CIE di Modena, rivolta, fuoco e arresti
Scritto dainfosu 24 Luglio 2013
Venerdì 19 luglio. Nel pomeriggio i 40 reclusi – tutti tunisini – bruciano i materassi e spaccano tutto in due blocchi. La scintilla è la scarsa igiene. Nella notte la protesta diventa azione collettiva: le fiamme divampano per quattro ore tra mezzanotte e le quattro del mattino. Una dozzina di reclusi sale sul tetto e lancia tegole contro le forze dell’ordine.
le rivendicazioni sono sparite: resta la voglia di libertà, la speranza che si apra uno spiraglio per saltare il muro.
Polizia, carabinieri, guardia di finanza e vigili del fuoco lo capiscono e si schierano dentro e fuori dalla struttura per impedire una fuga di massa.
Finirà con nove arresti e 70mila euro di danni.
Da mesi le notizie che filtrano dal CIE: i racconti dei pochi che escono, i report di parlamentari e giornalisti descrivono una struttura fatiscente, sporca, priva di ogni servizio. La cooperativa Oasi, che ha sostituito la Misericodia vincendo un appalto in cui chiedeva 28 euro contro i 72 della concorrente è stata di recente perquisita dalla guardia di finanza, perché i dipendenti non vengono pagati da mesi.
Il Siulp, il sindacato di polizia della CGIL, chiede rinforzi, investimnenti per aumentare il numero degli uomini in divisa e, in caso contrario la chiusura del CIE.
Evidentemente le tegolate in testa modificano l’orizzonte di chi ne è colpito.
Ne abbiamo parlato con Simone, un compagno che segue da tempo le vicende della prigione modenese.
Ne è scaturita una riflessione più ampia sui CIE, , sulle prospettive di lotta, sulle rivolte scoppiate in queste settimane, perché dopo Modena è stata la volta di Torino e Trapani.
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2013 07 24 simone CIE modena