","I reparti confino del nuovo millennio",1415201373,[99,100,101,102,103,104,105,106,107],"http://radioblackout.org/tag/fiat/","http://radioblackout.org/tag/ilva/","http://radioblackout.org/tag/marchionne/","http://radioblackout.org/tag/nola/","http://radioblackout.org/tag/osr/","http://radioblackout.org/tag/pomigliano/","http://radioblackout.org/tag/reparto-confino/","http://radioblackout.org/tag/revelli/","http://radioblackout.org/tag/valletta/",[109,110,24,14,12,22,28,16,18],"fiat","ilva",{"post_content":112},{"matched_tokens":113,"snippet":114,"value":115},[72],"di corso Peschiera, soprannominata \"Officina \u003Cmark>stella\u003C/mark> rossa. Qui finivano gli operai","In un reportage uscito sull'ultimo numero dell'Internazionale Alessandro Leogrande ci racconta una storia che pensavamo seppellita nel passato della lotta di classe. In realtà i padroni, che la guerra per l'asservimento dei lavoratori la combattono e la vincono da trent'anni, nonostante l'aura di modernità con cui ama ammantarsi il capitalismo, certi attrezzi, ferocemente desueti, non li hanno mai messi in soffitta.\r\nIl reparto confino è il luogo dove vengono \"relegati i dipendenti ritenuti 'facinorosi', 'ingovernabili', 'ingestibili'. Hanno la forma di palazzine non ristrutturate, o di spogli magazzini, o di uffici fino ad allora disadorni e che tali rimangono.\r\nAi lavoratori “confinati” non è chiesto di produrre, ma di passare le giornate senza fare niente, guardando il soffitto o girandosi i pollici, fino a quando quel lento, prolungato stato di inazione non diventa una forma estrema di violenza contro la propria mente e il proprio corpo. Il confinato vive in una condizione di perenne sospensione in cui la fabbrica finisce per apparirgli come un mondo a parte, che può essere osservato solo attraverso uno spioncino. In breve, il confinato diventa monito per tutti gli altri, per tutti quelli cioè che continuano a lavorare alla catena. Se non ti comporti bene, ecco cosa ti aspetta… Allo stesso tempo, chi è spedito in un reparto confino è costantemente esposto al ricatto di passare dal confinamento al licenziamento, di cadere dalla padella nella brace.\"\r\nI reparti confino sono una specialità Fiat. Negli anni cinquanta c'era a Torino l'OSR - Officina Sussidiaria Ricambi di corso Peschiera, soprannominata \"Officina \u003Cmark>stella\u003C/mark> rossa. Qui finivano gli operai più combattivi. Più di recente, all'inizio degli anni Ottanta, dopo la sconfitta della lotta dei 35 giorni, alcuni operai prima del licenziamento subirono il confino.\r\nOggi è il turno di Pomigliano. In questo stabilimento Fiat la resistenza all'imposizione del modello Marchionne, il manager svizzero, proiettato a New York, ma con lo stesso piglio del vecchio Valletta, è stata molto forte. Il prezzo della sconfitta molto duro. Sono 316 gli operai che ogni giorno salgono sul pullman diretto al reparto confino di Nola.\r\nIl reparto confino distrugge la dignità del lavoratore, lo isola dai suoi compagni di fabbrica, ne fiacca la resistenza. E' come il carcere: devi andare, far passare il tempo che non passa sotto gli occhi dei sorveglianti. A differenza del carcere ruba solo otto ore della tua giornata. Come in carcere sono tanti queolli che non reggono e decidono di farla finita.\r\n\u003Cmark>Maria\u003C/mark> Baratta, operaia di 47 anni lo scorso 21 maggio si è ammazzata colpendosi ripetutamente all'addome con un coltello. Era in cassaintegrazione da sei anni, 800 euro al mese di stipendio, una del reparto confino di Nola.\r\nIn un'intervista per il documentario \"la fabbrica incerta\" diceva: “a 22 anni montavo il tergilunotto sull’Alfa 33 da sola, oggi prendo psicofarmaci”. (...)\r\n\"Dopo la sua morte, sono stati licenziati cinque operai che hanno protestato contro la dirigenza aziendale a Pomigliano. Si erano finti cadaveri, imbrattandosi di sangue e stendendosi sull’asfalto, dopo aver appeso a un palo della luce un manichino con la faccia di Marchionne.\"\r\nVari altri operai e operaie della Fiat di Pomigliano, non hanno retto, qualcuno si è ammazzato, qualcuno ha anche sterminato la famiglia, secondo il sanguinoso rituale prevalentemente maschile che sta insanguinando l'Italia.\r\nNel suo articolo Leogrande ricorda il laminatoio LAF, il reparto confino istituito dalla famiglia Riva, quando prese possesso dell'ILVA. Nota inoltre che le vicende tragiche degli operai morti, piegati, malati costretti nei reparti di isolamento ci raccontano dell'Italia delle fabbriche, di quella dove ancora ci sono margini di resistenza, che la grande macina della precarietà e del caporalato non offrono.\r\nScrive ancora Leogrande \"Al terrore dei “facinorosi” di ieri, si è sostituito il mito attuale della “governabilità” della fabbrica. Tutto ciò che è governabile può essere mantenuto in Italia. Tutto ciò che è “ingovernabile” dovrà necessariamente far posto ad altri stabilimenti, magari aperti in altri lidi e paesi. Nell’attesa, si creano delle falle: la lotta sotterranea tra governabilità e ingovernabilità passa attraverso l’antica tradizione dei reparti confino.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Marco Revelli, docente universitario e sociologo, che a lungo si è occupato della FIAT, dei reparti confino da Valletta ai giorni nostri.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nrevelli_confino",[117],{"field":77,"matched_tokens":118,"snippet":114,"value":115},[72],{"best_field_score":81,"best_field_weight":82,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":83,"tokens_matched":84,"typo_prefix_score":84},{"document":121,"highlight":135,"highlights":141,"text_match":144,"text_match_info":145},{"cat_link":122,"category":123,"comment_count":43,"id":124,"is_sticky":43,"permalink":125,"post_author":46,"post_content":126,"post_date":127,"post_excerpt":49,"post_id":124,"post_modified":128,"post_thumbnail":129,"post_thumbnail_html":130,"post_title":131,"post_type":52,"sort_by_date":132,"tag_links":133,"tags":134},[40],[42],"30921","http://radioblackout.org/2015/07/in-corso-di-realizzazione-uninchiesta-sui-morti-nei-cie-italiani/","“Morti di CIE – Storie di ordinaria detenzione amministrativa” è un progetto d’inchiesta autonomo e indipendente che, attraverso il lavoro di studiosi ed esperti delle tematiche del diritto dell’immigrazione, antropologi, fotografi, videomakers, giornalisti e grafici, tutti impegnati nell’attivismo per la tutela dei diritti umani, vuole raccontare e analizzare ogni singolo caso di decesso all’interno delle strutture di detenzione per migranti irregolari dal 1998 ad oggi.\r\nL’inchiesta vuole capire come la Magistratura italiana ha valutato e giudicato ogni singolo caso, e se per questa ci sono dei colpevoli o meno. Il progetto non ha finalità giustizialiste, non si pone l’obiettivo di trovare una “giustizia legale”, giuridica, o peggio, una giustizia meramente tribunalesca.\r\n\r\nSul sito www.mortidicie.org ci sono le istruzioni per chi vuole contribuire alle spese per la realizzazione di questo lavoro che una volta ultimato potrà essere un utile strumento nella lotta per la chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Non mancano anche le serate benefit, sabato scorso allo spazio libertario Stella Nera di Modena Alessio Lega ha tenuto un concerto gratuitamente per finanziare il progetto.\r\n\r\nAscolta l'intervista con Nicholas:\r\n\r\nUnknown","22 Luglio 2015","2015-07-23 21:40:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/logoMORIdiCIE_homepage-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"86\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/logoMORIdiCIE_homepage-300x86.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/logoMORIdiCIE_homepage-300x86.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/logoMORIdiCIE_homepage.png 528w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","In corso di realizzazione un'inchiesta sui morti nei CIE italiani",1437608884,[],[],{"post_content":136},{"matched_tokens":137,"snippet":139,"value":140},[138],"Magis","L’inchiesta vuole capire come la \u003Cmark>Magis\u003C/mark>tratura italiana ha valutato e giudicato ogni","“Morti di CIE – Storie di ordinaria detenzione amministrativa” è un progetto d’inchiesta autonomo e indipendente che, attraverso il lavoro di studiosi ed esperti delle tematiche del diritto dell’immigrazione, antropologi, fotografi, videomakers, giornalisti e grafici, tutti impegnati nell’attivismo per la tutela dei diritti umani, vuole raccontare e analizzare ogni singolo caso di decesso all’interno delle strutture di detenzione per migranti irregolari dal 1998 ad oggi.\r\nL’inchiesta vuole capire come la \u003Cmark>Magis\u003C/mark>tratura italiana ha valutato e giudicato ogni singolo caso, e se per questa ci sono dei colpevoli o meno. 