La rivoluzione (sempre scippata) d’Egitto
Scritto dainfosu 16 Agosto 2013
La piazza non basta.
A questa conclusione si giunge a partire dalla preoccupazione del portavoce del Movimento 6 aprile per il rischio di violenze dell’esercito poi puntualmente avvenute: abbiamo pensato di valutare con Andrea Leoni (fotografo freelance inviato in Egitto durante questi mesi di lotte da www.firstlinepress.org) per capire innanzitutto come mai sia stata scippata una rivoluzione che il popolo aveva conquistato con l’occupazione di piazza Tahrir, i morti laici e antifascisti della cacciata di Mubarak, che fine abbiano fatto i movimenti, poi confluiti in parte in Tamarod, che oggi ancora sostiene i militari in quel guazzabuglio fatto di ricatti dell’Fmi e sostegni finanziari qatarioti; di network televisivi schierati su fronti opposti (al Jazeera con Morsi, al Arabiya con i militari), ma che non vedono una parte movimentista e “progressista” per quel che può significare l’espressione in quella parte del mondo.
Impossibile riuscire a orientarsi in mezzo a tutte le connessioni e le contraddizioni, le alleanze e le dietrologie che regolano il Medio Oriente: da Erdogan, che richiede l’intervento del Consiglio di sicurezza dell’ONU per stigmatizzare le azioni che la sua polizia ha effettuato poche settimane fa uguali a quelle dei militari (solo con molte meno vittime), alle conseguenze sulle trattative israelo-palestinesi che vedono un’interessata equidistanza dell’Occidente (che aveva giudicato “democratico” il golpe militare), che permette nuovi insediamenti – pur condannandoli – in modo che si arrivi a sedersi al tavolo del negoziato, più volte ribaltato dal più forte stato sionista in apartheid; dalle conseguenze della caduta di Morsi – più inviso a Israele dei militari, ma che aveva chiuso i tunnel da e per Gaza, che l’approvvigionavano in qualche modo e che erano in mano a taluni legati a altri interessi da quelli dei fratelli musulmani – al coinvolgimento libanese nella guerra tra integralisti e seguaci di Assad in Siria con gli attentati a Hezbollah… i 30 morti odierni in Iraq, che ormai non fanno nemmeno più notizia, e i campi profughi di siriani in Turchia, preludio a nuovi esodi sulle coste europee (e a dimostrazioni di egiziani emigrati a sostegno di Morsi nel pomeriggio del 16 agosto, in via Saluzzo a Torino)… un coacervo di cause ed effetti difficilmente comprensibili e riconducibili a una realtà unica che però tutti li comprende e condiziona… un processo volto a poterli analizzare, disinnescare e giungere finalmente a imporre la Rivoluzione richiesta, perseguita e sempre scippata alle masse egiziane (un paese centrale non solo per i Movimenti mediorientali), abituate dagli anni Venti a vedere i militari cavalcare la ribellione, per poi appropriarsene e soffocare nel sangue ogni opposizione al coprifuoco in vigore da trent’anni e imposto anche ai cervelli.