","Piazza Fontana. Il tramonto dell’illusione democratica","post",1702466363,[58,59,60,61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/12-dicembre-1969/","http://radioblackout.org/tag/banca-dellagricoltura/","http://radioblackout.org/tag/calabresi/","http://radioblackout.org/tag/fascisti/","http://radioblackout.org/tag/ordine-nuovo/","http://radioblackout.org/tag/pinelli/","http://radioblackout.org/tag/servizi-segreti/","http://radioblackout.org/tag/strage-di-stato/","http://radioblackout.org/tag/valpreda/",[68,69,70,71,72,73,12,74,75],"12 dicembre 1969","banca dell'agricoltura","Calabresi","fascisti","ordine nuovo","pinelli","strage di stato","Valpreda",{"post_content":77},{"matched_tokens":78,"snippet":80,"value":81},[79],"Franco","a sostenere la dittatura di \u003Cmark>Franco\u003C/mark> in Spagna e quella di","Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, uccidendo 16 persone.\r\nLa polizia puntò subito gli anarchici, che vennero rastrellati e portati in questura. Uno di loro, Giuseppe Pinelli, non ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché non venne modificata la legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che la eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, non ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di \u003Cmark>Franco\u003C/mark> in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura \u003Cmark>franchi\u003C/mark>sta per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? Si, ma del loro.”",[83],{"field":84,"matched_tokens":85,"snippet":80,"value":81},"post_content",[79],1155199637401895000,{"best_field_score":88,"best_field_weight":89,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":90,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},"1112369528832",14,"1155199637401895025",{"document":92,"highlight":111,"highlights":117,"text_match":86,"text_match_info":120},{"cat_link":93,"category":94,"comment_count":44,"id":95,"is_sticky":44,"permalink":96,"post_author":47,"post_content":97,"post_date":98,"post_excerpt":50,"post_id":95,"post_modified":99,"post_thumbnail":100,"post_thumbnail_html":101,"post_title":102,"post_type":55,"sort_by_date":103,"tag_links":104,"tags":110},[41],[43],"43809","http://radioblackout.org/2017/10/i-molti-aspetti-anche-contraddittori-di-una-richiesta-di-indipendentismo/","21 ottobre: «Peggior attacco alla Catalogna dai tempi di Franco». Annullata la volontà dei cittadini catalani: queste le parole di Puigdemont dopo la decisione di Rajoy di applicare l'articolo 155, pur non sapendo di preciso dove può portare lo scontro e inventando i provvedimenti gravissimi contro la Generalitat; infatti il governo catalano si riunirà in plenaria, dove dibattere della sospensione dell'autonomia e... probabilmente non potrà che procedere con l'indipendentismo dopo il passo tracotante di Madrid, ma i passi finora fatti da una Generalitat quasi sospinta dalla piazza suo malgrado verso il radicalismo sono stati così indecisi e contraddittori che ci si può aspettare qualsiasi epilogo.\r\n\r\nOra, noi siamo un po' allergici a qualsiasi nazionalismo, però queste reazioni scompostamente franchiste del gallego Rajoy (che fin dalla sua rielezione ha provocato le reazioni dei catalani, cercando di ridimensionare quella autonomia da loro già conseguita, ridimensionandola con la compiacenza della Corte Costituzionale) , il suo autoritarismo e l'uso di organismi polizieschi per soffocare richieste, minacce di ulteriori provvedimenti violenti e censori (a dimostrazione che in Spagna non si registrano organizzazioni di estrema destra, ma il centrismo di fatto è ancora franchista e compatta anche tutte le destre più retrive... e uno dei meriti di questa lotta è quello di aver mostrato la sacca di fascismo nascosta ancora nei gangli della società iberica), ma soprattutto la situazione che ha innescato la richiesta catalana, capace di mettere in crisi parlamenti e istituti a livello federale e locale, ci incuriosiscono per le dimensioni della mobilitazione (determinata, ma ancora molto pacifica da parte della cittadinanza catalana, non così per la guardia civil) e per la decisione collettiva di volersi affrancare dai modi arroganti e autoritari di Felipe VI e Mariano Rajoy, e con loro respingere e rifiutare franchismo e secoli di vessazioni centraliste... e monarchiche. Certo è un coacervo di persone differenti, ma è sicuramente insurrezione di popolo; tanto che i suoi leader sarebbero meglio intenzionati ad andare a un qualche accordo.\r\n\r\n \r\n\r\nCome esordisce in questa intervista di ieri 20 ottobre Stefano Bertolino, giornalista e reporter rimasto a fare riprese dal 1° ottobre in Catalogna: «Barcellona è stata in queste tre settimane una vera altalena degli umori della piazza». Una sintesi che nella realtà allarga a dismisura il campo del suo obiettivo, comprendendo le varie piazze, che sono, non solo nel suo racconto ma in particolare nella sua percezione della realtà, le uniche protagoniste del modo di intendere quella comunità. Da un lato un fiero nazionalismo che pretende l'unità solo perché gli è stata inculcata l'idea di una Spagna unica e unita (così come in generale si risponde a chi avanza istanze irredentiste) e dall'altra una sensazione di poter dare vita a un organismo meno asfittico di quella Spagna, meno oppresso dal governo centrale lontano.\r\n\r\nContraddizioni ce ne sono a bizzeffe (e anche calcoli politici), ma sono quasi connaturate a un qualsiasi movimento che intende dare il giro a un sistema secolare, che potrebbe ispirare altre \"liberazioni\", per una volta di ispirazione non palesemente derivante da una destra revanchista, anzi l'unicità di Barcellona viene da questa diversità di provenienza e di intenti di queste istanze antagoniste contro uno stato centrale: una regione «aperta, multiculturale, globalizzata», che però difende e rivendica questo orgoglio, questa diversità locale data anche paradossalmente da una multietnicità che, prosegue Stefano, «protegge e difende le proprie tradizioni culturali», chiedendo di continuare a condividere l'europeismo, non da spagnoli, ma da catalani. E questo lo hanno appoggiato pure coloro che sono andati a votare pur non convinti: di fronte alla prevaricazione violenta di Rajoy ci sono voluti andare per rivendicare la propria volontà di partecipare e di decidere autonomamente.