Estratti dalla puntata dell’11 settembre 2023 di Bello Come Una Prigione Che Brucia

 

TORINO: LO STILLICIDIO DELLE VALLETTE

Graziana, Angelo, Susan, Angela.

La galera torinese potrebbe fregiarsi del consumato titolo di “Carcere dei Suicidi”, precedentemente affibbiato ad altre strutture in giro per l’Italia; una definizione giornalistica e paraistituzionale che attribuisce una dimensione fatalista alla letalità dell’istituzione carceraria.

In una struttura posta ai margini della città di Torino, in poche settimane, sono state uccise quattro persone: tre indotte al suicidio e una lasciata morire in sciopero della fame.

Dopo i due uomini uccisi – solo qualche mese prima – dalla deumanizzazione della macchina carceraria nella struttura di Augusta, ecco che anche a Torino una donna (Susan John) è stata lasciata morire di fame e di sete – nel silenzio più totale – semplicemente perché le istituzioni non hanno voluto considerare la sua richiesta di poter vedere il figlio. A poche ore una sua compagna di detenzione (Azzurra Campari) si è impiccata nella sua cella.

La propaganda che legittima l’esistenza del carcere cerca di fare ricadere la responsabilità dei suicidi sulla “FRAGILITA’” delle persone inghiottite, celando goffamente i fattori ambientali che – troppo spesso – portano queste a preferire la morte alla non-vita, sviando così l’attenzione dalla natura depressogena di una tecnologia sociale che sottrae – non solo la libertà – ma affetti, orizzonti, senso all’esistenza.

La sequenza di morti alle Vallette ha quindi indotto il ministro Nordio a una visita auto-apologetica, accolta però dal fragore della rabbia di chi – il peso della burocrazia istituzionale carceraria – lo vive quotidianamente come un macigno.

Insieme a una compagna dell’Assemblea Anticarceraria Torinese cerchiamo di ripercorrere e analizzare quanto avvenuto nelle ultime settimane all’interno delle Vallette e quali siano le “soluzioni” ipotizzate dal Ministero della Giustizia:

 

 

CARCERE DI BIELLA

Il carcere di Biella è un efficace esempio del funzionamento dell’apparato punitivo italiano: una prima inchiesta per pestaggi negli anni 2000, una per tamponi forniti come privilegio per amici e parenti durante la pandemia di Covid, un’altra per torture verso i prigionieri a giugno, un giudice del Riesame che rapidamente la derubrica ad “abuso di autorità”, il sottosegretario alla Giustizia (con delega alle carceri) Del Mastro Delle Vedove che – insieme a politici di estrema destra e secondini – celebra con una grigliata (nella caserma del carcere) il reintegro degli inquisiti per tortura, pochi giorni dopo parte una nuova inchiesta per spaccio che evidenzia la complicità di almeno sei guardie.

Insomma… osservando la sua storia recente emergono diversi aspetti interessanti, tra le pratiche messe in atto dalla componente muscolare del carcere grazie ai suoi privilegi, le sponde politiche che la tutelano e l’assurdità dell’istituzione carceraria che riverbera con tutta la sua nocività sulle vite di chi rinchiude.

 

 

GERMANIA: SUICIDI IN CARCERE E SOLUZIONISMO TECNOLOGICO

E’ stato recentemente diffuso un rapporto sui suicidi nelle carceri tedesche, il quale da un lato dimostra quanto il problema riguardi la maggior parte degli apparati detentivi delle democrazie occidentali, dall’altro ci consente di osservare quali azioni vengano suscitate nelle istituzioni.

Nello specifico, il Ministero della Giustizia tedesco ha annunciato la sperimentazione di una tecnologia per la prevenzione dei suicidi basata su videosorveglianza algoritmica: analisi delle condotte delle persone detenute tramite intelligenza artificiale.




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