","Libia. Nuova minaccia salafita","post",1540306529,[65,66,67,68,69,70,71,72,73],"http://radioblackout.org/tag/al-saidi/","http://radioblackout.org/tag/al-sarraj/","http://radioblackout.org/tag/ambasciata/","http://radioblackout.org/tag/cirenaica/","http://radioblackout.org/tag/conferenza-di-palermo/","http://radioblackout.org/tag/haftar/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/perrone/","http://radioblackout.org/tag/tripolitania/",[75,30,76,23,77,18,15,78,20],"al saidi","ambasciata","conferenza di palermo","perrone",{"post_content":80,"tags":85},{"matched_tokens":81,"snippet":83,"value":84},[82],"Tripolitania","prendere il controllo anche della \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>, dove il governo Al Sarraj,","La conferenza del 12 e 13 novembre promossa a Palermo dal governo italiano ha un percorso sempre più in salita. Forte è il rischio di defezioni importanti come quella di Haftar, il signore della Cirenaica appoggiato dalla Francia, che ambisce a prendere il controllo anche della \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>, dove il governo Al Sarraj, appoggiato dall'Italia, è sempre più debole, ostaggio delle milizie.\r\nOggi è a Roma Ali al Saidi, deputato del Parlamento libico con sede a Tobruk, membro della commissione Interni assai vicino a Khalifa Haftar. Al Saidi, è nella capitale come inviato del presidente del Parlamento.\r\n\r\nLa partecipazione di Haftar è sempre meno probabile, mentre è pressoché certo che non ci sarà il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh. Al Saidi qualche giorno fa aveva detto che «Questa conferenza non farà altro che acuire la crisi libica perché ci sono paesi come l’Italia che fanno di tutto per proseguirla».\r\n\r\nLa posizione dell'Italia si è molto indebolita con il nuovo governo. Il ministro dell'Interno Salvini non gode delle robuste maniglie di cui godeva Minniti, che, come viceministro aveva avuto per anni la delega ai servizi segreti, che sono i reali gestori degli accordi in un paese governato da logiche tribali e controllato da potenti milizie.\r\nAll'ambasciata italiana a Tripoli manca da mesi l'ambasciatore Perrone, esibitosi in diretta TV in dichiarazioni che hanno dimostrato la sua conoscenza dell'arabo ma anche una scarsa accortezza diplomatica. Perrone aveva dichiarato che i libici non erano maturi per elezioni a dicembre. Le proteste di piazza e e bandiere tricolori bruciate avevano indotto il governo a richiamarlo.\r\n\r\nParlando al sito web «al Wasat», Al Saidi, deputato eletto nel distretto di Wadi al Shati, regione storica meridionale del Fezzan, ha chiesto che venga riaperto il consolato d’Italia a Bengasi e che venga attuato il progetto per realizzare l’arteria stradale ovest-est tra Ras Jedir, valico al confine con la Tunisia, e Musaid, vicino al confine con l’Egitto. In particolare è il primo lotto dell’arteria su cui si punta, quello dal confine egiziano a Bengasi, grazie a cui migliorerebbe il flusso delle merci ma anche la sicurezza in Cirenaica. Una commessa da un miliardo di dollari in cui sono coinvolte alcune aziende italiane come Salini Impregilo.\r\n\r\nQuestione di affari, ma anche di politica, vista la presenza di milizie salafite nella zona, peraltro alleate con il \"laico\" Haftar.\r\n\r\nAltre milizie salafite sono tra quelle che controllano Tripoli e sono attive anche a Misurata.\r\nIl gioco delle alleanze potrebbe favorirne l'ascesa. Dopo l'Isis la partita con i salafiti sarebbe quindi tutt'altro che chiusa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesca Mannocchi, giornalista free lance, più volte inviata in Libia, autrice di articoli e corrispondenze per l'Espresso, la7, al Jazeera.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 10 23 libia mannocchi",[86,88,90,92,94,96,98,100,102],{"matched_tokens":87,"snippet":75},[],{"matched_tokens":89,"snippet":30},[],{"matched_tokens":91,"snippet":76},[],{"matched_tokens":93,"snippet":23},[],{"matched_tokens":95,"snippet":77},[],{"matched_tokens":97,"snippet":18},[],{"matched_tokens":99,"snippet":15},[],{"matched_tokens":101,"snippet":78},[],{"matched_tokens":103,"snippet":104},[20],"\u003Cmark>tripolitania\u003C/mark>",[106,112],{"field":39,"indices":107,"matched_tokens":109,"snippets":111},[108],8,[110],[20],[104],{"field":113,"matched_tokens":114,"snippet":83,"value":84},"post_content",[82],578730123365712000,{"best_field_score":117,"best_field_weight":118,"fields_matched":32,"num_tokens_dropped":51,"score":119,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":51},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":121,"highlight":141,"highlights":161,"text_match":115,"text_match_info":170},{"cat_link":122,"category":123,"comment_count":51,"id":124,"is_sticky":51,"permalink":125,"post_author":54,"post_content":126,"post_date":127,"post_excerpt":57,"post_id":124,"post_modified":128,"post_thumbnail":129,"post_thumbnail_html":130,"post_title":131,"post_type":62,"sort_by_date":132,"tag_links":133,"tags":137},[48],[50],"37353","http://radioblackout.org/2016/09/libia-una-matassa-sempre-piu-intricata/","Il rapimento di due tecnici italiani, dipendenti di una società (Gruppo CON.I.COS) impiegata nella manutenzione di un aeroporto a Ghat, nell Fezzan ha riacceso i riflettori sulla Libia.\r\n\r\nL’Italia ha ancora notevoli interessi nella ex colonia libica, anche dopo la caduta di Gheddafi, alleato imbarazzante ma fidato per i governi di Roma, cui garantiva buoni contratti ed il controllo dei flussi migratori.\r\nLa guerra del 2011 che Gran Bretagna e Francia hanno scatenato, nell’auspicio che la caduta del regime favorisse i propri interessi, non è mai finita. Il paese è sempre più frantumato e la storica cesura tra una Cirenaica orientata verso l’Egitto e una Tripolitania che guarda ad ovest si ripropone oggi nella contrapposizione tra il governo di Al Serraj e quello di Haftar.\r\nLa scorsa domenica la milizia di Haftar ha attaccato e conquistato due grossi porti tra Sirte e Bengasi nell'area della Mezzaluna petrolifera, fondamentali per esportazione del greggio. Non a caso la stessa Is tentò invano di conquistarle all’inizio di quest’anno.\r\nDopo questa mossa di Haftar il governo italiano ha inviato a Misurata un contingente di 200 paracadutisti della Folgore. Ufficialmente sono lì per difendere un ospedalino da campo, dove verranno curati i miliziani del posto, ponendo così le basi di una più solida alleanza con Fayez al-Sarraj, che controlla nell'effettivo solo una parte del territorio libico.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-09-20-stefano-libia\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","21 Settembre 2016","2016-09-21 12:12:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"158\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-300x158.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-300x158.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-768x404.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia.jpg 950w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libia. Una matassa sempre più intricata",1474418366,[66,134,70,71,135,136,73],"http://radioblackout.org/tag/gheddafi/","http://radioblackout.org/tag/milizie-di-misurata/","http://radioblackout.org/tag/rapimento-di-convenienza/",[30,138,18,15,139,140,20],"gheddafi","milizie di misurata","rapimento di convenienza",{"post_content":142,"tags":146},{"matched_tokens":143,"snippet":144,"value":145},[82],"orientata verso l’Egitto e una \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark> che guarda ad ovest si","Il rapimento di due tecnici italiani, dipendenti di una società (Gruppo CON.I.COS) impiegata nella manutenzione di un aeroporto a Ghat, nell Fezzan ha riacceso i riflettori sulla Libia.\r\n\r\nL’Italia ha ancora notevoli interessi nella ex colonia libica, anche dopo la caduta di Gheddafi, alleato imbarazzante ma fidato per i governi di Roma, cui garantiva buoni contratti ed il controllo dei flussi migratori.\r\nLa guerra del 2011 che Gran Bretagna e Francia hanno scatenato, nell’auspicio che la caduta del regime favorisse i propri interessi, non è mai finita. 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I miliziani sarebbero riconducibili a uno dei sette candidati che ieri non è riuscito a superare il quorum del 50% per essere eletto. Il voto è stato rinviato alla prossima settimana.\r\n Sono continui gli attentati in tutto il paese. Almeno due soldati sono rimasti uccisi il 28 aprile nell’esplosione di un’autobomba deflagrata all’ingresso di una caserma delle forze speciali a Bengàsi, principale città della Cirenaica. L’esplosione è avvenuta lungo la strada che porta all’aeroporto locale e sarebbe stata messa a segno da un attentatore suicida.\r\n Intanto, sul fronte economico, la Compagnia nazionale di petrolio (Noc) ha annunciato ieri la ripresa delle esportazioni di greggio dal porto di Zwitina, bloccato per nove mesi dai gruppi armati indipendentisti cireaici.\r\n L'attacco al parlamento dimostra che la Libia è ormai uno Stato fallito. Se le milizie riescono ad agire anche nella capitale, è segno che non solo la Cirenaica e il Fezzan sfuggono al controllo di Tripoli, ma nel cuore stesso della Tripolitania agiscono forze centripete, che, non riuscendo a prendere il controllo, fanno saltare regolarmente il banco.\r\n In Libia si intersecano sia dinamiche di tipo tribale che religioso.\r\n Anche nei decenni della dittatura di Gheddafi, nonostante i riferimenti al socialismo, le dinamiche tribali avevano continuato a determinare un gioco politico che si reggeva sul pugno di ferro e su una sapiente distribuzione delle risorse petrolifere che garantiva un buono standard di vita a gran parte dei libici, che potevano permettersi di affidare gram parte dei lavori meno gradevoli ad una vasta popolazione immigrata, trattata a condizioni da fame.