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Nell'appello per la manifestazione, cui prenderanno parte anche esponenti della comunità curda a Torino, gli organizzatori scrivono \"Ovunque Kobane, ovunque resistenza! Da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – ha liberato il proprio territorio sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l’uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell’ambiente.\r\nProprio in queste ore, la “confederazione democratica” del Rojava è sotto attacco.\r\nLe sue milizie di difesa del popolo (YPG) e delle donne (YPJ), con l’aiuto dei guerriglieri del PKK, stanno combattendo – in particolare nel cantone di Kobane – un’eroica e disperata resistenza contro i tagliagole dello “Stato islamico”.\r\nL’autogoverno del Rojava sta dimostrando sul campo la possibilità di un’ alternativa alla balcanizzazione del Medio oriente, alla guerra fratricida, alla rapina delle risorse…\r\nProprio per questo si trova isolato, censurato, strangolato, dalla politica ipocrita di tutte le forze statali e capitaliste (Turchia in testa), che sostengono di fatto l’avanzata dell’I.S., mentre pubblicamente fingono di opporvisi.\r\nProprio per questo, in ogni dove c’è chi sta riconoscendo come propria la resistenza degli uomini e delle donne di Rojava!\r\nSpezziamo l’isolamento! Sosteniamo la resistenza popolare in Rojava!\"\r\n\r\nLe notizie che filtrano dai media e dalle agenzie curde riferiscono di una contr'offensiva delle milizie curde che ha posto un piccolo argine alla loro avanzata nella città. Le frontiere con la Turchia, aperte ai rifornimenti all'IS, restano chiuse per gli aiuti di cibo, armi e volontari diretti a Kobané.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Daniele Pepino, che conosce bene la situazione nel paese, spesso nostro interlocutore sulla situazione in quest'area.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ndaniele_curdi\r\n\r\nDi seguito l'articolo di David Graeber, uscito sul Guardian, e diffuso da vari siti di movimento, e proposto agli ascoltatori di Blackout durante l'info.\r\n\r\nNel 1937, mio padre si arruolò volontario per combattere nelle Brigate Internazionali in difesa della Repubblica Spagnola. Quello che sarebbe stato un colpo di Stato fascista era stato temporaneamente fermato da un sollevamento dei lavoratori, condotto da anarchici e socialisti, e nella maggior parte della Spagna ne seguì una genuina rivoluzione sociale che portò intere città sotto il controllo di sistemi di democrazia diretta, le fabbriche sotto la gestione operaia e le donne ad assumere sempre più potere.\r\n\r\nI rivoluzionari spagnoli speravano di creare la visione di una società libera cui il mondo intero avrebbe potuto ispirarsi. Invece, i poteri mondiali dichiararono una politica di “non intervento” e mantennero un rigoroso embargo nei confronti della repubblica, persino dopo che Hitler e Mussolini, apparenti sostenitori di tale politica di “non intervento”, iniziarono a fare affluire truppe e armi per rinforzare la fazione fascista. Ne risultarono anni di guerra civile terminati con la soppressione della rivoluzione e con uno dei più sanguinosi massacri del secolo.\r\n\r\nNon avrei mai pensato di vedere, nel corso della mia vita, la stessa cosa accadere nuovamente. Ovviamente, nessun evento storico accade realmente due volte. Ci sono infinite differenze fra quello che accadde in Spagna nel 1936 e quello che sta accadendo ora in Rojava, le tre province a larga maggioranza curda nel nord della Siria. Ma alcune delle somiglianze sono così stringenti e così preoccupanti che credo sia un dovere morale per me, cresciuto in una famiglia le cui idee politiche furono in molti modi definite dalla Rivoluzione spagnola, dire: non possiamo fare sì che tutto ciò finisca ancora una volta allo stesso modo.\r\n\r\nLa regione autonoma del Rojava, così come esiste oggi, è uno dei pochi raggi di luce – un raggio di luce molto luminoso, a dire il vero – a emergere dalla tragedia della Rivoluzione siriana. Dopo aver scacciato gli agenti del regime di Assad nel 2011, nonostante l’ostilità di quasi tutti i suoi vicini, il Rojava non solo ha mantenuto la sua indipendenza, ma si è configurato come un considerevole esperimento democratico. Sono state create assemblee popolari che costituiscono il supremo organo decisionale, consigli che rispettano un attento equilibrio etnico (in ogni municipalità, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un assiro o armeno cristiano, e almeno uno dei tre deve essere una donna), ci sono consigli delle donne e dei giovani, e, in un richiamo degno di nota alle Mujeres Libres della Spagna, c’è un’armata composta esclusivamente da donne, la milizia “YJA Star” (l’”Unione delle donne libere”, la cui stella nel nome si riferisce all’antica dea mesopotamica Ishtar), che ha condotto una larga parte delle operazioni di combattimento contro le forze dello Stato Islamico.