","Il mito della transizione green tra crisi dell'automotive ed estrattivismo impossibile.","post",1700137282,[59,60,61],"http://radioblackout.org/tag/estrattivismo/","http://radioblackout.org/tag/terre-rare/","http://radioblackout.org/tag/transizione-ecologica/",[63,64,65],"estrattivismo","terre rare","transizione ecologica",{"post_content":67},{"matched_tokens":68,"snippet":70,"value":71},[69],"mistero","un alone di incertezza e \u003Cmark>mistero\u003C/mark> data dagli evidenti limiti imposti","Il tema della transizione verde è all'ordine del giorno seppur mantenga un alone di incertezza e \u003Cmark>mistero\u003C/mark> data dagli evidenti limiti imposti dai costi, dagli obiettivi degli Stati dell'Unione Europea che di fatto vanno in tutt'altra direzione, in quanto si interessano a garantirsi accesso alle fonti fossili, ne è un esempio lampante l'Italia, e, soprattutto, dalla mancanza di materie prime all'interno dei confini dell'UE.\r\n\r\nUn'inchiesta svolta da un gruppo di ricercatori di INvestigaten Europe sottolinea come gli stati europei siano \"a caccia\" di risorse e di cosiddette terre rare in Africa, in America del Sud e, in particolare in Cina, questione che rende gli stati completamente dipendenti nella possibilità stessa di estrarre materiali come il litio, il cobalto, il rame. Le implicazioni sono molteplici, a partire dagli enormi costi e le conseguenze devastanti sull'ambiente per i territori e le persone che li abitano, oltre al fatto che, per rendersi indipendenti per l'estrazione, la produzione e la lavorazione dei materiali occorrerebbe un impianto logistico e un indotto di cui all'oggi non v'è traccia. In questo scenario i costi di questa transizione, non ancora in atto ma che riempiono le dichiarazioni di coloro che si dipingono come attenti all'ambiente e al futuro sostenibile del nostro pianeta, vengono ovviamente scaricati verso il basso.\r\n\r\nCon Fabio Balocco abbiamo approfondito come funziona l'indotto dell'estrazione delle terre rare e quali sono i limiti più evidenti della corsa alla transizione verde\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Balocco-estrazione-litio-2023_11_16_2023.11.16-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn uno panorama in cui i settori, come quello dell'automotive, sono in crisi e cala la domanda per le macchine elettriche, se da un lato la transizione verde è già un miraggio, dall'altro, a causa di schizofrenici investimenti da parte dei grandi monopoli che si occupano della produzione in questo settori, si riscontrano le prime conseguenze sui lavoratori e lavoratrici.\r\n\r\nIl caso dell'industria Lear a Grugliasco, dove in questo momento centinaia di lavoratori e lavoratrici vedono a rischio il proprio posto di lavoro e sono in stato di agitazione permanente con uno sciopero e un presidio fisso fuori dalla fabbrica, è emblematico.\r\n\r\nAbbiamo sentito ai nostri microfoni un delegato sindacale che sta seguendo la vertenza\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Sciopero-LEAR-Grugliasco-2023_11_16_2023.11.16-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[73],{"field":74,"matched_tokens":75,"snippet":70,"value":71},"post_content",[69],578730123365187700,{"best_field_score":78,"best_field_weight":79,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":45,"score":80,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":45},"1108091338752",14,"578730123365187697",{"document":82,"highlight":108,"highlights":113,"text_match":76,"text_match_info":116},{"cat_link":83,"category":84,"comment_count":45,"id":85,"is_sticky":45,"permalink":86,"post_author":48,"post_content":87,"post_date":88,"post_excerpt":51,"post_id":85,"post_modified":89,"post_thumbnail":90,"post_thumbnail_html":91,"post_title":92,"post_type":56,"sort_by_date":93,"tag_links":94,"tags":102},[42],[44],"55923","http://radioblackout.org/2019/10/ll-trofeo-di-trump-nel-grande-gioco-mediorientale/","Il grande gioco per il controllo dei territori e delle risorse tra Russia, Turchia e Stati Uniti a cavallo tra Siria e Iraq in queste settimane ha avuto un’accelerazione dopo l’attacco turco all’area del confederalismo democratico nel nord della Siria.\r\nLa morte di Baghdadi, celebrata con grande enfasi e plastica inventiva da “The Donald”, mette in mano al presidente statunitense una carta importante in vista delle elezioni negli States.\r\nSia il New York Times sia il Guardian hanno dato messo in dubbio la versione del Paperone della Casa Bianca.\r\nCome già Osama bin Laden, anche Al Baghdadi, non è stato catturato vivo. Baghdadi si è probabilmente fatto esplodere, ma certamente non era nei programmi delle truppe speciali statunitensi di farlo prigioniero. Baghdadi era già stato nelle mani delle forze armate statunitensi ed era stato liberato.\r\nIl rapporto costitutivamente ambiguo degli States con le tante anime della Jihad è il parte importante delle scelte politiche delle amministrazioni statunitensi degli ultimi decenni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto Negri, che sul tema ha scritto sul Manifesto di lunedì e martedì.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/2019.10.29.alberto-negri-al-baghdadi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il suo articolo:\r\n\r\n“Al Baghdadi: la sua pelle in cambio dei curdi\r\nE così anche The Donald, come Barack Obama con Osama bin Laden, esibisce, grazie a Putin, il suo scalpo jihadista, quello di Al Baghdadi e può dare nuovo impulso alla campagna per le presidenziali oscurata dal tradimento dei curdi e dalle trame del Russiagate.\r\n\r\nIl suo nascondiglio, secondo lo stesso presidente americano, sarebbe stato individuato, guarda caso, più o meno o in coincidenza con il ritiro Usa da Rojava.\r\n\r\n“E’ morto nel Nord della Siria – ha raccontato Trump – urlando e piangendo come un codardo inseguito in un tunnel dalle nostre forze speciali e dai nostri cani: si è fatto esplodere uccidendo i suo figli. E’ morto come un cane, come un codardo”.\r\n\r\nE ha ringraziato tutti: la Russia, la Turchia, l’Iraq, la Siria e i curdi siriani, specificando che gli americani, che provenivano dal Kurdistan iracheno, hanno usato le basi russe in Siria e la sorveglianza russa dei cieli siriani.\r\n\r\nInsomma lo zar è sempre pronto a dargli una mano pur di farlo rieleggere: e quando mai gli capita più un presidente Usa così, che gli consegna sul piatto mezzo Medio Oriente?\r\n\r\nLa fine di Al Baghdadi rafforza Trump, Erdogan, Putin e Assad. E’ il “nuovo ordine” regionale che ha portato alla fine il capo dell’Isis. Trump aveva bisogno di un successo per risollevare la sua immagine precipitata per il tradimento ai curdi ed Erdogan lo ha ricompensato con la pelle di Al Baghadi che si era rifugiato nell’area di Idlib, ai confini con la Turchia, dove agiscono i jihadisti e le milizie filo-turche.\r\n\r\nMa gli scambi di “favori” tra Washington e Ankara potrebbero non finire qui in vista della missione di Erdogan alla Casa Bianca del 13 novembre. Il leader turco ha chiesto agli Usa anche la testa del leader curdo Mazloum Kobane, il quale afferma di avere partecipato con gli americani all’azione di intelligence contro Al Baghadi.\r\n\r\nE senza dimenticare che Ankara vuole anche l’estradizione dagli Stati Uniti di Fethullah Gulen, ritenuto l’ispiratore del fallito colpo di stato in Turchia del 15 luglio 2016.\r\n\r\nFatto fuori Al Baghadi, è Erdogan, insieme a russi e siriani lealisti, che decide il destino immediato dei jihadisti, e non soltanto di quelli dell’IAl Baghdadi: la sua pelle in cambio dei curdi\r\n\r\nsis in fuga dalle carceri dei curdi siriani, perché dispone di una presenza militare diretta e indiretta nella provincia di Idlib, molto vicino al confine con la Turchia dove si sarebbe svolto il raid americano.\r\n\r\nI miliziani filo-turchi – con cui sta riempiendo anche la nuova “fascia di sicurezza” strappata al Rojava curdo – sono i migliori informatori su un terreno dove gli americani erano assenti e adesso hanno realizzato il clamoroso “strike” contro Baghdadi. Qui non avviene niente per caso e probabilmente le altre versioni servono soltanto a gettare fumo negli occhi.\r\n\r\nEliminato il capo dello Stato Islamico – che non significa la fine dell’Isis come la fine di Bin Laden non fu quella di Al Qaida – si può anche completare il “riciclaggio” dei jihadisti che verranno assorbiti, come in parte già avvenuto, nelle varie milizie arabe e turcomanne: si tratta di un’operazione essenziale, che coinvolge migliaia di combattenti e le loro famiglie, per svuotare l’area della guerriglia e del terrorismo voluta nel 2011 da Erdogan per abbattere Assad con il consenso degli Usa, degli europei e delle monarchie del Golfo.\r\n\r\nQui si era creato un’Afghanistan alle porte dell’Europa dove sono stati ispirati attentati devastanti nelle capitali europee e si è svolta una parte della guerra sporca di un conflitto per procura che doveva eliminare il regime siriano alleato di Teheran e di Mosca.\r\n\r\nDa questa operazione Trump-Erdogan guadagnano anche Putin e Assad che ora con la Turchia sorvegliano la fascia di sicurezza dove i curdi sono stati costretti ad andarsene.\r\n\r\nL’area di Idlib, dove è prevalente il gruppo qaidista Hayat Tahrir al Sham (ex Al Nusra), ostile e in concorrenza con l’Isis, è sotto assedio di Assad, di Putin e degli iraniani che secondo gli accordi di Astana hanno chiesto da tempo a Erdogan di liberarla dai jihadisti e riconsegnare il controllo della provincia a Damasco.\r\n\r\nL’aviazione siriana qualche settimana fa aveva compiuto raid contro l’esercito turco entrato a dare manforte ai jihadisti e alle milizie filo-turche assediate in alcune roccaforti. Assad, tra l’altro, ha appena fatto visita alle truppe governative sul fronte di Idlib: è la sua prima visita nella provincia siriana nord-occidentale dall’inizio del conflitto. Un segnale significativo.\r\n\r\nIdlib è strategica in quanto si trova sull’asse di collegamento siriano Nord-Sud (Idlib-Aleppo-Hama Homs-Damasco), la vera spina dorsale della Siria. Ecco perché dopo la fine di Al Baghadi probabilmente siriani e russi guadagneranno ancora terreno.\r\n\r\nIn realtà, a parte ovviamente la latitanza, non c’è mai stato un mistero Al Baghadi, anzi si potrebbe dire che il vero mistero lo hanno creato proprio gli Stati Uniti. Il capo del Califfato, nato a Samarra nel 1971 come Ibrahim Awad Ibrahim Alì al-Badri, era già nelle mani degli americani in quanto affiliato di gruppi estremisti, venne liberato per diventare in seguito uno dei capi di Al Qaida e poi, dal 2014, il leader dello Stato Islamico quando fu proclamato il Califfato a Mosul: il 5 luglio si mostra in pubblico per la prima volta e rivolge un’allocuzione dall’interno della Grande moschea Al Nuri di Mosul.\r\n\r\nUn percorso singolare per un personaggio che era un capo riconosciuto con il crisma dell’imam e dell’esperto di diritto islamico.