Si vive peggio, si muore prima: è la decrescita italiana
Scritto dainfosu 27 Aprile 2016
Per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana è in calo l’aspettativa di vita nel nostro paese. Lo rivela il rapporto Osservasalute, pubblicato dall’osservatorio nazionale sulla salute. Tra le cause principali del calo ci sarebbe una riduzione nella prevenzione delle malattie e la diminuzione della spesa pubblica sulla sanità.
Se il sistema sanitario gioca un ruolo importante, in realtà ad essere cruciali sono soprattuto altri “determinanti di salute” che influenza le aspettative di vita, in particolare i fattori socio-economici. Gli effetti della crisi in questo senso sono pesanti: dal 2007 al 2014 il numero di persone in povertà assoluta è più che raddoppiato mentre il totale delle risorse destinate all’assistenza sociale ha subito un calo vertiginoso. Una situazione che si riflette anche nelle diseguaglianze territoriali tra Nord e Sud Italia con effetti d’interazione perversa tra basso reddito, strutture sanitarie scadenti e stili di vita che diminuiscono le aspettative di vita in salute. In effetti, il fatto di non assumere comportamenti a rischio rappresenta ovviamente una chance in più per vivere meglio e più a lungo, non bisogna dimenticare che la possibilità di mangiare bene, fare sport ed evitare abusi di sostanze non sono semplici scelte individuali ma fenomeni sociali fortemente influenzati dall’educazione, dal livello di reddito e dalla disponibilità di tempo. Ci sono poi da aggiungere le condizioni ambientali, particolarmente drammatiche in Italia se pensiamo che il nostro paese detiene il triste primato nel numero di anni di vita persi attribuibili all’inquinamento da polveri sottili e monossido e biossido di azoto.
Se, con il rallentamento dell’attività economica che accompagna la crisi, avremmo potuto sperare in un miglioramento della qualità della vita grazie a una minore propensione al consumo, alla diminuzione del tempo di lavoro o alla progressiva sparizione delle nocività tipiche della società industriale, osserviamo invece un fenomeno del tutto inverso, a riprova che senza cambiamento radicale dei rapporti di produzione non potrà esistere alcuna “decrescita felice”.
Ne abbiamo parlato con Angela Genova, ricercatrice all’università di Urbino in politiche per la salute: