","Livorno. Lotte contro la discarica e l’ENI","post",1620742819,[62,63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/discarica-del-limoncinp/","http://radioblackout.org/tag/eni/","http://radioblackout.org/tag/green-washinng/","http://radioblackout.org/tag/inquinamento/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/rifiuti-industriali/","http://radioblackout.org/tag/stagno/",[70,18,71,72,15,73,20],"discarica del limoncinp","green washinng","inquinamento","rifiuti industriali",{"post_content":75,"tags":80},{"matched_tokens":76,"snippet":78,"value":79},[77],"Stagno","la protesta avrà come Teatro \u003Cmark>Stagno\u003C/mark>, dove c’è una grande ed","Domenica scorsa c’è stata una marcia contro la discarica del Limoncino, che, grazie ad una sentenza del Tar, rischia di essere parzialmente riaperta. Oltre 400 persone hanno partecipato all’iniziativa sulle colline livornesi.\r\nAlcuni decenni fa la provincia diede il permesso alla famiglia Bellabarba di trasformare le proprie cave in sito per il conferimento di rifiuti industriali, quindi pericolosi. Il rischio idrogeologico non fu d’ostacolo all’ottenimento dei permessi. Quanto grave fosse la situazione è stato possibile constatarlo quando l’area fu duramente colpita dall’alluvione del 2017.\r\nNel 2019 la discarica venne fermata dall’azione diretta popolare: un presidio permanente e blocchi dei camion carichi di rifiuti, indussero la Regione ad imporre lo stop. Ora l'azienda che ha in gestione il sito, la Livrea e le istituzioni provano con uno stratagemma a riproporre la discarica.\r\nUn ricorso al Tar ha dato ragione alla Livrea per uno dei due lotti funzionali dell’area, ma nei fatti, visto che la divisione è solo formale, siamo di fronte ad un via libera per la riapertura.\r\nLa Regione ha deciso di lavarsene le mani, scaricando tutto sull’Arpa.\r\nIn Toscana la gestione dei rifiuti è stata di recente al centro delle cronache per i residui di lavorazione delle concerie interrati di nascosto in aree dell’empolese e del pisano.\r\nA questa lotta partecipano componenti che mirano al dialogo con le istituzioni, come Rifiuti Zero, ma anche un vasto movimento popolare che con la lotta è riuscito a bloccare la discarica.\r\n\r\nIl fronte della lotta ambientale è molto caldo a Livorno. Domani la protesta avrà come Teatro \u003Cmark>Stagno\u003C/mark>, dove c’è una grande ed obsoleta raffineria ENI, che da oltre 80 anni avvelena il territorio e chi ci vive e lavora.\r\nL’ENI dovrebbe bonificare, ma preferisce licenziare i due operai incaricati del controllo del percolato, puntando su progetti in chiave green ma decisamente sporchi, come l’incenerimento delle plastiche non riciclabili.\r\nNel 2017 quando l’acqua invase la raffineria, ENI abbatté un muro, facendo si che le acque contaminate rifluissero sulla città.\r\nLa Toscana, ed, in particolare la provincia di Livorno, dove, oltre all’ENI, ci sono la Solvay di Rosignano e le acciaierie di Piombino, è al secondo posto dopo Taranto per nascite di bambini malformati.\r\nENI taglia sulla sicurezza ma investe sulla propaganda. Si va dalla partecipazione a dibattiti sull’ecologia nelle scuole alla nascita delle “classi ENI”, così chiamate perché i ragazzi e le ragazze fanno alternanza scuola lavoro proprio nella raffineria.\r\nDenunciare e contrastare le operazioni di green washing della multinazionale italiana, i cui affari in giro per il mondo sono tutelati dalle missioni militari neocoloniali, è l’obiettivo della manifestazione che si terrà domani, mercoledì 12 alle 15,30 di fronte all’ENI\r\nNe abbiamo parlato con Dario, un compagno che partecipa alle lotte\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/2021-05-11-liv-disc-eni-dario.mp3\"][/audio]",[81,83,85,87,89,91,93],{"matched_tokens":82,"snippet":70},[],{"matched_tokens":84,"snippet":18},[],{"matched_tokens":86,"snippet":71},[],{"matched_tokens":88,"snippet":72},[],{"matched_tokens":90,"snippet":15},[],{"matched_tokens":92,"snippet":73},[],{"matched_tokens":94,"snippet":95},[20],"\u003Cmark>stagno\u003C/mark>",[97,103],{"field":36,"indices":98,"matched_tokens":100,"snippets":102},[99],6,[101],[20],[95],{"field":104,"matched_tokens":105,"snippet":78,"value":79},"post_content",[77],578730123365712000,{"best_field_score":108,"best_field_weight":109,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":48,"score":110,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":48},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":112,"highlight":132,"highlights":152,"text_match":106,"text_match_info":160},{"cat_link":113,"category":114,"comment_count":48,"id":115,"is_sticky":48,"permalink":116,"post_author":51,"post_content":117,"post_date":118,"post_excerpt":54,"post_id":115,"post_modified":119,"post_thumbnail":120,"post_thumbnail_html":121,"post_title":122,"post_type":59,"sort_by_date":123,"tag_links":124,"tags":129},[45],[47],"62315","http://radioblackout.org/2020/07/livorno-lotta-al-gassificatore-eni/","Lo scorso sabato c’è stata una manifestazione ai cancelli della Raffineria ENI di Stagno contro il progetto di costruire un gassificatore che brucerà ogni anno 200.000 tonnellate di plastiche non riciclabili e CSS. Una giornata con due appuntamenti, alle 17 a Stagno e alle 19 a Livorno alla Terrazza Mascagni, organizzata dal Coordinamento Rifiuti Zero e da Fridays For Future, a cui hanno partecipato delegazioni da tutta la toscana dei comitati contro gli inceneritori.\r\n\r\nUn anno fa ENI e istituzioni attraverso la stampa locale hanno annunciato il progetto di “bioraffineria” cercando di presentare come “green” l’impianto che tratterebbe ad altissime temperature le plastiche non riciclabili e il CSS, ottenuto dalla componente secca dei rifiuti non differenziabili, per produrre metanolo e altre sostanze combustibili. L’ENI e i suoi esperti ovviamente dicono che non vi saranno le emissioni altamente nocive degli inceneritori tradizionali, ma “solo” emissioni di CO2 e scarti solidi vetrificati. Ma questo impianto sarà il primo del suo genere, non si possono dunque avere dati riguardo a impianti già esistenti per verificare queste affermazioni. I comitati hanno subito denunciato la pericolosità del progetto, che brucerà rifiuti da tutta la Toscana e non solo, e che impiegherà, specie per il raffreddamento rapido, grandi quantità di acqua che al termine del processo sarà carica di metalli pesanti e che non è ancora chiaro dove sarà sversata. Questo impianto rappresenta per la Regione una ghiotta opportunità dopo che il progetto di mega -inceneritore nella piana fiorentina ha trovato un ampio movimento di opposizione ed è stato bloccato dalla magistratura. L’industria, e non solo quella del trattamento rifiuti, può immettere i rifiuti sul mercato trasformandoli in merce. L’ENI può rinviare gli interventi di bonifica, e raccontare la favola dell’economia “circolare”. Intanto quello che circola sono gli affari, sulla pelle di tutte e di tutti.