Trivelle, petrolio e referendum

Scritto dasu 5 Aprile 2016

Periodicamente l’Italia è percorsa dalla febbre referendaria,‭ ‬con la quale ci si illude di poter porre all’attenzione generale questioni rilevanti e trovare soluzioni che rafforzino il processo democratico.‭ ‬Niente di più ingannevole.‭ ‬La storia dei referendum mostra come questo istituto sia un’arma spuntata,‭ ‬utile nel migliore dei casi a mimare una parvenza di partecipazione democratica,‭ ‬ma incapace di modificare i reali rapporti sociali e di forza.‭ ‬Se ciò può essere avvenuto in qualche occasione,‭ ‬a determinarlo sono stati fattori che solo marginalmente avevano a che fare con il referendum.
In linea generale l’istituto del referendum abrogativo in Italia soggiace a condizionamenti istituzionali e politici che lo sovra determinano annullandone qualsiasi potenziale di cambiamento.‭ ‬Innanzitutto il referendum è solo abrogativo,‭ ‬quindi si può solo cancellare una legge o parte di essa.‭ ‬In secondo luogo,‭ ‬cosa ancora più importante,‭ ‬l’ammissibilità di un quesito referendario è sottoposta al vaglio della giurisprudenza della Corte Costituzionale che pone vincoli,‭ ‬paletti,‭ ‬eccezioni che finiscono per ridurne la portata a questioni a volte assolutamente marginali.‭ ‬Lo stesso avviene sul piano politico,‭ ‬dove l’intervento del governo e del parlamento ne condizionano pesantemente rilevanza,‭ ‬svolgimento,‭ ‬prospettive.

Sotto questi aspetti il caso del referendum sull’acqua pubblica del‭ ‬2011‭ ‬è assolutamente emblematico.‭ ‬A quasi cinque anni di distanza quasi nulla è cambiato nella gestione dell’acqua.‭ ‬Le gestioni private sono continuate.‭ ‬Nel frattempo governo e parlamento hanno ricollocato una serie di tasselli che riportano tutto all’anno zero.
Nel caso del referendum sulle trivellazioni,‭ ‬per il quale si voterà il‭ ‬17‭ ‬aprile prossimo,‭ ‬ad attivarsi sono stati nove consigli regionali che avevano proposto sei quesiti che volevano abrogare l’articolo‭ ‬35‭ ‬dell’ultimo Decreto sviluppo,‭ ‬parti dell’articolo‭ ‬38‭ ‬dello Sblocca Italia e l’articolo‭ ‬6‭ ‬comma‭ ‬17‭ ‬del Codice dell’Ambiente,‭ ‬in modo da mantenere il ruolo delle Regioni nella pianificazione delle ricerche di idrocarburi,‭ ‬definire senza ambiguità i titoli concessori e contenere il proliferare di nuove ricerche entro le‭ ‬12‭ ‬miglia dalla costa.‭ ‬A dicembre con la legge di stabilità il governo è intervenuto su questi argomenti rendendo vani cinque dei sei quesiti.‭ ‬Di conseguenza è rimasto in piedi un solo quesito,‭ ‬quello su cui si voterà ‬il‭ ‬17‭ ‬aprile e che riguarda la durata delle trivellazioni in atto entro le‭ ‬12‭ ‬miglia dalla costa.‭ ‬Se dovessero prevalere i sì,‭ ‬queste concessioni cesserebbero allo scadere del contratto, mentre se dovessero prevalere i no le concessioni potrebbero essere rinnovate fino all’esaurimento del giacimento.

Come è chiaro si tratta di un referendum che tocca un aspetto assolutamente marginale della questione trivellazioni.‭ ‬Né gli altri quesiti bocciati per la verità entravano nel merito di una netta presa di posizione contro scelte energetiche che puntano sui combustibili fossili.‭ ‬In ogni caso l’intero pacchetto referendario lascia quasi inalterato il settore delle trivellazioni‭; ‬ammesso che dovesse passare il sì per il referendum superstite,‭ ‬si continua e si continuerà a estrarre petrolio e gas dalle decine e decine di installazioni sparse per terra e per mare.

I sostenitori del referendum ritengono che l’importanza del voto derivi dall’impatto simbolico e politico che una vittoria del sì avrebbe.‭ ‬Ma dati i precedenti,‭ ‬dato il clima politico prevalente in Italia,‭ ‬data la debolezza dei movimenti,‭ ‬di questo c’è molto da dubitare.‭ ‬La domanda che a questo punto dovremmo porci è perché si affida alla scorciatoia del referendum l’incarico di affrontare questioni così rilevanti e anche complesse.‭ ‬Il fatto è che i referendum scaturiscono spesso dalla volontà di un ceto politico che fa prevalere proprie esigenze di visibilità,‭ ‬di legittimazione e di controllo su percorsi autonomi di lotta dai quali potrebbe scaturire una partecipazione sempre più attiva e consapevole.‭ ‬Naturalmente è più facile e conveniente lanciare un referendum che impegnarsi nella costruzione di mobilitazioni territoriali.‭ ‬Tuttavia cessato il piccolo clamore mediatico suscitato dall’imminenza della scadenza referendaria,‭ ‬che fine faranno i problemi che continueranno a investire popolazioni e territori‭?

La scelta di ricorrere al referendum è in ogni caso rischiosa.‭ ‬Chiaramente il mancato raggiungimento del quorum,‭ ‬abbastanza probabile,‭ ‬sarebbe un bell’assist offerto al governo,‭ ‬ma anche l’auspicata vittoria del sì avrebbe un modesto impatto che verrà fagocitato da una situazione che rimane quasi inalterata e da scelte politiche arroganti e protese a tutelare interessi forti.‭ ‬Per non parlare,‭ ‬infine,‭ ‬del fatto che anche tra parecchi dei promotori del referendum continua a permanere l’idea dell’uso del territorio a fini esclusivamente economici.‭ ‬Infatti la salvaguardia del territorio dalle trivelle è finalizzata all’implementazione,‭ ‬come si dice,‭ ‬di un turismo di qualità,‭ ‬in un’ottica di sviluppo e competizione.‭ ‬Il territorio viene comunque asservito alla‭ ‬creazione di profitto e forse occupazione.‭ ‬Per sfuggire a tali ambiguità e rompere con qualsiasi logica economicista e‭ ‬sviluppista non serve certo un referendum.

‭Ne abbiamo parlato con Pippo Gurrieri un compagno di Ragusa con cui abbiamo approfondito sia i temi ambientali sia le questioni poste dal prossimo referendum.

Ascolta la diretta:

2016-04-05-trivelle-referendum

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