\r\n\r\nRimane ovviamente il sospetto su quello che è il mezzo usato per sfruttare il consenso: è facile identificare un tema condiviso e fare leva sui \"populismi\" di campanile per chissà quali interessi reali, permangono le perplessità pragmatiche di una possibile prassi di sganciamento di un territorio europeo da uno stato europeo pur rimanendo nella comunità, perché l'Europa si regge costituzionalmente su una federazione di stati e non di regioni o aree omogenee (di qui l'ostracismo che ha lasciato da solo il popolo di una regione in piazza contro uno stato: appunto, l'esempio potrebbe diventare paradigmatico per altre molte aree europee, dissolvendo stati e federazione); tantomeno è chiaro come si possa integrare un sistema come quello catalano... ma quello che viene a galla dalle parole di Stefano è una sorta di sogno collettivo, fatto da persone che non sono particolarmente mosse da istanze nazionaliste, ma immaginano un'aria meno pesante dopo il distacco dalla Spagna. Stefano ha potuto registrare gli umori della piazza e ne viene fuori orgoglio, unità, dignità: nelle sue parole si può rivivere il fremito della piazza alla dichiarazione di indipendenza unilaterale, la delusione per la sospensione, ma anche le botte prese e quella pantomima di urne che sono state la dimostrazione di quanto qualunque appuntamento elettorale sia un rito svuotato del risultato, quanto piuttosto semplice esorcismo che sancisce le attese prima dell'apertura di urne che possono essere cassonetti di immondizia; e poi il contraltare della piazza unionista, fatta di molti emigranti interni, stranieri spagnoli in terra di Spagna, ma anche e soprattutto fascisti, falangisti che hanno individuato nelle mosse catalane un pericolo per la loro idea di Spagna e si sono ricompattati, trovandosi più di quanti ci si sarebbe forse aspettati; ma poi lo stile di vita e l'idea che evoca Barcellona per il suo stile di vita multietnico e globalizzato continua a occupare l'immaginario in senso libertario e se lo stato centrale continua a incarcerare e minacciare non potrà che compattare ancora di più la comunità locale, andando allo scontro frontale, prima di dover comunque arrivare ad accordi di qualche tipo.\r\n\r\nBarcelona octubre 2017","21 Ottobre 2017","2017-10-23 15:31:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/stefano_barcellona-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/stefano_barcellona-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/stefano_barcellona-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/10/stefano_barcellona.jpg 446w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","I molti aspetti anche contraddittori di una richiesta di indipendentismo",1508628023,[105,106,107,108,109],"http://radioblackout.org/tag/barcellona-madrid/","http://radioblackout.org/tag/catalunya/","http://radioblackout.org/tag/indipendentismo-e-unionismo/","http://radioblackout.org/tag/puigdemont/","http://radioblackout.org/tag/rajoy/",[29,25,31,27,17],{"post_content":112},{"matched_tokens":113,"snippet":115,"value":116},[114],"Franco»","alla Catalogna dai tempi di \u003Cmark>Franco»\u003C/mark>. Annullata la volontà dei cittadini","21 ottobre: «Peggior attacco alla Catalogna dai tempi di \u003Cmark>Franco»\u003C/mark>. Annullata la volontà dei cittadini catalani: queste le parole di Puigdemont dopo la decisione di Rajoy di applicare l'articolo 155, pur non sapendo di preciso dove può portare lo scontro e inventando i provvedimenti gravissimi contro la Generalitat; infatti il governo catalano si riunirà in plenaria, dove dibattere della sospensione dell'autonomia e... probabilmente non potrà che procedere con l'indipendentismo dopo il passo tracotante di Madrid, ma i passi finora fatti da una Generalitat quasi sospinta dalla piazza suo malgrado verso il radicalismo sono stati così indecisi e contraddittori che ci si può aspettare qualsiasi epilogo.\r\n\r\nOra, noi siamo un po' allergici a qualsiasi nazionalismo, però queste reazioni scompostamente \u003Cmark>franchi\u003C/mark>ste del gallego Rajoy (che fin dalla sua rielezione ha provocato le reazioni dei catalani, cercando di ridimensionare quella autonomia da loro già conseguita, ridimensionandola con la compiacenza della Corte Costituzionale) , il suo autoritarismo e l'uso di organismi polizieschi per soffocare richieste, minacce di ulteriori provvedimenti violenti e censori (a dimostrazione che in Spagna non si registrano organizzazioni di estrema destra, ma il centrismo di fatto è ancora \u003Cmark>franchi\u003C/mark>sta e compatta anche tutte le destre più retrive... e uno dei meriti di questa lotta è quello di aver mostrato la sacca di fascismo nascosta ancora nei gangli della società iberica), ma soprattutto la situazione che ha innescato la richiesta catalana, capace di mettere in crisi parlamenti e istituti a livello federale e locale, ci incuriosiscono per le dimensioni della mobilitazione (determinata, ma ancora molto pacifica da parte della cittadinanza catalana, non così per la guardia civil) e per la decisione collettiva di volersi affrancare dai modi arroganti e autoritari di Felipe VI e Mariano Rajoy, e con loro respingere e rifiutare \u003Cmark>franchi\u003C/mark>smo e secoli di vessazioni centraliste... e monarchiche. Certo è un coacervo di persone differenti, ma è sicuramente insurrezione di popolo; tanto che i suoi leader sarebbero meglio intenzionati ad andare a un qualche accordo.\r\n\r\n \r\n\r\nCome esordisce in questa intervista di ieri 20 ottobre Stefano Bertolino, giornalista e reporter rimasto a fare riprese dal 1° ottobre in Catalogna: «Barcellona è stata in queste tre settimane una vera altalena degli umori della piazza». Una sintesi che nella realtà allarga a dismisura il campo del suo obiettivo, comprendendo le varie piazze, che sono, non solo nel suo racconto ma in particolare nella sua percezione della realtà, le uniche protagoniste del modo di intendere quella comunità. Da un lato un fiero nazionalismo che pretende l'unità solo perché gli è stata inculcata l'idea di una Spagna unica e unita (così come in generale si risponde a chi avanza istanze irredentiste) e dall'altra una sensazione di poter dare vita a un organismo meno asfittico di quella Spagna, meno oppresso dal governo centrale lontano.\r\n\r\nContraddizioni ce ne sono a bizzeffe (e anche calcoli politici), ma sono quasi connaturate a un qualsiasi movimento che intende dare il giro a un sistema secolare, che potrebbe ispirare altre \"liberazioni\", per una volta di ispirazione non palesemente derivante da una destra revanchista, anzi l'unicità di Barcellona viene da questa diversità di provenienza e di intenti di queste istanze antagoniste contro uno stato centrale: una regione «aperta, multiculturale, globalizzata», che però difende e rivendica questo orgoglio, questa diversità locale data anche paradossalmente da una multietnicità che, prosegue Stefano, «protegge e difende le proprie tradizioni culturali», chiedendo di continuare a condividere l'europeismo, non da spagnoli, ma da catalani. E questo lo hanno appoggiato pure coloro che sono andati a votare pur non convinti: di fronte alla prevaricazione violenta di Rajoy ci sono voluti andare per rivendicare la propria volontà di partecipare e di decidere autonomamente.