\r\nLa raffineria ENI ha avvelenato il territorio e chi lo abita per oltre 80 anni sfruttando e facendo ammalare chi ci lavora. L'attuale raffineria è già disastrosa, e non rispetta le normative per gli impianti a rischio di incidente rilevante. L’area è tanto inquinata da essere già inserita tra i Siti di Interesse Nazionale per la bonifica, ma nonostante questo l’ENI continua a devastare il territorio. Basti pensare all’alluvione 2017: quando gli idrocarburi sversati da ENI nel Rio Botticina arrivarono al mare; quando molte case e cortili furono inondate da acqua e fango, in alcuni casi in comunicazione con il materiale che allagava la raffineria; quando nei cortili delle palazzine residenziali ex INA adiacenti alla raffineria il fango risultò avere un’altissima contaminazione da idrocarburi. ENI vorrebbe aggiungere un altro impianto oltre a quello già esistente. E di bonificare? Non se ne parla! Il lavoro uccide e fa ammalare.\r\nIntanto ENI si presenta nelle scuole come \"amica del clima\" ma è una multinazionale che inquina avvelena, sfrutta e che è al centro delle politiche coloniali dell'Italia, il cui principale azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze. Dopo le truppe di occupazione mandate in Libia per difendere gli “interessi nazionali” il Governo lo ha detto chiaramente: la prossima missione militare nel Golfo di Guinea avrà il compito di “proteggere gli asset estrattivi di ENI”.\r\n\r\nNell’area livornese il problema non è solo l’ENI. La chiusura dell’inceneritore ormai vecchio di oltre 30 anni è stata rinviata al 2023. Al suo posto dovrebbe sorgere un impianto per il trattamento dei rifiuti organici. Da oltre 20 anni l'inceneritore deve essere chiuso. Lo ha chiesto la popolazione a più riprese. Il M5S ne aveva promesso la chiusura nella campagna elettorale del 2014, per correggere il tiro una volta vinte le elezioni, annunciando lo spegnimento per il 2021 per scaricare la responsabilità sull'amministrazione successiva che ora prende tempo con nuove promesse. Chi lotta è consapevole che solo l’azione diretta potrà bloccare il gassificatore di Stagno e chiudere l’inceneritore di Livorno.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario, un compagno di Livorno\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/2020-07-14-stagno-dario.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","14 Luglio 2020","2020-07-14 12:22:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/stagno-04-1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"170\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/stagno-04-1-300x170.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/stagno-04-1-300x170.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/stagno-04-1-768x435.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/stagno-04-1.jpg 957w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Livorno. 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È stato questo lo scenario dove, l'altro ieri, si è svolta l'udienza preliminare per i 45 indagati e indagate dell'operazione Lince. Non per ragioni giuridiche, solo cinque persone rischiano di dover affrontare il processo in Corte d'Assise, si tratta delle persone su cui è fatta cadere l'assurda accusa di associazione a delinquere con finalità terroristiche, ma per semplici ragioni logistiche: era l'unica aula abbastanza grande per contenere tutti quegli indagati e indagate.\r\n\r\n\r\nBisogna tornare indietro nel tempo, in Sardegna, per trovare un processo di questo tipo. Siamo negli anni Sessanta a Oristano, e centinaia di pescatori di Cabras vengono indagati per rapina e altri reati gravi. Si trattava di una forzatura portata avanti da quegli stessi magistrati che ricevevano in regalo quintali di muggini e vivevano in affitto nelle fastose residenze dei padroni dello stagno, le presunte vittime della presunta rapina che era, in realtà, al massimo una pesca di frodo.\r\n\r\n\r\nUn processo farsa, che non partirà mai, perché all'epoca a Oristano non c'era nemmeno un teatro dove poter ospitare i circa 300 pescatori indagati. Un processo interamente politico, smontato da un collegio di legali di cui fecero parte nomi del calibro di Umberto Terracina. E i parallelismi sono tanti, con quanto è successo ieri a Cagliari.\r\n\r\n\r\nObiettivo di quel processo era criminalizzare e soffocare il nascente movimento dei pescatori liberi, che dopo 30 anni di lotte, scioperi, arresti e persino morti, riuscirà nell'intento di sottrarre lo stagno di Cabras ai suoi padroni feudali e trasformarlo in un bene pubblico. Obiettivo del procedimento legato all'operazione Lince è quello di criminalizzare il movimento sardo contro l'occupazione militare che, tra alti e bassi certamente, gode da decenni di un consenso significativo in seno al popolo sardo.\r\n\r\n\r\nOggi come allora le accuse sono slegate dalla realtà e mescolate insieme in un minestrone difficile da digerire anche per gli stomaci più pelosi. «Questi vogliono fare la rivoluzione!» ha detto più o meno l'accusa nella sua requisitoria, durante la quale ha chiesto il rinvio a giudizio di tutte e tutti gli indagati. È un peccato che il processo non sia stato trasmesso in diretta da qualche parte: chi lo avesse seguito si sarebbe reso conto dei suoi caratteri assurdi.\r\n\r\n\r\nAllora ci furono verbali falsi e un sistema di connivenze all'interno della Oristano bene che vedeva dalla stessa parte della barricata magistrati, carabinieri e padroni dello stagno. Anche oggi l'accusa e le presunte parti lese fanno parte della stessa consorteria: lo Stato. Quello Stato che è il responsabile dell'occupazione militare della Sardegna, quella stessa Procura che chiede l'archiviazione per i cinque generali indagati per il disastro ambientale del poligono di Teulada e della sua penisola Delta.\r\n\r\n\r\nMercoledì il processo vedeva sul banco degli imputati la possibilità di svolgere una legittima attività politica di opposizione all'occupazione militare della nostra terra. Gli imputati e le imputate non sono solo 45, ma sono migliaia se non di più. Alla sbarra c'erano i diecimila di Capo Frasca de 2014, le migliaia scese in piazza negli anni successivi, tutte e tutti quelli che manifesteranno da ora in avanti.