista\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nDa martedì 3 settembre\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\nriapre\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20 (dal 16 luglio a fine agosto le aperture saranno intermittenti: per info scrivete a fai_torino@autistici.org)\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nTelegram\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","20 Luglio 2024","2024-07-20 10:56:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/img_3147-200x110.jpg","Anarres del 12 luglio. 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Scott (edizioni Eleuthera, 2019), in questa puntata siamo andati ad indagare quale fosse il momento storico e quali fossero le motivazioni originarie che spinsero i primi stati europei a rivolgersi alla pratica della selvicoltura. Prima del 1765, l’interesse di questi ultimi nei confronti delle foreste site entro i propri confini si limitava ad un’analisi di costi e profitti della produzione di legname che ciascuna area boschiva poteva fornire. Questo tipo di stime risultava però molto approssimata per mancanza di mezzi, conoscenze e metodi di calcolo più precisi, e l’occasione per un miglioramento nella gestione centralizzata delle zone forestali si presentò in seguito ad una carenza di legname preoccupante per i funzionari statali; se a ciò si aggiunge una tendenza più generale allo sviluppo scientifico e matematico che grandi prodezze prometteva in quel momento storico in tutta Europa, ecco quale fu il terreno fertile dove far nascere le scienze forestali. Nate tra il 1765 e il 1800 in Prussia ed in Sassonia, ebbero un grande successo che si diffuse anche all’estero, ed il loro sviluppo partì con la volontà e necessità di rendere più leggibile lo spazio geografico in questione: attraverso schematizzazioni, semplificazioni e tabelle, finalmente lo Stato poteva, con un solo sguardo, “vedere” un’intera foresta, comodamente riassunta in categorie di specie, età, locazione e produttività. La complessità reale di un ambiente naturale simile, con le sue varie forme di vita, le interazioni tra le stesse e i complicati dinamismi che la caratterizzano, venne trascurata sia nei registri dei funzionari sia letteralmente in loco, dove venne “semplificata” attraverso l’eliminazione del sottobosco, la piantagione di alberi dello stesso tipo (segnando l’inizio della monocoltura arborea) e della stessa età, disposti in base ad una geometria lineare (file ben allineate, proprio come un esercito da poter passare in rassegna). La rigorosità estetica ed ideologica di poter ridurre un sistema ecologico complesso come una foresta ad una macchina da produzione di legname perfetta, pulita ed efficiente portò a delle conseguenze catastrofiche sul lungo periodo: la produzione dopo alcuni anni di gloria crollò drasticamente, diverse malattie si diffusero con velocità e le pratiche di sussistenza portate avanti dai contadini (che della foresta utilizzavano tutto nella loro quotidianità, non solo il legname) continuarono senza soluzione di continuità.\r\n\r\nLa storia delle scienze forestali ci insegna qualcosa di importante: la biodiversità presente in uno specifico ambiente ne è la componente fondamentale, che ne garantisce la prosperità, la salute e la difesa. La complicata matassa di relazioni, interazioni, simbiosi tra i suoi vari elementi (fauna, flora, microrganismi, ecc) non è di fatto semplificabile né eliminabile se si intende preservarne l’integrità.\r\n\r\nRisulta evidente che, ancora oggi, non tutti hanno imparato qualcosa dal passato, ma anzi, continuano a perseverare nella creazione di monocolture intensive, magari geneticamente modificate, cercando di arginare i problemi dovuti al danneggiamento ed avvelenamento del pianeta con espedienti sempre più tecnologici ed industriali, per non mettere mai in discussione l’idea stessa dell’assoggettamento della Terra per fini di profitto.\r\n\r\nAscolta il podcast qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/09/selvic.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","5 Settembre 2020","2020-09-05 11:49:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/09/9788833020327_0_0_626_75-200x110.jpg","ALL’ORIGINE DELLA SELVICOLTURA: “LO SGUARDO DELLO STATO” SULLE FORESTE",1599306551,[],[],{"post_content":344},{"matched_tokens":345,"snippet":346,"value":347},[74],"geografico in questione: attraverso schematizzazioni, \u003Cmark>semplificazioni\u003C/mark> e tabelle, finalmente lo Stato","A partire da un capitolo del libro “Lo sguardo dello Stato” di James C. 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