\r\n\r\nRimane ovviamente il sospetto su quello che è il mezzo usato per sfruttare il consenso: è facile identificare un tema condiviso e fare leva sui \"populismi\" di campanile per chissà quali interessi reali, permangono le perplessità pragmatiche di una possibile prassi di sganciamento di un territorio europeo da uno stato europeo pur rimanendo nella comunità, perché l'Europa si regge costituzionalmente su una federazione di stati e non di regioni o aree omogenee (di qui l'ostracismo che ha lasciato da solo il popolo di una regione in piazza contro uno stato: appunto, l'esempio potrebbe diventare paradigmatico per altre molte aree europee, dissolvendo stati e federazione); tantomeno è chiaro come si possa integrare un sistema come quello catalano... ma quello che viene a galla dalle parole di Stefano è una sorta di sogno collettivo, fatto da persone che non sono particolarmente mosse da istanze nazionaliste, ma immaginano un'aria meno pesante dopo il distacco dalla Spagna. Stefano ha potuto registrare gli umori della piazza e ne viene fuori orgoglio, unità, dignità: nelle sue parole si può rivivere il fremito della piazza alla dichiarazione di indipendenza unilaterale, la delusione per la sospensione, ma anche le botte prese e quella pantomima di urne che sono state la dimostrazione di quanto qualunque appuntamento elettorale sia un rito svuotato del risultato, quanto piuttosto semplice esorcismo che sancisce le attese prima dell'apertura di urne che possono essere cassonetti di immondizia; e poi il contraltare della piazza unionista, fatta di molti emigranti interni, stranieri spagnoli in terra di Spagna, ma anche e soprattutto fascisti, falangisti che hanno individuato nelle mosse catalane un pericolo per la loro idea di Spagna e si sono ricompattati, trovandosi più di quanti ci si sarebbe forse aspettati; ma poi lo stile di vita e l'idea che evoca Barcellona per il suo stile di vita multietnico e globalizzato continua a occupare l'immaginario in senso libertario e se lo stato centrale continua a incarcerare e minacciare non potrà che compattare ancora di più la comunità locale, andando allo scontro frontale, prima di dover comunque arrivare ad accordi di qualche tipo.\r\n\r\nBarcelona octubre 2017",[118],{"field":84,"matched_tokens":119,"snippet":115,"value":116},[114],{"best_field_score":88,"best_field_weight":89,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":90,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},{"document":122,"highlight":140,"highlights":145,"text_match":86,"text_match_info":148},{"cat_link":123,"category":124,"comment_count":44,"id":125,"is_sticky":44,"permalink":126,"post_author":47,"post_content":127,"post_date":128,"post_excerpt":50,"post_id":125,"post_modified":129,"post_thumbnail":130,"post_thumbnail_html":131,"post_title":132,"post_type":55,"sort_by_date":133,"tag_links":134,"tags":139},[41],[43],"39904","http://radioblackout.org/2017/01/minniti-il-figlioccio-di-cossiga/","Quello guidato da Paolo Gentiloni è davvero il governo fotocopia di Matteo Renzi? La promozione di Domenico “Marco” Minniti da sottosegretario con delega ai Servizi segreti a ministro dell’Interno suggerisce di no. Il cambio al Viminale coincide con l’avvio di nuovi programmi di contrasto delle migrazioni “irregolari”, di gestione dell’ordine pubblico e repressione del dissenso. Peraltro alla vigilia di due importanti appuntamenti internazionali, che hanno contribuito alla scelta di rinviare la fine della legislatura: la celebrazione del 60esimo anniversario della firma del Trattato istitutivo della Cee (il 25 marzo a Roma) e, soprattutto, il vertice dei Capi di Stato del G7 a Taormina il 26 e 27 maggio.\r\nIn vista di tali scadenze, Marco Minniti appare come il politico più “adeguato” per consolidare il giro di vite securitario sul fronte interno e – in vista delle politiche – strappare a leghisti e centrodestra il monopolio della narrazione sul “pericolo” immigrato e sulla “sicurezza”. Di comprovata fede Nato, vicino all’establishment ultraconservatore degli Stati Uniti d’America e alle centrali d’intelligence più o meno occulte del nostro Paese, il suo curriculum vitae e le trame tessute in questi anni ci spiegano come e perché.\r\n\r\nLa sua “creatura” è l’ICSA, di cui sino alla morte è stato presidente Francesco Cossiga. Un nome un programma.\r\n\r\nEterogeneo per ideologie e orientamenti politici anche se in buona parte i cuori battono per l’ordine sociale e la conservazione, il consiglio scientifico della Fondazione ICSA testimonia la portata e la forza della rete di relazioni istituzionali, nazionali e internazionali, realizzata nel tempo da Marco Minniti. Si tratta di una lunga lista di Capi di Stato Maggiore delle forze armate e dell’Arma dei carabinieri; comandanti dei reparti speciali della Nato e dei servizi segreti; segretari e consiglieri militari di presidenti del consiglio e ministri; diplomatici, magistrati, responsabili della security di importanti holding economiche; giornalisti, professori universitari e finanche consulenti e analisti della CIA e dei dipartimenti statunitensi per la lotta al terrorismo.\r\n\r\nCoordinatore del Consiglio scientifico della Fondazione ICSA il sociologo Italo Saverio Trento.\r\n\r\nMembri\r\n\r\nAmm. Gianfranco Battelli, dal 1979 al 1983 a capo del cosiddetto “ufficio I” incaricato della valutazione, produzione e aggiornamento di tutti i documenti d’intelligence della Marina Militare; successivamente capo di Gabinetto del ministero della Difesa e dal 1996 al 2001 direttore del Sismi (i vecchi servizi segreti militari) e infine consigliere della Corte dei Conti.\r\n\r\nAmm. Sergio Biraghi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2004 al 2006 e poi consigliere militare del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.\r\n\r\nGen. Carlo Cabigiosu, già vicecomandante del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato in Germania, poi Capo di Stato maggiore del Comando Regionale delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (il primo generale italiano ad assumere tale carica, da sempre ricoperta da militari Usa), comandante della Forza Nato in Kosovo (2000-01), rappresentante dell’Italia al Senior Official Group (SOG) della Nato per la revisione della struttura di Comando dell'Alleanza e infine consigliere militare della Missione italiana in Iraq (2003-04).\r\n\r\nGen. Vincenzo Camporini, dal 2008 al 2011 Capo di Stato maggiore della difesa e poi consulente dell’allora ministro degli esteri Franco Frattini; oggi è vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali e membro della Fondazione Italia-Usa.\r\n\r\n \r\n\r\nGiovanni De Carli ed Edoardo Esposito, generali della Guardia di Finanza.\r\n\r\nGen. Giampaolo Ganzer, già comandante dei reparti dei Carabinieri impegnati contro la colonna veneto-friulana delle Brigate Rosse e delle teste di cuoio che liberarono il generale Usa James Lee Dozier sequestrato dalle Br a Verona nel 1981. Nel 2002 è stato nominato comandante del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dell’Arma dei Carabinieri, incarico ricoperto sino al luglio 2012 nonostante la condanna in primo grado a 14 anni per “associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati”, commessi nel corso di alcune operazioni antidroga dei ROS. Dopo la riduzione della condanna in secondo grado a 4 anni e 11 mesi di reclusione, lo scorso anno è scatta la prescrizione per i reati dopo la revisione della Cassazione.