CON IL PROCESSO FARSA CONTRO ANAN, ALI, MANSOUR SI VUOLE PROCESSARE LA RESISTENZA PALESTINESE.

Scritto dasu 27 Giugno 2025

Anan Yaeesh, cittadino palestinese di 37 anni originario di Tulkarem, in Cisgiordania, è stato politicamente attivo durante la Seconda Intifada dei primi anni Duemila. Giovanissimo ha scontato quattro anni nelle carceri israeliane e nel 2006 è stato gravemente ferito in un agguato delle forze speciali. Ha lasciato la Palestina nel 2013 recandosi inizialmente in Norvegia, dove è stato operato per la rimozione dei proiettili rimasti nel suo corpo per anni. Nel 2017 ha raggiunto l’Italia, ottenendo il permesso di soggiorno nel 2019. Nel 2023, recatosi in Giordania, è stato rapito dai servizi di sicurezza ed è rimasto prigioniero per sei mesi.

Rientrato in Italia, è stato arrestato a gennaio 2024. Da allora è detenuto nel carcere di Terni con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo in un procedimento avviato dalla Procura dell’Aquila. L’inchiesta ruota attorno al presunto sostegno fornito al gruppo armato Brigata Tulkarem. La vicenda ha avuto origine con una richiesta di estradizione da parte di Israele, accolta dal Ministero della Giustizia italiano ma respinta dalla Corte d’Appello dell’Aquila, che ha ritenuto fondato il rischio di trattamenti inumani o degradanti in caso di rimpatrio. Pochi giorni dopo, tuttavia, è scattato un nuovo arresto, stavolta su iniziativa della magistratura italiana. Il processo in corso presso la Corte d’Assise dell’Aquila, che vede imputati anche altri due cittadini palestinesi, è segnato da forti contestazioni: le prove principali sono state infatti raccolte da Israele in Cisgiordania, attraverso interrogatori condotti dallo Shin Bet (i servizi segreti interni israeliani) senza garanzie difensive e in un contesto denunciato da molte organizzazioni internazionali per pratiche di tortura. La difesa contesta inoltre l’esclusione della quasi totalità dei testimoni proposti e denuncia  il procedimento come un processo politico contro la resistenza palestinese. Sullo sfondo si intrecciano le tensioni tra diritto internazionale, diplomazia e il crescente utilizzo in Italia dell’articolo 270 bis del codice penale per perseguire condotte legate a contesti di conflitto esteri.

La corte ha intenzione di arrivare alla sentenza entro il 10 luglio. Questo processo è la conseguenza del servilismo dello Stato italiano al sionismo e una prova della sua collaborazione al genocidio in corso in Palestina. Questo processo farsa ha lo scopo di criminalizzare la legittima resistenza palestinese, mentre l’unico vero terrorista è Israele che sta uccidendo migliaia di vittime innocenti distruggendo ed invadendo Gaza. Lo Stato italiano è complice di questo genocidio e lo dimostra anche attraverso l’ ignobile montatura di cui sono vittime i tre palestinesi.

Mercoledi 25 giugno, ore 9.30 ci sara’ un presidio al tribunale dell’Aquila e dalle 18 un corteo con partenza da prato di Collemaggio. Giovedì 26 giugno, h 10.30 presidio al tribunale dell’ Aquila e al termine un assemblea allo spazio sociale “CaseMatte”. Venerdi 27 giugno alle 9,30 presidio al tribunale dell’Aquila.

 

Ne parliamo con un compagno che ha seguito le udienze del processo.


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