Antropocene, cli-fi, accelerazioni e pessime musiche hi-tech
Per le strade della California gironzolano automobili che si guaidano da sole; sempre in California proseguono i preparativi per l’Hyperloop, il fantomatico treno che se mai arriverà in Italia “collegherà Roma e Milano in venticinque minuti”; alla Ohio State University gli scienziati promettono di produrre cervelli umani in laboratorio; intanto dei buongustai spagnoli hanno pensato una specie di sintetizzatore di cibo à la Star Trek chiamato Foodimi (a dire il vero, una banalissima stampante 3D “culinariamente modificata”); e dagià che di Star Trek si parla, l’Universal Translator che nella serie TV l’umanità conoscerà solo nel 2151, è già una realtà targata Skype.
Come se non bastasse giusto quest’estate, che secondo i climatologi è stata la più calda di sempre, mentre con sospetta leggerezza ci informavano che il pianeta aveva esaurito le risorse per l’anno in corso, sull’Independent veniva annunciato: “Mamma robot assembla bambini [builds babies] capaci di evolversi da soli”.
Cosa sta succedendo? Siamo nel pieno di una novella Age of Wonder in cui le invenzioni che la fantascienza proiettava avanti di secoli interi, sono già tra noi. E allora? manca la libidine.
Dopo secoli di fiducia cieca nel motore inesorabile della storia e nel progresso, la fantascienza “distopica” comincia ad attuare una critica interna al mondo cyber-tecnologico.
Nel frattempo un manipolo di musicisti e produttori si inventano musiche climatologiche, elettronica da vhs, immagini sfumate del cyber anni 90, xenofemminismo e visioni di una realtà che è già qui e per sopravvivere alla quale serviranno buoni circuiti.
Per il sociologo Hartmut Rosa , più che del futuro è il tempo dell’accelerazione: un termine che detto tra noi ha preso a circolare con una certa insistenza…
Il nostro habitat è cambiato. Se vogliamo restare in cima alla catena alimentare, dovremmo evolverci anche noi. Oppure ci rifiuteremo, e spariremo come i dinosauri.