\r\n La rottura di quest'equilibrio, determinata dalla guerra voluta da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, e a ruota, dall'Italia per il controllo del paese, ha aperto un vaso di Pandora, che ha reso incontrollabile la situazione. In Libia, come già in Afganistan, Iraq, Siria, i paesi occidentali stringono alleanze con le forze islamiste radicali per contrastare i nazionalismi laici, venati di un terzomondismo in via di estinzione. Queste alleanze si rivelano \"liason dangereuse\", legami molto pericolosi, che innescano situazioni in cui le potenze occidentali vincono le guerre e perdono la pace.\r\n L'Iraq, dove oggi si tengono le elezioni, l'Afganistan e la stessa Siria, sono nazioni fuori controllo, dove diviene impossibile fare affari in sicurezza.\r\n La Libia è diventato un boomerang per chi a cent'anni dalla guerra italo-turca che spostò le regioni della Cirenaica, della Tripolitania e del Fezzan dal controllo della mezzaluna turca a quello del regno d'Italia, ha provato a spostare il paese dall'area di influenza italiana a quella francese, inglese, statunitense.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello, autore, tra gli altri, di \"Oltre il giardino\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nlibia_capello.ok","30 Aprile 2014","2014-05-05 12:58:03","Libia. 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Un vertice che parte zoppo, per l'assenza dei leader dei vari paesi, che saranno rappresentati da figure di secondo piano. L'assenza più pesante sarà quella dell'uomo forte di Bengasi, Khalifa Haftar, che diserterà il vertice anche se parteciperà ad un incontro bilaterale. Anche l'Italia sarà rappresentata da una figura minore, il presidente del consiglio, Giuseppe Conte.\r\nNe parliamo con Alberto Negri, giornalista e profondo conoscitore del Medio Oriente e del Nord Africa, da cui è stato per lunghi anni corrispondente per diverse testate.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-13-libia-alb-negri.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito l'articolo di Negri uscito sul Manifesto di domenica:\r\n\r\n\"La Libia, per la comunità internazionale, è come un territorio Comanche, in cui scambiare la pelle dei migranti in cambio di petrolio, gas e pascoli militari dove far crescere l’erba di nuovi conflitti. Il resto sono vittime nere che nessuno reclama e tante chiacchiere. L’inutilità della conferenza libica di Palermo si percepisce dall’assenza in blocco dei leader internazionali, fatta eccezione forse del premier russo Medvedev, che Putin usa come un jolly quando non vuole calare l’asso Lavrov.\r\n\r\nNessuno, tranne l’Onu, madre di tutti i fallimenti, ha intenzione di metterci il cappello sopra e presenta il piano già esposto a New York al Consiglio di sicurezza dall’inviato Ghassem Salamè. I capi veri stanno a Parigi per l’incontro Putin-Trump, a margine delle celebrazioni della vittoria nella prima guerra mondiale. E non andrà a Palermo neppure il segretario di Stato Usa Mike Pompeo.\r\nL’unica cosa certa è che verranno rinviate al prossimo anno le elezioni di dicembre volute dalla Francia e dal riottoso generale Khalifa Haftar, riacciuffato per la gita a Palermo da una missione a Mosca del capo dei servizi esterni Alberto Manenti che ha così evitato un flop clamoroso alla Farnesina.\r\nCi crede poco persino il ministro degli Esteri Moavero Milanesi che qualche giorno fa ha connotato l’appuntamento come una conferenza di «servizio», una definizione finora mai sentita nel gergo diplomatico.\r\nAmbizioni decisamente ridimensionate per un Paese che in cambio del Tap, dell’acquisto degli F-35, di qualche barile di greggio iraniano in scadenza per le sanzioni e del Muos _ il sistema elettronico di sorveglianza di Niscemi _ aveva chiesto a Trump, con il viaggio del premier Conte a Washington, la «cabina di regia» sulla Libia. Cosa che aveva fatto anche Renzi da Obama con effetti nulli: agli americani in Libia interessa contenere l’influenza dei russi e dare la caccia con i droni a qualche capetto dell’Isis, portando a casa uno scalpo, come si faceva appunto in territorio Comanche. E questo con buona pace anche dell’onda blu nelle elezioni di mid-term americane dove non c’era un candidato che si sia degnato di dare uno sguardo decente sul mondo e che cosa fa davvero l’America dalle nostre parti.\r\nForse questo meeting di Palermo doveva essere preceduto da un vertice di chiarimento Italia-Francia, che da anni sono insieme alle fazioni libiche i veri protagonisti di questo derby del disfacimento nel Nordafrica e intorbidano più degli altri – in compagnia di Turchia monarchie del Golfo ed Egitto – le acque del Mediterraneo, litigando anche sulla pelle di centinaia di migliaia di migranti.\r\nUno spettacolo indegno per chi guardava all’Europa come alternativa alle superpotenze.\r\nAnzi si può dire che da oltre un secolo questo match sanguinante tra Roma e Parigi si possa definire il vero «classico» della Sponda Sud. Cominciato alla fine dell’Ottocento quando con lo «schiaffo di Tunisi» i francesi si presero il protettorato tunisino ambito dall’Italia monarchica e garibaldina, continuato con lo sbarco italiano in Libia del 1911, la decimazione da parte del generale Graziani della popolazioni libica in Cirenaica (80mila morti su una popolazione di 800mila persone), proseguito con la disfatta nella seconda guerra mondiale e la successiva reazione italiana.\r\nMentre la Francia nel dopoguerra si inventava l’area del franco Cfa dopo Bretton Woods e cercava di mantenere la sua mano sulle colonie, l’Italia dell’Eni di Mattei finanziava l’Fnl algerino nella più sanguinosa guerra di liberazione coloniale del Nordafrica: un milione di morti. Fummo ricompensati dagli algerini con il primo grande gasdotto del Mediterraneo, il Transmed.\r\nPersino durante gli anni ’90 in Algeria Francia e Italia qui sulla Sponda Sud si guardavano in cagnesco: i nostri servizi avevano (e hanno tuttora) un’ottima collaborazione con i generali algerini. Non è un caso che il premier Conte sia appena andato ad Algeri dove con le elezioni presidenziali del prossimo anno sta per cominciare la corsa alla successione all’anziano e malato Bouteflika.\r\nI francesi tutte queste cosette se le sono legate al dito e non perdono occasione per una rivincita.\r\nLa più recente opportunità francese è stata la guerra di Sarkozy a Gheddafi del 2011, dopo che la Francia aveva visto cadere il suo alleato storico Ben Alì (ci rimise il posto la ministra degli esteri francese Alliott-Marie) che per altro era stato insediato da un colpo di stato medicale dei servizi italiani che avevano liquidato negli anni Ottanta il leader storico Bourghiba.\r\nPer l’Italia la caduta di Gheddafi è stata la peggiore sconfitta dalla seconda guerra mondiale: soltanto pochi mesi prima, il 30 agosto 2010, il Colonello veniva omaggiato a Tor di Quinto da 5mila dignitari della repubblica, politici e uomini d’affari, euforici per la firma di decine di miliardi di contratti. L’ondata migratoria ha poi fatto il resto destabilizzando l’intero quadro politico.\r\nMa la cosa peggiore è stata la decisione di accodarsi ai bombardamenti della Nato, consegnando le nostre basi militari per i raid sulla Libia ad americani, francesi e britannici. La nostra credibilità sulla Sponda Sud è affondata e per recuperarla ci vorranno anni, altro che la cabina di regia vagheggiata negli ovatti corridoi romani. Siamo di «servizio» come dice il ministro degli Esteri, cioè apparecchiamo la tavola per la spartizione delle risorse in territorio Comanche dove un tempo, con Andreotti, Prodi, D’Alema, l’Eni e il baciamano di Berlusconi, eravamo gli ospiti d’onore sotto la tenda del Capo.\"","13 Novembre 2018","2018-11-13 14:26:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Haftar-1738x1080-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"186\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Haftar-1738x1080-300x186.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Haftar-1738x1080-300x186.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Haftar-1738x1080-768x477.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Haftar-1738x1080-1024x636.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Haftar-1738x1080.jpg 1738w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Palermo: il vertice sulla Libia. 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Il ricorso era stato presentato il 14 febbraio da un gruppo di sei persone, tra cui l’avvocata Azza Maghur e l’ex ministro della giustizia libico Salah al Marghani.\r\n“Il memorandum sarà subito sospeso, fino al pieno svolgimento del processo”, ha scritto in una sentenza la corte d’appello di Tripoli. Il ricorso presentato dai sei libici contesta l’accordo tra l’Italia e la Libia sia nel merito sia nella forma. Da una parte, secondo i promotori, il governo di Al Sarraj non ha il mandato per firmare l’accordo sui migranti con l’Italia, perché non ha ancora ricevuto la fiducia dei parlamentari libici che si sono ritirati a Tobruk nel 2014. Il parlamento di Tobruk aveva definito l’accordo tra Libia e Italia “nullo” perché il governo di unità nazionale “non ha uno status legittimo”.\r\nSecondo i ricorrenti, inoltre, l’intesa comporta impegni onerosi da parte di Tripoli, che non sono contenuti nel trattato di amicizia tra Italia e Libia stipulato nel 2008, a cui il memorandum fa riferimento. I libici hanno sollevato dei dubbi, inoltre, sui finanziamenti previsti da parte dell’Italia, che non sono stati quantificati, in cambio di un impegno altrettanto vago sul controllo dei flussi migratori da parte di Tripoli.\r\n\r\nIntanto il 20 marzo Fayez al Sarraj ha partecipato a Roma al vertice dei ministri dell’interno di Italia, Libia, Austria, Francia, Germania, Malta, Slovenia, Svizzera e Tunisia sul traffico di esseri umani nel Mediterraneo centrale. I ministri europei hanno dato la loro disponibilità a inviare aiuti economici ed equipaggiamenti a Tripoli. Al Sarraj ha chiesto aiuti per 800 milioni di euro, oltre a quattro elicotteri e a venti imbarcazioni. Il commissario europeo per le migrazioni Dimitris Avramopoulos ha precisato che 90 dei 200 milioni di euro che l’Unione europea ha stanziato per combattere il traffico di esseri umani nel Mediterraneo centrale sono destinati alla Libia. Tuttavia le organizzazioni internazionali e le Nazioni Unite hanno ripetutamente denunciato i rischi di questo accordo che affida alla guardia costiera libica il pattugliamento delle coste.\r\n\r\nLa guardia costiera libica è infatti stata ripetutamente accusata di aver attaccato le imbarcazioni che soccorrono i migranti, di sparare contro i rifugiati e di aver provocato il naufragio di alcune imbarcazioni. Sotto accusa anche i centri di detenzione per migranti nel paese, sia quelli gestiti dal governo sia quelli gestiti dalle milizie, nei quali i migranti hanno spesso denunciato di essere stati vittime di torture, abusi e violenze di ogni tipo. Nei primi tre mesi del 2017 sono arrivati in Italia via mare 25mila migranti, le persone morte o scomparse nelle stesso periodo di tempo lungo la rotta del Mediterraneo centrale sono state 559.\r\n\r\nIl governo Al Sarraj conferma la propria debolezza. Il primo ministro dell'unico governo internazionalmente riconosciuto, nei fatti è a malapena il sindaco di Tripoli, la capitale di uno Stato fallito, dove l'unico potere è nelle mani delle milizie che si contendono il territorio. I governi sono almeno tre, oltre a quello di Tripoli, c'è quello di Gwuill e delle sue milizie islamiche, mentre il padrone a Est è il generale Haftar, già fedelissimo di Gheddafi, poi in esilio ed ora a capo della Cirenaica, con il potente appoggio dell'Egitto e, più recentemente, della Russia, che sta allargando la propria sfera di influenza nel Mediterraneo meridionale.\r\n\r\nL'Italia, pur essendo l'unico paese europeo ad aver aperto un'ambasciata a Tripoli gioca su più tavoli. Gli impianti ENI nella zona di Mellita, controllata da potenti e pericolose milizie, non hanno mai smesso di pompare petrolio da quando, nel 2014, è scoppiata la guerra civile nella ex colonia italiana.\r\nLa scorsa settimana il governo italiano, per la prima volta, ha inviato aiuti in Cirenaica. 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La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo di Erdoğan a partire dal nuovo abisso di contrasti che attraversano la Tripolitania.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese di fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento di aggiornare il concetto di confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni di lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni di Ocalan dall’isolamento di Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario di cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine di migliaia di morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino di consensi per i partiti di ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca di oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento di forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi di vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori di quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli di guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre di ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento di riposizionamento e di grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi di Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. 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Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","3 Giugno 2025","2025-06-03 00:36:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 15/05/2025 - FINE DELLA LOTTA ARMATA DEL PKK IN TURCHIA E SUBBUGLIO MEDIORIENTALE; LA CINA DELL'ECONOMIA TRA DAZI E GUERRE ALTRUI","podcast",1748910974,[401],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[385],{"post_content":404},{"matched_tokens":405,"snippet":406,"value":407},[82],"di contrasti che attraversano la \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>.\r\nLa puntata trova compimento con","<em>Questa settimana la fine della lotta armata iniziata dal Pkk nel 1978 è la notizia che ci è sembrata epocale, per quanto sia passata senza troppi approfondimenti dai commentatori mainstream (e forse proprio per questo e per la loro incapacità di identificarla come centrale nel momento di rivolgimenti di un Sudovest asiatico in subbuglio). La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo di Erdoğan a partire dal nuovo abisso di contrasti che attraversano la \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese di fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento di aggiornare il concetto di confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni di lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni di Ocalan dall’isolamento di Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario di cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine di migliaia di morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino di consensi per i partiti di ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca di oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento di forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi di vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori di quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli di guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre di ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento di riposizionamento e di grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi di Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione di uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti di conti mortali e scontri tra le fazioni in \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla Sirte: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo di Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le milizie tornano a scontrarsi in \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[409],{"field":113,"matched_tokens":410,"snippet":406,"value":407},[82],{"best_field_score":360,"best_field_weight":361,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":51,"score":362,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":51},{"document":413,"highlight":425,"highlights":430,"text_match":358,"text_match_info":433},{"comment_count":51,"id":414,"is_sticky":51,"permalink":415,"podcastfilter":416,"post_author":370,"post_content":417,"post_date":418,"post_excerpt":57,"post_id":414,"post_modified":419,"post_thumbnail":420,"post_title":421,"post_type":398,"sort_by_date":422,"tag_links":423,"tags":424},"70444","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-16-luglio-libia-lager-e-respingimenti-g8-cosa-ci-resta-di-genova-stati-uniti-licenza-di-uccidere-chi-blocca-la-strada/",[370],"Il nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/07/2021-07-16-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nLibia. Cambiare tutto, perché tutto resti come prima. \r\nLa scorsa settimana abbiamo posto l’accento sul quadro geopolitico in cui si inseriscono le missioni italiane all’estero, che il parlamento ha appena rifinanziato. In questa puntata abbiamo spostato il fcus sulla Libia.\r\nPer salvarsi la faccia, contestualmente al rifinanziamento delle missioni militari, era stato proposto un ordine del giorno che prevedeva la revisione in chiave “umanitaria” degli accordi sottoscritti nel 2017 con la Libia.\r\nÉ finita nel nulla. La mozione per lo stop alla guardia costiera libica è stata respinta a stragrande maggioranza dal Camera dei deputati.\r\nAlla fine, per non scontentare nessuno, il testo approvato prevede che nel 2022 vengano verificate “le condizioni per superare” la cooperazione con la Guardia costiera libica, trasferendola alla missione Ue Irini. Un nulla sul quale la destra e la sinistra di governo (e di opposizione) gridano vittoria.\r\nD’altra parte nella sua recente visita in Italia il presidente libico ha ricevuto garanzie di ampio sostegno da parte del governo italiano. Draghi da mesi sta facendo pressione sull’UE perché, oltre alla Turchia, paghi anche la Libia per bloccare i migranti nelle prigioni-lager della Tripolitania.\r\n\r\nG8. Cosa ci resta di quella stagione a vent’anni di distanza?\r\nLa scorsa settimana abbiamo ripercorso le tappe della rete “Anarchici contro il G8” con Federico, un compagno della ciurma, che costruì il vascello salpato per Genova. \r\nIn questa puntata abbiamo continuato a ragionare di quelle giornate, cercando di coglierne il senso nel lungo periodo, nell’onda lunga che segna il tempo che siamo forzati a vivere.\r\nIn quegli anni come anarchic* ci sentivamo parte di un movimento di contestazione globale che alludeva alla possibilità di rinascita di un’internazionale delle lotte, che mettesse in difficoltà non solo i governi ma la stessa governance transnazionale che proprio allora stava consolidando strumenti e trattati. Dal WTO agli accordi sulla proprietà intellettuale, che rendevano commerciabile e brevettabile anche il vivente, la globalizzazione all’alba del terzo millennio andava oltre le relazioni mercantiliste dell’era degli imperi coloniali e postcoloniali, investendo il cuore del nord, ricco e predatore.\r\nAllora parlavamo di globalizzazione dell’economia. Dopo vent’anni sappiamo che il processo che tentavamo di contrastare era la globalizzazione della povertà e dello sfruttamento. Una dinamica che si dispiega oggi in tutta la sua potenza.\r\nDepredare e distruggere, senza alcuna tensione al futuro, senza alcun senso del limite è il segno distintivo della logica del dominio e degli affari che si è imposta ovunque. La violenza che investi i No Global diventa interpretabile solo con la cartina di tornasole rappresentata da movimenti, che, proprio perché sviluppati su scala planetaria, facevano paura ai signori della terra.