Le condizioni di lavoro sono dure per i quattro milioni di lavoratori del settore, in maggioranza donne, con un salario minimo mensile di 8.300 taka (70 euro). I lavoratori chiedono che il salario minimo passi a 23mila taka (190 euro), quasi tre volte di più, per far fronte all’aumento del costo della vita. Le sue 3.500 fabbriche, che riforniscono marchi occidentali come Gap, H&M e Levi Strauss, rappresentano l’85 per cento dei 55 miliardi di dollari di esportazioni annuali del paese dell’Asia meridionale.
La filiera del” fast fashion” gestita dai grandi marchi della moda produce sfruttamento della manodopera e inquinamento a causa delle dannose modalità di produzione l e grandi multinazionali dell’abbigliamento si sono rifiutate di sostenere pubblicamente le rivendicazioni dei lavoratori.
Ne parliamo con Deborah Lucchetti. coordinatrice della Campagna Abiti Puliti (www.abitipuliti.org), sezione italiana della Clean Clothes Campaign, coalizione internazionale che da 20 anni promuove i diritti del lavoro nell’industria tessile globale.