\r\n\r\nAl Baghdadi fu arrestato nei pressi di Falluja il 2 febbraio 2004 dalle forze irachene e, secondo i dati del Pentagono, venne incarcerato presso il centro di detenzione statunitense di Camp Bucca e Camp Adder fino al dicembre 2004, con il nome di Ibrahim Awad Ibrahim al Badri e sotto l’etichetta di “internato civile”.\r\n\r\nMa fu rilasciato nel dicembre dello stesso anno in seguito all’indicazione di una commissione americana che ne raccomandò il “rilascio incondizionato”, qualificandolo come un “prigioniero di basso livello”.\r\n\r\nProprio per questo non possono esistere dubbi sulla sua identità: i suoi dati biometrici e il Dna vennero prelevati allora dagli americani a Camp Bucca, così come vennero presi anche a chi scrive e a tutti coloro che dovevano entrare nella Green Zone di Baghdad, racchiusi in un tesserino con un chip indispensabile per passare i ceck point.\r\n\r\nEssenziale poi per l’identificazione nel caso di ritrovamento anche di un corpo a brandelli come accadeva allora di frequente. Migliaia di questi dati sono custoditi nelle banche dati di Pentagono e dipartimento di Stato.\r\n\r\nLa scelta della liberazione di Al Baghadi ha sollevato negli anni molte ipotesi dando adito ad alcune teorie del complotto, oltre a suscitare lo stupore del colonnello Kenneth King, tra gli ufficiali di comando a Camp Bucca nel periodo di detenzione di Al Baghdadi. Secondo il colonnello King era uno dei capi dei carcerati più in vista e la sua liberazione gli apparve immotivata.\r\n\r\nAnche il luogo dove secondo le fonti americane è stato ucciso Al Baghdadi non ci può stupire: si tratta della zona della città siriana di Idlib, a Barisha, assai vicino ai confini con la Turchia. Mentre i gruppi jihadisti e l’Isis venivano sconfitti, gran parte di loro si sono trasferiti in questa zona dove sono molto attive le milizie filo-turche.\r\n\r\nNon stupisce neppure che possa essere coinvolto Erdogan: è stato lui ad aprire l’”autostrada del Jihad” dalla Turchia alla Siria che portò migliaia di jihadisti ad affluire nel Levante arabo con gli effetti devastanti che conosciamo.\r\n\r\nTutto questo lo hanno scritto i giornalisti turchi, lo hanno visto i cronisti che hanno seguito sul campo le battaglie siriane e lo racconta anche in un’intervista in carcere a “Homeland Security” l’”ambasciatore” del Califfato Abu Mansour al Maghrabi, un ingegnere marocchino che arrivò in Siria del 2013.\r\n\r\n“Il mio lavoro era ricevere i foreign fighters in Turchia e tenere d’occhio il confine turco-siriano. C’erano degli accordi tra l’intelligence della Turchia e l’Isis. Mi incontravo direttamente con il Mit, i servizi di sicurezza turchi e anche con rappresentanti delle forze armate. La maggior parte delle riunioni si svolgevano in posti di frontiera, altre volte a Gaziantep o ad Ankara. Ma i loro agenti stavano anche con noi, dentro al Califfato”.\r\n\r\nL’Isis, racconta Mansour, era nel Nord della Siria e Ankara puntava a controllare la frontiera con Siria e Iraq, da Kessab a Mosul: era funzionale ai piani anti-curdi di Erdogan e alla sua ambizione di inglobare Aleppo. Oggi, al posto dell’Isis, Erdogan ha le “sue” brigate jihadiste anti-curde ma allora era diverso.\r\nQuando il Califfato, dopo la caduta di Mosul, ha negoziato nel 2014 con Erdogan il rilascio dei diplomatici turchi di stanza nella città irachena ottenne in cambio la scarcerazione di 500 jihadisti per combattere nel Siraq.\r\n\r\n“La Turchia proteggeva la nostra retrovia per 300 chilometri: avevamo una strada sempre aperta per far curare i feriti e avere rifornimenti di ogni tipo, mentre noi vendevamo la maggior parte del nostro petrolio in Turchia e in misura minore anche ad Assad”. Mansour per il suo ruolo era asceso al titolo di emiro nelle gerarchie del Califfato e riceveva i finanziamenti dal Qatar.\r\n\r\nEcco perché Baghdadi, dopo essere servito per tanti anni a destabilizzare la Siria e l’Iraq, adesso è caduto nella rete americana: perché era già, più o meno indirettamente, nella rete di Erdogan che ora ha fatto un bel regalo elettorale a Trump, il presidente americano che gli ha tolto di mezzo i curdi siriani dal confine. 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Baghdadi si è probabilmente fatto esplodere, ma certamente non era nei programmi delle truppe speciali statunitensi di farlo prigioniero. Baghdadi era già stato nelle mani delle forze armate statunitensi ed era stato liberato.\r\nIl rapporto costitutivamente ambiguo degli States con le tante anime della Jihad è il parte importante delle scelte politiche delle amministrazioni statunitensi degli ultimi decenni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto Negri, che sul tema ha scritto sul Manifesto di lunedì e martedì.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/2019.10.29.alberto-negri-al-baghdadi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il suo articolo:\r\n\r\n“Al Baghdadi: la sua pelle in cambio dei curdi\r\nE così anche The Donald, come Barack Obama con Osama bin Laden, esibisce, grazie a Putin, il suo scalpo jihadista, quello di Al Baghdadi e può dare nuovo impulso alla campagna per le presidenziali oscurata dal tradimento dei curdi e dalle trame del Russiagate.\r\n\r\nIl suo nascondiglio, secondo lo stesso presidente americano, sarebbe stato individuato, guarda caso, più o meno o in coincidenza con il ritiro Usa da Rojava.\r\n\r\n“E’ morto nel Nord della Siria – ha raccontato Trump – urlando e piangendo come un codardo inseguito in un tunnel dalle nostre forze speciali e dai nostri cani: si è fatto esplodere uccidendo i suo figli. E’ morto come un cane, come un codardo”.\r\n\r\nE ha ringraziato tutti: la Russia, la Turchia, l’Iraq, la Siria e i curdi siriani, specificando che gli americani, che provenivano dal Kurdistan iracheno, hanno usato le basi russe in Siria e la sorveglianza russa dei cieli siriani.\r\n\r\nInsomma lo zar è sempre pronto a dargli una mano pur di farlo rieleggere: e quando mai gli capita più un presidente Usa così, che gli consegna sul piatto mezzo Medio Oriente?\r\n\r\nLa fine di Al Baghdadi rafforza Trump, Erdogan, Putin e Assad. E’ il “nuovo ordine” regionale che ha portato alla fine il capo dell’Isis. Trump aveva bisogno di un successo per risollevare la sua immagine precipitata per il tradimento ai curdi ed Erdogan lo ha ricompensato con la pelle di Al Baghadi che si era rifugiato nell’area di Idlib, ai confini con la Turchia, dove agiscono i jihadisti e le milizie filo-turche.\r\n\r\nMa gli scambi di “favori” tra Washington e Ankara potrebbero non finire qui in vista della missione di Erdogan alla Casa Bianca del 13 novembre. Il leader turco ha chiesto agli Usa anche la testa del leader curdo Mazloum Kobane, il quale afferma di avere partecipato con gli americani all’azione di intelligence contro Al Baghadi.\r\n\r\nE senza dimenticare che Ankara vuole anche l’estradizione dagli Stati Uniti di Fethullah Gulen, ritenuto l’ispiratore del fallito colpo di stato in Turchia del 15 luglio 2016.\r\n\r\nFatto fuori Al Baghadi, è Erdogan, insieme a russi e siriani lealisti, che decide il destino immediato dei jihadisti, e non soltanto di quelli dell’IAl Baghdadi: la sua pelle in cambio dei curdi\r\n\r\nsis in fuga dalle carceri dei curdi siriani, perché dispone di una presenza militare diretta e indiretta nella provincia di Idlib, molto vicino al confine con la Turchia dove si sarebbe svolto il raid americano.\r\n\r\nI miliziani filo-turchi – con cui sta riempiendo anche la nuova “fascia di sicurezza” strappata al Rojava curdo – sono i migliori informatori su un terreno dove gli americani erano assenti e adesso hanno realizzato il clamoroso “strike” contro Baghdadi. Qui non avviene niente per caso e probabilmente le altre versioni servono soltanto a gettare fumo negli occhi.\r\n\r\nEliminato il capo dello Stato Islamico – che non significa la fine dell’Isis come la fine di Bin Laden non fu quella di Al Qaida – si può anche completare il “riciclaggio” dei jihadisti che verranno assorbiti, come in parte già avvenuto, nelle varie milizie arabe e turcomanne: si tratta di un’operazione essenziale, che coinvolge migliaia di combattenti e le loro famiglie, per svuotare l’area della guerriglia e del terrorismo voluta nel 2011 da Erdogan per abbattere Assad con il consenso degli Usa, degli europei e delle monarchie del Golfo.\r\n\r\nQui si era creato un’Afghanistan alle porte dell’Europa dove sono stati ispirati attentati devastanti nelle capitali europee e si è svolta una parte della guerra sporca di un conflitto per procura che doveva eliminare il regime siriano alleato di Teheran e di Mosca.\r\n\r\nDa questa operazione Trump-Erdogan guadagnano anche Putin e Assad che ora con la Turchia sorvegliano la fascia di sicurezza dove i curdi sono stati costretti ad andarsene.\r\n\r\nL’area di Idlib, dove è prevalente il gruppo qaidista Hayat Tahrir al Sham (ex Al Nusra), ostile e in concorrenza con l’Isis, è sotto assedio di Assad, di Putin e degli iraniani che secondo gli accordi di Astana hanno chiesto da tempo a Erdogan di liberarla dai jihadisti e riconsegnare il controllo della provincia a Damasco.\r\n\r\nL’aviazione siriana qualche settimana fa aveva compiuto raid contro l’esercito turco entrato a dare manforte ai jihadisti e alle milizie filo-turche assediate in alcune roccaforti. 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Migliaia di questi dati sono custoditi nelle banche dati di Pentagono e dipartimento di Stato.\r\n\r\nLa scelta della liberazione di Al Baghadi ha sollevato negli anni molte ipotesi dando adito ad alcune teorie del complotto, oltre a suscitare lo stupore del colonnello Kenneth King, tra gli ufficiali di comando a Camp Bucca nel periodo di detenzione di Al Baghdadi. Secondo il colonnello King era uno dei capi dei carcerati più in vista e la sua liberazione gli apparve immotivata.\r\n\r\nAnche il luogo dove secondo le fonti americane è stato ucciso Al Baghdadi non ci può stupire: si tratta della zona della città siriana di Idlib, a Barisha, assai vicino ai confini con la Turchia. Mentre i gruppi jihadisti e l’Isis venivano sconfitti, gran parte di loro si sono trasferiti in questa zona dove sono molto attive le milizie filo-turche.\r\n\r\nNon stupisce neppure che possa essere coinvolto Erdogan: è stato lui ad aprire l’”autostrada del Jihad” dalla Turchia alla Siria che portò migliaia di jihadisti ad affluire nel Levante arabo con gli effetti devastanti che conosciamo.\r\n\r\nTutto questo lo hanno scritto i giornalisti turchi, lo hanno visto i cronisti che hanno seguito sul campo le battaglie siriane e lo racconta anche in un’intervista in carcere a “Homeland Security” l’”ambasciatore” del Califfato Abu Mansour al Maghrabi, un ingegnere marocchino che arrivò in Siria del 2013.