\r\n\r\nGen. Fabio Mini, esperto di geostrategia, ex comandante della missione Nato in Kosovo dal 2002 al 2003, autore di articoli per Limes, l’Espresso, la Repubblica e Il Fatto Quotidiano.\r\n\r\nGen. Mario Nunzella, già Capo di Stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, ex consigliere per la sicurezza del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, poi responsabile del coordinamento delle forze di polizia presso il Ministero dell’Interno. Nel giugno 2000 è stato nominato comandante del ROS dei Carabinieri.\r\n\r\nGen. Stefano Panato, ex sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica (si è interessato ai programmi di sviluppo dei cacciabombardieri Tornado, Amx ed Eurofighter 2000), poi presidente del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), l’organismo di più alto livello nel campo della formazione e degli studi di sicurezza e vicedirettore del Sismi e dell’AISE (l’agenzia che sovrintende alla gestione dei servizi segreti). Dal 1999 al 2002 è stato consigliere militare presso la Rappresentanza d’Italia al Consiglio Atlantico a Bruxelles; oggi ricopre il ruolo coordinatore del Centro Studi Militari Aeronautici (Cesma) “Giulio Dohuet” di Roma.\r\n\r\nGen. Luciano Piacentini, già comandante del battaglione d’assalto “Col Moschin” e successivamente capo di Stato Maggiore della brigata paracadutisti “Folgore” e consigliere per la sicurezza in diverse aree del continente asiatico.\r\n\r\nGen. Sergio Siracusa, prima addetto militare presso l’ambasciata d’Italia a Washington, poi sottocapo di Stato maggiore presso il Comando Forze terrestri alleate del Sud Europa di Verona, direttore del Sismi dal 1994 al 1996, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 1997 al 2002 e infine Consigliere di Stato.\r\n\r\nGiancarlo Capaldo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ed ex collaboratore dei ministri della prima Repubblica Sebastiano Vassalli e Virginio Rognoni.\r\n\r\nStefano Dambruoso, ex magistrato a Milano dove ha condotto inchieste sulle cellule anarco-insurrezionaliste e sul terrorismo jidahista in Italia, dal 2008 Capo dell’Ufficio coordinamento attività internazionali del ministero della Giustizia, poi membro del Consiglio direttivo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e dal febbraio 2013 deputato alla Camera, eletto in Lombardia con Scelta Civica e transitato nel gruppo scissionista Civici e Innovatori. Membro anch’egli della Fondazione Italia-USA, nel gennaio 2016, unitamente al parlamentare Pd Andrea Manciulli (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO) ha presentato la proposta di legge “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”.\r\n\r\nNicola Di Giannantonio, prefetto fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio nel 2000 e successivamente direttore della Sovrintendenza Centrale dei Servizi di Sicurezza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.\r\n\r\nDomenico Vulpiani, prefetto e direttore dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, dal 1978 al 1988 responsabile dei servizi di protezione dei Presidenti della Repubblica Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, di alcuni presidenti del Consiglio e ministri dell’Interno. Dal 1990 al 1996 presso la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione ha ricoperto diversi incarichi in materia di antiterrorismo; dal 1996 al 2001 è stato a capo della DIGOS di Roma, dal 2001 al 2009 direttore del Servizio Polizia Postale, ufficio specializzato nel contrasto ai crimini postali ed informatici e del Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche del Paese.\r\n\r\nGiovanni Castellaneta, già ambasciatore d’Italia negli Usa dal 2005 al 2009 (anni in cui vengono sottoscritti accordi strategici con Washington in campo militare e industriale, come ad esempio la coproduzione dei cacciabombardieri F-35, l’installazione del terminale MUOS a Niscemi e dei droni d’intelligence a Sigonella); successivamente presidente del consiglio di amministrazione di SACE (il gruppo assicurativo-finanziario a favore delle imprese italiane che operano all’estero, interamente controllato dalla Cassa depositi e Prestiti) e membro del Cda di Finmeccanica (l’holding a capo del complesso militare-industriale italiano). È stato inoltre consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio Berlusconi e suo rappresentante personale per i Vertici del G8 del 2001 e del 2005.\r\n\r\nGuido Lenzi, ambasciatore, già rappresentante permanente presso l’OSCE a Vienna, direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e consigliere diplomatico presso il ministero degli affari esteri e della difesa.\r\n\r\nAndrea Monorchio, originario di Reggio Calabria, ex ragioniere generale dello Stato, docente di materie economiche presso l’Università di Siena e la Luiss di Roma, per alcuni anni presidente del Cda di Infrastrutture S.p.A. (società voluta dal ministero del Tesoro per finanziare le grandi opere pubbliche) e dei collegi sindacali di Eni, Fintecna e Telespazio (gruppo Finmeccanica). Nell’ottobre 2011 è stato nominato vicepresidente della Banca popolare di Vicenza.\r\n\r\nPaolo Savona, già direttore generale e poi amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro (1989-1990), presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (dal 1990 al 1999 e dal 2010 al 2014), dei Cda di holding e società come Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, Banca di Roma, membro dei Cda di RCS, TIM Italia, Capitalia. Savona è stato pure presidente della Commissione d’indagine sul nucleare in Italia e membro delle Commissioni Ortona e Jucci per la riforma dei servizi di sicurezza.\r\n\r\nAsher Daniel Colombo e Marzio Barbagli, docenti di sociologia dell’Università di Bologna, consulenti di fiducia del ministero dell’Interno e autori di diverse pubblicazioni sulle migrazioni internazionali e le “relazioni” immigrati-sicurezza-criminalità in Italia.\r\n\r\nSalvatore Tucci, docente di Calcolatori elettronici presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “Tor Vergata” di Roma, dal 1999 al 2008 responsabile del sistema informativo della Presidenza del consiglio dei ministri.\r\n\r\nI giornalisti Andrea Nativi direttore della Rivista Italiana Difesa e Carlo Panella ex dirigente di Lotta Continua, collaboratore de Il Foglio e responsabile delle tribune politiche Mediaset, nominato da Marco Minniti quale membro della Commissione di studio sulla Jihad in Italia.\r\n\r\nI direttori della security e protezione aziendale, Raffaele Di Lella di ENAC (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) e Franco Fiumara delle Ferrovie dello Stato (quest’ultimo ha pure diretto le compagnie della Guardia di finanza di Mondragone e Gela e il Nucleo centrale Polizia tributaria di Roma - Sezione Stupefacenti; nel dicembre 2014 è stato eletto presidente di Colpofer, l’Associazione internazionale dei Capi delle strutture di sicurezza aziendale ferroviaria di 24 paesi e della Polizia dei trasporti).