Turchia. La mannaia del sultano
Scritto dainfosu 26 Luglio 2016
In un lungo comunicato diffuso domenica, Amnesty International ha denunciato le torture nei centri di detenzione ufficiali e non ufficiali della Turchia.
Amnesty ha raccolto le informazioni attraverso incontri con avvocati e medici e anche una persona in servizio all’interno di una struttura detentiva, che ovviamente ha chiesto l’anonimato.
Ne è emerso un quadro di maltrattamenti e torture, soprattutto nel centro sportivo della polizia, nel palazzetto dello sport Başkent e nelle stalle di un centro ippico di Ankara.
Secondo queste denunce, la polizia costringe i detenuti a rimanere in posizioni che causano dolore fisico, nega loro cibo acqua e cure mediche, li sottopone a insulti e minacce e infligge loro pestaggi e torture, compresi gli stupri e le aggressioni sessuali.
Due avvocati di Ankara hanno riferito ad Amnesty International che i loro clienti hanno assistito allo stupro, con un manganello e con le dita, di un militare di alto grado ad opera di agenti di polizia.
Una persona in servizio presso il centro sportivo della polizia di Ankara ha visto un detenuto con gravi ferite da colpi contundenti, tra cui un grande ematoma sulla testa. In alcuni casi i detenuti hanno ricevuto una seppur minima assistenza medica, ma a quello gravemente ferito la polizia ha rifiutato di fornire cure mediche. Uno dei medici in servizio, udito dal testimone, ha detto: “Lasciatelo morire. Diremo che quando è arrivato qui era già morto”.
La persona in servizio ha riferito ad Amnesty che nel centro sportivo della polizia erano detenuti da 650 a 800 soldati e che almeno 300 di essi mostravano segni di pestaggi, tra cui ematomi, tagli e fratture. Almeno 40 erano in così gravi condizioni da non poter camminare. Una donna, tenuta separata dagli altri, aveva ferite sul volto e sul tronco.
Sempre questa persona ha riferito di aver ascoltato agenti di polizia rivendicare la responsabilità dei pestaggi e dire che questi sarebbero andati avanti fino a quando i detenuti non avessero parlato.
In generale, pare che i trattamenti peggiori siano riservati ai militari di alto grado.
Molti dei detenuti hanno i polsi legati dietro la schiena con lacci di plastica e sono costretti a rimanere in ginocchio per ore. I lacci di plastica sono così stretti da provocare ferite. Alcuni detenuti sono anche bendati.
Gli avvocati incontrati da Amnesty International hanno denunciato che detenuti sono comparsi di fronte ai procuratori coi vestiti ricoperti di sangue. Hanno anche riferito di detenuti privati di cibo per tre giorni e di acqua per due giorni.
Un avvocato che lavora presso il tribunale di Caglayan, a Istanbul, ha riferito che alcuni detenuti erano in fortissimo stress emotivo; uno ha tentato di gettarsi da una finestra al sesto piano, un altro colpiva ripetutamente con la testa un muro.
Sabato scorso il governo turco ha emesso il primo decreto dello stato d’emergenza, che aumenta da quattro a 30 giorni il periodo di detenzione senza incriminazione. Questa modifica rischia di esporre i detenuti ad altre torture.
Epurazioni ed arresti continuano a ritmo serrato. Ieri la compagnia di bandiera turca Turkish Airlines ha cacciato oltre 100 dipendenti, tra cui membri della direzione e personale di cabina, per presunti legami con la rete di Fethullah Gulen, accusato da Ankara del fallito golpe. Lo riporta il quotidiano filo-governativo Sabah.
Almeno altre 198 persone sono state allontanate con le stesse accuse dalla compagnia di telecomunicazioni Turk Telekom, partecipata dallo Stato al 30%. Alcuni di questi sono anche indagati. Al ministero degli Esteri turco “ci saranno dei licenziamenti, compresi alcuni al livello di ambasciatore”, anche se non si tratta di personale attualmente in missione.
Nella ‘lista nera’ ci sarebbero, tra gli altri, un ex capo del personale e un consigliere dell’ex premier Ahmet Davutoglu, ai tempi in cui questi era ministro degli Esteri.
E stato emesso un mandato d’arresto nei confronti di almeno 42 giornalisti. Nella lista c’è anche la giornalista veterana Nazli Ilicak, 72 anni, da tempo critica nei confronti del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Erdogan sta facendo piazza pulita di ogni forma di opposizione politica e sociale, colpendo tutti, non solo i sostenitori di Gulen.
Il quotidiano turco Yeni Safak, vicino al presidente Recep Tayyip Erdogan accusa gli Stati Uniti di aver sostenuto e finanziato il fallito golpe. Nella sua prima pagina di ieri punta direttamente il dito contro un generale Usa, John F. Campbell, accusando la Cia di averlo finanziato attraverso una banca con sede in Nigeria.
Oggi le agenzie hanno battuto la notizia della visita di Erdogan a Mosca il prossimo 9 agosto, quando incontrerà Putin, un segnale del rapido disgelo delle relazioni tra i due paesi, cominciata una decina di giorni prima del fallito golpe.
Ne abbiamo parlato con Murat Cinar, mediattivista e blogger di origine turca.
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