\r\n\r\n“Il mio lavoro era ricevere i foreign fighters in Turchia e tenere d’occhio il confine turco-siriano. C’erano degli accordi tra l’intelligence della Turchia e l’Isis. Mi incontravo direttamente con il Mit, i servizi di sicurezza turchi e anche con rappresentanti delle forze armate. La maggior parte delle riunioni si svolgevano in posti di frontiera, altre volte a Gaziantep o ad Ankara. Ma i loro agenti stavano anche con noi, dentro al Califfato”.\r\n\r\nL’Isis, racconta Mansour, era nel Nord della Siria e Ankara puntava a controllare la frontiera con Siria e Iraq, da Kessab a Mosul: era funzionale ai piani anti-curdi di Erdogan e alla sua ambizione di inglobare Aleppo. Oggi, al posto dell’Isis, Erdogan ha le “sue” brigate jihadiste anti-curde ma allora era diverso.\r\nQuando il Califfato, dopo la caduta di Mosul, ha negoziato nel 2014 con Erdogan il rilascio dei diplomatici turchi di stanza nella città irachena ottenne in cambio la scarcerazione di 500 jihadisti per combattere nel Siraq.\r\n\r\n“La Turchia proteggeva la nostra retrovia per 300 chilometri: avevamo una strada sempre aperta per far curare i feriti e avere rifornimenti di ogni tipo, mentre noi vendevamo la maggior parte del nostro petrolio in Turchia e in misura minore anche ad Assad”. Mansour per il suo ruolo era asceso al titolo di emiro nelle gerarchie del Califfato e riceveva i finanziamenti dal Qatar.\r\n\r\nEcco perché Baghdadi, dopo essere servito per tanti anni a destabilizzare la Siria e l’Iraq, adesso è caduto nella rete americana: perché era già, più o meno indirettamente, nella rete di Erdogan che ora ha fatto un bel regalo elettorale a Trump, il presidente americano che gli ha tolto di mezzo i curdi siriani dal confine. 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Di fatto un via libera alla Turchia, che non ha mai fatto mistero delle proprie mire espansionistiche nelle zone controllate dalle milizie YPG e JPG a difesa della rivoluzione confederale, femminista ed ecologista, cominciata nel luglio del 2012.\r\nIl piano è chiaro: ripetere l’operazione che due anni fa ha condotto all’occupazione di Afrin, dopo aver ottenuto il via libera dalla Russia, la potenza egemone in quel cantone del Rojava. Ad Afrin, dopo l’invasione, è in atto una occupazione militare durissima. Pulizia etnica e reinsediamento di jhaidisti, nei territori, che proprio le milizie del Rojava avevano liberato dall’Isis.\r\nL’annessione alla Turchia di Afrin è ormai un dato di fatto, mentre si allungano le fila della diaspora curda.\r\nNelle città del Rojava confederale Erdogan intende dispiegare tutte le sue armi, per poi fare il via alla colata di cemento con la quale da quasi vent’anni si garantisce una vasta rete clientelare.\r\nL’accordo tra Erdogan e Trump prevede che i prigionieri di Daesh vengano consegnati alle autorità turche: in questo modo migliaia di miliziani dello Stato Islamico potrebbero riacquistare la libertà e riorganizzarsi. Il cerchio si chiude: la Turchia in questi anni ha aiutato economicamente e sostenuto sul campo di battaglia le varie formazioni salafite in Siria.\r\nUna nuova guerra di espansione serve al raiss turco per mantenere un consenso che mostra le prime vistose crepe. L’elezione di un suo oppositore alla guida di Istanbul, la principale metropoli turca, due volte ribadita dalle urne, è una grossa spina nel fianco del padre e padrone della Turchia.\r\n\r\nIeri sera c’è stato un bombardamento aereo turco al confine tra Iraq e Siria, nella zona di Semalka, a un'ora di distanza dal passaggio di un convoglio di rifornimenti e armi della Coalizione diretto a Qasmishlo e quindi nel territorio controllato dalle SDF.\r\nCi sono informazioni discordanti rispetto alla possibile chiusura dello spazio aereo del Nord Est della Siria nei confronti della Turchia da parte degli Stati Uniti.\r\nIl raiss di Damasco non si pronuncia, ma è facile immaginare che il prezzo per un suo intervento, sarebbbe lo stesso chiesto e non ottenuto dai curdi prima dell’invasione di Afrin. Una variabile importante è però il fatto che il via libera ad Afrin venne concesso alla Turchia dal potente alleato russo, mentre ora il Grande Gioco vede una diversa disposizione delle pedine. Non per caso l’Iran ha già condannato l’operazione militare turca.\r\nNegli Stati Uniti scoppia il caos tanto nel partito democratico quanto in quello repubblicano con molti esponenti della politica USA che contestano la mossa di Trump sulla Siria.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Paolo Pachino, già volontario in Rojava per due anni.\r\nContro di lui ed altri due miliziani torinesi, la Procura ha richiesto la sorveglianza speciale. Il prossimo 15 ottobre ci sarà udienza e presidio al tribunale di Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/2019-10-08-pachi-siria.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","8 Ottobre 2019","2019-10-08 19:14:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/rojava-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/rojava-300x180.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/rojava-300x180.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/rojava-768x460.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/rojava-1024x613.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/rojava.jpg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Rojava. 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Dopo cinque giorni dall’annuncio dell’accordo raggiunto dal governo, il testo non è ancora disponibile. Qualcuno sospetta che il deficit sarà ben più ampio del 2,4% annunciato trionfalmente per la “finanziaria del popolo”.\r\nIl 26 settembre quando si sono affacciati da un balcone i ministri pentastellati hanno rilasciato roboanti dichiarazioni: “aboliremo la povertà”, “faremo la manovra del popolo”.\r\nIl governo aveva appena approvato la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza in cui portava il rapporto deficit/PIL dall’1,6% al 2,4%.\r\nVediamo di che cosa si tratta.\r\nOgni anno, entro il 10 aprile, il governo deve presentare il Documento di Economia e Finanza che indica quali saranno, negli anni a venire, gli andamenti economici del paese e della finanza pubblica. Lì sono indicate le previsioni per la crescita del PIL (che è quanto produce un paese), quale sarà l’inflazione, quali i tassi d’interesse e a quanto ammonterà il deficit pubblico ossia la differenza tra le entrate e le spese dello stato.\r\nSiccome si tratta di previsioni soggette a variazioni ogni anno, entro il 27 settembre, queste previsioni vengano aggiornate in base a quello che è stato l’andamento reale dell’economia.\r\n\r\nIl governo Gentiloni aveva presentato il DEF ad aprile scorso prevedendo alcuni valori per tutti questi indicatori. Tra questi c’è quello che prevedeva, per il 2019, un rapporto deficit/PIL all’1,6%. Il consiglio dei ministri del governo Conte ha deciso che sarà del 2,4%.\r\n\r\nTanto per inquadrare la “storicità” del momento il 2,4% previsto nel 2019 va paragonato con il 2,5% che c’è stato nel 2016 e il 2,3% del 2017. Anni appena trascorsi in cui non abbiamo memoria di abbondanza e ricchezza diffusa.\r\n\r\nScopo dello spettacolo messo in scena la volontà di smarcarsi da un governo che, finora, ha avuto solo una caratterizzazione razzista e la povertà l’ha combattuta arrestando i poveri o sfrattandoli perché non potevano pagare l’affitto.\r\nUn modo un po’ abborracciato di dare una parvenza “sociale” al governo.\r\nI soldi disponibili saranno quasi sicuramente meno di quelli attesi.\r\nUna parte delle minori risorse è dovuta al fatto che il PIL sarà inferiore alle previsioni per la minor crescita del PIL reale e dell’inflazione: invece del 3,3% sarà del 2,7 %.\r\nLa grossa parte delle minori disponibilità deriva invece dal fatto che nel 2019 si spenderà di più per gli interessi del debito pubblico. Nell’ultimo anno i tassi d’interesse sono saliti di un punto e mezzo (adesso sono al 3%) mentre, nella precedente versione del DEF, ci si aspettava una diminuzione della spesa.\r\nIn più nel 2019 è attesa la fine degli acquisti di titoli di stato da parte della Banca Centrale Europea con ulteriore rialzo dello spread ed una maggiore sensibilità ai giudizi delle agenzie di rating. Per questo motivo il ministro del Tesoro ed alcuni tecnici del MEF (poi accusati sulla stampa di “remare contro”) consideravano opportuno oltre che il rispetto dei parametri di Maastricht (che prevedono un rapporto deficit/PIL inferiore al 3%), anche l’avvicinamento ai parametri previsti da fiscal compact (rapporto deficit/PIL dello 0,5%).\r\nIn ogni caso entro il 15 ottobre il governo dovrà presentare all’Unione Europea il Documento Programmatico di Bilancio e vedremo come avranno deciso di giocarsi la partita dei conti. O metteranno dei dati realistici per le varie poste e si accorgeranno che non ci sono abbastanza soldi per mantenere le promesse fatte o faranno finta di nulla, accusando i “poteri forti” di volerli boicottare.\r\nPoi faranno, nella migliore tradizione democristiana, una manovra aggiuntiva nel corso del 2019.\r\nQuale che sia la scelta propagandistica che utilizzeranno, i provvedimenti che saranno adottati nella legge di bilancio serviranno solo a far finta di aver mantenuto le promesse elettorali cambiando poco e nulla della situazione reale.\r\n\r\nL’attesa riforma delle pensioni con “quota 100” viene presentata in modo diverso a seconda dell’esponente politico intervistato. L’intenzione pubblicitaria è di porre pari a 100 la somma degli anni dei contributi versati e dell’età anagrafica per andare in pensione. Già sul numero minimo di anni di contribuzione le opinioni divergono: c’è chi dice che ci vorranno almeno 38 anni di contributi, chi dice che ne basteranno 36. Su una cosa però sono tutti d’accordo: non verranno modificati i coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo della pensione effettiva. Questo significa che ci sarà una forte penalizzazione per chi andrà in pensione prima dei 67 anni.\r\nTanto per capirci, lo stipendio su cui si calcola la pensione non è quello realmente percepito: vanno escluse una serie di indennità, i turni, le reperibilità, gli straordinari, le gratifiche, i buoni mensa, ecc. per cui, anche se uno avesse diritto ad una pensione pari al 100% dello stipendio prenderebbe comunque dei soldi in meno (pochi o tanti dipendono dal tipo di lavoro).\r\n\r\nChi va in pensione adesso, a 67 anni con 40 anni di contributi (“quota 107”), grosso modo prende come pensione il 74% dello stipendio depurato dalle poste dette sopra. Chi andrà in pensione con “quota 100” prenderà circa il 60% dello stipendio (cioè, tutto compreso, il 50% dello stipendio che prende ogni mese). E, per disincentivare ulteriormente, vogliono introdurre anche delle ulteriori penalizzazioni per chi andrà in pensione prima dei 67 anni. Salvo casi particolari (lavoratori che hanno iniziato da giovani ed hanno lavorato 40 anni senza interruzioni) è evidente che alla maggior parte delle persone converrà continuare a lavorare per altri 3/4 anni per avere una pensione che non sia pari alla metà dell’ultimo stipendio. C’è anche da verificare cosa succederà a chi fa un lavoro “usurante” (come gli ex-esposti all’amianto) che già oggi vanno in pensione prima e che potrebbero essere coinvolti nella nuova disciplina rimanendo penalizzati.