\r\n\r\nLuisa Franchina, ingegnere elettronico ed esperta di strategie di sicurezza delle reti e dell’informazione, dal 2011 al 2013 direttrice generale del Nucleo operativo per gli attentati NBCR (nucleari, biologici, chimici e radiologici) presso la Presidenza del Consiglio e successivamente delegata italiana per la Protezione civile presso il comando Nato di Bruxelles.\r\n\r\nGli ispettori generali della Police nationale francese, Hélène Martini (già consigliere tecnico per la sicurezza interna del Presidente della Repubblica) ed Emile Pérez, direttore del Service de Coopération Technique Internationale de Police e presidente di Francopol.\r\n\r\nFrances Fragos Townsend, ex consigliere per la sicurezza nazionale e le politiche di lotta al terrorismo del presidente Usa George W. Bush, nonché inviata speciale per le ispezioni alla prigione-lager “Abu Ghraib” in Iraq, nota al mondo per i crimini commessi dai militari statunitensi a danno dei reclusi. Tra il 2006 e il 2007, l’allora vice-ministro all’interno Marco Minniti e il prefetto Carlo De Stefano (al tempo direttore centrale della Polizia di prevenzione e coordinatore del Comitato di analisi strategica antiterrorismo) ebbero modo d’incontrare più volte a Roma e Washington la consigliere Townsend per uno “scambio di informazioni Italia-Usa sulla “minaccia terroristica”.\r\n\r\nKurt Volker, ex ambasciatore Usa alla Nato (su nomina del presidente George W. Bush) ed ex analista internazionale della CIA, managing director del Centro per le Relazioni Transatlantiche alla Johns Hopkins University. Già consulente del senatore ultraconservatore John MacCain e vicedirettore dell’allora Segretario generale della NATO George Robertson (1998-2001), Volker ha ricoperto l’incarico di consulente del Dipartimento di Stato in preparazione dei summit Nato di Praga (2002) e Istanbul (2004).\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore di un profilo di Minniti, uscito su Left.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 01 17 minniti mazzeo","17 Gennaio 2017","2017-01-20 16:11:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Minniti. 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Peraltro alla vigilia di due importanti appuntamenti internazionali, che hanno contribuito alla scelta di rinviare la fine della legislatura: la celebrazione del 60esimo anniversario della firma del Trattato istitutivo della Cee (il 25 marzo a Roma) e, soprattutto, il vertice dei Capi di Stato del G7 a Taormina il 26 e 27 maggio.\r\nIn vista di tali scadenze, Marco Minniti appare come il politico più “adeguato” per consolidare il giro di vite securitario sul fronte interno e – in vista delle politiche – strappare a leghisti e centrodestra il monopolio della narrazione sul “pericolo” immigrato e sulla “sicurezza”. Di comprovata fede Nato, vicino all’establishment ultraconservatore degli Stati Uniti d’America e alle centrali d’intelligence più o meno occulte del nostro Paese, il suo curriculum vitae e le trame tessute in questi anni ci spiegano come e perché.\r\n\r\nLa sua “creatura” è l’ICSA, di cui sino alla morte è stato presidente Francesco Cossiga. 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Membro anch’egli della Fondazione Italia-USA, nel gennaio 2016, unitamente al parlamentare Pd Andrea Manciulli (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO) ha presentato la proposta di legge “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”.\r\n\r\nNicola Di Giannantonio, prefetto fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio nel 2000 e successivamente direttore della Sovrintendenza Centrale dei Servizi di Sicurezza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.\r\n\r\nDomenico Vulpiani, prefetto e direttore dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, dal 1978 al 1988 responsabile dei servizi di protezione dei Presidenti della Repubblica Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, di alcuni presidenti del Consiglio e ministri dell’Interno. Dal 1990 al 1996 presso la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione ha ricoperto diversi incarichi in materia di antiterrorismo; dal 1996 al 2001 è stato a capo della DIGOS di Roma, dal 2001 al 2009 direttore del Servizio Polizia Postale, ufficio specializzato nel contrasto ai crimini postali ed informatici e del Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche del Paese.\r\n\r\nGiovanni Castellaneta, già ambasciatore d’Italia negli Usa dal 2005 al 2009 (anni in cui vengono sottoscritti accordi strategici con Washington in campo militare e industriale, come ad esempio la coproduzione dei cacciabombardieri F-35, l’installazione del terminale MUOS a Niscemi e dei droni d’intelligence a Sigonella); successivamente presidente del consiglio di amministrazione di SACE (il gruppo assicurativo-finanziario a favore delle imprese italiane che operano all’estero, interamente controllato dalla Cassa depositi e Prestiti) e membro del Cda di Finmeccanica (l’holding a capo del complesso militare-industriale italiano). È stato inoltre consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio Berlusconi e suo rappresentante personale per i Vertici del G8 del 2001 e del 2005.\r\n\r\nGuido Lenzi, ambasciatore, già rappresentante permanente presso l’OSCE a Vienna, direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e consigliere diplomatico presso il ministero degli affari esteri e della difesa.\r\n\r\nAndrea Monorchio, originario di Reggio Calabria, ex ragioniere generale dello Stato, docente di materie economiche presso l’Università di Siena e la Luiss di Roma, per alcuni anni presidente del Cda di Infrastrutture S.p.A. (società voluta dal ministero del Tesoro per finanziare le grandi opere pubbliche) e dei collegi sindacali di Eni, Fintecna e Telespazio (gruppo Finmeccanica). Nell’ottobre 2011 è stato nominato vicepresidente della Banca popolare di Vicenza.\r\n\r\nPaolo Savona, già direttore generale e poi amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro (1989-1990), presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (dal 1990 al 1999 e dal 2010 al 2014), dei Cda di holding e società come Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, Banca di Roma, membro dei Cda di RCS, TIM Italia, Capitalia. Savona è stato pure presidente della Commissione d’indagine sul nucleare in Italia e membro delle Commissioni Ortona e Jucci per la riforma dei servizi di sicurezza.\r\n\r\nAsher Daniel Colombo e Marzio Barbagli, docenti di sociologia dell’Università di Bologna, consulenti di fiducia del ministero dell’Interno e autori di diverse pubblicazioni sulle migrazioni internazionali e le “relazioni” immigrati-sicurezza-criminalità in Italia.\r\n\r\nSalvatore Tucci, docente di Calcolatori elettronici presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “Tor Vergata” di Roma, dal 1999 al 2008 responsabile del sistema informativo della Presidenza del consiglio dei ministri.