\r\n\r\n\r\nA chiedere la condanna di un intero movimento ci si è messo il vertice stesso dello Stato, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri che si è costituita parte civile ed è pronta a chiedere un cospicuo risarcimento alle 45 indagate e indagati. La goccia di veleno ben custodita nella coda di questo governo Conte bis, che non si differenzia in nulla dai suoi predecessori per quel che riguarda l'occupazione militare della Sardegna come non saranno diversi i suoi successori.\r\n\r\n\r\nL'udienza è stata aggiornata al 15 aprile, quando ascolteremo le parole della difesa contro la richiesta di rinvio a giudizio. Ma la battaglia non la si vincerà solo dentro l'aula della Corte d'Assise di Cagliari. 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Obiettivo del procedimento legato all'operazione Lince è quello di criminalizzare il movimento sardo contro l'occupazione militare che, tra alti e bassi certamente, gode da decenni di un consenso significativo in seno al popolo sardo.\r\n\r\n\r\nOggi come allora le accuse sono slegate dalla realtà e mescolate insieme in un minestrone difficile da digerire anche per gli stomaci più pelosi. «Questi vogliono fare la rivoluzione!» ha detto più o meno l'accusa nella sua requisitoria, durante la quale ha chiesto il rinvio a giudizio di tutte e tutti gli indagati. È un peccato che il processo non sia stato trasmesso in diretta da qualche parte: chi lo avesse seguito si sarebbe reso conto dei suoi caratteri assurdi.\r\n\r\n\r\nAllora ci furono verbali falsi e un sistema di connivenze all'interno della Oristano bene che vedeva dalla stessa parte della barricata magistrati, carabinieri e padroni dello \u003Cmark>stagno\u003C/mark>. 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Alla sbarra c'erano i diecimila di Capo Frasca de 2014, le migliaia scese in piazza negli anni successivi, tutte e tutti quelli che manifesteranno da ora in avanti.\r\n\r\n\r\nA chiedere la condanna di un intero movimento ci si è messo il vertice stesso dello Stato, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri che si è costituita parte civile ed è pronta a chiedere un cospicuo risarcimento alle 45 indagate e indagati. La goccia di veleno ben custodita nella coda di questo governo Conte bis, che non si differenzia in nulla dai suoi predecessori per quel che riguarda l'occupazione militare della Sardegna come non saranno diversi i suoi successori.\r\n\r\n\r\nL'udienza è stata aggiornata al 15 aprile, quando ascolteremo le parole della difesa contro la richiesta di rinvio a giudizio. Ma la battaglia non la si vincerà solo dentro l'aula della Corte d'Assise di Cagliari. 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In Italia ci sono state iniziative in 50 città grandi e piccole. Una marea nero-fucsia ha riempito le piazze da nord a sud.\r\nNe abbiamo parlato con due compagne, Chiara di Non una di meno Torino e Patrizia di Non una di meno Livorno.\r\nCi hanno proposto una cronaca delle iniziative a Torino, a Livorno e Pisa.\r\n\r\nPatrizia ci ha raccontato le iniziative svoltesi nella sua città in mattinata e il corteo pomeridiano a Pisa cui hanno partecipato anche le livornesi.\r\nAl centro della giornata le violenze in divisa, il lavoro, la precarietà.\r\nCon Patrizia abbiamo fatto un bilancio di un percorso che è riuscito a mantenere, a parole e nei fatti, la propria autonomia, senza farsi sedurre dalle tante sirene elettorali.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 13 patrizia nudm liv\r\n\r\nChiara ci ha raccontato l’8 marzo torinese, una grande giornata di lotta.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 13 chiara nudm to\r\n\r\n\r\nDi seguito una cronaca della giornata:\r\n“Un alito di primavera ha accompagnato un lungo 8 marzo di lotta all’ombra della Mole.\r\nIn piazza Castello sin dal mattino è un fiorire di matrioske, cartelli, colori e suoni. In testa lo striscione “Scioperiamo dal lavoro di cura. Lottiamo insieme!”\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si è articolato come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente alla erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nLa prima tappa è al centro della piazza. Lunghi fili vengono tirati tra i pali: con pinze da bucato sono stesi pannolini, grembiuli, strofinacci… Tutti oggetti simbolo del lavoro di cura.\r\nUn camioncino prova senza successo a forzare il blocco, che si allarga sulla piazza. Un nucleo dell’antisommossa, schierato a pochi passi da una carrozzina con un neonat*, chiede a gran voce rinforzi. La digos si affanna al cellulare. Si parte in corteo verso via Po. Per l’intera mattinata si svolgono blocchi con slogan e comizi volanti ai principali incroci.\r\nIn corso Regina il corteo viene raggiunto dalle studentesse, che in mattinata avevano bloccato le lezioni al campus. La mattinata si conclude a Palazzo Nuovo, l’altra sede delle facoltà umanistiche.\r\n\r\nNel pomeriggio piazza XVIII dicembre, la piazza che ricorda i martiri della camera del lavoro, si riempie velocemente. Parrucche rosa, fucsia e viola sul nero degli abiti, tanti striscioni, tulle, cartelli. Il corteo si dipana per il centro. Saremo tremila, forse più.\r\nLa prima sosta è davanti alla caserma dei carabinieri Cernaia. Viene appeso uno striscione contro la violenza dei tribunali, in solidarietà alle donne stuprate, picchiate e offese che nelle aule di giustizia diventano imputate, chiamate a rispondere della propria vita, dei propri abiti, dei propri gusti, del proprio no alla violenza. Vengono lette alcune delle domande fatte in tribunale alle due studentesse statunitensi stuprate da due carabinieri la scorsa estate a Firenze. Domande di una violenza terribile.\r\nIn Italia viene ammazzata una donna ogni due giorni.\r\nSpesso gli assassini usano le pistole d’ordinanza, che hanno il diritto di portare perché fanno parte dell’elite poliziesca e militare, che detiene per conto dello Stato il monopolio legale della violenza.\r\nGli spazi di autonomia che le donne si sono conquistate hanno incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l’ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà femminile è ancora molto lunga. 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Una studentessa sviluppa una critica alla scuola, dove lo sguardo femminista è quasi sempre assente.\r\n\r\nIn piazza Castello su uno dei tanti monumenti militaristi della città, quello dedicato al duca d’Aosta, in braccio ad uno dei soldati raffigurati viene messa una scopa, uno strofinaccio, un pezzo di tulle rosa.\r\nL’azione è accompagnata da un lungo intervento dal camion.\r\nÉ il momento per parlare delle donne stuprate in guerra, prede e strumento del conflitto. In guerra la logica patriarcale sottesa a torture e stupri è meno dissimulata che in tempi di pace.