Sulla violenza di Stato
Scritto dainfosu 13 Maggio 2014
Quali sono gli elementi che accomunano le vicende legate alla morte di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva? Le loro storie, così come molte altre, dimostrano che il sistema giudiziaro italiano non vuole affrontare con autonomia e responsabilità i casi di tortura, violenza ed abuso commessi da membri della forze dell’ordine. Gli agenti che vengono (difficilmente) identificati come diretti autori di queste morti, sono condannati a pene sempre molto lievi. Sono invece le persone assassinate durante un fermo, in commissariato, o in cella, ad essere immediatamente giudicate “colpevoli” di condotte “devianti”, che renderebbero in qualche modo legittimi – o comunque meno gravi – gli abusi delle forze dell’ordine. Come mai è la vita di chi viene abusato e ucciso, insieme a quella dei suoi familiari, ad essere processata, ben prima che lo siano le azioni di chi, sentendosi impunito per avere indosso una divisa, causa intenzionalmente lesioni gravissime e morte? Come mai in Italia chi appartiene alle forze dell’ordine non viene condannato e cacciato dal lavoro? Ne abbiamo parlato con Fabio Anselmo, avvocato di Ferrara che da anni segue i processi che hanno visto coinvolte le famiglie Aldrovandi, Cucchi, Uva, per la morte, non accidentale, dei loro cari.