\r\n\r\nI giornalisti Andrea Nativi direttore della Rivista Italiana Difesa e Carlo Panella ex dirigente di Lotta Continua, collaboratore de Il Foglio e responsabile delle tribune politiche Mediaset, nominato da Marco Minniti quale membro della Commissione di studio sulla Jihad in Italia.\r\n\r\nI direttori della security e protezione aziendale, Raffaele Di Lella di ENAC (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) e \u003Cmark>Franco\u003C/mark> Fiumara delle Ferrovie dello Stato (quest’ultimo ha pure diretto le compagnie della Guardia di finanza di Mondragone e Gela e il Nucleo centrale Polizia tributaria di Roma - Sezione Stupefacenti; nel dicembre 2014 è stato eletto presidente di Colpofer, l’Associazione internazionale dei Capi delle strutture di sicurezza aziendale ferroviaria di 24 paesi e della Polizia dei trasporti).\r\n\r\nLuisa \u003Cmark>Franchi\u003C/mark>na, ingegnere elettronico ed esperta di strategie di sicurezza delle reti e dell’informazione, dal 2011 al 2013 direttrice generale del Nucleo operativo per gli attentati NBCR (nucleari, biologici, chimici e radiologici) presso la Presidenza del Consiglio e successivamente delegata italiana per la Protezione civile presso il comando Nato di Bruxelles.\r\n\r\nGli ispettori generali della Police nationale francese, Hélène Martini (già consigliere tecnico per la sicurezza interna del Presidente della Repubblica) ed Emile Pérez, direttore del Service de Coopération Technique Internationale de Police e presidente di Francopol.\r\n\r\nFrances Fragos Townsend, ex consigliere per la sicurezza nazionale e le politiche di lotta al terrorismo del presidente Usa George W. Bush, nonché inviata speciale per le ispezioni alla prigione-lager “Abu Ghraib” in Iraq, nota al mondo per i crimini commessi dai militari statunitensi a danno dei reclusi. Tra il 2006 e il 2007, l’allora vice-ministro all’interno Marco Minniti e il prefetto Carlo De Stefano (al tempo direttore centrale della Polizia di prevenzione e coordinatore del Comitato di analisi strategica antiterrorismo) ebbero modo d’incontrare più volte a Roma e Washington la consigliere Townsend per uno “scambio di informazioni Italia-Usa sulla “minaccia terroristica”.\r\n\r\nKurt Volker, ex ambasciatore Usa alla Nato (su nomina del presidente George W. Bush) ed ex analista internazionale della CIA, managing director del Centro per le Relazioni Transatlantiche alla Johns Hopkins University. Già consulente del senatore ultraconservatore John MacCain e vicedirettore dell’allora Segretario generale della NATO George Robertson (1998-2001), Volker ha ricoperto l’incarico di consulente del Dipartimento di Stato in preparazione dei summit Nato di Praga (2002) e Istanbul (2004).\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore di un profilo di Minniti, uscito su Left.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 01 17 minniti mazzeo",[146],{"field":84,"matched_tokens":147,"snippet":143,"value":144},[79],{"best_field_score":88,"best_field_weight":89,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":90,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},6664,{"collection_name":55,"first_q":151,"per_page":152,"q":151},"Franco Franchi",6,15,{"facet_counts":155,"found":36,"hits":190,"out_of":725,"page":14,"request_params":726,"search_cutoff":33,"search_time_ms":152},[156,166],{"counts":157,"field_name":164,"sampled":33,"stats":165},[158,160,162],{"count":14,"highlighted":159,"value":159},"Radio Bizarre",{"count":14,"highlighted":161,"value":161},"Il giornale malandrino",{"count":14,"highlighted":163,"value":163},"La fine della Fine della storia","podcastfilter",{"total_values":36},{"counts":167,"field_name":32,"sampled":33,"stats":188},[168,170,172,174,176,178,180,182,184,186],{"count":11,"highlighted":169,"value":169},"cinema",{"count":11,"highlighted":171,"value":171},"intervista",{"count":14,"highlighted":173,"value":173},"vol.1",{"count":14,"highlighted":175,"value":175},"copel",{"count":14,"highlighted":177,"value":177},"Zombi",{"count":14,"highlighted":179,"value":179},"alex paya",{"count":14,"highlighted":181,"value":181},"empatik films",{"count":14,"highlighted":183,"value":183},"Vampire Sound Inc.",{"count":14,"highlighted":185,"value":185},"Vieni avanti cretino",{"count":14,"highlighted":187,"value":187},"Tutto squat - Il giornale malandrino",{"total_values":189},116,[191,661,695],{"document":192,"highlight":418,"highlights":644,"text_match":656,"text_match_info":657},{"comment_count":44,"id":193,"is_sticky":44,"permalink":194,"podcastfilter":195,"post_author":196,"post_content":197,"post_date":198,"post_excerpt":50,"post_id":193,"post_modified":199,"post_thumbnail":200,"post_title":201,"post_type":202,"sort_by_date":203,"tag_links":204,"tags":315},"93367","http://radioblackout.org/podcast/black-holes-dall11-al-17-novembre-2024/",[163],"fritturamista","Lunedì 11 ore 11,30 - Fine del Marinese 30 minuti [Radio Blackout]: Lettura dal racconto di Primo Levi. Il breve periodo trascorso in montagna con Giustizia e Libertà è rimasto dunque sostanzialmente fuori dai suoi scritti. Esiste tuttavia un’eccezione: un breve racconto del 1949 che si ispira alla sua deludente esperienza di partigiano. Fine del marinese colpisce soprattutto per il punto di vista “impossibile” dal quale sono narrati gli eventi. Levi adotta, infatti, una prima persona plurale: a parlare sono i compagni di un partigiano catturato dai tedeschi, eppure questo noi è informato su tutti i movimenti dell’animo del prigioniero: la paralisi e lo sconforto, la rassegnazione e il desiderio di reagire, fino alla decisione di…\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 13 ore 8,30 - Perno originario #6 : Svezia: ascesa e declino della \"Atene del nord\" 18 minuti [Radio Blackout]: “Oggigiorno diamo per scontata l’appartenenza geografica e culturale della Scandinavia ad un continente chiamato Europa. Ma non fu sempre così. Nell’alto Medioevo, la Scandinavia non partecipa allo spazio europeo se non per il tramite delle spedizioni vichinghe – spedizioni di distruzione e di saccheggio che concorrono al lungo processo di disgregazione del Sacro Romano Impero e alla frammentazione dello spazio tedesco in generale. I protagonisti di queste incursioni sono per lo più di stanza nella penisola danese e sulle coste norvegesi, mentre gli abitanti dell’odierna Svezia si attengono ad una condotta meno bellicosa fatta di rotte commerciali in direzione della Russia e del Mar Nero.”\r\n\r\n[…] “La prospettiva della Svezia sotto Gustavo Adolfo era nientemeno che quella di divenire la prima potenza regionale del Baltico. Da ciò discendevano le mire espansionistiche sulle zone costiere del Sacro Romano Impero e in particolare su Stettino, città portuale situata allo sfociare dell’Oder nella baia della Pomerania. La comune adesione al protestantesimo poteva costituire una leva potente per sottrarre la Pomerania all’influenza degli Asburgo regnanti sull’Impero del centro. Ma non bastava per assicurarne il controllo agli svedesi. È così che l’esercito svedese finì per mettere fisicamente piede in Pomerania nel 1630, negoziando con le autorità locali il trattato di Stettino che significava un’annessione di fatto. 