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, un compagno attivo nella rete degli anarchici contro il G8\r\n\r\nStati Uniti. I fascisti attaccano con auto e suv le manifestazioni, la polizia li copre. Il caso di Deona Marie Erickson\r\nA Minneapolis, poco prima della mezzanotte del 13 giugno, mentre i manifestanti si radunavano a Lake Street e Girard Avenue per protestare contro l’omicidio di Winston Smith, ammazzato da un vicesceriffo, Nicholas Kraus, un suprematista bianco, si è avventato col suo SUV sulla folla ad alta velocità, uccidendo Deona Marie Erickson. Un militante antifascista nero che era a terra al momento dell’attacco riferisce che per tutti i presenti era evidente che si trattava di un attacco intenzionale: “Abbiamo sentito il suo motore da tre isolati di distanza”.\r\nL’assassinio di Deona non è un caso isolato. I neonazisti rivendicano e propagandano esplicitamente questa pratica, mentre in Oklahoma e in Florida sono state approvate leggi che garantiscono immunità civile e penale ai conducenti che investono intenzionalmente i manifestanti, garantendo nei fatti il diritto a spezzare con la violenza omicida blocchi e picchetti. La Florida ha anche introdotto sanzioni che vanno fino a 15 anni di reclusione per blocco stradale.\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 17,30 (in agosto non ci siamo)\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org\r\n\r\nfb: @anarresinfo","24 Luglio 2021","2021-07-24 15:28:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/07/filo-spinato-200x110.jpg","Anarres del 16 luglio. Libia: lager e respingimenti. G8. Cosa ci resta di Genova? Stati Uniti: licenza di uccidere chi blocca la strada...",1627140334,[],[],{"post_content":426},{"matched_tokens":427,"snippet":428,"value":429},[82],"i migranti nelle prigioni-lager della \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>.\r\n\r\nG8. Cosa ci resta di","Il nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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La mozione per lo stop alla guardia costiera libica è stata respinta a stragrande maggioranza dal Camera dei deputati.\r\nAlla fine, per non scontentare nessuno, il testo approvato prevede che nel 2022 vengano verificate “le condizioni per superare” la cooperazione con la Guardia costiera libica, trasferendola alla missione Ue Irini. Un nulla sul quale la destra e la sinistra di governo (e di opposizione) gridano vittoria.\r\nD’altra parte nella sua recente visita in Italia il presidente libico ha ricevuto garanzie di ampio sostegno da parte del governo italiano. Draghi da mesi sta facendo pressione sull’UE perché, oltre alla Turchia, paghi anche la Libia per bloccare i migranti nelle prigioni-lager della \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark>.\r\n\r\nG8. 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Dal WTO agli accordi sulla proprietà intellettuale, che rendevano commerciabile e brevettabile anche il vivente, la globalizzazione all’alba del terzo millennio andava oltre le relazioni mercantiliste dell’era degli imperi coloniali e postcoloniali, investendo il cuore del nord, ricco e predatore.\r\nAllora parlavamo di globalizzazione dell’economia. Dopo vent’anni sappiamo che il processo che tentavamo di contrastare era la globalizzazione della povertà e dello sfruttamento. Una dinamica che si dispiega oggi in tutta la sua potenza.\r\nDepredare e distruggere, senza alcuna tensione al futuro, senza alcun senso del limite è il segno distintivo della logica del dominio e degli affari che si è imposta ovunque. La violenza che investi i No Global diventa interpretabile solo con la cartina di tornasole rappresentata da movimenti, che, proprio perché sviluppati su scala planetaria, facevano paura ai signori della terra.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, un compagno attivo nella rete degli anarchici contro il G8\r\n\r\nStati Uniti. I fascisti attaccano con auto e suv le manifestazioni, la polizia li copre. Il caso di Deona Marie Erickson\r\nA Minneapolis, poco prima della mezzanotte del 13 giugno, mentre i manifestanti si radunavano a Lake Street e Girard Avenue per protestare contro l’omicidio di Winston Smith, ammazzato da un vicesceriffo, Nicholas Kraus, un suprematista bianco, si è avventato col suo SUV sulla folla ad alta velocità, uccidendo Deona Marie Erickson. 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Un nuovo attore protagonista è pronto a calcare il palcoscenico del sanguinoso conflitto in Tripolitania e Cirenaica: una società di consulenza militare-strategica in mano ad un ex comandante generale delle forze armate USA e NATO con variegati interessi in aziende leader della produzione di armi e del settore energetico.\r\n\r\nLa scuola autoritaria e di classe ai tempi del Covid. Questo settembre riaprono le scuole dopo il lockdown, riproponendo un mostruoso intruglio in cui si mescolano cialtroneria e buoni affari. Ne abbiamo parlato con Francesco Codello della Rete per l’educazione libertaria.\r\n\r\nGrecia. Repressione e resistenza al Libertatia\r\n\r\nRussia. Ucciso anarchico e antifascista\r\n\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 18 settembre\r\nSangue, petrolio e guerre all’ombra dell’ENI\r\nMissioni militari all’estero. Dalla Libia al Golfo di Guinea: tra lager per migranti e fiumi di gas e petrolio.\r\nLa diplomazia in armi del governo e dell’ENI.\r\n\r\nAi giardini (ir)reali – corso San Maurizio angolo via Rossini\r\nIncontro con Daniele Ratti dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\n\r\nSabato 19 settembre\r\nPunto info antimilitarista al Balon\r\n\r\nGiovedì 23 settembre\r\nAssemblea della rete Free(k) Pride ore 18 presso manituana\r\n\r\nVenerdì 2 ottobre\r\nPresidio frocio al consolato polacco\r\n\r\nVenerdì 9 ottobre\r\n“Anarchici d’oltremare - Anarchismo, indigenismo, decolonizzazione” di Carlos Taibo\r\n\r\nPresenta il libro Massimo Varengo di Zero in condotta\r\nore 18 ai giardini reali – corso san Maurizio angolo via Rossini\r\n\r\n(se piove ci si sposta a parco Dora)\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 21 \r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org – scrivi a: anarres@inventati.org","17 Settembre 2020","2020-09-17 04:58:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/09/Soldati-Italiani-Sahel-01-200x110.jpg","Anarres del 4 settembre. David Graeber, un primo ricordo. Contractors statunitensi in Libia. La scuola autoritaria e di classe ai tempi del Covid. Attacco al Libertatia...",1600336597,[],[],{"post_content":448},{"matched_tokens":449,"snippet":450,"value":451},[82],"palcoscenico del sanguinoso conflitto in \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark> e Cirenaica: una società di","Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi l’escopost:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/09/2020-09-04-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 09 04 anarres\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nDavid Graeber, antropologo e anarchico ci ha lasciati il 2 settembre. È stato tra gli animatori della stagione no global, della breve estate delle piazze occupate, degli assedi alle istituzioni della governance mondiale, della rete transnazionale delle lotte.\r\nUn primo ricordo sul filo di un suo scritto del 2009 “Tactical Briefing”.\r\n\r\nLibia. Un nuovo attore protagonista è pronto a calcare il palcoscenico del sanguinoso conflitto in \u003Cmark>Tripolitania\u003C/mark> e Cirenaica: una società di consulenza militare-strategica in mano ad un ex comandante generale delle forze armate USA e NATO con variegati interessi in aziende leader della produzione di armi e del settore energetico.\r\n\r\nLa scuola autoritaria e di classe ai tempi del Covid. Questo settembre riaprono le scuole dopo il lockdown, riproponendo un mostruoso intruglio in cui si mescolano cialtroneria e buoni affari. Ne abbiamo parlato con Francesco Codello della Rete per l’educazione libertaria.\r\n\r\nGrecia. Repressione e resistenza al Libertatia\r\n\r\nRussia. Ucciso anarchico e antifascista\r\n\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 18 settembre\r\nSangue, petrolio e guerre all’ombra dell’ENI\r\nMissioni militari all’estero. Dalla Libia al Golfo di Guinea: tra lager per migranti e fiumi di gas e petrolio.\r\nLa diplomazia in armi del governo e dell’ENI.\r\n\r\nAi giardini (ir)reali – corso San Maurizio angolo via Rossini\r\nIncontro con Daniele Ratti dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\n\r\nSabato 19 settembre\r\nPunto info antimilitarista al Balon\r\n\r\nGiovedì 23 settembre\r\nAssemblea della rete Free(k) Pride ore 18 presso manituana\r\n\r\nVenerdì 2 ottobre\r\nPresidio frocio al consolato polacco\r\n\r\nVenerdì 9 ottobre\r\n“Anarchici d’oltremare - Anarchismo, indigenismo, decolonizzazione” di Carlos Taibo\r\n\r\nPresenta il libro Massimo Varengo di Zero in condotta\r\nore 18 ai giardini reali – corso san Maurizio angolo via Rossini\r\n\r\n(se piove ci si sposta a parco Dora)\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 21 \r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org – scrivi a: anarres@inventati.org",[453],{"field":113,"matched_tokens":454,"snippet":450,"value":451},[82],{"best_field_score":360,"best_field_weight":361,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":51,"score":362,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":51},{"document":457,"highlight":471,"highlights":476,"text_match":358,"text_match_info":479},{"comment_count":51,"id":458,"is_sticky":51,"permalink":459,"podcastfilter":460,"post_author":370,"post_content":461,"post_date":462,"post_excerpt":57,"post_id":458,"post_modified":463,"post_thumbnail":464,"post_title":465,"post_type":398,"sort_by_date":466,"tag_links":467,"tags":470},"24629","http://radioblackout.org/podcast/libia-il-grande-gioco-tra-sangue-e-petrolio/",[370],"La Libia è attraversata da una guerra per bande che sta frantumando il paese, rendendo sempre più difficile la vita sia ai libici sia ai numerosi profughi subsahariani che ci vivono. Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. 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