Impressioni sul grande corteo parigino dell’11 gennaio

Scritto dasu 21 Gennaio 2015

I contraccolpi dell’attacco del 7/01 sono quelli che purtroppo seguono tutte le azioni di questo genere. Ormai conosciamo la lezione: si susseguono da subito gli inni bipartisan alla sicurezza, la richiesta – anch’essa bipartisan – di rinunciare a un po’ e per un lasso di tempo (in)finito alla a un certo tasso di libertà, che è un valore assoluto solo fintanto che non incontra quello della sicurezza, momento in cui può anche eclissarsi. Poi al caos che operazioni coperte e servizi segreti di mezzo mondo hanno contribuito a creare si risponde con una bella apologia della polizia e dei servizi stessi, odio per il nemico, unanimismo nel denunciarne la pericolosità, ecc. E in più, in questo caso, demonizzazione del pericolo islamico. Fino a chiedere ai musulmani di prendere le distanze dagli attentatori, quasi che il fatto di essere musulmani li ponesse naturalmente in quella necessitàI contraccolpi della manifestazione dell’11/01 non si riesce a immaginare ancora quali saranno. E’ difficile capire la portata politica, contro e dopo l’aspetto emotivo immediato. Sicuramente è difficile pensare a uno spazio politico praticabile nella polarizzazione ideologica che simili eventi causano e allo stesso tempo riflettono. Il punto non è quanto il modello del combattente jihadista indoor o outdoor attecchisca tra i giovani delle banlieues. Il punto è che bastano alcune decine di giovani conquistati alla causa a rendere ancor più invivibili le nostre metropoli e ancor più pressante la morsa securitaria su centri e periferie. Il che non fa altro che polarizzare sempre più le tensioni verso poli completamente svuotati di un contenuto di classe. Due poli che qui potremmo definire lo spettacolo della libertà e lo spettacolo della religione.

Non sappiamo quali chance abbiano oggi movimenti e soggetti politici che si muovano sotto il segno di un cambiamento radicale dell’esistente di interagire o semplicemente interloquire con gli sfruttati atomizzati delle metropoli occidentali, ma sicuramente guardiamo a quanto succede nella Siria collassata e nel Rojavà in particolare. Guardiamo all’esperimento politico-sociale sicuramente. Ma guardiamo anche alla possibilità di un immaginario diverso per gli sfruttati del mondo mediorientale, che i  un mondo globalizzato significa anche produzione di immaginario tout court.

Di questo e di altro abbiamo chiacchierato con Antoine, un compagno francese che vive in Italia ma che era a Parigi nei giorni dell’attentato e della manifestazione parigina.

Antoine

 

 

 

 


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