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Specialmente in Lombardia nell’ultimo ventennio, è stata svuotata di senso la relazione tra pubblico e salute per sostituirla con una performatività economica basata su concorrenza e messa a valore del corpo malato.\r\n\r\nGià forma di comando giuridico-amministrativo “keynesiano” – nelle cui pieghe si erano insinuate pratiche significative di lotta dei lavoratori e di riuso sociale della strutture pubbliche -, la Sanità è stata trasformata ex lege in un’arena concorrenziale tra consorterie che marchia il quotidiano dei suoi luoghi di degenza, opprime i lavoratori che vi sono impiegati e impedisce vere relazioni di solidarietà e protezione sociale , dichiarandole obsolete.\r\n\r\nDi questo e di altro abbiamo parlato insieme con quattro lavoratori della Sanità in Lombardia\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Sanità-in-Lombardia_28.mp3\r\n\r\n[Download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 15 ore 8,30 - Working class 29 minuti [Radio Blackout]: Racconto della vita della scrittrice Margaret Powell, attraverso letture ed estratti dal libro poi divenuto best seller da lei scritto “Dai piani bassi”. Un tuffo nelle condizioni di vita della classe lavoratrice inglese negli anni ’30 del 900, tra povertà estrema e ricca aristocrazia.\r\n\r\nhttps://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Working-class_29.mp3\r\n\r\n[Download]\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 16 ore 9,30 - Podcast Franti pt.1 34 minuti [Franti]: Il podcast che vi apprestate ad ascoltare prende le sue mosse dalla necessità di riattivare un ragionamento collettivo che tenga conto dell’attuale situazione in cui versa la scuola italiana, alla luce del turbine di eventi alla cui manifestazione abbiamo assistito negli ultimi anni, a partire dalla pandemia fino allo scoppio di nuove terribili guerre.\r\n\r\nQuesto esperimento porterà a contatto diverse generazioni di professori e di studenti, impegnati tutti nel difficile compito di ristabilire una egemonia del discorso e della prassi rivoluzionari – a partire anche dall’interrogarsi sul senso di parole come questa – nella scuola.\r\n\r\nEsso è frutto di un lavoro collettivo, e per il collettivo questo lavoro è pensato e svolto: per gli studenti, i docenti e gli educatori, e tutti coloro che gravitano attorno al mondo della scuola, che credono ancora nella possibilità di quello che il situazionista Raoul Vaneigem chiamava “rovesciamento di prospettiva”.\r\n\r\nLe puntate sono tutte registrate nei locali dell’Archivio Moroni e del Centro Sociale di via Conchetta 18, a Milano.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Podcast-Franti-pt.-1_34.mp3\r\n\r\n[Download]\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 16 ore 20,30 - Intervista Nodo Solidal 40 minuti [Radio Blackout]: Una transformación fatta di violenza. Sulla guerra contro le comunità resistenti in Chiapas, Messico\r\n\r\nRadio Blackout torna a parlare di Chiapas e di Messico, in un podcast con la preziosa collaborazione dell compagn@ del Nodo Solidale, un collettivo di solidarietà, controinformazione, resistenza e lotta tra Italia e Messico.\r\n\r\nLa crescente spirale di violenza nel sud del Messico, in Chiapas, tocca anche i quartieri della città San Cristóbal de las Casas. Il 20 Ottobre la cittadina chiapaneca, meta di turismo internazionale da tutto il mondo, si riempie di rabbia e dolore: nel quartiere Cuxtitali Fra Marcelo Pérez Pérez, parroco ribelle indigeno della chiesa Nuestra Senora de Guadalupe a San Cristóbal, viene freddato da due persone in moto appena finita la messa. Una vita passata a denunciare gli interessi del narcotraffico e le ambiguità del potere governativo locale, sempre in prima linea per i diritti e a sostegno le lotte delle comunità indigene in Chiapas e in tutto il mondo. 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Spanning from corrupted, brazen synth-punk all the way to outbursts of soothingly dark and distorted ambient works, CPM’s key feature could be identified by the word instability.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Compulsive-Pene-Madonna-Scoddata-Bro_6.mp3\r\n\r\n[Download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 17 ore 9 - Tutta colpa dei padroni? 1 10 minuti [Marcello Pini, Federico Bosis]: Chi scrive i contratti? Chi decide gli stipendi? Cosa sono i rapporti di forza? Cominciamo dai fatti fondamentali.\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Tutta-colpa-dei-padroni-n.1_10.mp3\r\n\r\n[Download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 17 ore 10 - Psychotronic Radio Vol.1 35 minuti [Radio Blackout]: Un gorgo radiofonico di melma auricolare bizzarra e straziante fatta di b-movies z-movies musiche degenerate vhs a noleggio e pellicole infuocate!!\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/Psychotronic-Radio-vol.1_35.mp3\r\n\r\n[Download]\r\n\r\nDomenica 17 ore 13,30 - Due libri su New York 27 minuti [Radio Blackout]: Presentazione dei libri “New York regina underground. Racconti dalla Grande Mela” di Davide Grasso e “Uomini Talpa” di Jennifer Toth.\r\n\r\nhttps://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/New-York_27.mp3\r\n\r\n[Download]","10 Novembre 2024","2024-11-20 01:56:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Immagine-social-BH-200x110.jpg","Black holes dall'11 al 17 Novembre 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\r\n\r\nIn collegamento telefonico Lorenzo Micheli che ci presenta la sua ultima produzione letteraria \"Matar a Franco. Gli attentati degli anarchici contro il Generale” Editore La Fiaccola 2022 per la collana Biblioteca anarchica. Lorenzo inoltre scrive per Sicilia Libertaria.\r\n\r\nUccidere il dittatore spagnolo per gli anarchici fu una vera e propria ossessione. E avevano ragione. Egli era il punto di equilibrio delle forze politiche e sociali che sostenevano il suo regime. La sua morte avrebbe fatto disintegrare il franchismo.\r\n\r\n\r\n\r\nCon il titolo Matar a Franco Lorenzo Micheli pubblica il suo quarto libro sugli anarchici spagnoli e la loro incessante lotta per la libertà. I primi tre, nell’ordine: Los olvidados (di anarchici e di anarchia. fatti e storie che ci riguardano) del 2011, Il maquis dimenticato (La lunga resistenza degli anarchici spagnoli) del 2015 e Una comunità proletaria (Barcellona 1931-1936) del 2018, affrontano in maniera non cronologica alcuni periodi salienti della loro esemplare vicenda politica e umana: il primo gli anni venti del ‘900, l’aggressione mortale ai sindacalisti, i gruppi di pistoleri messi assieme per difendere la Confederaciòn, le dure battaglie dei lavoratori contro un padronato senza scrupoli; il terzo il clima effervescente dei primi anni trenta, la grande capacità aggregativa del movimento, gli atenei libertari, le associazioni giovanili, femminili, di quartiere che assieme ai sindacati e alla Federaciòn Anarquista Iberica formavano una vera Comunità proletaria; il secondo tratta dei gruppi della guerriglia clandestina che dopo la sconfitta del ’39 daranno del filo da torcere al regime fascista retto dal generalissimo Francisco Franco, fino al progressivo annientamento, che comunque non sarà mai definitivo.