\r\nÈ ancora più inconsistente il “reddito di cittadinanza” proposto dai 5 stelle. In campagna elettorale era stato presentato come un reddito mensile che avrebbe percepito chiunque cercasse un lavoro senza trovarlo. Nelle versioni successive era destinato ai 9 milioni e 368 mila poveri “relativi”. Poi è diventato appannaggio solo dei 5 milioni e 58 mila poveri “assoluti”. Poi solo dei 3 milioni e mezzo di poveri assoluti “italiani”: infatti, indipendentemente dalla propaganda leghista sulla “pacchia” in cui vivono gli immigrati, in Italia un milione e mezzo di immigrati vive in condizione di povertà assoluta. Il fatto, poi, di perderlo dopo tre lavori rifiutati fa pensare che verranno fatte proposte di lavoro senza tener conto delle capacità personali o della residenza degli individui: verosimilmente verranno offerti lavori precari, dequalificati e sottopagati in regioni diverse per ottenere dei rifiuti e diminuire la platea degli aventi diritto.\r\nDato il quotidiano stillicidio degli annunci, dovremo necessariamente aspettare i prossimi mesi per vedere i requisiti effettivi per ottenere il reddito di cittadinanza: per adesso non c’è nulla, tranne il razzismo di cui ammantano questo nulla.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con l’economista Francesco Fricche\r\nAscolta la diretta:\r\n2018 10 02 def fricche\r\n\r\nAggiornamento al 9 ottobre\r\n\r\nVenerdì scorso ad una settimana esatta dall’annuncio della “Finanziaria del popolo” il governo ha fatto davvero uscire il testo della Nota di aggiornamento al Def.\r\nNe abbiamo riparlato con Francesco Fricche\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2018 10 09 def franc","9 Ottobre 2018","2018-10-10 21:47:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/pensioni-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/pensioni-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/pensioni-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/pensioni-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/pensioni-1024x682.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/pensioni.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","DEF. 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E, per disincentivare ulteriormente, vogliono introdurre anche delle ulteriori penalizzazioni per chi andrà in pensione prima dei 67 anni. Salvo casi particolari (lavoratori che hanno iniziato da giovani ed hanno lavorato 40 anni senza interruzioni) è evidente che alla maggior parte delle persone converrà continuare a lavorare per altri 3/4 anni per avere una pensione che non sia pari alla metà dell’ultimo stipendio. C’è anche da verificare cosa succederà a chi fa un lavoro “usurante” (come gli ex-esposti all’amianto) che già oggi vanno in pensione prima e che potrebbero essere coinvolti nella nuova disciplina rimanendo penalizzati.\r\nÈ ancora più inconsistente il “reddito di cittadinanza” proposto dai 5 stelle. In campagna elettorale era stato presentato come un reddito mensile che avrebbe percepito chiunque cercasse un lavoro senza trovarlo. Nelle versioni successive era destinato ai 9 milioni e 368 mila poveri “relativi”. 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Il fatto, poi, di perderlo dopo tre lavori rifiutati fa pensare che verranno fatte proposte di lavoro senza tener conto delle capacità personali o della residenza degli individui: verosimilmente verranno offerti lavori precari, dequalificati e sottopagati in regioni diverse per ottenere dei rifiuti e diminuire la platea degli aventi diritto.\r\nDato il quotidiano stillicidio degli annunci, dovremo necessariamente aspettare i prossimi mesi per vedere i requisiti effettivi per ottenere il reddito di cittadinanza: per adesso non c’è nulla, tranne il razzismo di cui ammantano questo nulla.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con l’economista Francesco Fricche\r\nAscolta la diretta:\r\n2018 10 02 def fricche\r\n\r\nAggiornamento al 9 ottobre\r\n\r\nVenerdì scorso ad una settimana esatta dall’annuncio della “Finanziaria del popolo” il governo ha fatto davvero uscire il testo della Nota di aggiornamento al Def.\r\nNe abbiamo riparlato con Francesco Fricche\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2018 10 09 def franc",[185],{"field":74,"matched_tokens":186,"snippet":182,"value":183},[69],{"best_field_score":78,"best_field_weight":79,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":45,"score":80,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":45},{"document":189,"highlight":207,"highlights":212,"text_match":76,"text_match_info":215},{"cat_link":190,"category":191,"comment_count":45,"id":192,"is_sticky":45,"permalink":193,"post_author":48,"post_content":194,"post_date":195,"post_excerpt":51,"post_id":192,"post_modified":196,"post_thumbnail":197,"post_thumbnail_html":198,"post_title":199,"post_type":56,"sort_by_date":200,"tag_links":201,"tags":204},[42],[44],"42588","http://radioblackout.org/2017/06/la-storia-di-greta-e-bijou-tra-porte-chiuse-e-pregiudizi/","Nei giorni scorsi il Comitato popolare dei quartieri Vallette-Lucento ha diffuso la storia di Greta e Bijou, una coppia di ragazze con due bambini piccoli che nella nostra città si stanno scontrando con le tante difficoltà che chi rivendica il diritto a un'esistenza dignitosa e a un tetto sopra la testa incontra. Una vicenda in cui si intrecciano e si sovrappongono diversi livelli di violenza istituzionale, con politiche abitative e assistenziali già estremamente inadeguate che non sembrano prevedere una risposta, un posto, una soluzione per loro.\r\n\r\n \r\n\r\nSe la loro vicenda è comune a quella di tante famiglie che fanno i conti con l'emergenza abitativa e con l'assenza di risposte da parte dell'amministrazione (che anche su questo mostra una perfetta continuità con le politiche della giunta precedente), non è un mistero che il loro essere una coppia rappresenti un ostacolo ulteriore, tanto più in un paese in cui molto dell’apparato assistenziale è delegato alla Chiesa.\r\n\r\n \r\n\r\nAttorno alla loro situazione si è già creata una rete solidale con l'intento di mobilitarsi su questa vicenda.\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo raggiunto ai nostri microfoni Bijou:\r\n\r\nbijouxtorino\r\n\r\n \r\n\r\nQui si può leggere l'intervista realizzata dal Comitato Popolare Vallette-Lucento con Greta e Bijou.","21 Giugno 2017","2017-06-27 14:05:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/06/14212758_1089783261098735_9043330760319690279_n-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/06/14212758_1089783261098735_9043330760319690279_n-300x168.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/06/14212758_1089783261098735_9043330760319690279_n-300x168.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/06/14212758_1089783261098735_9043330760319690279_n-768x430.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/06/14212758_1089783261098735_9043330760319690279_n.jpg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La storia di Greta e Bijou, tra porte chiuse e pregiudizi",1498049221,[202,203],"http://radioblackout.org/tag/diritto-alla-casa/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[205,206],"diritto alla casa","torino",{"post_content":208},{"matched_tokens":209,"snippet":210,"value":211},[69],"giunta precedente), non è un \u003Cmark>mistero\u003C/mark> che il loro essere una","Nei giorni scorsi il Comitato popolare dei quartieri Vallette-Lucento ha diffuso la storia di Greta e Bijou, una coppia di ragazze con due bambini piccoli che nella nostra città si stanno scontrando con le tante difficoltà che chi rivendica il diritto a un'esistenza dignitosa e a un tetto sopra la testa incontra. 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Questa volta si parla di sprechi edilizi e relativi abbandoni, a Torino nel 1961 si svolse l'Esposizione internazionale e le strutture architettoniche che furono costruite per l'occasione che fine hanno fatto? La risposta è già scritta in un copione a cui siamo abituati ma che è sempre utile rileggere con lenti diverse in diversi momenti storici.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/Backwards-Italia-61-07_09_2019_25.mp3\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 12 ore 13,00 – Dialogo con Fatima Ouassak - RBO live @ Festival Alta Felicità 2024 94 minuti [Radio Blackout]: Fatima Ouassak è una politologa e militante ecologista, femminista e antirazzista. Il suo ultimo libro Per un’ecologia pirata (tradotto in italiano da Valeria Gennari per Tamu edizioni (2024)) propone un’alternativa all’ecologia bianca, borghese e a cui manca un’approccio intersezionale. Ouassak parte dalla realtà dei quartieri popolari francesi e scrive a partire da questo contesto di lotta. 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Ha dedicato una parte significativa della sua vita ad esplorare la comunicazione con il mondo oltre la morte attraverso le onde radio. Nel suo studio di Grosseto, Bacci sviluppò tecniche innovative per catturare voci paranormali su nastro, lasciando un’impronta duratura nel regno delle comunicazioni paranormali e accendendo dibattiti nel mondo della ricerca soprannaturale. Bacci comunicava con l’aldilà o semplicemente con l’idea dell’aldilà, mediata dall’incomprensibile rifrazione delle onde elettromagnetiche? Arsider indaga.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Speciale_Marcello-BacciArsider_26.mp3\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 14 ore 21,00 – Craxi Driver - Bestie di Satana 35 minuti [Craxi Driver]:\r\n\r\nDisco-racconto su uno dei fatti di cronaca più brutali della storia italiana \"Sembriamo serial killer e forse lo siamo. Di sicuro, lo stiamo diventando. 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Un ammasso gentile di suoni giapponesi per fare le fusa.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Japan-Blues-Roads-to-Freedom-mix-for-Radio-Blackout_62.mp3\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 16 ore 09,30 – Plurex Records Mixtape 69 minuti [Radio Blackout, Plurex Records]:\r\n\r\nPlurex Records,etichetta DIY olandese post-punk della fine degli anni 70 inizio anni 80\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/Plurex-records-special-mix_68.mp3\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 16 ore 13,30 – Breve storia del discofunk 27 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nUna rapida carrellata che passa in rassegna i nomi, i gruppi e le situazioni attorno ai quali è gravitato questo genere musicale.