in questo presente che capire non sai. Elettroacustica e altri nuove strane mappature del cosmo sonoro

giovedì 12 marzo 2015

E’ l’anno dell’elettroacustica, Almeno per me.
Uso la parola con accezione impropria per abbracciare un universo molle, pieno di bizzarrie e privo di confini apparenti.
Figlia ibrida della tradizione francese dell’incollaggio di suoni tra serialità e realismo, oggi è una terra sconfinata che mappare sarebbe impossibile. Ma posso sentire che ci sono personaggi, situazioni, che resistono al tempo e al mercato, attraverso i quali se non una mappa, almeno è possibile stabilire un qualche percorso tra suoni che si oppongono e fanno sentire da dentro il rumore del brulicare urbano. Le voci si mischiano, le tecniche che si ibridano, portando la sperimentazione sull’onda fisica fin dentro al campo del reale: oggi  come allora l’uomo è attirato dalle possibilità descrittive del suono.
Questo gioco di citazioni lavora sul filo dell’incomprensione; l’equivoco (o l’inganno) del tromper l’oreille hanno importanza strategica, perfino superiore alle capacità dell’interprete. Che senso avrebbe poi parlare di interprete per chi registra i fiumi australi o il rumore del vento tra i fiordi? è ciò che le nostre orecchie identificano come il vento a non essere più il vento. Sia che si tratti di mappare il suono di Tokio o di fare il sognwriter,  è la mimesis la nuova keyword. Imitare questa realtà, per deformarla nelle orecchie del destinatario. Per capirci, qualche disco:

PS: si consiglia l’ascolto lento, accompagnato da generi di conforto, accarezzando una persona amata. Va bene anche un animale.

Eric Chenaux – Skullsplitter (2015)
Immaginate Tim Buckley suonato attraverso chitarre rotte e speakers fruscianti. Senza alcuna concessione al low-fi chenaux scrive una pagina a mio avviso fondamentale. Come già detto, se non avete una pietra al posto del cuore ve ne dovete appassionare, senza scuse. Ambizioso e insieme lirico, è un cantautorato in miniatura dove il rumorismo è uno strumento per restituire la confusione di sensi e sentimenti. Scritto e composto in perfetta solitudine potrebbe essere il varco per penetrare in un altrove sorprendente.

Thomas Koner – La Barca (deluxe remastered 2015)
Altra bordata silenziosa che con l’intento di mappare il suono di svariate città del mondo, riesce a costruire un film per le orecchie. Questà è psichedelia presa dal terreno, mentre sfrecciano i tram o senti il vento di Stoccolma infilarsi lentamente nelle ossa. Incredibile lavoro di mimesi natural-tecnologica è un oceano di suoni dai significati vari: ecologismo, fragilità delle relazioni tra esseri umani, la potenza della parola e del segno. Imprendibile capolavoro contemporaneo.

Jacaszek – Glimmer (2011): musica da camera di tradizione mitteleuropea interferita da ondate leggere che spostano gli armonici, fanno friggere i toni, aumentano i giri senza alzare la velocità. Echi folklorici perdono l’equilibrio mentre s’intersecano con suoni trattati. Analogico, digitale, presente e passato. Questa è la nuova via per una classicità europea di ricerca. Dalla Polonia con rumor(ini).

https://www.youtube.com/watch?v=mkf-mdBa-Lw

Xavier Charles – 12 Clarinets in a fridge (2014): lo dice il titolo. Charles ha messo svariati clarinetti in una seduta domestica con i rumori della sua cucina. L’idea è folle, il risultato un po’ meno. Tra il minimalismo e il firgorifero, elettroacustica per le faccende di casa. Si può fare tutto.

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