la lotta dei wet’suwet’en
il popolo dei Wet’suwet’en ha una lunga tradizione di resistenza agli attacchi dei colonizzatori canadesi. Indissolubilmente legati alla terra, per via delle dure condizioni climatiche, e con una gestione delle comunità sia elettiva che ereditaria, si sono sempre dovuti difendere dagli attacchi militari e culturali dello Stato per non perdere la loro identità e la propria ragione d’esistere.
Sorte comune a tanti popoli nativi anche i Wet’suwet’en sono stati circoscritti in uno stralcio di terra comunemente chiamato Riserva, ciononostante non hanno alcuna intenzione di piegarsi a nuovi soprusi e a svendere il proprio territorio alle multinazionali del gas.
La lotta dei Wet’suwet’en contro il gasdotto Gaslink scoppia nel 2009 con l’approvazione del governo canadese di far passare il pipeline sulle terre ancestrali, ennesima tubatura ad alto rischio che andrebbe a solcare quei luoghi. Per impedire l’accesso ai camion ed osteggiare l’avvio dei lavori la comunità Wet’suwet’en ha eretto una barricata e un avamposto di difesa a 22km dal proprio insediamento, in una pratica di auto-difesa e riappropriazione territoriale.
Dopo 10 lunghi anni di resistenza tra le nevi della Columbia Britannica è arrivata la risposta militare dello Stato: un vero e proprio atto di guerra per “sterilizzare il sito”. D’altronde l’RCMP (Royal Canadian Mounted Police) è un corpo militare nato nell’800 per sopprimere i popoli nativi e ancora oggi prosegue questo intento, a volte con la scolarizzazione forzata e l’affido dei bambini, altre volte con manu militari, come avvenuto il 7 gennaio 2019 quando, armati di fucili, elicotteri, cecchini, cani e armi d’assalto hanno distrutto le barricate e l’accampamento arrestando 14 persone (rilasciate poi ad Aprile). E mentre Trudeau parla di “riconciliazione”, la legislazione canadese vara una legge antiterrorismo (Bill C-51) che criminalizza gli estremisti aborigeni qualora s’opponessero alla costruzione di infrastrutture critiche per lo Stato e per la sua integrità territoriale, un discorso già sentito, anche in Val di Susa.
Ad oggi la resistenza prosegue in una situazione di stallo, con l’RCMP che sorveglia la strada e i Wet’suwet’en che sorvegliano la polizia e il procedimento dei lavori. Ma ovunque in Canada la solidarietà viene espressa sotto le più svariate forme: dalle occupazioni delle autostrade al sabotaggio delle linee ferroviarie; scioperi studenteschi e flash mob nei palazzi, insomma la solidarietà s’allarga e la resistenza continua.
per ascoltare il podcast:
per approfondire:
https://www.theguardian.com/world/2019/dec/20/canada-indigenous-land-defenders-police-documents
Critical Reflections on Solidarity and Recent Rail Disruptions (Kanada)