Il fascino indiscreto del mammut: cosa succede quando la manipolazione genetica si mette al servizio del ripristino ambientale
liberation front
Cosa succede quando le soluzioni alla crisi ambientale si tingono di imprenditoria visionaria e futurismo fantascientifico? Spettacolarmente, la ricomparsa dei mammut in Artide; più realisticamente, palate di finanziamenti alla sperimentazione genetica sugli animali e speculazioni acrobatiche sulle pratiche di ripristino ambientale.
La proposta più recente, in particolare, proviene dal genetista George Church, che per contrastare gli effetti del riscaldamento globale sull’ecosistema artico immagina di inserirvi alcuni dei suoi antichi abitanti pleistocenici: i mammut. Certo, tecnicamente si sono estinti decine di migliaia di anni fa, ma con le nuove tecnologie la morte potrebbe non essere più irreversibile: montando e smontando materiale genetico di specie estinte e di altre ancora esistenti (in questo caso, i poveri elefanti asiatici, che hanno la sfortuna di condividere un antenato in comune con i mammut risalente a 6 milioni di anni fa), sempre secondo Church, potremmo riportare in vita i mammut; o meglio, il loro materiale genetico, che verrebbe innestato in nuovi organismi ospite destinati a ripopolare le fredde terre Artiche.
I mammut aiuterebbero a ristabilire le condizioni pleistoceniche in Artide distruggendo gli alberi che costituiscono le taighe e le tundre nordiche e ristabilendo, al loro posto, le basse praterie che aiuterebbero a mantenere temperature più rigide e a contrastare il riscaldamento del suolo. Ancora una volta, ci si rivolge a strampalate teorie di geo-ingegneria e manipolazione genetica pur di non ammettere l’insostenibilità delle attività produttive umane e a trovarvi un limite che permetta la presenza della vita e l’integrità degli ecosistemi.
Qui l’audio completo: