","Discrezionalità, potere e uso della forza: i manuali per i reparti mobili e il sapere di polizia","post",1456166490,[66,67,68,69,70,71,72,73,74],"http://radioblackout.org/tag/abusi-di-polizia/","http://radioblackout.org/tag/categorizzazione/","http://radioblackout.org/tag/controllo-sociale/","http://radioblackout.org/tag/discrezionalita/","http://radioblackout.org/tag/militarizzazione-della-polizia/","http://radioblackout.org/tag/polizia/","http://radioblackout.org/tag/regole-di-ingaggio/","http://radioblackout.org/tag/stereotipi/","http://radioblackout.org/tag/violenza-della-polizia/",[76,77,78,79,80,24,81,82,83],"abusi di polizia","categorizzazione","controllo sociale","discrezionalità","militarizzazione della polizia","regole di ingaggio","stereotipi","violenza della polizia",{"post_content":85,"post_title":90,"tags":93},{"matched_tokens":86,"snippet":88,"value":89},[87,24],"della","discrezionalità e arbitrarietà del lavoro \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark>? Cosa è cambiato nei manuali","Come è stato costruito e trasmesso nel corso nel tempo il \"sapere di \u003Cmark>polizia\u003C/mark>\"? Quali le teorie e quali le \"pratiche\"? Cosa significa parlare di discrezionalità e arbitrarietà del lavoro \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark>? Cosa è cambiato nei manuali di formazione dei reparti mobili dal secondo dopoguerra ad oggi? Come vengono formati i funzionari e/o operatori delle forze dell'ordine in Italia? In particolare come sono cambiati negli ultimi 15 anni i pochi manuali o materiali accessibili utilizzati per la formazione di agenti e operatori?\r\n\r\nAbbiamo parlato di questo e di molto altro con Enrico Gargiulo, ricercatore presso l'università del Piemonte Orientale. Partendo da un articolo molto recente, \"Ordine pubblico, regole private. I manuali per i Reparti mobili \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>Polizia\u003C/mark> di stato\", abbiamo cercato di descrivere cosa cosa accade in Italia negli ultimi anni, allargando poi lo sguardo alla Francia - piombata in un prolungato stato di \"eccezione\" con la dichiarazione dello stato di emergenza dal novembre 2015 - agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna.\r\n\r\nAscolta il contributo:\r\n\r\nenricogargiulo",{"matched_tokens":91,"snippet":92,"value":92},[87,24],"Discrezionalità, potere e uso \u003Cmark>della\u003C/mark> forza: i manuali per i reparti mobili e il sapere di \u003Cmark>polizia\u003C/mark>",[94,97,99,101,103,106,109,111,113],{"matched_tokens":95,"snippet":96},[24],"abusi di \u003Cmark>polizia\u003C/mark>",{"matched_tokens":98,"snippet":77},[],{"matched_tokens":100,"snippet":78},[],{"matched_tokens":102,"snippet":79},[],{"matched_tokens":104,"snippet":105},[87,24],"militarizzazione \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark>",{"matched_tokens":107,"snippet":108},[24],"\u003Cmark>polizia\u003C/mark>",{"matched_tokens":110,"snippet":81},[],{"matched_tokens":112,"snippet":82},[],{"matched_tokens":114,"snippet":116},[115,87,24],"violenza","\u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark>",[118,128,131],{"field":40,"indices":119,"matched_tokens":122,"snippets":127},[29,120,121,52],4,5,[123,124,125,126],[115,87,24],[87,24],[24],[24],[116,105,108,96],{"field":129,"matched_tokens":130,"snippet":88,"value":89},"post_content",[87,24],{"field":132,"matched_tokens":133,"snippet":92,"value":92},"post_title",[87,24],1736172819517538300,{"best_field_score":136,"best_field_weight":17,"fields_matched":137,"num_tokens_dropped":52,"score":138,"tokens_matched":137,"typo_prefix_score":52},"3315704398080",3,"1736172819517538411",{"document":140,"highlight":174,"highlights":205,"text_match":134,"text_match_info":216},{"cat_link":141,"category":142,"comment_count":52,"id":143,"is_sticky":52,"permalink":144,"post_author":55,"post_content":145,"post_date":146,"post_excerpt":58,"post_id":143,"post_modified":147,"post_thumbnail":148,"post_thumbnail_html":149,"post_title":150,"post_type":63,"sort_by_date":151,"tag_links":152,"tags":163},[49],[51],"34032","http://radioblackout.org/2016/02/aggiornamenti-da-calais-sulla-guerra-contro-gli-abitanti-della-jungle/","Vicino a Calais e nell'arco di 60 km, esistono diverse baraccopoli e tendopoli oltre alla enorme \"Jungle\". 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Uno dei risultati prodotti da questa violenza diffusa e apparentemente \"non organizzata\" - molto funzionale alle istituzioni e prima ancora di qualsiasi operazione di sgombero - vede migranti e richiedenti asilo abbandonare gli accampamenti autocostruiti, cercare rifugio in altri campi o spostandosi in altre città o paesi. In queste ore, alla vigilia di altre azioni di sgombero e deportazione in altre strutture, la ricattabilità è come sempre massima nei confronti dei migranti. A questo si aggiunge la militarizzazione della zona e il controllo capillare dell'autostrada che porta al tunnel sotto la Manica, delle stazioni e del porto di Calais.