\r\nDahira nel 1993 aveva 23 anni. Dahira già conosceva il sapore amaro dell’essere donna in una società patriarcale. Era stata ripudiata dal marito, perché non riusciva a dargli dei figli. Una cosa inutile, priva di valore. Ma per lei il peggio doveva ancora venire. In una notte di maggio di 25 anni fa venne spogliata, legata sul cassone di un camion con le braccia e le gambe immobilizzate e stuprata con un razzo illuminante. I torturatori e violentatori erano paracadutisti della Folgore, in missione umanitaria in Somalia. Con cruda ironia la missione Nato, cui l’Italia partecipò si chiamava “Restore hope – restituire la speranza”.\r\nGli stessi parà stanno per sbarcare in Niger per una nuova missione. Questa volta l’obiettivo sono i migranti in viaggio verso l’Europa.\r\nAltri militari saranno in Libia, dove le milizie di Sabratha e Zawija, pagate dallo Stato italiano rinchiudono uomini, donne e bambini in prigioni per migranti, dove tutte le donne vengono stuprate. Gli esecutori sono in Libia, i mandanti sono sulle poltrone del governo italiano.\r\n\r\nIl corteo imbocca via Po e si ferma davanti alla chiesa della SS Annunziata, legata a Comunione e Liberazione. Lì viene appeso uno striscione con la scritta “Preti ed obiettori tremate. Le streghe son tornate!” Prezzemolo e ferri da calza sono lasciati di fronte all’ingresso, per ricordare i tempi dell’aborto clandestino, quando le donne povere abortivano con decotti e ferri da calza, rischiando di morire.\r\nLa chiesa cattolica vorrebbe che le donne che decidono di non avere figli muoiano o vengano trattate da criminali. A quarant’anni dalla legge che ha depenalizzato l’aborto, ma lo ha sottoposto ad una rigida regolamentazione, in molte città italiane abortire è diventato impossibile, perché il 100% dei medici si dichiara obiettore.\r\nPreti ed obiettori vorrebbero inchiodarci al ruolo di madri e mogli. Quest’8 marzo ci trova più agguerrite che mai nella lotta per una maternità libera e consapevole.\r\n\r\nNelle piazze torinesi si è affermato un femminismo capace di obiettivi radicali e pratiche libertarie, vincendo la scommessa non facile dello sciopero femminista, con la buriana elettorale appena dietro le spalle, nel netto rifiuto di essere usate come trampolino per carriere politiche tinte di fucsia.\r\nIn quest’8 marzo è emerso l’intreccio potente tra la dominazione patriarcale e la violenza dello Stato, del capitalismo, delle frontiere, delle religioni.\r\nDi questi tempi non è poco. Un sasso nello stagno, che si allarga e moltiplica le pozze.\r\n\r\nIl corteo vibra dello slogan urlato da tutte “Ma quale Stato, ma quale dio, sul mio corpo decido io!”\r\n\r\nLa marea dilaga in piazza Vittorio dove viene disegnata una matrioska gigante al cui interno vengono lasciate scope, detersivi, grembiuli e strofinacci.\r\n\r\nUn grido potente riempie la piazza “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione!”. 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Controlli a tappeto, fotografie delle targhe, fogli di via, baracche abbattute hanno concretizzato le minacce del sindaco Appendino, che ha dichiarato ai giornali l'intenzione di sgomberare il campo.\r\n\r\nDurante gli i \"controlli\" diversi rom di ogni età hanno subito aggressioni, prima di essere accompagnati in commissariato per ricevere più di 30 fogli di via. Pare siano state inoltre portate a termine alcune deportazioni in Romania, è stato messo sotto sequestro un furgone e abbattuta una baracca.\r\nL'ultima invasione del campo è di lunedì 14 novembre. In quell'occasione ai bambini è stato impedito di andare a scuola.\r\nL'amministrazione comunale, che ha contratto un chiaro debito con chi le ha garantito la vittoria al ballottaggio con Fassino, intende pagare sino in fondo la cambiale.\r\nLa giunta a 5 stelle non ha i fondi, con cui l'amministrazione PD ha gestito lo sgombero della baraccopoli di lungo Stura Lazio, dove la promessa di una casa, ha impedito sino allo scorso autunno il raggrumarsi di una resistenza concreta allo sgombero.\r\nLa sindaca Appendino ha ben poco da promettere alla gente del campo, ed è quindi probabile che si affidi esclusivamente alla forza bruta.\r\nLa situazione, inoltre, si è aggravata, dopo l'ordinanza di sequestro e sgombero del campo emessa dalla magistratura in seguito ai rilievi effettuati dall'Arpa, che avrebbe trovato elevati livelli di inquinamento del terreno da zinco, stagno e piombo, proclamando il disastro ambientale.\r\nCon tutta probabilità la giunta comunale sfrutterà questa rilevazione a proprio favore accusando gli abitanti (150 famiglie in tutto) di essere gli unici artefici dell'avvelenamento (nonostante il campo si trovi praticamente accanto ad una discarica e la situazione sia stabile da più di 20 anni).\r\nAppendino può giocare la carta di uno sgombero per il \"bene\" dei baraccati, dal momento che sarebbe in gioco il loro stesso stato di salute.\r\nVa da se che la salute di chi rischia di essere gettato in strada in pieno inverno, pare interessare poco l'amministrazione pentastellata, che si allinea, anche in questo, con l'opposizione dem.\r\nL'ultima trovata di Appendino e battere cassa a Roma, per ottenere cinque milioni di euro per lo sgombero di via Germagnano. Cambiano le giunte la musica resta la stessa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Jean, uno dei partecipanti alla lotta di Lungostura Lazio, culminata nelle occupazioni dell'ex caserma di via Asti prima, e dell'ex ASL di via Borgo Ticino, poi.\r\nCi ha raccontato anche qualche storia individuale, come quella di Ionut, preso e portato in questura, mentre tornava dall'ospedadale dove era nato suo figlio. Per non dire di Gheorghe, che nonostante i suoi evidenti handicap, è stato portato in questura, pestato, poi in ospedale, perché sarebbe \"caduto dal letto\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-11-22-jean-retatecamporom","22 Novembre 2016","2016-11-29 17:37:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/corteorom-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/corteorom-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/corteorom-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/corteorom-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/corteorom-1024x683.