\r\n\r\nCon il quarto volume l’autore ci racconta di un aspetto particolare, benché importantissimo, del periodo guerrigliero: i tentativi di eliminare il dittatore.\r\n\r\nE ancora alcune notizie sulla situazione dei 27F e a seguire collegamento con Gianluca Vitale per gli ultimi aggiornamenti sul 41bis, carcere ostativo e Cospito.\r\n\r\n \r\n\r\nSelezione musicale di Mr. Kang e Fra, riascoltabile qui\r\n\r\n \r\n\r\nTutto Squat, il giornale malandrino del 13/12/2023\r\n\r\n ","13 Gennaio 2023","2024-11-22 00:47:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/TTSQT_13012023_Lorenzo-MIcheli-200x110.png","Matar a Franco e Matar il 41bis - TuttoSquat 13.01.2023",1673637403,[674],"http://radioblackout.org/tag/tutto-squat-il-giornale-malandrino/",[187],{"post_content":677,"post_title":682},{"matched_tokens":678,"snippet":680,"value":681},[679,79],"franchi","morte avrebbe fatto disintegrare il \u003Cmark>franchi\u003C/mark>smo.\r\n\r\n\r\n\r\nCon il titolo Matar a \u003Cmark>Franco\u003C/mark> Lorenzo Micheli pubblica il suo"," \r\n\r\nIn collegamento telefonico Lorenzo Micheli che ci presenta la sua ultima produzione letteraria \"Matar a \u003Cmark>Franco\u003C/mark>. 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Asì empezò la revuelta de los presos sociales\" (Pochi, buoni e sicuri. così cominciò la rivolta dei detenuti sociali), cortometraggio che racconta parte di dei fatti che accaddero nel carcere di Caravanchel a Madrid, a poco tempo dalla morte di Franco, e che portarono proprio alla nascita della COPEL, l'organizzazione di detenuti sociali che rivendicò miglioramenti concreti nelle carceri, una amnistia totale anche per i detenuti comuni e l'abbattimento delle leggi e delle strutture legate al franchismo. Il movimento si diffuse in tutto il paese, portò a forti proteste, una cinquantina di rivolte, evasioni di massa e alla successiva spietata repressione con isolamento e trasferimenti.\r\n\r\nQui potete ascoltare tutta l'intervista:\r\n\r\nintervista con alex payà regista de \"buenos, pocos y seguros\"\r\n\r\nA proposito di trasferimenti punitivi e per approfondire sulla storia passata e presente del sistema carcerario e della tortura all'interno delle prigioni dello stato spagnolo in genere, trovate qui il link all'intervista a un compagno di Bilbao su Fies e dispersione carceraria fatta in occasione della staffetta radiofonica anticarceraria contro il 41bis del 22 aprile 2023:\r\n\r\nradioblackout.org/podcast/le-interviste-rauche-di-radio-bizarre-parliamo-con-un-compagno-basco-su-fies-e-dispersione-carceraria-nello-stato-spagnolo/\r\n\r\n \r\n\r\nAlex Payà è tra i fondatori e membri della casa di produzione indipendente empatik films (empatikfilms.com) che ha all'attivo anche un documentario molto potente e completo sulla tortura agita delle forze di polizia in strada, nelle caserme e nelle carceri e della totale impunità di cui godono i responsabili.\r\n\r\nQui potete trovare la descrizione e il link youtube al film dove troverete anche i sottotitoli in italiano: empatikfilms.com/la-cifra-negra/\r\n\r\nPocos Buenos y Seguros, è disponibile anche su youtube dove a brevissimo ci saranno anche i sottotitoli in italiano e dove troverete anche un \"making of\" e la colonna sonora completa:\r\n\r\nwww.youtube.com/results?sp=mAEB&search_query=pocos+buenos+y+seguros+cortometraje+banda+sonora\r\n\r\n \r\n\r\n ","30 Marzo 2025","2025-03-30 03:10:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/pocos-buenos-y-podcast-200x110.png","LE INTERVISTE RAUCHE DI RADIO BIZARRE: INTERVISTA CON ALES PAYES REGISTA DI \"POCOS, BUENOS Y SEGUROS\"",1743299811,[708,709,220,710,711,251,712],"http://radioblackout.org/tag/alex-paya/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/copel/","http://radioblackout.org/tag/empatik-films/","http://radioblackout.org/tag/radio-bizarre/",[179,714,169,175,181,171,715],"carcere","radio bizarre",{"post_content":717},{"matched_tokens":718,"snippet":719,"value":720},[79],"poco tempo dalla morte di \u003Cmark>Franco\u003C/mark>, e che portarono proprio alla"," \r\n\r\n\r\n\r\nIn occasione della tattoo circus 2025 che vedeva tra gli ospiti Daniel Pont uno dei membri fondatori della Copel (Coordinadora de los Presos en Lucha), abbiamo intervistato Alex Paya, co-regista del cortometraggio \"Pocos, Buenos y Seguros. 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Il movimento si diffuse in tutto il paese, portò a forti proteste, una cinquantina di rivolte, evasioni di massa e alla successiva spietata repressione con isolamento e trasferimenti.\r\n\r\nQui potete ascoltare tutta l'intervista:\r\n\r\nintervista con alex payà regista de \"buenos, pocos y seguros\"\r\n\r\nA proposito di trasferimenti punitivi e per approfondire sulla storia passata e presente del sistema carcerario e della tortura all'interno delle prigioni dello stato spagnolo in genere, trovate qui il link all'intervista a un compagno di Bilbao su Fies e dispersione carceraria fatta in occasione della staffetta radiofonica anticarceraria contro il 41bis del 22 aprile 2023:\r\n\r\nradioblackout.org/podcast/le-interviste-rauche-di-radio-bizarre-parliamo-con-un-compagno-basco-su-fies-e-dispersione-carceraria-nello-stato-spagnolo/\r\n\r\n \r\n\r\nAlex Payà è tra i fondatori e membri della casa di produzione indipendente empatik films (empatikfilms.com) che ha all'attivo anche un documentario molto potente e completo sulla tortura agita delle forze di polizia in strada, nelle caserme e nelle carceri e della totale impunità di cui godono i responsabili.\r\n\r\nQui potete trovare la descrizione e il link youtube al film dove troverete anche i sottotitoli in italiano: empatikfilms.com/la-cifra-negra/\r\n\r\nPocos Buenos y Seguros, è disponibile anche su youtube dove a brevissimo ci saranno anche i sottotitoli in italiano e dove troverete anche un \"making of\" e la colonna sonora completa:\r\n\r\nwww.youtube.com/results?sp=mAEB&search_query=pocos+buenos+y+seguros+cortometraje+banda+sonora\r\n\r\n \r\n\r\n ",[722],{"field":84,"matched_tokens":723,"snippet":719,"value":720},[79],{"best_field_score":88,"best_field_weight":89,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":90,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},6659,{"collection_name":202,"first_q":151,"per_page":152,"q":151},{"title":728,"slug":729},"Bobina","bobina-intelligente",["Reactive",731],{},["Set"],["ShallowReactive",734],{"$f_gHogzgsXwyL7KBO1jhzKvSrPuXuDt76udnDdqtTLrs":-1,"$fB-p1VrH5k7ezQAiOS16kj97g7dlcH1alPB__2jZ4G_8":-1},true,"/search?query=Franco+Franchi"]