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Breve-storia-del-discofunk.mp3\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 16 ore 18,30 – Cru Servers - Tottum per tutti 33 minuti [Radio Blackout, Cru Servers]:\r\n\r\nTottum per Tutti is the new album of the Cru Servers, made exclusively for Radio Blackout. The idea came one day during the lockdown, we asked them, they replied with this unpublished material outtaken from their first official release!! (because it’s only love, if love you can give!)\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Cru-Servers-Tottum-per-tutti_32.mp3\r\n\r\n[download]","8 Marzo 2025","2025-04-11 14:04:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Immagine-social-BH-200x110.jpg","Black Holes dal 10 al 16 Marzo 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21 ore 12,30 - Internet e Africa 36 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nSe siamo abituati a sentir parlare degli oleodotti e dei gasdotti che trasportano i combustibili fossili – e per questo dettano l’agenda geopolitica internazionale – meno noti sono i cavi attraverso i quali transitano i dati che permettono l’esistenza di Internet: una rete fisica che si snoda per mari e terre connettendo macchine ed esseri umani nel Grande gioco dell’informazione (che presuppone la produzione di altrettanto grandi flussi intercontinentali di energia elettrica).\r\n\r\nDalla corsa alla digitalizzazione del Pianeta non è escluso il continente africano – e in particolare i mari che lo circondano – recentemente interessato da un’intensa attività di posa di cavi sottomarini che aprono nuove vie alla circolazione dei dati e riconfigurano alleanze storiche.\r\n\r\nDopo averci fatto conoscere le ambizioni di 36 diversi eserciti nel Sahel, Daniele Ratti torna sulla competizione globale che si gioca attorno all’Africa, introducendo nel quadro nuovi attori, come i giganti del web e della telefonia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Internet-e-Africa_36.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 22 ore 8,30 - Breve storia del discofunk 26 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nUna rapida carrellata che passa in rassegna i nomi, i gruppi e le situazioni attorno ai quali è gravitato questo genere musicale.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Breve-storia-del-discofunk_26.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 23 ore 8,30 - Il caso Caffaro, una pandemia silenziosa 26 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nPoliclorobifenili, Mercurio, Cromo Esavalente, Tetracloruro di carbonio, Esaclorocicloesano… il tutto ben pressato nelle terre bresciane, dove l’industrializzazione, nel tempo, ha inquinato in maniera cronica, subdola e silenziosa. Tra i maggiori artefici di questo disastro in corso c’è la Caffaro, un antico stabilimento chimico, dismesso da oltre dieci anni, abbandonato a un lento degrado senza alcun intervento di bonifica; solo un recente, ma colpevolmente tardivo, interessamento della magistratura ha avviato un procedimento penale, quando ormai i bresciani erano già stati abbondantemente avvelenati dai PCB, parenti stretti delle più note diossine. Di questa realtà fatta di veleni e di assuefazione degli abitanti abbiamo parlato con Marino Ruzzenenti, autore di Un secolo di cloro e… PCB, dal cui racconto emerge un quadro buio, in cui la terra che abitiamo figura come una “variabile dipendente” sottomessa alla logica del profitto.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Acqua-Daniele-Ratti_33.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 24 ore 8,30 - Racconti ovali 1 29 minuti [Luca Wallace Costello]:\r\n\r\nEsploriamo il forte legame tra working class, territorio gallese e gioco ovale.\r\nRipercorriamo la storia di tale incontro: tra squadre di provincia, miniere carbonifere e clubhouse di villaggio, fino ad arrivare alla formidabile affermazione della selezione nazionale negli anni ’70.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/Racconti-ovali3_35.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 24 ore 13,30 - Speciale Marcello Bacci 26 minuti [Arsider, Radio Blackout]:\r\n\r\nMarcello Bacci (1922-2008) è stato un pioniere italiano nel campo degli EVP (Electronic Voice Phenomena). Ha dedicato una parte significativa della sua vita ad esplorare la comunicazione con il mondo oltre la morte attraverso le onde radio. Nel suo studio di Grosseto, Bacci sviluppò tecniche innovative per catturare voci paranormali su nastro, lasciando un’impronta duratura nel regno delle comunicazioni paranormali e accendendo dibattiti nel mondo della ricerca soprannaturale. Bacci comunicava con l’aldilà o semplicemente con l’idea dell’aldilà, mediata dall’incomprensibile rifrazione delle onde elettromagnetiche? 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Barbero su rapimento Moro musicata.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/Lectio-di-A.-Barbero-su-rapimento-Moro-musicata_68.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 26 ore 10 - Dante in Valsusa 21 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nAchì? Perchè Achille Lauro si chiama Achille Lauro? Da un piroscafo degli anni ’20 all’Intelligenza Artificiale\r\n\r\nSi formerà dal Seghino a Chianocco\r\n da Venaus, Bussoleno e Chiomonte\r\n per tutta la Val Susa un solo blocco;\r\n\r\nda fondovalle fino in cima al monte\r\n sarà modello d’ogni altra vallata,\r\n e d’ogni libertà presidio e fronte;\r\n\r\nchi vorrà far colà terra bruciata\r\n vedrà levar la testa, e quanto vale\r\n l’orgoglio d’una gente ricattata.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Dante-in-Val-Susa_21.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 27 ore 9:30 - Cinema Underground: Alberto Grifi 1 14 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\n3 frammenti,3 schegge per conoscere Alberto Grifi,considerato tra i massimi esponenti del cinema sperimentale italiano,regista, pittore e inventore di dispositivi video-cinematografici.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/CinemaUndergroundAlbertoGrifi1_14.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","19 Maggio 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Ma che cos'è effettivamente lo zucchero? La sua presenza capillare nei nostri cibi è sempre stata tale o, se no, come siamo arrivati a consumarne così tanto? Le risposte a queste domande sono di natura strettamente politica e riguardano la storia geografica del commercio di questa sostanza, i poteri che ne hanno spinto la diffusione, la sottomissione delle categorie di medici, dietologi e dentisti che ne hanno promosso l'utilizzo per la salute e soprattutto gli effetti che questa sostanza (sarebbe il caso di dire \"droga\") ha sul nostro corpo. L'elevata dipendenza che crea, l'assopimento e le malattie che derivano dal suo consumo sono tutti elementi fondamentali che hanno permesso nel corso della storia e permettono tutt'oggi un controllo del cibo (e quindi sociale) sulle popolazioni da parte delle grandi compagnie dell'industria alimentare.\r\n\r\nNe abbiamo parlato grazie a Giuseppe Aiello, autore del libro \"Il mistero (solubile) dello zucchero assassino\", pubblicato nel 2010 per Nautilus-Candilita.\r\n\r\nPer ascoltare l'audio clicca qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/zucchero.mp3\"][/audio]","5 Aprile 2019","2019-04-05 13:11:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/shutterstock_274435622-640x427-200x110.jpg","Il mistero (solubile) dello zucchero assassino",1554469894,[],[],{"post_content":981,"post_title":985},{"matched_tokens":982,"snippet":983,"value":984},[69],"Aiello, autore del libro \"Il \u003Cmark>mistero\u003C/mark> (solubile) dello zucchero assassino\", pubblicato","Lo zucchero è al giorno d'oggi uno degli alimenti più comuni sulle nostre tavole e attorno a cui gravita una profonda disinformazione. 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Da lì comincia il nostro dialogo che replica e moltiplica quello che Emanuele e Massimo hanno innescato nel loro libro per trasmettere impressioni e analisi, interpretazioni e intuizioni elaborate singolarmente o nei sopralluoghi insieme nel Sudest asiatico per dare una forma un po' più dettagliata al fenomeno delel scam city e alle sue implicanze.\r\n\r\nNon si muove foglia che Xi non voglia tra i grattacieli delle scam city\r\n\r\nImmergendosi nel fenomeno delle scam city, le città della truffa, si può ricavare una fotografia nitida dei differenti parametri che regolano l'economia dell'Asean, quella sommersa ma anche quella su cui si fonda l'intero sistema – basti pensare a quale peso (più della metà del pil) hanno questi eredi dei casinò precovid nel'economia cambogiana. E l'aea del Sudest asiatico è quella dove si regola il reale scontro a livello globale.\r\nEmanuele Giordana e Massimo Morello si sono immersi in questo magma frenetico di creazione e sviluppo di realtà urbane dal nulla e suo improvviso disfacimento una volta compreso che quei compound misteriosi e talvolta trasandati a nascondere tante vite rapite e ridotte in schivitù (forse in alcuni casi una reclusione volontaria per i facili guadagni) costituiscono un affare da migliaia di miliardi, gestiti da tycoon ai vertici delle mafie, ma regolati dalla volontà cinese di sfruttarne i proventi e, al momento opportuno, azzerarli con tutta la città cresciuta intorno (che torna a essere preda della giungla naturale in sostituzione dei blockchain, delle truffe telefoniche, della pirateria informatica...). I due reporter hanno battuto di persona i confini pericolosi tra Myanmar e Thailandia, le realtà cambogiane (il paese che maggiormente detiene le concessioni cinesi a ospitare scam center), il Laos e il Vietnam, scrivendo un libro (Asia Criminale, edito da Baldini+Castoldi) che è fondato su una sorta di dialogo tra loro e con i testimoni incontrati, corredato dalla storia da loro stessi testimoniata negli articoli di prezioso giornalismo sul campo a partire dagli anni Settanta, quando frequentavano quegli stessi luoghi, riuscendo a dare così anche l'effettiva trasformazione della società e dei luoghi di questa parte di mondo rivisitata più volte nel tempo.\r\nIl racconto che ce ne hanno fatto, a tratti divertente, apre uno squarcio nel velo di mistero attorno alle scam city e ai costanti rivolgimenti di alleanze, affari e amicizie tradite con toni che tra l'evocazione dell'atmosfera letteraria, la geometria dei vari Triangoli d'Oro (o altri preziosi) e il dettaglio fotografico che con precisione inquadrano la realtà presente consentono di interpretare eventi, sviluppi, cambiamenti e direzione di quelle società difficilmente penetrabili e che continuano a condizionare il mondo attraverso gli intrecci tra economia criminale, microfinanza e finanza globale... e sullo sfondo emerge sempre da ogni particolare l'impronta vigile della Cina.