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Retate, fogli di via e minacce di sgombero al campo rom di via Germagnano",1479834542,[244,245,246,247,248],"http://radioblackout.org/tag/appendino/","http://radioblackout.org/tag/arpa-piemonte/","http://radioblackout.org/tag/retate-polizia/","http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo-rom/","http://radioblackout.org/tag/via-germagnano/",[250,27,29,251,252],"appendino","sgombero campo rom","via germagnano",{"post_content":254},{"matched_tokens":255,"snippet":256,"value":257},[20],"inquinamento del terreno da zinco, \u003Cmark>stagno\u003C/mark> e piombo, proclamando il disastro","Sgomberi, retate, fogli di via e deporrtazioni hanno scandito la vita nella baraccopoli di i via Germagnano nell'ultimo mese e mezzo. Controlli a tappeto, fotografie delle targhe, fogli di via, baracche abbattute hanno concretizzato le minacce del sindaco Appendino, che ha dichiarato ai giornali l'intenzione di sgomberare il campo.\r\n\r\nDurante gli i \"controlli\" diversi rom di ogni età hanno subito aggressioni, prima di essere accompagnati in commissariato per ricevere più di 30 fogli di via. Pare siano state inoltre portate a termine alcune deportazioni in Romania, è stato messo sotto sequestro un furgone e abbattuta una baracca.\r\nL'ultima invasione del campo è di lunedì 14 novembre. In quell'occasione ai bambini è stato impedito di andare a scuola.\r\nL'amministrazione comunale, che ha contratto un chiaro debito con chi le ha garantito la vittoria al ballottaggio con Fassino, intende pagare sino in fondo la cambiale.\r\nLa giunta a 5 stelle non ha i fondi, con cui l'amministrazione PD ha gestito lo sgombero della baraccopoli di lungo Stura Lazio, dove la promessa di una casa, ha impedito sino allo scorso autunno il raggrumarsi di una resistenza concreta allo sgombero.\r\nLa sindaca Appendino ha ben poco da promettere alla gente del campo, ed è quindi probabile che si affidi esclusivamente alla forza bruta.\r\nLa situazione, inoltre, si è aggravata, dopo l'ordinanza di sequestro e sgombero del campo emessa dalla magistratura in seguito ai rilievi effettuati dall'Arpa, che avrebbe trovato elevati livelli di inquinamento del terreno da zinco, \u003Cmark>stagno\u003C/mark> e piombo, proclamando il disastro ambientale.\r\nCon tutta probabilità la giunta comunale sfrutterà questa rilevazione a proprio favore accusando gli abitanti (150 famiglie in tutto) di essere gli unici artefici dell'avvelenamento (nonostante il campo si trovi praticamente accanto ad una discarica e la situazione sia stabile da più di 20 anni).\r\nAppendino può giocare la carta di uno sgombero per il \"bene\" dei baraccati, dal momento che sarebbe in gioco il loro stesso stato di salute.\r\nVa da se che la salute di chi rischia di essere gettato in strada in pieno inverno, pare interessare poco l'amministrazione pentastellata, che si allinea, anche in questo, con l'opposizione dem.\r\nL'ultima trovata di Appendino e battere cassa a Roma, per ottenere cinque milioni di euro per lo sgombero di via Germagnano. Cambiano le giunte la musica resta la stessa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Jean, uno dei partecipanti alla lotta di Lungostura Lazio, culminata nelle occupazioni dell'ex caserma di via Asti prima, e dell'ex ASL di via Borgo Ticino, poi.\r\nCi ha raccontato anche qualche storia individuale, come quella di Ionut, preso e portato in questura, mentre tornava dall'ospedadale dove era nato suo figlio. 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La rete nazionale Rise Up 4 Climate Justice ha lanciato una settimana di mobilitazione e di azioni dirette contro la multinazionale del fossile. Cinque appuntamenti in tutta la penisola per denunciare il ruolo dell’estrattivismo fossile nella crisi climatica e l’immobilità di ENI di fronte alle reali esigenze di transizione ecologica. A Milano, Ravenna, Stagno (LI), Presenzano (CE) e Licata (AG)\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con ALice Di RiseUp for ClimateJustice e Jacopo del collettivo Kasciavit di Milano\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/voci_36a.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nComunicato di Rise Up 4 Climate Justice \r\n\r\n12-20 maggio: #ManyAgainstENI – una settimana di mobilitazioni contro ENI in tutta Italia\r\n\r\nIl 12 maggio si terrà l’assemblea degli azionisti di ENI, in occasione della quale la rete nazionale Rise Up 4 Climate Justice (www.riseup4climatejustice.org) ha lanciato una settimana di mobilitazione e di azioni dirette contro la multinazionale del fossile. Cinque appuntamenti in tutta la penisola per denunciare il ruolo dell’estrattivismo fossile nella crisi climatica e l’immobilità di ENI di fronte alle reali esigenze di transizione ecologica. A Milano, Ravenna, Stagno (LI), Presenzano (CE) e Licata (AG) gli attivisti e le attiviste di Rise Up 4 Climate Justice hanno costruito cinque appuntamenti invitando Frid\r\n\r\nays For Future, Extinction Rebellion, Greenpeace e i comitati territoriali a partecipare alle mobilitazioni.\r\n\r\nLa pandemia da Covid ha messo a nudo la fragilità del sistema in cui viviamo e la (falsa) imprevedibilità delle forme in cui si concretizza la crisi ecologica: le battaglie che negli ultimi anni hanno attraversato i continenti per chiedere giustizia climatica sono più attuali e urgenti che mai. In questo momento si gioca una partita fondamentale: i fondi del Next Generation EU rappresentano un’occasione unica per il capitale di ristrutturarsi in chiave green. Per questo motivo, i movimenti per la giustizia climatica si mobilitano per invertire la rotta presa da governo e istituzioni ed impedire che i fondi del recovery fund siano assegnati alle stesse multinazionali che per decenni hanno operato impunite inquinando e distruggendo comunità ed ecosistemi. La transizione ecologica non può essere un greenwashing, ma un processo giusto ed equo che conduca non solo all’azzeramento di emissioni climalteranti, ma soprattutto a un mo\r\n\r\ndello di sviluppo realmente eco-sostenibile, a una vera giustizia climatica.\r\n\r\nL’iniziativa lanciata da Rise Up 4 Climate Justice si inserisce in un contesto globale di mobilitazioni. 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La folla elogiava i suoi vestiti nuovi e nessuno osava dire che non vedeva niente, perchè non voleva sembrare stupido.