Sulla gestione delle risorse, dalla strategia israeliana alla smart agricolture

La ripresa del conflitto arabo-israeliano è legata all’ennesima invasione delle terre palestinesi da parte di una nazione dalle chiare mire espansioniste: questo ci ricorda che la questione tra Israele e Palestina è innanzitutto una questione di terra e risorse.
Israele si presenta come sapiente amministratore di una terra altrimenti lasciata a se stessa da un popolo incapace di far fruttare ciò che possiede; in realtà, l’impatto della colonizzazione israeliana lascia segni profondissimi sul territorio e sulle persone che vi abitano. Risorse idriche prosciugate, terreno impoverito, rifiuti, metalli e altre sostanze tossiche derivanti dall’utilizzo, da parte di Israele, di armi non convenzionali: sono solo alcuni degli effetti ambientali devastanti che interessano quella sottile striscia di terra sul Mediterraneo che dal 1948 è teatro di invasioni, violente confische ed estrazione di risorse per incontrare le esigenze di una nazione con mire di potere e ricchezza. Abbiamo ripercorso brevemente gli effetti ambientali delle attività espansive di Israele qui:

 

L’attuale gestione delle risorse (idriche, minerarie, alimentari, ecc.) di molti governi e aziende private punta sempre di più ad elevati standard di tecnologizzazione e automazione, munendosi di mezzi ed infrastrutture avanzate come IA, 5G e blockchain. Un esempio nel campo dell’industria agroalimentare è quello della collaborazione tra un laboratorio di panificazione italiano con Vodafone e IBM. Cosa c’entra il pane con queste aziende delle comunicazioni e delle nuove tecnologie? L’innovativa unione promette di monitorare da remoto tutti i passaggi della filiera: dalla coltivazione nel campo e lievitazione, fino alla vendita al cliente. Questo tipo di progetti riduce ancora una volta le qualità di autonomia, genuinità, conoscenza e capacità che da sempre caratterizzano la produzione tradizionale del pane, con la scusa di una migliore (smart) gestione delle risorse idriche, dei pesticidi, e così via. Una filiera così gestita è anche altamente sorvegliata e regolamentata, escludendo possibilità diverse e informali di produzione del cibo.

Ma è vero che la tecnologizzazione e virtualizzazione della società rappresenta una svolta ecologica? Per capirlo abbiamo analizzato quanta energia assorbono e quante emissioni producono i nostri “gesti tecnologici” più quotidiani. E’ facile scoprire che il mondo virtuale è molto più materiale (ed inquinante) di quanto si pensi comunemente.

Ascolta l’audio qui:




Radio Blackout 105.25

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