\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/4xWsR7M5kbFjSn1sAamkxc?si=p9ptvPlrSa6kwnHIIz5J6Q\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCon Carola Frediani che ha lavorato per anni come giornalista occupandosi di sorveglianza, cybercrimine e cybersicurezza, animatrice della newsletter Guerre di Rete, parliamo delle interazioni sempre più pervasive fra guerre e tecnologia.\r\nGuerre di rete conduce una ricerca accurata sui temi della cybersicurezza con uno sguardo critico ed informato sull'applicazione delle nuove tecnologie agli scenari bellici, partendo dal caso ucraino, scenario in cui la predominanza dell'uso dei droni ha cambiato il modo di fare la guerra con l'utilizzo di tecnologia diffusa spesso a duplice uso militare e civile .Gli attacchi informatici spesso anticipano le guerre sul terreno, si cita il caso del reclutamento da parte dell'esercito ucraino di vari hacker attivisti nonché di attacchi informatici russi contro obiettivi sensibili ucraini .Si espande il controllo dei sistemi di sorveglianza anche verso gruppi sociali ritenuti pericolosi in un contesto bellico con il supporto di aziende tecnologiche che sperimentano in scenari bellici l'efficacia dei propri sistemi di cybersicurezza. La ricerca di armamenti che riduca sempre di più l'intervento umano conduce all'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella definizione degli obiettivi (vedi il sistema Lavender israeliano utilizzato a Gaza) definendo il numero di potenziali vittime \"collaterali\" in base alla preminenza dell'obiettivo da colpire.\r\nL'osservatorio con le sue peculiarità consente di registrare realmente i tempi di progettazione e uso dell'innovazione tecnologica, consentendo di verificare quando e chi abbia preparato le guerre, ma anche quale uso dell'Intelligenza Artificiale sia più sviluppato dai poteri nazionali – ormai tutti apertamente totalitari e di impronta autoritaria. Evidente è il caso dell'Iran che sviluppa sicuramente il comparto dei droni da combattimento (meno sofisticati di altri stati), ma potenzia moltissimo le applicazioni che pervadono il controllo dell'ordine interno; altri paesi sono all'avanguardia del contrasto alla migrazione (Usa); e poi ci sono le guerre scatenate per appropriarsi delle risorse utili a potenziare la dotazione in AI.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/le-nuove-frontiere-belliche-della-tecnologia-guerre-di-rete-e-dual-use--67031781\r\n\r\ngli altri interlocutori interpellati sull'escalation bellica e le nuove forme di guerra si trovano qui","18 Luglio 2025","2025-07-19 10:01:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 17/07/2025 - LE CONSEGUENZE DISTOPICHE DELLA DIGITALIZZAZIONE: LO SCHIAVISMO NELLE SCAM CITY DI AZZARDO ON LINE E BITCOIN, LE VITTIME COLLATERALI DELLA GUERRA DI DRONI",1752831646,[1038,1039],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[289,1041],"BastioniOrione",{"post_content":1043},{"matched_tokens":1044,"snippet":1045,"value":1046},[69],"uno squarcio nel velo di \u003Cmark>mistero\u003C/mark> attorno alle scam city e"," \r\n\r\n \r\n\r\nNel giorno in cui filtra la notizia che una pattuglia russa si arrende per la prima volta a una brigata di droni ucraini interamente postumana abbiamo trasmesso due racconti apparentemente distanti tra loro ma con una peculiarità in comune: sia nelle scam city descritte dai due mitici reporter Emanuele Giordana e Massimo Morello sulla scorta del loro libro Asia Criminale, sia nei conflitti analizzati da Carola Frediani e dagli ottimi giornalisti di \"Guerre di Rete\" si possono individuare le conseguenze della pervasività della rete e degli effetti della digitalizzazione su finanza più o meno criminale, strategie commerciali, controllo geopolitico di interi paesi, sfruttamento del gioco d'azzardo e delle criptovalute per allargare l'influenza su intere regioni – come spiegato con dovizia di testimonianze di primissima mano da Manulo e Max –, dove si possono preparare quelle guerre che poi vedranno droni e intelligenze artificiali di vario tipo spadroneggiare (e uccidere civili) nelle descrizioni di Carola.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCominciamo dai Triangoli di una geometria da sempre sinonimo di criminalità in Sudest asiatico. Da lì comincia il nostro dialogo che replica e moltiplica quello che Emanuele e Massimo hanno innescato nel loro libro per trasmettere impressioni e analisi, interpretazioni e intuizioni elaborate singolarmente o nei sopralluoghi insieme nel Sudest asiatico per dare una forma un po' più dettagliata al fenomeno delel scam city e alle sue implicanze.\r\n\r\nNon si muove foglia che Xi non voglia tra i grattacieli delle scam city\r\n\r\nImmergendosi nel fenomeno delle scam city, le città della truffa, si può ricavare una fotografia nitida dei differenti parametri che regolano l'economia dell'Asean, quella sommersa ma anche quella su cui si fonda l'intero sistema – basti pensare a quale peso (più della metà del pil) hanno questi eredi dei casinò precovid nel'economia cambogiana. E l'aea del Sudest asiatico è quella dove si regola il reale scontro a livello globale.\r\nEmanuele Giordana e Massimo Morello si sono immersi in questo magma frenetico di creazione e sviluppo di realtà urbane dal nulla e suo improvviso disfacimento una volta compreso che quei compound misteriosi e talvolta trasandati a nascondere tante vite rapite e ridotte in schivitù (forse in alcuni casi una reclusione volontaria per i facili guadagni) costituiscono un affare da migliaia di miliardi, gestiti da tycoon ai vertici delle mafie, ma regolati dalla volontà cinese di sfruttarne i proventi e, al momento opportuno, azzerarli con tutta la città cresciuta intorno (che torna a essere preda della giungla naturale in sostituzione dei blockchain, delle truffe telefoniche, della pirateria informatica...). I due reporter hanno battuto di persona i confini pericolosi tra Myanmar e Thailandia, le realtà cambogiane (il paese che maggiormente detiene le concessioni cinesi a ospitare scam center), il Laos e il Vietnam, scrivendo un libro (Asia Criminale, edito da Baldini+Castoldi) che è fondato su una sorta di dialogo tra loro e con i testimoni incontrati, corredato dalla storia da loro stessi testimoniata negli articoli di prezioso giornalismo sul campo a partire dagli anni Settanta, quando frequentavano quegli stessi luoghi, riuscendo a dare così anche l'effettiva trasformazione della società e dei luoghi di questa parte di mondo rivisitata più volte nel tempo.\r\nIl racconto che ce ne hanno fatto, a tratti divertente, apre uno squarcio nel velo di \u003Cmark>mistero\u003C/mark> attorno alle scam city e ai costanti rivolgimenti di alleanze, affari e amicizie tradite con toni che tra l'evocazione dell'atmosfera letteraria, la geometria dei vari Triangoli d'Oro (o altri preziosi) e il dettaglio fotografico che con precisione inquadrano la realtà presente consentono di interpretare eventi, sviluppi, cambiamenti e direzione di quelle società difficilmente penetrabili e che continuano a condizionare il mondo attraverso gli intrecci tra economia criminale, microfinanza e finanza globale... e sullo sfondo emerge sempre da ogni particolare l'impronta vigile della Cina.\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/4xWsR7M5kbFjSn1sAamkxc?si=p9ptvPlrSa6kwnHIIz5J6Q\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCon Carola Frediani che ha lavorato per anni come giornalista occupandosi di sorveglianza, cybercrimine e cybersicurezza, animatrice della newsletter Guerre di Rete, parliamo delle interazioni sempre più pervasive fra guerre e tecnologia.\r\nGuerre di rete conduce una ricerca accurata sui temi della cybersicurezza con uno sguardo critico ed informato sull'applicazione delle nuove tecnologie agli scenari bellici, partendo dal caso ucraino, scenario in cui la predominanza dell'uso dei droni ha cambiato il modo di fare la guerra con l'utilizzo di tecnologia diffusa spesso a duplice uso militare e civile .Gli attacchi informatici spesso anticipano le guerre sul terreno, si cita il caso del reclutamento da parte dell'esercito ucraino di vari hacker attivisti nonché di attacchi informatici russi contro obiettivi sensibili ucraini .Si espande il controllo dei sistemi di sorveglianza anche verso gruppi sociali ritenuti pericolosi in un contesto bellico con il supporto di aziende tecnologiche che sperimentano in scenari bellici l'efficacia dei propri sistemi di cybersicurezza. La ricerca di armamenti che riduca sempre di più l'intervento umano conduce all'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella definizione degli obiettivi (vedi il sistema Lavender israeliano utilizzato a Gaza) definendo il numero di potenziali vittime \"collaterali\" in base alla preminenza dell'obiettivo da colpire.\r\nL'osservatorio con le sue peculiarità consente di registrare realmente i tempi di progettazione e uso dell'innovazione tecnologica, consentendo di verificare quando e chi abbia preparato le guerre, ma anche quale uso dell'Intelligenza Artificiale sia più sviluppato dai poteri nazionali – ormai tutti apertamente totalitari e di impronta autoritaria. Evidente è il caso dell'Iran che sviluppa sicuramente il comparto dei droni da combattimento (meno sofisticati di altri stati), ma potenzia moltissimo le applicazioni che pervadono il controllo dell'ordine interno; altri paesi sono all'avanguardia del contrasto alla migrazione (Usa); e poi ci sono le guerre scatenate per appropriarsi delle risorse utili a potenziare la dotazione in AI.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/le-nuove-frontiere-belliche-della-tecnologia-guerre-di-rete-e-dual-use--67031781\r\n\r\ngli altri interlocutori interpellati sull'escalation bellica e le nuove forme di guerra si trovano qui",[1048],{"field":74,"matched_tokens":1049,"snippet":1045,"value":1046},[69],{"best_field_score":78,"best_field_weight":79,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":45,"score":80,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":45},{"document":1052,"highlight":1063,"highlights":1068,"text_match":76,"text_match_info":1071},{"comment_count":45,"id":1053,"is_sticky":45,"permalink":1054,"podcastfilter":1055,"post_author":48,"post_content":1056,"post_date":1057,"post_excerpt":51,"post_id":1053,"post_modified":1058,"post_thumbnail":1034,"post_title":1059,"post_type":309,"sort_by_date":1060,"tag_links":1061,"tags":1062},"98318","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-29-05-2025-i-veri-uomini-mangiano-empanadas-novi-sad-pedala-a-strasburgo-ma-lue-era-fuori-trumponomics-vale-un-taco/",[259],"L’ultima settimana di maggio vede ai Bastioni di Orione un concentrato di gusti latinos. Si comincia con las empanadas servite da Darín a Milei su un piatto d'argento ci vengono descritte direttamente da Buenos Aires dove si trova Alfredo Somoza, che ne trae un quadro socio-economico della trasformazione argentina in corso; gli abbiamo chiesto anche un punto di vista più ravvicinato sulle elezioni venezuelane e sulle presenze paramilitari nel Mexico in cui i collaboratori della sindaca del DF vengono assassinati.