\r\n\r\nCome può qualcosa come tutto questo accadere ed essere tuttavia perlopiù ignorato dalla comunità internazionale, persino, almeno in gran parte, dalla sinistra internazionale? Principalmente, sembra, perché il partito rivoluzionario del Rojava, il PYD, lavora in alleanza con il turco Partito Curdo dei Lavoratori (PKK), un movimento combattente marxista impegnato sin dagli anni Settanta in una lunga guerra contro lo Stato turco. La Nato, gli Stati Uniti e l’Unione Europea lo classificano ufficialmente come “organizzazione terroristica”. Nel frattempo, l’opinione di sinistra lo descrive spesso come Stalinista.\r\n\r\nMa, in realtà, il PKK non assomiglia neppure lontanamente al vecchio, organizzato verticalmente, partito Leninista che era una volta. La sua evoluzione interna, e la conversione intellettuale del suo fondatore, Abdullah Ocalan, detenuto in un’isola-prigione turca dal 1999, lo hanno condotto a cambiare radicalmente i propri scopi e le proprie tattiche.\r\n\r\nIl PKK ha dichiarato che esso non cerca nemmeno più di creare uno Stato curdo. Invece, ispirato in parte dalla visione dell’ecologista sociale e anarchico Murray Bookchin, ha adottato una visione di “municipalismo libertario”, invitando i curdi a formare libere comunità basate sull’autogoverno, basate sui principi della democrazia diretta, che si federeranno tra loro aldilà dei confini nazionali – che si spera che col tempo diventino sempre più privi di significato. In questo modo, suggeriscono i curdi, la loro lotta potrebbe diventare un modello per un movimento globale verso una radicale e genuina democrazia, un’economia cooperativa e la graduale dissoluzione dello stato-nazione burocratico.\r\n\r\nA partire dal 2005 il PKK, ispirato dalla strategia dei ribelli zapatisti in Chiapas, ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nei confronti dello Stato turco e ha iniziato a concentrare i propri sforzi nello sviluppo di strutture democratiche nei territori di cui già ha il controllo. Alcuni si sono chiesti quanto realmente sinceri siano questi sforzi. Ovviamente, elementi autoritari rimangono. Ma quello che è successo in Rojava, dove la Rivoluzione siriana ha dato ai curdi radicali la possibilità di condurre tali esperimenti su territori ampi e confinanti fra loro, suggerisce che tutto ciò è tutt’altro che un’operazione di facciata. Sono stati formati consigli, assemblee e milizie popolari, le proprietà del regime sono state trasformate in cooperative condotte dai lavoratori – e tutto nonostante i continui attacchi dalle forze fasciste dell’ISIS. Il risultato combacia perfettamente con ogni definizione possibile di “rivoluzione sociale”. Nel Medio Oriente, almeno, tali sforzi sono stati notati: particolarmente dopo che il PKK e le forze del Rojava per combattere efficacemente e con successo nei territori dell’ISIS in Iraq per salvare migliaia di rifugiati Yezidi intrappolati sul Monte Sinjar dopo che le locali milizie peshmerga avevano abbandonato il campo di battaglia. Queste azioni sono state ampiamente celebrate nella regione, ma, significativamente, non fecero affatto notizia sulla stampa europea o nord-americana.\r\n\r\nOra, l’ISIS è tornato, con una gran quantità di carri armati americani e di artiglieria pesante sottratti alle forze irachene, per vendicarsi contro molte di quelle stesse milizie rivoluzionarie a Kobané, dichiarando la loro intenzione di massacrare e ridurre in schiavitù – si, letteralmente ridurre in schiavitù – l’intera popolazione civile. Nel frattempo, l’armata turca staziona sui confini, impedendo che rinforzi e munizioni raggiungano i difensori, e gli aeroplani americani ronzano sopra la testa compiendo occasionali, simbolici bombardamenti dall’effetto di una puntura di spillo, giusto per poter dire che non è vero che non fanno niente contro un gruppo in guerra con i difensori di uno dei più grandi esperimenti democratici mondiali.