Nella mattinata di martedì 18 marzo è stato ultimato lo sgombero, che andava avanti da un mese, della palazzina occupata in via Monginevro 46. Un’occupazione nata nel 2013 a seguito della crisi economica che aveva portato numerosi sfratti e sgomberi, a cui si è risposto con varie occupazioni abitative (7 solo in San Paolo). Occupazioni che hanno dato l’opportunità a decine di persone di avere un tetto che gli permettesse di non finire ancora più ai margini di una società sempre più individualista ed escludente. Occupazioni, ma soprattutto case. Case che hanno permesso di ripartire e progettare il proprio futuro senza sottostare a ricatti e umiliazioni. Purtroppo però, sembra arrivata la fine anche di questa occupazione. Nemmeno un anno fa era stato sgomberato il palazzo di via Muriaglio e pochi anni prima via Frejus e via Revello. Nonostante i proclami sui giornali, lo sgombero è avvenuto in una modalità particolare. Come in altri casi, è stata messa in atto una pratica tanto violenta quanto subdola: il distacco della luce e dell’acqua. Un assedio silenzioso per forzare le persone ad andarsene ed evitare alle istituzioni di dover avanzare proposte concrete per risolvere la costante crisi abitativa.
Questi “sgomberi dolci” vanno avanti, sollevando il comune di prendersi la responsabilità politica e morale dell’assenza di soluzioni alternative. Ciò che accade in queste situazioni non è una novità: il razzismo istituzionale, la gentrificazione crescente del quartiere San Paolo e la mancanza di politiche abitative efficaci hanno reso impossibile l’accesso a soluzioni dignitose per chi vive in occupazione. Ancora una volta, si prospettano solo dormitori aperti per sole 12 ore, un’ulteriore umiliazione per chi lavora su tre turni, e una condizione inaccettabile per persone che rivendicano il diritto di avere un tetto sopra la testa. Le persone che vivono in occupazione non stanno chiedendo la carità, ma solo una casa vera, dignitosa, dove poter vivere senza il rischio di essere sfrattati ogni volta che la situazione economica o sociale non rispecchi le prospettive di palazzinari e speculatori. Molti sarebbero disposti ad affittare un alloggio se non fosse che il razzismo diffuso e la continua gentrificazione del quartiere e della città non lo permettono, rendendo ancora più insostenibile la loro condizione. Il diritto alla casa dovrebbe essere garantito a tutt3 e non solo a chi può permettersi di pagare affitti in un mercato immobiliare speculativo.
Basta sgomberi, casa per tutt3!
Di seguito l’intervista sullo sgombero di martedì mattina a un solidale: