Moussa Balde. Processo al CPR

Scritto dasu 12 Marzo 2024

Moussa aveva 23 anni. Nella notte tra il 23 e il 24 maggio 2021, è morto nel CPR di Torino.
Il 9 maggio era a Ventimiglia, fuori da un supermercato dove cercava di racimolare qualche soldo. Tre uomini lo assalirono a calci, pugni e sprangate. Qualcuno fa un video: Musa è a terra, rannicchiato mentre i tre infieriscono su di lui.
Una vicenda di violenza razzista come tante: solo la diffusione delle immagini impedisce che il silenzio cali sulla sua storia, perché quelli come Moussa raramente hanno la possibilità di raccontare ed essere creduti.
Il nove maggio Moussa viene portato in ospedale: viene dimesso il giorno stesso, senza che gli vengano consegnati i fogli con la diagnosi. Trascorre la notte in cella di sicurezza. Il mattino successivo viene portato a Torino, dove, dopo l’udienza di convalida, viene rinchiuso al CPR di corso Brunelleschi.
Tra i tanti fogli che gli fanno firmare non c’è nulla sul pestaggio subito.
Finisce presto in isolamento, nel famigerato “ospedaletto”, un’area del CPR a ridosso del muro dove ci sono celle singole simili a pollai. Niente a che fare con un ospedale. Nonostante le vistose ferite al volto, Moussa non viene mai visitato.
Lì Moussa è stato trovato impiccato.
La grande indignazione per la sua morte fece chiudere l’Ospedaletto. Lo scorso anno, in febbraio, il fuoco delle rivolte distrusse il CPR, che da un anno è chiuso.
Domani ci sarà l’udienza preliminare del processo contro i gestori del CPR. La GIP dovrà decidere se rinviare a giudizio per omicidio colposo e sequestro di persona l’allora direttrice del CPR e il responsabile medico e, per falso in atto pubblico, un funzionario di polizia. Per altri poliziotti la Procura ha chiesto l’archiviazione, contro la quale gli avvocati di parte civile hanno fatto ricorso, che è stato discusso venerdì 1 marzo, ma di cui non sono noti gli esiti.
Questa inchiesta, partita dopo la morte di Moussa, un vero suicidio di Stato, si incardina intorno alla questione “ospedaletto”, una struttura di isolamento, ulteriormente afflittiva rispetto alla detenzione amministrativa. In base alla legge la detenzione amministrativa è ammessa, ma non forme di isolamento e punizione. Se qualcuno, per i più diversi motivi, è incompatibile con la prigione, può e dovrebbe essere liberato o ricoverato, non rinchiuso in una cella di isolamento.
In discussione, oltre a quello di Moussa, i casi di altre persone fragili, messe in isolamento, senza cure né assistenza.
Ne abbiamo parlato con Gianluca Vitale, l’avvocato che aveva assistito Moussa e che oggi rappresenta la sua famiglia.

Ascolta la diretta:

AGGIORNAMENTO

L’udienza preliminare, iniziata il 13 marzo, è stata rinviata al 18 maggio


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