\" Hans Christian Andersen nacque nel 1805 a Odense, in Danimarca, da padre ciabattino e madre lavandaia. Il suo rifugio furono le fiabe, a lui dobbiamo personaggi come l'imperatore vanitoso, il brutto anatroccolo, la piccola fiammiferaia, il soldatino di stagno, la regina delle nevi. Fu sempre perseguitato da eccessive ansia e sensibilità, aveva paura delle correnti d'aria, di perdere il treno, di sbagliare a dare la mancia, che non superò nemmeno con il successo che arrivò nel 1839. In totale scrisse 156 fiabe. Il suo personaggio più famoso è la sirenetta che preferì morire per amore piuttosto che uccidere. Un'occasione per rivedere uno dei personaggi più antichi che ha avuto più trasformazioni sia di forma che di significato. Il primo fu Ulisse, che ebbe il problema di resistere al loro canto ammaliatore che prometteva un sapere proibito. Omero non ne descriveva l'aspetto, ma dalle pitture vascolari sappiamo che i greci le vedevano come donne dal corpo di uccello. Solo successivamente le sirene divennnero donne con la coda di pesce, come quella di Andersen. Al giorno d'oggi é arrivato \"Stirpe di Pesce\" il fumetto autoprodotto di Laura Spianelli che lo scrive, lo disegna e lo colora. Andersen morì nel 1875 a Rolighed, presso Copenaghen. \"Le sirene non hanno lacrime, perciò soffrono di più.\" Buon ascolto.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2018.11.09-14.29.16-escopost.mp3\"][/audio]","17 Marzo 2019","2019-03-17 15:51:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/ANDERSEN2-200x110.jpg","HANS CHRISTIAN ANDERSEN - LA PERLA DI LABUAN 2/11/2918",1552835024,[],[],{"post_content":352},{"matched_tokens":353,"snippet":354,"value":355},[20],"piccola fiammiferaia, il soldatino di \u003Cmark>stagno\u003C/mark>, la regina delle nevi. 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Sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Nel nuovo orario dalle 11 alle 13. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n \r\n\r\n2017 11 17 anarres1\r\n\r\n2017 11 17 anarres2\r\n \r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n \r\n\r\nIl grande gioco tra Arabia Saudita, Iran e Libano. \r\nCon Lorenzo Coniglione, autore dell’articolo \"Medioriente. L’elefante nella stanza\"\r\n\r\n \r\n\r\nLivorno. Dopo l’alluvione le analisi indipendenti delle abitazioni dell’area di Stagno, dove c’è la raffineria ENI, rivelano un grave inquinamento ambientale. Domani un corteo porterà in piazza le ragioni di chi si batte per la tutela della salute e dell’ambiente. \r\nNe abbiamo parlato con Dario, un compagno che ha collaborato alla stesura del documento. \r\n\r\n \r\n\r\nLa tragica farsa dei diritti umani. 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Anche in streaming\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n \r\n\r\n2017 11 17 anarres1\r\n\r\n2017 11 17 anarres2\r\n \r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n \r\n\r\nIl grande gioco tra Arabia Saudita, Iran e Libano. \r\nCon Lorenzo Coniglione, autore dell’articolo \"Medioriente. L’elefante nella stanza\"\r\n\r\n \r\n\r\nLivorno. Dopo l’alluvione le analisi indipendenti delle abitazioni dell’area di \u003Cmark>Stagno\u003C/mark>, dove c’è la raffineria ENI, rivelano un grave inquinamento ambientale. Domani un corteo porterà in piazza le ragioni di chi si batte per la tutela della salute e dell’ambiente. \r\nNe abbiamo parlato con Dario, un compagno che ha collaborato alla stesura del documento. \r\n\r\n \r\n\r\nLa tragica farsa dei diritti umani. La Libia, l’Italia, l’ONU.\r\nNe abbiamo discusso con Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’università di Palermo\r\n\r\n \r\n\r\nLa lettera di Djarah Akan sulla schiavitù in Libia e le complicità dell’Italia\r\n\r\n \r\n\r\nIn piazza contro la violenza di genere\r\n\r\n \r\n\r\nProssimi appuntamenti\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 17 novembre\r\nCorteo e cacerolata contro la violenza patriarcale\r\nore 21 piazza Castello\r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre\r\nS-conferenza stampa della Rete Non Una di Meno\r\nper denunciare il ruolo dei media nel negare ed occultare la natura politica della violenza di genere\r\ndavanti alla RAI in via Verdi\r\nore 17,30\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 23 novembre\r\nLa Libia, l’Italia e la farsa dei diritti umani\r\nPunto info in via Po 16 ore 17\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 29 novembre\r\nore 17\r\nvia Po 16\r\npresidio contro il mercato delle armi – l’aerospace and defence meeting\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 1 dicembre\r\nore 21\r\nalla Federazione Anarchica Torinese \r\nin corso Palermo 46\r\nFemministe e anarchiche\r\n La storia, i percorsi, le pratiche di ieri e di oggi\r\n Da Emma Goldman alle ragazze del secondo millennio\r\nC’è un intreccio potente tra la dominazione patriarcale e la violenza dello Stato, del capitalismo, delle frontiere, delle religioni. Partiamo da noi stesse non per liberare “un genere” ma per oltrepassarli, perché ciascun* si costruisca un proprio percorso di libertà. \r\nLa pratica femminista si propone a tutti, a tutte a tutt*.\r\nLe anarcofemmniste guardano il mondo e lottano per cambiarlo sapendo che la rivoluzione sarà anche una festa. \r\n\r\nCon Carlotta Pedrazzini della rivista A, curatrice del dossier \"Le donne son tornate\" e del libro di Emma Goldman \"Un sogno infranto. Russia 1917\", Patrizia Nesti, anarchica e femminista della FALivornese e Maria Matteo autrice dell’articolo \"Femminicidio. 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La perdita di vita selvatica è una perdita per tutti noi, totale e irreversibile. E' quindi necessario rivedere il rapporto che instauriamo con gli altri animali, cercare di slegarlo da dinamiche di dominio e addomesticamento, e lasciarci alle spalle la convinzione che senza di noi la natura \"non se la sappia cavare da sola\" e che abbia bisogno del nostro ordine \"protettivo\".\r\n\r\nA questo proposito, riportiamo l'interessante testo scritto dal gruppo Michelotti Libero in occasione di un'iniziativa contro la privatizzazione del parco Michelotti.\r\n\r\n \r\n\r\nSELVATICO\r\n\r\nParlare di selvatico in un mondo addomesticato equivale a fare un passo avanti rispetto alle abitudini e agli schemi di pensiero in cui siamo soliti accomodarci, assuefatti a vivere in un mondo fatto di contenitori stagni e quasi completamente non comunicanti. Tra un contenitore stagno e l’altro, nastri d’asfalto, parchi gestiti, assenza di pensiero; movimenti di automi ciechi, con occhi incapaci di vedere.\r\n\r\nNon c’è selvatico, in una città, ma spesso non c’è selvatico neppure nelle campagne, divenute ormai ambiti addomesticati sui quali l’uomo, intervenendo continuamente su ciò che lo circonda, ha imposto schemi pluriripetuti di dominio e contraffazione.\r\n\r\nPer trovare una parvenza di naturalità bisogna spostarsi dall’ambiente antropocentrico in cui viviamo, andare lontano dai centri abitati, anche dai più piccoli, spingersi a latitudini diverse; oppure esiste un’altra alternativa, più remota, ma importante: riuscire a spiare tra le fessure, negli interstizi del mondo moderno, nei quali si insinua quella naturalità che l’uomo tende a escludere, dominare, trasformare a suo piacimento. Ma è una naturalità prepotente, che approfitta di ogni singolo momento di distrazione per riappropriarsi di spazi abbandonati o dimenticati, anche soltanto per tempi brevi.\r\n\r\nProprio questo è successo al Parco Michelotti di Torino. Lasciato a se stesso per un po’, ha ripreso a respirare autonomamente. Gli animali autoctoni e migranti hanno ricominciato a guadagnarsi spazi di vita: gli alberi – che l’amministrazione comunale ha smesso di gestire – sono cresciuti spontaneamente, ingrandendosi e sviluppando, man mano, la forma naturale che li caratterizza, senza gli schemi imposti dalla gestione del verde cittadino. E non solo… essenze erbacee e arbustive, più conosciute e più comuni, hanno ricominciato a proliferare, crescendo e moltiplicandosi con la forza dei semi nascosti nelle pieghe del sottosuolo, che possono restare dormienti per anni, fino a quando diventa possibile riguadagnare uno spazio di libertà. Nel Parco Michelotti, che di questo processo di rinselvatichimento è un simbolo, tale libertà è esplosa e si è accresciuta, le differenze si sono moltiplicate, l’area verde ha iniziato a respirare, da sola, senza l’ausilio di nessuno. Persino le gabbie sono diventate spazi da rioccupare, che la natura, poco a poco, sta abbracciando, pronta a distruggerle o a ridestinarle a usi molto diversi da quello per cui sono state pensate: imprigionare il vivente.\r\n\r\nIl selvatico rappresenta una categoria autosufficiente e come tale è vissuta da tutti gli esseri viventi, tranne che dall’essere umano, che ha invece l’abitudine di misurare ogni cosa attraverso categorie che lo comprendono o che passano attraverso i suoi occhi.\r\n\r\nIl riconoscimento del selvatico scardina questo punto di vista.\r\n\r\nPer riacquisire una posizione paritaria rispetto a quella degli altri esseri viventi, è necessario abbattere le nostre gabbie mentali, esercitarci a rivoluzionare usanze e pensieri, distogliere lo sguardo dalle convenzioni alle quali siamo stati abituati, quelle che pongono l’uomo al centro di tutto, come il fulcro della vita e della realtà, addomesticati noi stessi dalla società, dal sistema, incapaci di vedere e di essere liberi e selvatici. Ogni giorno, volutamente – anche se forse non consapevolmente – rinunciamo infatti alla nostra libertà di scoprire e incuriosirci, appagati e rassicurati dall’idea di mondo che ci hanno insegnato come reale e immutabile, confortevolmente accomodati tra le abitudini interiorizzate: la casa, la famiglia e tutte le relazioni, il lavoro, il nostro modo di determinarci e di definirci all’interno di una realtà che crediamo di aver scelto e che pensiamo di stare creando, ma fagocitati da essa, semplici ingranaggi di un meccanismo su cui non agiamo, incapaci anche solo di vederlo nel suo insieme\r\n\r\nContro ogni gabbia\r\n\r\nliber tutt di entrare e di uscire\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la puntata qui:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/selvatico1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/selvatico2.mp3\"][/audio]","28 Febbraio 2017","2019-01-31 12:51:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/amazzonia3-200x110.jpg","Riflessioni sul selvatico",1488313104,[407,408,409],"http://radioblackout.org/tag/ecologismo/","http://radioblackout.org/tag/liberazione-animale/","http://radioblackout.org/tag/selvatico/",[411,305,297],"ecologismo",{"post_content":413},{"matched_tokens":414,"snippet":415,"value":416},[20],"non comunicanti. 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Ma è una naturalità prepotente, che approfitta di ogni singolo momento di distrazione per riappropriarsi di spazi abbandonati o dimenticati, anche soltanto per tempi brevi.\r\n\r\nProprio questo è successo al Parco Michelotti di Torino. Lasciato a se stesso per un po’, ha ripreso a respirare autonomamente. Gli animali autoctoni e migranti hanno ricominciato a guadagnarsi spazi di vita: gli alberi – che l’amministrazione comunale ha smesso di gestire – sono cresciuti spontaneamente, ingrandendosi e sviluppando, man mano, la forma naturale che li caratterizza, senza gli schemi imposti dalla gestione del verde cittadino. E non solo… essenze erbacee e arbustive, più conosciute e più comuni, hanno ricominciato a proliferare, crescendo e moltiplicandosi con la forza dei semi nascosti nelle pieghe del sottosuolo, che possono restare dormienti per anni, fino a quando diventa possibile riguadagnare uno spazio di libertà. Nel Parco Michelotti, che di questo processo di rinselvatichimento è un simbolo, tale libertà è esplosa e si è accresciuta, le differenze si sono moltiplicate, l’area verde ha iniziato a respirare, da sola, senza l’ausilio di nessuno. 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In preparazione la bella...magari LIVE! Buon ascolto di questa durissima battaglia senza fine, a colpi di musica e set audio senza pietà.\r\n\r\n2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 1 2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 2 2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 3 2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 4 2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 5 2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 6 2016.04.27_sfida_tuttipazzi_VS_musicaedintorni_#2 Section 7\r\n\r\n\r\n\r\n ","5 Maggio 2016","2018-11-01 23:33:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/13115640_10209497945668538_226547827_n-200x110.jpg","I Podcast di TuttiPazzi [(A)prile 2016]",1462439953,[433,434,435,436,437,438,439,440,441],"http://radioblackout.org/tag/anarchia/","http://radioblackout.org/tag/azione-diretta/","http://radioblackout.org/tag/ccf/","http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/degrado/","http://radioblackout.org/tag/disagio/","http://radioblackout.org/tag/hardcore/","http://radioblackout.org/tag/sfida/","http://radioblackout.org/tag/tutti-pazzi/",[443,444,445,446,295,447,448,291,272],"anarchia","azione diretta","ccf","cie","disagio","hardcore",{"post_content":450},{"matched_tokens":451,"snippet":452,"value":453},[20],"Section 3\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n20 (A)prile\r\n\r\n- \"Lo \u003Cmark>stagno\u003C/mark> morto e l'acqua fresca\": considerazioni","06 (A)prile\r\n\r\n- Monica e Francisco: sentenza di condanna per l'attacco incendiario di cui sono accusati\r\n- Considerazioni sugli Sprar e l'hardcore\r\n- CIE: Appello per il presidio\r\n- \"Giro Matto\": comunicati azioni dirette dal mondo intero\r\n\r\n2016.04.06 Section 1\r\n\r\n2016.04.06 Section 2\r\n\r\n2016.04.06 Section 3\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n13 (A)prile\r\n\r\n-\r\n- \"Giro Matto\": comunicati azioni dirette dal mondo intero\r\n\r\n2016.04.13 Section 1\r\n\r\n2016.04.13 Section 2\r\n\r\n2016.04.13 Section 3\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n20 (A)prile\r\n\r\n- \"Lo \u003Cmark>stagno\u003C/mark> morto e l'acqua fresca\": considerazioni sulla dicotomia anarchia sociale / antisociale\r\n- Grecia, CCF: \"Sempre colpevole\", lettera di Panagiotis a proposito del processo per i 250 attacchi delle CCF\r\n- Roma: ennesimo avvicinamento ad un compagno anarchico da parte di loschi figuri governativi\r\n- \"Giro Matto\": comunicati azioni dirette dal mondo intero\r\n\r\n2016.04.20 Section 1\r\n\r\n2016.04.20 Section 2\r\n\r\n2016.04.20 Section 3\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n27 (A)prile\r\n\r\nSeconda sfida tra \"Tutti Pazzi\" e \"Musica e dintorni\": questo round ce lo siamo aggiudicati noi! 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Complici di questa catena sono anche le multinazionali come Apple,Intel,Sony Motorola ,Lockheed Martin che acquistano consapevolmente i minerali riciclati dal Ruanda e provenienti dalle miniere artiginiali congolesi. Si tratta dei minerali 3T ,il tantalio che serve per i microchip e telefonini ,il tungsteno che funge da dissipatore di calore,lo stagno che viene utilizzato come saldatura sui circuiti stampati. Minerali rari e strategici che si trovano nella RDC e per le loro caratteristiche vengono utilizzati per dispositivi medici,produzione di pale di turbine, ugelli di razzi,nasi di aerei supersonici ,dispositivi elettronici dai computer agli smartphone . La catena del contrabbando è gestista dal Ruanda che pur possedendo appena il 7% di queste risorse copre il 15% del commercio mondiale di tantalio ed è il maggior esportatore mondiale di coltan. Il controllo delle miniere è oggetto di contesa fra le 120 milizie che imperversano nellla regione orientale del Kivu , alimentando una guerra ormai trentennale con il corollario di vittime civili,stupri di massa, quasi 7 milioni di profughi,vessazioni e violenze di ogni genere. Il Ruanda (presente sul territorio congolese dal 1994 ) sostiene il movimento M23 che dopo una breve tregua ha ripreso la sua attività conquistando imortanti siti minerari e assediando Goma, il capoluogo del Nord Kivu.\r\n\r\nLa complicità delle grandi aziende tecnologiche nell'alimentare questo sistema fraudolento di commercio illegale delle risorse congolesi emerge dal rapporto anche in relazione al sistema ,totalmente inefficace ,di tracciamento dei minerali gestisto da mediatori e trafficanti occidentali che ha come scopo quello di coprire la catena del valore che si basa sul contrabbando e che penalizza i soggetti più deboli come i piccoli minatori delle miniere artigianali.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/bastioni-e-liberation-congo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://amsterdamandpartners.com/wp-content/uploads/2024/04/2024.04.25-AP-DRC-Blood-Minerals.pdf\r\n\r\n \r\n\r\n ","26 Maggio 2024","2024-05-26 18:12:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 23/05/2024-CONGO: IL SACCHEGGIO DELLE RISORSE CONTINUA,I MINERALI INSAGUINATI E LO SCANDALO GEOLOGICO DI UN PAESE TROPPO RICCO MA SEMPRE PIU'POVERO.",1716747140,[471,472],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/liberation-front/",[474,276],"Bastioni di Orione",{"post_content":476},{"matched_tokens":477,"snippet":478,"value":479},[20],"funge da dissipatore di calore,lo \u003Cmark>stagno\u003C/mark> che viene utilizzato come saldatura sui","Bastioni di Orione insieme a Liberation front in questa puntata racconta della spoliazione delle risorse del Congo prendendo spunto da un report dello studio legale \"Amsterdam and partners\" commissionato dal governo congolese,in cui senza reticenze e con dovizia di dati si denuncia il saccheggio sistematico e il contrabbando oltre confine da parte del Ruanda dei minerali strategici del Congo. Complici di questa catena sono anche le multinazionali come Apple,Intel,Sony Motorola ,Lockheed Martin che acquistano consapevolmente i minerali riciclati dal Ruanda e provenienti dalle miniere artiginiali congolesi. Si tratta dei minerali 3T ,il tantalio che serve per i microchip e telefonini ,il tungsteno che funge da dissipatore di calore,lo \u003Cmark>stagno\u003C/mark> che viene utilizzato come saldatura sui circuiti stampati. Minerali rari e strategici che si trovano nella RDC e per le loro caratteristiche vengono utilizzati per dispositivi medici,produzione di pale di turbine, ugelli di razzi,nasi di aerei supersonici ,dispositivi elettronici dai computer agli smartphone . La catena del contrabbando è gestista dal Ruanda che pur possedendo appena il 7% di queste risorse copre il 15% del commercio mondiale di tantalio ed è il maggior esportatore mondiale di coltan. Il controllo delle miniere è oggetto di contesa fra le 120 milizie che imperversano nellla regione orientale del Kivu , alimentando una guerra ormai trentennale con il corollario di vittime civili,stupri di massa, quasi 7 milioni di profughi,vessazioni e violenze di ogni genere. Il Ruanda (presente sul territorio congolese dal 1994 ) sostiene il movimento M23 che dopo una breve tregua ha ripreso la sua attività conquistando imortanti siti minerari e assediando Goma, il capoluogo del Nord Kivu.\r\n\r\nLa complicità delle grandi aziende tecnologiche nell'alimentare questo sistema fraudolento di commercio illegale delle risorse congolesi emerge dal rapporto anche in relazione al sistema ,totalmente inefficace ,di tracciamento dei minerali gestisto da mediatori e trafficanti occidentali che ha come scopo quello di coprire la catena del valore che si basa sul contrabbando e che penalizza i soggetti più deboli come i piccoli minatori delle miniere artigianali.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/bastioni-e-liberation-congo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://amsterdamandpartners.com/wp-content/uploads/2024/04/2024.04.25-AP-DRC-Blood-Minerals.pdf\r\n\r\n \r\n\r\n ",[481],{"field":104,"matched_tokens":482,"snippet":478,"value":479},[20],578730089005449300,{"best_field_score":485,"best_field_weight":191,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":48,"score":486,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":22},"1108074561536","578730089005449329",6637,{"collection_name":322,"first_q":20,"per_page":99,"q":20},4,["Reactive",491],{},["Set"],["ShallowReactive",494],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fgA4Sm83WPAIs8Rp9XPsy_v19527cSPZj5PcPqo40Xy4":-1},true,"/search?query=stagno"]