\r\n\r\nSe oggi c’è un analogo dei Falangisti assassini e superficialmente devoti di Franco, chi potrebbe essere se non l’ISIS? Se c’è un analogo delle Mujeres Libres di Spagna, chi potrebbero essere se non le coraggiose donne che difendono le barricate a Kobané? 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Leggendo il loro comunicato, nella prima parte della puntata, abbiamo ripreso alcune delle riflessioni dell'anno scorso in cui abbiamo approfondito la questione della violenza psichiatrica nelle strutture ospedaliere - SPDC - e in quelle detentive - REMS, ATSM, CPR.\r\n\r\nLa morte della psichiatra è stata strumentalizzata. 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Ci siamo prese più spazio per raccontarvi e leggervi degli estratti da Streghe, isteriche e untrici. Il ruolo della medicina nella repressione delle donne (Anarcoqueer edizioni, 2023). Questo è un libro di cui abbiamo già avuto l'occasione di discutere nelle puntate precedenti ma oggi lo approfondiamo e ve lo raccontiamo nella sua complessità. Potete trovarlo a Torino nella distro radio o da Porfido (altrimenti cercare qui)\r\n\r\nProseguiamo dandovi nuovi aggiornamenti sulla questione violenze nelle strutture di Stella Maris (Pisa) con il collettivo antipsichiatrico Artaud.\r\n\r\nChiudiamo rilanciando alcuni aggiornamenti sullo stato del caso Cospito (articolo InfoAut) e sui numerosi eventi che avranno luogo questa settimana.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/ricongiunzioni-21062023.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDownload qui ->ricongiunzioni-21062023\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","21 Giugno 2023","2023-06-21 10:31:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/photo_2023-06-21_10-18-59-200x110.png","STREGHE E SAPERI MEDICI + AGGIORNAMENTI DEL 20/06/2023",1687343481,[383,384,237,385],"http://radioblackout.org/tag/collettivo-artaud/","http://radioblackout.org/tag/edizioni-anarcoqueer/","http://radioblackout.org/tag/streghe/",[201,387,183,205],"edizioni anarcoqueer",{"post_content":389,"tags":393},{"matched_tokens":390,"snippet":391,"value":392},[347,348],"questione violenze nelle strutture di \u003Cmark>Stella\u003C/mark> \u003Cmark>Maris\u003C/mark> (Pisa) con il collettivo antipsichiatrico","Oggi puntata più lunga del solito. 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Potete trovarlo a Torino nella distro radio o da Porfido (altrimenti cercare qui)\r\n\r\nProseguiamo dandovi nuovi aggiornamenti sulla questione violenze nelle strutture di \u003Cmark>Stella\u003C/mark> \u003Cmark>Maris\u003C/mark> (Pisa) con il collettivo antipsichiatrico Artaud.\r\n\r\nChiudiamo rilanciando alcuni aggiornamenti sullo stato del caso Cospito (articolo InfoAut) e sui numerosi eventi che avranno luogo questa settimana.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/ricongiunzioni-21062023.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDownload qui ->ricongiunzioni-21062023\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[394,396,398,400],{"matched_tokens":395,"snippet":201,"value":201},[],{"matched_tokens":397,"snippet":387,"value":387},[],{"matched_tokens":399,"snippet":261,"value":261},[72,260],{"matched_tokens":401,"snippet":205,"value":205},[],[403,409],{"field":31,"indices":404,"matched_tokens":405,"snippets":407,"values":408},[84],[406],[72,260],[261],[261],{"field":77,"matched_tokens":410,"snippet":391,"value":392},[347,348],{"best_field_score":278,"best_field_weight":279,"fields_matched":84,"num_tokens_dropped":43,"score":370,"tokens_matched":84,"typo_prefix_score":43},{"document":413,"highlight":429,"highlights":443,"text_match":276,"text_match_info":452},{"comment_count":43,"id":414,"is_sticky":43,"permalink":415,"podcastfilter":416,"post_author":225,"post_content":417,"post_date":418,"post_excerpt":49,"post_id":414,"post_modified":419,"post_thumbnail":420,"post_title":421,"post_type":231,"sort_by_date":422,"tag_links":423,"tags":426},"82158","http://radioblackout.org/podcast/45-anni-di-legge-basaglia-del-16-05-2023/",[190],"A pochi giorni dai festeggiamenti del 45esimo anniversario della storica legge 180 per la chiusura dei manicomi, torniamo in onda con una puntata dedicata all'antipsichiatria.\r\n\r\nCominciamo con la lettura di un articolo di Napoli Monitor: L’odore del manicomio. 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