\r\n\r\nLa guerra a migranti e richiedenti asilo è aperta e dichiarata anche qui. 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Per otto dei 14 manifestanti arrestati sabato, sono stati confermati gli arresti e su di loro pesano numerose accuse tra le quali anche quella di tentato omicidio per una fiammata divampata a ridosso di un mezzo blindato della Guardia Urbana con dentro un agente. Dai video dell'accaduto si vede chiaramente che detto agente, raccoglie le sue armi e, molto tranquillamente, apre la portiera ed esce dal veicolo dal lato opposto. Abbiamo sentito un compagno catalano per gli ultimissimi aggiornamenti sugli arrestati e per una riflessione sull'accaduto:\r\n\r\napprofonimento arresti 27f\r\n\r\nQui trovate il link alla trasmissione di BLACK IN di martedì 23 febbraio dedicata ai disordini in catalunya alla \"legge bavaglio\" e alla storia della repressione tortura e violenza del regno di spagna dalla fine del franchismo ai giorni nostri:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Barca-proteste.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui trovate il link aella puntata di ieri di Radio Bizarre dedicata alle vicende precedenti l'arresto di Pablo Hasél: https://radioblackout.org/podcast/radio-bizarre-extra-mercoledi-3-marzo-2021/\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nTraduzione del testo del comunicato di aggiornamento sugli ultimi arresti convalidati:\r\n\r\nAggiornamento sui detenuti nell'ambito delle manifestazioni dello scorso 27 di febbario2021 a Barcellona.\r\n\r\nScriviamo per dare aggiornamenti sulla situazione REALE delle/i otto compagne/i detenute/i lo scorso sabato. Sono state/i trasferiti nel carcere di Brians I all'alba dello scorso 3 di marzo per detenzione preventiva senza cauzione. Si trovano in isolamento per via del protocollo covid e non potranno ricevere visite fino a lunedì. Su di loro pesano le accuse di: associazione a delinquere, tentato omicidio, manifestazione non autorizzata,attentato all'autorità, danneggiamento e disordine pubblico. Le loro condizioni di salute sono buone. 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\u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> subiscono riaggiustamenti giorno dopo giorno, la stampa cerca di sostenere delle cornici assurde e adotta svariate tattiche di diversione per spostare il focus \u003Cmark>della\u003C/mark> vicenda.\r\nPer noi purtroppo l'accaduto si inscrive invece in un quadro fin troppo chiaro e fin troppo familiare, la normalizzazione di una repressione brutale \u003Cmark>della\u003C/mark> microcriminalità, una trasformazione del paradigma valoriale che tende ad appiattirsi su un cieco giustificazionismo \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>violenza\u003C/mark>, un'idea diffusa di giustizia che coincide con la legalità e con la legittimità del più forte.\r\nCome nel caso di Ugo Russo, infatti, oltre all'acrimonia dell'opinione pubblica nei confronti di chi commette una rapina, le istituzioni hanno reagito a questi eventi monoliticamente, sostenendo gli uccisori e ascrivendo la morte degli uccisi al campo delle tragedie.\r\nNe parliamo con Gianpiero\r\n[audio 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Sono ancora recenti le ferite che hanno subito le diverse centinaia di manifestanti che, nella scorsa primavera, hanno protestato contro le politiche sul lavoro della Loi Travail, nonchè gli innumerevoli episodi di abusi razzisti della polizia.\r\n\r\nI media ed il governo tentano di oscurare la solidarietà e la rabbia delle periferie con la patetica visita in ospedale di Holland al ragazzo vittima di abuso, incontro avvenuto in seguito al rifiuto della famiglia di recarsi all'Eliseo.\r\n\r\nAbbiamo sentito in diretta telefonica Mattia un compagno da Parigi\r\n\r\nmattia_parigi","9 Febbraio 2017","2017-02-11 02:13:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/theo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"240\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/theo-300x240.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/theo-300x240.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/theo-768x614.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/theo-1024x818.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/theo.jpg 1126w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Parigi in rivolta contro le violenze poliziesche a Theo",1486642633,[349,350,351,352,74],"http://radioblackout.org/tag/banlieu/","http://radioblackout.org/tag/francia/","http://radioblackout.org/tag/justicepourtheo/","http://radioblackout.org/tag/parigi/",[354,21,355,356,83],"banlieu","justicepourtheo","parigi",{"post_content":358,"tags":362},{"matched_tokens":359,"snippet":360,"value":361},[115,87,24],"è un episodio sporadico di \u003Cmark>violenza\u003C/mark> da parte \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark>. 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Rischiano multe dai 10.000 ai 50.000 euro e il fermo dell’imbarcazione per due mesi.\r\nNel frattempo Meloni ha regalato altri cinque pattugliatori alla guardia costiera libica, quella che spara su chi fugge dal destino di torture, stupri e ricatti nelle prigioni amministrative libiche.\r\nNei CPR, altra frontiera interna, discarica in cui gettare per mesi corpi in eccedenza in attesa di riuscire a deportarli, la temperatura si sta alzando in questo gelido inverno.\r\nA Torino, dove da qualche mese c’è un nuovo gestore, sabato 4 e domenica 5 febbraio è scoppiata una rivolta che ha devastato il CPR. Tre persone sono state ferite durante i pestaggi di polizia, alcuni rivoltosi sono stati arrestati, altri spostati in fretta e furia nel CPR di Macomer in Sardegna, una destinazione punitiva, perché le condizioni di detenzione sono peggiori che a Torino. 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Uno sguardo tra gli Stati Uniti e l’Italia\r\nLa vicenda dell’afroamericano disabile ammazzato da quattro poliziotti afrodiscendenti ad un posto di blocco è la dimostrazione che la violenza della polizia statunitense verso persone razializzate, non è prerogativa esclusiva dei poliziotti bianchi, ma rimanda ad una violenza sistematica che colpisce le persone più povere. 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Fermare la guerra è possibile. A partire dalle nostre città dove ci sono le fabbriche delle armi usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.\r\nFermare la guerra è possibile. Con la solidarietà ai disertori e obiettori russi e ucraini. \r\n\r\nVenerdì 3 marzo\r\nAlle radici delle guerre\r\nL'Italia tra missioni militari all’estero, programmi di riarmo e militarizzazione dei territori e della società\r\nIl movimento No Muos: un esempio di lotta popolare\r\nore 21 alla FAT in corso Palermo 46\r\nInterverranno Antonio Mazzeo, antimilitarista e blogger e Pippo Gurrieri del movimento No Muos\r\n\r\nSabato 18 marzo\r\nCena comunarda\r\nBenefit lotte antimilitariste e sociali\r\nore 20 alla FAT in corso Palermo 46\r\n\r\nVenerdì 24 marzo\r\nGli algoritmi della politica\r\nRiflessioni sulla società della sorveglianza\r\nOre 21 alla FAT in corso Palermo 46\r\nInterverrà Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’Università di Palermo e autore, per i tipi di Eleuthera, di “Gli algoritmi della politica”\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","18 Febbraio 2023","2023-02-18 11:36:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-200x110.jpg","Anarres del 10 febbraio. 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Anche in streaming. \r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio \u003Cmark>della\u003C/mark> puntata:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nFrontiere, CPR, morti in mare, leggi contro le ONG\r\nLa guerra ai migranti si sta inasprendo, grazie alla normativa che impone alle ONG di soccorrere una sola imbarcazione in difficoltà per poi dirigersi a “porti sicuri” assegnati a svariati giorni di navigazione dal canale di Sicilia. Ma c’è chi si oppone: sia la Geo Barents che la Sea Eye hanno violato le disposizioni procedendo a salvataggi multipli, perché il dovere morale di sottrarre alla morte chi si trova in pericolo viene prima di qualsiasi divieto imposto da un governo che ha la diretta responsabilità dell’infinita strage nel Mediterraneo. Rischiano multe dai 10.000 ai 50.000 euro e il fermo dell’imbarcazione per due mesi.\r\nNel frattempo Meloni ha regalato altri cinque pattugliatori alla guardia costiera libica, quella che spara su chi fugge dal destino di torture, stupri e ricatti nelle prigioni amministrative libiche.\r\nNei CPR, altra frontiera interna, discarica in cui gettare per mesi corpi in eccedenza in attesa di riuscire a deportarli, la temperatura si sta alzando in questo gelido inverno.\r\nA Torino, dove da qualche mese c’è un nuovo gestore, sabato 4 e domenica 5 febbraio è scoppiata una rivolta che ha devastato il CPR. Tre persone sono state ferite durante i pestaggi di \u003Cmark>polizia\u003C/mark>, alcuni rivoltosi sono stati arrestati, altri spostati in fretta e furia nel CPR di Macomer in Sardegna, una destinazione punitiva, perché le condizioni di detenzione sono peggiori che a Torino. 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Il rischio di una guerra su scala planetaria è una possibilità concreta.\r\nIn numerose località sono in preparazione iniziative di informazione e lotta.\r\nNe abbiamo parlato con Dario dell’assemblea antimilitarista\r\n\r\nMeloni, il 41bis, gli anarchici\r\nMeloni ha giocato la sua carta. Nella sua lettera al Corriere \u003Cmark>della\u003C/mark> Sera ha fatto appello all’unità nazionale perché “il clima si sta pericolosamente e velocemente surriscaldando”. Il tono è quello sin troppo logoro dell’emergenza, oggi rappresentata degli anarchici, il nemico comune che dovrebbe unire destra e sinistra. (…)\r\nIn questi giorni i quotidiani si sono sbizzarriti nel costruire il proprio identikit del movimento anarchico, sprezzanti nei confronti del ridicolo hanno disegnato mappe, collegamenti, improbabili interviste.\r\nL’importante era scrivere un copione adatto alla commedia che intendevano rappresentare. 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Uno sguardo tra gli Stati Uniti e l’Italia\r\nLa vicenda dell’afroamericano disabile ammazzato da quattro poliziotti afrodiscendenti ad un posto di blocco è la dimostrazione che la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> statunitense verso persone razializzate, non è prerogativa esclusiva dei poliziotti bianchi, ma rimanda ad una \u003Cmark>violenza\u003C/mark> sistematica che colpisce le persone più povere. 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Un ennesimo assassinio per mano degli sbirri, nel contesto di una lotta che si oppone proprio alla violenza della polizia e alla costruzione di una Cop City, ovvero un complesso di addestramento per forze di polizia e militari, a cui si accompagnerà uno studio cinematografico hollywoodiano. Della lotta in difesa per la foresta di Atlanta e delle sue motivazioni ne abbiamo precedentemente parlato qui: https://radioblackout.org/podcast/la-lotta-si-fa-fitta-nella-foresta-di-atlanta/\r\n\r\nIn questo estratto di puntata, ripercorriamo la vicenda dell’omicidio (prontamente bollato come “legittima difesa” da parte degli sbirri) e degli ultimi mesi di tensione con la polizia che ha vissuto questo movimento, in ricordo di Tortugita, anche attraverso le parole di chi lotta e continuerà a lottare in difesa della foresta.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/t.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[scarica]","27 Gennaio 2023","2023-01-27 12:20:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/t-200x110.png","La polizia uccide manifestante nella foresta di Atlanta",1674821993,[],[],{"post_content":537,"post_title":541},{"matched_tokens":538,"snippet":539,"value":540},[115,87,24],"che si oppone proprio alla \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> e alla costruzione di una","E’ del 18 gennaio la notizia \u003Cmark>della\u003C/mark> morte di Tortugita, attivista freddat* dalla \u003Cmark>polizia\u003C/mark> nel corso di un’operazione muscolare di sgombero di una delle parti occupate \u003Cmark>della\u003C/mark> foresta di Atlanta, Georgia, Stati Uniti. 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L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ","21 Marzo 2015","2018-10-17 22:59:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/cle1-200x110.jpg","Convegno sui Rom senza i Rom: antirazzisti/e rovinano la vetrina della Città di Torino",1426934211,[601,602,603,604,605,606],"http://radioblackout.org/tag/corte-europea-diritti-umani/","http://radioblackout.org/tag/elide-tisi/","http://radioblackout.org/tag/lungo-stura-lazio/","http://radioblackout.org/tag/retata/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo/",[608,609,610,611,30,612],"corte europea diritti umani","elide tisi","lungo stura lazio","retata","sgombero campo",{"post_content":614,"post_title":618},{"matched_tokens":615,"snippet":616,"value":617},[115,87,24],"siamo diventati cittadini europei la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> è continuata, così come il","Il 19 marzo è stata una gran brutta giornata per gli apprendisti stregoni del Comune di Torino.\r\nEra tutto perfetto. L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘\u003Cmark>polizia’\u003C/mark> discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe \u003Cmark>della\u003C/mark> Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione \u003Cmark>della\u003C/mark> Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio \u003Cmark>della\u003C/mark> cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali \u003Cmark>della\u003C/mark> città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>violenza\u003C/mark> persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata \u003Cmark>della\u003C/mark> presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo \u003Cmark>della\u003C/mark> capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>violenza\u003C/mark> poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica \u003Cmark>della\u003C/mark> “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta \u003Cmark>della\u003C/mark> parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude \u003Cmark>della\u003C/mark> “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti \u003Cmark>della\u003C/mark> città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che \u003Cmark>polizia\u003C/mark> e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ",{"matched_tokens":619,"snippet":620,"value":620},[87],"Convegno sui Rom senza i Rom: antirazzisti/e rovinano la vetrina \u003Cmark>della\u003C/mark> Città di Torino",[622,624],{"field":129,"matched_tokens":623,"snippet":616,"value":617},[115,87,24],{"field":132,"matched_tokens":625,"snippet":620,"value":620},[87],{"best_field_score":435,"best_field_weight":520,"fields_matched":285,"num_tokens_dropped":52,"score":521,"tokens_matched":137,"typo_prefix_score":52},{"document":628,"highlight":640,"highlights":648,"text_match":433,"text_match_info":653},{"comment_count":52,"id":629,"is_sticky":52,"permalink":630,"podcastfilter":631,"post_author":448,"post_content":632,"post_date":633,"post_excerpt":58,"post_id":629,"post_modified":634,"post_thumbnail":635,"post_title":636,"post_type":501,"sort_by_date":637,"tag_links":638,"tags":639},"16693","http://radioblackout.org/podcast/stoccolma-alle-radici-della-rivolta/",[448],"Corrispondenza da Stoccolma. I sobborghi nordovest e sud ovest della capitale svedese sono stati teatro di scontri dal 20 al 25 maggio 2013.