\r\nUn’altra regione di tensioni lontane dai riflettori distratti del circo mediatico è la Serbia attraversata da uno schietto movimento nato nelle università, dove i ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro di risveglio anche della società civile, mobilitata contro il sistema di potere di Vučić... ma la marcia verso l’UE per ottenere appoggio è sfumata di fronte al disinteresse interessato dei palazzi europei e all'interno si avanza il rischio di infiltrazioni naziste in stile Maidan: finora la vigilanza ha mantenuto il movimento sui binari di rifiuto di ogni egemonia. Speriamo duri, abbiamo espresso questo augurio con Tatjana Djordjević.\r\nSuccoso il finale di puntata con un intervento particolarmente illuminante di Andrea Fumagalli, che ha descritto con acume lo schema strategico di Trump; una trama che sulla carta potrebbe funzionare, se tutti i tasselli della scommessa economica attivata per salvare l’egemonia dell'imperialismo americano che sta frantumandosi sui due debiti.\r\n\r\n\r\n\r\nA partire da un dibattito tutto tipicamente argentino sul costo delle empanadas all’epoca dell’anarcocapitalismo Alfredo Somoza ci dà una descrizione della situazione socio-economica dell’Argentina di Milei direttamente da una Buenos Aires sgravata dal mercato nero della divisa americana dalla svalutazione del dollaro, che come potere d’acquisto ha dato respiro ai salari, che nella stretta connessione con gli Usa ne traggono vantaggio. Il carovita comunque esiste, nonostante la distrazione delle empanadas che fa gioco alla potenza di fuoco dei social a favore di Milei, dimostrata dall’influenza che ha avuto sulle elezioni l’uso smodato della AI, appalesando la difficoltà a comprendere il singolo video, il singolo messaggio se siano reali o costruiti… news o fake.\r\nLa scorciatoia del riflesso pavolviano delle destre che individuano il contrasto al fenomeno migratorio come soluzione per le crisi economiche è difficilmente applicabile in un paese fatto di migranti, figli di flussi secolari di immigrati, prima da Oltreoceano e ora dai paesi limitrofi, genti soprattutto alla ricerca di sanità assicurata, ius soli e istruzione gratuita. Oltre alla situazione politica all’interno dei paesi di provenienza (ora la maggioranza dei recenti arrivi proviene dal Venezuela). Su questo si innesta l’ideologia della remigracion che degenera nel razzismo dei rimpatri mai successi nella accogliente terra argentina, ma Milei doveva mostrare al suo elettorato che prendeva di petto il problema.\r\nE infatti il presidente si è rafforzato ed è riuscito a prosciugare il bacino elettorale dei conservatori classici, o meglio il lavoro politico di sua sorella Carina, sottosegretaria alla presidenza, ha sortito il suo effetto. Anche grazie al sospiro di sollievo di una nazione in cui il tasso di inflazione è passato dal 240 al 24% annuo; pagato dalle pensioni e dal welfare azzerato. Un’inflazione che colpisce soprattutto l’economia del peso e non quella dei ricchi che vivono in un’economia di dollari e non si è intervenuti sul «gigantesco problema di infrastrutture vecchie e l’efficienza della scuola pubblica» su cui questo governo populista non ha alcun piano, pensando che combattendo la corruzione si risolverà tutto per magia.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/0Onoxm8U2Uk23lPipo0YSn?si=LrcipfzKQZ6BIX3H1nS3tQ\r\n\r\nL‘opposizione si è intestata la vittoria perché ufficialmente il 43% dei venezuelani è andato al voto (secondo Machado solo il 14), ma Maduro è comunque uscito rafforzato – come Milei – dal voto amministrativo, che ha compreso pure il distretto della Guyana Essequiba, un territorio contestato per un effetto di eredità coloniale, una regione ricca di materie prime e di petrolio, una disputa che Alfredo Somoza assimila a quello su Las Malvinas al tempo di Videla, perché nessuno in Sudamerica riconosce che si possano mettere in dubbio confini e non comunque in questo modo. Paradossale è il racconto che ci viene fatto sulla Guinea Equatoriale – il paese africano sotto un regime quarantennale – che era parte del Vicereame di cui Buenos Aires a cui un arcipelago si appella per affrancarsi dalla Guinea equatoriale. Una situazione surreale come quella di Essequiba. Per bilanciare la stigmatizzazione del nostro interlocutore, segnaliamo anche il racconto all’opposto di Geraldina Colotti che su “Pagine Esteri” racconta da un punto di vista opposto sia le pretese di Caracas sul nuovo stato, sia il voto del 25 maggio: https://pagineesteri.it/2025/05/29/america-latina/maduro-trionfa-nelle-elezioni-del-25-maggio-la-destra-ha-vinto-lastensione/\r\nAlfredo considera questa tornata elettorale il secondo tempo delle elezioni che avrebbero confermato Maduro presidente, ma di cui nessuno ha ancora potuto vedere i verbali; il 25 maggio non c’erano osservatori e le operazioni di voto sono ormai un risibile teatrino. Ma il vero dramma è la emigrazione massiva: un esodo che fino a poco tempo fa era attribuibile alla opposizione retriva e pasticciona, ora – con l’involuzione del chavismo – le colpe sono di tutta la classe politica.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/2MaoXE6e6viGZfj77OwEr6?si=_xuznyf4RuKOWQeL7G7ZhQ\r\n\r\nAnche in Mexico sono stati il 14 per cento gli elettori che per la prima volta al mondo sono stati chiamati a eleggere i magistrati che dovranno gestire il potere giudiziario, ma di questo non abbiamo parlato con Alfredo Somoza, piuttosto si è discusso dei due collaboratori della sindaca del DF uccisi dalla necropolitica e dei paramilitari, diffusi sul territorio, ma in particolare in Chiapas.\r\nL’omicidio di Ximena Guzmán e José Muñoz è un attacco diretto al partito della presidenta Claudia Scheinbaum e della sindaca, non rivendicato dai Narcos. Peraltro ulteriore mistero nasce dal fatto che il DF non è un territorio conteso come potrebbe essere Oaxaca o Sinaloa, eppure i killer hanno dimostrato una professionalità assimilabile ai cartelli… o ai paramilitari al servizio dei possidenti del Sud: sul Chiapas si concentra un’assenza di controllo sia dal punto di vista della migrazione, sia del fentanil, sia dei paramilitari assoldati dai terratenientes. A trent’anni dalla comparsa dell’Ezln.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/6VfLix6SWeTRYG2XRVYNBU?si=t1M9cQf3SyOLIlq1E83APw\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/DaBuenosAires.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast latinoamericani precedenti pigia qui.\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nContinuano le manifestazioni in Serbia, anzi sono state esportate in “Europa” con biciclettate di centinaia di chilometri e presidi, senza ottenere l’attenzione dovuta, perché le relazioni comunitarie con Vučić nascondono interessi tali da impedire qualsiasi timida protesta verso la democratura nazionalista di Belgrado. E mentre Vučić intrattiene rapporti con gli europei, non disdegna alleanze con Putin – recente è il viaggio a Mosca e la posizione sulla guerra in Ucraina del leader populista gli permette di barcamenarsi – e con Xi; ma il movimento nato dalle università non demorde.\r\nPerò rischia infiltrazioni: infatti se da un lato continua a mantenere la sua distanza da chiunque cerchi di egemonizzare e a fare blocchi e scendere in piazza, dall’altro si comincia a vociferare di presenze anche di destra quando all’inizio l’influenza era progressista e antinazionalista, che potrebbero preparare uno scenario assimilabile alla nefasta Maidan di Kyiv. Perciò abbiamo interpellato Tatjana Djordjević per comprendere quali sviluppi possiamo attenderci da questa ribellione dal basso che ha intercettato mugugni e indignazioni della società civile, dandogli voce: sono andati a stanare il malcontento nella Serbia profonda, isolata, hanno attraversato a piedi il paese per incontrare la mentalità dei paesi. La richiesta sostanzialmente è un cambio di regime, ma cominciano a essere stremati dopo mesi di blocco delle attività universitarie.\r\nPurtroppo i nazionalismi sono persino più rafforzati dopo la Guerra nei Balcani, e la Storia si ripete..\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/a-che-punto-e-la-notte-in-serbia--66372615\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/QuantaStradaHanFattaSerbi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi ai nazionalismi esteuropei qui potete trovare i conflitti che attraversano anche i balcani\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nCaos e instabilità portano scompiglio, ma sembrano funzionali a uno schema preciso dell’amministrazione trumpiana che sulla carta va producendo una trama che potrebbe funzionare, nonostante lo scetticismo derisorio e le reazioni dei mercati, rivoluzionando il sistema economico-finanziario globale, ribaltando la tensione verso la globalizzazione su cui le strategie americane avevano puntato dagli ani Novanta per mantenere l’egemonia economica e tecnologica.\r\nAndrea Fumagalli segue questo schema, ricostruendolo ai nostri microfoni l’ideologia libertarian dell’anarcocapitalismo mescolata alla clava dello statalismo daziario. Ci sono resistenze da parte di apparati (come lo stop della Corte che ha tentato di invalidare l’operazione sui dazi del Liberation day) e istituzioni che tentano di impedire lo sviluppo del velleitario piano trumpiano, che è sicuramente temerario e la scommessa è sul filo del rasoio: potrebbe finire come quello di Zsa-Zsa Korda nell’ultimo film di Wes Anderson, ma per ora mantiene le sue ipotesi di avere i mezzi per ribaltare attraverso il protezionismo la tendenza al declino dell’imperialismo americano.\r\nNegli ultimi anni tutto era regolato dal Washington Consensus e gli apparati che gestivano fino alla crisi del 2008, poi l’ordine mondiale è venuto meno, inceppando il meccanismo della globalizzazione, lasciando sviluppare altri imperialismi; Trump è il frutto di questa perdita di egemonia ed è reazione alla rete intessuta da Pechino. Su tutto questo si innesca il problema dei due elementi di debito americano (interno ed esterno) che rischiano di far implodere tutto il sistema americano: solo se il dollaro rimane valuta appetibile gli Usa possono evitare il tracollo.\r\nDi qui il tentativo di ridurre il debito estero attraverso i dazi che fanno pagare il debito al resto del mondo con quei tassi (importando però inflazione e stagflazione che riducono il potere d’acquisto, con effetto recessivo interno), ma anche eliminando fortemente la tassazione interna sui ricchi, incrementando le tasse dei poveri con l’eliminazione dei crediti di imposta.