\r\nIn sintesi le cifre della rivolta.\r\nOltre 50 le auto bruciate a Stoccolma, alcune decine sono andate in fumo ad Orebro.\r\n2 commissariati di polizia sono stati attaccati e vandalizzati uno a Jakobsberg (Stoccolma), il secondo a Orebro (ciità a circa 100 km dalla capitale svedese).\r\n2 scuole bruciate a Stoccolma e Orebro.\r\n30 le persone arrestate per la rivolta a Stoccolma.\r\nL'età media degli arrestati si aggira sui 20 anni.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con un compagno, che a vissuto a lungo in Svezia, ed oggi vi è tornato per lavoro.\r\nAscolta la diretta\r\n2013 06 07 stoccolma\r\n\r\nLo scenario. Nella zona Nord Ovest di Stoccolma ci sono i quartieri di Husby, Jakobsberg, Rinkby, Tensta, a Sud Est quelli di Jakobsberg e Norsborg. In questi quartieri c'è un'alta presenza di immigrati dove la percentuale di disoccupati è decisamente maggiore di quella della popolazione di origini svedesi (il 16,5% tra gli immigrati, il 5,7% tra gli svedesi).\r\nLa Svezia è il paese simbolo della socialdemocrazia, negli anni della guerra fredda una sorta di terza via tra socialismo e capitalismo. Dal 1990 è cominciata un'ondata liberista che ha lentamente corroso dall'interno l’ organizzazione sociale dei decenni precedenti.\r\nTuttavia la facciata del modello sociale svedese resta, i quartieri periferici non hanno le caratteristiche di degrado urbano tipici del sud europeo, i servizi sociali funzionano anche se con qualche affanno. \r\nIl diritto allo studio garantito e il sussidio di disoccupazione anche se ridotto resta all’ 80% dell’ ultimo salario percepito per il primo anno ed il 70% nei 450 giorni successivi. 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Queste grosse unità abitative di cemento armato che ricordano un po’ quelle della ex DDR (Germania dell’est) nei primi anni hanno accolto lavoratori svedesi e finlandesi. Persino qualche ministro e capo di governo aveva la sua residenza in questi quartieri. Negli anni Ottanta e Novanta c'è stato un cambiamento della composizione sociale con l'arrivo di turchi, libanesi, iraniani, latino americani e somali necessari a sostenere il regime di produzione fordista dell’apparato industriale (fabbriche chimiche, metallurgiche, automobilistiche, elettroniche).\r\nOggi Stoccolma continua a crescere ma questi quartieri, dove l’80% della popolazione è immigrata di prima o seconda generazione, andrebbero restaurati.\r\nEmblematico è il processo di “gentrification-deportation” dell’area di Kista adiacente al quartiere di Husby epicentro di una rivolta che ha coinvolto anche le altre periferie.\r\nKista nasce nel 2008 per diventare la Sylicon Valley di Stoccolma (Kista Science Park). Vengono costruite sia unità abitative ultra moderne che insediamenti finanziari ed industriali di multinazionali. L'allargamento di Kista porta alla sua fusione con Husby dove il comune vende alle multinazionali che radono al suolo o restaurano vecchi blocchi per poi metterli o rimetterli sul mercato a prezzi non compatibili con il reddito dei residenti storici del quartiere, cui nessuno chiede un parere.\r\nIn questi giorni ad Alby gli abitanti del quartiere hanno organizzato un referendum contro la vendita da parte del comune di 1300 appartamenti: non vogliono più accettare decisioni prese da altri sulla loro pelle.\r\nNel quartiere di Hammarkullen il comune ha deciso di vendere la biblioteca, la piscina e il centro ricreativo. Anche qui è partita una dura lotta degli abitanti. Per i più giovani la lotta è contro l’esclusione dalle decisioni che li riguardano. Il confronto con la società e diventato più duro: i figli degli immigrati sono additati come responsabili della marginalità in cui vivono. Per molti è tuttavia ben chiaro che la loro condizione dipende dal modello economico e di società non certo dalla loro volontà.\r\nI figli degli immigrati nati e cresciuti qui sono svedesi culturalmente legalmente ed intellettualmente hanno gli strumenti per decodificare quello che succede intorno a loro.\r\nContrariamente agli altri paesi nordici (Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda) la Svezia ha un numero molto alto di svedesi figli di immigrati che hanno studiato all'Università ed ora lavorano come giornalisti, scrittori, musicisti e ricoprono cariche pubbliche importanti. Le periferie hanno i loro intellettuali. Sono attraversati dalla cultura della periferia, hanno esperienza del razzismo strutturale, della discriminazione. Sanno bene cosa significhi crescere in uno dei quartieri per immigrati.\r\nDopo l’ ingresso in parlamento del partito Sverige Demokraterna (Democratici svedesi), che ha messo ai primi posti nell’ agenda politica la questione dell’esclusione sociale dei figli degli immigrati, sono aumentati i dibattiti pubblici su razza, colori, culture, dove non sempre il punto di vista razzista ha avuto la meglio. Spesso le tesi anti razziste, di critica post coloniale si sono imposte grazie alla generazione di opinion makers che proviene dai sobborghi. Uno come Jonas Hassan Kehimeri è riuscito a far conosce la propria critica della società svedese dalle colonne del NY Times.\r\n\r\nLa rivolta delle periferie non è un fenomeno sociale nuovo in Svezia, nel 2008 si sono verificati a Malmo e Gottenburg episodi analoghi a quelli che hanno scosso Stoccolma, ma mai la capitale era stata coinvolta prima. Queste rivolte hanno innescato la nascita di collettivi politici di cittadini che vivono nei sobborghi delle principali città svedesi: le Panterna (le Pantere) a Gottenburg e Malmo e Megafonen (Il Megafono) a Stoccolma ed Orebro.\r\nI primi segnali della rivolta a Stoccolma di quest’ anno si sono verificati in aprile nel quartiere di Tensta adiacente a Husby, nella periferia nord ovest. A Tensta vennero bruciate le auto e l'ufficio dell’agenzia immobiliare che aveva deciso un aumento dell’affitto di alcuni blocchi abitativi che aveva in gestione per conto dei proprietari. Dopo il rogo l’ agenzia ha rivisto la sua decisione e ha deciso di non aumentare gli affitti.\r\nL'innesco della rivolta del 20 maggio invece viene attribuita all'uccisione da parte della polizia di un uomo di 69 anni nel quartiere di Husby avvenuta il 13 maggio. L’uomo era di origini portoghesi, la polizia lo uccide nella sua abitazione dove aveva fatto irruzione in seguito ad una lite tra la vittima ed alcuni passanti verificatasi in strada.\r\nAl di là di quest'episodio il conflitto sociale deflagra dopo l'entrata in vigore del progetto “REVA” per il controllo della frontiera interna. La polizia e l' ufficio centrale di stato per l'immigrazione hanno avviato un controllo capillare nelle metropolitane e sui servizi di trasporto pubblico per l'identificazione e cattura degli immigrati senza documenti. Il metodo usato è semplice e brutale: si basa su un profilo razziale dove vengono fermate tutte quelle persone che non hanno sembianze scandinave (biondi, occhi chiari etc). Durante il mese di marzo c’è stato un numero consistente di azioni dirette e manifestazioni contro questo progetto. Anche in questo caso il mondo della cultura si è schierato su posizioni anti governative rafforzando nella società i valori anti razzisti. Questa nuova sensibilità ha portato al consolidamento dell'organizzazione politica nelle periferie. Le Pantere di Gotenburg e Malmo hanno adottato aggiornandolo il programma delle Pantere Nere e bianche americane ed hanno sviluppato rapporti collaborativi con le stesse, la visita di Emory Douglas (Black Panther, US) nei giorni scorsi a Stoccolma ed il suo comizio a Husby va in questa direzione.\r\nNel quartiere di Husby dove è iniziata la rivolta l’'associazione Megafonen da anni ha costruito un intervento contro la gentrificazione riuscendo ad impedire la vendita del centro si assistenza sanitaria del quartiere e della piscina ed occupando il centro sociale del comune (TRAFFA) anch'esso posto in vendita. Un altro elemento importante nello scatenare la rivolta è stata la brutalità della polizia verso la generazione di svedesi figli di immigrati. L'atteggiamento provocatorio, razzista, e discriminatorio della polizia svedese è una costante nei quartieri periferici. La lotta contro i soprusi della polizia è l'altro elemento importante all'origine degli scontri.\r\nDopo l'omicidio del portoghese e il tentativo da parte della polizia di nascondere l'accaduto (l uomo viene lasciato una giornata morto nel suo appartamento) ed i goffi tentativi da parte del primo ministro di giustificare l'accaduto, Megafonen aveva indetto una manifestazione chiedendo chiarezza senza sortire effetti né istituzionali né nei mass media.\r\nLa notte del 20 maggio vengono bruciate le prime auto a Husby, si aspetta l'arrivo dei pompieri che vengono bloccati per impedirgli di spegnere gli incendi, in modo da far arrivare la polizia che viene accolta con lanci di pietre e cominciano gli scontri. La tattica si ripete, diffondendosi a macchia d’olio nelle altre zone periferiche. Il copione è sempre lo stesso: auto che bruciano arrivo della polizia accolto con lancio di pietre da parte dei ragazzi del quartiere. La polizia risponde chiamando rinforzi e caricando tutti gli abitanti dei quartieri periferici.