\r\nLa logica commerciale è fatta di accordi personali che stravolgono ulteriormente il quadro e possono comportare una vera Rivoluzione del sistema economico-finanziario come lo conosciamo.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/the-trumpian-scheme--66348340\r\n\r\nSi possono ascoltare i podcast relativi alla rivoluzione anarcocapitalista trumpiana qui\r\n\r\n ","3 Giugno 2025","2025-06-08 08:54:32","BASTIONI DI ORIONE 29/05/2025 - GLI ANARCOCAPITALISTI MANGIANO EMPANADAS; NOVI SAD PEDALA A STRASBURGO, MA L’UE ERA FUORI; TRUMPONOMICS VALE UN TACO?",1748911188,[1038],[289],{"post_content":1064},{"matched_tokens":1065,"snippet":1066,"value":1067},[69],"rivendicato dai Narcos. 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Speriamo duri, abbiamo espresso questo augurio con Tatjana Djordjević.\r\nSuccoso il finale di puntata con un intervento particolarmente illuminante di Andrea Fumagalli, che ha descritto con acume lo schema strategico di Trump; una trama che sulla carta potrebbe funzionare, se tutti i tasselli della scommessa economica attivata per salvare l’egemonia dell'imperialismo americano che sta frantumandosi sui due debiti.\r\n\r\n\r\n\r\nA partire da un dibattito tutto tipicamente argentino sul costo delle empanadas all’epoca dell’anarcocapitalismo Alfredo Somoza ci dà una descrizione della situazione socio-economica dell’Argentina di Milei direttamente da una Buenos Aires sgravata dal mercato nero della divisa americana dalla svalutazione del dollaro, che come potere d’acquisto ha dato respiro ai salari, che nella stretta connessione con gli Usa ne traggono vantaggio. Il carovita comunque esiste, nonostante la distrazione delle empanadas che fa gioco alla potenza di fuoco dei social a favore di Milei, dimostrata dall’influenza che ha avuto sulle elezioni l’uso smodato della AI, appalesando la difficoltà a comprendere il singolo video, il singolo messaggio se siano reali o costruiti… news o fake.\r\nLa scorciatoia del riflesso pavolviano delle destre che individuano il contrasto al fenomeno migratorio come soluzione per le crisi economiche è difficilmente applicabile in un paese fatto di migranti, figli di flussi secolari di immigrati, prima da Oltreoceano e ora dai paesi limitrofi, genti soprattutto alla ricerca di sanità assicurata, ius soli e istruzione gratuita. Oltre alla situazione politica all’interno dei paesi di provenienza (ora la maggioranza dei recenti arrivi proviene dal Venezuela). Su questo si innesta l’ideologia della remigracion che degenera nel razzismo dei rimpatri mai successi nella accogliente terra argentina, ma Milei doveva mostrare al suo elettorato che prendeva di petto il problema.\r\nE infatti il presidente si è rafforzato ed è riuscito a prosciugare il bacino elettorale dei conservatori classici, o meglio il lavoro politico di sua sorella Carina, sottosegretaria alla presidenza, ha sortito il suo effetto. Anche grazie al sospiro di sollievo di una nazione in cui il tasso di inflazione è passato dal 240 al 24% annuo; pagato dalle pensioni e dal welfare azzerato. 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Paradossale è il racconto che ci viene fatto sulla Guinea Equatoriale – il paese africano sotto un regime quarantennale – che era parte del Vicereame di cui Buenos Aires a cui un arcipelago si appella per affrancarsi dalla Guinea equatoriale. Una situazione surreale come quella di Essequiba. Per bilanciare la stigmatizzazione del nostro interlocutore, segnaliamo anche il racconto all’opposto di Geraldina Colotti che su “Pagine Esteri” racconta da un punto di vista opposto sia le pretese di Caracas sul nuovo stato, sia il voto del 25 maggio: https://pagineesteri.it/2025/05/29/america-latina/maduro-trionfa-nelle-elezioni-del-25-maggio-la-destra-ha-vinto-lastensione/\r\nAlfredo considera questa tornata elettorale il secondo tempo delle elezioni che avrebbero confermato Maduro presidente, ma di cui nessuno ha ancora potuto vedere i verbali; il 25 maggio non c’erano osservatori e le operazioni di voto sono ormai un risibile teatrino. Ma il vero dramma è la emigrazione massiva: un esodo che fino a poco tempo fa era attribuibile alla opposizione retriva e pasticciona, ora – con l’involuzione del chavismo – le colpe sono di tutta la classe politica.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/2MaoXE6e6viGZfj77OwEr6?si=_xuznyf4RuKOWQeL7G7ZhQ\r\n\r\nAnche in Mexico sono stati il 14 per cento gli elettori che per la prima volta al mondo sono stati chiamati a eleggere i magistrati che dovranno gestire il potere giudiziario, ma di questo non abbiamo parlato con Alfredo Somoza, piuttosto si è discusso dei due collaboratori della sindaca del DF uccisi dalla necropolitica e dei paramilitari, diffusi sul territorio, ma in particolare in Chiapas.\r\nL’omicidio di Ximena Guzmán e José Muñoz è un attacco diretto al partito della presidenta Claudia Scheinbaum e della sindaca, non rivendicato dai Narcos. Peraltro ulteriore \u003Cmark>mistero\u003C/mark> nasce dal fatto che il DF non è un territorio conteso come potrebbe essere Oaxaca o Sinaloa, eppure i killer hanno dimostrato una professionalità assimilabile ai cartelli… o ai paramilitari al servizio dei possidenti del Sud: sul Chiapas si concentra un’assenza di controllo sia dal punto di vista della migrazione, sia del fentanil, sia dei paramilitari assoldati dai terratenientes. A trent’anni dalla comparsa dell’Ezln.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/6VfLix6SWeTRYG2XRVYNBU?si=t1M9cQf3SyOLIlq1E83APw\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/DaBuenosAires.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast latinoamericani precedenti pigia qui.\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nContinuano le manifestazioni in Serbia, anzi sono state esportate in “Europa” con biciclettate di centinaia di chilometri e presidi, senza ottenere l’attenzione dovuta, perché le relazioni comunitarie con Vučić nascondono interessi tali da impedire qualsiasi timida protesta verso la democratura nazionalista di Belgrado. E mentre Vučić intrattiene rapporti con gli europei, non disdegna alleanze con Putin – recente è il viaggio a Mosca e la posizione sulla guerra in Ucraina del leader populista gli permette di barcamenarsi – e con Xi; ma il movimento nato dalle università non demorde.\r\nPerò rischia infiltrazioni: infatti se da un lato continua a mantenere la sua distanza da chiunque cerchi di egemonizzare e a fare blocchi e scendere in piazza, dall’altro si comincia a vociferare di presenze anche di destra quando all’inizio l’influenza era progressista e antinazionalista, che potrebbero preparare uno scenario assimilabile alla nefasta Maidan di Kyiv. Perciò abbiamo interpellato Tatjana Djordjević per comprendere quali sviluppi possiamo attenderci da questa ribellione dal basso che ha intercettato mugugni e indignazioni della società civile, dandogli voce: sono andati a stanare il malcontento nella Serbia profonda, isolata, hanno attraversato a piedi il paese per incontrare la mentalità dei paesi. La richiesta sostanzialmente è un cambio di regime, ma cominciano a essere stremati dopo mesi di blocco delle attività universitarie.\r\nPurtroppo i nazionalismi sono persino più rafforzati dopo la Guerra nei Balcani, e la Storia si ripete..\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/a-che-punto-e-la-notte-in-serbia--66372615\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/QuantaStradaHanFattaSerbi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi ai nazionalismi esteuropei qui potete trovare i conflitti che attraversano anche i balcani\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nCaos e instabilità portano scompiglio, ma sembrano funzionali a uno schema preciso dell’amministrazione trumpiana che sulla carta va producendo una trama che potrebbe funzionare, nonostante lo scetticismo derisorio e le reazioni dei mercati, rivoluzionando il sistema economico-finanziario globale, ribaltando la tensione verso la globalizzazione su cui le strategie americane avevano puntato dagli ani Novanta per mantenere l’egemonia economica e tecnologica.\r\nAndrea Fumagalli segue questo schema, ricostruendolo ai nostri microfoni l’ideologia libertarian dell’anarcocapitalismo mescolata alla clava dello statalismo daziario. Ci sono resistenze da parte di apparati (come lo stop della Corte che ha tentato di invalidare l’operazione sui dazi del Liberation day) e istituzioni che tentano di impedire lo sviluppo del velleitario piano trumpiano, che è sicuramente temerario e la scommessa è sul filo del rasoio: potrebbe finire come quello di Zsa-Zsa Korda nell’ultimo film di Wes Anderson, ma per ora mantiene le sue ipotesi di avere i mezzi per ribaltare attraverso il protezionismo la tendenza al declino dell’imperialismo americano.\r\nNegli ultimi anni tutto era regolato dal Washington Consensus e gli apparati che gestivano fino alla crisi del 2008, poi l’ordine mondiale è venuto meno, inceppando il meccanismo della globalizzazione, lasciando sviluppare altri imperialismi; Trump è il frutto di questa perdita di egemonia ed è reazione alla rete intessuta da Pechino. Su tutto questo si innesca il problema dei due elementi di debito americano (interno ed esterno) che rischiano di far implodere tutto il sistema americano: solo se il dollaro rimane valuta appetibile gli Usa possono evitare il tracollo.\r\nDi qui il tentativo di ridurre il debito estero attraverso i dazi che fanno pagare il debito al resto del mondo con quei tassi (importando però inflazione e stagflazione che riducono il potere d’acquisto, con effetto recessivo interno), ma anche eliminando fortemente la tassazione interna sui ricchi, incrementando le tasse dei poveri con l’eliminazione dei crediti di imposta.\r\nLa logica commerciale è fatta di accordi personali che stravolgono ulteriormente il quadro e possono comportare una vera Rivoluzione del sistema economico-finanziario come lo conosciamo.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/the-trumpian-scheme--66348340\r\n\r\nSi possono ascoltare i podcast relativi alla rivoluzione anarcocapitalista trumpiana qui\r\n\r\n ",[1069],{"field":74,"matched_tokens":1070,"snippet":1066,"value":1067},[69],{"best_field_score":78,"best_field_weight":79,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":45,"score":80,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":45},6687,{"collection_name":309,"first_q":69,"per_page":246,"q":69},{"title":1075,"slug":1076},"Bobina","bobina-intelligente",["Reactive",1078],{},["Set"],["ShallowReactive",1081],{"$f_gHogzgsXwyL7KBO1jhzKvSrPuXuDt76udnDdqtTLrs":-1,"$f8Ng1REHMmxffxLwDiFoB8xw5CM9TjWxui70aVoD4NYc":-1},true,"/search?query=mistero"]