\r\nData l'epidemia di incendi a Stoccolma la polizia chiede rinforzi che convergono sulla capitale da Malmo, Gotenburg, Norkopping, Vesteros, Uppsala. Nel secondo e terzo giorno in 14 quartieri di Stoccolma ci sono auto in fiamme, il 4 giorno la rivolta si estende ad altre città della Svezia. La polizia accerchia ed assedia Husby e la dichiara zona di conflitto. Nel frattempo squadre del partito di estrema destra vengono formate per sorvegliare i quartieri e a volte sono loro a bruciare le auto per poi dare la colpa agli abitanti del posto cercando di dare agli eventi una connotazione di scontro razziale. La polizia ha incolpato Magafonen di essere l’organizzazione politica alla base della rivolta, ma Megafonen ha risposto che il suo unico ruolo è stato quello di documentare la violenza della polizia e di impedire che compiesse ulteriori violenze contro la popolazione. Inoltre in questi giorni sta coordinando un fondo di solidarietà per pagare le i danni ricevuti dai cittadini del quartiere per il rogo delle auto, mentre il comune di Stoccolma sta esigendo il pagamento delle contravvenzioni per non aver rimosso le carcasse delle auto. Nonostante che la stampa internazionale interpreti quello che è accaduto come “fallimento del multiculturalismo in Svezia”, oggi, dopo la fine della fiammata, si può dire che non è andata cosi male: gli eventi hanno dimostrato il fallimento della politica liberista degli ultimi governi, una vasta maggioranza della popolazione svedese (70% secondo una recente analisi sociologica) identifica nella disoccupazione, razzismo strutturale, inadeguata scolarizzazione le cause del malessere sociale.\r\n(liberamente tratto da un articolo di Molly Macguire uscito giovedì sul settimanale Umanità Nova)","10 Giugno 2013","2018-10-17 22:59:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/06/husby1-200x110.jpg","Stoccolma. 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Per molti è tuttavia ben chiaro che la loro condizione dipende dal modello economico e di società non certo dalla loro volontà.\r\nI figli degli immigrati nati e cresciuti qui sono svedesi culturalmente legalmente ed intellettualmente hanno gli strumenti per decodificare quello che succede intorno a loro.\r\nContrariamente agli altri paesi nordici (Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda) la Svezia ha un numero molto alto di svedesi figli di immigrati che hanno studiato all'Università ed ora lavorano come giornalisti, scrittori, musicisti e ricoprono cariche pubbliche importanti. Le periferie hanno i loro intellettuali. Sono attraversati dalla cultura \u003Cmark>della\u003C/mark> periferia, hanno esperienza del razzismo strutturale, \u003Cmark>della\u003C/mark> discriminazione. Sanno bene cosa significhi crescere in uno dei quartieri per immigrati.\r\nDopo l’ ingresso in parlamento del partito Sverige Demokraterna (Democratici svedesi), che ha messo ai primi posti nell’ agenda politica la questione dell’esclusione sociale dei figli degli immigrati, sono aumentati i dibattiti pubblici su razza, colori, culture, dove non sempre il punto di vista razzista ha avuto la meglio. Spesso le tesi anti razziste, di critica post coloniale si sono imposte grazie alla generazione di opinion makers che proviene dai sobborghi. Uno come Jonas Hassan Kehimeri è riuscito a far conosce la propria critica \u003Cmark>della\u003C/mark> società svedese dalle colonne del NY Times.\r\n\r\nLa rivolta delle periferie non è un fenomeno sociale nuovo in Svezia, nel 2008 si sono verificati a Malmo e Gottenburg episodi analoghi a quelli che hanno scosso Stoccolma, ma mai la capitale era stata coinvolta prima. Queste rivolte hanno innescato la nascita di collettivi politici di cittadini che vivono nei sobborghi delle principali città svedesi: le Panterna (le Pantere) a Gottenburg e Malmo e Megafonen (Il Megafono) a Stoccolma ed Orebro.\r\nI primi segnali \u003Cmark>della\u003C/mark> rivolta a Stoccolma di quest’ anno si sono verificati in aprile nel quartiere di Tensta adiacente a Husby, nella periferia nord ovest. A Tensta vennero bruciate le auto e l'ufficio dell’agenzia immobiliare che aveva deciso un aumento dell’affitto di alcuni blocchi abitativi che aveva in gestione per conto dei proprietari. Dopo il rogo l’ agenzia ha rivisto la sua decisione e ha deciso di non aumentare gli affitti.\r\nL'innesco \u003Cmark>della\u003C/mark> rivolta del 20 maggio invece viene attribuita all'uccisione da parte \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> di un uomo di 69 anni nel quartiere di Husby avvenuta il 13 maggio. L’uomo era di origini portoghesi, la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> lo uccide nella sua abitazione dove aveva fatto irruzione in seguito ad una lite tra la vittima ed alcuni passanti verificatasi in strada.\r\nAl di là di quest'episodio il conflitto sociale deflagra dopo l'entrata in vigore del progetto “REVA” per il controllo \u003Cmark>della\u003C/mark> frontiera interna. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> e l' ufficio centrale di stato per l'immigrazione hanno avviato un controllo capillare nelle metropolitane e sui servizi di trasporto pubblico per l'identificazione e cattura degli immigrati senza documenti. Il metodo usato è semplice e brutale: si basa su un profilo razziale dove vengono fermate tutte quelle persone che non hanno sembianze scandinave (biondi, occhi chiari etc). Durante il mese di marzo c’è stato un numero consistente di azioni dirette e manifestazioni contro questo progetto. Anche in questo caso il mondo \u003Cmark>della\u003C/mark> cultura si è schierato su posizioni anti governative rafforzando nella società i valori anti razzisti. Questa nuova sensibilità ha portato al consolidamento dell'organizzazione politica nelle periferie. Le Pantere di Gotenburg e Malmo hanno adottato aggiornandolo il programma delle Pantere Nere e bianche americane ed hanno sviluppato rapporti collaborativi con le stesse, la visita di Emory Douglas (Black Panther, US) nei giorni scorsi a Stoccolma ed il suo comizio a Husby va in questa direzione.\r\nNel quartiere di Husby dove è iniziata la rivolta l’'associazione Megafonen da anni ha costruito un intervento contro la gentrificazione riuscendo ad impedire la vendita del centro si assistenza sanitaria del quartiere e \u003Cmark>della\u003C/mark> piscina ed occupando il centro sociale del comune (TRAFFA) anch'esso posto in vendita. Un altro elemento importante nello scatenare la rivolta è stata la brutalità \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> verso la generazione di svedesi figli di immigrati. L'atteggiamento provocatorio, razzista, e discriminatorio \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> svedese è una costante nei quartieri periferici. La lotta contro i soprusi \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> è l'altro elemento importante all'origine degli scontri.\r\nDopo l'omicidio del portoghese e il tentativo da parte \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> di nascondere l'accaduto (l uomo viene lasciato una giornata morto nel suo appartamento) ed i goffi tentativi da parte del primo ministro di giustificare l'accaduto, Megafonen aveva indetto una manifestazione chiedendo chiarezza senza sortire effetti né istituzionali né nei mass media.\r\nLa notte del 20 maggio vengono bruciate le prime auto a Husby, si aspetta l'arrivo dei pompieri che vengono bloccati per impedirgli di spegnere gli incendi, in modo da far arrivare la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> che viene accolta con lanci di pietre e cominciano gli scontri. La tattica si ripete, diffondendosi a macchia d’olio nelle altre zone periferiche. Il copione è sempre lo stesso: auto che bruciano arrivo \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> accolto con lancio di pietre da parte dei ragazzi del quartiere. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> risponde chiamando rinforzi e caricando tutti gli abitanti dei quartieri periferici.\r\nData l'epidemia di incendi a Stoccolma la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> chiede rinforzi che convergono sulla capitale da Malmo, Gotenburg, Norkopping, Vesteros, Uppsala. Nel secondo e terzo giorno in 14 quartieri di Stoccolma ci sono auto in fiamme, il 4 giorno la rivolta si estende ad altre città \u003Cmark>della\u003C/mark> Svezia. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> accerchia ed assedia Husby e la dichiara zona di conflitto. Nel frattempo squadre del partito di estrema destra vengono formate per sorvegliare i quartieri e a volte sono loro a bruciare le auto per poi dare la colpa agli abitanti del posto cercando di dare agli eventi una connotazione di scontro razziale. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> ha incolpato Magafonen di essere l’organizzazione politica alla base \u003Cmark>della\u003C/mark> rivolta, ma Megafonen ha risposto che il suo unico ruolo è stato quello di documentare la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> e di impedire che compiesse ulteriori violenze contro la popolazione. Inoltre in questi giorni sta coordinando un fondo di solidarietà per pagare le i danni ricevuti dai cittadini del quartiere per il rogo delle auto, mentre il comune di Stoccolma sta esigendo il pagamento delle contravvenzioni per non aver rimosso le carcasse delle auto. Nonostante che la stampa internazionale interpreti quello che è accaduto come “fallimento del multiculturalismo in Svezia”, oggi, dopo la fine \u003Cmark>della\u003C/mark> fiammata, si può dire che non è andata cosi male: gli eventi hanno dimostrato il fallimento \u003Cmark>della\u003C/mark> politica liberista degli ultimi governi, una vasta maggioranza \u003Cmark>della\u003C/mark> popolazione svedese (70% secondo una recente analisi sociologica) identifica nella disoccupazione, razzismo strutturale, inadeguata scolarizzazione le cause del malessere sociale.\r\n(liberamente tratto da un articolo di Molly Macguire uscito giovedì sul settimanale Umanità Nova)",{"matched_tokens":646,"snippet":647,"value":647},[87],"Stoccolma. 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